Concordo con te quando parli del lieto fine. Anche secondo me lo è stato.
La prima volta che lessi questo libro, rimasi profondamente toccata dal personaggio di Naoko.
C'era qualcosa in lei che la faceva sembrare ai miei occhi la vera protagonista, il nodo centrale di tutto questo "macrocosmo" di situazioni, sentimenti, emozioni...
Quando arrivai al momento della sua morte piansi a dirotto, come una bambina. E' stato lacerante.
E Watanabe che dopo la morte di Naoko erra sulla spiaggia, incontra un uomo che gli racconta di una sua perdita -mi pare- e lui pensa tra sé e sé "cosa vuoi che mi importi della tua storia se penso che Naoko non c'è più, che il suo corpo perfetto non esiste più in nessuna parte del mondo"... ç__ç
La seconda volta che lessi il libro, quella che mi toccò nel profondo fu Midori, ed è ancora così.
Midori che dietro la sua esuberanza cela un dolore profondissimo che nessuno può immaginare.
Eppure lei non si lascia distruggere, non si lascia consumare dal pianto.
Mi ha toccato molto quando racconta a Watanabe del funerale del padre, e dice che per lei e la sorella è stato quasi un "sollievo" rispetto a tutto il dolore che per anni avevano dovuto affrontare quotidianamente. E che tutte le persone presenti al funerale si sarebbero aspettate da loro dei lunghi pianti... ma loro di proposito non hanno versato una lacrima...
Midori sa che le persone la maggior parte delle volte si fermano all'apparenza, e non vuole dar loro soddisfazioni...
Lei che appare come la più allegra ed esuberante, in realtà è la più forte, è quella che attraversa il dolore lacerandosi ma senza lasciarsi sopraffare, quella che riesce a sorridere alla morte del padre, perchè non ha più lacrime, perchè sa lasciarlo andare adesso...
Naoko è come un paesaggio innevato, un cristallo perfetto e trasparente sul punto di spezzarsi.
Midori è un'esplosione di colori, un arcobaleno quando la pioggia cessa di cadere incessante.
CITAZIONE (|Alice| @ 28/11/2008, 10:11)
Anche il fatto che Naoko e watanabe non abbiano mai parlato del perchè Kizuki si sia ucciso lo rende un gesto "normale",e non so se questo sia dovuto a un fatto di cultura,di religione oppure ad una scelta precisa dello scrittore di lasciare dei buchi neri,dei punti oscuri e non chiari della storia.E' come se tutto fosse circondato di magia e Murakami in questa scelta è stato veramente geniale.
Io penso che sia un pò entrambe le cose
Mi spiego: l'Occidente per tradizione si basa su una cultura razionalizzante e classica che ha bisogno di esplicitare le significazioni, di inquadrare entro un sistema logico ogni tipo di fenomeno...è una mentalità più propensa a definire, a voler a tutti i costi dare un senso, un significato... a ordinare in maniera coerente i dati che ci vengono dall'esterno in modo chiaro, logico, razionale.
L'Oriente è espressione di una spiritualità dilagante e diversa da quella occidentale, propensa ad accogliere l'ignoto e il caos come parte del tutto, a fare della morte, del buio una parte integrante della vita, della luce. E' una cultura che non tende a classificare nulla, a cristalizzare entro un sistema univoco le multiforme manifestazioni dell'esistenza... se l'Occidente cerca una meta, un punto di arrivo, uno scopo, l'Oriente traccia un cammino di esistenza senza chiedersi qual è il punto di arrivo, perchè forse il punto di arrivo semplicemente non esiste.
Quindi da un lato, secondo me, è proprio che nella loro cultura non ha senso chiedersi "perchè", essendo una domanda che esige una risposta razionale, ed essendo la vita alla base qualcosa di irrazionale.
Penso, dall'altro lato, che sia anche Murakami a fare una scelta, e a voler lasciare dei "buchi neri" come dici tu, perchè è tipico del suo stile e della sua sensibilità, è un espediente che ritorna in tutti i suoi scritti.
E poi del resto, è proprio nel silenzio e nel non detto che emerge qualcosa di più profondo...una sorta di intuizione, di partecipazione emotiva che non ha bisogno di parole, di riscontri razionali appunto...non ha bisogno di un "senso"...