Fanfiction: Ritorni

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Elena_R
view post Posted on 28/12/2004, 20:50 by: Elena_R




scusate l'oscenità, ma questo capitolo è necessario... Buon anno a tutti!

Elena

Capitolo 17


L’aria che si respirava a Parigi era diversa da quella di ogni altra città in cui aveva fatto sosta negli ultimi anni: era frizzante e aromatizzata al vino, fresca come un giorno d’estate dopo un temporale, profumata di gioia, di movimento, di vita; respirare a Parigi era come fare una sauna: una volta a casa si sentiva più rilassato e purificato dalle tossine del lavoro e dello stress.

Il taxi ovviamente procedeva a rilento per via del traffico, ma non gli dispiaceva affatto guardare fuori dal finestrino i grandi allée, gli spartitraffico alberati, le luci delle altre auto, quelle dei lampioni e delle vetrine dei negozi che in un tripudio di colori illuminavano persino il cielo scuro e senza stelle di quella sera.

Rory lo stava aspettando e quel pensiero gli accelerò il battito per alcuni secondi. A causa del suo lavoro, che non gli dava un attimo di tregua, non era riuscito a partire prima e negli ultimi mesi aveva percepito la distanza tra loro diventare sempre più ampia. L’amava e sentiva la necessità di dimostrarglielo con un atto concreto, non solo con parole che correvano lungo la linea telefonica. Nulla era cambiato per lui e doveva far sì che anche lei se ne rendesse conto. In realtà le telefonate sempre più sporadiche e brevi lo preoccupavano, per non parlare del fastidio che provava ogni volta che sentiva pronunciare quel nome e del Grillo Parlante che sussurrava nel suo orecchio cose che non voleva sentire: se Rory era così distante da lui, allora si stava avvicinando a qualcun altro, qualcuno ricomparso da poco nella su vita.

Jess.

Alle elementari si era preso una cotta per Jennifer, una bambina bellissima, che però gli aveva preferito un loro compagno di classe, un genio del nuoto eletto “il più bello della 3°A” da un piccolo concorso indetto da lei e le sue amiche. Si chiamava Jess e da allora aveva evitato tutti quelli che portavano quel nome come se fossero la peste. Oggigiorno lo odiava ancora di più.

Arrivato all’hotel lasciò una mancia troppo lauta all’autista, ma non gli importava perché ciò che più contava era rivederla. Aveva passato mesi senza di lei e ora credeva di morire al pensiero di dover ritardare quell’incontro anche se solo di pochi secondi.

“Stanza 503” gli avevano detto alla reception. Lesse le targhette del quinto piano una ad una e, respirando a fondo, si fermò davanti a quella giusta. Finalmente era riuscito a riservare un intero week-end a se stesso e soprattutto a lei: era il momento di farle sapere quanto era importante e quanto l’amava, doveva dirle che, a prescindere dall’oceano che li divideva e dall’instabilità di quella situazione, pensava solo a lei. Riprese il controllo del suo corpo e alzò una mano per bussare; si sentiva come un liceale al primo appuntamento tanta era l’emozione.

Doveva solo stare tranquillo e guardarla i quegli splendidi occhi che da mesi vedeva solo in fotografia e tutto sarebbe andato bene.

Sentì la sua voce che gridare che stava arrivando e alzò lo sguardo che per alcuni secondi era rimasto sulla moquette esattamente nel momento in cui la porta si apriva.

“Guardala!” si ripeté sorridendo, ma a contatto col suo sguardo il sorriso faticò a restare sulle sue labbra e si ritrovò a sforzarsi per deglutire.





Con lui non c’erano momenti d’imbarazzo che potesse ricordare: fin dal primo incontro, nonostante la circostanza, si era sentita a suo agio nel parlargli, nell’ascoltarlo o semplicemente nello stare in sua compagnia; era il tipo di persona che trasmetteva fiducia e sicurezza sin dal primo impatto e non solo a lei, ma a tutte le persone che incontrava. Matt era un uomo stupendo e lei stava rovinando tutto.

Da quando aveva aperto la porta l’aria intorno a loro si era cristallizzata: la sentiva muoversi a passi pesanti con ogni suo movimento, la sentiva nei polmoni mentre le impediva di respirare, la sentiva nella testa congelare i suoi stessi pensieri.

Era felice di rivederlo, gli era mancato, ma se in quei mesi aveva immaginato che le cose tra loro stessero cambiando, ora n’era certa. Nei suoi occhi c’era uno strano riflesso, qualcosa che non aveva mai visto prima di quel momento e non era in grado di capire se era gioia o disappunto. Nelle ultime settimane non sapeva più nulla, era talmente confusa da non riuscire a distinguere doveri e diritti: doveva continuare ad essere la Rory che tutti vedevano, quella perfetta che faceva esattamente ciò che ci si aspettava da lei, o come tutte le altre ragazze anche lei aveva il diritto di fare solo le cose che sentiva giuste?

Dopo un saluto –troppo veloce per due fidanzati che non si vedevano da mesi- lo aveva trascinato fuori dalla suite e avevano camminato alcuni minuti in direzione del ristorante che aveva prenotato. Sentiva il bisogno di respirare aria fresca e coprire il meccanismo nella sua testa con i rumori della strada. Matt non aveva obiettato e lei era certa che anche lui presagisse che qualcosa stava accadendo.

Riprendendo confidenza con se stessa e la situazione, aveva iniziato a parlare di tutto e di nulla distraendo entrambi dai loro pensieri; lui aveva apprezzato il tentativo e, arrivati al dolce, sembra che tutto fosse a posto. Ma non lo era e sentì un’incudine caderle sullo stomaco mentre ascoltava la sua voce allegra e lo vedeva sorridere, perché ciò che stava per fare avrebbe cambiato nuovamente l’atmosfera.

Aveva ventitré anni, quasi ventiquattro, e ancora la paura di deludere chi le stava vicino: la nonna adorava Matt e le sue buone maniere, il nonno lo riteneva un brav’uomo e un ottimo fidanzato, senza contare che finalmente aveva accalappiato un laureato in economia a Yale; a Stars Hollow, dalle elementari alle signore del corso di aerobica di Patty, tutte le donne ne erano innamorate, sua madre stravedeva per lui e forse stava già immaginando il giorno del loro matrimonio e Lane lo riteneva “quello giusto”.

Erano tutti felici per lei, tranne che lei stessa. Lo era stata un tempo, ma ora… desiderava esserlo di nuovo, solo che non poteva farlo con lui.

-Matt, - disse alzando lo sguardo dal bicchiere di vino bianco che aveva fissato negli ultimi secondi -credo che dovremmo parlare.

Era nel mezzo del suo racconto dell’ultimo consiglio d’amministrazione della Horizon quando lei lo aveva interrotto lasciandolo in silenzio a bocca aperta per diversi attimi; più tardi le aveva fatto un cenno con la mano per indicarle di andare avanti. Respirò a fondo, conscia che non sarebbe stato facile, ma non aveva altra scelta, perché era ingiusto ed ipocrita continuare in quel modo. Matt meritava qualcuno che lo amasse davvero e fosse disposto a fare qualsiasi cosa per lui. Quella persona non era più lei.

-Ultimamente le cose tra noi sono state un po’… strane. Voglio dire che con me qui e tu in America non si può parlare più di una vera e propria relazione. Cioè… è una relazione, ma non come dovrebbe essere.

L’espressione del suo ragazzo era chiara: aveva capito dove voleva arrivare e non ne era felice. Come biasimarlo?

-non funziona- aggiunse –Non credo che dovremmo continuare così.

-è vero, è una situazione particolare e mi sono accorto anch’io della distanza che si è creata fra noi, ma non è il caso di finirla qui e ora.

-Matt -

-no, ascolta: possiamo farla funzionare. Non si buttano due anni in questi modo, arrendendosi alla prima difficoltà.

Non voleva capire… la stava pregando di ripensarci e, anche se avrebbe voluto con tutto il cuore amarlo di più, la realtà era diversa e non poteva costringersi.

-tra qualche mese tornerai a casa e tutto sarà di nuovo come prima- continuò allungando le braccia sul tavolo per stringere le mani di Rory tra le sue.

-Non può bastare, Matt.

-L’amore può tutto. E io ti amo- insistette cercando di sorridere. Ma quel sorriso stentato sparì velocemente quando nei tre secondi successivi lei non gli rispose allo stesso modo.

-Rory…

-Mi dispiace- disse cercando di guardarlo negli occhi –io ti voglio bene, Matt. Sei stato importante e lo sarai per sempre, ma non posso continuare così.

-cos’è cambiato?

-io…

-tu? O forse centra il tuo caro amico Jess?

-ti sbagli, lascialo fuori da questa storia, perché lui non ha avuto alcun ruolo in questa decisione. E comunque ha una ragazza.

-questo non vi ha mai fermati: se non ricordo male al liceo tu stavi con Dean e lui con un’altra ragazza, eppure…

-riguarda me e riguarda noi, Matt. Io non me la sento.

-bene- disse infilando una mano nella tasca della giacca e appoggiando sul tavolo una scatoletta di velluto che la fece trasalire –a questo punto mi sembra inutile farti la fatidica domanda.

Rory sgranò gli occhi davanti al bellissimo anello che aveva davanti e solo dopo alcuni secondi si rese conto di aver trattenuto il respiro.

-Matt…

-non dire nulla, non ce n’è bisogno: ho capito l’antifona, Rory. Me ne vado. L’anello tienilo, buttalo o dallo in beneficenza… facci quello che vuoi: io non voglio più vederlo.

Lo sentì alzarsi di scatto e, senza aggiungere altro, uscire dal ristorante. Il suo sguardo non lasciò per un solo istante la luce che si rifletteva sul diamante davanti a lei e si chiese se stava sbagliando tutto per l’ennesima volta. Forse era Matt quello giusto e lei si stava facendo condizionare da una sciocchezza. Ma nonostante gli sforzi non riusciva più a vedersi al suo fianco tra dieci anni.





Appoggiò con riluttanza la mano sulla maniglia della porta che poche ore prima li aveva visti uscire insieme: il suo cuore le diceva di non aprirla, allontanarsi immediatamente e tornare sotto il cielo stellato che le aveva rischiarato la strada mentre aveva passeggiato senza meta fino a pochi minuti fa.

Quando Matt era uscito dal ristorante era rimasta immobile per diversi secondi: era come se la sua testa avesse smesso di ragionare e non avesse idea di cosa fare o in che modo comportarsi. Avrebbe voluto fermarlo, dirgli che forse potevano riprovare, ma sapeva che sarebbe stato un errore: per quanto lo amasse, tornare insieme non sarebbe servito a cambiare le cose. Raccolti l’anello e la sua borsa si era avviata a passi lenti verso l’uscita del locale e aveva girovagato per le vie di Montmartre dandogli il tempo di tornare in albergo e prendere le sue cose senza doverla rincontrare: aveva la sensazione che non volesse più rivedere la sua faccia e non poteva dargli torto. Ma le scarpe con i tacchi non erano l’ideale per quel tipo di attività e poco dopo si era vista costretta a rientrare; la receptioniste le aveva detto che il suo fidanzato –ex fidanzato- era uscito e non aveva lasciato alcun messaggio.

Guardò il legno bianco della porta davanti a sé che pareva chiederle “che fai? Entri o no?”

Avrebbe voluto risponderle che non aveva idea di cosa fare e se per caso aveva un consiglio da darle, ma pensando che fosse da pazzi parlare con una porta decise di aprire timidamente l’uscio: la stanza era avvolta nel buio più profondo.

Avanzò senza accendere e più si avvicinava alla finestra che dava sulla strada più la luce dei lampioni rischiarava quelle tenebre, e allora lo vide: il letto su cui prima avevano appoggiato il suo borsone era ora completamente vuoto. Deglutì a fatica reprimendo un gemito di dolore che quello spazio vacuo le procurava: era come se una parte di sé fosse svanita e Matt l’avesse portata via insieme alle sue cose.

Ricordando le accese proteste dei suoi piedi si tolse le scarpe e camminò sul morbido parquet fino alla finestra; lo immaginava in un’anonima stanza d’albergo, al buio e seduto su una scomoda poltrona, il dorso della mano sugli occhi chiusi, immerso nel rumore dei suoi pensieri e delle macchine che circolavano per strada nonostante fosse notte. Non avrebbe dormito, poi all’alba sarebbe uscito e avrebbe preso un taxi fino all’aeroporto dove sarebbe salito sul primo volo per New York.

In basso due ragazzi si stavano dando la buonanotte con un bacio che nessuno dei due voleva finisse; le si strinse lo stomaco e si chiese perché queste cose capitavano sempre quando si stava così male. La scena le ricordava quella del libro che aveva letto l’estate passata, lo stesso pubblicato da Jess e Sean, in cui la protagonista vedeva due ragazzi baciarsi e si accorgeva di cosa, anzi chi, mancava nella sua vita. Si lasciò sfuggire una lacrima che scese veloce fino alle labbra e ricordò il loro incontro in quel bar, le serate passate sul divano a litigare per la coperta, le mille volte in cui le aveva scaldato le mani perennemente gelide stringendole tra le sue. Aveva pensato che lui fosse quello definitivo, l’uomo che avrebbe sposato.

Non ne aveva mai parlato con nessuno, ma in certe notti insonni, mentre dormiva al suo fianco, aveva immaginato il giorno delle nozze e fatto mentali liste di invitati.

Come aveva potuto la semplice paura di una gravidanza capovolgere il mondo in cui credeva di vivere per il resto della sua vita? O come aveva potuto essere così ottusa da non capire prima che in realtà non era con lui che voleva trascorrere quella vita?

Respirò a fondo. Restava una sola cosa da fare: divulgare la notizia. Quella sua decisione non sarebbe stata facilmente accolta da nessuno, ma non poteva tener nascosta la verità e la seconda possibilità, quella di tornare con lui, era già stata scartata. Afferrò il telefono e digitò il lungo numero della prima persona da chiamare e a cui dare un enorme dispiacere: Lorelai.
 
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