Fanfiction: Ritorni

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Elena_R
view post Posted on 13/2/2005, 20:15 by: Elena_R




Le due parti in corsivo all’interno del primo paragrafo sono dialoghi presi dagli episodi 3.04 e 2.18. Ho avuto come riferimenti i testi in inglese e li ho leggermente riarrangiati, ma la sostanza non cambia. Stesso discorso vale per le parti in corsivo nell'ultimo paragrafo che sono stati presi dalla puntata 2.19; dato che ho letto la traduzione fatta da mediaset e l'ho trovata abominevole, ho deciso di tradurre quasi direttamente dall'inglese e lasciare i riferimenti “originali” di Rory e Jess.

Capitolo venti

Il giorno in cui aveva deciso di lasciare Hartford e non rimettere più piede in quella che aveva sempre chiamato “casa” sapeva di aver fatto la scelta giusta e per nulla al mondo avrebbe cambiato idea. Odiava sua madre e i suoi stupidi pregiudizi dal profondo del cuore e non aveva intenzione di rivedere la faccia esfoliata, idratata, truccata e incorniciata da capelli perfetti di Emily Gilmore.
Ma era solo rabbia e col tempo, anche se non era completamente svanita, si era comunque attenuata e ora le faceva persino piacere andare a cena da lei di tanto in tanto.
Quel fatidico giorno, mentre marciava verso l’uscita della villa con in braccio la sua bambina, non immaginava nemmeno lontanamente quanto potesse essere difficile vivere senza poter guardare il proprio figlio negli occhi; ma con l’età, il passare degli anni e l’esperienza sulla propria pelle iniziava a provare pena per coloro che l’avevano esasperata fino alla fuga, perché ora capiva.
Quando Rory era partita per il college si era rassicurata ripetendo all’infinito nella sua testa che era una situazione temporanea e che, tempo tre o quattro anni, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Quando poi le aveva detto che si sarebbe trasferita a New York per motivi di lavoro si era convinta che dopotutto tra loro non cambiava nulla e che avrebbero continuato a vedersi nei week-end.
Quando si era presentata alla sua porta a Stars Hollow con un sorriso accecante e gli occhi luminosi, aveva sperato che stesse per sposarsi e le aveva controllato il dito indice della mano trovandolo però spoglio da diamanti e oro. La notizia sensazionale c’era, ma non era quella che si aspettava: quando le aveva detto che sarebbe partita per l’Europa Lorelai capì che si trattava di un impegno temporaneo, ma dopo la Francia ci sarebbe stato qualcos’altro e poi qualcos’altro ancora fino a quando la sua bambina avrebbe rivisto gli USA solo sulle cartine geografiche. Esorcizzando la fitta al petto con un sorriso e un abbraccio, le aveva fatto le sue più sincere congratulazioni ammettendo che, davvero, non se l’aspettava.
Ma leggere il suo nome sul Times e vederla in video mentre parlava con uno degli uomini più importanti del mondo, ascoltarla mentre, con gli occhi scintillanti, le raccontava delle sue avventure a Parigi la riempiva d’orgoglio e gioia, perché ora sua figlia era felice e, cosa più importante, continuava a condividere con lei quella felicità.
-mi piacerebbe conoscere il tuo capo- le disse dalla sua comoda posizione sul divano mentre Rory, seduta sul pavimento con le gambe incrociate, le raccontava uno dei mille aneddoti accumulati su Monsieur Bublè.
-lo faresti tremare!-rise la ragazza prendendosi gioco del carattere travolgente della madre; -solo due persone riescono a tenerti testa: Michel e Luke, ed entrambi hanno anni di gavetta alle spalle.
-quindi l’uomo che per mesi hai descritto come burbero, stacanovista e assolutamente non impressionabile può essere facilmente intimorito da una donna docile ed indifesa come me?-le chiese sbattendo le ciglia e assumendo un’aria innocente da cerbiatta.
-sì, ma se insisti la prossima volta ti porterò a Parigi con me.
-la prossima volta?-chiese attivando il campanello d’allarme nella sua testa.
-prima o poi nella mia vita tornerò in Francia- spiegò Rory notando l’improvviso irrigidimento della madre alla nomina di un suo ritorno in Europa –e comprerò due biglietti, anziché uno solo.
-e mi raccomando: solo andata –aggiunse Luke –da quando l’ho sposata i miei capelli bianchi sono raddoppiati e miei nervi non reggono più nemmeno Caesar. Ho bisogno di una vacanza da mia moglie.
-oh, Luke: devo ancora insegnarti tutti i trucchi per poter sopportare mia madre.
-passa quando vuoi: ho davvero bisogno d’aiuto- sospirò l’uomo- o di un’esorcista- aggiunse esasperato ricevendo per risposta due risate e il suono del campanello della porta. Rory si alzò e, senza smettere di ridere per un solo attimo, andò ad aprire trovandosi davanti un Jess stupito che la guardava contorcersi sempre più.
-immagino che il gas esilarante che ho portato non serva più- disse accomodandosi senza aver ricevuto l’invito- sei impazzita?
-no- rispose Rory prendendo fiato –Luke cercava un esorcista… e tu hai bussato alla porta: coincidenza interessante, no?
-io un esorcista?-chiese indignato pensando al film –che schifo! Chiamami Satana o Lucifero o con qualsiasi altro nome, ma Esorcista proprio no.
-come sei permaloso!-esclamò la ragazza adocchiando poi la busta di carta che Jess aveva tra le mani-hai preso tutto quello che ti avevo chiesto?
-intendi la lista di schifezze che mi hai elencato?
-non sono solo schifezze… c’era tanto caffè, qualche dolce e la frutta!
-frutta candita!
-ma è pur sempre frutta, no?
-sei senza caffè?-intervenne Lorelai tenendosi stretta al divano per non perdere l’equilibrio.
-devo ricordarti che sono tornata solo ieri sera? Stamattina ho dormito fino a tardi, o almeno fino a quando Jess, in tutta la sua grazia, si è attaccato al mio campanello –le spiegò.
-hey, erano le tre di pomeriggio!- si difese il ragazzo enfatizzando l’ora.
-e io soffrivo di jet-lag. Comunque ero stanca e dovevo mettere in ordine un po’ di cose, quindi gli ho chiesto di rendersi utile e farmi la spesa.
-facendo leva sui miei sensi di colpa per averti svegliata dopo che non dormivi da quanto? Trentadue ore? L’hai ripetuto fino a stamparmelo in fronte col tuo fiato- rispose mentre Rory gli strappava la busta dalle braccia e iniziava a svuotarla controllando ogni singolo pezzo.
-mm.. uno, due, tre- contò –sei pacchetti di caffè, zucchero… biscotti, cioccolata! Sì, mi pare che ci sia tutto. E questo cos’è?- chiese prendendo l’ultimo oggetto dal fondo della busta.
-un libro- disse Jess con calma e uno sguardo d’ovvietà, mentre Rory lo ispezionava con attenzione cercando di capire perché un libro che non aveva richiesto si trovava in mezzo alla sua spesa. Fu solo dopo alcuni secondi che un sorriso comparve sulle sue labbra e con un po’ d’emozione nella voce gli chiese se quello era il primo libro stampato a New York. Ricevendo un suo cenno positivo come riposta il suo sorriso divenne ancora più grande e gli tese le braccia al collo per un rapido abbraccio e bombardarlo di domande su come si sentiva, domande alle quali Jess rispose quasi con piacere.
Madre e zio rimasero in silenzio per diversi secondi, entrambi immersi in ricordi che all’improvviso erano balzati nelle loro menti: il giorno in cui Luke aveva capito che Jess, nonostante il suo comportamento indicasse l’esatto contrario, era innamorato di una ragazza che non era esattamente quella che aveva fatto nascondere nell’armadio, e la conversazione che Lorelai aveva avuto con Dean riguardo Rory e i suoi sentimenti.
-Il mondo è pieno di ragazze, Jess… potresti uscire e trovarne una alla quale tieni veramente.
-oh, come se fosse semplice!
-lo è se ci provi.
-hey, le ragazze che mi piacciono non s’interessano a me! E a differenza di altri non starò buono ad aspettare che mi notino!


-ascolta, Rory mi ha detto cos’è successo ieri sera e le dispiace molto.
-lo so.
-bene. Sai, è una di quelle coincidenze strane e sfortunate che capitano.
-strane e sfortunate, già.
-non ha nulla che vedere col fatto che Jess è passato, credimi. Lei non lo voleva nemmeno.
-così mi ha detto. E Rory non mentirebbe, giusto?
-no, Rory non mentirebbe.

Rory non smetteva un attimo di dire che erano solo amici; Jess usciva ogni sera con una ragazza diversa.
La storia si stava ripetendo, e Luke e Lorelai se ne resero conto nello stesso istante.

-Ho parlato con Luke e Lorelai la settimana scorsa –disse Liz seduta al tavolo della cucina sgranocchiando la carota, unica presenza nel frigorifero di suo figlio e finita lì probabilmente per caso; -e li ho invitati qui per il Giorno del Ringraziamento. Spero che non ti dispiaccia, ma dato che mi avevi chiesto di venire ho pensato che un po’ di compagnia ci voleva. E poi è passato così tanto tempo dall’ultima volta che abbiamo festeggiato tutti insieme! Quanti anni saranno… sei, sette?
-Nove- rispose Jess in tono quasi lapidario e con una prontezza che non si aspettava, senza interrompere per un solo attimo di riordinare la spesa che lei gli aveva fatto, dato che, a quanto pareva, lui non n’aveva il tempo; -se non ricordo male a quattordici anni tu eri a Las Vegas con quell’idiota che dirigeva un fast food, a quindici lavoravi nel maglificio che non chiudeva nemmeno per le feste, l’anno dopo lo ricordo bene: dormivi sul divano dopo una maxisbronza perché il suddetto idiota ti aveva scaricata. A diciassette anni mi hai mandato dallo zio Luke e tu non sei venuta a Stars Hollow, e tantomeno l’anno dopo. Poi sono partito per la California. Nove anni esatti.
-Sono tanti…- mormorò Liz ancora più imbarazzata dal suo dettagliato resoconto che nemmeno lei ricordava –non me ne ero resa conto. So di non essere stata una buona madre…
-no, ma hai fatto del tuo meglio- rispose Jess in tutta onestà –è solo che… non era abbastanza.
Pensava che Liz fosse conscia di come si era sentito e del suo comportamento sbagliato e non credeva che quelle parole –l’oggettiva verità- l’avrebbero ferita più di tanto, ma quando si voltò per appoggiare una bottiglia di coca sul tavolo rimase impietrito davanti all’espressione pallida della madre e ai suoi occhi lievemente lucidi. Aveva parlato senza pensare troppo a fondo alle conseguenze un po’ perché aveva dato per scontato che Liz non se la sarebbe presa, un po’ perché aveva altre cose per la testa: erano passate quasi due settimane da quando aveva lasciato a Rory il suo nuovo libro, ovviamente senza farle sapere che l’autore era lui e lei non gli aveva ancora accennato nulla al riguardo; -ma essere genitori non è una passeggiata, no?- cercò di rimediare –è meglio che Jess Mariano non metta al mondo dei figli, o sarà un vero e proprio disastro! Credimi Liz, io non saprei da dove cominciare.
-te la caverai benissimo- lo rassicurò la madre tornando a sorridere –sei diverso da me o Jimmy: se imparerai dai nostri errori andrà tutto bene.
Jess si limitò ad annuire tenendo a freno la lingua che voleva farle presente che bastava poco ad essere dei genitori migliori di loro. Da quando era tornato, nonostante l’inizio un po’ imbarazzante che sussiste ogni qualvolta s’incontrano persone che non si conoscono bene, lui e Liz andavano stranamente d’accordo, pranzavano spesso insieme dato che il negozio in cui lei lavorava come commessa era poco distante dal suo ufficio, a volte erano andati persino al cinema, circostanza che gli ricordava in modo incredibile Lorelai e Rory e le loro maratone di film. Era come quando aveva dovuto imparare ad avere un rapporto con Jimmy cinque anni prima: aveva iniziato ancora una volta tutto daccapo.
-e a proposito di bambini- continuò –so che Lorelai e Luke vogliono darti un cuginetto.
-Rory me ne ha parlato: è strano pensare ad un Mini-Luke o una Mini-Lorelai in giro per Stars Hollow.
-per me Luke è portato per i ragazzini: ha educato te e in un certo senso si è anche preso cura di Rory… è ora che ne abbia uno tutto suo, non trovi?
-hey, io non ho nulla in contrario!- rispose alzando le mani mettendosi sulla difensiva.
-e comunque ho invitato anche lei.
-Lei?
-Rory - specificò- spero che venga: è una brava ragazza e poi non l’ho ancora vista da quanto è tornata dall’Europa. E tu?
-in un paio d’occasioni- mentì. Da quando era rimpatriata si erano visti quasi tutti i giorni, anche se a volte solo per il tempo di un caffè. In realtà erano usciti diverse sere o per un film o semplicemente per passeggiare; erano stati nella sua libreria preferita, che si era rivelata la stessa che Jess frequentava alcuni anni prima, e avevano preso in giro le ragazzine che sfogliavano con troppo interesse romanzetti rosa; lo scorso week-end erano rimasti nel parco per un paio d’ore, seduti sull’erba ed in silenzio, immersi ognuno nella lettura del proprio libro. Si era chiesto perché c’era lui al posto del suo fidanzato, perché in quei giorni non parlava di Matt, ma aveva preferito non porre le domande a voce alta e aspettare che fosse lei a parlargliene, o almeno a fargli capire cosa stava succedendo; -sta bene, lavora molto.
-e tra voi come vanno le cose?
-che significa?- le chiese con stupore per via di quell’audacia mai dimostrata e perché in verità non aveva idea di cosa rispondere.
-sai benissimo cosa voglio dire: tu & Rory.
-ho capito, ma devo ricordarti il fidanzato che ha da non so quanti innumerevoli anni?
-Certo che mi ricordo di lui, ma la mia domanda era un’altra. Mi sembra che andiate molto d’accordo e Luke dice che stavate insieme.
-è passato un secolo, sono cambiate tante cose e non mi va proprio di parlarne- cercò di cambiare il discorso Jess imbarazzato e spiazzato dalla curiosità che sua madre non aveva mai mostrato nei suoi confronti e tanto meno di quelli della sua vita sentimentale, oltre che infastidito, perché quello restava un tasto dolente, nonostante cercasse di non ammetterlo a se stesso né agli altri.
-Ah!-esclamò la donna eccitata puntandogli un dito contro –allora c’è qualcosa da dire!
-Liz, ti prego!
-Jess, ti ho solamente chiesto se pensi che un giorno tra voi le cose torneranno come prima.
-sono già tornate come prima: siamo amici –le rispose dandole nuovamente le spalle per evitare di guardarla negli occhi, o meglio che lei lo guardasse negli occhi e capisse che quella era solo una parte della verità. Non era certo se fosse il caso di essere completante sincero o se se ne sarebbe pentito; -siamo amici e questo basta. Vuoi sentirti dire che tengo a lei? E’ ovvio che sia così: è stata la prima ragazza che ho preso sul serio e sarà sempre importante, credo. Ma non leggerci troppo. Quando quest’estate sono venuto per il matrimonio dello zio Luke non volevo nemmeno vederla: dopo il modo in cui mi ero comportato non ero certo che la sua rabbia nei miei confronti fosse svanita, ma Rory… lei è più matura e mi ha fatto capire che quello era il passato e che potevamo essere amici come un tempo. È più di quanto mi aspettassi e preferisco che le cose restino così.
Liz sorrise, non vista, alla sua scelta verbale caduta su “preferire”: forse Jess avrebbe voluto qualcosa di più di una semplice e fraterna amicizia, ma data la sua reazione a quell’argomento decise di soprassedere, soddisfatta che comunque si fosse confidato, anche se a modo suo. Non fu facile frenare l’impulso di esortare il suo bambino a parlare con Rory e a far cambiare le cose a costo di calpestare Matt, perché la sua felicità era al di sopra di tutto. E anziché parlare afferrò il telecomando e accese la televisione iniziando un infinito zapping, mentre Jess era ancora immobile e con lo sguardo fermo sulla macchina del caffè.

Girare gli occhi e vedere Juan e Janet seduti sul suo divano a bere birra e mangiare patatine lo riportava con la mente indietro nel tempo. Aveva dodici anni quando lui e quel figlio di portoricani con la faccia da teppista si erano presi a pugni per poter avere a disposizione il campetto da basket; se l'erano date di santa ragione, aveva avuto un occhio nero e vari tagli sul viso e le braccia per settimane, ma aveva ridotto l'altro molto peggio e, cosa fondamentale, aveva vinto. Era stato indescrivibile potersi sedere sotto il canestro con un libro tra le mani a leggere, mentre Juan e la sua gang si mordevano le labbra a bordo campo borbottando parole in una lingua che all'epoca gli era ancora incomprensibile. Se non fosse stato per una questione di onore e rispetto quei ragazzi, in gruppo, avrebbero potuto ammazzarlo di botte, ma il loro capo aveva deciso che per quel giorno sarebbe andata bene così.
Si erano picchiati anche in altre occasioni e alla fine erano giunti ad un compromesso e, di conseguenza, avevano cementato il primo mattone della loro amicizia. Juan era stato il primo a far parte di quella cattiva compagnia che aveva poi indotto Liz a spedirlo da Luke, e a volte sentiva di dovergli più di una semplice amicizia, perché senza rendersene conto era stato seppur indirettamente uno dei fattori contribuenti al suo cambiamento.
-Hey, Jess- disse il ragazzo dalla pelle abbronzata naturalmente e i capelli corvini col suo sorriso sornione che rischiarava la sua apparenza scura -ricordi quella sera al ponte?
-Brooklyn?-gli chiese saltando indietro nel tempo e ritrovandosi su una bici rubata alle due di notte, sudato dopo una corsa senza fine fino al ponte dove erano rimasti per ore a scolarsi birra presa dal frigorifero del padre alcolizzato di Juan e a ridere come pazzi, ubriachi, mentre davanti a loro le luci della città si riflettevano sull'acqua.
-gran sera, eh? Dovremmo ripeterla uno di questi giorni.
-e cosa vorreste rubare stavolta? Il triciclo di qualche bambino dell'asilo?-rise Janet riempiendo la casa di un armonioso suono al quale Jess si stava abituando da quando avevano ripreso a frequentarsi e che era raddoppiato nel momento in cui anche Rory era tornata a New York.
-ci credi così stupidi?-disse Juan bevendo un altro sorso della sua birra -No, pensavo che potremmo andare lì, sederci sul cofano della macchina e cazzeggiare come ai vecchi tempi.
-ci sto- rispose cambiando il cd che avevano ascoltato già due volte dietro fila- io porto la musica e la macchina.
-e a me tocca da bere. Facciamo domani?
-non posso, ho già un impegno -rispose con riluttanza consapevole che Janet, grazie a quel suo maledetto istinto femminile, aveva già alzato le antenne e gli aveva chiesto di che tipo di impegno si trattava. Era curiosa, lo era sempre stata. Quando, all'età di quindici anni, uscivano insieme quello era l'unico difetto che era riuscito a trovarle: poteva parlare per ore della vita privata di qualsiasi persona senza restare mai a corto di pettegolezzi, ma all'epoca bastava baciarla per poterla zittire -soluzione che aveva sempre avuto successo. Erano ancora i gloriosi tempi in cui eros, alcol e fumo risolvevano tutti i problemi senza lasciare spazio al pensiero e, lo ammetteva, a volte rimpiangeva quell'immaturità. Da quando era tornato Janet, ora fidanzata da diversi anni con Juan, gli aveva organizzato decine di appuntamenti con sue amiche, amiche di amiche, cugine, cugine di amiche... tutte single. A sua detta era uno spreco che stesse da solo anziché uscire e spassarsela e chissà, forse una di quelle avrebbe potuto avere il potere di farlo innamorare. L'aveva assecondata in diverse occasioni, perchè dopotutto i diversivi erano sempre benaccetti, ma le sue insistenze a lungo andare si facevano troppo pressanti e stancanti, per non parlare delle storie che faceva quando si organizzava un appuntamento con qualcuna che lei non conosceva e che non era passata sotto il suo giudizio.
-Accompagno Rory ad una cena di lavoro -si giustificò anche se controvoglia -il suo fidanzato è fuori città e non le va di andare da sola. Ci sarà un sacco di gente importante ed è ora che inizi a conoscere la gente che conta a New York, perché potrebbe risultarmi utile un giorno...
-Rory, Rory... sempre Rory!- lo canzonò la ragazza con uno sguardo malizioso che non gli diceva nulla di buono -dovresti farci conoscere questo meraviglioso e fuori dalla norma essere umano!
-non esagerare, Jen.
-non esagero. Ultimamente passi molto tempo con lei: sicuro che sia solo un'amica? Se è semplicemente la figlia della moglie di tuo zio non sei obbligato a frequentarla, ma per te quest'amicizia non sembra affatto un sacrificio... tutt'altro!
-eravamo amici prima che andassi da mio padre -le spiegò genericamente -e ora lo siamo ancora. Luke e Lorelai non centrano. Non sarai gelosa?
-gelosa? Io? Ma piantala! -rispose Janet tirandogli un cuscino -dico solo che secondo me questa ragazza ti piace. Tu non ce la racconti giusta, Jess. E Juan è d'accordo con me.
-e da quando tu spettegoli sulla mia vita sentimentale?
-tu non hai una vita sentimentale, amico-rispose il ragazzo -è questo il problema. Mi preoccupa il fatto che alla tua età non hai una fidanzata e non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di cercarla. Capisco la filosofia di quel tuo amico californiano, ma è ora di piantarla di andare in giro a spupazzarti tutte le ragazze che trovi. Scegline una, Jess.
-lo farò... -gli assicurò -...quando ti vedrò con la fede al dito e un marmocchio in braccio.
-questo è un ricatto.
-lo ammetto -rispose mentre il suono del campanello della porta si diffondeva per casa -ma è la mia unica condizione.
-¡Eres el sòlito bastardo!-urlò Juan mentre Jess apriva la porta e Rory lo guardava con aria di rimprovero.
-Quante volte devo dirti di fare il bravo e non discutere con le persone? poi si passa alle offese e si finisce coll'arrivare alle mani...
-scusa mamma- le rispose seguendola in sala, dove i suoi amici stavano aspettando di vedere l'ospite.
-Janet, Juan lei è Rory- disse gesticolando con le mani tra i tre – Loro sono due vecchi amici.
Passarono diversi attimi in cui Juan e Janet squadrarono dall'alto al basso quella ragazza in tailleur chiaro che era entrata in salotto e che era totalmente diversa dall'idea che entrambi si erano fatti di lei. L'immaginario di donne che potevano interessare a Jess non aveva mai compreso una Miss Perfezione o Miss Visino Angelico e Rory sembrava troppo innocente persino per poter rientrare in una sua fantomatica lista di “semplici amiche”. Loro, che avevano vissuto in una New York piena di pericoli, passato l'infanzia e l'adolescenza tra pareti domestiche che odiavano e dalle quali fuggivano rifugiandosi nella notte a bere per dimenticare o nei supermarket, dove piccoli furtarelli facevano parte delle esperienze da vivere, dei riti di iniziazione, non riuscivano a pensare ad un solo elemento che avrebbero potuto avere in comune uno come Jess e una come Rory che probabilmente era la principessina di qualche famiglia perfetta e alla quale tutto era concesso.
Eppure se erano amici da sette anni dovevano avere qualcosa in comune... la prima cosa che balzò alla mente dei due fu il sesso, ma la supposizione venne accantonata quasi immediatamente perché Rory non sembrava il tipo e Jess non sarebbe mai stato amico di qualcuno che si portava a letto.
-Tu sei Rory?- le chiese Juan in parte incredulo e in parte affascinato.
-Jess vi ha parlato di me?- chiese arrossendo, quasi intimorita dagli sguardi indagatori dei due ragazzi che le erano stati presentati. Era palese che la stavano studiando e ci teneva a fare una buona impressione, ma in realtà non aveva idea di come comportarsi con quelli che, essendo amici di Jess, erano senz'altro due ex-ragazzacci di New York.
-in un paio di occasioni- rispose Janet stringendole la mano e smettendo di fissarla -sei la figlia di sua zia, no?
-oh, sì certo. Mia madre ha sposato Luke- disse sollevata quando sentì che quegli occhi avevano smesso di scrutarla -voi invece...
-vecchi amici -ribadì Jess.
-i migliori amici- lo corresse Juan -prima che el traidor ci mollasse per il Connecticut.
-davvero?- chiese sorridendo, perché per la prima volta entrava nel passato di Jess, un mondo di cui non le aveva mai parlato e che aveva iniziato a dubitare esistesse -è bello che vi siate ritrovati dopo tanto tempo!
-a volte le coincidenze sono strane- le spiegò Janet mentre Rory si sedeva sul bracciolo della poltrona occupata da Jess -Juan aveva deciso di fare un colloquio per una casa editrice che aveva appena aperto in città e si è ritrovato davanti Jess: puoi immaginare il loro stupore!
-non me l'avevi detto -disse rivolgendosi al coinquilino della poltrona-dev'essere stato il destino.
-oppure, come ha detto Jen, è stata una semplice coincidenza-le rispose.
-come sei acido. Non potresti darmi ragione ogni tanto anziché contraddirmi sempre? Avanti, fammi un sorriso e dì “Rory, hai perfettamente ragione: è stato merito del fato”.
Jess la guardò scettico: -il tuo senso dell'umorismo è fuori luogo e assurdo.
-gli hai chiesto troppo -intervenì Juan -Lui non ride, ha una faccia di pietra che non può cambiare: l'espressione standard è quella arcigna e incazzata.
-oh, e qui ti sbagli -lo corresse -Jess sa ridere. Il suo problema è che lo fa troppo poco spesso.
-la moglie di quel calciatore non sorride mai ed è considerata sexy -rispose seriamente -”Victoria docet”.
-anche tu sei sexy quando ridi, te lo assicuro- disse Rory cercando di contenersi dallo scoppiare a ridere per quanto quel discorso era stupido, mentre le labbra di Jess, seppur leggermente, si piegavano nel sorriso in cui aveva sperato. Le piaceva vederlo sorridere e, dopo tanti anni di astinenza, ora voleva che lo facesse più spesso per recuperare il tempo perduto. Non poté contenersi però dall'esultare per la sua vittoria, riempiendo di stupore gli occhi dei due quasi-sconosciuti che dovevano ricredersi riguardo alla sua serietà.
-ok, ora basta- la interruppe Jess a disagio per averla accontentata in quel modo davanti a Juan e Janet: aveva una reputazione da difendere lui -come mai sei passata? Avevi detto che saresti rimasta con Lane per questi due giorni e se non sbaglio lei parte domani.
-in teoria era così, ma è dovuta tornare a Boston urgentemente. Arrivo adesso dalla stazione.
-e tu ti tiri in questo modo per uscire con le tue amiche?- chiese Juan indicando l'elegante tailleur che indossava.
-oh, no- rispose arrossendo -prima di accompagnarla ho avuto un colloquio di lavoro. È per questo che indosso il tailleur.
Jess ricordò in quell'istante che gli aveva parlato di un probabile colloquio che si era decisa a chiedere alla CNN, ma non gli aveva mai detto di preciso di aver ricevuto una conferma. Se fosse andato bene Rory avrebbe fatto un altro passo avanti verso la completa realizzazione di quel sogno di cui le aveva parlato in quella era che, nonostante il tempo, non era riuscito a dimenticare.
-Allora Courtney, che cosa farai tu?
-come sarebbe?
-quali sono le tue ambizioni?
-Harvard.
-E dopo?
-diventerò una giornalista.
-come Paula Zahn?
-Christiane Amapour.
-vuoi fare la corrispondente dall'estero.
-sì, infatti.
-sembra solo un po' troppo duro per te.
-beh, invece non è affatto troppo duro per me. Almeno spero che non lo sia, non faccio che parlarne da sempre. Insomma non so che farei se...
-hey, non ti volevo spaventare, scusami. Sono sicuro che ce la farai, te lo garantisco!

-e com'è andata?- le chiese guardandola dritto negli occhi in un modo che non passò inosservato ai suoi amici, mentre lei scrollava le spalle e gli diceva di tenere le dita incrociate. Era come se in quel momento tutto si fosse fermato e sia Juan che Janet si sentivano di troppo in quel gioco di sguardi che conoscevano fin troppo bene. Per quanto si ostinasse a negarlo quella che provava per lei non era una semplice amicizia; forse c'era un grande affetto, forse attrazione o forse amore, ma una cosa era certa: avrebbero insistito fino a fargli confessare la verità. Rory era chiaramente una brava ragazza e sembrava persino capace di tenergli testa, impresa che era stata ardua persino a loro. Inoltre era estremamente sincera, trasparente e socievole e, cosa che non passò inosservata, non sembrava aver alcun pregiudizio sulla coppia mista che si era trovata davanti.
-sono venuta a darti una notizia fantastica- esultò Rory rivolgendosi ancora a Jess -ricordi il libro che ho letto quest'estate e l'altro che mi hai dato tu qualche settimana fa? Quelli scritti dal tuo autore misterioso?- chiese ricevendo in risposta un cenno affermativo -beh, non sarà misterioso ancora per molto!
-lo so, il Times vuole intervistarlo...
-e indovina chi sarà la giornalista in questione?-lo interruppe con un sorriso a quaranta due denti e gli occhi scintillanti che non lasciavano spazio a dubbi.
-Tu? Non sapevo che ti occupassi ancora di queste cose.
-in effetti non sarebbe di mia competenza, ma quando mi è giunta la voce di questa intervista mi sono fiondata in redazione a chiedere l'incarico adducendo mille e più motivi per cui sono la persona più adatta. E il fatto di conoscere te, il suo editore, mi è stato d'aiuto. Vogliono che ti convinca a convincerlo a rilasciare quest'intervista.
-se ci sarai tu non credo che farà delle storie- le assicurò.
-perché?
-legge spesso i tuoi articoli. Diciamo che è uno dei tuoi sostenitori.
-Wow! Allora è un sentimento reciproco dato che io adoro i suoi libri, anche se sono solo due. Non vedo l'ora di conoscerlo, Jess.
-spero che sia all'altezza delle tue aspettative- mormorò lusingato e felice dell'entusiasmo della ragazza e per le sue parole positive. Voleva che anche Rory, dopo Jimmy, Sasha e Lily, sapesse la verità, e dopo di lei sarebbe toccato a Luke. Voleva che almeno quella che era la sua famiglia conoscesse il suo vero lavoro, quello a cui teneva di più. E quale modo migliore poteva trovare oltre a farsi intervistare direttamente da lei? L'avrebbe lasciata senza parole, perché di certo non si aspettava di trovarsi davanti proprio lui
-siamo cambiati così tanto- disse Janet pensando ad alta voce senza rendersene conto. L'attenzione si riversò su di lei, che non poté fare altro che elaborare il concetto insicura se quello fosse o no un discorso da fare giunti a quel punto; -eravamo dei ragazzi praticamente senza speranza. L'unico nostro obiettivo era andarcene, fuggire dai nostri genitori e fare ciò che volevamo, senza guardie, senza controlli. E ora ci ritroviamo nella stessa stanza con vite totalmente diverse: io pensavo che sarei stata una commessa a vita e Juan bestemmiava ogni giorno perché non voleva finire come suo padre: un operaio disoccupato e ubriaco sei mesi su dodici, e invece, anche se non è il massimo, ho il mio lavoro da segretaria, al caldo, rispettata e con uno stipendio niente male, mentre il suo lavoro come responsabile di uno dei reparti della casa editrice ci permette di vivere degnamente. Se qualcuno dieci anni fa mi avesse detto che questo sarebbe stato il nostro futuro io non gli avrei creduto. E tu, Jess, guardati: ti sei laureato con il massimo dei voti e hai un'attività tua. Ricordo che a scuola eri un disastro, non studiavi mai, lasciavi i compiti in bianco... eri in punizione la metà delle volte, mentre l'altra metà la passavi in cortile a fumare o in giro per New York.
-Sei senz'altro più intelligente della media a scuola, ci metti 5 minuti a finire un libro, leggi tutto, ricordi tutto, potresti essere il primo della classe facilmente, perchè non lo fai? Non ti servono ripetizioni...è assurdo che parlino di farti ripetere l'anno!
-Che m'importa
-Potresti essere quello che vuoi, diventare quello che vuoi.

-io ho sempre saputo che Jess sarebbe arrivato da qualche parte -disse Rory ricordando la sera dell'incidente, quando in auto avevano parlato dei loro progetti futuri e aveva cercato di convincere il ragazzo cinico al suo fianco che gli sarebbe bastato solo impegnarsi un po' per poter fare meglio di tutti gli altri, persino di lei che passava pomeriggi interi a studiare per avere la sua A, sapendo che a lui sarebbero bastati pochi minuti per raggiungere lo stesso risultato.
-sembra che tu lo conosca bene- rispose Janet affascinata dalla semplicità con cui Rory parlava di Jess di fronte a lui di argomenti che di solito lo irritavano, mentre sembrava che la sua voce non lo infastidisse.
-non meglio di altre persone- disse con imbarazzo cercando di essere il più modesta possibile -ma riconoscevo il suo potenziale e aspettavo solo che anche lui lo vedesse.
-mi sembri una maestrina che parla con un genitore al ricevimento del figlio... anche Miss Connie te lo diceva sempre in classe. Ricordi?- scherzò Juan.
-e dai, sii serio per una volta!-lo sgridò la fidanzata.
-è la prima volta che lo vedo così sottomesso e docile... da quando Rory gli ha detto che è sexy non ha fiatato!
-se non ho detto nulla è perché Rory non ha tutti i torti- ammise Jess -Me ne sono sempre altamente fregato di tutto e di tutti e ovviamente questo non mi ha portato da nessuna parte. Poi ho incontrato una secchiona con la S maiuscola- disse gettando un'occhiata furtiva a Rory -ed evidentemente mi ha contagiato un po', anche se mi ci è voluto un po' di tempo.
-Allora è merito tuo? -chiese Juan con l'occhio mallupino e un doppio senso pronto -gli davi ripetizioni, in camera?
Le uniche risposte che ricevette furono una gomitata da parte di Janet, un'occhiataccia da Jess e un sorriso da Rory, mentre la sua fidanzata cercava di dirottare il discorso su un altro binario altrettanto interessante.
-Jess ha detto che vi conoscete da almeno sette anni. Ricordo benissimo il mascalzone che era a quindici anni quando ha lasciato New York e mi sembra stranissimo che abbia fatto amicizia con una come te. Sembri così... perfetta e hai un'aria così innocente.
-Luke e mia madre sono amici da più di dieci anni e quando Jess è arrivato sono venuti entrambi a cena da noi. Anche se adesso vanno d'amore e d'accordo, quella sera è stata un disastro: Jess e mia madre hanno discusso e da allora non si è mai fidata di lui.
-bel modo di presentarsi!- rise Juan mettendosi comodo per ascoltare le peripezie dell'amico nel Connecticut.
-avevo preso solo una birra -spiegò Jess -e lei me l'ha tolta di bocca! Cosa avrei dovuto fare?
-tanto per cominciare non dovevi litigare con lei- disse Rory -pensava che fossi il peggiore dei delinquenti.
-e poi?- chiese Janet con curiosità incitandola a continuare: quella era una parte della vita di Jess che ancora non conosceva e ascoltarla da un altro punto di vista la rendeva ancora più interessante.
-e poi... oh, ha rubato un libro dalla mia libreria e se n'è andato senza avvertire nessuno. Ci sono stati un paio di furti in un negozio, ha disegnato la sagoma di un cadavere sul marciapiede che si trovava esattamente di fronte a quello stesso negozio, ha fatto praticamente impazzire il mio ragazzo dell'epoca. Per non parlare della macchina che ha distrutto una sera in cui eravamo in giro insieme. Specifico che l'auto era mia e il mio ragazzo l'aveva costruita apposta per me... cos'altro? Oh, ha sostituito la videocassetta di Bambi del videonoleggio con un porno...
-Jess, amico, sei un grande!-esclamò Juan dandogli “un cinque” per congratularsi con lui: quello era il Mariano che conosceva.
-e dopo tutto questo casino tu hai avuto il coraggio di diventare sua amica? Chiunque lo avrebbe tenuto a distanza di sicurezza- disse Janet senza nascondere il suo scetticismo e il suo stupore per il comportamento di Rory nei confronti di quello che era un elemento che avrebbe dovuto assolutamente evitare, soprattuto dal momento che la sua stessa madre lo odiava. E lei non sembrava il tipo capace di disobbedire all'ordine di un genitore.
Rory sorrise ripensando a quei giorni lontani, alle loro chiacchierate, all'asta dei cestini... anche se aveva un carattere difficile e scontroso, con lui si era divertita e ora era felice di riavere il vecchio rapporto.
-nonostante le differenze avevamo diverse cose in comune- le rispose -e poi quello della macchina era solo un incidente e il libro che aveva rubato in realtà era un prestito, eh Dodger?
-Dodger? -chiese Juan cercando di capire l'origine di quel nome insolito.
-lunga storia -tagliò corto Jess cercando di glissare l'argomento.
-sembrate così diversi -disse Janet cercando di ignorare l'irrequieto fidanzato che si muoveva continuamente sul divano nel tentativo di ritrovare nella sua memoria il momento in cui aveva sentito il nome che Rory aveva appena pronunciato riferendosi a Jess: gli suonava familiare...-è quasi assurdo pensare che possiate avere interessi in comune. E poi c'è una complicità... io e Jess siamo sempre stati grandi amici e siamo stati insieme, ma non abbiamo mai avuto il rapporto che avete voi due.
-stavate insieme?- chiese Rory focalizzandosi sull'ultima parte della frase -non lo sapevo.
-è stato molto tempo fa, prima che si trasferisse da suo zio. Pensa che se ne stava andando senza dirmi nulla: è stato Juan a raccontarmi mi di quella pazza di Liz e del fatto che Jess stava partendo. Così l'ho raggiunto alla stazione e gliene ho dette quattro.
-dev'essere un'abitudine- mormorò Rory senza rendersene conto, ma forte abbastanza per farsi sentire.
-perché? Chi è la poverina?- chiese Janet capendo solo dopo dallo sguardo della ragazza che la persona in questione era in quella casa e non si trattava certo di Juan.
-io e Jess siamo usciti insieme per qualche mese- le spiegò frettolosamente -poi c'è stata la California e il resto è storia.
Non le andava di andare oltre e parlare di quell'argomento con Jess nelle vicinanze. Si trattava di qualcosa di cui avevano discusso una sola volta, dopo il matrimonio e la scenata di Dean, e non sapeva come si sentiva lui nel toccare quel tasto soprattutto in presenza di amici che non sapevano nulla di quella parte della sua vita. Non aveva detto nulla: si era limitato a restare in silenzio seduto sulla sua poltrona in attesa che accadesse qualcosa -qualunque cosa- o che qualcuno facesse una battuta idiota che spezzasse l'aria che si era gelata in un momento in torno a loro. Quel discorso aveva preso inaspettatamente una piega sbagliata e nessuno dei due se n'era accorto in tempo. Tirò un sospiro di sollievo quando vide Juan riprendere una posizione immobile sul divano e sorridere, ma le sue parole non diedero a nessuno dei due il conforto sperato.
-allora, Jess -disse -come ci si sente ad essere nella stessa stanza con non una ma ben due ex-fidanzate sedotte e abbandonate?
 
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27 replies since 9/5/2004, 16:23   9224 views
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