Fanfiction: Ritorni

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Elena_R
view post Posted on 17/4/2005, 20:35 by: Elena_R




surprise, surprise!

Capitolo ventiquattro

Al lavoro aveva concluso poco e niente, le gaffes si erano moltiplicate di minuto in minuto e si era vista costretta a tornare a casa prima per non combinare altri casini. Non aveva smesso nemmeno per un attimo di pensare a Jess e al suo atteggiamento di quella mattina. Lo aveva sentito distante e disinteressato e l'idea che Kate fosse la causa le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Dopo essere uscita dalla redazione aveva vagabondato per New York, guardato vetrine, osservato i turisti che fotografavano ogni angolo della città per averne un ricordo; aveva preso la metropolitana ed era arrivata a Central Park che nonostante il vento gelido brulicava di persone. Aveva pensato che l'aria fredda e un po' di moto l'avrebbero aiutata a calmarsi, ma non aveva funzionato. Ciò che più la irritava era il fatto di non aver nessun diritto di essere gelosa. Aveva fatto tutto da sola: si era riavvicinata a Jess, gli aveva ingenuamente proposto di essere amici non completamente aspettandosi di poter riavere il vecchiorapporto, ma la vecchia sintonia era riapparsa. Si erano sentiti per telefono per mesi e ora vivevano nella stessa città a pochi chilometri di distanza. Non lo aveva saputo fin da subito, ma per Jess aveva rotto il suo fidanzamento con Matt. Aveva compiuto ogni singola azione con la speranza di riavvicinarsi a lui ed era successo! Ma in realtà c'era più di quella bellissima amicizia, le ci erano volute Lane e Lorelai e mesi di tormenti per rendersene conto.
Dopo essersi seduta a gambe incrociate sul divano ed essersi coperta col pile psichedelico che sua madre le aveva regalato, iniziò quella che sarebbe stata sicuramente una lunghissima e noiosissima serata all'insegna di zapping improduttivo e gelato al cioccolato: la cura migliore contro la depressione da delusione sentimentale, ma doveva esserci una cospirazione contro di lei perchè oltre alla pubblicità e a stupidi programmi non c'era nulla da guardare. Spense la televisione e all'improvviso la casa cadde nel silenzio: si sentiva il rumore delle auto che passavano lungo la strada, la radio a tutto volume della sorda vicina ottantenne e, in lontananza, qualcuno che stava suonando il sax. Le note arrivavano deboli alle sue orecchie e la confusione che proveniva dalla strada non le facilitava il compito di ascoltarla con attenzione, ma era una melodia malinconica e si confaceva perfettamente al suo stato d'animo.
Guardandosi intorno, e assicurandosi che il gelato non lasciasse mai la sua bocca sguarnita, notò l'ultimo libro che le aveva dato Jess, quello dello scrittore che avrebbe intervistato. Purtroppo non sapeva nulla di lui oltre al sesso -maschile- e la provenienza -New York. Non le aveva svelato nulla e non aveva idea di chi sarebe stata la persona che si sarebbe trovata davanti: doveva inventarsi un'intervista basandosi su due romanzi e la prima impressione. Era una buona giornalista, ma come poteva lavorare seriamente senza un contesto a cui fare riferimento? A volte si chiedeva perchè Jess si ostinava a tenere quel ragazzo, o uomo, così segreto e riusciva solo ad imputare al suo stato mentale sicuramente anormale la sua ostinazione.
Jess. Jess... Sempre Jess. Ormai era un chiodo fisso e forse la pazza era lei. Come aveva fatto a non accorgersi che lentamente le stava scivolando di nuovo sottopelle?
Probabilmente in quel momento era con una delle solite bellone mozzafiato a divertirsi mentre lei se ne stava in pigiama, da sola, anzi in compagnia del gelato. Era ufficialmente patetica.
Riprendendo le redini del suo orgoglio afferrò con prepotenza libro e blocco di appunti per distrarsi e cercare di mettere insieme qualche domanda non troppo banale, ma che cosa poteva chiedere all'uomo del mistero? Iniziò ad immaginarselo: era un vecchio che aveva scritto in quei libri le memorie della sua gioventù attualizzandole ai tempi moderni; oppure era un ragazzo brutto e grasso che si era inventato tutto di sana pianta o che aveva tradotto in parole i suoi desideri sentimentali o la vita che avrebbe voluto vivere: eccitante e imprevedibile, anzichè noiosa e passata a vegetare davanti alla televisione. O forse era un bellissimo ragazzo che aveva avuto un enorme successo con le donne e che però, in seguito ad un incidente, aveva il volto sfigurato ed era stato relegato ai margini della società e sofferto per l'unica che aveva amato e che ora non gli rivolgeva più nemmeno la parola. Magari era una persona normale con un nome stupido e il primo che le venne in mente fu Pip*. Sorrise tra sè e sè, ma fece un balzo dalla sua comoda posizione sul divano quando qualcuno suonò alla porta di casa.
Diede una rapida occhiata al cielo e lo vide scuro: se l'orologio non avesse segnato le nove avrebbe pensato che fosse notte fonda. Lane era a Seattle per lavoro e non avrebbe potuto farle un'improvvisata, Jess era fuori con la sua Barbie, le sue amiche erano impegante con fidanzati e mariti vari: chi poteva essere? Camminando verso l'ingresso pensò che forse sua madre aveva deciso di venire a New York e farle una sorpresa, ma la sorpresa la ebbe lei quando vide di chi si trattava: -Jess?
-ciao- rispose entrando mentre con una mano teneva in equilibrio un cartone di pizza e con l'altra stringeva due birre. Non passarono inosservati i vestiti da conquistatore che indossava e si morse il labbro pensando quanto fosse carino quella sera.
-che ci fai qui? Pensavo che dovessi uscire con Lindsay, la tua compagna di classe.
-Lindsay?- le chiese appoggiando tutto sul tavolino davanti al televisore -ah, vuoi dire Kimberly.
-stamattina hai parlato di Lindsay. Ha cambiato nome?
-no, mi sono solo sbagliato. Juan mi ha ricordato che il suo nome era un altro.
-e allora?
Cancellò i numeri dal display per la decima volta in cinque minuti. Era sotto casa sua ma non se la sentiva di dirle di scendere. Fece un profondo respiro e digitò nuovamente la combinazione di cifre che ormai aveva imparato a memoria e inviò la chiamata.
-Pronto?
-Kimberly? Ciao, sono Jess.
-ah, Jess. Ciao! Sono quasi pronta, tu hai dei problemi a trovare casa mia?
-no, a dire la verità...- si interruppe pensando alla balla madornale che stava per propinarle e sentendosi in colpa, perchè la voce di quella ragazza sembrava impaziente, eccitata di rivederlo- purtroppo mi sono beccato un virus e non mi sento bene.
-oh, mi dispiace tantissimo. Hai bisogno di qualcosa? Se vuoi posso venire da te...
-no, non preoccuparti e poi il medico mi ha detto che è contagioso. Non vorrei che...
-capisco. Beh, allora sarà per un'altra volta.
-certo, un'altra volta. Ti farò sapere, ok?
-Ok. Mi raccomando, rimettiti in sesto. Ciao, Jess.
-ciao.
Chiuse la comunicazione e si appoggiò allo schienale dell'auto: si sentiva esausto e non si era accorto di avere il fiato corto.

-allora si è ammalata, quindi non usciamo- mentì. Aveva pensato per tutto il tragitto fino a casa sua a come giustificare l'annullamento dell'appuntamento, ma la sua mente era troppo stanca per pensare a qualcosa da dirle, così le aveva scaricato la stessa scusante usata per Kimberly. Che classe... ma non poteva dirle che non aveva voglia di svagarsi con un diversivo e che preferiva passare un paio d'ore con lei; -cosa stavi facendo?- le chiese notando i fogli e i libri sparsi sul divano perdendosi il sorriso che si era dipinto sul viso di Rory mentre le parlava della buca che teoricamente la Barbie gli aveva dato.
-lavoravo. Beh, ci provavo.
-stacanovista. Se non ci fossi io a distrarti tu vivresti solo ed esclusivamente per il Times- la prese in giro.
-in tv non c'era niente.
-e il film?- quella mattina aveva parlato di noleggiarne uno, ma evidentemente aveva cambiato idea.
-Non l'ho preso: è deprimente guardarne uno da sola- protestò mentre lui sorrideva soddisfatto e sfilava dalla tasca dei pantaloni una videocassetta.
-casualmente mi sono fermato in videoteca, oltre che in pizzeria, e ho preso questo- disse mostrandole il titolo sulla custodia mentre infilava il vhs nel videoregistratore.
-oh, no! Almost famous?!
-sapevo che ne saresti stata entusiasta- le confidò sedendosi comodamente sul divano.
Rory sorrise e lo imitò realizzando che sì, se non ci fosse lui tutto sarebbe davvero diverso.

Ormai la conosceva meglio di chiunque e sapeva perfettamente che dietro la sua facciata calma si stava struggendo per decidere se agguantare o no l'ultimo pezzo di pizza rimasto nel cartone. Spostava lo sguardo dalle ultime scene del film sullo schermo al tavolino dove quel gustoso triangolino giaceva solitario in attesa che qualcuno lo reclamasse, poi tornava alla televisione con un'aria dispiaciuta.
-La vuoi?- le chiese sorridendo di fronte alla sua indecisione. In cambio ricevette un'occhiata disgustata e le parole "è fredda". Ci pensò su è tutto fu immediatamente più chiaro: stava aspettando che si offrisse volontariamente di scaldarglilela, ma Jess non era nato ieri e non aveva alcuna voglia di alzarsi da quel divano che aveva ora la forma del suo corpo.
-hai un microonde- le ricordò cercando di mettere in chiaro che non sarebbe stato lui a fare tutto il lavoro sporco per il suo piacere.
-sono stanca e la cucina è così lontana...-rispose drammaticamente.
-il tuo appartamento è un buco: se allunghi la braccia puoi lavare i piatti che sono nel lavandino e contemporaneamente spolverare i mobili della tua camera che sono nella direzione opposta della cucina.
-Hey!- gridò dandogli un pugno sul braccio che gli fece a malapena il solletico- non è così piccolo!
-ok, ma l'iperbole ha reso l'idea, non credi?
-Beh, non posso permettermi ancora un attico, ma questa casa mi piace e non la cambierei per nulla al mondo. Mi è mancata tantissimo nei mesi che ho passato a Parigi e ora l'adoro più di prima.
E le credeva, perchè l'appartamento era suo, pagato con i soldi che era lei a guadagnare, non con quelli di un prestito dei nonni o di Lorelai. Finalmente anche Rory aveva assaporato l'indipendenza e il gusto che sentiva sulla lingua doveva piacerle.
-e comunque, Mister- continuò -le tue idee fanno schifo. A cominciare da quelle che ti vengono quando devi prendere un film: Almost Famous? Bleah!
-oh, e sentiamo invece cosa avresti scelto tu- la sfidò sapendo già a quale genere di commedia avrebbe fatto riferimento.
-mmm... Dirty Dancing?
-ah, Nessuno può mettere Baby in un angolo: sdolcinato!
-romantico- ribattè, come se il concetto dovesse suonargli diverso con un altro aggettivo.
-melenso.
-è passionale- gli disse di nuovo, stavolta voltando le spalle alla televisione e rivolgendogli tutta la sua attenzione: quella sfida diventava una cosa seria e a lui non dispiaceva giocare, soprattutto se la sfidante era lei. Forse Rory non sapeva che la passione, quella vera, era quella che vedeva nei suoi occhi, quella che leggeva sul New York Times nei suoi articoli o quella che scaturiva dalla sua voce ogni volta che discutevano di qualcosa, qualunque cosa. La passione era lei, non un film da quattro soldi su amore a balletti improvvisati.
-è stupido- le disse cercando di annullare la sua precedente affermazione a conferma della sua teoria, ma lei sembrava non capire, perchè gli disse che quella di Johnny e Baby era una bellissima storia d'amore.
-Bleah- fu l'unico suono che uscì dalla sua bocca mentre i vari fotogrammi di Dirty Dancing si riproducevano nella sua mente: lo conosceva benissimo perchè da ragazzi Rory glielo aveva proprinato diverse volte. Intenti a dedicarsi ad altre attività avevano prestato poca attenzione ai personaggi e alla storia, ma i rumori di sottofondo e i dialoghi erano stati registrati ugualmente dal suo cervello ed era capace di citare diverse battute a memoria. Non che ne andasse fiero, era chiaro.
-Sei cinico- gli rispose dopo alcuni attimi passati in silenzio -Johnny e Baby si amano!
-Sono troppo diversi, Rory. Nella vita reale la loro relazione che non potrebbe mai durare.
-stai dicendo che i famosi opposti non possono innamorarsi?
-Sto dicendo che possono innamorarsi e mettersi insieme, ma poi si lasciano. Avanti, Baby è una brava ragazza che vive il suo momento di ribellione quando conosce il James Dean della situazione. É la figlia modello, intelligente, studiosa, altruista, che vuole fare grandi cose e che incontra il cattivo ragazzo, quello dei bassifondi, infelice, che non ha avuto nulla dalla vita, squattrinato e che per fare un po' di soldi passa il tempo con tipe come quella "vedova bianca". Nel mondo reale, il nostro mondo, Baby lo avrebbe evitato come la peste, anzi forse non l'avrebbe mai incontrato. Da parte sua Johnny l'avrebbe vista, giudicata e riso di lei con gli amici mentre si tracannava la birra meno costosa comprata, o addirittura rubata, al supermercato.
-Credo che ti sbagli- disse Rory e nella sua risposta non potè non notare una piccola esitazione, come se non fosse davvero certa di ciò che stava per dirgli -io... ero innamorata di te. Davvero.
Jess deglutì a fatica l'immaginaria saliva che avrebbe dovuto occupare la sua bocca completamente secca. Pensare per anni alla sua voce metallica che aveva attraversato in largo gli Stati Uniti mentre trattenendo le lacrime gli diceva che forse era innamorata di lui era stato un modo più o meno masochista di ferirsi da solo per espiare la colpa di non essersi mai comportato diversamente con lei. Esserle seduto di fianco, sentire le sue gambe contro i propri jeans, il suo profumo filtrargli le narici e ascoltare quella confessione d'uno amore passato era peggio che essere investito da un autotreno in corsa: non sapeva se era vivo o morto, se ciò che stava sentendo era davvero lei o la sua immaginazione. Si sentiva stordito e quella era una sensazione che riusciva a dargli solo lei; a volte aveva cercato di odiarla per quel suo essere unica rispetto a tutte le altre.
Distolse lo sguardo dai suoi occhi blu che lo attraevano come una calamita al ferro e fissò un punto lontano sopra le sue orecchie: se quella che gli aveva appena detto era la verità, se davvero era stata innamorata di lui e se ora lo stava ammettendo significava che erano veramente passati al livello di migliori amici o quasi, e tra loro non c'era più nemmeno la speranza che potesse accadere altro. Respirò l'aria aromatizzata alla pizza e all'essenza di vaniglia del suo bagnoschiuma e tornò a guardarla negli occhi, pronto a farle capire che ci stava: erano amici sul serio da quel momento, qualunque cosa questo comportasse.
-e hai visto anche tu com'è finita- le disse sapendo che d'ora in avanti avrebbe dovuto essere sincero almeno al novantanove per cento con lei- questo conferma la mia teoria, Baby. Sai, sei un po' come lei.
-romantica?- gli chiese trattenendo le lacrime per la freddezza con cui aveva pronunciato quelle parole sulla loro storia, come se non gli importasse e avesse ridotto gli esiti della loro seppur breve relazione adolescenziale ad una statistica da usare a conferma delle sue ciniche teorie.
-ingenua-specificò incerto se fosse arrabbiata, triste o pronta a scherzare come sempre.
-E tu assomigli un po' a Johnny-gli disse sorridendo mordendosi il labbro per indirizzare la sua attenzione sul dolore piuttosto che sulle sue parole.
-Io non ballo... tantomeno ancheggio- le rispose sulla difensiva disgustato dall'idea di piroettare su un palco -e poi che razza di uomo è uno che fa il ballerino?!
-uno a cui piace ballare, no?- gli disse e nei suoi occhi rivide l'insicurezza di pochi attimi prima, quando gli aveva detto di essere stata innamorata di lui. Rory era bizzarra, lo sapeva da sempre, ma quella sera stava raggiungendo l'apoteosi della sua stranezza.
-e poi- continuò- a me Johnny piace. Mi è sempre piaciuto.
Fece fatica a respirare cogliendo in quella frase un doppiosenso che non avrebbe potuto concedersi. Forse sarebbe stato meglio uscire con quella Lindsay o Kimberly o qualunque fosse il suo nome: avrebbe evitato una serata delle verità con Rory e avrebbe fatto un passo avanti, forse, per allontanarsi da lei. Ma sembrava ormai esserne diventato incapace, era totalmente nelle sue mani; se avesse voluto, quella donna avrebbe potuto usare il suo corpo come uno zerbino e la prova lampante era stata proprio la sua decisione di andare da lei dopo averla trattata freddamente quella stessa mattina per vedere come stava e farle capire che tra loro andava tutto bene, che un paio di messaggi in segreteria e il loro evitarsi per un'intera settimana non avevano significato nulla, almeno da parte sua. E in fondo Baby non era così male.
Tornò a voltarsi verso lo schermo e nel frattempo addentò l'ultimo pezzo di pizza ormai gelido senza fare caso a quanto facesse schifo, completamente perso nei suoi pensieri e nel sentire la voce di quell'angelo ripetere ancora e ancora e ancora che quel ballerino le piaceva. Sorrise senza rendersene conto.
Rory seguì con attenzione ogni suo movimento e riprese anch'ella a guardare Almost Famous, ma con la coda dell'occhio vide accadere un fatto molto strano: Jess sorrideva, forse ripensando con piacere alle sue parole o forse credendola una stupida: non le importava, perchè lo faceva per lei e non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta.

-devi essere caduto dal seggiolone quando eri bambino- disse Rory con la bocca piena di gelato. I titoli di coda erano sullo schermo e lei stava festeggiando la fine di quella tortura rimpilzandosi del cioccolato che aveva abbandonato poche ore prima per dare la precedenza alla pizza.
-e a te deve essere successa la stessa cosa: ci saranno a malapena tre o quattro gradi fuori -le rispose guardandola scioccato - e tu mangi quella roba?
-la differenza tra noi è proprio questa: tu hai battutto la testa, invece io sono stata allevata da Lorelai Gilmore.
-e questo spiega ovviamente tutto. Comunque non credo che riuscirò mai a comprendere pienamente il tuo disprezzo nei confronti di Hemingway. È assurdo.
-esatto!-gridò raggiante alzando in aria il cucchiaio ed enfatizzando la solennità dell'affermazione che stava seguendo -È assurdo! Tutto quello che scrive non ha senso e infatti è ottimo per dormire quando si soffre d'insonnia. Tu ti sforzi cercando di capire cosa vuole dirti quel vecchio? Perfetto! In questo modo ti stanchi e finisce che ti addormenti.
-travisi le mie parole, non ti sopporto quando lo fai. È questo che ti hanno insegnato a Yale? -le chiese strappandole dalle mani il cucchiaio per concedersi a sua volta un po' di gelato, noncurante dell'istinto omicida che aveva risvegliato in lei con quel gesto -Era nel corso di Brucia Hemingway e tutto ciò che gli somiglia senza pagarne le conseguenze oppure Come confondere le persone con opinioni diverse dalle tue?
-no, era Fai arrabbiare Jess Mariano criticando ciò che più ama. Tu non hai seguito nessun corso Anti-Rory? Ma forse ti sarebbe stato più utile Non togliere mai il cibo dalla bocca di Rory.
-Non ti ho tolto nulla- le disse mettendole davanti al naso il cartone mezzo pieno -il gelato è qui.
-e il cucchiaio?
-puoi sempre leccare, come i cani. La lingua ce l'hai, no?
Per tutta risposta gli fece la linguaccia e si riprese ciò che le apparteneva, mentre il campanello di casa suonava ancora una volta. Smisero entrambi di muoversi, ognuno in attesa che l'altro si alzasse per andare a vedere di chi si trattava.
-non apri?- le chiese dopo un paio di secondi di staticità duranti i quali si erano guardati negli occhi in attesa che uno dei due smettesse di essere serio e iniziasse a ridere perdendo così la sfida e fosse costretto a fare penitenza, che in quel caso era alzarsi e trascinarsi fino alla porta.
-non mi va di alzarmi- fu la sua scusa mugugnata appena mentre riempiva la cavità del cucchiaio con una montagna di gelato -Ti ho già detto che sono stanca?
-sì, ma questa è casa tua- le ricordò -non è educato mandare gli ospiti a fare gli onori di casa.
-sarà la vicina: soffre d'insonnia e di solito a quest'ora inizia a fare dei dolci, ma si dimentica sempre di comprare lo zucchero e così passa da me a chiederne un po' in prestito. Apri tu, così la confondi e le fai credere di aver sbagliato appartamento. Sarebbe un modo divertente per prenderti la rivincita su di me.
-a spese di una povera vecchietta?- le chiese scettico -no, grazie.
-dai, Jess? Potrei iniziare ad abbaiare- gli confidò sbattendo le ciglia e assumendo l'espressione di un cucciolo in attesa di cibo o un po' di attenzione. Sorrise per il suo infantilismo -o animalismo?- e si alzò dal divano: -Sei incredibile.
-grazie!
-e in debito con me, ricordalo- le gridò dall'ingresso prima di aprire la porta apettandosi di trovarsi davanti una vecchina dai capelli bianchi e il sorriso senza denti e vedendo al suo posto un ragazzo il cui volto, nonstante l'avesse visto una sola volta, gli era rimasto impresso nella memoria.
-Matt- gli disse allungando la mano per stringere la sua.
-Jess.
Era chiaramente sorpreso di vederlo lì, in casa di Rory e a rispondere alla sua porta, ma sembrava più che altro che volesse trapssare il suo corpo con una lancia o riempirlo di coltellate procurandogli una morte lenta e dolorosa. Nei suoi occhi verdi leggeva l'odio e la sfida e non gli restò altro che chiedersi il motivo dato che l'amicizia tra lui e la sua fidanzata non era mai stata un segreto per nessuno.
-Rory è in casa?
-certo- rispose velocemente spostandosi di lato per farlo entrare.
-no, devo solo lasciarle un paio di cose- disse indicando la scatola che fino a quel momento Jess non aveva notato- è questione di un attimo.
All'improvviso tutti i dubbi che aveva avuto negli ultimi mesi, le incertezze su Rory e Matt che aveva creduto fossero solo sue illusioni stavano diventando realtà: la prova che qualcosa era successo era lì davanti ai suoi occhi e non sapeva se sentirsi sollevato o se provare pena per quell'uomo impiedi di fronte a lui, stretto nel suo cappotto costoso e bagnato dalla pioggia che stva cadendo sulle strade. Chiamò Rory senza porre ne a Matt ne a sè altre domande, deciso ad investigare più tardi quando sarebbe rimasto solo con lei.
-è la signora Strauss?- sentì gridare dal minuscolo solottino mentre Rory si alzava dal divano e sbatteva qualcosa, un piede forse, contro le gambe del tavolino facendo una confusione incredibile. Finalmente dopo mille e una peripezie la vide spuntare da dietro la parete ancora a testa bassa mentre si guardava il piede dolorante; -... perchè se vuole lo zucchero, purtroppo credo di averlo--- -s'interruppe bruscamente vedendo che i due uomini, uno di fronte all'altro come in un duello vecchio stile, non avevano nulla delle esili sembianze della signora Strauss.
-... finito- concluse rendendosi conto che il momento che aveva evitato per mesi era arrivato -Matt.
-ciao.
-vi lascio soli- disse Jess notando con perspicacia che l'elettricità dell'aria non era diminutita con l'arrivo di Rory, anzi sembrava essere di colpo aumentata: da un momento all'altro si aspettava che dal nulla un fulmine entrasse in casa e spaccasse in due perfette metà lo spazio. Da una parte ci sarebbe stata Rory, dall'altra Matt; lui si sarebbe trovato in bilico sul precipizio, ma Matt si sarebbe accertato di spingerlo facendolo sprofondare nel vuoto in una caduta senza fine nella bocca dell'oscurità.
-cosa ci fai qui?- chiese Rory una volta che Jess era rientrato in cucina e aveva iniziato rumoreggiare con la macchina del caffè. Si sentiva in imbarazzo e impreparata perchè non era pronta a trovarsi una situazione come quella.
-ti ho chiamata in hotel a Parigi. Volevo dirti che sarei passato a casa tua per portare alcune cose che avevi lasciato da me e anche la chiave, dato che ce l'ho ancora io, ma il consierge mi ha detto che eri tornata in America prima del previsto, così ho pensato di aspettare un orario in cui ti avrei certamente trovata a casa. Sono settimane che ho questa scatola sul pavimento, ma non mi decidevo mai a passare... stasera ero a casa a fare nulla e in un raptus di coraggio ho deciso di sfidare sorte e pioggia e.. beh, eccomi qua.
-oh, grazie- gli rispose prendendo tra le mani la scatola e la chiave dell'appartamento che gli aveva dato solo pochi mesi prima di partire.
-prego. Ad ogni modo forse ho scelto il momento sbagliato per venire visto che hai compagnia.
-cosa?- disse capendo immediatamente a cosa stava pensando -Non è come credi. Io e Jess...
-siete solo amici?-rise distrattamente spazzolando via dal cappotto le gocce di pioggia con le mani.
-Lui non sa nemmeno che i siamo lasciati- disse tutto d'un fiato: quelle parole sulla sua bocca e dette proprio a lui avevano il sapore della fine; ora che era stato detto chiaramente era davvero tutto finito.
-Sono passati mesi -le ricordò -non ti aspetterai che ti creda, vero?
-Immagino che sia un tuo diritto- gli rispose: aveva ragione, era assurdo che dopo tanto non ne avesse ancora fatto parola con Jess.
-forse è meglio che me ne vada.
-Matt- lo fermò prima che le voltasse completamente le spalle -Dopo quella sera non abbiamo più parlato: non credi che forse...
-No- fu la sua risposta lapidaria -sei stata chiara a Parigi e io non sono la seconda scelta di nessuno e tantomeno amico della donna che amo. Hai fatto la tua scelta, Rory. Ora continua per la tua strada e fa' in modo che non incroci mai più la mia.
-io non vorrei che pensassi di essere stato solo un passatempo- sussurrò tenendo gli occhi bassi sperando di non piangere se non l'avesse guardato negli occhi.
-Non lo penso- la rassicurò tornando sui suoi passi e accarezzandole la guancia costringendola così ad alzare lo sguardo e incontrare il suo; -Sono sicuro che ci siamo amati, ma ora quel sentimento non è più reciproco e dopotutto nulla dura per sempre. Io non posso biasimare te o me per quello che è successo, ma Jess sì: do a lui la colpa per tutto questo e non potrai dire niente in sua difesa che mi faccia cambiare idea.
-ma lui non centra- insistette.
-Forse non direttamente, ma io credo che abbia la sua parte di colpa nella fine della nostra storia anche se, stando alle tue parole, lui non lo sa ancora.
-mi dispiace, Matt.
-Già. Addio, Rory.
Non fu capace di dire una sola parola, tantomeno di dirgli addio con la stessa facilità con cui lui l'aveva fatto. Sapeva che nulla di ciò che avevano avuto sarebbe tornato, sapeva che non si sarebbero mai più rimessi insieme, ma faceva comunque male, nonostante la loro rottura non fosse particolarmente recente. Lo guardò camminare velocemente verso le scale e sparire dietro un muro, quella volta per sempre. Respirò a fondo mentre si chiudeva la porta alle spalle ed andava in cucina da Jess; si accorse a malapena della sua presenza mentre appoggiava con cautela la scatola sul tavolo e l'apriva lentamente e con delicatezza, come se potesse rompersi.
La guardò con attenzione studiando i suoi movimenti, la sua espressione, contando i secondi che separavano un suo respiro dall'altro. Sembrava che stesse maneggiando un prezioso oggetto di cristallo e non una banale scatola di cartone; tirò fuori il contenuto, un pezzo alla volta: dei cd, un paio di magliette, una gonna, la spazzola per i capelli. Lo spazzolino da denti.
È definitivo, pensò seguendo la mano bianca e sottile che lo appoggiava sul legno esattamente di fianco alla piccola chiave di casa. Rory aveva gli occhi lucidi, ma non piangeva; si limitò a sedersi silenziosamente su una delle due sedie che potevano stare in quella piccola cucina senza occupare troppo del già limitato spazio. Le versò del caffè e le passò la tazza bollente facendo attenzione che non si bruciasse. Fu solo dopo diversi minuti passati in un silenzio troppo pesante che si azzardò ad interrompere quello stato quasi comatoso in cui era caduta chiedendole delle spiegazioni, anche se ciò che era successo era ovvio: -Matt mi era parso strano e ora tutto questo- disse gesticolando verso i vestiti -Rory, cosa sta succedendo?
Bevve un altro sorso del caffè -forte, come sapeva che piaceva a lei- e alzò gli occhi verso i suoi fissandolo intensamente e trovando finalmente la forza necessaria per dirgli tutta la verità che fino a quel momento, per paura o per altro, non era riuscita a confessargli. Non ne era certa, ma Jess sapeva già tutto, glielo poteva leggere in viso. E insieme alla sua conoscenza dei fatti vedeva anche dell'altro, una strana luce che le ricordava il timore di sentire la conferma di qualcosa che aveva già previsto: -Credo... credo di doverti parlare.

*Pip è il nome del protagonista di Grandi Speranze (Great expectations) di C. Dickens.
 
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27 replies since 9/5/2004, 16:23   9224 views
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