Fanfiction: Ritorni

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Elena_R
view post Posted on 27/3/2005, 20:04 by: Elena_R




Come promesso dopo due settimane esatte vi propongo il ventiduesimo capitolo. Non so se nelle prossime due riuscirò ad aggiornare perchè è tempo di esami per me e quindi non ho la testa nè il tempo per mettermi a scrivere, ma dopo il 14 aprile ho una tregua e prevedo aggiornametni più rapidi, forse anche una degna conclusione entro breve.
Doveroso è ringraziare chi ha lasciato un commento, ovvero silvia, lavanda e phi phi: grazie! e come dimenticare Pheebe che ha sempre una parola buona da dispensami?
Auguro Buona Pasqua a tutti e... buona lettura!
(Dei due flash che ho inserito, il secondo proviene da uno dei precedenti capitoli di Ritorni, solo che non ricordo esattamente quale)

Capitolo ventidue

A discapito delle previsioni catastrofiche di Jess il giorno del ringraziamento era passato velocemente e sembrava che tutti si fossero divertiti. Era stata una giornata ricca di emozioni e di sorprese, a partire dalla “novità” che le aveva riservato sua madre, all'apparizione di Liz con la sua nuova fiamma. La faccia di Luke di fronte a T.J. era stata impagabile: sarebbe stato il massimo se avesse fatto in tempo ad immortalare quel momento con la macchina fotografica, ma Lorelai l'aveva cercata per diversi minuti nella sua borsa dicendo che la fodera di Gucci l'aveva mangiata. Ad ogni modo si era fatta perdonare per quella mancanza dandole la gioia più grande che avesse potuto dopo essersi sposata con Luke...
-sono così contenta di avere un fratellino! O una sorellina, non ha importanza!- disse con un sorriso enorme sulle labbra nonostante stesse asciugando senza sosta piatti, pentole e bicchieri da almeno mezz'ora.
-già. Non dev'essere stato facile per lei tenersi tutto dentro da ieri... tua madre è una pettegola incredibile per questo tipo di cose.
-lo so, ma se l'avesse detto a qualcun altro prima di me credo che non l'avrei mai perdonata. E comunque è stata una bella sorpresa, vero? Luke aveva un'espressione così dolce... mi è capitato raramente di vedere il suo aspetto da orsacchiotto.
-intendi quella faccia da beota in estasi, come si fosse appena fatto di qualcosa e non facesse altro che sorridere come uno scemo?- le chiese Jess passandole l'ennesima pentola.
-ma dai! Povero Luke! È solo felice di avere un bambino, è normale che abbia quel sorriso perenne. Pensa che quando sarà nato, o nata, sarà molto peggio!- difese il suo patrigno sorridendo mentre lo immaginava alle prese con un bebè: se da un lato era difficile figurarselo come padre, dall'altra sapeva che sarebbe stato un papà fantastico, uno di quelli che tutti i bambini dovevano avere; -ci sono ancora molte cose da asciugare? Non mi sento più le braccia.
-abbiamo quasi finito- la rassicurò passandole, stavolta, un mucchietto di posate; -che mi dici di tua madre? Oggi, gravidanza a parte, era molto strana.
-strana?-chiese innocentemente.
-sì, mi fissava, sembrava che volesse fulminarmi con lo sguardo- le disse pensieroso – hai per caso notato se ho detto o fatto qualcosa che possa averla irritata? Perché a me non sembra, ma non si sa mai..
Rory capì immediatamente a cosa si riferiva: sua madre aveva effettivamente tenuto d'occhio ogni sua mossa e ogni parola che si erano scambiati per cercare di capire cosa ci fosse realmente tra loro. Anche lei se n'era accorta e aveva cercato più volte di farla smettere, ma quando Lorelai Gilmore si metteva in testa qualcosa non cedeva fino a quando non raggiungeva il suo scopo. E come darle torto, dato che ci aveva visto giusto?
-no- mentì – dev'essere stata una tua impressione, io non ho notato nulla di più strano del solito. Piuttosto dimmi casa pensi di quel T.J.? Non mi sembra male.
Smise di lavare i piatti e la guardò con aria interrogativa chiedendosi cosa aveva ultimamente: era strana, molto più di sua madre, e ogni volta che sentiva di avvicinarsi al motivo di quel comportamento lei cambiava discorso con un'abilità incredibile; -è un idiota- le rispose facendo il suo gioco -ma non è molto peggio di altri uomini che ha frequentato in passato.
-e gli altri com'erano?-gli chiese notando l'espressione leggermente preoccupata che si era materializzata sul suo viso nel momento in cui aveva rinvangato un passato di cui, nonstante conoscesse qualche aneddoto grazie ai racconti di Juan e Janet, era ancora quasi totalmente allo scuro.
-più idioti di lui- le disse naturlamente come se fosse la cosa più logica del mondo. Jess non si smentiva mai: diventava evasivo ogni volta che non voleva parlare di qualcosa e in questo aveva imparato da lui. Era ormai diventata la prassi cambiare discorso quando la conversazione finiva su lei e Matt o su lei e Jess, e in tutta sincerità cominciava ad essere stanca di dover mentire e soprattutto di doverlo fare con lui: andava in giro sbandierando con orgoglio ai quattro venti quanto fossero amici, ma agli amici si diceva la verità, non si tesseva una tela complicata di bugie degna di Spiderman. Però confidargli tutto la spaventava a morte perchè a quel punto non ci sarebbe stato nulla a poterla fermare: era attratta da Jess e se lui avesse saputo che era libera c'era anche una sola possibilità che mostrasse nei suoi confronti lo stesso sentimento. Ed era questo a farle paura, perchè poteva essere di nuovo felice e lui poteva farla ricadere nel baratro in ogni momento, perchè con Jess non esistevano le sfumanture: si passava dal bianco al nero, dall'estasi della contentezza al buio del depressione. Jess non era mai prevedibile e in lui amava quella caratteristica così diversa da altri ragazzi che aveva conosciuto, ma allo stesso tempo la odiava perchè avrebbe potuto fare i bagagli da un momento all'altro e ripartire senza farsi più vivo. Era già successo una volta e non era vero che la storia non si ripeteva: le guerre, le carestie, i colpi di stato, gli avvelenamenti di politici e re... tutto accadeva ripetutamente, forse in modalità lievemnente differenti, ma la sostanza non cambiava.
-hai detto che Matt è fuori per affari- lo sentì iniziare con cautela -chi lavora il giorno del ringraziamento?
-tutti coloro che non sono americani- gli rispose frettolosamente: era incredibile come fosse capace di leggerle nel pensiero -é fuori dagli Stati Uniti per una trattativa.ultimamente sei molto interessato a lui: non è che ti sei innamorato di Matt?
Quella ragazza era la più bizzarra che avesse mai conosciuto. Un minuto prima camminava sui carboni ardenti cercando di non scottarsi ridendo nervasamente per nascondergli qualcosa che non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura e un minuto dopo era pronta a scherzare. Le lanciò la spugnetta bagnata che aveva usato per lavare i piatti centrando in pieno il suo braccio scatenando così una breve guerra con i burazzi.
La sua risata che riempiva la casa era musica, non si sarebbe mai stancato di sentirla. Ma il priviliegio di avere quei pensieri non era suo e più i giorni passavano più faceva male. Era tornato a New York per il lavoro e il fatto che anche Rory fosse lì e potessero essere amici gli erano sembrate due condizioni piacevoli, ma sperava che vedendola più spesso la sua ossessione nei suoi confornti sarebbe lentamente svanita permettendogli di andare oltre e rifarsi una vita con qualcuno che lo trattasse meglio di Kate. Invece più i giorni trascorrevano più Rory gli entrava nel sangue, per quanto fosse possibile; ormai viveva in lui, in ogni fibra del suo corpo e continuava a non essere sua. Sarebbe stato bello e liberatorio amare qualcun altro, ma evidentemente lui era condannato a stare solo e a guardare da vicino la felicità degli altri senza poterla nemmeno sfiorare.
-è tardi- gli disse interrompendo l'apparente stato di ipnosi in cui era caduto: stavano ridendo quando aveva iniziato a fissarla senza motivo e senza dire nulla; aveva sentito i suoi occhi penetrare il suo corpo, era come se avesse dei raggi X e l'attraversasse con lo sguardo. C'era qualcosa in essi, desiderio forse, ma preferiva non pensarci; -prima ho chiamato un taxi, dovrebbe essere qui a minuti.
-ok, qui abbiamo finito- le rispose andando a prendere le chiavi-se aspetti un attimo ti accompagno di sotto.
-d'accordo- sorrise- sei diventanto davvero un gentiluomo.
-ehi, io sono sempre stato un gentiluomo!-protestò.
-ricordi quando stavamo insieme? Mi scaricavi davanti casa e non c'è mai stata una volta in cui mi hai accompagnata alla porta- gli ricordò.
-vero, ma mi fermavo sempre il più vicino possibile alle scale, così dovevi solo salire quattro gradini senza doverti fare tutto il vialetto.
-stai cercando di trovare una via di fuga, ma un vero gentiluomo avrebbe fatto entrambe le cose.
-allora vuol dire che sono davvero cambiato- le rispose aprendo la porta per lei mettendola faccia a faccia con un ospite con la mano a mezz'aria pronto a bussare.
Ci furono un paio di secondi durante i quali nessuno dei tre mosse un dito o disse una parola e Rory ebbe anche l'impressione che Jess avesse smesso di respirare, perchè non sentiva più il suo fiato caldo solleticarle il collo dato che era proprio alle sue spalle. Davanti ai suoi occhi c'era una ragazza ed era bellissima. Non l'aveva mai vista nè di persona nè in fotografia e Jess non gliene aveva mai parlato; di lei aveva solo la descrizione che sua madre le aveva fatto nei minimi dettagli quando era tornata dal suo "viaggio di nozze", ma le parole di Lorelai, per quanto lusinghiere, non le rendevano giustizia.
Quella era Kate e nel momento in cui se ne rese conto ebbe paura: paura di non poter reggere il confronto, paura di perdere Jess, anche se effettivamente non era suo.
-Che ci fai qui?
La sua voce la face quasi sobbalzare, ma cercò di non mostrarlo. Il tono che aveva usato, nonstante non fosse dei più amichevoli, lasciava trasparire un certo senso di insofferenza e allo stesso tempo di sorpresa.
-Ero da queste parti e volevo farti un saluto. Pensavo che potevamo parlare.
La prima cosa che notò fu la sua sicurezza: il modo aggressivo in cui lui le aveva parlato non aveva scalfito la sua espressività e non si era lasciata intimorire o sopraffare dal suo essere così scontronso.
-Ora sono occupato.
La stava usando come scusa e subito sentì gli occhi di Kate fulminarla: non era sua intenzione impedire quella riunione e non le importava che Jess volesse divincolarsi da quell'impegno.
-non ti preoccupare. Il taxi arriverà a momenti, forse è già di sotto ad aspettarmi.
-Sei sicura? Perchè io posso ---
-Vado da sola- lo interruppe sorridendo cercando di rassicurarlo e perchè non riusciva a farne a meno: le piaceva quando si preoccupava per lei, si sentiva protetta. Ma stavolta i suoi occhioni del colore dell'adorato caffè non le avrebbero impedito di fare spazio alla ex più ingombrante di cui aveva sentito parlare; -ci sentiamo. O vediamo... ok?
La stava pregando con lo sgaurdo di non lasciarlo lì ad affrontare quella ragazza e da un lato lo capiva; nemmeno lei avrebbe voluto ritrovarsi faccia a faccia con Matt. Ma lui non si chiamava Rory e Kate non era di certo un uomo, quindi salutò educatamente entrambi e, cercando di mostrarsi più sicura possibile, raggiunse l'ascensore che per sua fortuna era aperto al loro piano: il solo pensiero di vederli entrare insieme in casa di Jess le procurava una fitta nel petto.
Forse era il suo cuore.

C'erano molte cose che non si aspettava dalla vita, come vincere qualche premio importante per un suo libro, raggiungere il massimo di vendite battendo ogni record o imparare a ballare senza doversi per forza sentire un idiota. Ma se c'era una cosa che in assoluto non avrebbe mai immaginato era trovarsi Kate alla sua porta e soprattutto vederla guadarsi intorno nel suo nuovo appartamento come ai vecchi tempi. Continuava ad essere bellissima e in quel momento, come quasi ogni altro che avevano passato insieme, si sentì orgoglioso e lusingato che quella donna fosse sua, o lo fosse stata.
Un diffuso senso di nostalgia lo pervase al ricordo di loro due insieme, felici ed innamorati. Anche se si erano lascaiti, a prescindere da ciò che era successo, non poteva negare che lei fosse importante e avrebbe fatto per sempre parte di quella ristrettissima cerchia di persone il cui ricordo lo avrebbe seguito fino alla fine dei suoi giorni. Ma avrebbe dovuto restare tale, non materializzarsi a New York.
-Cosa ci fai qui?- le ripetè senza riuscire a trovare nient'altro da dire. Stavolta la sua voce era meno infastidita e Kate lo notò, perchè gli rispose sorridendo dolcemente.
-Te l'ho detto: volevo parlare con te.
-E vieni da Los Angeles solo per parlarmi?- le chiese scettico -E io che mi chiedevo a cosa servissero i telefoni.
-Mio padre è qui per lavoro- gli spiegò mettendosi comoda sul divano e accavallando le gambe nel modo sensuale che Jess conosceva già bene; -l'ho accompagnato per fargli compagnia: non mi andava di lasciarlo solo proprio in un giorno di festa.
-E tua madre?
-Lei aveva una festa di beneficenza a Beverly Hills a cui non poteva rinunciare.
Quella era un'altra delle situazioni più strane in cui si era mai trovato: in piedi al centro del suo salotto a parlare con la sua ex dei suoi genitori che, tra parentesi, non aveva mai sopportato. Se Juan o Sean lo avessero visto non avrebbero più smesso di prendersi gioco di lui. Ultimamente quando si trattava di donne alle quali teneva diventava il più imbranato degli uomini: stava forse invecchiando?
-Come fai ad avere il mio indirizzo?-le chiese per cambiare discorso dopo un'improvvisa illuminazione. L'unica persona che gli veniva in mente era un biondino ficcanaso che faceva rima con "phon". Se mai fosse arrivato alla fine di quella serata avrebbe pensato ai cento modi più lenti e dolorosi per ucciderlo.
-Sono arrivata qui ieri e mentre papà era ad un incontro d'affari sono venuta nel tuo ufficio. La segrataria ha detto che eri fuori e non sapeva quando saresti tornato, così sono riuscita a farmi dire dove abiti.
-dovrò licenziarla- borbottò pensando che avrebbe potuto trasferire su di lei la punizione che aveva precedentemente riservato a Sean.
-Non preoccuparti, ho dovuto insistere molto per riuscire a farmi dare il tuo indirizzo. Non è stato facile, sai? Quella ragazza è un osso duro.
-Non abbastanza evidentemente. Vorrei proprio sapere cosa le hai detto.
-bella casa- disse Kate evitando accuratamente di rispondere che le aveva semplicemente detto di essere la sua ex e che voleva riconquistarlo perchè Jess era l'uomo della sua vita. Continuò a guardarsi intorno e notò subito che anche se aveva cambiato casa, città, addirittura stato, la sostanza era la stessa: c'era l'onnipresente libreria traboccante di libri, una delle costanti della sua vita. Erano tangibili, veri e senza tempo: erano la sua ancora, probabilmente l'unica cosa su cui avrebbe sempre potuto contare.
-Kate -la incitò a sbrigarsi con ciò che aveva da dirgli: lei cercava di perdere tempo, mentre lui stava soltando perdendo la pazienza.
-Rilassati- lo calmò tornando a concentrare su di lui la sua attenzione. Le sembrava nervoso ed era certa che fosse a causa della sua presenza e di ciò che aveva interrotto: -E così quella è Rory.
Aveva cercato di mantenere un tono più naturale possibile, ma Jess fu sicuro di aver percepito la gelosia nelle sue parole. Come faceva a sapere di lei? Era certo di avergliene parlato una sola volta e senza entrare nei dettagli.
-Ti ricordi di lei?
-E come non potrei? È colpa sua se te ne sei andato- disse lapidaria.
Quella conversazione stava prendendo la direzione che aveva temuto: Kate non era lì per una semplice visita di cortesia e lui avrebbe dovuto aspettarselo.
-Così ora state insieme.
-Non è come pensi.
-Non sono una stupida, Jess. Non trattarmi come se lo fossi.
-Non è quello che sto facendo. Io e Rory siamo amici, lei ha un fidanzato da diversi anni.
Kate si lasciò sfuggire un sorriso sarcastico che prese immeditamente le sembianze di una smorfia mal riuscita: -Questo non ha mai fermato nessuno, o sbaglio?
-E' diversa da noi- la difese, infastidito che potesse paragonare una persona onesta come Rory a loro due e a ciò che avevano fatto; -e io non ho intenzione di creare casini con Matt. Non c'è altro oltre l'amicizia.
-Certo-rispose non credendo ad una sola parole di quelle che aveva detto -Ci ho pensato e credo di non meritare la tua semplice sparizione.
-Non sono sparito. Tu sapevi bene che sarebbe andata così.
-Io non sono il tipo di persona che subisce le decisioni degli altri.
Perchè si ostinava a tirare fuori quell'argomento? Perchè non si rassegnava a lasciare le cose com'erano e a continuare la sua vita anzichè farsi dal male inutilmente? Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ma Kate aveva rovinato tutto e ora non aveva il diritto di andare da lui dicendo di meritare altre spiegazioni. Il tempo delle spiegazioni era finito da un pezzo.
-E cosa avremmo dovuto fare? Avere una relazione a distanza? Non avrebbe mai funzionato.
-Per due persone innamorate tutto diventa possibile, Jess.
-Sono sciocchezze da sentimentali- le disse scuotendo la testa e con un sorriso sarcastico sulle labbra: come poteva essere così ingenua lei che non lo era mai stata? -queste cose funzionano solo al cinema, non nella vita reale.
-E io sono ancora innamorata di te- continuò la ragazza ignorando deliberatamente ciò che aveva appena detto.
-Ti amo-le disse giocando con i suoi capelli ancora umidi dopo il bagno di mezzanotte nell'oceano. Erano parole nuove quelle uscivano dalla sua bocca e avevano un suono strano, impacciato. Ma sentiva che era il momento di dirgliele e sentiva che lei era donna giusta, quella che avrebbe capito quanto veramente lui l'amasse. Gli sorrise e lo baciò, ma non disse nulla. Non doveva rispondergli allo stesso modo. Lui era pronto e lei no, e ne aveva ogni diritto. Rispose al bacio e cercò di non pensarci, perchè il suo silenzio non voleva dire nulla.
Non le rispose. Restò in silenzio a guardarla negli occhi mentre lei fissava i suoi. Gli sembrava sincera e si sentiva in colpa perchè non avrebbe mai più potuto risponderle con le stesse parole.
-ma tu no.
La voce di Kate riempì il suo silenzio che era più eloquente di qualsiasi discorso elaborato che era capace di fare nei suoi saggi, nei libri o nelle lettere.
-Kate, sono discursi inutili da rifare e ora è tutto cambiato.
-Hai detto che tu e Rory non siete altro che amici- gli ricordò.
-Non si tratta di lei. Sto parlando di me e di te, di ciò che proviamo...
-o che non proviamo- lo interruppe.
-credimi quando ti dico di volerti bene, ma non può esserci nessun sentimento che vada oltre l'affetto.
-Jess...
-Hey bellezza! Sono io. Volevo solo dirti che rifacendo il letto ho trovato il tuo orecchino sul materasso, quindi non preoccuparti: non l’hai perso. Puoi passare a prenderlo quando vuoi, anche domani se il tuo pseudo-ragazzo non ha altri programmi … vorrei che lo lasciassi... Devi dirgli tutto e farla finita.. se non avessi dovuto correre da lui ora saresti ancora qui, con me.

-avevi detto che saresti rimasto a casa tutta la sera... ti aspetto da tre ore. Il tuo cellulare è staccato e nessuno dei tuoi amici aveva idea di dove fossi… ma io credo di aver capito. Perché, Jess?
-potrei farti la stessa domanda, Kate.
-Tra noi è tutto finito nel momento in cui mi hai tradito. Il resto è stato un tentativo senza senso di rimettere a posto i cocci di un vaso i cui pezzi si erano persi. Non c'era più nulla da salvare, Kate.
-So che è colpa mia, ma ho sbagliato -lo stava pregando- era straziante essere ancora lì a parlare di quelle cose, voleva che finisse, che se ne andasse, ma lei insisteva -ho commesso un errore, ma mi sembra di aver pagato abbastanza, non credi?
-Non è una vbendetta.
-e allora perchè?- alzò la voce -Perchè non puoi darmi un'altra possibilita' forse questa volta...
-Ce la siamo già dati quest'estate, ma non ha funzionato.
-è per Rory.
-Smettila di tirarla in ballo, Kate! Non biasimare lei per qualcosa che hai fatto tu! Non vuoi capire, vero?
-no, io ho capito benissimo. Sei tu quello che si stina a mentire.
-e tu non cambi mai, sei la solita presuntuosa.
Stavano litigando e non era ciò che Jess voleva. Respirò a fondo cercando di attenuare la rabbia che risaliva ogni volta che riviveva quei momenti in cui si era affidato e lei, mentre lei si era presa gioco di lui. Riprovare era più insensato che mai.
-Kate, se sei venuta qui per chiacchierare con un amico io posso offrirti qualcosa da bere e provare ad ascoltarti. Se invece le tue intenzioni sono diverse, mi dispiace, ma quella è la porta.
Era stato piuttosto duro nei suoi confronti, ma forse quello era l'unico modo che aveva per renderle chiara la sua posizione. La osservò mentre cambiava posizione sul divano e teneva gli occhi fissi sulle sue stesse scarpe. Aveva imparato a conoscerla bene, riconosceva la sua espressività, i cambiamenti nel tono della sua voce, i suoi silenzi. Era sincera quando diceva di amarlo ancora, ma stavolta non avrebbe commesso lo stesso errore dandole una possibilità che l'illudesse e che non li avrebbe portati da nessuna parte.
Sentì il fruscio del suo cappotto contro la seta del vestito e seguì con lo sguardo i suoi movimenti: si era alzata, aveva raccolto la borsa e si stava avvicinando a lui. Trattenne il respiro mentre lei poggiava lentamente le labbra sulle sue per un ultimo bacio. Durò pochi attimi e in un baleno si fece sempre più lontana fino a scomparire dietro la porta di casa.
Riprese a respirare inalando la scia di profumo che aveva lasciato e buttandola fuori, espellendola per sempre dal suo corpo: quel capitolo della sua vita era stato ufficialmente chiuso e sigillato, seppur con un bacio.


... to be continued...
 
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27 replies since 9/5/2004, 16:23   9224 views
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