"Gocce di cera" di Francis82

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Francis82
view post Posted on 18/8/2007, 15:00





Eccoci giunti al gran finale… :P
Il momento dei ringraziamenti e dei saluti di rito! ^_^
Bando alle ciance, inizio col ringraziare di cuore le mie lettrici affezionate ( RGJM, lola ventimiglia, Ciciu, roryG, ceci, Venombre, verymaya, fraFry, sharry, MMartina…), ma anche chiunque si sia fermato, anche solo per un momento, a leggere ciò che è uscito da questa mia mente contorta e romantica… :rolleyes:
Devo ammettere che “Gocce di cera” è stata una FF impegnativa, elaborata in un lasso di tempo ampio, che ha risentito di molti miei stati d’animo contrastanti… ha dovuto superare persino il triste periodo del tira e molla sulla fine del nostro amato telefilm… probabilmente è anche per questo motivo che le sono parecchio legata.
Non è mai semplice mettere la parola “fine”, ma anche questa volta mi tocca farlo… e chiudo qui perché mi sto per mettere a piangere… :cry: vi lascio alla lettura dell’ultimo capitolo.
Grazie ancora e un bacio grande a tutti...
:timido: :fiori: :timido:



Uno sguardo cupo e pensieroso guidò Luke lungo l’ultima rampa di scale che lo avrebbe portato nuovamente dinnanzi all’espressione ferita del nipote: per quanto desiderasse riuscire a celare la propria inquietudine ai suoi occhi, conosceva benissimo la capacità di Jess di leggere dalle piccole sfumature della voce qualsiasi tipo di preoccupazione o intenzione nascosta.
Quel ragazzo così complicato, da un certo punto di vista era sempre stato il suo orgoglio: non avevano mai avuto troppa importanza le severe critiche della gente… quegli sguardi biasimevoli che lo avevano giudicato fin dal primo istante, fin dal momento in cui il nipote aveva messo piede sul suolo di quella piccola città di provincia.
Non era stato semplice gestire la situazione: più e più volte si era ritrovato a svegliarsi di soprassalto, in piena notte, domandandosi se aver accettato quella convivenza forzata, aver subito passivamente le conseguenze dell’ennesimo insuccesso di Liz, non fosse stata una follia… uno sbaglio destinato ad avere ripercussioni sul carattere già abbastanza complesso di quel giovane in collera col mondo.
Era stato costretto ad alzare la voce parecchie volte, quello si.
Si era teneramente illuso di aver raggiunto traguardi importanti…

“Ho deciso di tenere Jess con me e gli ho detto che sua madre voleva che lui andasse a casa, ma visto che era appena arrivato e doveva ancora ambientarsi, avevo pensato che doveva restare… che sua madre era molto arrabbiata, ma che io avevo insistito… Ha ingoiato ago, lenza, piombino… gli ho risparmiato un dolore!”
“Non l’ha bevuta…”
“Come? Si che l’ha bevuta!”
“Lui lo sa…”


Aveva seriamente temuto di aver sbagliato ogni cosa…

“Luke…”
“Ho fallito…”
“Luke, hai fatto tutto quello che potevi… L’hai mantenuto, gli hai dato affetto, gli hai dato delle opportunità… che cos’altro avresti potuto fare più di questo?”


Nonostante ciò, aveva stretto i pugni e seguito le proprie idee, i propri principi, convinto che prima o poi avrebbero dato i frutti sperati.
Sarebbe stato inutile nasconderlo ancora a se stesso: Jess, in quegli anni difficili, era diventato il figlio che non aveva mai avuto.
Per questo motivo non lo avrebbe lasciato affogare in quel mare di dolore, rimanendo semplicemente a guardare… sarebbe stato ancora una volta il suo faro… gli avrebbe illuminato la rotta verso l’unica isola sulla quale trovare la pace…
Quell’isola aveva gli occhi del color del cielo limpido di una mattina di primavera ed un sorriso luminoso in grado di rischiarare in un istante anche la giornata più buia… quell’isola che Luke aveva visto crescere, passo dopo passo, e diventare una creatura meravigliosa.
Rimase ancora qualche secondo in silenzio dietro il vetro della porta, finché dei rumori provenienti dall’interno dell’appartamento non lo destarono dalla scia dei ricordi che lo aveva imprigionato, riportandolo alla severa realtà.
Varcò la soglia, trovando Jess intento a sistemare i residui di uno spuntino veloce: “Tutto bene qui?”.
“Non ho mangiato nulla che tu non approveresti. Dovresti essere fiero di me…” rispose ironico il nipote, finendo di risciacquare un paio di piatti nel lavello.
Luke si guardò intorno: il letto del ragazzo era stato rifatto in modo stranamente impeccabile e la sua giacca, asciugata e pronta per essere indossata, era già accanto all’ingresso.
Sospirò, stringendo i pugni ai fianchi: “Stai già ripartendo per Philadelphia, insomma…”.
Jess rimase di spalle: “Non avrebbe senso rimanere ancora” e, scostando la tenda, guardò oltre il vetro della finestra con un’espressione piuttosto dura in volto: “Ancora quella stupida gara di pupazzi di neve…”.
“Certe cose non cambiano mai” rispose lo zio, malinconico.
“Già…” uscì lieve dalle labbra socchiuse del ragazzo.

“E’ proprio bello!”
“Cosa?”
“Il vostro pupazzo di neve…”
“Sai qual’è il nostro?”
“Ha decisamente più personalità! Assomiglia un po’ a… Bjork!”
“E’ quello che volevamo! Ma tutti pensano che vincerà quello lì, invece…”
“Davvero? E’ così esagerato…”
“Sono d’accordo!”
“Vincete voi!”
“Non si discute!”


Voltandosi senza alzare lo sguardo, Jess infilò la giacca di panno scura: “Non volevo andarmene senza… si, senza chiederti scusa per la scena pietosa a cui hai dovuto assistere ieri sera e ringraziarti, Luke!”.
“Non c’è bisogno che tu lo faccia, ragazzo…” e gli si avvicinò, battendogli una mano sulla spalla.
“Avrei dovuto essere più forte! Mi detesto per questo…” ammise, mentre la sua fragilità trasparì dal tono di voce incerto.
Luke lo attirò a se dalla nuca e lo abbracciò con forza: quanto avrebbe voluto poter metter fine in un solo istante a quel suo dolore…

“…In ogni rapporto è importante che l’altro sappia che l’apprezzi, in modo che non si crei una barriera che impedisca di contraccambiare un favore…”
“L’hai letto da qualche parte?”
“Si…”
“Mi vuoi davvero contraccambiare? Lo farai… ma solo quando potrai e vorrai…”


Quando Jess scivolò via dalle sue braccia, Luke giurò di aver notato l’accenno di un sorriso sul suo viso, ancora segnato dai postumi della difficile nottata, passata perlopiù sul pavimento del bagno.
Prima che il ragazzo afferrasse la maniglia della porta, lo zio lo interruppe con un’ultima premura: “Sapevo te ne saresti andato il prima possibile, così ti ho lasciato un pacchetto sul bancone… Giusto per assicurarti un pasto decente lungo il viaggio!”.
Fu allora che Jess si voltò verso di lui, guardandolo finalmente negli occhi: “Sarai un ottimo padre, Luke…”.
La sua sagoma scomparve poi dietro il vetro della porta, mentre il rumore dei passi frenetici si attenuò fino a far ripiombare l’uomo nel silenzio più profondo che avesse mai udito.
Quando, con un gesto secco, aprì la tenda dinnanzi a se, Jess trovò il locale già deserto: tutte le sedie erano già state rovesciate sui tavoli… i conti impilati accanto alla cassa… le luci spente…
Fece qualche altro passo, finché, afferrando il pacchetto lasciato in cima al bancone, non notò con la coda dell’occhio un’ombra muoversi in fondo alla stanza e udì il tintinnare di una tazza.
Si avvicinò e la vide, nella penombra, intenta a sorseggiare l’ultimo caffè della giornata: “Ti ho spaventato?”.
“No… certo è curioso vederti qui, mentre fuori dilaga la solita follia di questa città!” rispose sarcastico, lui.
Lorelai non batté ciglia, abituata alle solite provocazioni del ragazzo: “So di essere l’ultima persona con la quale desideri parlare, ma non ti ruberò che un paio di minuti… te lo prometto, Jess!”.
“Senti, Lorelai… se Rory ti ha mandata qui a promuovere la sua causa, perdi il tuo tempo! So bene che non mi hai mai sopportato, quindi ti suggerisco di cogliere la palla al balzo e brindare alla mia definitiva scomparsa dalle vostre vite!” rispose lui, infastidito.
La donna si alzò, dirigendosi a riempire la tazza dietro il bancone: “E’ sempre stato così difficile comunicare con te…”.
“Forse nessuno ci ha mai provato realmente…” commentò lui, dandole le spalle e dirigendo lo sguardo al di fuori della vetrina, seguendo il viavai di passanti dirigersi allegri al centro della piazza.
Lorelai gli si avvicinò, lentamente: “C’è chi lo ha fatto, Jess... una persona che è andata contro tutto e tutti pur di difenderti c’è stata… che ha ignorato i giudizi spesso impietosi di chi le suggeriva di starti alla larga il più possibile… che è salita su un pullman diretto a New York solo per rivederti, perdendosi uno dei momenti più importanti nella vita della madre… che ha lasciato la tranquillità del ragazzo ideale, perché convinta che dentro di te ci fosse un mondo straordinario soltanto in attesa di essere scoperto… che ha stretto i denti, piangendo in silenzio, mentre tutta la città passava il proprio tempo a biasimarla e a giudicarla un’ingenua… che, dopo essere stata abbandonata senza nemmeno una spiegazione, ha alzato la testa e si è ricostruita una vita, lontana da te…”.
Jess abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
“Rory ha sbagliato, ne sono cosciente… ma l’errore più grosso stai per commetterlo tu, Jess! Lo so perché io stessa ho compiuto lo stesso passo falso: l’orgoglio che ora ti spinge a lasciare Rory è lo stesso che mi ha allontanata da lei per tutti quei mesi… lo stesso che mi ha impedito di rivolgerle la parola per settimane e settimane che mi sono sembrate un’infinità… E’ una specie di circolo vizioso che non serve a nulla, se non a logorarti lentamente… L’ho capito quando ormai sembrava troppo tardi, ma c’è stato chi invece non ha perso tempo inutilmente come me!” terminò abbozzando un sorriso, lei.
Solo allora Jess si voltò fino ad incontrare il suo sguardo: sapeva bene a chi si stesse riferendo con quella sua ultima frase…
“Quella sera ho capito che dovevo fare qualcosa per Rory, che era giunto il momento di riscattare tutti gli errori che avevo compiuto con lei in passato…”.
Fu Lorelai, questa volta, ad abbassare gli occhi: “La verità è che, per quanto io detesti ammetterlo e mi sia spesso impegnata per dimostrarne il contrario, vi siete sempre capiti alla perfezione… C’è sempre stato un legame speciale tra di voi, qualcosa che per molto tempo ho cercato di nascondere a me stessa. Forse perché mi spaventava la possibilità che qualcun altro potesse creare con mia figlia quella complicità che è sempre esistita solo tra noi due… temevo di poter perdere una parte di Rory… E’ un discorso un po’ egoista, lo so… Rimane il fatto che nemmeno anni di lontananza hanno spezzato questo vostro feeling. Per questo motivo, le tue parole sono state le uniche in grado di aprirle gli occhi veramente…”.
La mano del ragazzo strinse con forza la maniglia della porta: “La conosco più di me stesso… non avrei mai potuto lasciarla fare, lasciarle buttare all’aria i suoi sogni!”.
Un mormorio sommesso uscì dalle labbra della donna, leggermente imbronciate: “Non smetterò mai di ringraziarti per questo…”
All’udire quel suono inaspettato, Jess abbozzò una risata amara, alla quale seguì il suono del campanello posto in cima alla porta del locale: “Il tuo paio di minuti è scaduto, Lorelai…”.
“Una promessa è una promessa!” disse lei, alzando le mani in segno di resa e osservandolo allontanarsi: “Buona fortuna, Jess…”.
Il giovane uscì dal locale senza voltarsi indietro nemmeno una volta: passeggiò distrattamente in mezzo alla gente che chiacchierava festosa e nemmeno immaginava quello che era il suo tormento interiore.
Le parole di Lorelai continuarono a rimbombargli insistentemente nella testa, confondendogli ogni tentativo di trovare una logica ai propri pensieri: quel suo maledetto orgoglio sarebbe stato davvero la causa della sua eterna infelicità?
Avrebbe mai potuto ricostruire con un’altra ragazza quel legame speciale di cui parlava Lorelai?
Sollevò lo sguardo dai propri passi soltanto per un momento… un breve istante… ma fu abbastanza per scorgere una sagoma familiare, seduta in completa solitudine su una delle panchine della piazza.
Il cuore si strinse nel petto quasi fino a fargli male e lo convinse ad allontanarsi nella direzione opposta.
Fece appena qualche passo, prima di capire che la sofferenza maggiore sarebbe stata lasciare quel luogo senza dir nulla… mettere la parola fine a quel fiume di ricordi così invadenti…
Rimase fermo… in mezzo alla strada… finché non scorse due ombre all’interno del locale… due ombre avvicinarsi lentamente l’una all’altra fino a fondersi in una sola.
Jess non poté fare a meno di sorridere e di essere felice, almeno per un istante… almeno per Luke…
Alzando il colletto della giacca per ripararsi dal vento pungente, il ragazzo sospirò profondamente, domandandosi quale fosse il vero prezzo della felicità.
La risposta l’avrebbe trovata a pochi metri dalle sue spalle.
Si voltò e, con le mani in tasca, riprese a camminare verso il centro della piazza…
“Dicono che quest’anno il primo premio lo vincerà Kirk…” commentò, osservando i pupazzi di neve che, in fila davanti ai loro occhi, venivano accuratamente giudicati dallo sguardo vigile e severo di Taylor.
Le spalle della sua incantevole interlocutrice s’irrigidirono di colpo: “Già, devo ammettere che si è impegnato parecchio…”.
Il tono di Jess divenne indeciso: “Non è male, ma…”.
Finalmente la ragazza si voltò verso di lui, incontrandone i bellissimi occhi profondi: “Ma?”.
“Qualche anno fa vinse la gara un pupazzo ispirato a Bjork...” raccontò, avvicinandosi ancora di qualche passo.
“Credo di ricordare…” sorrise lei, mentre le guance arrossirono sotto un folata di vento freddo.
Jess continuò a guardare dritto davanti a se: “Aveva di certo più personalità degli altri!”.
Rory seguì la direzione del suo sguardo e, con la voce interrotta di tanto in tanto dall’emozione di sentirlo ad appena qualche passo da se, affermò sicura: “Eh, si… su questo non si discute!”.
Soltanto al suono di quelle parole, Jess accennò finalmente un sorriso e la guardò intensamente negli occhi, confermando divertito: “Non si discute…”.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, cullati dalla brezza fredda che aveva ricominciato a trasportare con se piccolissimi fiocchi di neve candida… ancora qualche istante, prima che Rory prendesse il coraggio a quattro mani e si alzasse di colpo dalla panchina, gettandosi al collo del ragazzo… le loro labbra s’incontrarono con una passione tale da far dimenticare loro ogni dolore, ogni momento di sconforto…
Rory, seppur tremante, lo strinse tra le proprie braccia… ci mise tutta la forza che aveva in corpo, come se non esistesse più nient’altro… nient’altro che lui… nient’altro per cui valesse la pena di lottare… per cui valesse la pena di vivere...
Assaporò i suoi baci come fosse convinta che non ci sarebbe stato più un domani… come se il culmine di quella loro vita fosse da racchiudere in quel breve lasso di tempo… come a voler donare a lui ogni suo lieve respiro…



La mano minuta di Rory sfiorò appena le increspature della corteccia dell’imponente albero che la sovrastava con la propria chioma verde e brillante.
I raggi del sole primaverile filtrarono tra le foglie, raggiungendo le sue guance rosee e illuminandone la carnagione pura come l’alabastro.
“Finalmente ti ho trovata!” una voce robusta comparve alle sue spalle, spezzando quella sua piacevole solitudine.
“Ricordo il giorno preciso in cui piantarono questo albero, lo sai? E’ buffo… riuscivo a malapena a camminare, ma ancor oggi riesco a ricordare perfettamente quel momento! La verità è che, se chiudessi gli occhi per un istante, sarei in grado di ricordare ogni momento vissuto in questa città…” sorrise lei, stringendosi timidamente nelle spalle.
“Ho sempre invidiato il legame profondo che avete tu e tua madre con questi luoghi. Un tempo la cosa mi spaventava, devo ammetterlo… Ora è diverso, ho capito che la vostra felicità è data anche dall’eccentricità di questa gente e dalle mille stramberie che vi circondano…”.
La ragazza alzò di nuovo lo sguardo per seguire il movimento frenetico delle foglie mosse dal vento: “Questo posto è sempre stato magico, per me… Davvero non immagino come potrò vivere lontana da tutto questo…”.
“Una parte di Stars Hollow la porterai con te a New York. La ritroverai nelle piccole cose… probabilmente ti capiterà di vederla trasparire dalle righe di qualcuno dei tantissimi articoli che scriverai… e ti sembrerà di non essere mai partita…”.
Rory gli si avvicinò, allungandosi sulle punte dei piedi per sistemargli premurosamente il papillon: “Sono felice che tu sia qui”.
“Non vorrei essere in nessun’altro posto, piccola mia! E sono fiero che tu mi abbia voluto accanto a te… ” rispose leggermente commosso.
“Richard Gilmore, non si scioglierà in lacrime?” lo guardò intensamente Rory, mentre anche i propri occhi si velarono inevitabilmente di commozione.
Come quand’era una bambina, si lasciò avvolgere dalle sue possenti braccia, lasciandosi cullare ancora per qualche istante.
Fu quando una lieve musica giunse timidamente alle loro orecchie, che sciolsero l’abbraccio e si guardarono di nuovo negli occhi: Richard prese un fazzoletto dalla tasca interna della giacca e le sfiorò delicatamente le guance.
“E’ arrivato il nostro momento, nonno…” sussurrò lei.
“E’ arrivato…” rispose lui, porgendole il braccio.
Percorsero qualche decina di metri, lentamente, godendosi la brezza tiepida di quel pomeriggio di maggio: tutto sembrò essere magico, avvolto in un’atmosfera da fiaba.
Quando finalmente la vegetazione si aprì dinnanzi ai loro volti, Rory si aggrappò ancor più saldamente al nonno, illuminandosi di gioia: davanti a loro il piccolo ponte di Stars Hollow era stato decorato con drappi di tulle giallo pallido, intervallati di tanto in tanto da mazzetti di margherite bianche… l’acqua del laghetto lasciava cullare sulla propria superficie piccole composizioni di ninfee rosa… ovunque si poté percepire il dolce profumo dei fiori di campo, trasportato dal vento leggero.
Quando lo sguardo lievemente imbarazzato si sollevò dai propri passi, Rory vide tutta la propria vita raccolta dinnanzi a se: Stars Hollow la osservò affascinata percorrere quel vecchio ponte, tirato a lucido per l’occasione.
Tutta la città si commosse nel vederla… nell’osservare quella bambina diventata, piano piano sotto i loro occhi fieri e sereni, una donna meravigliosa: quella Rory che era stata un po’ la figlia di ognuno di loro… di Patty che tentò di insegnarle a ballare, di Babette che la affascinò coi suoi strambi consigli di vita, di Taylor che la coinvolse nelle sue buffe iniziative cittadine, di Andrew che la rifornì di libri per la sua continua sete di lettura, di Sookie che la viziò con tonnellate dei suoi meravigliosi dolci, di Lane che la riempì del suo affetto incondizionato… e di tutti gli altri…
Ognuna di quelle persone speciali si era ritagliata nel tempo un ruolo importante nella sua vita.
Ripeté a se stessa che, ovunque il destino l’avesse portata, non li avrebbe dimenticati mai!
Tuttavia, il posto più rilevante venne riservato a coloro che l’attendevano intorno all’archetto di nozze, avvolto da profumate campanule celesti: Chris, al fianco di una ritrovata Cherry, con la piccola Gigi tra le braccia… Emily, nel tentativo vano di nascondere la propria commozione dietro un prezioso fazzoletto di seta bianca parigina… Liz e TJ, emozionati ed impacciati come due bambini… ed infine loro, Lorelai e Luke, mano nella mano, innamorati e felici.
Il cerimoniere e Jess, in un impeccabile completo scuro, comparvero esattamente al centro di quel meraviglioso scenario.
Il giovane, faticando parecchio nel celare la propria irrequietezza agli occhi degli invitati, seguì con lo sguardo ogni passo delicato di quella bellissima fanciulla dai capelli color nocciola, raccolti sotto una deliziosa coroncina di boccioli bianchi, venirle incontro avvolta in un impalpabile abito di chiffon candido che si muoveva leggiadro ad ogni soffio di vento.
Tra le sue mani, ancora tremanti per l’emozione, un delizioso mazzo di piccole margherite gialle.
Passo dopo passo, Rory ed il nonno raggiunsero l’altro capo del ponte, mentre la musica dei violini sfumò delicatamente nel silenzio.
Dopo che Richard ebbe baciato elegantemente la mano della nipote, porgendola come tradizione al futuro sposo, Rory rivolse l’ultimo sguardo alla madre, sulle cui labbra lesse una frase soltanto: “Ti voglio bene, piccola”.
Mentre il celeste intenso dei suoi bellissimi occhi venne appannato da un velo di lacrime, la ragazza sentì il tocco della mano di Jess farsi caldo e premuroso…
Fu allora che lo sentì… sentì che tutto sarebbe stato perfetto… che la loro vita insieme sarebbe stata il coronamento di un sogno meraviglioso…
Le loro mani si strinsero saldamente le une alle altre e la cerimonia ebbe inizio.

“Mi piace questo posto…”
“Wow! Un posto di Stars Hollow che ti piace… che strano…”
“Ho dei bei ricordi qui… Vedi laggiù?”
“Si!”
“Luke mi ha buttato da lì…”





Quando Rory varcò la soglia di casa, trovò la madre seduta sotto il portico a contemplare il tramonto che silenzioso aveva già colorato di rosso i tetti delle case vicine.
La vide accennare ad una risata, nel momento in cui udì una serie di raccomandazioni alquanto familiari che il povero Luke stava cercando di inculcare nella testa dura del nipote: “Lo sai usare il cambio manuale, vero?”.
Rory rimase a osservarla ancora per qualche istante, ferma sulla porta, senza farsi notare: nonostante la presenza di Luke al suo fianco le desse una grande sicurezza, lasciarla sarebbe stato uno dei passi più difficili della propria vita…

“Non mi hai cresciuta bene… Mi hai trasformata in una mammona… Perché non ti odio? Perché non voglio starti lontana? Sarà molto difficile diventare la nuova Christiana Amampur, in diretta da Teheran, con la mammina vicino! E’ meglio che inizi ad usare una videocamera perché avrò bisogno di te!”

Fu allora che Lorelai si voltò, come attirata da una sorta di telepatia, incontrando lo sguardo malinconico della figlia seguire attento il proprio profilo: “Hai preparato tutto?”.
La ragazza annuì col capo, avvicinandosi e mettendosi a sedere accanto alla madre.
Il braccio di Lorelai scivolò dietro le sue spalle, mentre dal broncio di Rory uscì un lungo sospiro: “Mi chiedo come si possa essere così felici e così tristi allo stesso tempo…”.
“Ehi, mia piccola esibizionista!” sorrise Lorelai, stringendola a se e cullandola con tono materno: “Sta per iniziare un capitolo straordinario della tua vita e devi goderne ogni singolo istante, capito? Certo, gran parte del tuo futuro stipendio al New York Times servirà per coprire la bolletta telefonica e per pagare la benzina necessaria a far visita a mamma almeno un paio di volte al mese… per il resto dovresti cavartela bene… Nel frattempo, Luke ed io ci stiamo impegnando a finanziare la ricerca nel campo dei teletrasporti!”.
“Non so se mi va di scherzare…” l’espressione di Rory tradì ancora una volta la preoccupazione costante che le stava pesando come un macigno sul cuore.
Il viso della madre s’illuminò allora di una luce speciale, mentre il suo tono si ammorbidì: “Lo so che fa paura… iniziare daccapo, in una nuova città… ma sei una Gilmore e qualcosa mi dice che il successo sia proprio scritto nel nostro dna!”.
Rory rivolse poi l’attenzione davanti a se, incontrando il sorriso seducente di Jess: “Non potrei più fare a meno di lui! Lo amo così tanto, mamma…”.
“E lui ti ama… Ha scelto di rivoluzionare la propria vita, il proprio lavoro, soltanto per far si che tu riuscissi a realizzare il tuo sogno…” sussurrò la madre, continuando ad accarezzarle le spalle con dolcezza.
“Ha ricominciato a scrivere, lo sai? Sono talmente orgogliosa del suo talento…”.
“Si vede dalla luce che si accende nei tuoi occhi quanto sei fiera di lui…” rispose la madre, perdendosi nello sguardo sognante della figlia.
La voce possente di Luke interruppe quelle loro confidenze: “Nonostante l’aiuto di Jess, sono riuscito a finire di caricare le ultime cose sul furgone!” esclamò, avvicinandosi al portico con aria divertita.
Il nipote lo seguì a ruota, prendendolo in giro scherzosamente: “Esilarante… Hai mai pensato di buttarti nel cabaret, zio? Tanto lo sappiamo che tutto questo non è che un patetico tentativo di nascondere la tua commozione per la mia partenza… non ci sai stare senza di me… dimmi la verità: hai già messo la mia foto sul comodino, non è così?”.
“Ma per favore! Io non mi commuovo mai…” si vantò l’uomo, sorseggiando una birra fresca sui gradini d’entrata.
“Veramente…” s’inserì Lorelai, ridendo: “potrei giurare solennemente di averti sentito singhiozzare durante lo scambio degli anelli!”.
Finalmente anche Rory si lasciò andare scoppiando in una risata fragorosa, mentre Paul Anka, incuriosito da quel baccano, scivolò fuori dalla porta d’ingresso e si mise a sedere ai suoi piedi.
“Per non parlare di nonno… sapessi come ti guardava estasiato! E’ stato bello che tu lo abbia scelto per accompagnarti all’altare…” continuò la madre.
“E’ stato come un padre per me, soprattutto in questi ultimi anni… sentivo di doverlo fare. Papà sembra aver capito e non essersela presa per questo…” sospirò lei.
“Christopher ti ama talmente tanto, piccola mia… non sarebbe stato capace di arrabbiarsi con questi occhioni blu!” rispose Lorelai, dandole un buffetto sulla guancia.
Rimasero a chiacchierare ancora per un po’, godendo della piacevole brezza che lentamente introduceva al fresco della sera, finché non arrivò il momento dei saluti: “E’ ora di lasciar partire i nostri sposini, che ne dici?” commentò Luke, prendendo Lorelai per mano ed avviandosi con loro alla macchina.
Madre e figlia si guardarono negli occhi ancora per qualche istante, appena una manciata di secondi che servì loro per esprimere qualcosa che nemmeno milioni di parole sarebbero riuscite a comunicare…

“Ma l’ispirazione maggiore viene dalla mia migliore amica… la meravigliosa donna che mi ha dato il nome e il sangue che mi scorre nelle vene… Lorelai Gilmore. Mia madre non mi ha mai fatto pensare che non avrei potuto fare quello che volevo o non diventare ciò che volevo essere! Ha riempito la casa di amore, divertimento, libri e musica, costantemente attenta a darmi dei modelli di vita… da Jane Austen a Iodora Welty a Patty Smith… e mi ha guidata attraverso questi incredibili diciotto anni… Non so se si è mai accorta che la persona alla quale vorrei assomigliare è lei… Grazie mamma, sei il mio punto di riferimento per tutto!”

Fu a quel punto che Rory si abbassò sulle ginocchia e accarezzando il ventre della madre, leggermente arrotondato, sussurrò: “Ehi, sorellina… so che da lì dove ti trovi non sarà facile, ma tocca a te tener d’occhio mamma e Luke mentre non ci sono… Tornerò presto a trovarti, non ti preoccupare…”.
Quando la ragazza si sollevò, madre e figlia non poterono fare a meno di stringersi l’una all’altra… le piccole mani di Rory si aggrapparono a lei con la stessa foga e lo stesso affetto di quando era bambina… fu come se il tempo fosse tornato indietro di vent’anni… il suo viso appoggiato sulla spalla di Lorelai s’inebriò del leggero aroma di caffè, provenire dalle sue ciocche lunghe e brune, e della scia di ricordi che questo le scatenò inevitabilmente nella mente…

“Io non resisto… è più forte di me, purtroppo! Rory, ti prego… lascia perdere il caffè! Non capisci che rischi di diventare come tua madre?”
“Mi dispiace… è troppo tardi…”


Uno sguardo… un ultimo sguardo, prima che la giovane salisse in macchina ed i suoi bellissimi occhi lasciassero il posto a quei due fari d’automobile allontanarsi nella luce rossastra del tramonto.
Luke e Lorelai rimasero abbracciati ancora per qualche minuto, in mezzo al vialetto, mentre l’uomo continuò ad accarezzarle la pancia teneramente: “Sono sicuro che saranno felici…”.
Per un momento fu come se Lorelai potesse vederli… perfino toccarli… Jess e la sua dolce Rory, ripercorrere quello stesso vialetto, illuminato dalle luci natalizie riflettersi sul candore abbagliante della magica neve, e tenere tra le mani un bellissimo bambino, frutto di quell’amore che, nonostante tutto, era riuscito a superare distanze e ostacoli sul suo cammino…
Allora si, che ne ebbe la certezza: Lorelai sollevò il viso e lo guardò… guardò negli occhi l’unico uomo che avesse mai amato veramente… l’uomo col quale era certa avrebbe costruito un futuro meraviglioso… e, lasciandosi asciugare una lacrima di gioia che timida si era fatta strada sulla sua morbida pelle, sorrise: “Ne sono sicura anch’io, Luke…”.
Poco lontano, Jess sbirciò con la coda dell’occhio Rory, incollata al finestrino, come a voler imprimere ogni immagine di Stars Hollow nella propria mente ancora una volta.
Sorrise e poi le accarezzò il dorso della mano dolcemente: “Torneremo presto, non ti preoccupare…”.
Rory portò lentamente la sua mano sul proprio ventre: “Lo so, Jess… Sono elettrizzata per ciò che ci aspetta… una parte di me non vede l’ora di raggiungere Manhattan e inaugurare il nostro appartamento!”.
“Però…” insistette lui.
La ragazza diresse di nuovo lo sguardo fuori dal finestrino e sospirò: “Però una parte del mio cuore rimarrà sempre qui… ovunque sarò… Ti sembrerò una sciocca sentimentale, vero?”.
Jess non rispose e si limitò a rallentare, svoltando al primo incrocio a sinistra.
Rory spalancò gli occhioni celesti, perplessa: “Hai sbagliato strada, Jess… Proseguendo così ci ritroveremo di nuovo al centro della piazza…”.
Fu guardandolo sorridere, che Rory capì… capì che nessun’altro sarebbe stato in grado di comprenderla profondamente quanto lui… che nessun’altro sarebbe mai stato in grado di renderla più felice di così…

“Ok, adesso ritorniamo alla base. Ho promesso di studiare se venivi a prendere il gelato con me…”
“Si, è vero!”
“Bene, allora vado dritto e torniamo al locale di Luke…”
“Hai senso dell’orientamento!”
“…Ovviamente potrei anche svoltare a destra e allora continueremmo a girare in tondo per un altro bel po’…”
“…svolta a destra”
“Ok, come vuoi…”


THE END

 
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