A runaway who can wait forever
Mattina del 13 febbraio, New York city.
-”Ed è così che il libro del giovane Adam Norson si conclude, alludendo ad una seconda vita nella quale si potrebbero risolvere i problemi del passato, recuperare eventi persi, amare una persona come non si aveva mai fatto prima, in modo che non scappi più...”
Rory guardò impaziente Lizzie in attesa di un suo commento cercando di capire a cosa stesse pensando.
-Beh... che dire?
Rory aggrottò le sopracciglia, confusa.
-Lo trovo molto... molto poetico da un certo punto di vista...
-Ma?
-Nessun ma, Rory! Brava, va bene questo articolo!- concluse Lizzie con un sorriso.
-Grazie!- borbottò contenta.
Lizzie, presa come ogni volta da mille incarichi, lasciò l'ufficio mentre Rory si godeva gli ultimi momenti dei complimenti ricevuti. Era felice che i suoi articoli fossero ben scritti e, a dirla tutta, era curiosa di sapere chi mai l'indomani avrebbe vinto il premio di “Miglior scrittore emergente”.
Immersa nei suoi pensieri, si oscillava sulla sua sedia girevole come una bambina capitata per caso nell'ufficio dei suoi genitori.
-Rory, mi sono dimenticata di farti recensire questo libro... è di un certo Jess Mariano e il titolo è “A runaway who can wait forever”.- esordì Lizzie piombando nell'ufficio di Rory posando sulla scrivania il libro per poi uscirne con la stessa fretta, non lasciandole nemmeno il tempo per aprir bocca.
Rory arrestò il moto della sedia girevole e rimase a fissare il libro con le labbra schiuse, come per iniziare una frase, ma il fiato era rimasto bloccato nei suoi polmoni.
Con cautela prese il libro tra le mani, con lo sguardo fisso sul nome dell'autore.
La copertina era liscia e rossa, con i caratteri in bianco. Non doveva essere molto spesso, contava duecento pagine al massimo. Con calma incominciò a sfogliarlo, leggendo anche laddove le parole non erano state battute dalla macchina da scrivere.
Quello doveva essere il libro più recente di Jess, probabilmente quando si era già trasferito a New York. Senza mettersi troppa fretta iniziò a leggere il primo capitolo, intitolato “Such Great”.
Le pareva abbastanza familiare, come se lo avesse già letto in precedenza...
“Mi bocciarono, di nuovo. Louis aveva acquistato i biglietti per il ballo, l'abito... ma io non potevo partecipare. Così scappai, lasciando tutto e tutti, senza una spiegazione... alla ricerca di non so cosa, rovinando ogni cosa... Dopo un anno ritornai da Louis. Sapevo benissimo che non potevo riottenere tutto come prima, conoscevo perfettamente tutte le conseguenze a cui andavo incontro... inizialmente fu difficile riacquistare la sua fiducia ma dopo tentativi su tentativi e una dichiarazione che arrivava dall'interno del mio cuore, ce la feci. Non lo abbandonai mai più e capii finalmente i miei errori. Non voglio dire di essere diventata una nuova donna, perché quello accade solo nelle favole, ma sono rimasta io, Janet Brookrlet. Solamente sono cresciuta, sono più matura, responsabile e consapevole. Perché anche un fuggitivo può aspettare per sempre.”
-Janet Brooklet, The colour
“Io non so cosa tu stia cercando, non so dove io abbia sbagliato. Ma ciò che so è che voglio restare qui, voglio aspettare il tuo consenso per entrare nel tuo cuore. Lasciami tempo, lasciami speranza, lasciami lì dove sono, perché anche un fuggitivo come me può aspettare per sempre.”
-Matt Notwins, Poetry of a word called Love
Ad ogni capitolo c'era un pezzo di una storia di varie persone, seguita poi da un commento di Jess, da un suo punto di vista personale.
Arrivò all'ultimo capitolo, intitolato “I'll wait for you” e la dedica questa volta era di Jess.
“Lo so che stai leggendo questo libro. Non c'è bisogno che io specifichi la persona a cui mi sto riferendo, lei lo sa. Ho fatto tanti errori nel corso degli anni... ma se potessi tornare indietro, non cambierei nessun evento, sai perché? Beh, la risposta è semplice: se non fossi stato quello che sono stato, nessuno mi avrebbe spedito nel Connecticut; non avrei potuto prendere in giro quella stramba città chiamata Stars Hollow e soprattutto, non avrei conosciuto te.
Sembra una cosa stupida da dire, ma alla fine anche gli errori sono serviti a qualcosa. Lo so che sono stato incapace di affrontare i problemi che intercorrevano tra noi; sono a conoscenza del fatto che ho rovinato tutto scappando dai miei guai senza mai risolverli; so che nessuno di voi meritava un personaggio così fuori programma e così complicato nelle vostre vite, vi ho sconvolti.
Non pensare che io me ne sia andato per quello che non è accaduto a casa di Kyle, io sarei stato semplicemente a guardarti negli occhi per un tempo indefinito... eri l'unica che mi portava in superficie per prendere aria, dopo tutto quel tempo che ero stato in apnea sul fondale di un oceano senza fine. Mi hai permesso di cambiare, hai fatto in modo che divenissi uno scrittore, convincendomi a tirarmi su le maniche. Ora non so dove tu sia e con chi tu sia, ma io ci sarò sempre per te, starò ad aspettarti vicino al ricordo di noi due al ponte. Spero che tu possa essere felice, ma mi dispiace che non sia io il motivo attualmente dei tuoi sorrisi sinceri. Ripensandoci ho capito il motivo del tuo rifiuto a Philadelphia e ti do ragione. Hai tutto il diritto di odiarmi, ma voglio che tu sappia che mi dispiace e che anche un fuggitivo come lo sono stato io è in grado di aspettare per sempre.”
-Jess Mariano
Rory chiuse il libro lentamente e lo posò accanto al computer. Si era commossa e un senso di oppressione le stringeva il petto. Era diventato maledettamente bravo a scrivere, proprio come aveva previsto. Si sedette sulla sedia girevole, scrivendo velocemente la recensione che le aveva chiesto Lizzie. Per fortuna erano solo le otto di sera ed era ancora in tempo per consegnare il tutto alla collega. Si alzò e uscì dal suo ufficio, ripensando alla dedica di Jess e alla frase che si ripresentava in ogni capitolo: “perché anche un fuggitivo può aspettare per sempre”. Non riusciva a coglierne il messaggio.
-Ecco qui, Lizzie.
-Rory! Cavolo, lo hai già finito!
-Già... finirà sull'articolo di domani?
-Sì, esattamente domani mattina, prima che inizi la consegna del premio di “Miglior scrittore emergente”.
-Bene. Ora vado a casa Lizzie, sono davvero esausta...
Lizzie annuì e le diede la buonanotte.
Rory si stava incamminando verso l'uscita quando si arrestò di colpo. Ripensò alle righe del libro, alla frase e alla dedica... trovato! Si guardò intorno e tornò velocemente nell'ufficio di Lizzie, chiedendole dove fosse la Truncheon Books.
-È sulla West 4th street, vicino a Washington Square Park. Dovresti trovarla ancora aperta se arrivi entro le otto e mezzo.
Rory la ringraziò e si incamminò verso la libreria.
***
-Che ore si sono fatte?
-Le otto e venti... è quasi ora di chiudere.
Jess sbadigliò e si diresse verso il suo ufficio.
***
Parcheggiò vicino a Washington Square Park alle otto e ventiquattro. Estrasse le chiavi dal cruscotto, aprì la portiera e uscì dalla vettura. Un senso d'ansia cresceva nella sua cassa toracica ma cercò di non pensarci più di tanto. Guardò l'ora: le otto e ventisette. Accelerò il passo ma non servì più di tanto: il semaforo era rosso.
***
Un libro dallo scaffale sulla destra cadde e si fermò per raccoglierlo.
-Lo dicevo io che era troppo in bilico...- borbottò tra sé e sé Jess.
***
-Avanti, scatta!- mormorò a denti stretti.
Le otto e ventinove.
***
-Jess, sono le otto e ventinove. È meglio che io vada da Meredith. Ricordati di chiudere!- disse Matt mettendosi la giacca.
Jess annuì mentre accompagnava l'amico alla porta.
***
Trenta secondi e la Truncheon Books avrebbe chiuso. Camminare non servì a nulla, così si mise a correre.
Cinque secondi. Arrivò con il fiatone all'altra parte della strada della libreria. Scorse due figure, una delle quali stava chiudendo la porta alla sue spalle.
Rory sgranò gli occhi e attraversò la strada. Il semaforo era di nuovo rosso. Le otto e mezza in punto. Vide Jess uscire e chiudere a chiave la porta.
-Da quando è diventato così puntuale?!- mormorò tra sé sconvolta, piegando il collo.
Si era già incamminato e il semaforo scattò. Non le sembrò il caso di rincorrerlo ancora, cosa avrebbe potuto dirgli? Lo guardò allontanarsi e, stringendosi nella giacca, si allontanò a sua volta, corrugando la fronte. Probabilmente non era il giorno giusto per incontrarlo...
Allora... che ne pensate? Commentate! Alice
How to dream
-Ora potete scambiarvi le cartoline di San Valentino, bambini!
È arrivato, finalmente. San Valentino è giunto in città colorando la fredda atmosfera di febbraio con un caldo colore rosso, come l'amore che riscalda i cuori...
È giunto il giorno delle dichiarazioni, dei regali, dei fiori da parte di ammiratori segreti e della consegna del premio tanto atteso di “Miglior scrittore emergente” di New York city... sono solo le dieci del mattino e l'evento si svolgerà a partire dalle sei in punto.
-Rory! Ciao tesoro, come stai oggi? - esclamò Lizzie più frizzante del solito.
Rory, intenta a scrivere un articolo su un libro, si arrestò per un momento alzando la testa sorpresa da tutto quell'entusiasmo nel tono della collega e si girò verso di lei.
-Ehi Lizzie... ciao...! Tutto bene, grazie... e tu? - la sua voce era incerta.
-Io? Alla grande...- sembrò che avesse la testa fra le nuvole.
-Come mai così felice, oggi? - indagò l'altra.
-Oh,beh... oggi è San Valentino...- esclamò tutta contenta.
-Sì, questo lo so...- si alzò, cercando di evitare l'argomento e si diresse verso la macchinetta del caffè.
-Allora? Non ti rende felice?
Infatti, eccola lì a bomba.
-Sì...- continuò versandosi del caffè nero.
-Sai, oggi ho ricevuto dei fiori...- esclamò soddisfatta.
Ecco dove voleva realmente andare a parare...
-Uh, interessante...- disse sorseggiando la bevanda.
-Non ti mette di buon umore questa festa?
-Beh... certo, è una “festa” allegra e romantica ma... diciamo che non la reputo poi così tanto importante... insomma, se si ama una persona la si ama sempre...
-Sì, questo è vero... ma è un'occasione per festeggiare il proprio amore...- ribatté stringendosi nelle strette spalle.
Rory si limitò ad annuire troncando la conversazione. Quella mattina non era di buon umore.
***
-Auguri, tesoro! Certo che possiamo pranzare insieme oggi! Oh, Meredith, ti va di venire con me al ricevimento che ci sarà stasera per la consegna del premio a cui parteciperemo io e Jess? Perfetto! Ti vengo a prendere alle sei meno dieci. Ti amo anch'io... a più tardi!
-Finito?
-Mamma mia, Jess... come sei suscettibile stamattina!- esclamò Matt sbuffando.
-È solo che non mi va ogni 14 febbraio sentire le conversazioni sdolcinate con la tua ragazza! - ribatté facendogli il verso.
Matt girò gli occhi e gli fece una smorfia.
-Bando alle ciance, prima del premio c'è del lavoro da sbrigare.
-Sì, e tu devi leggere questo!- disse mettendogli il giornale sulla scrivania.
-”The New Yorker”... lo conosco, è un giornale come altri.
-Apri e leggi l'articolo di un certo o certa “L. Gilmore” sul tuo libro.-disse masticando un confetto.
Jess aprì il quotidiano e un odore di carta lo invase; non gli aveva mai dato fastidio, anzi, lui aveva da sempre adorato quell'odore di libro, come preferiva chiamarlo, che dava alle pagine bianche o giallicce un qualcosa di misterioso, come se fosse stato nascosto in una cantina sottoterra per tanto tempo, consumandosi ogni anno...
Eccolo. Lesse il titolo “A runaway who can wait forever, il nuovo romanzo di Jess Mariano” e l'autore: L. Gilmore. Gli sembrò familiare.
Velocemente, come al suo solito, gli occhi scorsero rapidi sulle poche righe dell'articolo, mangiandosi in fretta le parole battute a macchina, ma lo lasciarono perplesso.
-Strano, eh? Quando l'ho letto ho pensato che fossi tu ad averlo scritto sotto il nome di un altro...- disse accomodandosi sulla poltrona davanti a Jess.
Rilesse tutto daccapo e si soffermò su quel “L. Gilmore”. Gilmore era il cognome di Rory ma l'iniziale era una L... e da quanto ne sapesse lui, Lorelai non si era mai addentrata nel mondo del giornalismo. Restava solo Rory, la possibilità più logica.
-Sei ancora vivo?- gli domandò ridendo.
-Sì, sì... strano, davvero strano...- si fermò ancora a riflettere per qualche secondo, dopodiché si rimise a lavoro.
*** Ore 17, New York
-Troppo lungo, troppo stretto! Troppo vecchio, troppo nuovo, troppo stravagante! Ok, ho bisogno di un aiuto.- compose velocemente il numero della madre.
-Oh, menomale che ci sei tu! Non ce la facevo più a reggere tua nonna!
-Io mi arrendo.
-Cosa? Tesoro, la scommessa su Taylor l'ho stretta con Babette, non con te! Come fai a sapere che vincerò?! Sei diventata veggente, eh?
-Che scommessa?- il tono di Lorelai la incuriosì.
-Oh, beh... è una lunga lunga storia! Appena ci potremo vedere te la racconterò, così potrai assaporare con me il retrogusto della vittoria!- esclamò esaltata.
-Non vedo l'ora! Ho bisogno di aiuto, e anche subito!
-Che è successo?
-Stasera ci sarà la consegna del premio, esattamente tra un'ora e io sono ancora qui davanti allo specchio mentre ammiro il mio armadio riversato sul letto come se un ladro stesse cercando qualcosa prima che io finissi la doccia!
-Oh... ok, dai, ti do una mano. Dimmi i vestiti della cassaforte sul letto.
-Cassaforte?
-Sì, insomma, il ladro, la cassaforte che sarebbe il tuo armadio.- esclamò divertita.
-Non fa ridere.
-Ma tesoro, un po' di spirito! Non sei divertente quando sei tesa!
-Mi vuoi dare una mano o no?
-Ok capo! Io essere al suo servizio!
-Sono indecisa tra quattro vestiti: rosso, verde, giallo o viola...
-È San Valentino, metti il rosso!
-Ok... scarpe? Rosse, bianche o nere?
-Mm... nere, per spezzare.
-Perfetto! Corro a prepararmi! Grazie mille!
-Ehi, non vuoi sentire la storia su Taylor e gli elfi della foresta cattiva?
-Mamma, sono di fretta!
-Va bene, ti lascio solo perché sei di corsa... ma quando sarai qui accanto a me non avrai scuse!- recitò con voce malefica.
-D'accordo! Saluta Luke e buon San Valentino! Ah, alla fine gli è piaciuto il regalo?
-Non gliel'ho ancora mostrato. Ti invierò un messaggio dopo, socia!
-Lo aspetto! A dopo, ti voglio bene!
-Anch'io! Baci!- e riattaccò.
Rory corse a vestirsi, buttando sul letto disordinato il telefono bianco.
*** Ore 18, Times Square, New York
-Eccoci qua!- esordì Matt.
-Già, eccoci qua.- continuò Meredith.
Jess entrò subito dopo la coppia, affidando al guardarobiere il proprio cappotto.
La libreria “The ancient story teller” era semplicemente enorme ed elegante.
-E così... quanto hai detto che durerà tutta questa roba?- domandò con ironia Jess, avvicinandosi alla coppia.
Matt gli lanciò solo un'occhiata che disse tutto e l'amico sollevò le mani in segno di arresa, sbuffando.
Si separò dai fidanzati e si diresse verso il salone principale, in cerca di cibo.
Fu in quel momento che lei entrò.
-Lizzie... è questo il posto?
-Sì! Posa il tuo cappotto e seguimi, ti voglio far conoscere una persona.
Rory seguì le indicazioni dell'amica e si sfilò il cappotto. Era semplicemente incantevole:
il vestito di velluto rosso scendeva morbido fino alle ginocchia stringendosi in vita, mettendo in risalto quindi il collo allungato e le spalle sottili evidenziate dallo scollo a V che scendeva delicatamente senza apparire volgare. Le scarpe nere spezzavano con la tinta unita rossa dell'abito e mettevano in risalto le caviglie sottili dalla carnagione candida.
-Meredith!
-Ehi Lizzie! Come stai?- si girò verso la donna aprendo le braccia per abbracciarla.
-Bene, eccoci qui. Lei è Rory, lavora con me al giornale.
-Hai detto Rory? Non mi ricordo di una Rory che scrive articoli...
-Beh, scrivo sotto il nome di “Lorelai Gilmore”, che sarebbe il mio nome per intero.- intervenne Rory sorridendo anche se un po' imbarazzata.
Matt, intento a versare il vino nei bicchieri, al pronunciare di quel nome, si arrestò per un secondo. Tese l'orecchio per essere più sicuro che quella Rory fosse la stessa che aveva scritto l'articolo sul libro di Jess come se ne fosse stata lei l'autrice. Decise di voltarsi per guardarla in faccia: era la stessa ragazza del negozio di DVD. Jess gli aveva appena accennato il suo rapporto con lei, ma dopo quel giorno Matt si fece più sicuro nel pensare che qualunque cosa mai vi fosse, una strana alchimia regnava tra loro due.
-Lui è Matt, il mio fidanzato. Matt, lei è Lizzie, mia sorella. E questa è Rory, una sua collaboratrice al giornale.- presentò Matt alle due ragazze, cingendogli le spalle con il braccio sinistro.
-Piacere.- disse Matt stringendo la mano a Lizzie.
Rory lasciò la sua mano a mezz'aria, concentrandosi sul volto di Matt: lo aveva già visto... si rese conto però di mostrarsi maleducata e così gliela strinse abbozzando un sorriso. Rory subito dopo si allontanò per cercare cibo. Mentre si diresse verso la sala principale, assorta ancora nei suoi pensieri, non si accorse di urtare un ragazzo sulla sua traiettoria.
-Oh! Scusa tanto! Io...- si fermò un attimo vedendo che era Jess la persona da lei urtata.
-Rory... che ci fai qui?- domandò curioso dopo una pausa, utilizzata per ammirare la bellezza e l'eleganza di Rory sottolineata dal vestito rosso.
-Io... sono qui per lavoro... tu?- le sue gote arrossirono per l'imbarazzo.
-Anche io. Sono tra i candidati per il premio.- la sua voce le apparve nervosa, come se non fosse più preparato ad incontri accidentali del genere.
Il vociferare della gente della sala, le risate e i colpi di tosse per il freddo, sembrarono non riuscire a sorpassare il silenzio che regnava tra i due.
Jess la guardò di sfuggita varie volte; Rory alternò il suo sguardo su Jess quando lui non era attento e sugli invitati quando si sentiva osservata.
-E così... ci rivediamo...- esordì Jess, dondolandosi leggermente.
-Già...- disse lei. Le sue mani non sapevano più che fare: si torcevano l'una con l'altra in avanti e indietro, poi i pollici si toccavano per allontanarsi subito dopo.
-Signore e signori, giornalisti e scrittori, vi preghiamo di prendere posto per la consegna del premio. Grazie!- annunciò il giudice, nonché proprietario della libreria ed acclamato scrittore.
-Credo sia meglio andare- disse Jess, indicando con il dito destro il palco alle sue spalle.
-Sì, accomodiamoci.
Rory lo seguì, ma non riuscì a stargli vicino perché Matt e Meredith avevano già occupato i posti. Si sedette accanto a Lizzie, circa quattro sedie dopo Jess.
Senza rendersene conto, si girò varie volte alla sua sinistra, nella direzione di Jess; lui di certo non ne fu intimidito, anzi, la imitò. Lizzie si accorse di tutto questo e, ogni volta guardò i due con uno sguardo che la sapeva lunga.
-Rory, credo che tu e...
-Bene, iniziamo!- esclamò il giudice e interrompendo i sussurri di Lizzie verso Rory.
La donna si arrese e si dedicò al vero e proprio evento.
-È così che, dopo aver analizzato libro per libro e tutte le relative recensioni, negative e positive, che abbiamo deciso di assegnare il premio di “Miglior scrittore emergente” di New York a...- momento di silenzio per la suspense- Jess Mariano! Prego, ci raggiunga sul palco, giovanotto!
Jess si alzò e, mentre tutti lo applaudivano per il suo tanto bramato traguardo, salì sul palco e prese il premio con orgoglio. Il giudice McBody si congratulò con lui, gli strinse vigorosamente la mano e lo invitò a rilasciare un breve discorso.
Jess lo colse alla lettera: fu chiaro e conciso. Prima di scendere dal palco della vittoria, guardò intensamente la persona che, in fin dei conti, lo aveva portato a diventare quello scrittore che stava vincendo un premio: Rory Gilmore, in terza fila, quinta sedia a destra. Il suo sguardo era riconoscente, come se lei avesse previsto tutto.
Rory si commosse e ricambiò lo sguardo. Era così orgogliosa di lui: si era finalmente realizzato, era diventato uno scrittore approvato e lei lo aveva saputo fin da quando, in veste di ragazzino arrabbiato con il mondo, aveva messo piede a Stars Hollow.
La distanza forse, alla fin fine era servita a qualcosa, lo aveva fatto crescere.
-E siamo felici di annunciare che il merito della vittoria del signor Mariano è anche dovuto alla sua casa editrice, la “Truncheon Books”, la miglior casa editrice emergente! Complimenti!
Jess lo ringraziò una seconda volta; gli strinse la mano e dedicò questa vittoria a Matt, che si era già alzato per applaudirlo.
-Ora, dato che è il 14 febbraio, abbiamo preparato alcune musiche per farvi ballare! Apriamo le danze con “When I fall in love” di Nat King Cole, un classico degli anni cinquanta! Buon divertimento!- concluse McBody facendo partire il disco in vinile.
Meredith e Matt, dopo essersi congratulati con Jess, scesero in pista da ballo, godendosi la serata di San Valentino. Lizzie trovò ben presto un cavaliere, un certo Adam, un inglese amico e collega della sorella Meredith.
When I fall in love, it will be forever
Oh I never fall in love
Rory si trovò invece senza un cavaliere per danzare. Se ne stette vicino al bancone fino a quando Jess si avvicinò a lei. Il ragazzo stette lì a guardarla per un po' con uno sguardo furbo, sorridendo con un solo angolo della bocca.
-Posso avere questo ballo?- le chiese con molto garbo, porgendole la mano.
Rory asserì con il capo e gli prese la mano.
Trovò piuttosto strano Jess così melenso, quasi non l'avrebbe riconosciuto.
In a restless world like this is,
love is ended before is begun
Con sguardo complice scesero in pista e cominciarono a ballare lentamente.
-E così... sei tu il vincitore...- sussurrò Rory con gli occhi fissi su Jess.
-A quanto pare... - disse lui con aria di sufficienza.
Non ci poteva credere: stavano ballando, loro due stavano ballando. Erano passati sei anni dal ballo di fine anno, al quale non ne ebbero l'occasione, purtroppo.
Rory cercò di non stare troppo appiccicata al petto del ragazzo, ma Jess con la mano dietro la sua schiena la strinse a sé, mantenendo una distanza di trenta centimetri.
Era rigida, percepiva la sua freddezza nei suoi confronti. Non aveva tutti i torti, però: erano stati distanti per tanto tempo e, oramai, erano quasi due estranei.
And too many moonlight kisses
seem to cool in the warmth of the sun
Non riuscì, tuttavia, a continuare ad essere rigida. Era Jess, con lui non c'era bisogno di fingere, l'avrebbe scovata ben presto e l'avrebbe convinta a raccontargli tutto.
Le sfuggì un sorriso al solo pensiero e si lasciò trasportare dalla musica. Jess si mise a ridere perché non capì il motivo della risata di Rory.
When I give my heart, it will be completely
or I never give my heart
-Perché stai ridendo?- le chiese divertito.
-Uh? Niente, niente... una cosa stupida...- rispose smettendo di ridere e riprendendo a guardarlo negli occhi di caffè.
And the moment I can feel that
you feel that way too
-Sai, ho letto il tuo articolo proprio oggi...- le sussurrò in un orecchio.
-Che articolo?
-Quello sul mio libro... mi vuoi rubare la scena, eh?
-No, io... non è mia intenzione...
-Rory, stavo scherzando!- concluse sorridendo e stringendola più a sé.
Lei sorrise e si lasciò cullare dalla musica.
Is when I fall in love... with you...
Non c'era più niente intorno a loro: la musica era
giusto un sottofondo dolce; le persone erano scomparse; le risate si erano ovattate...
Chissà se anche al ballo di fine anno si sarebbero sentiti così...
La musica finì, ma loro rimasero abbracciati ancora per un po', finché non si accorsero di essere fissati da tutti gli invitati. Si staccarono piuttosto imbarazzati e si diressero verso l'uscita. Lizzie si avvicinò a Rory non dicendo niente.
-Che c'è?- le chiese mentre si abbottonava il cappotto.
-Oh, niente... siete una bella coppia!- esclamò facendole l'occhiolino.
-Lizzie!- la rimproverò Rory.
Lizzie sbuffò come una bambina, salutò la collega e tornò da Adam.
Rory salutò tutti e uscì dalla libreria. Si sentì strana: il cuore le batteva all'impazzata e le gambe quasi non la reggevano...
-Ciao!- disse Jess avvicinandosi al suo fianco.
-Ciao! Vuoi farmi prendere un colpo?- disse scherzosamente.
Jess rise e si mise le mani in tasca.
-Mi sono divertito stasera...
-Anch'io...
I loro occhi erano attratti gli uni dagli altri come si ci fosse una calamita.
-Senti, che ne dici se... ecco... ricominciassimo a parlare? Ad essere amici, intendo...- il suo tono era vago, ma era tutto una messa in scena.
-Va bene... ci possiamo vedere domani a pranzo, se ti va...- il tono di Rory invece non era finto, era davvero imbarazzato.
-Ok...- disse arrestandosi.
Rory si fermò davanti a lui e i suoi occhi erano di nuovo incollati a quelli di Jess.
Le sorrise e quello fu il momento più bello di tutta la serata.
-Ora devo andare... buon San Valentino...
-Buon San Valentino anche a te...
Una strana voglia di non lasciarla neanche un secondo si impossessò di lui, ma la sua parte razionale tuttavia vinse.
Si scambiarono un ultimo sorriso e Rory volse le spalle, stranamente euforica.
Jess sorrise e la osservò allontanarsi. Gli sembrò di tornare alla serata in cui lo aveva salutato con “Buonanotte, Dodger”. Ed era così, erano di nuovo all'inizio di tutto, ma un inizio nuovo e speciale.
E questo era il 5 capitolo...
You gotta get up and try.
Driin! Driin!
-Mm... ma che diamine...? Cosa?! Oddio com'è tardi!- sobbalzò dal letto quella mattina soleggiata post-San Valentino.
Erano appena scattate le sette e mezza quando Rory si era alzata; proprio quel dannato giorno in cui non poteva ritardare.
Si stropicciò gli occhi per darsi una minima svegliata, ma servì soltanto a farle prendere in pieno con il piede sinistro il tavolino in soggiorno.
-Dio! Che male!- gemette, portandosi la mano sulla bocca per non urlare dal dolore.
Afferrò in fretta e furia la spazzola colorata dal cassetto in bagno e con la mano libera, una volta tornata in camera zoppicante, aprì le ante dell'armadio alla ricerca del completo adatto.
Si maledì per essere un'eterna indecisa e, dopo aver dato un'occhiata veloce all'orologio che segnava le sette e trentacinque, afferrò mentre si dava colpi di spazzola a vuoto, un tailleur nero da poco acquistato. Sorrise per la scelta e lo posò sul letto. Corse verso il il bagno e si arrestò davanti al tavolino maledetto guardandolo come per dire “No, ora non mi freghi più, caro mio!”. Gli passò di fianco fissandolo mentre sogghignava e per poco non prese in pieno l'appendiabiti. Si immobilizzò di fronte al piccolo albero per giacche ed emise un sospiro di sollievo.
-Ma perché proprio questa mattina la mia casa doveva ribellarsi?!- esclamò.
Afferrò lo spazzolino e il dentifricio mentre posò la spazzola sul bordo della vasca bianca e cominciò il lavaggio dei denti. Sputò la schiuma biancastra che sapeva di fluoro e menta; sciacquò lo spazzolino e chiuse la porta per lavarsi il resto del corpo.
Dopo cinque minuti e quaranta secondi uscì e si vestì velocemente. Corse piano per evitare di scivolare sul pavimento liscio con i collant ed acchiappò le scarpe nere della sera precedente.
Le sette e quarantadue: non ce l'avrebbe mai fatta, pensò.
Dopo aver preso giacca, borsa e fogli vari, chiuse la porta a chiave e scese le scale con velocità.
-Signorina Gilmore!- la bloccò la signora Barlow, del quinto piano, ancora in vestaglia.
-Giorno signora Barlow!
Cercò di evitarla e raggiungere il portone rosso, ma le sembrò quasi che l'anziana la marcasse come si fa nel gioco della pallacanestro, cercando di rubarle la palla stabilendosi davanti a lei.
-Ha sentito anche lei la polizia, stanotte?- disse scuotendo la testa.
-Sì, sono stati molto rumorosi.- disse frettolosamente.
-Infatti!- esclamò l'altra, indignata – Per fortuna hanno trovato lo spacciatore e hanno sequestrato tutto, anche l'appartamento!
-Già, menomale... non sono riuscita neanche a dormire, stanotte.- disse Rory, come se stesse pensando ad alta voce – Ora mi scusi, ma sono in ritardo per il lavoro...
-Anche il mio povero Barney non ha chiuso occhio – disse accarezzando il cane.
-Devo andare, ci vediamo signora Barlow!- la salutò abbozzando un sorriso.
-Certo, certo, arrivederci! E buon lavoro!- ricambiò ormai davanti al portone chiuso, riscuotendo la testa.
-Andiamo, Barney. - disse al labrador accanto a lei.
Erano le otto meno un quarto, era tardissimo.
Camminò veloce, per poi mettersi a correre, scontrando le spalle dei passanti sul marciapiede e scusandosi mortificata.
Il semaforo della West 4th street era appena scattato rosso.
Si arrestò con l'ansia alle stelle e quasi si mise ad implorare quella dannata luce verde di accendersi e dichiarare “WALK”.
Appena scattò la scritta verde, allungò il passo più che poté ma si sentì bloccata tutto ad un tratto da un piede: il tacco della sua scarpa nera si era incastrato nella fessura di un tombino.
-No, no, no, non può essere così!- disse in preda al panico.
Cominciò a sudare freddo e ad andare in iperventilazione.
Si piegò nel cercare di liberare il tacco ma niente, non ne voleva sapere.
-Ti prego!- implorò a denti stretti, quasi sul punto di piangere.
La gente che passava sembrò quasi non vederla; Rory riuscì a sentirsi sola nonostante fosse immersa in una metropoli come New York, pullulante di persone.
-Dio santo!
La mano rossa si accese e gli automobilisti le suonarono con i clacson, cercando di evitarla.
Una macchina nel traffico arrivò a tutta velocità e Rory, nel vedere quasi da vicino la targa, mosse con un gesto deciso la scarpa e il tacco si staccò dalla suola. Claudicante arrivò all'altra sponda della strada e guardò l'auto investire completamente quel che restava della scarpa.
Ora non poteva più correre e stava andando tutto storto.
Continuò per la sua strada e dopo cinque minuti una signora si piegò per recuperare le monete che le erano cadute ma con l'altra mano, il frullato ai frutti di bosco si rovesciò su gran parte del tailleur di Rory.
-Mi scusi tanto! Mi dispiace, davvero! Lasci che...- disse mortificata e cercò di asciugarle le macchie ancora umide.
-No, - disse Rory bloccandole la mano- lasci stare.
L'altra rimase ancora più mortificata e Rory si allontanò, disperata e arrabbiata.
***
-Non so che dire, signori... di solito è sempre puntuale...
-Beh, sarà, ma noi abbiamo altro da fare.
-Lizzie, chiama Gilmore, per favore.- sussurrò spazientita il capo Alcott.
-Certo, lo faccio subito.
A Rory squillò il cellulare.
-Pronto?
-Rory, sono Lizzie. Dove sei?
-Sono a cinque minuti da lì. Che ore sono?
-Sono le otto e cinque, è questo il punto.
-No... perché proprio oggi?- disse portandosi una mano al viso, disperata. - Sono già lì, vero?
-Sì, e Margaret si sta spazientendo.
-Io non so che diavolo sia successo! Stanotte è arrivata la polizia, poi...- cominciò ad elencare.
-La polizia?- chiese preoccupata.
-Sì... c'era uno spacciatore nel condominio, per fortuna sono riusciti ad arrestarlo. Sono uscita di casa e mi ha bloccato la signora Barlow; in strada il mio tacco si è incastrato in un tombino e adesso zoppico; una signora mi ha versato addosso il frullato... ci manca solo la pioggia.
-Rory...mi dispiace davvero tanto. Spero di convincere la signora Alcott, almeno. A dopo!- e staccò, lasciando un minimo di speranza alla collega.
-Signora Alcott, Rory sta arrivando. Ha avuto dei problemi...- cercò di giustificarla Lizzie.
-Beh, si è fatto tardi. Abbiamo altri colloqui e quindi, - disse la signorina MaryJane Nash del New York Times - o ci presentate qualcun altro al posto della signorina Gilmore, oppure... buona giornata.
Lizzie si morse il labbro inferiore varie volte, prima di decidersi ad intervenire.
-Mi scusi signorina Nash, io credo che la Rory Gilmore meriti quel posto. L'ho fatta entrare io in questa redazione, ho tenuto io il suo colloquio e so molto bene quanto valga!
Lei riesce a scrivere una recensione di un romanzo come se ne fosse stata l'autrice, si immedesima nel racconto, assorbe i sentimenti dei personaggi e il risultato finale è fantastico.
Se non mi crede, provi almeno a degnarsi di leggere un suo articolo! Oppure chieda a chiunque la conosca!- esplose Lizzie in difesa di Rory.
-Lizzie!- la riprese la signora Alcott. - Prova ancora a rivolgerti così e sei licenziata!- continuò a bassa voce con sguardo torvo.
Il signore accanto alla Nash, Robert Young, aspettò un attimo prima di alzarsi dalla sedia. Forse Lizzie aveva ragione. Ma prima che potesse aprir bocca, la Nash, con sguardo crudele, girò i tacchi.
-Arrivederci. - disse la Nash.
Rassegnato, anche Young salutò e fece per andarsene.
-Aspetti!- disse la Alcott – vi vorrei presentare Catherine More, dello spazio moda.
Lizzie la guardò indignata.
La Nash si arrestò sulla soglia per poi girarsi verso la Alcott.
-Vogliamo gli articoli. Ci vediamo domani mattina alle otto in punto. Spero che almeno lei non si presenti in ritardo!- disse acida.
-Che cosa?! Perché per...- sbottò Lizzie, subito zittita dalla Alcott.
-A domani!- salutò Margaret Alcott.
-Colpo basso, Margaret. Colpo basso.- disse roca, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
***
Era appena entrata nella sede del giornale, sconvolta.
Vide scendere i signori del Times e realizzò che non l'avevano voluta aspettare.
Le passarono accanto e la signorina rise del suo aspetto e di lei.
Rory abbassò la testa e una lacrima, in totale silenzio, scese lungo il suo zigomo e le rigò il viso arrossato per la camminata.
Si portò la mano sulla guancia e se la asciugò.
Salì le scale fino all'ufficio e si trovò davanti Lizzie e la Alcott.
-Rory!- le corse incontro Lizzie, abbracciandola.
-Ho visto che se ne stavano andando -disse cupa.
Lizzie allentò l'abbraccio e la guardò dispiaciuta.
-Domani vogliono avere un colloquio con Catherine. Hai perso l'occasione, Rory.- disse la Alcott, quasi come se la volesse sgridare.
-Credo che tu, inoltre, non sia più adatta a scrivere sullo spazio libri, dopo questa mi devi riprovare il tuo senso del dovere. Lavorerai con Lizzie. Ah, ti lascio andare a casa prima se vuoi cambiarti i vestiti.
Rory si sentì come se fosse tutto un incubo tremendo. Guardò la Alcott andarsene e si lasciò cadere sulla sedia accanto alla scrivania.
Lizzie scosse la testa e si avvicinò a Rory.
-Beh, almeno ti ha messa con me...- cercò di consolarla.
-Già.- disse cupa.
-Avanti, ti aiuto a trasferire la tua roba. Andrà tutto bene, ci sono io. Tranquilla.- l'abbracciò forte.
***
-Buongiorno squadriglia! Ciambelle e caffè per tutti!- esclamò pimpante Matt spalancando la porta.
-Ehi, guardate un po' com'è cotto il nostro amico! Fatto baldoria ieri sera con la tua piccioncina, eh?- chiese maliziosa Joanna.
-Può darsi...- sogghignò Matt – dov'è il campione?
-Jess è in ufficio, ci sono dei giornalisti che lo stanno tempestando di domande.- disse Gabe mentre afferrava una ciambella.
-Ne avrà ancora per molto?
-Non lo so... sono lì da mezzora, ormai...- disse Alf con la bocca piena.
-Lo aspetterò.- disse Matt alzando le spalle e prendendo una ciambella.
Dopo un'ora si aprì la porta dell'ufficio di Jess da cui uscì una mandria di giornalisti.
-Jess? Sei ancora vivo?- scherzò Joanna.
-Eccolo! Ehi, perché non mi avete lasciato neanche una misera ciambella?- domandò giocoso.
-Sai com'è, l'attesa, la fame...- disse Gabe.
-Sì, come no. È l'invidia, non l'attesa! Ammettetelo...- esclamò Jess, vantandosi un po'.
Tutti gli altri gli fecero il verso per poi scoppiare a ridere.
-Comunque, per la cronaca, il tuo caro amico Matt ti ha conservato una ciambella!- intervenne Matt.
-Visto? Lui sì che è un amico! Grazie Matt!- disse dandogli una pacca sulla spalla.
-È Meredith che lo rende così dolce!- lo prese in giro Joanna.
-Beh, sapete che vi dico? Che ognuno di noi dovrebbe trovare la sua Meredith, soprattutto voi, così forse sareste più gentili!- disse Jess azzannando la ciambella.
-Ti ricordo che io l'ho già trovata...- disse Alf, guardando Joanna.
-Mm... Joanna è un caso a parte. È tutto tranne che dolce!- esclamò Gabe provocando risate a tutti.
Joanna gli tirò un cuscino del divano e gli fece la linguaccia.
-A proposito di Meredith, com'è andata ieri sera?- domandò Jess.
-Bene, abbiamo ballato, cenato e poi...- arrossì.
-E poi?- chiesero curiosi gli altri.
-Mica dovete sapere tutto!- esclamò Matt.
-Le è piaciuta la collana?
-Sì, ne è stata entusiasta. - rispose sorridente.
-Bene, sono felice per te!
Matt si alzò e condusse per una manica Jess nel suo ufficio. L'amico, un po' perplesso, arrivato nel suo regno, si accomodò sulla sua poltrona.
-Perché siamo qui?- chiese a bocca piena.
-Ieri sera c'era anche lei, la ragazza del negozio di DVD. Ci hai ballato e sembrava che ci fosse qualcosa fra voi due...- spiegò a mezza voce.
Jess abbassò la testa e buttò nel cestino la carta della ciambella.
-Sì, c'era anche lei... abbiamo ballato...
-Jess, siete stati abbracciati anche dopo la fine della musica... tutti vi stavano guardando. Perché non mi hai mai parlato di lei?
-È una lunga storia, Matt... io...
-Jess, lo sai che sono tuo amico e che con me puoi parlare di tutto.
-Lo so, lo so...- restò in silenzio per qualche secondo e poi cominciò a raccontare. - Lei si chiama Rory e non è una qualunque... è stata la mia prima vera fidanzata, la prima che abbia mai amato. L'ho conosciuta quando avevo sedici anni, lo stesso anno in cui mia madre mi mandò da mio zio in Connecticut, in una stramba città chiamata Stars Hollow. Io (sospiro) non ero il ragazzo perfetto per una come lei, già fidanzata con uno stangone troppo melenso e che sinceramente, ogni volta che lo vedevo lo avrei preso a pugni. L'ho fatto, ma solo due volte. Per Rory.
Matt sorrise.
-Comunque, mi sono innamorato ma abbiamo avuto un incidente, per colpa mia. Mio zio mi ha rispedito a New York ed era meglio così, pensavo; mi sarei tolto dai piedi.
Matt scosse la testa.
-Sempre il solito, eh?
Jess sogghignò.
-Lei non restò molto entusiasta della mia partenza e così mi venne a trovare, con il suo polso ingessato per la frattura. Le telefonai una sera da Washington Square Park e dopo un po' di giorni è partita, saltando mezza giornata scolastica, lei che era una studentessa modello.
Abbiamo passato un pomeriggio che non si può scordare, le ho fatto conoscere New York, il negozio di dischi, la metropolitana, gli hot-dog . Poi l'ho accompagnata alla stazione dei pullman e le ho chiesto perché fosse venuta a trovarmi, lei mi rispose perché non l'avevo salutata. Ed è stato lì che ho realizzato che anche Rory provava qualcosa per me, il ragazzo difficile di New York, sempre tra le grane e che non ne fa mai una giusta.
Decisi di tornare a Stars Hollow e di andarla a trovare. Quel giorno era ad un matrimonio ed era bellissima, in un abito turchese e con i capelli raccolti dietro le orecchie. Le dissi che ero tornato e lei... mi baciò. Il primo vero bacio di tutta la mia vita. Mi sentivo felice dentro, il mio cuore batteva solo quando lei mi era a fianco e quel bacio mi infuocò. Lei però, stava ancora con quel deficiente alto due metri e così scappò subito, lasciandomi senza parole.
-Anche il caro e vecchio Jess allora ha dei sentimenti, c'è qualcosa dietro quella corazza...
-Certo, c'è un uomo a tutti gli effetti. Per tutta l'estate non si fece sentire e quando la rividi ero arrabbiato. Insomma, mi aveva baciato! E così mi “fidanzai” con un'altra, una certa Shane.
-Jess, non è così che si fa!- scosse la testa.
-Avevo diciassette anni! - si giustificò Jess. - Abbiamo avuto una discussione e non ci parlavamo nemmeno perché eravamo troppo impegnati a farci ingelosire a vicenda. Alla maratona di ballo il suo ragazzo, Dean, si rese conto che Rory continuava a fissarmi, e non era la prima volta.
Così la lasciò sulla pista e lei se ne andò al ponte, il nostro rifugio, piangendo. Andai da lei e ci dichiarammo...
-E vi siete messi insieme. Tu hai lasciato Shane e lei... ah no, lei era stata già lasciata. Vai avanti.
-Esatto. Siamo stati insieme per un po' di mesi ma ogni volta sentivo che l'avrei persa da un momento all'altro perché non la meritavo. Dean poi, con la scusa di tornare amici, ci provava con Rory e io mi sentivo... minacciato. Insomma, lo so che era la stessa cosa che avevo fatto io tempo prima ma... non era giusto, punto e basta.
-Beh, ti ha ripagato con la stessa moneta, è stato crudele, ma come lo sei stato anche tu.
-Lo so. Grazie, grillo parlante.
-Prego, Pinocchio. Lo sai che la coscienza per te c'è sempre.- gli fece l'occhiolino.
-Comunque stava procedendo tutto alla grande, saremo andati al ballo insieme, la cosa che Rory desiderava più di tutte, io avrei messo il vestito da pinguino (solo per lei) e avrei ballato.
Ma non si può partecipare al ballo di fine anno se vieni bocciato. Non sapevo come spiegarle e così... non le dissi nulla. Cercai di godermi la serata a cui eravamo ospiti cercando di...
-Ho capito. Non voglio i particolari. - disse coprendosi gli occhi.
-Matt, sto raccontando, non c'è nulla di visivo!
-Vai avanti, allora.
-Lei non volle perché non era il posto e il momento adatto. Non aveva torto, ma io ero troppo arrabbiato per darle ragione. Stavo facendo tutto per lei e quello stupido preside non mi faceva andare al ballo. Litigammo e Dean mi prese a pugni. Ma mi difesi bene, mi sfogai per tutte quelle volte che mi ero trattenuto. Arrivò la polizia e Rory mi chiamò preoccupata.
Non ci parlammo per un po' finché un giorno arrivò mio padre che mi offrì di andarmene con lui. Io non so a cosa stessi pensando, non lo conoscevo neanche, ma ero arrabbiato, volevo scappare e poi mio zio mi avrebbe cacciato fuori se non avessi ripreso la scuola. Così ne approfittai e presi un pullman per la California. La trovai sull'autobus ma non riuscimmo a parlare e a chiarirci. Le dissi del ballo ma non di mio padre, era già delusa e non volevo che ci rimanesse ancora peggio. Tornai dopo un anno per riprendermi l'auto che mio zio mi aveva rubato e...
-Ferma ferma ferma! Tuo zio cosa?!
-Per farmi andare a scuola invece che a lavoro mi sequestrò la macchina.
-Ingegnoso, lo zio.
-Già... ritornai e le dissi che l'amavo.- Jess si incupì in volto e guardò nel vuoto.
-Che cosa? Tu te ne vai e poi torni dopo un anno e... ma che diamine hai in quella testa di scrittore?!- esclamò Matt.
Jess restò in silenzio.
-Cosa ti rispose, almeno?
-Io... non... non lo so.
-In che senso, scusa?
-Sto solo dicendo che me ne sono andato prima che potesse rispondere!- disse alzandosi in piedi e prendendo a fare avanti e indietro per la stanza.
Matt scosse la testa e incrociò le braccia.
-Non ci siamo più visti per un po' e poi sono andato a trovarla e le ho presentato il mio primo libro... sembrava che potessimo tornare amici e chissà... ma c'era un biondino figlio di papà in mezzo, come sempre. Mi è venuta a trovare a Philadelphia e io... ci siamo baciati. Ma lei ha preferito quel riccone che si era preso anche la briga di insultare il mio libro senza neanche leggerlo.- scosse la testa e guardò il traffico dalla finestra.
-Jess, che mi combini? Avevi quella ragazza e te la sei lasciata scivolare così facilmente? Mi pare di aver capito che tu abbia fatto di tutto per conquistarla, l'hai rubata al suo ragazzo gigante e poi te la sei lasciata scappare?! Ma dico io, ma sei completamente scemo?! E poi pretendi che sia stata lì ad aspettarti dopo tutto quello che le hai fatto? Io non riesco a capire la tua logica. Non ha senso fare così!
Jess si sentì colpito dalle parole dell'amico e si rese conto di quanto fosse stato uno stupido.
Non aveva senso fare così, nessuno aveva mai vinto, né perso e nessuno aveva mai posseduto l'altro veramente. Chiuse gli occhi per rivedere il suo viso, come per chiederle scusa.
-Ho del lavoro da sbrigare, Matt.
-È sempre stata la tua migliore abilità cambiare discorso quando ti senti in colpa, non è così?
Perché non la chiami invece di fare il difficile e continuare a fuggire? Metti fine a questo tira e molla continuo!
-Non ho il suo numero – rispose voltandosi verso l'amico – E poi non avrebbe senso, me lo merito il suo rifiuto e il suo odio.
-Ok, siamo tutti d'accordo che la tua testa è bacata.- disse Matt, alzandosi dalla sedia – Forse non mi sono spiegato bene: tu devi andare da Rory. Chiamala, vai a trovarla a casa, a lavoro, fai un po' come ti pare, ma in qualche modo va' da lei. Non preoccuparti, il fine giustifica i mezzi ma ascoltami Jess, secondo me potresti avere un'altra, ultima possibilità.
Jess sospirò un po' di volte, guardando la porta.
-Lo farai?- disse Matt avvicinandosi all'amico.
-Va bene, lo farò...- rispose con un'unica emissione di fiato.
Matt asserì con il capo e lo lasciò al suo lavoro. Jess meditò su quanto aveva appena promesso e si portò una mano al viso. Non aveva altre scelte.
***
Quella giornata infernale per fortuna era giunta al termine. Pian piano la luce del sole veniva meno e lasciava spazio ai neon delle insegne dell'enorme città di New York.
Salì le scale, aprì la porta, con un sospiro liberatorio la richiuse alle sue spalle: era finalmente a casa. Diede due giri di chiave e mise il gancio, buttò la borsa sul divano, si tolse le scarpe, le guardò con dispiacere perché non erano più uguali dopo l'incidente con il tombino, si tolse la giacca, l'appese al piccolo albero apposito guardandolo con odio per quanto era accaduto la mattina, passò dal soggiorno ma evitò il malefico tavolino ingombrante e si buttò sul divano. Accese la televisione e cercò qualche film adatto al suo umore.
Si ricordò poi che doveva ancora mangiare, lo sentiva dal suo stomaco rombante.
Così si alzò e aprì il frigo, in cerca di qualcosa di commestibile. Non aveva fatto ancora la spesa, così afferrò il telefono bianco e compose il numero del ristorante cinese che le aveva consigliato Lizzie, ordinò e staccò. Ritornò quindi al suo divano e al suo film e il suo umore era davvero sotto i piedi. Forse era addirittura restato anche lui incastrato con il tacco nel tombino della quarta strada. Qualcuno suonò alla porta. Rory restò sdraiata, non aveva la minima voglia di aprire, chiunque fosse.
Il suono del campanello si fece più insistente e così pensò che potesse essere importante. Si alzò mentre dall'altra parte qualcuno premeva con tutta la sua forza il povero campanello laccato-oro.
-Arrivo, arrivo! Un attimo...- disse mettendosi le ciabatte.
Aprì la porta e si trovò davanti Jess.
-Ciao...- disse lui.
-Che ci fai qui?- domandò incredula.
-Beh... passavo di qui.
-Come hai fatto a sapere il mio indirizzo?
-Ho i miei informatori – disse con un sorriso malizioso – Posso entrare?
Rory spalancò del tutto la porta e gli fece segno di entrare.
-E così questa è la tua vera casa...- esordì guardandosi attorno.
-Già.- era piuttosto nervosa, lo percepiva dalla sua voce.
Rory gli fece segno di accomodarsi sul divano e spense la televisione.
-Come mai quel film triste? Non sei di buon umore?
Caspita, la conosceva davvero bene. Si accorgeva di ogni particolare, di ogni minimo cambiamento in lei.
Rory si spostò i capelli dal viso e si sedette accanto a Jess.
-Oggi non è stata una giornata delle migliori...- disse guardando per terra.
Jess la scrutò e notò che aveva gli occhi arrossati e lucidi.
-E perché non è stata una bella giornata?
-Non credo che ti interessi...
-Se te lo chiedo penso proprio di sì.
Rory sollevò la testa e lo guardò negli occhi.
-Ho perso un'occasione di lavoro... al Times, per la seconda volta. Mi sono rotta una scarpa, ho potuto dire addio al mio tailleur nuovo e mi hanno declassato. Non ho più lo spazio recensioni.- disse con la voce spezzata da un pianto imminente.
Jess non sapeva se consolarla o lasciar stare, e se ne stette zitto ancora per un po'.
-Lasciamo stare- disse tirando su con il naso- Credo che per avermi di nuovo rifiutata ci sia una ragione.
-Io credo di no. Tu sei brava nel tuo lavoro, Rory.
-Non puoi saperlo...se non mi hanno accettata credo che non sia più tagliata per questo lavoro.- cominciò a singhiozzare piano ma cercò di nascondere le lacrime con i capelli facendoli scendere sul viso.
Jess la guardò dispiaciuto e le spostò la ciocca dietro l'orecchio. Le prese la mano nella sua e si fece più vicino.
-Hai ragione, io non lo so. Ma ti conosco e so quanto vali. Non sei una nullità, tu sei tagliata per questo lavoro... non è mai finita, ricordatelo. Ti accetteranno e se non lo dovessero fare, beh, non sanno che stanno perdendo una validissima giornalista e soprattutto... non ti meritano. Ma tu devi continuare per la tua strada e continuare a provare. - disse Jess, quasi con un sussurro.
Rory lo ascoltò, ancora incredula che le stesse stringendo la mano, che fosse lì quando ne aveva bisogno. Gli occhi blu erano attratti come da una calamita situata negli occhi scuri di Jess; sembrò che gli stesse leggendo dentro l'anima.
-Grazie- sussurrò un po' balbuziente.
Spostò lo sguardo sulle loro mani incrociate e si sentì stranamente felice.
Jess avvicinò la mano sinistra alla guancia umida di Rory e le asciugò la lacrima appena scesa.
Erano pericolosamente vicini, ma nessuno dei due si allarmò più di tanto.
Rory socchiuse gli occhi e il suo torace si contrasse per far uscire le lacrime che fremevano ad uscire. Jess le si avvicinò e gli venne naturale cingerle le sottili spalle in un abbraccio. Rory si aggrappò alle spalle del ragazzo eliminando lo spazio rimasto.
Ora non aveva più importanza il tempo, il lavoro, tutto ciò che circondava quell'abbraccio:
c'erano solo loro due ed era questo l'importante.
Jess cominciò a staccarsi dalla presa ma Rory lo strinse più forte.
-Resta ancora qui...- gli sussurrò nell'orecchio.
Jess allora rafforzò l'abbraccio e le accarezzò i capelli, come non faceva da molto tempo. Era tutto ciò di qui lei aveva bisogno in quel momento, di qualcuno che le stesse a fianco e la stringesse, e lui era la persona giusta.