Fan Fiction di Elena

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Phi Phi
view post Posted on 23/2/2004, 14:45




Titolo: Mistake and chances
Autore: Elena_R
Genere: Fanfiction
Stato: Conclusa

Commenti: Qui

Breve descrizione da parte dell autore:

Questa fan fiction non è stata scritta da me ma da Elena, con il suo permesso l'ho pubblicata qui perchè mi sembrava sprecata da far leggere a poche persone...secondo me è fantastica e spero che anche voi abbiate lo stesso giudizio!!!

Sarà molto lunga, ma non credo che vi stancherete, perchè sarà stra-appassionante e fantastica!!!
buona lettura





MISTAKES AND CHANCES



Come consueto all’ora di punta, il locale di Luke strabordava gente da ogni dove: persone in piedi, altre sedute, alcuni ammassati al bancone in attesa di essere serviti o di pagare. Luke correva ovunque ricoperto di piatti sporchi prima e puliti poi, urlava a Caesar le ordinazioni, si faceva largo tra la folla inferocita esortando tutti a restare calmi. Da quando Jess se n’era andato un anno prima, il lavoro era diventato improvvisamente più pesante. Eppure non gli era mai sembrato che il ragazzo facesse molto durante il suo turno… leggeva, se ne stava nel proprio mondo, ma riusciva a tenere testa a tutta quella gente. O forse era lui ad essere diventato troppo vecchio.
-hey, Luke!- udì improvvisamente in mezzo al trambusto generale. La voce di Lorelai era inconfondibile ed a volte estremamente acuta.
-Lorelai non è il momento- disse correndo come un fulmine verso Taylor e sbattendogli il piatto sul tavolo, noncurante delle sue lamentele.
-Lo vedo, volevo offrirti il mio aiuto, ma dato che mi tratti così…-rispose la donna riprendendo la borsetta che aveva appoggiato al bancone e andando a passi lenti verso l’uscita.
-aspetta! Non varcare quella soglia, metti questo- disse lanciandole un grembiule –e scusa se ti ho risposto male, ma in questo momento un paio di gambe e braccia in più non possono che essere ben accette!
Lorelai afferrò il grembiule al volo e con un enorme sorriso cominciò ad aiutare l’amico. Da quando erano rimasti entrambi “orfani” dei loro ragazzi, avevano cominciato a passare molto più tempo insieme: Luke l’aveva aiutata in ogni modo con l’apertura del Dragon Fly Inn e lei passava di tanto in tanto per aiutarlo a pulire o semplicemente per fargli sentire la sua presenza. Ad un certo punto la loro amicizia si era talmente rafforzata da averle fatto credere che ci fosse qualcosa di più e che quel qualcosa fosse amore. Aveva passato notti insonni a pensare a lei e Luke come ad una coppia e la cosa le sembrava sempre più assurda: come potevano due amici come loro stare insieme? Avrebbe voluto parlarne a Rory, ma la situazione le faceva ricordare ciò che era accaduto con Jess. Lui e sua figlia erano stati grandi amici, poi si erano messi insieme e alla fine era tutto andato a rotoli: Jess se n’era andato, Rory era diventata un’altra e anche il loro rapporto madre-figlia ne aveva risentito. Non voleva che tra lei e Luke avvenisse la stessa cosa, non voleva perdere un grande amico. Era successo una volta quando la figlia ebbe quell’incidente d’auto e si ruppe il polso, non voleva accadesse di nuovo. L’amicizia era troppo importante per rovinarla inutilmente a causa degli ormoni; le cose andavano bene così, non c’era bisogno di complicare nulla.
Dopo un’ora finalmente si fermarono entrambi a riprendere fiato, allucinati dal numero di persone che quel pomeriggio erano nel locale.
-dì un po’, cosa ci fai qui a quest’ora?- le chiese Luke da dietro il bancone.
-ero al Dragon Fly quando le mie orecchie super sensibili hanno sentito la tua voce chiamare aiuto, allora ho lasciato tutto e tutti, ho indossato la mia tuta aderente da Wonder Woman e…
-piantala! Possibile che tu non sappia essere seria ogni tanto?- si lamentò.
-non dovrei lasciarmi giudicare da uno che alla sua età ha ancora il cappellino da baseball in testa e va in giro con una camicia del genere…-disse come se stesse parlando tra sé, ma con la seria volontà di fargli udire le sue parole.
-cos’ha la mia camicia che non va?-chiese infuriato afferrandola con le mani e guardandosela da tutte le angolazioni possibili.
-lascia stare, Luke. Piuttosto dammi un caffè…-disse appoggiando la testa sul bancone –oggi sono a pezzi.
-è successo qualcosa?- le chiese versandole il caffè rimasto in una enorme tazza. Nonostante il trucco riusciva a vedere le sue occhiaie ed era un brutto segno.
-no, è solo che… beh, tra qualche giorno Rory torna a casa per l’estate-rispose tutto d’un fiato.
-dovresti essere contenta- disse intuendo già la sua replica.
-lo sono, ma sai bene come vanno le cose tra noi. Da quando quel disgraziato di Jess… oh, scusa Luke, ma…
-non preoccuparti, anch’io credo che si sia comportato molto male. È stato veramente un idiota-disse continuando a fare i conti. Non aveva dimenticato il comportamento irresponsabile di Jess e se ci rifletteva troppo, il risentimento cresceva a dismisura.
-sì. Beh, da quando se n’è andato sai bene che Rory non è più stata la stessa. Ha cercato di far finta di nulla, come se non le importasse e si è tenuta tutto dentro. Ci dicevamo tutto e improvvisamente si è alzato un muro… non lo sopporto.
-hai provato a parlarle?
-ricordi quando a Natale è tornata a casa per un paio di settimane?
-certo
-una sera sono scesa in cucina per un bicchiere d’acqua e… Luke, erano le tre di notte e Rory era sveglia, sdraiata sul suo letto, con la testa affondata nel cuscino e piangeva. Ha pianto così tanto quella notte e io non sapevo cosa fare! Se fossi entrata quel muro sarebbe diventato molto più spesso, ma restando fuori ho sofferto incredibilmente: mi sembrava di averla abbandonata. Ho cercato di entrar nel discorso diverse volte, ma Rory aveva sempre qualcosa da fare… non vuole parlare di lui e continua a stare male, lo so.
Luke si sentì impotente di fronte all’abbattimento psicologico e fisico di quella che riteneva una delle donne più cariche d’America. Quando si trattava della figlia, Lorelai diventava un’altra e da quando Rory si era trasferita al college aveva visto spesso quell’espressione triste e sconsolata dovuta alla casa improvvisamente vuota e alla distanza della ragazza. Anche lui aveva notato il cambiamento di Rory: al ritorno dall’Europa era ancora la diciassettenne spiritosa ed energica, ma dopo un paio di mesi, al ritorno da Yale, gli era sembrata pallida, spenta, dimagrita. Il suo sorriso era falso, non era difficile da notare, almeno non per lui che la conosceva da una vita. Sapeva che durante quell’anno era uscita con un paio di ragazzi, ma con nessuno di loro era durata più di un paio di settimane. Arrivava un punto in cui Rory li abbandonava, non voleva più vederli, li trovava insignificanti, stupidi, senza interessi. Lorelai gli aveva raccontato di un certo Eric dicendo che era molto simile a Jess: stessi occhi, stesso fisico, amava la lettura. Sembrava la volta buona, invece… per l’ennesima volta Rory aveva smesso di rispondere alle sue telefonate.
Durante quell’anno aveva sentito Jess solo due volte, la prima in novembre quando il nipote aveva detto che andava tutto bene. Ma dopo un solo mese, proprio nel periodo natalizio Jimmy aveva chiamato a Stars Hollow per avere notizie del figlio. Luke era incredulo: Jimmy gli aveva fatto capire che non c’era posto per lui e il ragazzo se n’era andato… in ottobre. Jess gli aveva mentito, sicuramente per non farlo preoccupare. Avrebbe voluto cercarlo, ma non sapeva da dove cominciare, poi finalmente in febbraio Jess aveva richiamato. Era ancora a Los Angeles, lavorava, viveva in un appartamento con altri ragazzi e andava tutto bene. Ma Luke aveva un brutto presentimento: aveva impiegato tutte le sue forze per riportare il ragazzo sulla buona strada e in un paio di giorni Jimmy aveva distrutto tutto, completamente. Anche la sua vita; perché Jess non era più solo un nipote, era diventato parte integrante di se stesso, si sentiva quasi suo padre. Vivevano insieme, mangiavano insieme, lavoravano insieme… e improvvisamente si era ritrovato da solo nel suo appartamento ristrutturato, da solo nel suo locale, da solo al tavolo. Come poteva Jimmy aver cacciato suo figlio senza preoccuparsi minimamente di dove fosse? Se solo prima della sua partenza da Stars Hollow non avessero litigato, sicuramente Jess sarebbe ritornato da lui. Almeno per Rory.
-una volta mi ha chiesto di lei- disse improvvisamente, come se il fatto che Jess si fosse interessato a Rory potesse farla stare meglio. Lorelai alzò lo sguardo e fissò Luke negli occhi: -hai parlato con lui? Credevo che…
-due volte, molti mesi fa.
-oh
-già. Non te l’ho detto per via di Rory… non sapevo se…
-se ti avessi minacciato per farmi dare l’indirizzo e ucciderlo?
-più o meno…- disse con un mezzo sorriso.
-e cosa ti ha detto?- chiese Lorelai. Nemmeno Luke parlava spesso di Jess, la sua partenza lo aveva deluso e svuotato e lei lo sapeva
-voleva sapere come stava Rory. Gli ho risposto che se la cavava anche senza di lui.
-hai fatto bene a dirgli così.
-sa di aver sbagliato.
-è un ragazzo intelligente.
-lo è.
-sì.
-Jimmy lo ha cacciato di casa.
-Cosa?!- chiese Lorelai incredula –che significa? Cosa ha combinato?
-niente, ma lui non vuole essere un padre e non vuole un figlio tra i piedi. Jess non me l’aveva detto. Quei due incoscienti hanno rovinato la vita di quel ragazzo: prima quella celebroleso di sua madre, poi quell’immaturo di suo padre… vive nell’abbandono da diciannove anni ormai, non mi stupisco se si comporta come un idiota. Ovviamente non lo giustifico- aggiunse per rispetto nei confronti della donna che gli stava di fronte.
Dopo qualche secondo passato nella riflessione Lorelai rispose:- odio Jess per quello che ha fatto a Rory, ma mi fa una pena incredibile… lo sai. A volte sono molto cattiva nei suoi confronti, ma è solo per sfogarmi, Luke. Io ho avuto Rory, te, Fran, Sookie e tante persone che mi hanno aiutato nel momento del bisogno. Lui no, ha dovuto arrangiarsi da solo fino a quando ti ha incontrato. Tu gli sei stato di grande sostegno, lo sai e anche lui lo sa.
-sì, ma se Jess è cambiato è stato grazie a Rory, non dimenticarlo.
-sono così simili eppure così diversi!- affermò Lorelai –senza un padre, un infanzia non delle più facili, intelligenti, ma hanno scelto due strade diverse: da una parte la studentessa modello di Yale, dall’altra un ribelle di New York.
Improvvisamente il cellulare di Lorelai suonò e la donna rispose sotto lo sguardo severo di Luke che con un dito indicava il cartello appeso alla parete col divieto d’uso dei telefonini nel locale.
-pronto, sono Lorelai!
-Ciao mamma! Sono io.
-Rory, tesoro! Tutto bene? Come mai mi chiami a quest’ora?
-ti ho chiamata al Dragon Fly, ma mi hanno detto che eri da Luke. Che ci fai lì?
-gli davo una mano.
-oh. Volevo dirti che ho parlato con la nonna e per il mio ritorno…
-oh, tesoro! Ti prego non dirmi che vuole organizzare una festa…
-mi dispiace. Ho cercato di dissuaderla, poi ho pensato che saranno solo un paio d’ore.
-non importa, le dirai che sono in tournee col mio gruppo rock.
-non hai un gruppo.
-E tu che ne sai? Sei al college, non qui.
-non hai un gruppo.
-sì che ce l’ho.
-e chi canta?
-io naturalmente.
-chi suona?
-Kirk alle tastiere…
-oh
-Taylor alla chitarra elettrica…
-mamma…
-Luke alla batteria.
-è pura fantasia e comunque non è un gruppo rock…
-e cos’è?
-una schizofrenica, un invertebrato, una spia della cia fallita e… beh, e Luke.
-io sarei schizofrenica? E che mi dici di Luke?
-lui è l’unico che si avvicina alla normalità.
-ti ripudio come figlia.
-è la tua scusa per non venire alla festa?
-oh…beh, sì.
-se mi ripudi io posso restarmene a casa perché non sono più la nipote dei Gilmore… ti sei fregata da sola.
-odio Yale! Tutto quello studio ti fa diventare ancora più intelligente di quanto già sia. È mostruoso!
-mi dispiace, mamma. Conosci la nonna… e poi non volevo che mi ritenesse una maleducata.
-non importa. Sono solo un paio d’ore, no?
-sicura?
-certo. Quando torni?
-Sabato pomeriggio. Ti trovo a casa?
-spero di sì. Ci sentiamo tesoro.
-ciao mamma!
-ciao!
Lorelai ripose con strana lentezza il telefono nella borsa.
-Tutto ok?- le chiese Luke.
-certo. Posso prendere quella ciambella?- chiese aprendo il contenitore dei dolci e afferrando la prelibatezza.
-andrà tutto bene con lei. Arriverà un momento in cui tutto tornerà come prima -la rassicurò.
-lo spero, Luke. Davvero.

Nella stanza c’era una strana quiete: Paris era all’ultimo seminario dell’anno e finalmente Rory riusciva a godersi la tranquillità di quelle quattro mura. Col passare degli anni aveva imparato a volerle bene, a sopportare tutto il rumore che faceva, le sue continue ansie, però a volte sentiva la mancanza del silenzio, della calma, della tranquillità. Lei, così pacifica, non poteva vivere ventiquattro ore su ventiquattro con un’isterica che non fosse sua madre. Sentiva anche la sua mancanza… Non tornava a casa da tanto tempo e le faceva piacere stare un po’ con lei, ma cominciava già a sentirsi soffocare. Le cose erano molto cambiate tra loro: era stata proprio lei a farle cambiare e a volte il senso di colpa non la faceva dormire, ma non c’era via di ritorno. Odiava essere vista dagli altri come la ragazzina innocente ed ingenua abbandonata da un ragazzo al quale non importava di nulla e di nessuno. Odiava gli sguardi carichi di pena di Miss Patty e di Babette, i mezzi sorrisi di soddisfazione di Taylor e tutti coloro che le chiedevano continuamente ” come stai?”, neanche avesse chissà quale malattia mortale e avesse bisogno di costanti attenzioni! E che dire di Dean… dopo la partenza di Jess era arrivato trionfante con sulle labbra un sonoro ”te l’avevo detto, Rory!” che era risuonato nell’aria di Stars Hollow come la canzoni del cantastorie. Non sapeva perché tutti si sentissero in dovere di dire qualcosa o in diritto di farle capire che aveva sbagliato fin dall’inizio a fidarsi di lui. Non era un’invertebrata, accidenti! Se le cose andavano male tra lei e sua madre era anche per colpa loro. E tornare in città le metteva un po’ di timore. Avrebbe dovuto trascorrere tre mesi con sua madre e sarebbe stata dura. Ricordava ancora le vacanze di Natale: erano state insieme per poche settimane, ma ogni sera si chiudeva la porta della camera alle spalle sospirando per il sollievo di potersi finalmente rilassare. Lorelai aveva fatto il possibile per non farle pesare la partenza di Jess, ma da quel giorno era scattato qualcosa dentro di lei… non se la sentiva più di aprirsi con nessuno, nemmeno con lei. Aveva cercato di dimenticare, di continuare a vivere e in parte ce l’aveva fatta, ma il ricordo di Jess la tormentava, soprattutto la notte; ormai non ne ricordava una in cui non si fosse svegliata per averlo sognato. E ovviamente non poteva parlare di queste cose a sua madre, non avrebbe capito. Lei aveva sempre odiato Jess, lo riteneva un buono a nulla, uno che porta guai e si era opposta con tutte le sue forze a quella loro relazione e alla luce dei fatti Rory si chiedeva se non avesse sempre avuto ragione. Ma nonostante tutto il male, la sofferenza, le notti insonni, la mancanza di concentrazione per studiare, il suo cuore continuava a battere al solo pensiero di poterlo un giorno rivedere.
Mille volte aveva esitato di fronte a Luke per sapere se aveva notizie e mille volte aveva alzato i tacchi e se n’era andata senza avergli domandato nulla. Sperava che stesse bene, che la sua vita fuori da Stars Hollow fosse migliore, che finalmente avesse trovato un equilibrio; anche se lei non rientrava in nessuna di quelle situazioni. Dopotutto se n’era andato per seguire un padre che non aveva mai conosciuto: era una buona giustificazione. Il fatto che fosse stata lei a pagarne le conseguenze non aveva importanza: se Jess era felice ne valeva la pena.


Edited by Reflecting Light - 16/7/2006, 13:09
 
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Phi Phi
view post Posted on 23/2/2004, 15:54




la scena riprende da dove si era interrotta


-come ho fatto ad annullarmi in questo modo per lui?- si chiese improvvisamente realizzando ciò a cui stava pensando. Lui le aveva spezzato il cuore e lei lo stava giustificando? Non era un comportamento da Rory Gilmore. Aveva passato un anno a piangere per uno che non aveva il coraggio di parlarle al telefono, nemmeno per dirle addio. L’ultima volta gli aveva detto che aveva gestito male la loro storia, che avrebbe potuto innamorarsi di lui, che non avrebbe pianto. Due menzogne e una mezza verità: anche lei faceva parte della coppia, anche lei aveva sbagliato l’approccio nei suoi confronti, avrebbe dovuto sforzarsi di più per capirlo; lo amava e per questo avrebbe pianto fino all’ultima lacrima. Chissà se Jess lo sapeva… non glielo aveva mai detto per timore di spaventarlo, di farlo fuggire a gambe levate. E poi lo conosceva: le sue erano sempre state storie brevi e poco importanti, come poteva dirgli che lo amava se sapeva che forse per lui non era nulla più che una delle tante ragazzine? Sapeva di piacergli, sapeva che avevano molto in comune, sapeva che a volte si era comportato da idiota per farsi notare da lei, ma non sapeva quali fossero i suoi sentimenti. Alla festa di Kyle voleva che stessero insieme: perché?
C’erano troppi perché nella sua testa: perché non si era fidato, perché non le aveva detto nulla, perché aveva fatto muro, perché la trattava in quel modo, perché se n’era andato, perché non aveva palato al telefono il giorno della consegna dei diplomi, perché non si era più fatto sentire, perché aveva scelto proprio il momento in cui lei stava capendo quanto fosse importante per abbandonarla, perché per lei era amore e per lui nulla? Solo lui avrebbe potuto rispondere, ma era in California, sotto il sole e stretto a chissà quale bionda col fisico da Playmate…
-accidenti a te!- disse arrabbiata lanciando il portafoglio contenente una loro foto contro la parete.
-hey! Hai intenzione di distruggere la stanza proprio adesso che dobbiamo andarcene?- chiese Paris entrando.
-no, è solo che…
-ti è sfuggito di mano!- affermò la compagna togliendosi i vestiti e infilando il pigiama, mentre Rory annuiva. Paris la squadrò attentamente e riconobbe quegli occhi blu infinitamente tristi: solo due cose potevano angosciarla, ovvero il caffè, ma non era quello il caso dato che un bicchiere vuoto era poggiato sul comodino, e Jess. Non sapeva molto di ciò che era successo, lei non gliene aveva mai parlato. L’unica cosa che aveva capito era che lui se n’era andato senza dirle nulla e, secondo lei, c’erano già i presupposti per un omicidio. Se Jamie le avesse fatto una cosa del genere non l’avrebbe passata liscia, ma lei era diversa.
-com’era il seminario?- le chiese Rory.
-cosa ti succede?-le domandò immediatamente lasciandola basita per quella domanda troppo diretta per i suoi gusti.
-non capisco…- si difese Rory.
-lo sai bene: non è normale tirare oggetti contro le pareti! Se ne parlassi forse ti sentiresti meglio. Non siamo estranee, tu sai tutto di me, io so un paio di cose su di te, viviamo insieme da un anno. Non sono cose che vanno trascurate.
-per favore Paris, non mi va di parlarne. E poi è una storia chiusa- disse alzandosi e chiudendo dietro di sé la porta del bagno.
-a me non sembra- aggiunse tra sé la compagna della Chilton sdraiandosi sul letto e accendendo la radio per non ascoltare i singhiozzi che sarebbero presto arrivati dal bagno, gli stessi che l’avevano svegliata diverse volte quell’anno durante la notte. Il fatto che Rory, nonostante tutto il tempo e le esperienze passate insieme, non accennasse minimamente a confidarsi la infastidiva, ma negli ultimi anni aveva imparato a conoscerla e sapeva che piuttosto che parlare dei suoi problemi, preferiva sorridere e pensare ad altro. Al college conosceva molte persone, ma nessuna di quelle era sua amica; per lei erano tutti conoscenti, colleghi, ma niente più. Gli unici ad avere un vero accesso al suo cuore erano stati Dean, sua madre, la sua amica Lane e infine Jess. Ma mancato lui, il suo atteggiamento nei confronti degli altri era notevolmente cambiato. A Pasqua aveva incontrato lei e Lorelai ad Hartford e aveva notato qualcosa di diverso: quella complicità che spesso aveva invidiato era improvvisamente sparita, davanti a lei non c’erano più le ragazze Gilmore, ma una madre e sua figlia, semplicemente. E la causa non poteva essere che Jess.
A volte si sentiva in colpa per essere felice con Jamie, per parlarle dei suoi regali, delle sue parole dolci: tutte cose nuove per una che aveva passato la propria vita a casa tra i libri; eppure Rory aveva provato ad uscire con dei ragazzi: James, Victor ed Eric, ed ogni volta li aveva lasciati improvvisamente senza ragioni. C’era solo una cosa che Rory potesse fare per uscire da quel circolo di tristezza e dolore: vedere Jess, parlargli e chiarire una volta per tutte le cose. Pura utopia dato che di lui non si avevano tracce.

-mamma… sì, ho capito che deve essere una festa grandiosa e che tutti i tuoi amici dovranno parlarne per i prossimi mesi, ma io e Rory preferiremmo qualcosa di meno sfarzoso…- si lamentò Lorelai al telefono con una agguerritissima Emily.
-Lorelai, tua figlia torna a casa dal college e noi daremo una festa in grande stile. Tu devi solo presentarti con un vestito decente e cercare di comportarti come farebbe una brava figlia. Sono certa che Rory adorerà questa festa!- disse la donna con entusiasmo.
-ma…
-e non contraddirmi!- la interruppe.
-purtroppo devo lasciarti, tra poco arriverà Rory…
-bene. Ci vediamo domani e siate puntuali.
-ciao mamma- rispose Lorelai scocciata. Non aveva alcuna voglia di andare a quella noiosissima festa piena di donne eleganti e con la puzza sotto il naso e di uomini con carriere di successo alle spalle ed un conto in banca con innumerevoli zeri. Non era il suo ambiente, tanto meno quello di sua figlia. Sapeva già che si sarebbe rintanata in un angolo con un bicchiere di vino in mano, anzi l’intera bottiglia, e avrebbe lasciato trascorrere il tempo. E se avesse visto che anche Rory pensava ad un modo per suicidarsi, beh, allora avrebbero trovato una scusa e si sarebbero eclissate.
Andò in cucina, dove il caffè era quasi pronto e appoggiò su un piatto le ciambelle che aveva comprato da Luke. Avrebbe avuto fame dopo il viaggio e caffè e ciambelle erano una buona scusa per trattenerla un po’ a parlare. Voleva che l’estate cominciasse nel migliore dei modi e la cosa più utile da fare sarebbe stata tentare di riavere un contatto con lei, perché le mancava incredibilmente. Dov’era finita la bambina che le parlava sempre di tutto ciò che le passava per la testa, la ragazzina che le raccontava del suo primo amore per Dean, la maturanda che dichiarava agli snob della Chilton che lei, sua madre era il suo modello, quella a cui si ispirava, la sua guida. Lo era ancora? O Jess le aveva portato via anche quello? Continuava a pensare a lui, al fatto che avesse abbandonato Luke, Rory e adesso anche suo padre, quando sentì il motore di un auto nel suo giardino. Si alzò di scatto e quando uscì vide la sua bellissima ragazza scendere dal regalo dei nonni e sorriderle. Era bello vedere il suo sorriso e per un attimo dimenticò il muro che aveva costruito.
-tesoro!- gridò correndole incontro –che bello vederti!
-ciao mamma!- ripose Rory soffocata dall’abbraccio –ti prego, lascia che mi riposi prima di strozzarmi!
-certo, scusa-aggiunse Lorelai mollando la presa –sei stanca?
-un po’…
-hai fame allora?
-sì… ma…
-bene! Andiamo dentro: ci sono caffè e ciambelle solo per la tua gioia e il tuo stomaco!
-grazie, ma le valige…- disse Rory indicando il baule dell’auto, mentre sua madre le accennava di non preoccuparsi e che ci avrebbero pensato più tardi. La ragazza si lasciò trascinare in cucina e afferrò immediatamente la ciambella e il suo bicchiere di caffè: -mmm, sono di Luke, vero?
-certo!
-quanto mi sono mancate! Come sta? Andiamo da lui dopo?
-io devo andare al Dragon Fly fra un ora… possiamo incontrarci lì per cena- propose la madre.
-ok, nel frattempo io cercherò di riabituarmi alla mia camera.
-perfetto. Allora tesoro, cosa mi racconti?
-niente di particolare in effetti. Studio, esami, studio, esami, Paris… tutto normale insomma.
-oh.
-vuoi sapere se c’è qualche ragazzo? Perché la tua espressione è di delusione…
-beh… no. C’è?
-no, ho preferito concentrarmi sullo studio ultimamente. Era la mia priorità.
-ovviamente
-Paris mi ha detto di salutarti
-bene. E con lei come vanno le cose?
-tutto ok, ormai ci conosciamo e riusciamo a sopportarci. A volte diventa particolarmente invadente, ma so come metterla a posto.
-lo so bene-rispose Lorelai pensando alla scena in cui Paris veniva zittita, una vera impresa.
-hai parlato con la nonna? Sai, per la festa?
-domani pomeriggio, alle sei. Abiti eleganti, puntualità e un coltello da macellaio nella borsa.
-perché?
-per fare cadere qualche testa e rubare i portafogli con le carte di credito e i libretti degli assegni. Il riscatto per aver partecipato…
-ci vorrà una borsa capiente…
-ne ho un paio che potrebbero essere adatte. Stasera studieremo un piano.
-e ha invitato molte persone, vero?
-no, è una festa al limite della semplicità…conosci la nonna.
-comincio a preoccuparmi. Perché ho accettato?
-perché sei troppo educata… devo aver sbagliato qualcosa- si chiese Lorelai pensierosa, mentre Rory si alzava.
-dove vai?
-credevo che dovessi uscire.
-manca ancora mezz’ora!
-devi aiutarmi a scaricare la macchina o vuoi che faccia tutto da sola?-la rimproverò.
-assolutamente no! Non voglio che tu ti stanchi! E stasera a letto presto mia cara: devi essere bella e riposata per domani.
-non ricordarmelo…- disse Rory sconsolata.
Aiutò la figlia a trasportare i bagagli in camera, ricordando che alla partenza c’erano meno libri. Aveva sempre ritenuto anormale che una bambina, prima e una ragazza, poi leggesse così tanto; alla sua età non pensava minimamente allo studio, dato che i suoi interessi viaggiavano tra ragazzi e metodi per sfuggire alle grinfie di Emily, poi a sedici anni aveva dovuto affrontare il fatto di essere madre. Le loro adolescenze erano state così diverse eppure si assomigliavano molto in alcuni aspetti del carattere: lo stesso sarcasmo, idee concordanti, l’amore per il caffè e per il cibo, le priorità della vita. Era fiera del lavoro che aveva fatto, anche se spesso aveva temuto il peggio; bastava pensare alla notte che Rory aveva trascorso con Dean: sapeva che sua figlia non avrebbe mai commesso i suoi stessi errori, ma non poteva esserne sicura. Ma ciò che più l’aveva preoccupata era stato il rapporto con Jess: conosceva il tipo di ragazzo e con lui le probabilità di guai aumentavano clamorosamente. Eppure non era successo nulla tra loro che andasse oltre i baci. Jess era bello, Rory incantevole e aveva visto la passione di entrambi, ma, da quel punto di vista, lui l’aveva rispettata come non avrebbe mai immaginato.
Guardava Rory sistemare con cura i libri nella libreria, mentre lei si occupava dei vestiti. In un attimo vide che la ragazza stava aprendo un cassetto della scrivania contente una foto di Jess, ma stranamente non aveva battuto ciglio: aveva riposto un libro e, automaticamente, richiuso il cassetto. Si aspettava una reazione, ma niente. Che gli ultimi mesi trascorsi lontano da casa l’avessero veramente aiutata a dimenticare? In fondo era passato un anno e Rory aveva diciotto anni: era anomalo soffrire così tanto per una cosa da ragazzi. Ma lei non era come gli altri.
-devo andare- le disse dispiaciuta guardando l’orologio –se sei stanca non preoccuparti, finiamo stasera o domani…
-ce la faccio, stai tranquilla. Allora ci vediamo da Luke?
-certo! Sarà felice di rivederti! Ciao tesoro!
-ciao mamma!- gridò, mentre la donna era già pronta per uscire. Si accertò che il motore dell’auto fosse lontano, poi si buttò a sedere sulla sedia con le lacrime agli occhi. Aveva dimenticato che nel cassetto c’era una foto di Jess e nel rivederla improvvisamente aveva avuto un tuffo al cuore, ma non poteva crollare davanti agli occhi di sua madre. Per lei e per tutti gli altri doveva essere una questione chiusa. La prese fra le mani e la guardò attentamente per diversi secondi: i suoi occhi profondi e scuri la fissavano, aveva una strana luce negli occhi. Gli aveva scattato quella foto all’improvviso: ricordava di averlo chiamato, lui si era voltato e lei aveva premuto il pulsante. Non sorrideva, aveva il solito sguardo da duro, di chi ce l’ha a morte col mondo. Eppure un attimo dopo averla fatta, accecato dal flash lui si era passato una mano sugli occhi, poi le aveva sorriso: un sorriso che adorava e che, le poche volte in cui glielo mostrava, le faceva battere il cuore all’impazzata. Si chiese se un giorno sarebbe arrivato qualcuno che potesse essere in grado di prendere il suo posto, ma al momento le veniva in mente una sola risposta…

-non ho intenzione di regalare il mio caffè agli abitanti di questa città!
-avanti Luke! Smettila di essere così asociale e contribuisci alle feste della città come ogni cittadino di Stars Hollow che si rispetti!
-ho detto di no, Taylor. La questione è chiusa- concluse lasciandolo in piedi di fronte al bancone ad urlargli contro, mentre lui andava in cucina. Non poteva certo essere obbligato a fare qualcosa contro la sua voglia, inoltre il café non navigava in ottime acque da almeno un mese: avrebbe dovuto fare diverse ristrutturazioni e aveva bisogno di denaro, non di fare beneficenza. Quando uscì dalla cucina il vecchio scocciatore era sparito e il locale era deserto. Oltre il vetro la luce aranciata del tramonto colorava il cielo e la città sembrava immobile, come se il tempo si fosse fermato. Era in quei momenti che sentiva la mancanza di una persona al suo fianco. Una persona in particolare, Lorelai. Nulla nell’ultimo anno aveva contribuito a smuovere quella situazione di stallo in cui si trovavano ed evidentemente era segno che non poteva esserci nulla tra loro all’infuori dell’amicizia. Smise di pensarci e cominciò a pulire il bancone. Concentrato sul lavoro non sentì il rumore del campanello della porta e quando alzò distrattamente gli occhi si trovò davanti la meravigliosa ragazza nata dalla donna che aveva in mente pochi momenti prima.
-Rory!- esclamò incredulo.
-Ciao Luke! Felice di rivederti!- disse la ragazza col sorriso sulle labbra.
-wow, mi ero dimenticato che saresti tornata oggi. Vuoi qualcosa da mangiare?
-No, aspetto la mamma. Sarà qui tra poco.
-bene! Allora come ti vanno le cose?
-al solito. Sai, a Yale la vita è abbastanza monotona: oltre alle lezioni, allo studio e agli esami accade ben poco.
-immagino. C’è del caffè…- le disse indicando una tazza e la caraffa.
-perché credi che venga qui da anni?
-ho sempre saputo che mi volevi bene solo per interesse…-rispose rassegnato il povero Luke riempiendole la tazza fino all’orlo.
-grazie- disse Rory bevendo il primo sorso –Mm… è buonissimo!
-felice di saperlo.
-avanti, Luke. Stavo scherzando prima! Piuttosto, come stai tu?
-bene. Sai, i soliti litigi con Taylor, le chiacchiere delle pettegole di questa città. Anche qui c’è la solita monotonia.
-sì, però mi è mancata. Sono felice di essere qui. E poi non reggevo più Paris…
-la tua compagna di stanza?
-sì, l’hai conosciuta. È quella ragazza bionda ed isterica della Chilton.
-oh! Certo! La ricordo bene, è stata qui una volta se non ricordo male.
-ricordi benissimo-affermò Rory –quindi va tutto bene?
-sì e anche a te…
-già.
Un paio di secondi di silenzio calarono tra i due, entrambi consapevoli che in quel momenti i loro pensieri erano rivolti alla stessa persona: all’interno della mente della ragazza stava avendo luogo un’accanitissima guerra all’ultimo sangue tra il volere chiedere a Luke notizie di Jess e l’idea di stare zitta, mentre l’uomo non riusciva a non pensare all’errore commesso dal nipote.
-Luke…
-sì?
-beh…
- eccoti qui! Sono affamata! Al Dragon Fly sembravano tutti impazziti e non ho avuto il tempo di fermarmi a riposare nemmeno un secondo- disse Lorelai entrando come una saetta nel locale e sedendosi al fianco della figlia. Sentì una strana atmosfera e le facce dei due che le stavano davanti erano più strane del solito –Ho interrotto qualcosa?
-No! Che dici!-gridò Rory fingendo che tutto andasse bene –stavamo solo parlando di Paris.
-esatto, Rory mi diceva che non riusciva quasi più a sopportare di dividere la stanza con lei.
-sì, Paris è una ragazza molto impegnativa dal punto di vista fisico e psicologico- aggiunse Lorelai ancora poco convinta delle risposte.
-cosa vi porto?- chiese Luke cambiando discorso.
-un cheese-burger gigante, patatine e muffins - rispose la ragazza.
-mm, anche per me. E tanto caffè ovviamente- aggiunse Lorelai.
-perfetto!- concluse Luke andando in cucina con le ordinazioni.
-allora tesoro, cosa hai fatto oggi?
-ho finito di riordinare la mia stanza, mi sono fatta una lunghissima doccia rilassante e rinfrescante e ho letto un po’.
-oh- disse la madre delusa.
-oh? Che significa?
-allora non sei stata tu l’artefice della rapina in banca… peccato, era un bel gruzzoletto.
-sarà per la prossima volta
-certo, ma mi sarebbero piaciuti un paio di abiti di Valentino. Poco male, rapinerò una boutique.
-ottima idea, fai attenzione alle taglie.
-ecco la vostra cena- disse Luke porgendo alle ragazze i loro piatti.
-grazie!
-grazie Luke!


to be continued
 
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Phi Phi
view post Posted on 24/2/2004, 13:18




3° episodio


Dopo cena, Rory si alzò da tavola e salutò tutti. Voleva passare da Lane prima del coprifuoco e salutarla. Lorelai rimase ancora un po’ al locale e fece compagnia a Luke mentre puliva.
-di cosa stavate parlando quando sono arrivata?
-come?
-hai capito bene. Voi due non me la raccontate giusta, tirava una strana aria e non è una mia impressione- disse la donna con risolutezza.
-te l’abbiamo detto, stavamo parlando dell’amica di Rory.
-no, caro. C’è qualcos’altro.
-ok- disse Luke –abbiamo parlato di quella ragazza, poi Rory mi è sembrata pensierosa e stava per dirmi qualcosa, ma sei arrivata tu. Punto.
-cosa voleva sapere?
-non lo so, Lorelai. Sei piombata nel locale e lei non ha detto più nulla.
-stai pensando quello che sto pensando io?-chiese.
-credo proprio di sì.
-dovrei preoccuparmi? Mi sembrava che stesse bene! Oggi ha visto una foto di Jess e non ha battuto ciglio!
-stai tranquilla, forse ci sbagliamo entrambi!
-lo spero, perché…- disse, ma fu interrotta dallo squillo del telefono. Luke le fece cenno di aspettare e rispose:- pronto? Sono Luke.
-ciao Luke. Sono Jimmy.
-Jimmy? Che c’è? È successo qualcosa?
-no,io volevo solo sapere se le cose laggiù vanno bene.
-certo! Perché non dovrebbero? Mi nascondi qualcosa?
-Jess è lì?
-come?!
-Jess è da te?
-no, credevo che fosse a Los Angeles!
-si è fatto vivo? Ti ha chiamato o altro?
-No. Jimmy, dimmi che sta succedendo.
-stai tranquillo…
-non dirmi di stare tranquillo! Mi telefoni di sera chiedendomi se ho una vaga idea di dove si trovi tuo figlio! Ti rendi conto che non posso stare tranquillo?
-ascolta Luke, vedi… la settimana scorsa Jess ha avuto un piccolo incidente e…
-un incidente? Quale? Come sta?
-lasciami finire. Il ragazzo ha avuto dei problemi…
-Jimmy! Piantala di girarci intorno!
-ok. Jess ha avuto dei problemi con la droga. A quanto pare ne faceva uso e pochi giorni fa è stato ricoverato per overdose. Fortunatamente adesso sta bene.
-e tu che ne sai? Non è lì con te! Cosa è successo?
-dopo essere uscito dall’ospedale è stato con me per un paio di giorni, poi è sparito. Mi ha lasciato un biglietto in cui diceva che doveva mettere ordine nella sua vita e non poteva farlo con me.
-oh
-già. Non sono quello che può essere definito”un padre modello”.
-assolutamente no.
-quindi ho pensato a te.
-qui non c’è. Hai provato a New York, da Liz?
-non è nemmeno lì.
-lei cosa ha detto?
-che ha diciannove anni ed è in grado di cavarsela da solo.
-non posso crederci! È incorreggibile!
-Luke, se dovesse venire da te…
-gli farò una bella predica. Droga… come gli è venuto in mente di… poteva morire!
-lo so. Mi sono spaventato molto e anche Shane.
-perché l’ha fatto? Perché si drogava?
-non lo so, Luke. Aveva un lavoro, una casa, degli amici forse. Mi sembrava che stesse bene dopotutto. Invece…
-come potevi saperlo? L’hai fatto sentire indesiderato! Lui aveva lasciato Stars Hollow per stare insieme a suo padre e tu come l’hai ripagato? Non mi meraviglio che con due genitori come te e Liz quel ragazzo sia uno sbandato!
-lo so Luke. Mi sento uno straccio per questo, ma è più forte di me.
-non dirlo! Non voglio nemmeno ascoltarti! Senti, se per caso avessi notizie di lui avvisami.
-certo Luke. E tu fa lo stesso.
-certo.
-Luke?
-che c’è ancora?
-Ho parlato con un suo amico. Jess faceva uso di droghe, ma non molta.
-che significa?
-quel ragazzo mi ha detto che negli ultimi tempi era un po’ giù di morale, forse aveva dei problemi.
-cosa stai cercando di dirmi?-gli chiese terrorizzato.
-potrebbe essere stato un tentativo di suicidio.
Luke si sentì venir meno: -perché non me l’hai detto prima?
-Mi sembra un’ipotesi assurda.
-anche a me. Ciao Jimmy.
-ci sentiamo.
Luke lasciò cadere la cornetta, mentre Lorelai lo guardava basita: il suo sguardo era a dir poco sconvolto: la guardava con gli occhi lucidi e smarriti, in piedi, immobile, appoggiato alla parete. La donna lo aiutò a sedersi e rimasero in silenzio per alcuni minuti, finché lui le disse chi era al telefono.
-Jimmy? Il padre di Jess?- chiese confusa –cosa voleva?
-Jess ha avuto dei problemi.
-oh
-overdose. Ha tentato il suicidio.
Lorelai rimase senza parole, mentre le lacrime cominciavano a scendere dai suoi occhi: -oh, mio Dio!
-sta bene, è stato ricoverato in tempo, ma ha lasciato Los Angeles e nessuno sa dove sia. Jimmy credeva che fosse qui.
-Forse sta venendo…
-forse si è buttato giù da un ponte, Lorelai. E nessuno può aiutarlo.

Il viaggio verso Hartford fu molto silenzioso: Lorelai cercava di prepararsi psicologicamente a quella festa che aveva odiato dal primo momento; Rory non aveva voglia di parlare di nulla. Una volta arrivate alla tenuta dei Gilmore entrambe erano rimaste stupefatte dalla festa in grande stile organizzata da Emily: buffet, vini di ogni genere, un’orchestra… per non parlare delle persone! Decine e decine di invitati, e molti di loro non sapevano nemmeno chi fossero; la nonna aveva organizzato la cerimonia dell’anno, non una festa di bentornata e ciò la faceva veramente imbestialire. Avrebbe preferito una cena in famiglia, non un galà. Le furono presentati tantissimi importanti personaggi del paese, soci del country club, vecchi amici del nonno, ma non le importava nulla di nessuno di loro. Sua madre aveva trascorso la maggior parte del tempo seduta ad un tavolo, un calice in mano e lo sguardo saltellante da una testa all’altra; dalla sera precedente, dopo essere tornata a casa dal locale di Luke, era molto strana, o almeno più del solito e lei si chiedeva cosa fosse successo. Quando era rientrata aveva lo sguardo triste e gli occhi leggermente arrossati; aveva detto che era colpa del vento e che un moscerino le entrato in un occhio, ma Lorelai aveva l’auto.
Dopo un’ora di sorrisi forzati e presentazioni, Rory si era rintanata nella sua stanza al piano di sopra: il poster degli N-sync risaltava sulla parete chiara, i fiori freschi profumavano e luce fioca dell’abat-jour rendeva l’atmosfera meno triste del suo animo. Si sedette sul letto dicendosi che sarebbe rimasta lì solo per dieci minuti, poi avrebbe ripreso la fiera dell’ipocrisia. Sul comodino trovò un libro e cominciò a sfogliarlo, ma improvvisamente qualcuno bussò alla sua porta; indecisa se far finta di nulla o rispondere, una voce la chiamò dall’esterno.
-Rory, so che sei lì. Ti ho vista entrare poco fa.
-Accidenti!- disse a bassa voce, mentre si dirigeva verso la porta. Rimase di stucco nel vedere la persona che l’aveva chiamata. Non si aspettava certo di ritrovarlo a casa dei suoi nonni, ad una stupida festa e soprattutto ad Hartford. Era passato moltissimo tempo dall’ultima volta che si erano visti e aveva quasi dimenticato il fatto che lui esistesse.
-non sembri contenta di vedermi…- si lamentò entrando nella stanza e lasciandola immobile al fianco dello stipite.
-no, è solo che non sapevo che fossi tornato… -rispose prendendo nuovamente possesso delle sue facoltà.
-sei cresciuta, sei molto più carina di qualche anno fa, Mary- disse il ragazzo col sorriso sulle labbra.
-il lupo perde il pelo, ma non il vizio, vero Tristan?- aggiunse Rory chiudendo la porta e dirigendosi nuovamente verso il centro della stanza, dove, in piedi, il ragazzo la stava guardando con insistenza.
-è solo un complimento, non ti scaldare. Non vedo il tuo ragazzo… ha deciso di abbassare la guardia?
-io e Dean non stiamo più insieme, se è a lui che ti riferisci -rispose con freddezza.
-scherzi? Credevo che fosse l’uomo della tua vita, quello che avresti sposato, il solo ed unico!- disse trionfalmente.
-piantale di fare di l’idiota.
-se tu e lui non state più insieme, allora c’è un altro?
-non più.
-oh. Allora sbaglio a chiamarti ancora Mary. A quanto pare ti sei data da fare ultimamente…
-questo non mi sembra un complimento…- disse Rory fulminandolo con gli occhi.
-non era quello che intendevo… a quanto pare io non ero adatto a te, dato che mi hai scartato a priori…- si corresse con tristezza.
-non era il nostro momento, Tristan.
Il ragazzo si avvicinò a lei e le sussurrò in un orecchio: -e adesso, credi che sia arrivato quel momento?
Rory si guardò intorno confusa: poteva essere quella l’ennesima occasione per cercare di dimenticarlo? Forse Tristan poteva diventare più di lui, prendere il suo posto, forse era quello che cercava, ciò di cui aveva bisogno. Potevano cominciare con l’uscire insieme, poi il tempo avrebbe fatto la sua parte. Il suo profumo era buono, diverso da quello di Jess, diverso da quello di Dean, diverso da quello di tutti gli altri ragazzi: era da bravo ragazzo e da ribelle insieme, intrigante e le piaceva. Le era sempre piaciuto e anche il primo e unico bacio che si erano scambiati le era piaciuto e riusciva ancora a ricordarlo. Una seconda chance era ciò di cui avevano bisogno.
-dimmelo tu…-disse maliziosamente.
-io credo di sì- le sorrise avvicinandosi alle sue labbra e baciandola teneramente.
Il suo sapore non era cambiato e nemmeno la sua dolcezza. Rory si strinse a lui e accarezzò i suoi capelli: un gesto che faceva involontariamente da anni con tutti suoi ragazzi e iniziato proprio con Jess.
-hai fumato…- sussurrò.
-non sono mai stato un bravo ragazzo…
-e la scuola militare?- gli chiese sciogliendosi dall’abbraccio e sedendosi sulla sponda del letto, mentre Tristan restava in piedi di fronte a lei.
-ho detto a mio padre che non avrei commesso gli stessi errori…
-e lui ti ha creduto?
-dopo un paio d’anni… adesso frequento Harvard. Credevo di incontrarti lì.
-alla fine ho deciso per Yale.
Continuarono a parlare fino a quando Rory si rese conto che erano quasi le sette. Scesero al piano di sotto, dove gli ospiti si erano quasi dimezzati e la nonna aveva un diavolo per capello.
-dov’eri finita! Ti ho cercato per almeno mezz’ora!
-scusa nonna, ma ho incontrato quest’amico della Chilton e abbiamo cominciato a parlare e…
Emily diede uno sguardo al ragazzo al fianco della nipote e cercò di ricordare chi fosse, quando lui si presentò: -Tristan DuGray, signora Gilmore.
-oh, certo! DuGray! Sono felice di conoscerti, caro. Non ricordavo che John e Margherite avessero avuto un figlio alla Chilton! Beh, se le cose stanno così, non c’è nessun problema cara. Continuate pure a parlare!- aggiunse con un enorme sorriso di soddisfazione e tornando dai suoi amici. Tristan, in quanto figlio di altolocati, non era un problema per la nonna, nonostante non fosse il bravo ragazzo che lei credeva. Il resto della serata continuò tranquillamente e Rory fu felice di averlo rincontrato. Prima di andarsene le diede un altro bacio, simile al primo, ma più passionale e le lasciò il suo numero di telefono; “chiamami” le aveva detto prima di lanciarle un ultimo splendido sorriso e salire in macchina con i suoi genitori.
-Tristan?- le chiese Lorelai al ritorno a Stars Hollow.
-esatto
-quel “Tristan”?
-ti ho detto di sì. È stato molto gentile e non è per nulla cambiato…- disse col sorriso sulle labbra.
-e questo è un bene, vero?- le chiese notando l’aria felice della figlia.
-già. Mi ha detto di chiamarlo.
-lo farai?
-credo di sì. Tu cosa mi consigli?- le chiese. Erano mesi che non chiedeva un consiglio a sua madre e quella domanda in quel momento suonava strana ad entrambe. Avevano perso l’abitudine di essere le amiche che erano sempre state, ma quell’estate si preannunciava riparatoria, almeno per Lorelai.
-beh, una Gilmore che si rispetti lo farebbe cuocere a puntino, diciamo un paio di giorni.
-ok, lo chiamo lunedì sera. Gli chiederò di uscire e vedrò se mi ha aspettata di fianco al telefono…- affermò sorridendo, supportata da quella sadica di sua madre.
-un caffè da Luke?- chiese.
-beh…- tentennò Lorelai –è tardi, forse ha chiuso.
-una porta sprangata non ti ha mai fermato… soprattutto se è quella di Luke!
-lo so, ma sono stanca tesoro, questa è stata una giornata pesante.
-hai ragione- rispose Rory perplessa: nemmeno la stanchezza era mai stata un ostacolo al bisogno impellente di caffè. Forse il suo strano comportamento aveva a che fare proprio con Luke.

-Ciao Lorelai!- la salutò Luke vedendola entrare nel locale –Rory?
-ciao! Lei è a casa.
-e sta bene?
-così sembra.
-caffè?- le chiese Luke cercando di portare la conversazione verso la normalità.
-certo, doppio.
-è successo qualcosa?
-Non so se dire a Rory di Jess- rispose abbattuta.
-potrei farlo io…
-no, è compito di sua madre. Ho paura della sua reazione. Mi sembra che abbia messo da parte quel ragazzo… da un paio di giorni sta uscendo con un suo vecchio compagno del liceo e… non vorrei turbare questa serenità!
-capisco, ma la cosa migliore da fare è dirglielo, Lorelai. Se Jess tornasse veramente qui…
-lo so. È che nel profondo del mio cuore spero che lui stia bene e che sia da qualche altra parte, che non gli passi nemmeno per l’anticamera del cervello di venire a Stars Hollow e che Rory non debba mai sapere cosa gli successo.
-purtroppo Jess è imprevedibile e nessuno può sapere se verrà o meno- le rispose passandole un bicchiere di caffè.
-grazie. Vedi, prima di uscire ho provato a dirglielo…
-e allora?
-non ce l’ho fatta. Poi è arrivato quel ragazzo… Credo che riproverò a parlarle più tardi.
-sarà difficile, ma è la cosa migliore. Ci sono stati troppi malintesi e troppe sofferenze per essere scappati o essersi tirati indietro di fronte ai problemi- disse in riferimento alla fuga di Jess. Lorelai assentì, finì il caffè e uscì di corsa dal locale.

to be continued...



la prox puntata vi lascerà sulle spine!!

Edited by Phi Phi - 24/2/2004, 10:58
 
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Phi Phi
view post Posted on 25/2/2004, 19:57




4° episodio



Dopo pranzo Rory aveva ricevuto una telefonata da Tristan. Il ragazzo sembrava molto interessato a lei e dal giorno della festa si erano visti quasi tutti i giorni. Nelle ore che trascorrevano insieme riusciva a dimenticare completamente tutti i problemi che l’affliggevano e anche Jess sembrava lontano anni luce: era proprio quello il momento che stava aspettando.
-sai, siamo proprio una bella coppia- disse Tristan passando davanti ad una vetrina e vedendovi riflessa la loro immagine.
-tu credi?
-l’ho sempre pensato e adesso ne ho la conferma- le disse posandole un leggero bacio sui capelli, mentre Rory sembrava ipnotizzata dalle loro figure ancora riflesse nel vetro. Tristan aveva ragione: stavano bene insieme, lui era molto carino, dolce, spiritoso, e sua nonna lo adorava. I DuGray erano un’ottima famiglia e il fatto che lei uscisse col loro unico figlio le riempiva il cuore di gioia.
La nonna aveva odiato Jess ancora prima di conoscerlo.
-ti senti bene?-le chiese accorgendosi del suo sguardo assorto; -pensavi ancora a quel passato del quale non mi vuoi parlare, vero Mary?
-Rory, Tristan! Non chiamarmi Mary, non lo sopporto- rispose la ragazza allontanando lo sguardo dalla vetrina e cominciando a camminare in direzione di casa sua.
-Hey! Scusa. Stavo solo scherzando- cercò di riparare il ragazzo. In un primo momento aveva creduto che Rory fosse libera, che non ci fosse nessuno nel suo cuore, ma più passavano i giorni, più si rendeva conto che un macigno l’aveva completamente occupato e rimuoverlo sembrava un’impresa impossibile. Lei si rifiutava di parlarne, era chiusa nel suo guscio e ciò aveva un solo significato: le faceva ancora male. Eppure lui ce la stava mettendo tutta per far sì che dimenticasse quel ragazzo. Era certo che non si trattasse di Dean, l’aveva capito durante il loro primo incontro alla festa dai Gilmore. In effetti non gli era mai sembrato che ciò che c’era tra loro sarebbe stato particolarmente importante. Chi allora? Un altro bravo ragazzo di quella piccola cittadina? Qualcuno di Yale? Rory Gilmore era incredibilmente cambiata dai tempi del liceo e non solo fisicamente, dato che era incredibilmente diventata più bella di quanto già fosse. Era più sicura di se stessa, risoluta, meno timida ed indecisa. Sembrava che nulla la scalfisse e nulla la intrigasse come un tempo. L’ingenuità era scomparsa dai suoi occhi, riempiti ora da veli di tristezza. A volte credeva che i suoi sorrisi fossero falsi, di circostanza, altre lo faceva sentire al centro della terra. Aveva sofferto, questo era palese. Ma la Rory di un tempo si sarebbe aperta, gli avrebbe detto tutto alla prima richiesta. La nuova Rory si teneva tutto dentro e prima o poi sarebbe esplosa.
-lo so, scusami- gli rispose dopo una paio di metri.
-non importa. È che a volte ti sento così lontana…- le disse stringendola a sé.
-non preoccuparti, è solo un po’ di mal di testa.
-vuoi che ci fermiamo da qualche parte? Ti prendo qualcosa da bere o da mangiare?
-no, forse è meglio che vada a casa. Mi faccio una doccia e mi riposo un po’. Più tardi devo incontrare mia madre da Luke, dice che la sto trascurando…- cambiò discorso.
-colpa mia?- chiese Tristan col sorriso sulle labbra.
-direi proprio di sì. Accompagnami a casa.
-certo!-le rispose stringendole la mano.
-allora questo week-end sarai via con tuo padre?
-non ci voglio pensare! Quarantotto ore solo con lui… un incubo!
-non dire così!- sorrise la ragazza- imparerai qualcosa sul suo lavoro. Dopo tutto sarai tu a prendere il suo posto all’interno dell’azienda, no?
-già.
-non mi sembri felice.
-certo che lo sono: l’azienda è l’unica cosa positiva che mi trasmetterà.
-sei troppo severo con lui: ti ha permesso di studiare, è passato sopra tutti i guai che hai combinato… ci sono persone abbandonate dai genitori quando erano ancora in fasce, altre che non li hanno nemmeno conosciuti!
-ok, so che c’è chi sta peggio, puoi chiudere qui il tuo elenco, Rory.
-bene. Sono arrivata- disse indicando la casa davanti ai loro occhi.
-esatto. Allora…
-allora…
-ci vediamo quando torno… se sarò ancora vivo!
-sii positivo!- lo incoraggiò –mi chiamerai?
-ad ogni ora!- disse dandole un bacio.
-una telefonata al giorno basterà.
-sento già la tu mancanza… forse non dovrei partire!- aggiunse trovando una ridicola scusa che la fece sorridere.
-piantala! Non fuggire anche tu davanti alle situazioni!- disse sorridendo, senza rendersi conto di aver pronunciato quelle parole.
-“Anche tu”?- le chiese Tristan incuriosito, mentre Rory si mordeva le labbra per l’errore commesso.
-sì, beh… i padri che abbandonano i figli fuggono davanti alle situazioni che non vogliono affrontare…
Il telefono di casa suonò e Rory tirò un sospiro di sollievo; -devo andare…
-salvata in extremis. Ci sentiamo questa sera! Ciao!
-ciao- disse appena la ragazza correndo in casa, mentre Tristan guardava la sua figura allontanarsi.

-Ciao Luke! Ho un impellente bisogno di… indovina cosa?
-non è difficile come indovinello, Lorelai - si lamentò l’uomo continuando ad asciugare una tazza.
-stai dicendo che sono diventata una donna prevedibile? Accidenti! Deve essere questo il motivo per cui non riesco a trovare un marito!
-oh, non credo, fidati. Ecco il tuo caffè- disse riempiendole la tazza –e non pensarci.
-cerchi di distrarmi dalle mie tragedie?- chiese sorseggiando la sua bevanda preferita e guardando al contempo Luke.
-affatto, tu ordini e io ti accontento: è la legge dei ristoratori. Parlerai a tua figlia più tardi?
-questa è l’intenzione. Spero di farcela stavolta.
-andrà bene. Ma che diavolo è questo fracasso!- urlò nell’udire del rombo di un motore.
-una botta di vita!- esultò Lorelai guardando fuori dal locale e vedendo una moto ferma davanti alla porta. L’amico uscì e lei lo seguì, pronta a non perdersi per nulla al mondo Luke inveire contro un povero motociclista, mentre Taylor era già pronto a chiamare la polizia.
-hey, tu! Stai facendo troppa confusione davanti al mio locale, disturbi i clienti! –gli abbaiò, mentre il ragazzo spegneva il motore con calma.
-il locale è vuoto…- disse da sotto il casco, mentre Luke gli indicava Lorelai dietro alle sue spalle.
-bella moto!- disse la donna guardandola con attenzione.
-grazie.
-potrei farci un giro? Sono anni che non lo faccio!- esclamò euforica, mentre il ragazzo si toglieva il casco, lasciandola basita.
-la richiesta è ancora valida, Lorelai?- le chiese, mentre sia lei che Luke ammutolivano.
-Jess?- disse incredulo lo zio guardando il ragazzo alzarsi dalla sella. Rimasero entrambi scioccati nel vederlo: i jeans strappati, la giacca di pelle, il suo immancabile borsone militare, la barba incolta. Jess avanzava verso i due ancora paralizzati davanti all’ingresso del locale, mentre mezza Stars Hollow li guardava dalle finestre e dalle strade.
-i soliti ficcanaso- disse il ragazzo entrando, seguito da un Luke infuriato e trascinante una sconvolta Lorelai.
-che diavolo ci fai qui, Jess? Sei scomparso improvvisamente, tuo padre si è preoccupato!
-Jimmy non si è mai preoccupato per nessuno ad eccezione di se stesso in tutta la sua vita, Luke.
-beh, dopo quello che è successo è normale.
-come?- chiese Jess sperando che Jimmy non gli avesse raccontato nulla di ciò che era accaduto.
-lo sai benissimo, Jess. Come diavolo ti è venuto in mente di fare uso di droghe, sei impazzito?! Quella roba poteva ucciderti! È possibile che tu non sia capace di stare lontano dai guai? Dì un po’, perché sei tornato qui? Non ti è bastato ciò che hai fatto l’anno scorso? Vuoi scatenare qualche altra rissa?
-zio Luke…
-non interrompermi, Jess! Ero solo contro tutti quando sei venuto qui e se questa gente sapesse cosa hai combinato in California ti farebbe lapidare vivo! Cosa vuoi ancora da me? Te ne sei andato per seguire tuo padre, senza un diploma, senza un lavoro… e cosa hai concluso? Non puoi fare sempre i tuoi comodi, è ora che tu cresca e ti assuma le tue responsabilità!
-è ora che io cresca?! Se c’è una persona che è cresciuta troppo in fretta su questo pianeta, quella sono io! E non venirmi a fare la predica, sono maggiorenne da un pezzo!
-allora che ci fai qui?-gli chiese sospirando. Le sue parole erano state dure, forse troppo, ma in quel momento la rabbia e la preoccupazione avevano preso il sopravvento; averlo in piedi al centro del locale, vedere che era vivo, lo sollevava. Conosceva benissimo il motivo che aveva spinto il ragazzo ad affrontare un viaggio in moto dalla California, ma voleva sentirlo dire della sua bocca, voleva capire se era veramente ciò che voleva.
-Luke si preoccupa per te- gli disse Lorelai, ancora in piedi al fianco dell’amico- e non puoi biasimarlo. Eravamo in pensiero per te…
-dì un po’, zio, a chi altri l’hai detto? –gridò in preda alla collera-Non sapevo che avessi diritto di confidare agli altri i fatti miei!
-non è come credi Jess…- iniziò Luke.
-ah, no? Allora dimmi perché ti sei sentito in dovere di raccontare a Lorelai e chissà a chi altro che avevo avuto qualche piccolo problema?
-e tu un tentativo di suicidio lo chiami “piccolo problema”?- disse involontariamente Lorelai, lasciando Jess senza parole, immobile al centro del locale, con lo sguardo fisso su un punto indefinito della parete dietro Luke.

-Ciao Papà!
-come sta la mia figlia maggiore?- chiese Christopher dall’altro capo del telefono.
-sto bene. Sono tornata a casa la settimana scorsa.
-tu madre sarà al settimo cielo!
-credo di sì.
-che significa “credo”? conosco Lorelai e non c’è cosa che la entusiasmi più che averti a casa!
-è solo che negli ultimi giorni mi è sembrata strana, preoccupata…
-forse è solo stanca, il Dragon Fly è un’attività impegnativa e, anche se non sembra, è un essere umano…
-hai ragione- rispose la ragazza guardandosi intorno e notando diversi gruppi di persone ferme per strada a confabulare.
-dove sei, piccola? Sento dei rumori…
-sto andando da Luke. Qui fuori c’è un sacco di gente, forse è arrivato qualcuno da fuori…- disse con derisione nei confronti delle pettegole provinciali della città.
-nulla passa inosservato dalle vostre parti…- aggiunse il padre, mentre Rory restava in silenzio di fronte alla vetrina di Luke.
-hey, ci sei ancora?
-ehm, sì… scusa, ma adesso devo andare. Salutami Shelly e la piccola, ok? Ciao!- disse riattaccando senza nemmeno aspettare la risposta del padre. Quasi non riusciva a credere ai suoi occhi: ora capiva il motivo di tutta quell’agitazione. Davanti all’ingresso c’era parcheggiata una moto di grossa cilindrata e nel locale vedeva Luke e Lorelai discutere animatamente con qualcuno, un ragazzo che, nonostante fosse di spalle, sarebbe stato impossibile non riconoscere. Era Jess, ne era certa. Aveva dei vestiti smessi, ma era sicuramente lui, lo riconosceva dal portamento e dai suoi capelli. Che cosa avrebbe dovuto fare? Dall’altra parte della strada Miss Patty e Taylor continuavano a fissarla aspettando una sua mossa. Era troppo tardi e anche Luke l’aveva vista: non poteva fuggire, non doveva comportarsi come Jess, quindi respirò a fondo ed entrò: tanto prima o poi avrebbe dovuto incontrarlo. Appena varcata la soglia respirò l’atmosfera pesante: Lorelai impallidì nel vederla, mentre Luke respirò rassegnato.
-tesoro…- riuscì difficilmente a dire, mentre il ragazzo si voltava verso di lei. Rory deglutì a fatica: quello non era il vecchio Jess: era diverso, sembrava appena tornato da una guerra, era come se avessero appena finito di picchiarlo; la solita aria strafottente su un volto sciupato dove gli occhi, incredibilmente tristi, risaltavano più di quanto avessero mai fatto.
-Jess?- disse, mentre il ragazzo che prima era in silenzio, tornava alla ribalta.


continua...
 
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Phi Phi
view post Posted on 25/2/2004, 20:41




questa puntata sarà una cosa moooolto dolorosa x voi ma alla fine....


5° episodio


-bene! Rory! Che bella riunione di famiglia!- esclamò- che ci fai qui? Sei venuta anche tu a dirmi che eri preoccupata, che sono un idiota e che ho sbagliato tutto della mia vita?! Avanti, dimmi il tuo giudizio: manchi solo tu!
-Jess…io non so di cosa stai parlando…
-ah, no? Smettila di fare finta di niente… vuoi farmi credere che tua madre, la tua migliore amica, non ti ha detto nulla di me? Che non abbia colto l’occasione per farmi a pezzi?
-Jess, davvero…
-davvero non ti ha detto nulla di tutto questo?!- gridò scoprendosi le braccia e mostrando a Rory i segni degli aghi delle siringhe, diversi cerotti e alcuni tagli fatti, probabilmente, con una lametta. Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime alla vista di quella braccia, ma non pianse, limitandosi a guardare Jess cercando di capire cosa gli fosse successo in quei dodici mesi lontano da Stars Hollow. E fu specchiandosi nei suoi occhi blu, che lui capì di aver commesso, per l’ennesima volta, un grave errore: Rory non ne sapeva veramente nulla.
-non sarei dovuto venire qui- disse quasi in un sussurro, coprendosi le braccia e riafferrando il suo borsone.
-non mi hai ancora detto perché sei venuto…- gli ricordò lo zio.
-pensavo che fosse la cosa giusta- rispose dandogli le spalle.
- sarebbe più giusto dire che avresti bisogno di uno psicologo…
-Io avevo bisogno del tuo aiuto, zio Luke - disse voltandosi un istante per guardarlo negli occhi e imboccando nuovamente l’uscita. Mise velocemente in moto e, senza nemmeno indossare il casco, fuggì. Ancora.
Rory era rimasta immobile per tutto il tempo, in piedi, di fianco alla porta; aveva sentito un brivido freddo mentre Jess l’attraversava per uscire e riusciva ancora a sentirne l’odore. Cercò di trattenere le lacrime in attesa che sua madre o Luke le dessero una spiegazione a tutto ciò che era successo.
-credo che sia meglio sedersi- disse Luke scostando una sedia da sotto un tavolino.
-sto bene qui- rispose la ragazza, gelida –allora, cosa ci faceva Jess qui e perché stavate litigando?
-vedi tesoro, la scorsa settimana Jimmy ha chiamato per dire a Luke che Jess era sparito e sperava che fosse venuto qui a Stars Hollow.
-quindi tu lo sapevi?- chiese rivolta alla madre, la quale fece un cenno di assenso con la testa. A Rory fu praticamente impossibile non farsi sfuggire una risata: -e non mi hai detto nulla…
-mi dispiace tesoro, ci ho provato, ma…
-ci hai provato?! Era così difficile dirmi che c’era la remota possibilità di trovarmelo davanti agli occhi all’improvviso?!
-non è solo per questo…- disse abbassando lo sguardo, mentre la figlia si ripensava alle ferite di Jess.
-è per quei segni? Cos’è successo, mamma? Luke?
-Jess ha avuto qualche problema e … non sappiamo perché, ma ha cercato di… lui voleva…
-voleva uccidersi- concluse Luke di fronte alla difficoltà di Lorelai.
-cosa?
-faceva uso di sostanze stupefacenti ed è stato ricoverato d’urgenza in ospedale per overdose… -aggiunse cercando di essere più esauriente possibile, pur sapendo che Jess lo avrebbe odiato per quello.
-non può essere possibile… Jess non lo farebbe mai!- disse più per convincere se stessa che altri. Jess aveva desiderato di morire e aveva provato a farlo: per lei era assolutamente inconcepibile. Nonostante le mille difficoltà che aveva dovuto affrontare, nonostante la mancanza del padre o della madre, gli era sempre piaciuto vivere, divertirsi. Il Jess che conosceva non avrebbe mai voluto uccidersi. Cosa lo aveva spinto ad un gesto così estremo? Tutte quelle ferite, i buchi delle siringhe, i tagli… perché si era fatto del male in quel modo? Sembrava volersi autoinfliggere qualche punizione, perché voleva soffrire? si chiese mentre correva in bagno per rimettere. Lorelai si lanciò verso al toilette, ma Rory si era chiusa a chiave e non poteva fare nulla per lei, se non sentire i conati della ragazza. Quando uscì il suo volto era rosso, gli occhi ancora lucidi e sprezzanti; camminò oltre la madre, la quale la pregava di fermarsi e le chiedeva come si sentiva, e Luke, che non accennava a muoversi: sembrava avesse perso l’abilità di risolvere i problemi, o forse semplicemente voleva evitarli, esattamente come aveva evitato Jess.
-perché non mi avete detto nulla?- chiese prima di uscire dal locale.
-tesoro…
-smettila di chiamarmi “tesoro”! non voglio più sentirlo! Avevo il diritto di sapere cosa gli era successo, ma tu hai preferito proteggermi, o sbaglio?- disse enfatizzando la parola”proteggermi”.
-Rory, tua madre non sapeva come dirtelo- si intromise Luke.
-non dire nulla, Luke. Non ho intenzione di ascoltarvi ancora. Avete sbagliato entrambi, non ascolterò altre giustificazioni- disse uscendo anch’essa dal locale e lasciando sua madre in lacrime tra le braccia di Luke.
La folla di curiosi era rimasta tutto il tempo per strada e non accennava ad andarsene.
-cosa è successo, tesoro?- le chiese Miss Patty, seguita da Taylor e Babette.
-nulla che la riguardi, miss Patty - rispose freddamente continuando a camminare velocemente.
-scusa cara? Credo di non aver capito…- chiese nuovamente meravigliata dall’atteggiamento della piccola Rory.
-ho detto che non sono affari suoi, tanto meno del resto degli abitanti di questa città, quindi fate sgomberare tutti. Lo spettacolo è finito.
-ma abbiamo visto Jess prima e ci chiedevamo se…
-Jess è passato per salutare Luke- disse entrando nell’auto di sua madre e mettendo in moto –ora se volete scusarmi…- concluse partendo a razzo, lasciando attonita la cittadina di Stars Hollow, incapace di credere che quella fosse davvero la dolce Lorelai Leigh Gilmore.

Quella situazione era assurda, non si capacitava del fatto che Lorelai, sua madre, quella che era stata la sua migliore amica per un’intera vita, le avesse nascosto la verità su Jess. Una verità che seppur dolorosa, lei avrebbe voluto conoscere. Se fosse stata avvisata, non l’avrebbe lasciato fuggire, lo avrebbe fermato a costo di farsi investire da quella stessa moto. Conosceva bene Jess e sapeva che se era tornato, significava che aveva bisogno di aiuto, soprattutto dopo quello che era successo. Era pronta a mettere da parte tutto l’odio nei suoi confronti per far sì che tornasse il ragazzo di una volta, che dimenticasse gli accadimenti dell’ultimo anno. Guidava da quasi mezz’ora ed aveva appena oltrepassato il cartello di Hartford: aveva spinto troppo l’acceleratore. Improvvisamente si sentì mancare il respiro, mentre la vista si appannava; la tenuta dei nonni distava pochi metri e decise di fermarsi da loro. Parcheggiò davanti all’ingresso, prese le chiavi dalla borsa e aprì la porta. Come ben sapeva la casa era deserta, poiché sia Richard che Emily erano partiti per motivi di lavoro del nonno e non sarebbero tornati prima di un paio di giorni. Entrò nella sala da pranzo, dove il tavolo era ornato elegantemente con un vaso di fiori che la nonna doveva aver cambiato la mattina stessa prima di partire, e accarezzò con le dita lo schienale di ogni sedia soffermandosi su quella che aveva occupato lui quando l’aveva invitato a cena dalla nonna. “una pessima serata!” ricordò. Non gli aveva creduto, aveva preferito pensare che fosse stato lui a litigare con Dean e non il contrario. L’aveva sicuramente ferito. Lasciò la sala e si diresse verso lo studio del nonno. L’odore acre dei libri l’assalì appena varcata la soglia e Rory respirò a pieni polmoni quel profumo che adorava. Richard aveva lasciato sulla scrivania un bicchiere vuoto e, annusandolo, capì che aveva contenuto del brandy. Accanto al bicchiere c’erano diversi libri sparsi in disordine; la ragazza lesse ogni titolo e si soffermò su un testo antico di Hemingway. Nonostante gli sforzi non riusciva a capire come Jess potesse amare quello scrittore. Andò verso la poltrona in pelle e vi si sedette; fu stringendo al petto il libro del nonno, che finalmente, pensando a Jess, riuscì a piangere. Ogni pensiero nei suoi riguardi, ogni ricordo della loro vita insieme, le faceva scorrere fiumi di lacrime, mentre i singhiozzi riecheggiavano tra le parete vuote della stanza.
Quando si svegliò il giorno dopo il sole era alto nel cielo. Diede una rapida occhiata all’orologio a pendolo e si rese conto che erano le tre di pomeriggio. La sera prima aveva pianto fino a notte fonda, ricordava di aver udito il canto della civetta prima di chiudere gli occhi; tra le mani continuava a stringere Hemingway. Aprì il libro in una delle prime pagine e sorrise quando lesse che le esperienze che aveva vissuto, avevano lasciato un segno indelebile nella sua personalità: forse a Jess piaceva poiché avevano delle cose in comune; anche la sua vita l’aveva segnato profondamente, ma quando arrivò al punto in cui era scritto che E. H. era morto suicida le si gelò il sangue nelle vene. Richiuse in fretta il vecchio volume e cercò di alzarsi, barcollando per la stanchezza. Dopo aver riposto l’opera si accorse di essere affamata e di aver un terribile mal di testa, quindi si diresse verso la cucina e aprì il frigorifero in cerca di provviste. Mangiò un panino e ingerì un’aspirina, prese la borsa dall’ingresso e andò nella sua stanza per riposare in attesa che l’emicrania sparisse. Aprendola vide che il cellulare indicava diverse chiamate non risposte e alcuni messaggi in segreteria: erano tutti di sua madre. Lo spense definitivamente e si stese sul letto. Non aveva voglia risentirla, voleva solo riposare e pensare a una soluzione.

-calmati Lorelai!
-calmarmi!? Mia figlia è sparita da quaranta sei ore e ventisette minuti e io dovrei calmarmi?!-gridò Lorelai in preda ad una crisi di panico.
-non è sparita, ti ha chiamato ieri sera e ti ha detto che sta bene, ma è arrabbiata con noi e non vuole vederci- rispose Luke cercando di nascondere la delusione nei confronti di se stesso. Persino Rory lo giudicava per il suo comportamento nei confronti di Jess e non aveva tutti i torti. La donna si tuffò nella terza tazza di caffè in quindici minuti e cercò di riprendere il controllo delle sue facoltà.
-riuscirà mai a perdonarmi?- si chiese.
-l’ha già fatto. Vedrai che tra un po’ arriverà e tutto tornerà come prima.
-non prendermi in giro, Luke. Sono mesi che le cose vanno male tra noi e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
-ok, forse ci vorrà un po’ di tempo…- rispose pensando ad altro. Lorelai notò il suo sguardo assorto e capì che anche lui era molto in pena per il nipote: -si è fatto vivo?
Luke scosse la testa: -spero che stia bene. Avevo l’opportunità di riprendere i rapporti con lui, invece… sono stato un idiota.
-eri arrabbiato e le cose hanno preso una piega inaspettata nel momento in cui è arrivata Rory. Accidenti… ma l’hai vista? Di fronte a quelle braccia devastate e alle sue urla non ha avuto nessuna reazione di paura…
-forse in quel momento non si rendeva conto…
-forse, ma io al suo posto sarei scoppiata a piangere solo a vedere la faccia di Jess.
-intendi dopo quello che c’è stato tra loro?
-sì. Io a fatica mi trattengo quando vedo Chris… lei è diventata così forte. A volte mi spaventa.
-è cresciuta e se adesso è la donna che è… beh, è solo merito tuo, Lorelai.
-grazie- ripose la donna sorridendo, mentre la porta del locale si apriva.
-Rory?! –esclamò Luke quando la vide.
-Luke, mamma. Notizie di Jess?
-tesoro stai bene? Mi hai fatto preoccupare!- gridò Lorelai abbracciandola, mentre Rory se ne stava immobile tra le sue braccia.
-mamma, ti prego. Ti avevo chiamato- disse, quasi la stesse rimproverando per quell’infantilismo.
-sì, ma…
-allora Luke?
-no, non ha chiamato e non si è fatto vivo- rispose, sorpreso dall’espressione tranquilla della ragazza, la quale stava cercando qualcosa nella borsetta.
-tieni- disse appoggiando un foglietto azzurro sul bancone.
-cos’è? –chiese la madre leggendovi un indirizzo e un numero.
-il numero di telefono di Liz- rispose Luke al posto della ragazza riconoscendo l’ordine di cifre –come fai ad averlo?
-ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che Jess è a New York, o almeno era lì fino a qualche ora fa.
-sei andata a New York?!- chiese la madre.
-sì- rispose- ora tocca a te, Luke.
L’uomo la guardò con attenzione. La timida ragazzina era veramente scomparsa e al suo posto Yale stava formando una grande donna e futura giornalista di carriera, ne era certo. Lui non aveva minimente pensato che Jess potesse tornare da Liz. Rory gli stava offrendo l’occasione che aveva sprecato due giorni prima: poteva chiamare il nipote e offrirgli il suo aiuto, ma doveva sbrigarsi in fretta, perché la madre non lo avrebbe voluto tra i piedi ancora per molto. Sotto gli occhi di Rory e di Lorelai afferrò con decisione la cornetta del telefono, noncurante delle lamentele dei clienti che volevano la loro colazione, e compose a memoria il numero del biglietto.
-ehm, ciao. Sono Luke. Senti, Jess… so che sei lì e ho pensato che dopotutto preferirei saperti al piano di sopra, anziché con quella pazza di mia sorella… quindi, ti sto offrendo la possibilità di tornare. Ok, ho reagito male l’altro giorno, ma… ah, lasciamo stare. Jess se la richiesta di aiuto è ancora valida sai dove trovarmi. Ciao!
-Allora?- chiese Lorelai impaziente quando Luke riagganciò il telefono.
-c’era la segreteria- rispose.

L’aria fresca del mattino le accarezzò il volto, mentre gli occhi ancora assonnati si schiudevano gettando il primo sguardo al mondo di quel giorno. L’alba stava per concludersi e i colori rosati del cielo erano più suggestivi del solito; stirò gambe e braccia emettendo un leggero gemito e diede un’occhiata all’ora: le cinque e mezza. Gli ultimi tre giorni erano stati un inferno, ma si sentiva bene. Pensò a tutto ciò che era successo da quando era tornata a casa: le stranezze di sua madre, i litigi con Luke di cui tanto aveva sentito la mancanza, il ritorno di Tristan e tutto ciò che c’era stato tra loro, Jess, la sua fuga dal mondo rinchiusa a casa dei nonni, quel pazzo viaggio a New York. Non era la prima volta che presa da raptus folle andava nella Grande Mela a causa sua.
A proposito di Tristan… il weekend era finito e lui non si era ancora fatto vivo; stava quasi per arrabbiarsi, quando pensò all’eventualità che le avesse lasciato dei messaggi in segreteria. Si alzò e, una volta in salotto, vide una spia rossa lampeggiare furiosamente.
-hey!- sentì dopo aver schiacciato “play”- sono Tristan. Volevo dirti che sono appena arrivato e che avrei voglia di sentirti… ti ho chiamata al cellulare, ma non rispondi. Va tutto bene? Ti chiamo più tardi, semmai chiamami anche tu. Ciao!
-sono ancora io… non è che per caso hai perso il cellulare? Comunque è quasi mezzanotte, volevo solo sentirti prima di dormire, ma ci rinuncio! Buona notte!
-buon giorno! Ovviamente sono Tristan. Oggi sarò molto occupato con mio padre e non potrò chiamarti. Ho pensato che alle otto di mattina mi avresti risposto… mi illudevo! Si può sapere dove sei finita?
-ciao! Sono sempre io, sentivo la mancanza della tua segreteria telefonica… volevo dirti che torno domani pomeriggio, passo da te alle quattro, spero di trovarti… buona notte, piccola!
Rory si sentiva in colpa per essersi completamente dimenticata di lui, ma quelli non erano stati giorni facili per lei e Tristan era l’ultimo dei suoi pensieri. Ad ogni modo si sarebbero visti quello stesso pomeriggio e sarebbe bastato fare gli occhi dolci per farsi perdonare.
-buongiorno, tesor… Rory!- la salutò la madre correggendosi.
-ciao mamma. Come mai già sveglia?- chiese la ragazza sedendosi sul divano.
-sentivo delle voci e, credendo che fossero i nanetti di Taylor mi sono svegliata… invece eravate tu e lei- disse indicando la segreteria.
-già
-Tristan, eh?
-sì. Mi ha lasciato un sacco di messaggi, dovrei richiamarlo, ma torna oggi e ha detto che passerà da queste parti…
-è cotto…- affermò Lorelai sedendosi al fianco della figlia sbadigliando.
-mamma… torna a letto, è prestissimo.
-non preoccuparti, ormai sono sveglia. Come vanno le cose con lui?
-Tristan? Perché me lo chiedi?
-siete usciti spesso e mi è sembrato che…
-siamo solo usciti… non c’è nulla.
-è per…-cominciò vedendo quanto fosse restia Rory a parlare dell’argomento.
-no, mamma. Jess è un capitolo chiuso!- disse alzando la voce più di quanto avrebbe voluto.
-Oh. Ok -rispose la donna, mentre la figlia si alzava e andava in cucina.
-caffè?-chiese.
-oh… e se andassimo da Luke?
-è presto…
-ok- rispose Lorelai, sollevata dal fatto che nonostante la sua invadenza, d’altra parte voluta, Rory non se la fosse presa. Nel momento in cui era arrivato Jess aveva temuto il peggio, credeva che Rory fosse ancora innamorata di lui e cedesse ai suoi sentimenti, invece si era mostrata forte e l’aveva aiutato. Il suo coraggio l’aveva colpita: lei non era stata capace di capirlo, mentre la figlia aveva lasciato che si sfogasse e, impassibile, l’aveva ascoltato. Ricordava come se fosse ieri il giorno in cui aveva ricevuto il suo primo bacio da Dean: era così timida ed inesperta della vita!


continua....
 
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Phi Phi
view post Posted on 26/2/2004, 21:02




6° episodio!!!!


Negli ultimi quattro anni erano successe tante cose e Rory era maturata; e pensandoci bene aveva cominciato a cambiare proprio con Jess. Era stato lui a farla crescere più di ogni altro, lui le aveva tolto la spensieratezza e l’innocenza che aveva con Dean, lui l’aveva fatta soffrire e forse doveva essergliene grata perché se era diventata così forte era merito suo. Non che fosse un vero merito, ma mentre con Dean quell’amore era più infantile, meno coinvolgente, Jess le aveva dato una relazione a livello superiore. Con lui aveva affrontato i primi veri problemi di una relazione, che avevano impostato in modo diverso, più maturo e consapevole. Jess l’aveva spaventata: lui così esperto, pieno di problemi, una vita disorganizzata, senza strutture resistenti, senza padre, con una madre assente, l’animo ribelle, la tendenza al cacciarsi nei guai, strafottente… una delle poche persone capace di tenerle testa: un punto a suo favore. L’aveva studiato a fondo in tutto il periodo che aveva trascorso a Stars Hollow, dal suo arrivo fino alla sua ultima partenza. Inizialmente chiuso e restio ad ogni tipo di regola o compromesso; se n’era andato dopo aver ferito Rory durante l’incidente in auto. L’aveva odiato, ma si era resa conto che Jess se n’era andato per non ferirla di nuovo. Poi era tornato, dopo che lei era andata a New York per vederlo. Era tornato per lei. E finalmente avevano capito di essere innamorati e il loro momento era arrivato… tutto ciò che Jess aveva fatto fino a quel momento era stato per Rory e in sua funzione. Ma la comparsa di Jimmy l’aveva fatto sbandare un’altra volta e per suo padre aveva abbandonato tutto e tutti. Eppure non poteva essersene andato in California in cerca di uno sconosciuto solo per un fatto biologico… sentiva che c’era dell’altro e sentiva che aveva a che fare con la bocciatura a scuola. Lorelai lo capiva benissimo: spesso si era sentita quasi inadeguata ad una figlia così intelligente, sveglia; si era chiesta se aveva davvero meritato una tale fortuna. E se Jess avesse temuto di deluderla… poteva essere una delle ragioni ad averlo spinto ad andarsene, ad abbandonarla ancora una volta senza dirle nulla, non sapendo che Rory avrebbe sofferto più di quanto potesse immaginare.
-Il caffè è pronto!- gridò la ragazza dalla cucina, mentre l’aroma si diffondeva in tutta la casa.

-ora capisci perché sono così preoccupata!- continuò a lamentarsi Emily Gilmore seduta in una delle sedie del locale di Luke. Lorelai stava per morire d’infarto quando l’aveva vista varcare la soglia: sua madre frequentava posti assolutamente diversi da quello e non capiva cosa la spingesse all’ora dell’aperitivo a guidare fino a Stars Hollow.
-è sicuramente una tua impressione –rispose scocciata Lorelai continuando a morsicare le sue patatine fritte –sarà stata la tu cameriera…
-ti ripeto che il frigo era pieno prima che partissi e anche Richard ha notato qualcosa di strano nello studio… eppure non hanno rubato nulla!
-erano dei ladri affamati… -rispose la figlia sogghignando, mentre Rory faceva il suo ingresso nel locale; -amore! Guarda chi c’è?
-Nonna! Ciao! Come mai sei qui?- chiese incredula.
-cara, sapessi…- riprese a lamentarsi –i ladri…
-come?! Mi dispiace, cosa hanno rubato?- chiese la ragazza in ansia per i nonni. Dopotutto erano benestanti e la casa era piena di oggetti di valore.
-la cosa divertente è che questi ladri hanno semplicemente svaligiato il frigorifero…
-oh, beh… prima di tutto la salute!- rispose Rory, dimentica del dolore di Emily.
-sempre pronte a scherzare voi! Ma vi rendete conto che non ha senso?
-nonna… credo che non siano stati i ladri a venire in casa…
-ah, no?
-no.
-no?- chiese Lorelai.
-vedi, un paio di giorni fa sono passata da voi e sono rimasta per la notte. Spero che non ti dispiaccia, ma tu mi avevi detto che se volevo…- cominciò Rory.
-oh!- disse Emily sospirando per il sollievo –potevi dirmelo subito! Certo che puoi venire quando vuoi! E tu, Lorelai… potevi dirmelo subito invece di fare battute che non ho mai capito!
-mi divertivo…- affermò la donna fingendo di essersi presa gioco di lei, mentre Rory evitava il suo sguardo. Non le aveva detto nulla riguardo quei due giorni che aveva trascorso fuori casa e ora sapeva che si era rifugiata nella casa dalla quale lei diciannove anni prima era fuggita.
-non volevo farti preoccupare, nonna… ma passavo da quelle parti e sono rimasta.
-lascia stare cara, non c’è problema. Piuttosto, come mai sei qui? Tua madre mi ha appena detto che eri uscita col figlio dei DuGray!
-sì, infatti. Lui sta parcheggiando- rispose dando un’occhiata all’esterno e vedendolo arrivare.
-oh, Rory! Sono così contenta che finalmente tu abbia cominciato a frequentare gente di un livello più elevato! E poi quel ragazzo è così carino…
-ehm, grazie signora Gilmore!- rispose Tristan sbucando all’improvviso alle spalle di Rory e rivolgendo alle tre donne un meraviglioso sorriso di compiacimento.
-oh,caro…- disse Emily arrossendo – è un complimento meritato!
-Tristan è carino e sa di esserlo…- aggiunse Rory -glielo si legge in faccia e non c’è assolutamente bisogno ricordarglielo…
-stai dicendo che sono presuntuoso?
-non esattamente, ma tu puoi trarre tutte le conclusioni che desideri, play boy!- disse lasciando la mano che il ragazzo le stava stringendo e, con un sorriso, dirigendosi al banco per prendere un caffè.
-sai che non avrai vita facile con una Gilmore, vero Tristan?- gli chiese Lorelai, mentre il ragazzo annuiva.
-hey, Luke!
-ciao Rory! Fammi indovinare… un caffè?- chiese senza nemmeno alzare gli occhi dal blocco delle ordinazioni.
-mi conosci! Allora Luke, come vanno le cose?
-Taylor non si è ancora fatto vedere, quindi direi Benissimo!
-o forse sta tramando qualcosa…
-ci avevo già pensato… -rispose facendo passare l’entusiasmo di poco prima –Lui è…
-Tristan- disse Rory intuendo la traiettoria del dito di Luke.
-e… è una cosa seria?
-quante domande! Non dirmi che mia madre ti ha iscritto al club dei chiacchieroni di Miss Patty?-rise cercando di cambiare discorso.
-no, mi preoccupo solo per te… sai, ormai è come se fossi mia figlia e…
-usciamo insieme da poco, Luke, e io non ho intenzione di sposarmi per i prossimi anni, quindi: no, non è ancora una cosa seria. Lasciatemi solo un po’ di tempo per vivere!- disse alterandosi.
-non volevo intromettermi- rispose Luke con la coda tra le gambe: non gli piaceva essere ripreso da Rory, anche perché lui non aveva diritti sulla ragazza e avrebbe dovuto farsi i fatti suoi.
-scusami tu, sono un po’ elettrica ultimamente…grazie- disse afferrando il suo caffè e tornando al tavolo. La nonna aveva preso sotto la sua ala il povero Tristan, il quale però stava al gioco e rispondeva ad ogni domanda col sorriso sulle labbra: i suoi genitori l’avevano educato all’apparenza e alla cortesia e, nonostante fosse un ribelle, qualcosa era rimasto nella sua mente. Persino Lorelai sembrava rapita dal suo charme e Rory non poté che congratularsi col ragazzo per la sua abilità ad affascinare le donne. Aveva fatto strage di cuori alla Chilton, comprese lei e Paris, e sicuramente ad Harvard la storia si ripeteva. Chissà come avrebbe preso Paris quella relazione tra lei e Tristan dopo tutto ciò che aveva passato per lui al liceo? Era così innamorata! Ma per fortuna era comparso Jamie a distrarla dallo studio, dagli schemi rigidi della sua vita, da lei. Da quando stavano insieme era radiosa, felice e a volte stentava a riconoscerla. Ma ricordava benissimo l’effetto dell’amore e un po’ ne sentiva la mancanza…
-inoltre Rory è una delle ragazze più tranquille che conosco… -disse Tristan parlando con Emily.
-per fortuna in questo non assomiglia a sua madre, eh, mamma?- chiese Lorelai.
-esatto, Lorelai. Devi sapere che mia figlia da piccola era una vera peste! Me ne ha fatte di tutti i colori! Io e suo padre non sapevamo più che fare!
-beh, rompere gli schemi ogni tanto non è così negativo…- tentò di difendere Tristan l’animo ribelle della madre di Rory - tutti commettono qualche cretinata prima o poi, vero?- si rivolse alla ragazza che si stava appena sedendo.
-credo di sì…- rispose preferendo tenersi sul vago.
-la solita diplomatica! E così davvero non hai mai commesso qualche sciocchezza?-continuò a chiederle.
-non sono così amorfa, Tristan. Ho fatto le mie piccole fughe dalla realtà, niente di particolare. A tutti è concesso di sbagliare, no?
-io non parlavo di sbagli…- aggiunse il ragazzo, mentre Rory fissava inorridita la porta d’ingresso.
-Jess!- disse Luke sorpreso e sollevato dirigendosi verso il ragazzo immobile all’ingresso.
-ho sentito il messaggio- disse –se la tua offerta è ancora valida…
-se la tua richiesta è ancora valida, Jess- lo interruppe Luke riferendosi alla domanda di aiuto.
-lo è- rispose, sapendo che lo zio gli stava chiedendo di assumersi l’impegno di superare tutto una volta per tutte.
-allora porta quella borsa al piano di sopra!- disse Luke con un sorriso e stingendo le braccia intorno al corpo del nipote.
-zio Luke- cercò di lamentarsi soffocato dall’abbraccio-ci stanno guardando tutti…
Luke si ricompose e gli diede una pacca sulle spalle, mentre l’intero locale ammutolito li guardava non sapendo se pensare al ritorno di Jess come un evento positivo o come l’inizio di altri guai. Con ancora il suo borsone sulle spalle, lui si guardò distrattamente intorno per carpire le sensazioni della gente e vide, in un tavolo poco distante, le tre Gilmore e un ragazzo. Il sangue gli ribollì nelle vene nel momento in cui sia Lorelai che Emily lo salutarono, mentre Rory si voltava dall’altra parte con la mano stretta in quella del ragazzo che le sedeva di fianco. Con decisione, senza che la sua espressione mutasse, disse a Luke che sarebbe salito a mettere in ordine le sue cose e sparì dietro la tenda colorata che avrebbe filtrato gli sguardi interrogativi di Stars Hollow e avrebbe tenuto lontana l’indifferenza di Rory. Gettò la borsa sul pavimento e si lasciò cadere sul letto: si era meritato quello sguardo gelido appena accennato e avrebbe dovuto abituarsi, ma ora ciò che contava era riprendere il controllo della propria vita e a lei avrebbe pensato più tardi, anche se ormai aveva perso la sua occasione andando in California.

-chi era quel ragazzo?- le chiese Tristan sulla porta di casa. Da quando aveva visto entrare nel locale quello strano tipo, Rory era ammutolita e aveva detto a stento due parole; qualcosa gli diceva che aveva a che fare con i segreti che la ragazza si era sempre rifiutata di svelargli.
-è il nipote di Luke- rispose la ragazza cercando nervosamente le chiavi nella borsetta.
-lo so, è quello che ha detto quella strana signora appariscente al locale- disse ripensando a Babette –ma io voglio sapere chi è per te, Rory.
-Tristan…- rispose stringendo con forza le chiavi tra le dita –non mi va di parlarne, sono molto stanca.
-dopo Dean c’è stato qualcuno, l’ho capito benissimo. È lui?
-dopo Dean ci stati molti ragazzi, Tristan e, ok, lui è uno di quelli, contento?-gridò.
-ci stai ancora male, Rory? Perché se è così…
-smettila! Non sono affari tuoi! Jess è un problema mio, anzi lo era. Ma tra noi è tutto finito e se tu hai intenzione di rivedermi ricordati che io non voglio più parlarne- disse sbattendogli la porta in faccia. Dopo sua madre, i nonni, l’intera città, Paris e Luke mancava solo Tristan a completare il quadretto delle persone che volevano avere spiegazioni su Jess o preferivano esprimere giudizi. Come poteva dimenticare se tutti le ricordavano cosa aveva provato con lui e per lui? Se solo in quei dodici mesi fosse riuscita a farsi passare quel batticuore che l’assaliva ogni volta che pensava ai suoi occhi, l’asma che le impediva di respirare quando, in un momento di distrazione, il ricordo della sua voce riaffiorava nella mente, la sensazione di vuoto che l’assaliva quando le passava accanto un ragazzo col suo stesso profumo.
-credi che esista davvero l’anima gemella?- aveva chiesto pochi mesi prima ad Eric, il suo ultimo ragazzo.
-di cosa parli?
-parlo di quella persona, l’unica, che ti completa, la tua metà, l’amore eterno… credi che esista tutto ciò?
-non lo so, ma mi piace pensarlo-le aveva risposto con serietà.
-cioè?
-so che da qualche parte c’è una persona che mi amerà per tutta la vita, con la quale potrò parlare di tutto, senza inibizione alcuna; qualcuno col quale ho molto in comune, ma dal quale sono allo stesso tempo notevolmente diverso. Non so spiegartelo, ma mi piace credere che per me ci sia una sola persona compatibile. E il motivo per cui sono qui, su questa terra, è trovarla.
Sembrava un risposta così banale, soprattutto data a lei, che aveva smesso di credere nell’amore nel momento in cui Lorelai le aveva detto che Jess se n’era andato e che probabilmente non sarebbe più tornato. Ma era stata lei a cercarlo a New York, era stata lei a dare il numero a Luke, era stata lei ad esortarlo a chiamare; e nonostante sapesse che sarebbe stata incredibilmente dura, sapeva che Jess aveva bisogno dell’unica persona della sua famiglia che tenesse veramente a lui e Rory non aveva alcun diritto di privarlo di quell’affetto. Avrebbe fatto di tutto per evitarlo in quei tre mesi di vacanza, poi sarebbe tornata a Yale e avrebbe continuato a vivere la sua vita.
Cercò il suo manuale di letteratura inglese e ricordò di averlo messo nella scrivania; aprì il cassetto e afferrò il libro, scoprendo la solita fotografia di Jess; si soffermò un istante su quell’immagine e capì che non sarebbe stata dura: l’impresa di cancellare Jess dal suo cuore non le era mai parsa così difficile.

Dal ritorno di Jess era trascorsa un’intera settimana e sembrava che quel rientro non avesse scosso Stars Hollow più del dovuto: i cittadini, dopo la sorpresa iniziale, avevano ripreso la loro vita e cercato quasi di ignorare il ragazzo. Solo Taylor aveva iniziato un dibattito con Luke, ma lo zio era stato capace di convincerlo che lui non avrebbe combinato guai e aveva ululato all’anziano signore che quelli erano il suo locale e la sua casa e lui poteva farci dormire chiunque volesse senza dover chiedere il permesso dell’intera popolazione. Miss Patty, contenta del ritorno del bel ragazzo aveva facilitato il compito a Luke intervenendo a suo favore con Taylor, il quale, rassegnato, se n’era andato brontolando da solo fino al suo negozio. Jess aveva apprezzato l’interesse di Luke e la sua foga nel difenderlo, ma avrebbe preferito di gran lunga fare qualche divertente scherzetto al proprietario di Doose, proprio come ai vecchi tempi; purtroppo lo zio aveva dettato diverse regole la sera stessa del suo ritorno come “niente droghe, né sigarette, coprifuoco alle dieci e niente guai”: lo aspettava una vita di clausura e di purezza. Ma Luke aveva ragione e se voleva restare doveva fare come aveva detto; per il coprifuoco non c’era problema: non aveva mai avuto amici a Stars Hollow e di certo né Dean né altri facevano a gara per stare con lui, mentre Rory l’aveva evitato fin dal primo momento, così passava la maggior parte delle sue serate in camera a leggere. Quando era partito l’anno prima aveva lasciato da Luke molte cose e lo zio non aveva mai avuto il tempo di mandarle a Los Angeles: era quasi come se non avesse mai lasciato quella stanza, tutto era in ordine e i suoi libri erano esattamente dove li aveva visti l’ultima volta. Scorrendo i titoli con un dito per cercarne uno non ancora letto, notò un volume che sapeva bene non appartenergli; lo sfilò dalla fila e lo aprì per esserne sicuro leggendo nella prima pagina due sole lettere:R. G.
-hey, Jess!- disse Luke entrando nell’appartamento –io devo uscire, ti spiace dare un’occhiata al locale finché non torno?
-non c’è problema. Hai un appuntamento, zio Luke?- lo derise lasciando cader il libro di Rory sul letto.
-certo, ma con un fornitore
-a quest’ora?- chiese Jess notando la luna già alta nel cielo ancora chiaro delle venti estive.
-non combinare guai…- disse ignorando il commento –dovresti ridarglielo- affermò vedendo il libro sul letto.
-lo farò
-ignorarvi non è una gran cosa, dopotutto sei stato tu ad andartene e ad aggredirla… dovresti fare la prima mossa.
-ti interessa?
-ti sei chiesto come facevo a sapere che eri da tua madre?- gli chiese infilandosi la giacca di jeans.
-fortuna…
-Rory.
-Rory?
-ti ha cercato a New York e ha scoperto che eri da Liz.
-oh.
-parlale se ne hai l’occasione. Ci vediamo- disse chiudendosi la porta alle spalle.
E così Rory era preoccupata a tal punto da seguirlo a New York? Eppure da quando rientrato in città l’aveva continuamente ignorato ed evitato; perché tanto interesse se gli aveva tolto addirittura il saluto? Forse aveva cambiato idea o forse l’aveva fatto perché gli faceva pena e lui odiava essere compatito, Rory lo sapeva bene. Sentì la porta del locale chiudersi e scese al piano di sotto prendendo con sé il libro: se fosse passata Lorelai l’avrebbe dato a lei. Al contrario della figlia, si era dimostrata molto disponibile e più gentile di quanto fosse mai stata nei suoi confronti. Probabilmente sapere che Rory lo odiava le rendeva le giornate più piacevoli e il fatto che lui fosse fuori dalla vita della figlia lo rendeva nient’altro che innocuo. Qualche giorno prima, tentando di avere una conversazione con lui, Luke gli aveva chiesto come aveva trovato Rory. Jess non aveva risposto e lo zio aveva continuando dicendo che era diventata una bella ragazza, che a Yale era tra le migliori e che negli ultimi mesi era maturata molto, creando non pochi problemi a Lorelai. Non capiva cosa intendesse con ”problemi”, ma anche lui aveva notato che passavano pochissimo tempo insieme e spesso parlando di lei Lorelai cambiava espressione. Forse era per via di quel ragazzo che aveva visto il primo giorno, eppure in quel momento sembravano il ritratto della famiglia felice e pareva che anche la nonna Gilmore fosse contenta di quel giovane. Sceso nel locale constatò che era vuoto e, piuttosto che starsene con le mani in mano, cominciò a pulire qualche tavolo e il bancone. Da tempo aveva cercato di non pensare a quei luoghi che lo avevano visto cambiare in pochi mesi dalla sua prima apparizione, dopo che Liz lo aveva spedito dallo zio come si fa con un pacco postale. Quel locale, l’appartamento, le stradine ben tenute, il ponte, l’Indipendence Inn che non era altro più che un cumulo di assi bruciate… ogni singolo angolo di Stars Hollow gli ricordava lei e a L.A. non aveva desiderato altro che dimenticare. Aveva sbagliato tutto laggiù, se ne rendeva perfettamente conto, ma il fatto di essere ancora vivo lo sollevava: non avrebbe mai voluto morire prima di vedere per un’ultima volta l’unica cosa positiva della sua vita. Il suo ultimo pensiero prima di prendere quelle maledette pasticche era andato a Rory, ricordava di averle chiesto scusa, ma era stato inutile, perché anche se aveva la sua immagine impressa nella mente, lei non era che dall’altra parte degli Stati Uniti. Il suono del campanello lo fece trasalire, perso com’era nel flusso dei ricordi, ma vedere chi era entrato lo sconvolse ancora di più.



to be continued...
 
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Phi Phi
view post Posted on 28/2/2004, 12:10




7° episodio


scusate se è lungo, ma mi sembrava brutto interrompere l'ultimo discorso a metà



-Jess!
-ciao Rory- rispose imbarazzato. Era un caso che fosse lì, perché se avesse saputo che lui si sarebbe occupato del locale, avrebbe evitato accuratamente di entrare.
-non sapevo che lavorassi…- disse guardando il pavimento.
-Luke è fuori, aveva un appuntamento con dei fornitori.
-a quest’ora?- chiese Rory sorpresa.
-è la stessa cosa che ho detto io- rispose Jess, contento che nonostante tutto ci fosse ancora sintonia tra loro; -un caffè?
-ehm, sì, grazie-disse evitando di ordinare da mangiare per non essere costretta rimanere troppo a lungo nel locale, anche se aveva una fame tremenda.
Jess cominciò a prepararlo, mentre la ragazza se ne stava seduta in silenzio guardandosi intorno e cercando costantemente di evitare di posare gli occhi su di lui. Da quando era tornato era la prima volta che si trovavano soli uno di fronte all’altra. Mentre lo sguardo vagava per le pareti, notò sul un banco un testo che le era familiare. Jess le portò il caffè e si accorse che Rory stava fissando il suo libro.
-ah, questo è tuo- disse il ragazzo afferrandolo e porgendoglielo –era rimasto di sopra, l’ho visto oggi.
Rory lo ringraziò e lo prese tra le mani, mentre il ricordo dei momenti in cui gli aveva prestato quello stesso libro riaffioravano improvvisamente nella sua mente. Era successo poco prima che lui partisse: erano nella sua stanza a leggere stesi sul letto, mentre Lorelai lavorava. Ricordava che il sole era caldo e accecante e Jess aveva chiuso le tende della finestra lasciando che passasse solo qualche spiraglio di luce, poi le si era avvicinato e avevano cominciato a baciarsi. Due giorni dopo ci sarebbe stata la festa di Kyle e tutto sarebbe andato a rotoli, ma in quel momento stare con lui era la cosa più bella che potesse accadere. Nonostante non si fossero spinti troppo oltre, ricordava di sentirsi soddisfatta ed appagata da quelle ore trascorse in silenzio, immersi nelle pagine di un libro, o intenti a farsi le coccole. Sebbene Jess sembrasse un ragazzo poco sensibile, a volte incapace di essere gentile, con lei si trasformava nella persona più dolce del mondo e aveva sempre notato nei suoi occhi molta più tenerezza di quanta ce ne fosse in quelli di Dean ed era orgogliosa che lui riservasse quegli sguardi solo ed esclusivamente per lei. Scherzando gli aveva detto di smetterla di baciarla, perché doveva finire l’ultima pagina del libro, mentre lui insisteva rispondendole che l’avrebbe fatto più tardi. “è un bellissimo racconto” aveva insistito; “ allora lo leggerò anch’io” aveva concluso lui afferrando il libro e mettendolo sul pavimento dove non avrebbe potuto prenderlo senza passare su di lui. Aveva sorriso alla sua tenacia e lo aveva accontentato coccolandolo fino al momento in cui era uscito per tornare da Luke per lavorare. Quel pomeriggio era uno dei ricordi più meravigliosi che avesse di Jess; uno degli ultimi…
-e così sei stata a New York…- disse risvegliando la ragazza dai suoi pensieri.
-ma come…
-me l’ha detto Luke.
-oh. Beh, passavo da quelle parti e…
-a New York?!-rise- beh, certo è sulla strada di casa, no?-disse accorgendosi poi che in quel momento Rory non aveva alcuna voglia di scherzare: -beh, comunque grazie e scusami per il mio comportamento… io ero molto arrabbiato e me la sono pesa con te.
-non importa- rispose Rory bevendo il suo caffè –era la cosa giusta da fare.
Non era facile per lui scusarsi, lei lo sapeva, ma sembrava non le importasse; il suo sguardo continuava a vagare nervoso dalla tazza quasi vuota alla cassa, alle pareti, alla strada. Ora capiva cosa intendeva Luke quando diceva che la ragazza era cambiata: era diventata una dura, non si faceva spaventare da nulla e lo aveva dimostrato, era decisa come non mai, sembrava non sapesse il significato della frase “voltarsi indietro” e qualcosa gli diceva che la causa di quella terribile mutazione aveva a che fare col suo tradimento, la sua fuga ingiustificata, il suo interminabile silenzio.
-allora perché adesso mi ignori?-le chiese mentre il sangue gli saliva alla testa, innervosito da quella indifferenza che lui non riusciva a provare nei suoi confronti.
-è la cosa giusta da fare, Jess- rispose Rory appoggiando la tazza sul tavolo e lasciando qualche spicciolo prima di uscire senza più voltarsi.

-buon giorno tesoro!- disse allegra ed energica come sempre Lorelai alla figlia entrando in cucina e vedendola già china su un libro –anche stamattina ti sei alzata presto… non dovresti riposare un po’ dato che sei in vacanza?
-la luce del sole mi ha svegliata…- rispose la ragazza alzando gli occhi dalle pagine dattiloscritte.
-beh, allora mi fai compagnia?
-sono qui- rispose cercando di evitare il seguito sapendo in anticipo quale sarebbe stata la prossima domanda.
-intendo a fare colazione. Da Luke, come sempre. Hai presente quello strano orso bruno col cappellino da baseball e le camice a quadri che ci serve cibo e caffè da quando… ormai non so nemmeno più da quando!- disse imitandolo.
-oh, beh. Ho già mangiato e… ho un po’ di mal di testa- rispose toccandosi la fronte.
-ti conosco e non hai mai letto quando avevi mal di testa- affermò con sicurezza Lorelai sedendosi di fronte a lei –cosa succede?
-niente, te l’ho detto- disse tentando di eludere lo sguardo della madre.
-centra Jess?
-mamma…
-avanti, puoi dirmelo!
-ok, non ho voglia di vederlo stamattina. Tutto qui. Ora puoi andare o farai tardi!
-non devi preoccuparti per lui, Luke dice che si sta comportando molto bene da quando è tornato e non devi aver paura che…
-non ne ho dubbi, credimi. Non è questo il problema…- si interruppe mordendosi la lingua.
-allora c’è un problema?
-ti prego, mamma, ti ho detto che non mi va.
-come vuoi- rispose Lorelai rassegnata- ci vediamo più tardi, ok?
Rory annuì con la testa, ringraziando il signore che non avesse insistito per sapere i motivi di quella reticenza, mentre Lorelai guidava verso Luke’s. erano rare le volte in cui sua figlia si era rifiutata di andare da Luke e ogni volta aveva a che fare con Jess. Si chiedeva come mai, dato che fino a quel mattino avevano sempre evitato di parlarsi avevano continuato a vivere pacificamente nell’indifferenza più assoluta, anche se spesso aveva creduto che lui volesse dirle qualcosa.
-ciao Luke!- salutò entrando come una diva del cinema nel locale occupato solo da Kirk.
-ciao Lorelai! Il solito?
-si grazie- rispose guardandosi introno –affollato oggi, eh?
-la baraonda è finita pochi minuti fa. È rimasto solo lui- indicò il povero Kirk solo come sempre davanti al suo piatto mezzo pieno -e Rory?- chiese riempiendole la tazza di caffè.
-è a casa.
-oh.
-credo che centri Jess- sospirò in cerca di aiuto.
-perché?
-non lo so, ha detto che non voleva vederlo stamattina.
-capisco –rispose Luke con sul viso stampata la soluzione alle domande che Lorelai si stava ponendo riguardo il rifiuto di Rory di andare al locale.
-capisci cosa?
-anche Jess è strano da ieri sera. A questo punto credo che si siano incontrati e le cose non siano andate molto bene tra loro. Forse Rory è stata qui e anziché me ha trovato lui; essendo soli hanno dovuto parlare per forza e qualcosa è andato storto. Eppure Jess sa che deve comportarsi bene, accidenti!
-hai visto come si comporta Rory con lui… più probabilmente lei ha detto qualcosa che l’ha ferito. Anzi, che li ha feriti entrambi. Questa situazione è così assurda, Luke!
-non immaginavo che sarebbe stato così difficile! Voglio dire… se Rory l’ha superata e anche Jess, non capisco il perché di tutto questo rancore!
-ti sei risposto da solo… -aggiunse Lorelai, mentre Jess scendeva nel locale.
-ciao!
-ciao Jess. Tutto bene?-gli chiese Lorelai..
-come un prigioniero, ma vivo- rispose afferrando una ciambella.
-positivo fin dal primo mattino, eh?!
-questione di abitudine.
-sei sicuro di stare bene?- gli chiese cercando di mascherare il suo fare indagatorio- hai una faccia!
-grazie- rispose il ragazzo aggrottando le sopracciglia–in effetti stanotte non ho dormito molto bene.
-oh, mi dispiace…
-sopravviverò- rispose riprendendo in mano il libro che poco prima aveva appoggiato sul banco per mangiare.
-ah, Lorelai! Sei qui!
La donna si voltò e vide Tristan ,il ragazzo con cui Rory stava uscendo, entrare nel locale e dirigersi verso di lei; -Tristan! Ciao!
-ciao! Rory c’è?-chiese guardandosi intorno –ho visto l’auto e pensavo che foste insieme.
-no, mi dispiace. Aveva mal di testa ed è rimasta a casa per riposarsi. Sono le otto di mattina, che ci fai qui?
-devo parlarle. Per te non è un problema se vado da lei, vero?-chiese sicuro della risposta.
-assolutamente no, figurati! ma è successo qualcosa? No ti vedevo in giro da qualche giorno…
-diciamo che io e Rory abbiamo avuto uno scambio di opinioni…
-dev’essere stata una cosa seria… ti offro qualcosa? Un caffè? Luke…
-no, grazie – la interruppe –Luke, ho sentito molto parlare di te…
-oh, bene. Ma non credere a tutto quello che Lorelai e Rory dicono…
-di solito ti associano al miglior caffè d’America.
-beh, allora credici. Piacere di conoscerti- rispose orgoglioso Luke gonfiandosi nella sua camicia di cotone a quadri, mentre Tristan si accorgeva dello sguardo di Jess.
-e così tu sei Tristan…- disse il ragazzo fissandolo negli occhi.
-così pare- rispose lui guardandolo nel medesimo modo aggressivo: se aveva discusso con Rory era solo a causa sua –come fai a conoscermi?
-è una città di chiacchieroni e la macchina da qualche centinaia di migliaia di dollari che il paparino ti ha regalato per il diploma non passa inosservata…
-oh
-già.
-tu invece sei Jess…
-in persona-rispose il ragazzo sorpreso dal fatto che Tristan conoscesse il suo nome e una sola persona aveva potuto parlargli di lui.
-l’ex di Rory…- aggiunse continuando a guardarlo dritto negli occhi, come se in qualche modo volesse intimidirlo e segnare il suo territorio, ignaro che Jess non era il tipo da lasciarsi impaurire così facilmente.
-hai studiato!- rispose con un ghigno di derisione.
-non mi piaci.
-io ho altre tendenze, Tristan, mi dispiace.
-hai capito benissimo- disse alzando la voce, mentre Jess sospirava: un pugno non glielo avrebbe tolto nessuno se la situazione fosse stata differente.
-sta alla larga dalla mia ragazza, hai capito?- aggiunse Tristan riprendendo la calma –vado a parlare con Rory- disse a Lorelai avviandosi velocemente verso l’auto fiammante all’esterno del locale e partendo con una pittoresca sgommata, mentre Jess, dopo un paio di profondi respiri, andava a verso uno dei tavoli vuoti del locale per leggere in pace in attesa che passassero i quindici minuti prima dell’inizio del suo turno di lavoro. Inaspettatamente la visita di Tristan aveva provocato in un lui un turbinio di sensazioni che in quel momento non riuscì a controllare e prima di toccare la sedia scaraventò il libro contro la parete con tutta la forza che aveva nelle braccia e si fiondò al piano di sopra prima che le domande che frullavano nelle menti degli attoniti Lorelai, Luke, e forse anche Kirk, si tramutassero da semplici pensieri in frasi pronunciate ad alta voce e alle quali avrebbe dovuto rispondere. Era perfettamente conscio che quello scatto d’ira non sarebbe passato inosservato aglio occhi dello zio, sapeva che si sarebbe arrabbiato, che gli avrebbe fatto una bella lavata di capo, ma negli ultimi mesi era stato capace solo di auto distruggersi, e arrabbiarsi terribilmente tenendosi tutto dentro era sempre stato il preludio di quel processo che l’aveva portato al suicidio. Era cominciato tutto dopo che il preside gli aveva detto che avrebbe dovuto ripetere l’anno: in quell’istante aveva visto la vita costruita a Stars Hollow frantumarsi e l’immagine di Rory allontanarsi sempre più. Avrebbe deluso lei, avrebbe deluso Luke, avrebbe dato a ragione a tutti quelli che lo ritenevano un poco di buono e ciò che più lo irritava era che tutti avevano maledettamente ragione. Non meritava nulla di ciò che aveva: suo zio, la sua ragazza e la cosa più facile era fuggire per seguire suo padre; inizialmente voleva davvero conoscerlo, tentare di avere un rapporto con lui, poi aveva capito che Jimmy non aveva le stesse intenzioni. Se n’era andato perché non voleva un figlio e a diciotto anni di distanza, nonostante il viaggio in Connecticut, era rimasto della stessa opinione. Si era arrabbiato per aver commesso il suo ennesimo errore, ma non aveva esternato tutto l’astio che provava. Si era cercato un lavoro, una casa, ma era difficile andare avanti; poi un giorno aveva conosciuto Brian, il quale gli aveva servito su un piatto d’argento la possibilità di risolvere i suoi problemi: la droga. Era caduto in quel vortice di perdizione, senza rendersi conto che ogni giorno diventava più dipendente di quella roba che riusciva a far sembrare i problemi così distanti. Ma immancabilmente dopo poche ore tutto tornava come prima e aveva bisogno di altri allucinogeni. Stars Hollow, sua madre, Luke, suo padre, Lorelai… lo assillavano nelle notti in cui era lucido, ma ciò da cui maggiormente fuggiva, chi lo perseguitava incessantemente era lei, Rory: continuava a rivivere ogni singolo istante passato con lei, dalla prima volta in cui l’aveva vista nella sua stanza al loro primo bacio durante le nozze di Sookie, i suoi mille tentativi per attirare la sua attenzione e farla ingelosire, arrivando persino a cercare una sua sostituta in Shane, il primo bacio ufficiale alla pompa di benzina di Gypsy, lei stesa sul letto nella stanza di Kyle… l’aveva guardato con disprezzo e non poteva biasimarla, ma lui stava male e non riusciva a parlarle. Avrebbe dovuto dirle tante cose: a partire dal fatto di essersi fatto un occhio nero a causa di un cigno anziché giocando con degli amici, alla scuola, i suoi problemi, sua madre. Avrebbe dovuto essere chiaro su ciò che provava per lei, ciò che provava quando solo la vedeva camminare per strada, avrebbe dovuto dirle che la sua vita era un completo disastro, ma che lei era riuscita, seppur lentamente, a ridargli un po’ di serenità. Avrebbe dovuto fare le cose in modo diverso e sarebbero bastate due sole parole…

-Tristan! –esclamò sorpresa una volta aperta la porta. Presa dai suoi pensieri non aveva sentito il motore dell’auto e non le era passato per l’anticamera del cervello che potesse essere lui. L’ultima volta che si erano visti avevano discusso e lei aveva tagliato i ponti: una strategia che negli ultimi mesi aveva funzionato con molti ragazzi. Ma lui no, era ancora lì.
-sono stato invadente ed insistente senza averne diritto, è che sono geloso e anche un po’ paranoico, ma mi dispiace! mi fido di te, Rory e se tu mi dici che è tutto finito io ti credo, quindi se credi che io mi arrenda tanto facilmente, beh, ti sbagli! Perché ti ho lasciata perdere già una volta e non mi va di ripetere lo stesso errore, soprattutto ora che il nostro momento è arrivato e non c’è nessuno tra noi!- disse tutto d’un fiato stringendole le mani tra le sue. Rory ascoltava in silenzio, incantata dalla sua determinazione. Tristan le piaceva molto e se aveva capito il suo errore non c’era motivo di respingerlo ancora: lui era la sua ancora, poteva contare solo su ciò che provava nei suoi confronti per avere una sola possibilità di passare sopra i suoi sentimenti per Jess e anche se sembrava squallido, non vedeva altra soluzione.
-è vero, sei stato pessimo. Quasi peggio di un fidanzato geloso, mi hai ricordato incredibilmente Dean.
-accidenti, tutti ma non lui!-disse portandosi una mano al petto come se avesse ricevuto una coltellata-
-hai un’altra chance, Tristan, ma è l’ultima: vedi di non sprecarla- aggiunse col sorriso sulle labbra, pronte ad accogliere il bacio che il ragazzo stava per darle. Trascorsero il resto della giornata in casa, guardando la televisione, parlando, rincorrendosi come due bambini, coccolandosi per recuperare il tempo perso durante la loro breve separazione.
-e così hai conosciuto Jamie?- chiese Rory prima di addentare il su pollo, mentre Tristan le versava la coca nel bicchiere.
-sì, lo conosci?
-lui è il santo che sopporta Paris.
-il suo ragazzo? Quello di cui mi hai parlato?- chiese sorpreso- Wow! Eppure mi sembrava un ragazzo normale…
-avanti, non dire così!- lo rimproverò gettandogli un fazzoletto accartocciato sul naso.
-ok, ma, hey! Conosci bene Paris! Sai quanto può essere insopportabile!
-lo so, ma è una brava ragazza, credimi. Nonostante la sua schizofrenia e le sue manie, sa essere un’amica. Eppure voi siete usciti insieme al liceo, vero?
-l’ho fatto solo perché me l’avevi chiesto tu.
-zero compatibilità, eh?
-assolutamente- rispose mentre Rory stava ficcanasando nella credenza –cosa cerchi?
-caffè, ma dev’essere finito. Questo è un problema…
-vuoi andare in quel bar?- chiese controvoglia. Se Rory avesse risposto affermativamente sarebbe stato costretto a rivedere Jess e non voleva perdere le staffe proprio davanti a lei.
-no, non c’è problema. Andrò a comprarlo più tardi da Doose o mia madre impazzirà!- rispose altrettanto riluttante all’idea di ritrovarsi faccia a faccia con Jess, soprattutto in presenza di Tristan.
-voi due siete uniche! Stamattina lei era l’unica cliente ad avere a sua disposizione l’intera caraffa di caffè… mi chiedo come facciate con tutta quella caffeina in corpo!- scherzò.
-hai visto mia madre?
-sì, la vostra macchina era davanti a quel locale e ho pensato che fossi lì, invece lei era sola. Era curiosa di sapere come mai non ci eravamo sentiti negli ultimi giorni… credevo che le dicessi tutto! Non starai diventando una bambina cattiva?-le chiese con una malizia che Rory non colse.
-le cose sono cambiate…- disse riflettendo – e così voleva sapere se avevamo qualche problema e perché?
-sì, ma…
-credo che io e mia madre dovremo fare due chiacchiere stasera. Forse è ora che tu vada, Tristan- disse dirigendosi verso l’ingresso, mentre il ragazzo non sapeva come comportarsi di fronte a quell’improvviso cambiamento d’umore.
-Rory…
-ci sentiamo, ok?- lo salutò baciandolo e quasi spingendolo sulla veranda. Per l’ennesima volta sua madre era intervenuta in affari che non la riguardavano nonostante Rory fosse stata chiara a non voler alcun tipo di intromissione; cosa doveva fare per farle capire che ormai tutto era cambiato, che loro non erano più le amiche di un tempo e non lo sarebbero mai tornate? Perché Lorelai continuava a vedere qualcosa che non esisteva più? Non voleva odiarla come aveva fatto lei con Emily, ma continuando di quel passo non sarebbe riuscita ad evitarlo. La sua intolleranza alle interferenze diventava sempre minore e chiunque le intralciasse il cammino diventava un nemico: perché sua madre non lo capiva? Perché cercava di rovinare quel poco che era rimasto? Perché aveva permesso che le cose andassero in quel modo? Non voleva ferirla, ma quali parole avrebbe dovuto usare?



continua...
 
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Phi Phi
view post Posted on 1/3/2004, 20:49




8° episodio



-ciao tesoro!- sentì udire dall’inconfondibile voce squillante di Lorelai –ho avuto una giornata incredibile: sembravano tutti pazzi al Dragon Fly! Ah, stamattina ho incontrato Tristan, te l’ha detto?
-Sì- rispose la ragazza –è andato via da pochi minuti.
-allora voi due piccioncini avete fatto pace?-chiese appoggiando le sue borse sul tavolo della cucina.
-potresti chiederlo a Tristan…- la stuzzicò.
-come?
-beh, visto che te ne vai in giro a chiedere notizie sulla mia vita privata…
-cosa?! Rory, ma che stai dicendo?
-sto dicendo che devi smetterla di intrometterti nella mia vita, che se non ti dico una cosa è perché non voglio dirtela e non voglio che tu vada a chiederla ad altri! Non hai alcun diritto di fare inchieste su di me!- disse alzando troppo la voce, mentre Lorelai la ascoltava basita.
-Tristan ha detto che voleva parlarti per risolvere un problema, io ho fatto una semplice domanda. Nulla di tutto ciò era premeditato!
-ma l’hai fatto!
-hey, guarda che è stato lui ad entrare da Luke, lui mi ha parlato di te, lui ha iniziato a stuzzicare persino Jess!- gridò Lorelai –e non dire che è tutta colpa mia, perché non è così!
-cosa?! cosa centra Jess in questa storia?
-ops, beh… Tristan è arrivato, gli ho presentato Luke e dato che c’era anche Jess…
-no…
-sì, e hanno cominciato a scambiarsi battute e sguardi di sfida. inizialmente Jess gli ha dato corda, poi ha cercato di ignorarlo finché Tristan gli ha caldamente intimato di lasciare in pace la sua ragazza.
-la sua cosa?
-la sua ragazza.
-oh, mio Dio! Io non sono la sua ragazza e lui non può… oh, ma perché?
-io ero sorpresa quanto te.
-e Jess?
-beh, lui ha mantenuto la calma e ha ignorato le sue provocazioni-disse ritenendo che sarebbe stato meglio non rivelarle il suo scatto d’ira post-Tristan.
-bene.
-è quello che dico anch’io.
-chi c’era da Luke?
-solo Kirk
-e ha sentito tutto?- chiese la ragazza terrorizzata dai pettegolezzi che li avrebbero avvolti per i prossimi mesi.
-temo do sì.
-questa me la paga! Come gli è venuto in mente di…
-calmati! È successo e basta, non è colpa di nessuno.
-Tristan è capace di auto controllarsi e avrebbe dovuto farlo anziché ridicolizzarmi davanti a tutta la città.
-ridicolizzarti? Ma cosa stai dicendo? non è successo nulla!
-nulla?! Adesso tutta la città crederà che sto insieme a Tristan e che tra me e Jess c’è qualcosa in sospeso e probabilmente c’è un triangolo e Jess rovinerà tutto come al solito!
-scusa tesoro, ma non è così?
-come?
-Sei la ragazza di Tristan, uscite insieme e tra te e Jess c’è sicuramente qualcosa in sospeso dato che lui è partito senza dirti nulla e da quando è tornato non vi siete rivolti parola!
-ma io non voglio che tutta la città parli della mia vita sentimentale! Non voglio più pettegolezzi, né commenti, né consigli, tanto meno frasi di circostanza. Io non voglio nulla di tutto ciò perché non voglio…
-non vuoi cosa?
-nulla- rispose Rory andandosene in camera. Non voleva rivivere gli stessi momenti dell’anno prima, quando tutti si sentivano in diritto di giudicare lei o Jess, di esprimere la propria opinione in merito a qualcosa di cui non sapevano nulla. Non voleva che, se le cose con Tristan non avessero funzionato, la scena si ripetesse. E non voleva che Jess fosse coinvolto. Aveva appena superato un periodo difficile e ciò che lo aspettava forse lo era ancora di più e preferiva evitargli altri nervosismi. Perché non poteva vivere in pace senza avere costantemente il fiato di tutti sul collo? Perché Stars Hollow era così piccola da non permettere l’anonimato nemmeno ad una formica? Le sue paure iniziali si stavano concretizzando sempre più e purtroppo mancavano ancora quattro settimane al ritorno al college: non ci sarebbe mai arrivata psicologicamente intatta. Il sole stava tramontando e il suo stomaco brontolava; Lorelai era uscita da pochi minuti senza dirle nulla e molto probabilmente era andata da Luke. Rory uscì dalla stanza e si fece un panino da consumare comodamente sdraiata sul suo letto leggendo un libro.

Dopo aver passato una notte agitata era riuscita ad addormentarsi profondamente solo alle prime luci dell’alba e quando si svegliò il sole era per l’ennesima volta alto nel cielo. Afferrando la sveglia si rese conto che era quasi mezzo giorno e sua madre era uscita almeno quattro ore prima senza svegliarla. Sul tavolo della cucina un biglietto di Lorelai diceva che il caffè era finito e le lasciava qualche dollaro per comprarlo: non specificava se da Luke o da Doose, ma Rory, in astinenza da ben due giorni, decise di andare da Taylor e farne scorta. ancora assonnata si fece una doccia fredda e, indossata una gonna di jeans e una canottiera, uscì nell’afoso pomeriggio. Le strade erano semi deserte e da lontano notò che il locale di Luke era pieno; affrettò il passo per evitare che qualcuno la vedesse ed entrò finalmente nel mini market condizionato di quello che poteva essere ritenuto l’uomo più indiscreto, noioso e al contempo divertente di tutta la città. Si sbellicava dalle risate a sentire le sciocchezze delle assemblee cittadine o ad ascoltare i suoi battibecchi con Luke, ma odiava il suo fare da ficcanaso. Cercando di farsi notare il meno possibile prese velocemente diverse scatole di caffè, un sandwich confezionato e si diresse senza perder tempo alla cassa.
-Rory!
-Taylor!- rispose garbatamente imbarazzata al ricordo dell’ultimo loro incontro, dopo che Jess se n’era andato e lei li aveva aggrediti, irritata dalle sue domande e quelle di Babette e Miss Patty.
-allora, come vanno le cose?- chiese Taylor con timidezza.
-oh, bene grazie. E a te?
-tutto bene, come sempre. Pensavo di organizzare qualcosa per il prossimo week-end, ma questo caldo mi sta atterrando…
-effettivamente è anomalo, ma passerà- rispose Rory aspettando il conto.
-è quello che dicono i meteorologi, ma di loro non ci si può mai fidare! 5, 25 $
-ecco. Grazie, arrivederci- disse svelta afferrando la busta con la spesa e fiondandosi fuori dal negozio sotto lo sguardo incuriosito di Taylor. L’improvviso passaggio dall’aria condizionata alle temperature africane dell’esterno la fece trasalire, ma dopo un profondo respiro riprese la sua corsa verso casa, senza rendersi conto di aver urtato qualcuno.
-oh, scusi!- disse imbarazzata all’inverosimile.
-non importa- rispose il malcapitato che era altrettanto soprapensiero in quel momento e non l’aveva vista arrivare.
-Jess?- esclamò accorgendosi di aver atterrato l’unica persona che non voleva vedere in assoluto.
-ah, sei tu –rispose il ragazzo freddo come il ghiaccio. Rory avrebbe voluto dargli una mano, ma il suo cervello di fronte a lui si rifiutava di dare l’impulso ai nervi del braccio, così rimase immobile a fissarlo.
-non dovresti guardarmi così, il tuo ragazzo potrebbe essere geloso- disse Jess rialzandosi e pulendo i pantaloni sporchi di polvere.
-come?
-e poi non dovresti lasciarlo in giro da solo, i cagnolini vanno tenuti al guinzaglio e una museruola a quel tipo non farebbe nemmeno male!- continuò sotto lo sguardo infuocato della ragazza.
-non sono affari tuoi, Jess.
-lo so e già che ci sei digli di lasciarmi in pace, non mi va di essere disturbato da uno che nemmeno conosco. Se vuoi il guinzaglio te lo regalo, Luke aveva un cane una volta…
-se avessi avuto anche tu un guinzaglio forse non te ne saresti andato a spasso per la California- disse ferita, colpendo al cuore anche il ragazzo, che improvvisamente sembrava aver perso l’uso della parola.
-I guinzagli possono comunque rompersi- rispose guardando oltre.
-se non sono abbastanza resistenti, Jess…
-a volte le cose non vanno come vorremmo, è la vita- disse camminando verso l’altro lato della strada.
-noi abbiamo il controllo sulla nostra vita, Jess, dipende da noi!- gridò facendolo fermare al centro dell’incrocio-siamo noi a compiere delle scelte!
-e se queste scelte fossero sbagliate?- le chiese tornado indietro come un fulmine, guardandola con gli occhi ricolmi di collera –se ci rendessimo conto dei nostri errori, non avremmo il diritto al perdono? Non potrebbe esserci concesso almeno il beneficio del dubbio?
-ciò che hai fatto è grave- rispose la ragazza con le lacrime agli occhi –e non parlo solo del fatto di essertene andato quando io volevo semplicemente essere con te.
-ti ho chiesto scusa…
-non me ne faccio nulla delle tue scuse, Jess- rispose guardandolo negli occhi. Sapeva di ferirlo, ma lei aveva sofferto troppo e non riusciva a dimenticarlo. Voleva che anche lui stesse male almeno un po’, voleva che si rendesse conto di ciò che le aveva fatto.
-hai perfettamente ragione, Rory. Io ho sbagliato, ma credi che non abbia mai pensato a ciò che avevo fatto? Pensi che sia stato facile?
-sì, Jess credo di sì. Perché tu te ne sei andando scegliendo la strada più semplice: non hai detto nulla, sei fuggito, ti sei lasciato i problemi alle spalle, te ne sei fregato di te, di Luke e di me. perché non hai pensato a me? Te lo dico io: a te non importava nulla ne di me ne della nostra storia. Ero un passatempo, vero Jess? Un hobby per riempire i tuoi buchi in questo schifo di città, vero? Ti annoiavi, così hai cominciato a giocare al play boy, il ruolo del seduttore ti piaceva e hai scelto la ragazzina più inesperta… ti sei divertito? Hai rovinato la vita di Dean, quella di mia madre, quella di Luke e la mia. Adesso cosa vuoi? Mettere lo zampino anche in quella di Tristan? Mi vedi diversa e vuoi giocare ancora? Cerchi un modo per farmi soffrire di nuovo? Vuoi trovare un altro dei miei punti deboli per atterrami per l’ennesima volta? Questa volta non ci riuscirai, perché io non voglio rifare lo stesso errore: non lascerò che mi attiri nuovamente a te, non ti permetterò di spezzarmi il cuore ancora! Ti eviterò e ti ignorerò per il resto della mia vita se sarà necessario! Non crederò più in te, non ti difenderò più. A me non importa più nulla di te!- si sfogò gridando contro il ragazzo che incassava ogni parola come un pugno. I suoi occhi, seppur lucidi, riuscivano ancora a trattenere le lacrime e Jess sentiva stringersi il cuore di fronte alla sofferenza che aveva creato.
-se davvero non ti importa nulla di me, perché sei venuta fino a New York? Potevi lasciarmi marcire in quello schifo insieme a mia madre, non avresti più sentito pronunciare il mio nome.
-avevi tentato di ucciderti già una volta. Potevi riprovarci.
-ma a te non importa…
-Luke era preoccupato. L’ho fatto per lui.
-e tu per lui stai mettendo a repentaglio la tua serenità mentale?- le chiese.
-io me ne andrò al college.
-manca tutta l’estate.
-voglio che Luke stia bene e con te lo è. Ha bisogno di te, ti vuole bene e anche se l’hai deluso molto continua a volertene.
-ho pensato mille volte a Luke e ancora più ho pensato a te. Quando ti ho chiamato…
-non hai detto nulla.
-avrei voluto, ma non sapevo cosa dire. Non c‘erano parole per giustificarmi, ma volevo che tu sapessi una cosa, poi hai iniziato a parlare, a dire che avevo sbagliato, che era finita. Io non me l’aspettavo…
-credevi che ti avrei aspettato? Luke diceva che non saresti tornato mai più e anch’io lo credevo.
-se tu non mi avessi lasciato al telefono, forse sarei tornato
-tu te ne eri andato!- gridò allo stremo delle forze.
-avevo i miei motivi…
-se mi avessi ritenuto veramente la tua ragazza avresti dovuto parlarmene.
-sono stato un idiota- rispose il ragazzo fissando l’asfalto della strada.
-bene.
-già. Ma ciò non toglie che mi sei mancata. Ora è tardi e io non sono tornato per riconquistarti, ma voglio che tu sappia una cosa: non sei mai stata un passatempo né mai lo sarai. Ho lottato per averti perché eri l’unica cosa bella che mi fosse mai capitata, eri l’unica a credere in me, mi hai dato fiducia, mi hai insegnato a credere in me stesso e nelle mie capacità. Sei stata la sola persona in questa città che non mi ha giudicato mai, nemmeno per un istante e io non lo dimentico. Come non dimentico che mi ero innamorato di te. Il mio sbaglio più grande è stato non dirtelo, perché se l’avessi fatto forse le cose sarebbero differenti adesso. Ma non posso tornare indietro, non posso cambiare le mie scelte, le mie parole, ma posso cercare di riparare ai miei errori.
-jess…
-lascia che finisca. Ho avuto un anno terribile e gli ultimi mesi sono stati un inferno. Sono stato un pazzo, ma per qualche strano motivo sono ancora qui e voglio mettere ordine in questa mia vita che non è mai stata tanto disastrata. Prima di tutto devo cercare di tornare me stesso, riprendermi il mio orgoglio, la mia dignità; voglio che Luke torni a fidarsi di me e questa volta per sempre. Voglio prendere il diploma e voglio che quell’espressione di disprezzo, di pena, di odio scompaia dai tuoi occhi, perché mi fa male. Se non posso riaverti, dammi almeno l’opportunità di riconquistare la tua amicizia, perché tu mi hai già salvato una volta e forse sei l’unica a poter compiere nuovamente il miracolo.
-non lo so, Jess- rispose Rory tremando come una foglia- devo andare- disse lasciandolo sul marciapiede, mentre lei, confusa, tornava a casa. Concedergli un’altra occasione significava indebolirsi nuovamente e lei non voleva, perché conosceva l’effetto di Jess sul suo cuore: prima o poi avrebbe ceduto, ne era certa. Ma tutte quelle parole, il fatto che tenesse a lei, che fosse importante, che avesse bisogno del suo aiuto… come poteva tirarsi indietro? Come poteva rifiutare la sua richiesta? Come poteva far finta di non aver sentito che era stato innamorato di lei, che voleva riprendersi ciò che aveva lasciato dodici mesi prima, che gli bastava la sua amicizia? Entrò di corsa in casa, lasciò la busta sul tavolo e corse in camera piangendo: come poteva ignorare il desiderio di riavere il suo Jess, il suo amico, il ragazzo di cui si era innamorata, il ragazzo che nonostante tutto continuava ad amare? Conosceva Jess troppo bene per non capire che quelle parole erano sincere; i suoi occhi castani, così tristi, spenti, ma determinati allo stesso tempo, la sua espressione decisa, quei piccoli gesti con le mani, i pugni stretti tipici di Jess: tutto in lui, mentre parlava, le diceva che non stava mentendo, che i suoi propositi erano reali e che avrebbe lottato per realizzarli, per tramutare quelle che al momento erano solo parole in fatti concreti. Quando Jess voleva qualcosa la otteneva; non esistevano ostacoli. E se aveva scelto di tornare a Stars Hollow, dove l’intera popolazione lo avrebbero giudicato, odiato, tentato di allontanarlo, allora significava che era l’unica soluzione. Lui contro tutti per dimostrare che sbagliavano.




continua...
 
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Phi Phi
view post Posted on 1/3/2004, 22:08




9° episodio

è stralungo ma l'ho fatto x voi, altrimenti veniva stracorto (scusate il giro di parole)



-allora Rory, la nonna mi ha detto che hai passato un paio di giorni da noi mentre eravamo fuori città- disse Richard in attesa che Jasmine, la nuova cameriera di Emily, portasse in tavola il dolce.
-sì, mi sono già scusata con la nonna per non avervi avvertiti, ma è stata una decisone improvvisa.
-oh, non c’è nessun problema. Mi dispiace solo che no ci fosse nessuno, nemmeno Jasmine.
-beh, sono riuscita a svaligiare il frigorifero anche senza il suo ausilio- rise ripensando alle preoccupazioni della nonna riguardo i ladri.
-hai ragione, a voi due non è mai mancato l’appetito!- disse guardando anche Lorelai –eppure siete magrissime! E ultimamente Rory tu mi sembri dimagrita… a Yale il cibo non di tuo gradimento?
-no, anzi è buonissimo! Deve essere una tua impressione- si difese. Sapeva di essere dimagrita negli ultimi mesi, ma sperava che non si notasse. Purtroppo tra esami, interrogazioni e test aveva avuto poco tempo per pensare al cibo: le bastava il suo caffè, il resto non contava.
-Richard ha ragione- intervenne Emily –ma l’importante è che al nostro caro Tristan non dispiaccia.
-Tristan?- chiese il nonno –chi è?
-il figlio dei DuGray!- disse con entusiasmo la moglie –frequenta Harvard ed un ragazzo incredibilmente educato e di gran classe. Pensa che frequentava la Chilton con Rory e noi non lo sapevamo! Ho invitato la sua famiglia per la festa in onore di nostra nipote e i due si sono rivisti e a quanto pare sta nascendo qualcosa…
-e così il figlio dei DuGray è il tuo ragazzo? Mi fa molto piacere che ti stia interessando a…
-a qualcuno di un livello più alto dopo un garzone come Dean o un vandalo irrispettoso come Jess?- chiese la ragazza continuando a mangiare la sua crema –beh, effettivamente Tristan viene da una famiglia molto ricca, ma non è il bravo ragazzo che credete, strano che tu non sia informata nonna…
-Rory…
-non preoccuparti mamma… nonna, non sapevi che “il mio ragazzo”, come lo definite voi, è stato spedito alla scuola militare per evitare che continuasse a creare problemi alla Chilton? Non ricordo più quante siano state le sue sospensioni!- affermò cercando di ricordare il numero esatto senza riuscirci.
-beh…- disse Emily imbarazzata. Nessuna delle sue amiche ne sapeva niente e lei non era stata informata. I DuGray avevano tenuto per loro la notizia per evitare un pubblico scandalo e ci erano riusciti bene.
-forse il circolo delle Matrone o come si chiama non ne era al corrente, ma Tristan porta guai esattamente come Jess. Volete proteggermi anche da lui o forse il fatto che il suo conto in banca sia composto da migliaia di zeri vi fa passare sopra una sciocchezza del genere?
Rory sparava a raffica domande di quel tipo nella più assoluta calma, come se non fosse per nulla arrabbiata e si stesse prendendo gioco di loro. Quel comportamento ribelle ricordava ad Emily lo stesso atteggiamento di Lorelai e temeva che anche la nipote potesse cacciarsi in qualche guaio.
-evidentemente le amiche della nonna non ne erano informate- rispose Richard- ma non intendevo ciò che hai pensato. Il fatto che sia ricco non gli da certamente il diritto di comportarsi in modo sbagliato, né di infrangere le regole. Io spero che la scuola militare abbia dato i suoi frutti e che questo giovane abbia messo la testa a posto, ma se così non fosse ti informo fin da subito che non poterò benedire questa unione, almeno che il ragazzo dimostri di tenere a te in modo particolare e mi faccia intendere che per il tuo bene sarebbe pronto a scendere a compromessi.
Rory ascoltò con attenzione il nonno: era una risposta tipica da lui e ben ragionata; -bene.
-bene!- disse Lorelai per spezzare il silenzio calato nella stanza –avete visto che bella giornata? Oggi il sole era particolarmente.. caldo, giallo… ehm, soleggiato.
-non cambiare discorso Lorelai- la riprese sua madre –tua figlia esce con un delinquente e tu lo permetti?
-non esagerare…
-non esagero! È stato mandato alla scuola militare! Sospeso Dio solo sa quante volte!
-è un bravo ragazzo…
-davvero? E quanto bravo? Quanto l’altro? Quello arrivato qui con un occhio nero e che ha litigato con tua figlia nello studio di tuo padre? Lo stesso che l’ha abbandonata senza una parola?
-mamma…- disse Lorelai cercando di fermarla,vedendo il fuoco ardere negli occhi di Rory.
-vuoi che anche questo se ne vada? Certo, tanto tu sei abituata agli abbandoni: Christofer l’ha fatto diventare sport nazionale! Ma questo non significa che tua figlia debba avere la tua stessa sorte! Preferisci che prima la metta incinta?
-nonna, la mamma ha sbagliato, papà anche. Ora è tutto apposto, non farne una tragedia- disse Rory cercando di trattenersi: esplodendo avrebbe fatto il gioco di Emily e non voleva –capita a tutti di sbagliare, ma per me non è un problema essere al mondo, tanto meno vedere mio padre raramente: so che mi vuole bene e che vorrebbe essere con me, ma non vuole commettere ancora l’errore di lasciare che sua figlia cresca senza un padre. Ha una seconda chance, la sta solo cogliendo. La mamma ha accettato la sua decisone, l’ha capito e a me va bene, anzi l’ho sempre appoggiata. Per quanto riguarda Jess… anche lui ha sbagliato e lo sa bene, ma ormai è passato un anno e non mi va di riprendere questo discorso. Inoltre Tristan non è il mio ragazzo, siamo usciti qualche volta, siamo amici e questo non implica un matrimonio. Lui sa di essersi comportato male al liceo e adesso sta facendo il possibile per restarsene calmo e non dare problemi a nessuno. Quindi è tutto apposto: nessuno mi abbandonerà perché non permetterò che lo facciano, ok?-chiese, riprendendo con calma a mangiare la crema dopo aver visto un segno di assenso da parte dei nonni. Ma perché la crema di Jasmine era diventata improvvisamente immangiabile? Un mattone che le si fermava nella gola?

“sei stata incredibile stasera” le aveva detto sua madre al ritorno da Hartford. Aveva solo cercato di difendere se stessa e ci era riuscita. Sua nonna aveva attaccato la sua capacità di scegliere le persone e come sempre aveva giudicato senza sapere nulla. Sperava di non diventare mai così, voleva restare senza pregiudizi per sempre, voleva potersi fidare di se stessa e degli altri incondizionatamente, ma ripensandoci non era umanamente possibile. Bastava pensare a Jess: non si fidava di lui, non credeva in lui, non aveva nemmeno voluto ascoltarlo in almeno due occasioni da quando era arrivato. Come poteva lui cercare ancora il suo aiuto dopo che l’aveva trattato a pesci in faccia? Non lo vedeva da un paio di giorni: voleva prendersi del tempo per riflettere alla sua richiesta, ma non era ancora riuscita a decidere, rimettere tutto in gioco la terrorizzava. Decise che ci avrebbe pensato più tardi e, seduta sulla sponda del ponte, riprese a leggere il libro iniziato pochi giorni prima e che non riusciva più a finire di leggere. In condizioni normali arrivava alla fine in pochi giorni, massimo tre, ma ogni volta che iniziava un capitolo si perdeva nei suoi pensieri, nei problemi e si distraeva, dovendo poi riprendere la lettura dall’inizio e concentrandosi per capire ciò che era scritto. Era quasi arrivata alla fine della prima pagina quando sentì un rumore di passi provenire dalla sua destra e voltandosi vide Jess in piedi con un libro in mano. Il ragazzo si scusò e, al ricordo di ciò che era accaduto pochi giorni prima, disse che sarebbe tornato più tardi.
Vederlo mentre si allontanava, solo, con l’aria di chi ha bisogno di staccare, le fece impulsivamente dire di restare, dato che lo spazio era tanto e quello era un luogo pubblico. Jess, sorpreso, esitò di fronte a quell’affermazione, poi prese a camminare verso la ragazza e si sedette a pochi passi da lei. Il legno scricchiolava e l’odore del lago riempiva le sue narici: aveva avuto la stessa sensazione di pace molte volte in quel luogo, l’unico in tutta la città che amasse. Rory aveva ripreso a leggere e l’unico suono che si sentiva era lo scroscio dell’acqua sulla costa. Jess aprì il suo libro e cercò di capire le parole che erano scritte sulle pagine, ma nonostante i ripetuti tentativi non ce la faceva: la presenza di Rory lo inquietava.
-come stai?- gli chiese improvvisamente, dopo aver capito che per quel pomeriggio di quel libro non avrebbe capito nulla. Il ragazzo, preso alla sprovvista disse, con la solita ironia, che sopravviveva.
-tu invece?
-bene- rispose Rory con grandi movimenti di assenso del volto.
-Così stiamo tutti bene.
-sembra di sì -rispose Rory guardando prima il ragazzo, poi il l’acqua sotto i suoi piedi; -oggi non lavori?
-no
-ah. E perché?
-giorno libero.
-capisco- disse pensando che quella situazione era troppo imbarazzante per continuare. Avrebbe preferito alzarsi e tornarsene a casa, ma qualcosa la tratteneva e quando si rese conto di cosa si trattava, il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Voleva sapere la verità, capire cosa era successo; non voleva giudicarlo senza conoscere i suoi motivi, non voleva diventare come Emily. Voleva credere in Jess, aiutarlo. Dargli quella chance che aveva offerto anche a Tristan, la stessa che avevano avuto i suoi genitori, la stessa che aveva avuto suo padre con la bimba di Shelly.
-Jess?
-eh?
-cos’è successo a Los Angeles?
-non credo che ti piacerebbe saperlo- rispose sorpreso da quella domanda improvvisa. Gli era sembrato di capire che per nulla al mondo avrebbe cambiato idea al suo riguardo, che mai gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio. Ma lo stava guardando dritto negli occhi in quel momento e in quegli stessi occhi blu, del medesimo colore del cielo, leggeva determinazione a sapere, ma…
-non mi vada parlarne- le rispose. Dopo quei discorsi si rifiutava di dirle tutto e ancora una volta si chiudeva nel suo silenzio per evitare spiegazioni e delusioni. Rory annuì e riprese a leggere, o almeno così sembrava. Jess cercò di fare lo stesso, ma le lettere si confondevano e le frasi erano prive di significato: mai come allora Ernest gli sembrava così inutile. Chiuse il libro e guardò il cielo: Rory voleva capire.
-ho avuto qualche problema- cominciò attirando al sua attenzione – mio padre si è rivelato un vero fallimento e non mi ha voluto tra i piedi, così me ne sono andato. Ho conosciuto un paio di ragazzi e sono andato a vivere con loro, poi avendo un po’ di soldi a disposizione, ho affittato un bilocale.
-hai raggiunto la tua indipendenza- disse Rory riempiendo un attimo di silenzio del ragazzo.
-sì, ma si è rivelato un altro fallimento. I soldi non bastavano e nonostante facessi due lavori non riuscivo a mantenermi. Poi ho conosciuto Brian. È venuto a vivere con me e abbiamo diviso l’affitto.
-bene, ma io…
-so cosa vuoi sapere- le rispose Jess anticipandola –Brian è stato l’inizio di tutto. È arrivato in un momento particolare e, non so come, mi sono lasciato trascinare…
-intendi la droga? Ma se hai appena detto che facevi due lavori per riuscire ad arrivare alla fine del mese? Come facevi a compararti anche…
-quando è arrivato Brian le cose sono migliorate e ho lasciato uno dei due lavori, quello meno redditizio, ovviamente. Credevo di potermi controllare, dicevo che avrei potuto smettere in qualsiasi momento, ma non mi rendevo conto che ogni giorno avevo bisogno di più roba e i soldi hanno cominciato nuovamente a scarseggiare. Brian mi aveva fatto credito, ma…
-cosa?!- disse interrompendolo –Brian è uno…
-uno spacciatore. Avevo un enorme debito con lui e sapevo di non poter ripagarlo. Così… ho iniziato a lavorare per lui. Lo so, sono stato uno stupido, ma non avevo scelta e in quel momento avevo bisogno di drogarmi, Rory…
-perché, Jess?
-la mia vita era un disastro e non ce la facevo più. La gente continuava a giudicare e io avevo fatto l’impossibile per cercare di accontentarli, ma non potevo fare miracoli! Non sopportavo più le chiacchiere, le occhiate furtive, i silenzi improvvisi quando passavo. Tu non sai cosa significhi essere evitati, Rory. Ho soppresso la mia natura per anni senza alcun risultato e ho detto basta a tutto. Se agli altri non andavo bene, non c’era problema: avrei continuato a vivere a modo mio. Purtroppo non ho tenuto conto del mio passato, quello che mi aveva cambiato. Ciò che ero e ciò che ero diventato erano divenuti un’ossessione. Mi sentivo in colpa per essermene andato da qua, per aver lasciato te e Luke, per avervi deluso, ma non potevo tornare, lo sai. Non avevo intenzione di affrontare tutti e tu mi avevi lasciato senza mezzi termini- disse guardando nel profondo dei suoi occhi –io ho pensato a te ogni singolo giorno e ci stavo male. Solo una cosa mi sollevava e mi faceva dimenticare tutto, seppur per poche ore…
-i problemi non si risolvono in questo modo.
-ora lo so, ma qualche mese fa non ero affatto lucido. Avevo continui incubi, dormivo poco, lavoravo troppo e tutti miei sforzi non servivano a nulla. Tutti gli errori del passato si sono riversati nella mia mente come una tempesta e io non ho retto; solo la droga mi ha fatto sentire meglio e ho creduto che forse un giorno quelle ore sarebbero diventate giorni, poi mesi e anni e finalmente un giorno sarebbe sparito tutto dalla mia memoria. Ma quel giorno non arrivava mai e tu continuavi ad assillarmi, mi sgridavi, ti arrabbiavi, mi lasciavi, non capivi. Io volevo spiegarmi, ma non ci riuscivo e tu ti allontanavi. Ogni notte tornavi, ma la scena era sempre la stessa: dopo interminabili ore di tortura e sofferenza scomparivi nel buio, mentre l’intera Stars Hollow rideva di me e Luke diceva di avermi avvisato, non avrei dovuto mai pensare a te perché non ti meritavo. E aveva ragione.
-ma l’affetto non è un merito! A me non interessava la tua vita a New York, tanto meno il fatto che fossi un ribelle, anzi spesso adoravo quell’aria da tenebroso! Io ero orgogliosa del ragazzo che stavi diventando: lavoravi, aiutavi Luke, studiavi e stavi con me. A me bastava tutto ciò.
-mi dispiace davvero.
-hai esagerato, Jess. Poteva costarti la vita.
-lo so-rispose con un mezzo sorriso –per fortuna c’eri tu con me…
-Io?
-sì- rispose sorridendo come da mesi non faceva –in ospedale c’era una gran confusione, ricordo molte voci, luci bianche. Stavo per cedere quando mi sono reso conto che non potevo andarmene senza averti parlato per un’ultima volta, così tu sei venuta da me e io ti ho detto qualcosa, ma ricordo solo di essermi scusato.
Rory lo ascoltò commosso: dopotutto sarebbe andato a lei il suo ultimo pensiero e lei non avrebbe mai potuto saperlo; -e io? Cosa ho detto?
-ricordo solo un sorriso, nient’altro. Dopo qualche giorno mi sono svegliato pieno di tubi e aghi. Mi sentivo uno straccio.
-mi dispiace
-non devi, meritavo tutto.
-ciò che conta è che tu stia bene. non avrei mai sopportato di saperti morto, Jess- disse Rory allungandosi verso il ragazzo e stringendolo tra le sue braccia. Giudicarlo era un errore, Jess aveva semplicemente bisogno di comprensione e di un amico e lei voleva essere quell’amico. Voleva che tutto tornasse come prima, come quando si erano conosciuti; parlare ancora con lui, passeggiare a volte in silenzio, sentire solo la sua vicinanza, senza implicazioni di alcun tipo, se era possibile. In quell’istante si chiese se Jess capiva ciò che stava pensando e qualcosa le diceva che era esattamente così. Il ragazzo, spiazzato dal gesto, dopo un primo momento di esitazione si rilassò e l’abbracciò a sua volta, felice di sentire nuovamente il suo odore sulla sua pelle, annusare quel profumo di mandorla che i capelli di Rory avevano sempre emanato, ipnotizzato dal pensiero di averla ancora una volta per sé. Non gli importava che tornasse ad essere la sua ragazza, gli bastava avere la sua fiducia e la sua amicizia e sapeva che Rory non gli avrebbe dato altro che quella.
Il cellulare cominciò a suonare e, di malavoglia, la ragazza si allontanò da Jess per rispondere: -Pronto? Mamma, dimmi. No, sono uscita. Dove? Adesso? Ah, ok. Allora ci vediamo fra un po’. Ciao!
-Lorelai?- chiese Jess giocherellando col suo libro, aspettando il cenno di assenso di Rory.
-Devo andare- rispose la ragazza- mia nonna sta per venire a casa e…
-ok.
-ci vediamo.
-certo, ciao- disse Jess, mentre Rory si allontanava. La sensazione di vederla sempre più piccola, sempre più lontana non era bella e gli ricordava il passato; quel passato che avrebbe voluto dimenticare, ma che non avrebbe mai potuto fare. Ciò che era accaduto era grave al punto di averle raccontato solo una parte della verità: non riusciva a dirle tutto, non per ora. Il fatto che si fossero avvicinati lo rendeva così positivo ed ottimista da non voler rovinare tutto con i guai che aveva combinato a Los Angeles.
-Jess?- si sentì chiamare d’un tratto: Rory si era fermata all’inizio del ponte e, nonostante la distanza, riusciva a cogliere quella lieve incrinatura delle sue labbra che la ragazza aveva quando qualcosa la rendeva felice. La guardò in attesa della sua richiesta e si sentì leggero quando lei parlò: -se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa… chiamami in qualsiasi momento, ok?
-e se non avessi bisogno di nulla? Sai, Luke mi vizia…- ribatté col suo solito sarcasmo.
-chiamami ugualmente!- rispose Rory sorridendo. Gli aveva dato un’opportunità e non l’avrebbe sprecata.

-la nonna è veramente incredibile- si lamentò Rory al fianco della madre – venire fino a Stars Hollow per dirmi di essersi informata sul conto di Tristan!
-avresti dovuto aspettartelo, le hai detto tu che era uno scapestrato al liceo…
-lo so, ma mi sembra ugualmente così… fantascientifico! Per fortuna ha messo la testa apposto e lei mi è sembrata felice del netto miglioramento.
-le sarebbe dispiaciuto se sua nipote avesse smesso di uscire con “un DuGray”! sei l’orgoglio di mia madre, tesoro!- scherzò Lorelai aprendo la porta del locale –sta riponendo in te tutte le speranze che io ho felicemente calpestato da ragazza.
-lo so e questo mi spaventa. Non piace questo vincolo. È la mia vita e lei dovrebbe starne fuori!
-parole sante! “dovrebbe”, ma non lo farà. Mi dispiace, Rory.
-anche a me; temo che dovrò far loro un altro bel discorso, non credi?- le chiese.
-cosa?! Se lo farai, io verrò accusata di non aver saputo educarti e tirerà nuovamente fuori la storia di tua padre… ti prego, figlia mia, risparmiami!- la pregò inginocchiandosi al centro della stanza.
-Hey! Ma che diavolo stai facendo, Lorelai! Alzati!- la rimproverò Luke uscendo dalla cucina.
-oh, Luke! Mia figlia è diventata un mostro! Ha lingua troppo lunga!
-tale madre…- rispose l’uomo preparando il caffè in previsione della richiesta che sarebbe di lì a poco arrivata.
-no, credimi è peggio di me! Vuole rovinarmi!
-mamma… ok, non dirò nulla.
-grazie!-rispose Lorelai sollevata afferrando una brioche dal banco.
-almeno per ora…- sghignazzò sedendosi al tavolo -hey, Luke. Tutto bene?
-a parte voi due pazze nel mio locale deserto? Certo, e poi ho il telefono qui vicino pronto per chiamare soccorsi in caso la vostra salute mentale peggiori…
-simpatico! Cos’è successo oggi da renderti così giocoso, Lukie?- chiese Lorelai parlando a bocca piena.
-nulla!- si difese strofinando il banco, mentre Lorelai lo fissava intensamente innervosendolo.
-una donna gli ha fatto i compimenti per i suoi piatti- disse Jess scendendo dall’appartamento.
-parli sempre a sproposito, eh Jess?- lo rimproverò imbarazzato.
-e tu sei così felice solo per gli elogi di una sconosciuta? Io e Rory veniamo a mangiare da te da una vita e tu non sei mai stato così contento per i nostri complimenti!
-non era una qualunque…- si difese Luke spiegando che quella era una giornalista che avrebbe scritto un articolo di critica positiva sul New York Times nel rubrica di “gastronomia e viaggi”.
-oh, tesoro è una tua futura collega!- disse Lorelai dimenticando Luke e rivolgendosi alla figlia.
-così sembra. Ma è meraviglioso, vero mamma?
-dì un po’ Luke, perché non l’hai mandata al Dragon Fly? Un po’ di pubblicità non fa mai male!- chiese Lorelai, mentre Jess si avvicinava a Rory e le portava il suo caffè.
-grazie.
-prego. Ti spiace se…- disse indicandole la sedia vuota.
-no, siediti! Tutto ok?
-nelle ultime cinque ore non sono cambiate molte cose… -rispose il ragazzo –ma credo di doverti ringraziare per la fiducia.
-non c’è di che- disse Rory sorridendo.
-tua madre lo sa che…
-no, ma dal modo in cui ci sta fissando credo che abbia capito- rispose mentre Jess si voltava verso Lorelai notando gli sguardi suo e di Luke visibilmente stupiti.
-rischio la morte?- le chiese.
-la porta è lì e dato che non ha armi nella borsa credo che potresti farcela a scappare senza subire conseguenze-disse con serietà, mentre Jess si alzava.
-Hey, Rory!- si sentì risuonare nel locale vuoto -immaginavo di trovarti qui!
-Tristan? Ciao. Dovevamo incontrarci?- chiese Rory confusa da quell’improvvisata.
-no. Ho provato a chiamarti ma avevi il cellulare spento e in casa non rispondeva nessuno, così sono venuto di persona- spiegò avvicinandosi alla ragazza e dandole un bacio sulle labbra; -Jess- salutò vedendolo in piedi di fianco al tavolo.
-scusa, ma non ricordo il tuo nome- rispose il ragazzo.
-non importa- si contenne Tristan – portami una birra.
Jess avrebbe voluto spaccargli la faccia per tre motivi fondamentali: primo, per essere entrato in quel locale; secondo per averlo trattato come uno sguattero di ultima categoria e terzo, per averla baciata. Si chiedeva fino a che punto si fossero spinti; era passato un anno e a quanto aveva sentito dire girando tra i tavoli, Rory era uscita con diversi ragazzi e probabilmente non era più la ragazza pura e vergine che conosceva. Gli dispiaceva solo non essere stato lui il primo. Facendo buon viso a cattivo gioco Jess andò prendere la birra e gliela pose sul tavolo, poi se ne andò in silenzio e simulando tutta la calma possibile nell’appartamento. A Rory dispiacque non poter parlare con Jess: avrebbero potuto continuare il discorso iniziato quel pomeriggio o quello cominciato pochi minuti prima proprio da lui; l’intrusione di Tristan aveva rotto un equilibrio e lei sperava solo che Jess non se la fosse presa.
-è successo qualcosa? Come mai sei venuto qui?
Tristan notò l’espressione più scocciata che piacevolmente sorpresa e si sentì di troppo, quasi un intruso in quel gruppo formato da Lorelai, Luke, Rory e… Jess. Continuava ad odiarlo per milioni di motivi, tutti riconducibili a Rory, la sua Rory. Voleva il cuore, la mente e il corpo della ragazza solo per sé, ma capiva che in realtà riusciva ad averne solo il terzo. Era presente, forse lo ascoltava, ma il più delle volte gli sembrava di essere di fronte a un sordo. Vedeva il suo sguardo perdersi nell’infinito e quando i suoi occhi non lo fissavano sapeva che stava pensando a lui; non importava che fosse perché lo odiava o perché lo amava, ma nel suo cuore e nei suoi pensieri sembrava esserci posto solo per Jess e si chiedeva perché dopo tutto il male che le aveva fatto.
-a dir il vero pensavo che potevamo uscire insieme, una pizza…
-è un’ottima idea! –esclamò Lorelai dal banco dopo aver ascoltato l’intera conversazione.
-mi dispiace, ma io ho già mangiato…- rispose Rory dopo aver fulminato la madre con lo sguardo.
-beh, possiamo comunque andare a fare un giro- insistette Tristan cercando di schiodarla da quel luogo.
-hai avuto un’idea veramente carina, ma ho un leggero mal di testa e credo che sia meglio andare a casa. Io non lo sopporto e se peggiora divento intrattabile!
-capisco. Sono le nove di sera Rory, perché sei ancora qui? Se hai mal di testa dovresti essere a letto- disse Tristan –o forse Luke, oltre a panini e patatine, vende anche aspirine? avevi finito la scorta a casa?
-ma che stai dicendo?- chiese Rory al limite della sopportazione –non ti permetto di parlarmi così! Che diritto hai?
-o forse la mia ragazza preferisce starsene in una tavola calda insieme al suo ex che oltretutto le ha spezzato il cuore?
-io non sono la tua ragazza…
-davvero? E i baci, le uscite? per te non contano nulla?
-Tristan…
-ok, ma sai perché non sei la mia ragazza? Perché non vuoi esserlo, Rory. Perché all’improvviso è arrivato quel teppista e tu non hai capito più nulla. Perché anche se fai la dura e cerchi di nasconderlo, tu provi ancora qualcosa per Jess. Dimmi se sbaglio.
-è meglio che tu te ne vada- rispose Rory.
-lo credo anch’io- disse Tristan alzandosi e lasciando 20 $ sul tavolo per la birra, che non aveva nemmeno toccato.


continua!!!!!





 
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Phi Phi
view post Posted on 2/3/2004, 22:48




10° episodio



Stars Hollow aveva l’ennesimo gossip da far circolare e di cui parlare, supporre e tutto ciò che ne consegue. Da Luke avevano alzato troppo la voce e i presenti in strada, ovvero Kirk e Babette, non avrebbero tardato a raccontare a tutti cosa era successo. Fortunatamente sua madre aveva avuto, almeno per quella volta, la correttezza di non fare commenti e lei lo aveva apprezzato: non se la sentiva di discutere con lei ancora per le sue intromissioni nella sua vita. Dopo che Tristan era uscito, si era alzata velocemente e aveva accampato una scusa per evitare di sentire tutti gli sguardi su di sé. Non aveva nemmeno più parlato con Jess, ma ciò che più desiderava era starsene da sola nella sua stanza a pensare. Perché finiva sempre quel modo? Prima Dean, ora Tristan. Sembrava che tutti e due la considerassero una proprietà, che dessero per scontata la sua disponibilità a comportarsi come volevano, a fare ciò che desideravano, a rispondere secondo i loro pensieri. E avevano la presunzione di conoscere cosa fosse giusto o sbagliato per lei, credevano di sapere cosa le passava per la testa, giudicavano ogni sua singola azione, decidevano con chi avere a che fare o meno. E in entrambi i casi centrava Jess. Lo odiavano tutti e lei, nonostante avesse sofferto le pene dell’inferno a causa sua, non ne capiva il motivo: non aveva fatto nulla di male a nessuno, era semplicemente stato se stesso e aveva cercato di cambiare per compiacerli, eppure nessuno credeva in lui e continuavano a trattarlo come uno capace solo di combinare guai. Jess non riusciva a scrollarsi il passato dalle spalle e in un certo senso a lei stava accadendo la stesso cosa: era sempre stata la principessa della città, la ragazza per bene e perfetta, educata, che fa ciò che le viene detto per rispetto nei confronti degli altri. Ma quella Rory non c’era più e nessuno lo capiva: non voleva più che Stars Hollow si intromettesse ancora nella sua vita, ma non riusciva a farlo capire; non era più la principessa innocente bisognosa di protezione, ma tutti si ostinavano a trattarla ancora come una bambina da aiutare, incapace di risolvere le situazioni da sola. Si chiedeva quando tutto questo sarebbe finito. L’unica cosa certa era che quell’unica possibilità che aveva concesso a Tristan ormai non serviva più a nulla: l’aveva scaricato per ovvi motivi e di lui non ne voleva più sapere; provare a costruire qualcosa era stato un errore: avevano avuto la loro possibilità al liceo, avrebbe potuto lasciare Dean definitivamente per lui, ma non l’aveva fatto: ormai era troppo tardi e lei era cambiata. Ora voleva solo aiutare Jess, lui aveva bisogno di lei e Rory aveva bisogno di qualcuno che non fosse Lane, la quale ormai usciva regolarmente con Dave e aveva poco tempo per le loro chiacchierate; inoltre a volte anche lei sembrava non capire, quando si trattava di Jess il suo pensiero si fondeva con quello del resto di Stars Hollow. Nei ricordi nostalgici dei tempi passati con la sua amica, sentì il suo cellulare suonare e con stupore vide che si trattava proprio di Lane.
-pronto? Lane?
-ciao! Ti disturbo? –chiese la ragazza.
-no.
-in città si parla di te. Tutto ok?
-le notizie corrono troppo in fretta, comunque sì, tutto ok. Ho avuto solo una piccola discussione con Tristan.
-pensavo che le cose tra voi andassero alla grande.
-prima che lui si trasformasse in un fidanzato geloso…- rispose Rory seccata.
-oh, non sapevo che foste fidanzati!- esclamò Lane.
-Nemmeno io –fu la risposta secca dell’amica.
-e adesso?
-non voglio nemmeno pensarci! Odio questa città, Lane. Voglio solo tornarmene a Yale e dimenticare tutto.
-capisco che Tristan possa sconvolgerti, ma…
-non è solo per lui… Taylor, Babette, Miss Patty, questa città, mia madre, Jess…
-cosa centra Jess?
-niente- disse Rory; non voleva parlare di lui con l’amica –è solo un elenco.
-tu non me la racconti, Rory Gilmore. Ora devo andare, mia madre sta salendo. ma se hai bisogno…
-ok, grazie. Ciao
-ciao
Rory appoggiò il telefono sul suo letto e si distese: dormire e non pensare era tutto ciò di cui aveva bisogno, mentre Lorelai si trovava ancora da Luke. Dopo la discussione con Tristan aveva preferito non infierire, sapendo che la figlia non avrebbe gradito. Sapeva che prima o poi sarebbe successo: nell’ultimo anno sembrava che Rory avesse perso la capacità di legarsi a qualcuno e ogni scusa era buone per troncare tutto sul nascere. Probabilmente con Tristan ci sarebbero state buone possibilità se lei si fosse impegnata nel costruire qualcosa con solide basi, ma fin dal loro primo diverbio aveva capito che non sarebbero usciti insieme a lungo.
-non ti ricordava qualcuno?- le chiese Luke quando il locale fu vuoto.
-a chi ti riferisci?
-quel ragazzo
-Dean. Stesso atteggiamento possessivo che Rory odia. Ma il torto non è tutto suo. Mia figlia potrebbe passarci sopra o almeno parlarne con calma, invece di mandarlo via. Taglia i ponti semplicemente, come se non volesse soffrirne le conseguenze- spiegò Lorelai.
-ma hai sentito anche tu di cosa parlavano…
-e chi non lo ha fatto?! Credo che persino mia madre ad Hartford abbia ascoltato la discussione.
-e non ti è sfuggito nulla? Per esempio il nome di quello sciagurato di mio nipote?
-Jess? Certo, ho sentito. Non è la prima volta che lui è argomento delle loro conversazioni. E poi non è colpa sua.
-tu lo credi?- chiese Luke senza accorgersi della presenza del ragazzo dietro la tenda –come al solito i guai sono iniziati nel momento in cui è tornato. Non cambierà mai, sarà sempre capace di portare solo confusione e ciò che più mi irrita e che a lui non interessa minimante. Sconvolge la vita degli altri come se niente fosse, passa e poi se ne va. Guarda Rory! Per Jess lei e Dean si erano lasciati, poi lui ha lasciato lei andandosene senza dire nulla e adesso che Rory sembrava stare bene insieme a quel ragazzo ecco che riappare e confonde tutto! Credi che siano solo coincidenze? Quel ragazzo porta solo guai…
Jess decise che aveva sentito abbastanza e tornò al piano superiore: si fermò per un istante a guardare la stanza che lui e Luke avevano ristrutturato l’anno precedente, fissò a lungo il letto che dopo mesi aveva finalmente avuto, diede un’occhiata all’esterno vedendo Babette parlare con altre donne. Scompiglio, confusione e guai: questo era ciò a cui Luke pensava quando lo vedeva, eppure era stato lui a chiedergli di tornare. Aveva sbagliato a pensare che forse, stavolta, avrebbe potuto farcela. Afferrò il suo borsone e cominciò a riempirlo velocemente…
Quando Luke, finito di riordinare il locale, salì nell’appartamento, si bloccò al cospetto del ragazzo vestito e pronto ad andarsene, mentre la stanza era sgombra da ogni suo oggetto. Lorelai gli aveva suggerito di parlare con lui, tentare di capirlo, chiedergli cosa fosse successo, anziché tenersi tutto dentro. Dopotutto vivevano insieme e ormai erano una famiglia, non poteva continuare a supporre: doveva capire il comportamento di suo nipote per poterlo aiutare meglio a superare quel terribile momento.
-che diavolo stai combinando?
-esaudisco i tuoi desideri nascosti, zio Luke- rispose sarcastico.
-come? Ma che stai dicendo?- gli gridò sorpreso.
-non ho intenzione di combinare altra confusione, tanto meno di sconvolgere ulteriormente la tua vita e quella di questa maledetta città, che oltretutto ho odiato fin dal primo momento. Quindi spostati, devo andarmene- disse avanzando verso la porta, mentre Luke gli faceva largo.
-credi di risolvere tutto fuggendo?
-non sto fuggendo, sei tu a non volermi qui. Mi chiedo perché tu abbia fatto tanto per farmi tornare… volevi umiliarmi? O forse fare bella figura davanti alla tua cara Lorelai?
-smettila!
-perché tanta fatica se non volevi avere guai in casa con te? Avevo capito male, credevo che almeno di te potessi fidarmi, invece…
-dove vuoi andare, eh Jess? Tuo padre non vuole saperne di te e tua madre… beh, a lei non è mai importato nulla! Non ti sarà certo di conforto.
-New York, proprio da Liz. Vedi, è vero che a lei non è mai importato nulla di me-rispose fissandolo dritto negli occhi, come se quel suo sguardo potesse ferirlo e farlo soffrire come stava facendo lui in quel momento- ma almeno, a dispetto di altre persone che conosco, non mi giudica.
-e che mi dici di Rory?
-Rory ha la sua vita. Ti avevo già detto che non ero qui per lei.
-eppure ho visto che voi due oggi…
-nulla. Solo amicizia e mi dispiace doverla tradire ancora, ma non è colpa mia… non stavolta. Addio Luke- disse chiudendosi la porta alle spalle. Ancora una volta Luke avrebbe dovuto fermarlo, ma non riusciva a muoversi: erano bastate poche parole per farlo andare via per l’ennesima volta. Aveva perso di nuovo suo nipote e questa volta la colpa era solo sua: invece di parlargli, si era sfogato con Lorelai senza capire che Jess aveva bisogno di sostegno, non di rimproveri. L’aveva ferito con le sue parole, lo aveva letto nei suoi occhi, e non se n’era reso conto e solo Dio ora poteva sapere cosa avrebbe fatto. Sperava che non si lasciasse trascinare nuovamente nel vortice della droga: non avrebbe sopportato la notizia della sua morte, soprattutto sapendo che Jess era in collera con lui. L’ultima cosa che udì fu il rumore del motore della moto del ragazzo, poi il silenzio in cui quella stessa casa era caduta un anno prima nella stessa circostanza.

Jess si avvicinò in silenzio alla casa delle Gilmore e notò che Lorelai non c’era. Avrebbe dovuto dare una brutta notizia a Rory e aveva paura, ma per una volta non voleva andarsene senza dirle addio. Bussò un paio di volte, ma nessuno rispose, così fece un giro intorno alla casa per controllare che fosse tutto apposto. Arrivato alla finestra della ragazza vide che se ne stava sdraiata sul letto e dormiva. Aveva un’aria così beata, così angelica… lei era il suo angelo, aveva cercato salvarlo in mille situazioni ed era riuscita cambiarlo, lui lo sapeva, anche se gli altri non se ne accorgevano. Non se la sentiva di svegliarla, evidentemente non aveva dormito molto la notte scorsa o forse aveva mal di testa, ma non voleva chiamarla. Voleva ricordarla col viso dolce, i muscoli rilassati, un sorriso sulle labbra, i suoi lunghissimi capelli sparsi sulla coperta e sulla sua schiena. Prese uno dei suoi libri dalla borsa e strappò la prima pagina bianca, scrisse poche righe ed entrò dalla finestra aperta. Sentiva perfettamente il suo profumo e il ritmo regolare del suo respiro; lasciò il foglio sulla scrivania e si avvicinò al letto: bellissima. Rory Gilmore rappresentava tutta la sua vita: il suo cambiamento, il suo grande amore, il suo gigantesco errore. Le poggiò un bacio leggerissimo sulla fronte e, in silenzio, uscì per non vederla mai più. In poche ore era cambiato tutto, si erano riavvicinati e si stavano allontanando ancora. Odiava tutta la sua vita fatta di costanti scelte sbagliate, New York che lo aveva cresciuto come un perdente, Stars Hollow che l’aveva classificato e non gli aveva dato diritto di replica, l’ottusità di Luke, il fatto di essere figlio di due esseri non definibili umani, lui, errore di una festa, abbandonato da entrambi, privato di ciò che ogni bambino avrebbe dovuto avere: semplice affetto e interesse. Invece… aveva scoperto quel sentimento solo con lei, l’unica che teneva a lui e ancora una volta la stava perdendo; odiava doverle dire addio, odiava privarsi di lei.
La luna era alta nel cielo, rotonda e lucente nell’immensa oscurità della notte. Aveva guidato per ore e sentiva un gran freddo. Le strade di New York erano sempre le stesse: buie, sporche; lui le conosceva bene, ma uno straniero che si fosse perso non sarebbe uscito vivo da quel labirinto di vie popolate da barboni, spacciatori e altra gente poco raccomandabile, esattamente come lui. Ma in quella metropoli nessuno avrebbe fatto caso ad un altro teppistello: quella non era Stars Hollow, Connecticut. Si fermò di fronte ad un complesso condominale che non aveva mai dimenticato, scesa dalla moto e si tolse il casco lentamente fissando una finestra in alto al quarto piano.
-la luce è accesa- disse respirando profondamente e afferrando la sua borsa dalla quale estrasse la chiave argentata che gli avrebbe aperto il portone. Salì lentamente le scale e sentì dei rumori provenire dalla porta scura di fronte a lui. Suonò, per non trovarsi di fronte a sua madre e qualcuno dei suoi fidanzati nudi in giro per la casa; per diversi secondi non sentì nulla, poi dei passi si avvicinarono e la porta si aprì.
-Jess?!- chiese la donna spalancando gli occhi mentre la bottiglia semi-vuota di whiskey si rovesciava sul pavimento –Jimmy non aveva idea di dove fossi. Ti credevo morto, ormai.
Il ragazzo sentì l’odore dell’alcol e delle sigarette invaderlo: non era più abituato a quegli odori e sua madre non era cambiata per niente: -ciao mamma- le rispose, mentre la donna fissava il borsone e la sua espressione incredula mutava in una evidentemente seccata.

-Buongiorno alla mia figlia preferita!- esordì Lorelai entrando nella stanza della ragazza ancora dormiente nel suo letto.
-Mamma…- si lamentò sbadigliando –cosa ci fai qui? Non dovresti lavorare?
-c’è Michel… invece quante volte devo dirti di chiudere la finestra durante la notte? Potresti ammalarti e i ladri ci svaligerebbero senza esitare!
-hanno rubato qualcosa?- chiese Rory senza aver minimamente ascoltato la madre.
-tu hai bisogno di un’elevata dose di caffeina… vestiti che ti porto da Luke- disse camminando verso la finestra per socchiuderla, ma fermandosi notando un foglio sul pavimento probabilmente fatto cadere dal vento –e questo?
-cosa?- chiese Rory tra gli sbadiglio.
-credo sa per te- aggiunse Lorelai leggendo la firma -come previsto qualcuno ti ha fato visita stanotte…
La ragazza afferrò il pezzo di carta che la madre le porgeva e lo lesse con attenzione riconoscendo la scrittura che mille volte l’aveva accompagnata nella lettura di qualche suo libro.
Hey,io devo andarmene. scusa se anche questa volta non ti saluto, l’intenzione c’era ma tu dormivi…Non posso restare con Luke, ho sconvolto abbastanza la sua vita, e anche la tua. i sogni sono belli, però sono semplicemente sogni e la vita reale è diversa. Grazie di tutto. Addio. Jess
Non riusciva a crederci. Era confusa, credeva che avesse scelto di restare, almeno per un po’, invece in poche settimane aveva sconvolto nuovamente tutto ed era partito senza dirle nulla, se non quattro righe su un pezzo di carta di fortuna. Il pomeriggio precedente si era aperto, aveva fatto qualcosa che persino lei credeva impossibile: si era messo a nudo, le aveva parlato apertamente di ciò che aveva fatto, cosciente che lei sarebbe potuta fuggire a gambe levate, ma si era fidato e in quel momento aveva capito che potevano tornare amici; lo sapevano entrambi. E ora, a poche ore di distanza, le scriveva che era stato solo un sogno, che la realtà è differente e non poteva sconvolgere ulteriormente la sua vita. Se solo si fosse reso conto di averle sconvolto la vita diversi anni prima…
-cosa dice?- chiese Lorelai vedendo la sua espressione confusa, uno sguardo che aveva visto diverse volte.
-se n’è andato- rispose Rory appoggiando il foglio sul letto e cadendo all’indietro tra le coperte ancora calde come se volesse fare crollare tutte le sue preoccupazioni: ora Jess era chissà dove, da solo, senza nessuno al suo fianco, privo di protezione e di sostegno. Sì, aveva bisogno di essere protetto da quel mondo che stava per ucciderlo poche settimane prima, ma ora, fuori da Stars Hollow, lei non poteva fare nulla.
-come? E perché?- chiese Lorelai con angoscia: aveva un cattivo presentimento e tutto si collegava alla sera precedente quando aveva parlato con Luke proprio di Jess. Che avesse sentito tutto?
-non lo so- rispose la figlia ancora sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi –dice di non poter restare da Luke. Eppure mi sembrava che tutto andasse bene stavolta… lui sarà così amareggiato! Andiamo a vedere come sta- aggiunse alzandosi in fretta e correndo in bagno a farsi una doccia veloce. Lorelai rimase a pensare nella sua stanza e prese tra le mani il messaggio di Jess: Non posso restare con Luke. Ho sconvolto abbastanza la sua vita. Lo stesso argomento di cui stavano parlando al locale. La donna lasciò cadere il foglio e mise la testa tra le mani, perché adesso Jess si sentiva nuovamente rifiutato e avrebbe potuto compiere una sciocchezza, esattamente come l’ultima volta. Quando Rory fu pronta andarono insieme da Luke. Il viaggio, seppur breve, fu fatto in completo silenzio, poiché erano entrambe immerse nello stesso pensiero: la salute del ragazzo.
-non trovi strano il fatto che sia partito così all’improvviso?- chiese la madre.
-conosciamo Jess. È imprevedibile.
-credevo che vi foste riavvicinati…- disse alludendo a quando li aveva visti parlare seduti al tavolo del ristorante di Luke.
-abbiamo solo parlato un po’, chiarito un paio di cose… volevo aiutarlo in questo momento così difficile per lui.
Era tempo che non parlavano onestamente l’una con l’altra senza finire per litigare e la sensazione risultava strana ad entrambe. Rory aprì la porta a vetri ed entrò nel locale semi vuoto a quell’ora. Luke stava pulendo il bancone e non aveva fatto caso al loro ingresso.
-Hey, Lukie?! Caffè in abbondanza!- gridò Lorelai come al solito, mentre Rory si sedeva al banco.
-Ciao, ragazze- rispose Luke alzando gli occhi –caffè in arrivo.
Sentivano entrambe un velo di tristezza nella sua voce così bassa e i movimenti più lenti del dovuto.
-come stai?- chiese Rory spezzando il silenzio, mente Lorelai afferrava la sua tazza. Luke la guardò confuso da quella domanda: -Bene. e tu?
-sei sicuro che vada tutto bene? con noi puoi parlarne. Il fatto che lui faccia sempre ciò che vuole lasciandoci continuamente di stucco e a chiederci che diavolo gli passi per la testa non significa che non dobbiamo esternare le nostre preoccupazioni…
-di cosa parli?
-jess.
-ah. E tu come fai a sapere…?- le chiese Luke sorpreso dal fatto che il nipote fosse sparito nel mezzo della notte e lei sapesse tutto.
-mi ha lasciato un messaggio.
-e cosa ti ha scritto? Voglio dire… non che mi interessi, ma… ok, ho sbagliato, però quel ragazzo è così istintivo! Non ascolta mai nessuno e se mi avesse lasciato spiegare…- cominciò a farfugliare preoccupato.
-aspetta!- lo fermò Rory –che significa? Perché Jess se n’è andato?
-non lo sai?-chiese l’uomo desideroso di sprofondare dopo essersi tradito da solo.
-no. Mi ha scritto che non voleva sconvolgere le nostre vite, ma io non capivo! Cos’è successo?
Luke sospirò e le spiegò gli avvenimenti della sera prima, il fatto che stesse parlando con Lorelai e Jess l’avesse sentito. Le disse che, salendo, l’aveva trovato con i bagagli pronti e le chiavi della moto tra le dita. Ma ciò che più lo faceva star male era non aver fatto nulla per fermarlo se non sparare sentenze e ricordargli che la sua vita era un disastro. Rory lo guardava scandalizzata e a Luke si stringeva il cuore: lei aveva fatto l’impossibile per far sì che Jess tornasse, nonostante l’avesse fatta soffrire come non mai, e lui aveva gettato all’aria quegli sforzi. Non era stato facile per lei convivere con la persona che l’aveva lasciata senza spiegazioni, che l’aveva fatta piangere per mesi, ma si era sforzata per capire e aiutarlo a costo di farsi del male da sola. Quello era amore, ne era certo; invece lui era stato capace di ferirlo e lasciarlo andare un’altra volta.
-non l’hai fermato? Sei rimasto immobile mentre lui partiva per chissà dove?!- gridò Rory con le lacrime agli occhi: se gli fosse successo qualcosa…
-lo so, ma…
-aveva bisogno di te!
-ehi, io gli ho dato una casa quando nessuno lo voleva!
- lui non aveva bisogno di un tetto sulla testa o di un letto, ma di qualcuno che lo aiutasse a superare tutto ciò, che non gli rinfacciasse continuamente i suoi sbagli, che cercasse di capirlo, senza giudicare! Perché ce l’ho fatta io e tu no, eh Luke?
-questo è il compito di un padre…- rispose sapendo che avrebbe fatto meglio a starsene in silenzio.
-lui tiene a te molto più che a Jimmy, sei l’unica cosa che si avvicina ad un padre e invece gli hai voltato le spalle esattamente come lui!- gridò per un ultima volta e se ne andò dal locale, col disprezzo negli occhi nei confronti di quello che aveva sempre ritenuto un uomo meraviglioso che invece si era rivelato esattamente uguale a ogni singolo abitante di quell’insulsa città.
-solo due settimane!- si disse mentre correva in chissà quale direzione- solo due settimane e tornerò al college: niente più Luke, niente più Taylor, non vedrò nessuna di queste persone…- mentre i suoi piedi la conducevano nell’unico luogo in cui potesse andare, il ponte.


contiua...

 
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Phi Phi
view post Posted on 3/3/2004, 00:17




11° episodio




-e così è arrivato il momento di andare…- disse Lorelai in lacrime, mentre caricava l’ultima valigia della figlia sull’auto. Quelle settimane erano trascorse troppo in fretta e non erano andate come aveva previsto. Sarebbe stato magnifico tornare ad essere le Gilmore di un tempo, amiche e confidenti oltre che madre e figlia, ma era solo un’utopia. Ciò che più la rassicurava era che sembrava stesse bene, nonostante non fosse più la sua bambina. La piccola principessa era diventata una regina fiera e senza peli sulla lingua: diceva ciò che pensava anche a costo di ferire le persone con cui parlava, ma le parole che uscivano dalla sua bocca erano sempre la pura verità. Dopo quell’ultima discussione con Luke, Rory si era rifiutata di andare da lui e da allora non si erano più visti. Lorelai sapeva che non era arrabbiata, ma solo ferita dal suo comportamento, oltre che molto preoccupata per Jess e qualcosa le diceva che non era solo amicizia.
-avanti mamma, non fare così!- la rimproverò alla vista dei suoi occhi lucidi –verrò appena possibile!
-dici sempre così, poi ti butti a capofitto sui libri e dimentichi di avere una madre!- piagnucolò Lorelai.
-ti prometto che tornerò la prossima settimana, così ti abituerai gradualmente al cambiamento, ok?
-lo giuri?
-certo!- rispose Rory rassegnata.
-ok!- esultò la madre come una bambina davanti ad un giocattolo nuovo.
-ora devo andare o incontrerò il traffico dell’ora di punta- disse stretta nell’abbraccio della madre.
-buon viaggio tesoro e in bocca al lupo per quest’anno. Mi chiami appena arrivi?
-ok- rispose la ragazza salendo in macchina –allora ciao!
Lorelai la salutò con la mano, mentre l’auto sportiva dei nonni si allontanava: iniziava il secondo anno al college, altri nove mesi senza la sua bambina tutta per sé, ma forse era meglio così: si sarebbe realizzata, sarebbe diventata la giornalista più brava d’America, anzi del mondo e avrebbe trovato un po’ di felicità. Lontana da Stars Hollow avrebbe riavuto il suo anonimato, la sua vita da universitaria, non avrebbe dovuto affrontare gli abitanti curiosi e pettegoli che aveva imparato ad odiare, non avrebbe visto Luke e avrebbe pensato meno a tutto, anche a Jess. Quando l’auto svoltò l’angolo, si strinse le braccia intorno al torace e rientrò in casa.
Guardando nello specchietto retrovisore, vide che sua madre stava rientrando e respirò a fondo in attesa che il semaforo diventasse verde. In pochi secondi passarono Miss Patty e Babette e fece loro un cenno con la mano sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. Era felice perché per un po’ non le avrebbe viste e non si sarebbero più intromesse nella sua vita. Da quando Jess se n’era andato aveva sentito parlare dei suoi problemi e si erano fatte mille supposizioni, finché Kirk era arrivato con un articolo di un giornale californiano che raccontava del tentato suicidio di un ragazzo, J. M. non era stato difficile fare due più due e in un baleno tutti sapevano. Si era chiesta come si sentisse Luke di fronte a tutto ciò e sua madre le aveva raccontato che Taylor era entrato nel locale parlando di droghe nei piatti, aids, problemi psicologici e mille altre cose senza senso, mentre Luke subiva passivamente, troppo provato e demoralizzato da ciò che aveva fatto a suo nipote e rendendosi conto di aver agito come stava facendo Taylor esattamente in quel momento. Si sentiva uno straccio, lo sapeva, ma quella situazione gli avrebbe fatto capire meglio il suo errore.
Guidava da un po’ quando sentì, confuso tra la musica proveniente dalla radio, il cellulare suonare. Pensò che fosse Lorelai, impaziente di sentire la voce della figlia, così accostò per non farla preoccupare: -Mamma, sono partita da solo mezz’ora!
-oh, bene a sapersi, ma al massimo potrei essere tuo padre- disse una voce familiare dall’altra parte del telefono.
-Jess?- disse pietrificata: non si aspettava una sua telefonata.
-così mi chiamano- rispose il ragazzo col solito sarcasmo –sei in viaggio?
-sì… vado a Yale, ma… dove diavolo sei?
-a casa.
-New York? Jess, accidenti a te! Sei sparito lasciandomi un biglietto; cosa ti è preso?- gridò rimproverandolo.
-hey, non ti ho chiamato per sentirti inveire contro di me!-rispose il ragazzo sorpreso da quella reazione; sperava di farle piacere, voleva sentire una voce amica, non una predica –se avessi voluto un sermone sarei andato in chiesa…
-non prenderti gioco di me, Mariano. Perché mi chiami solo ora?
-volevo solo… beh, dato che non ti avevo salutato…
-e te ne ricordi solo adesso?! Lascia che ti dica una cosa, credevo che avessi smesso di ascoltare gli altri e avessi cominciato a pensare a te stesso, alla tua salute! So cos’è successo con Luke e, credimi, gliene ho dette quattro, ma ciò non giustifica le tue azioni!
-è stato un egoista e se vuoi dirmi di tornare da lui, beh io non lo farò, ok? Non tornerò a Stars Hollow, il mio inferno personale, ok? Qui sto meglio che in quella gabbia di leoni pronti a divorarmi in qualsiasi momento!
-sul serio? Voglio dire… tua madre si è ricordata forse di avere un figlio? Perché immagino che tu sia da lei…
-non proprio, ma c’è un gioco di combinazioni: quando lei è in casa io sto fuori, quando se ne va io rientro. Semplice.
-e cosa mi dici dei tuoi amici? Quelli che ti hanno fatto mandare a Stars Hollow da tua madre? Insegnerai loro ciò che Brian ti ha insegnato a Los Angeles?- chiese con fare provocatorio, mentre dall’altra parte il ragazzo restava in silenzio; -eh, Jess?
-sai che non toccherò più quella roba, Rory. Lo sai benissimo
-come posso fidarmi?
-ok, ti ho sempre deluso, ma te l’ho detto.
-mi hai detto molte cose…
-pensa ciò che vuoi allora- tagliò corto il ragazzo –ora devo andare, i soldi stanno finendo.
-sei in una cabina?
-ciao
-jess?!
Tu…tu…tu... aveva riattaccato : era stata cattiva, ma voleva capire le sue intenzioni ed era arrabbiata con lui per essersene andato e non averle detto nulla. Probabilmente lo aveva ferito, ma in quel momento non ci aveva pensato, sperava di chiarire tutto, ma lui aveva fatto muro. Però era felice… felice che l’avesse cercata, che volesse parlare con lei anziché con qualcun altro. La statale era lunga e la via per il college le sembrava infinita. Ripose il cellulare nella borsa e rimase immobile con lo sguardo fisso sull’asfalto e in particolare sulla corsia che tornava indietro verso Hartford e poi… avrebbe dovuto continuare la sua strada, ma involontariamente le sue dita spinsero la freccia verso il basso e ripercorse la strada a ritroso.

L’ennesima ferita e l’ennesimo distacco da parte sua: se lo meritava. A Stars Hollow si era riempito la bocca di belle parole, promesse… aria. Le aveva fatto credere che le cose sarebbero cambiate e, oltre ogni più rosea aspettativa, lei gli aveva creduto, si era fidata nonostante tutto ciò che le aveva fatto, gli aveva concesso la possibilità di dimostrarle quanto tenesse a lei e alla sua stessa vita, oltre che all’affetto di Luke. Ma mai avrebbe immaginato che proprio suo zio lo ritenesse così inutile e problematico… voleva fare affidamento su di lui e questa volta aveva sbagliato: non era la persona a cui potersi appoggiare. Dopo sua madre e Jimmy, Luke si era mostrato per ciò che realmente era: un degno membro della famiglia Danes, egoista e al quale importavano solo i propri interessi. L’intera città era contro di lui e nessuno avrebbe resistito a lungo alle costanti pressioni di Taylor, si stupiva della sua capacità di sopportazione; doveva semplicemente aspettarselo, non vivere nell’illusione che tutto sarebbe filato liscio. Anche a lui sarebbe piaciuto vivere serenamente, senza problemi, con una casetta dalla staccionata bianca e un paio di cani che ti rovinano il giornale. Ma il suo passato lo perseguitava e ogni giorno temeva sempre più che quella casa, quella staccionata, una donna che lo amava… non avrebbe mai potuto averli. Si sarebbe dovuto accontentare di un monolocale sporco, un pavimento tappezzato da bottiglie o lattine di birra vuote, la finestra che dà su una caotica strada di un quartiere malfamato di New York e una ragazza al su fianco di cui non sapeva il nome. “I sogni sono per gli illusi” pensò mentre, dopo almeno mezz’ora, continuava a fissare la stessa pagina di un libro. La telefonata a Rory continuava a tormentarlo: non credeva più in lui, l’aveva delusa quando non avrebbe dovuto farlo e ora lei non l’avrebbe più aiutato, non sarebbe stata più al suo fianco come promesso, non poteva chiamarla per qualsiasi motivo. Doveva solo dimenticarla, ma sapeva bene che non ce l’avrebbe fatta: nemmeno la droga di Los Angeles aveva funzionato, come poteva riuscirci da sobrio? Perché la loro storia era così difficile? Esistevano milioni di coppie sulla superficie terrestre e tutte, o quasi, avevano una relazione relativamente semplice; ma loro no: era cominciato tutto con il suo “prendere in prestito” un suo libro senza avvisarla, poi Dean e la sua ossessione, peraltro giustificata, nei loro confronti, l’odio di Lorelai, l’incidente in auto, il suo ritorno da New York e quel meraviglioso bacio che non aveva portato a nulla, Shane, quel maledetto diploma, il ballo, la festa di Kyle, Jimmy… un problema dopo l’altro, un nuovo ostacolo da superare ogni giorno e ora che tutto poteva risolversi ci si metteva Luke. Forse era destino che tra loro non ci fosse nulla, ma faceva male perché gli era stata data l’opportunità di trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda e di stare insieme, aveva sforato la felicità, poi gli era stata bruscamente tolta. Era un vero incubo…
Alzò un istante lo sguardo dal libro e vide la stereotipata coppietta dove lei era la perfetta ragazza di buona famiglia dai capelli biondi e il viso acqua e sapone mentre lui il futuro genero con una promettente carriera nella società multimilionaria del suocero, passeggiare felicemente nel parco all’ombra degli alberi. Odiava quel genere di scene, ma quella volta anziché provare ribrezzo per tanta perfezione sentì che quello era qualcosa che aveva provato anche lui. Lasciò che il duo proseguisse la propria strada verso l’interno del parco, chiuse le pagine del volume che quel pomeriggio non gli erta stato di alcun conforto e uscì dal polmone verde della città per addentrarsi nella prigione di fumo e smog del centro metropolitano.

Non era stato facile riuscire a trovare la strada: dopo essersi persa si era vista costretta a chiedere informazioni che l’avevano confusa di più. Aveva ripercorso le stesse vie in circolo per almeno mezz’ora finché, per grazia divina, si era sbagliata di nuovo imboccando la strada giusta. Da un determinato punto in poi era stato facile trovare l’appartamento: era in una via secondaria, poco pulita soprattutto se confrontata con quelle perfette di Stars Hollow, ma evidentemente in quella città non c’erano cloni di Taylor e quella era una fortuna; la costruzione era a più piani, in mattoni scuri probabilmente a causa dei fumi di scappamento delle auto. In alto, al quarto piano, vide una finestra aperta: sapeva che era la sua. Scese dall’auto sportiva sotto gli occhi stupiti ed affascinati di diverse persone che passavano da quelle parti ed entrò nell’ampio portone di ferro piombando nell’oscurità dell’atrio. Quando i suoi occhi si abituarono alla penombra prese a salire le scale che portavano all’interno quattordici; sentiva il suo cuore battere forte e sapeva che non era per lo sforzo che stava compiendo nel salire. Non aveva idea di come giustificarsi, come di rado capitava, si ritrovava senza parole. avrebbe dovuto dirgli molte cose, ma nulla le veniva in mente. Erano le cinque di pomeriggio e a quell’ora avrebbe già dovuto essere al campus: se sua madre avesse avuto una minima idea di ciò che stava combinando! Dall’auto aveva avvisato Paris Geller pregandola di reggerle il gioco finché sarebbe tornata e le era costato un immenso sforzo chiedere proprio a lei un favore, ma, a parte il terzo grado, le era sembrata felice di fare qualcosa per lei e Rory sapeva che se ne sarebbe pentita. Probabilmente la sua compagna di stanza stava decidendo in quei momenti cosa chiederle in cambio una volta ritornata, ma non poteva fare altrimenti: se sua madre avesse chiamato Paris avrebbe accampato una scusa e le avrebbe detto che era fuori per delle commissioni o in biblioteca o ad un rave, il che era l’ipotesi più improbabile, ma Lorelai ne sarebbe stata entusiasta. Quando un numero 14 sbiadito si materializzò davanti ai suoi occhi, Rory cercò di respirare profondamente e munirsi di più autocontrollo possibile. Esitò con la mano a mezz’aria, ma si convinse che rimanere in eterno davanti a quella porta non sarebbe servito a nulla, così bussò diverse volte. Sentiva dei rumori provenire dall’interno, ma nessuno le apriva. Attese ancora qualche secondo, poi finalmente la porta si spalancò, ma la persona che le stava di fronte non era esattamente quella che si aspettava di vedere.
-salve!- disse in preda al panico senza trovare nulla di meglio –io sono… sto cercando Jess.
La donna la guardò con aria interrogativa: -e tu chi diavolo sei? Un’altra delle sue amichette? Senti cocca questa non è una casa di appuntamenti!
-ma veramente…
-non c’è ed è meglio che non torni finché io sono qui!- la interruppe. Rory si rese conto che era ubriaca, perché la sua voce era strana e in mano aveva una bottiglia di whiskey –eppure non credo proprio che tu passa essere il suo tipo… le altre erano più… Intriganti? Tu non mi sembri tanto… cavolo, mi sembra di trovarmi davanti ad una scout! beh, vattene! –disse dopo averle lanciato un’ultima rapida e occhiata e averle sbattuto la porta in faccia. E così quella donna era la madre di Jess. Non l’aveva mai vista, tanto meno immaginata. Di lei sapeva poco, solo poche frasi colte da Luke o da sua madre, Jess non ne aveva quasi mai parlato e di lei nessuno aveva fotografie. Se non l’avesse mai incontrata avrebbe potuto pensare che fosse un fantasma. Nonostante indossasse una vestaglia, fosse struccata e in disordine, era indubbiamente una bella donna: aveva gli occhi di Jess, i capelli lunghi e mossi, un fisico magro, i lineamenti giovani. Se non avesse avuto problemi con l’alcol sarebbe stata ancora più bella. Tanto bella quanto sgarbata… le aveva chiuso la porta in faccia senza presentarsi, senza salutare, senza mostrare un minimo di cordialità, poi quelle insinuazioni sul suo appeal… Rory scese velocemente le scale e uscì nuovamente alla luce del sole che cominciava già a tingere l’aria di rosso; la sua auto continuava a riscuotere successo e, per evitare di essere il centro dell’attenzione dei curiosi, si sedette sugli scalini davanti al portone e prese dalla borsa il suo libro: Jess sarebbe rientrato certamente molto tardi e in qualche modo avrebbe dovuto ingannare l’attesa. Inoltre concentrarsi sulla lettura l’avrebbe aiutata a non pensare a lui e a ciò che avrebbe dovuto dirgli. Quando staccò gli occhi dalle pagine si rese conto che erano già le sette e lo stomaco comincia a lamentarsi per la fame. Alle sue spalle udì la porta del ingresso chiudersi e vide la stessa donna di poche ore prima uscire: non sembrava quasi lei dato che si era truccata, aveva messo in ordine i capelli e si era vestita come ogni persona normale in quella città. Liz guardò la ragazza, la macchina e di nuovo lei, poi con un sorrisetto malizioso sulle labbra sparì nella folla che scalpitava sul marciapiedi. Rory si chiese cos’avesse da sorridere, ma capì presto il motivo di quel ghigno: davanti a lei c’era un Jess perplesso con in mano una busta di hamburgers e coca-cola.
-Rory?
-ah, sei tu. Finalmente! Sono ore che ti aspetto, dov’eri finito?-gli chiese alzandosi e pulendosi il retro dei pantaloni.
-che ci fai qui? Credevo che stessi andando al college!- replicò il ragazzo confuso dalla sua presenza in quella strada di quella città e dal suo atteggiamento furioso.
-intendi a parte farmi insultare da tua madre?
-come?!-chiese sgranando i suoi occhioni scuri. Non sapeva se essere contrariato o felice per aver la possibilità di guardare ancora nei suoi occhi blu.
-ah, lascia stare.
-no, cosa ti ha detto?
-beh- disse restando sul vago –qualcosa sulle ragazze intriganti, case di appuntamenti… era ubriaca, quindi non preoccuparti.
Era arrossita e la luce del tramonto accentuava quella nuance che le colorava il viso e ne risaltava gli occhi celesti. Conosceva sua madre e sapeva benissimo cosa aveva potuto dirle, ma se Rory non lo riteneva un problema…
-mi reputi poco passionale?- gli chiese improvvisamente riempiendo pochi attimi di silenzio occupati dai pensieri del ragazzo.
-eh?
-e intrigante?
-ma che stai dicendo?
-non rispondi? Allora è veramente così? Accidenti! Devo dire a mia madre che il fascino dell’angioletto non funziona più…- rispose più dettando un promemoria a se stessa che rispondere a Jess.
-dì un po’, non avrai fatto compagnia a mia madre? Sicura di non essere ubriaca?- le chiese prendendola in giro: Rory continuava a preoccuparsi degli altri anziché rendersi conto che era perfetta così.
-non dire sciocchezze!- lo schiaffeggiò sul braccio avvicinandosi e aprendo il sacchetto che aveva in mano –ho una fame…
-che ci fai qui?- le chiese Jess allontanandosi e diventando improvvisamente serio–se sei venuta per riportarmi indietro…
-no- rispose mollando la presa degli hamburger –non so nemmeno io cosa ci faccio qui, Jess. So che stavo tornando alla mia vita a Yale, lontana da Stars Hollow, lontana da mia madre, Luke…poi tu mi hai chiamato, prendendomi non poco alla sprovvista, io sono stata poco comprensiva e quasi inconsciamente sono tornata indietro. Eccoti i fatti, non le ragioni perché quelle sono sconosciute anche a me. Forse volevo solo accertarmi che tu stessi bene…
-sto bene.
-ok. Allora forse dovrei… rimettermi in viaggio.
-non puoi certamente saltare le lezioni: i tuoi nonni lo saprebbero in un baleno e chiamerebbero l’FBI per cercarti.
-già- rispose la ragazza, mentre il telefonino dalla borsa vibrava e squillava- Oh, scusa. Pronto? Mamma, sì. Infatti, no sono… appena uscita dalla biblioteca-disse mettendosi un dito sulle labbra per far capire a Jess di non dire nulla - Lo so, ma volevo prendere alcuni libri prima che lo facessero altri. Certo, tutto ok. No, non c’era molto traffico. Un incidente? Forse è accaduto dopo che ero già passata da quelle parti. Ok, ci sentiamo. Ah, no Paris è sempre così, la conosci. Va bene, non studierò troppo. a domani. Ciao.
Rory rimise il telefono nella borsa e restò in silenzio aspettando che lui dicesse qualcosa, sapeva che l’avrebbe fatto. Lei aveva appena mentito a sua madre, cosa che negli ultimi mesi aveva imparato a fare molto bene. Forse sarebbe stato meglio intraprendere la carriera dell’attrice piuttosto che di giornalista. Era sicuramente più portata alla recitazione.
-e così sei appena uscita dalla biblioteca?-le chiese dopo essersi guardato intorno col sorriso sulle labbra.
-jess…
-è tardi- la interruppe stringendole il polso impedendole di aprire la portiera dell’auto- non voglio che guidi di sera. Puoi restare da me stanotte: mia madre non torna a casa fino alle dieci di mattina, quindi… partirai domani, è più sicuro.
Non aveva mai passato la notte con nessuno, a parte Dean, ma era stato un incidente e nessuno dei due ne era consapevole. Dormire nella stessa casa con Jess le faceva venire le palpitazioni: sapeva che non sarebbe successo nulla, era tardi per loro, ma la situazione era così strana e inaspettatamente piacevole. Era stato carino a preoccuparsi chiedendole di restare ed effettivamente non se la sentiva di fare tanta strada di sera, col buio e dopo aver trascorso l’intero pomeriggio a guidare. Era stanca e Jess l’aveva notato.




continua...


(dedicata a Marina e kla )
 
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Phi Phi
view post Posted on 3/3/2004, 21:47




12° episodio



-oh, beh. Va bene-rispose arrossendo- così possiamo parlare un po’.
-bene. vieni, anche se credo che ormai tu abbia imparato la strada- le disse aprendo il portone e facendola passare.
-in effetti…
-dimentica mia madre, non sa quello che dice. E qualunque cosa abbia detto sono sicuro che non è vero.
-lo so. Non è attendibile ciò che dice un ubriaco. Oh, scusa io…
-lascia stare. Siediti- la invitò indicandole il divano e andando in un’altra stanza dopo aver poggiato il sacchetto di vivande su un tavolo. Rory si sedette e si guardò intorno mentre il ragazzo si cambiava nella sua stanza. Aveva fatto un’enorme gaffe e non se n’era resa conto. Parlare a lui in quel modo di ubriachi e persone poco lucide non dimostrava molto tatto; apparentemente non l’aveva infastidito e quello era un segno di grande maturità, o forse stava solo nascondendo il suo disappunto e la sua delusione. Anche Jess era bravo a nascondere la verità… la casa non sembrava molto grande: al massimo potevano esserci due camere da letto, una minuscola cucina e un altrettanto piccolo salotto. Il posto era abbastanza ordinato, i mobili ricoperti da piccoli soprammobili; Rory si alzò per guardarsi intorno e urtò qualcosa con i piedi. Due bottiglie vuote si rovesciarono e la ragazza le prese in mano ricordando che una era la stessa che poco prima Liz aveva tra le mani. Le sembrava assurdo che una persona potesse bere tutto quell’alcol in poche ore;
-Hey- disse Jess rientrando nella sala e vedendo le bottiglie tra le mani di Rory –sono di mia madre.
-lo so, l’ho vista prima con una di queste. Dov’è andata?
-a lavorare. Fa la cameriera in un bar a qualche isolato.
-come riesce a lavorare dopo…
-regge bene l’alcol ed è un ottima attrice. Voleva sfondare a Broadway da giovane.
-e cosa glielo ha impedito?- chiese la ragazza raggiungendo Jess che stava apparecchiando la tavola per due. Nel sentire quella domanda si paralizzò, ma lei non poteva di certo sapere…
-è rimasta incinta. I neonati possono essere un peso a volte. Fortunatamente non capita a tutti o questo mondo sarebbe popolato da piccoli Jess- disse sdrammatizzando alla vista dell’espressione dispiaciuta di Rory. Non voleva che avesse quello sguardo triste; sarebbero stati insieme solo poche ore e desiderava solo ricordare bei momenti e vederla sorridente.
-la percentuale di lettori aumenterebbe enormemente!- sorrise. Esattamente ciò che il ragazzo voleva. Si sedettero e mangiarono; per un caso strano, un segno del destino, Jess aveva comprato una quantità industriale di panini quella sera, neanche sapesse che sarebbero finiti in pochi minuti nello stomaco più capiente dell’intera America. Era sempre stato piacevole vederla mangiare: non era come le altre ragazze preoccupate, anzi ossessionate, dalle diete e dalla linea. A Rory importava solo soddisfare il suo bisogno di caffè e riempire la pancia, per lei mangiare era un piacere e nel vederla soddisfatta anche lui si sentiva meglio. Non parlarono molto a tavola, ognuno concentrato sul suo pasto e su ciò che sarebbe successo più tardi. Da quando era tornato a Stars Hollow avevano parlato solo un paio di volte, per lo più si erano ignorati o si erano aggrediti a vicenda. Nulla era realmente accaduto: Rory gli aveva offerto il suo aiuto, ma lui non aveva ancora avuto l’occasione di chiederlo. Quando tutto cominciava a girare nel verso giusto lui se n’era andato e lei si era nuovamente arrabbiata, ma vederla a New York per assicurarsi se stesse bene, lo confortava. Lui era capace di sconvolgerla, se ne rendeva conto, ma non lo faceva apposta. Avrebbe preferito farla solo felice, però non sembrava una cosa che potesse accadere. Non nell’immediato futuro.
-dovresti parlare con Luke- gli disse aiutandolo a sparecchiare.
-a che scopo?
-è dispiaciuto. Non lo sto difendendo, credimi.
-non ha pensato a come mi sentivo io. Non me l’aspettavo- confessò. Era la prima volta che non si arrabbiava nei confronti del comportamento dello zio.
-nemmeno io. Credo che fosse solo confuso Jess. Cerca di capire. Io so come ci si sente.
-dovrebbe essere lui a chiedermi di tornare, non credi? Sa che sono qui e conosce il numero di telefono, eppure nelle ultime due settimane non si è fatto vivo.
-nemmeno tu l’hai fatto con me fino ad oggi e non ti eri comportato male nei miei confronti. Voi due siete uguali: terribilmente orgogliosi! Se tu lo aiutassi renderesti le cose più facili per entrambi.
-sarebbe un suicidio- rispose Jess- tornare, intendo. Ora che tutta la città sa…
Rory gli aveva parlato della scoperta di Kirk e il ragazzo non aveva faticato ad immaginare la reazione dei cittadini.
-non pensare a loro. Tu sei cambiato. Concentrati su Luke e su ciò che è bene per entrambi- lo esortò stringendogli la mano: un gesto che fece involontariamente e del quale non si accorse finché Jess abbassò lo sguardo sull’intreccio delle loro dita. Era mancato ad entrambi il contatto fisico, soprattutto dopo il pomeriggio al ponte quando Rory l’aveva abbracciato. Quando la ragazza capì, spostò rapidamente la mano e, arrossendo vistosamente, guardò l’orologio alle proprie spalle per evitare il contatto visivo con Jess.
-sono le dieci e mezza. È meglio andare a dormire, non credi?- gli chiese alzandosi dal divano in cui si erano seduti pochi attimi prima dopo aver sparecchiato.
-sì. Allora… la mia stanza è quella…- disse indicandogli la porta.
-no, Jess. Dormirò sul divano, davvero.
-non se ne parla. È scomodo. Vai!
-ma…
-preferisci dormire sotto un ponte?-la minacciò –scegli: o il ponte, da dividere con una decina di barboni, o il mio letto.
-credo che sceglierò il letto. Mi dispiace, Jess.
-ho detto che va bene così. Ci vediamo domani.
-allora buonanotte.
-buonanotte- rispose il ragazzo, guardando Rory chiudere dietro di sé la porta della sua stanza. Per una notte nulla, tranne che una semplice e fragile porta, li avrebbe divisi.

Dopo aver indossato i pantaloni di una tuta e una maglietta, Jess si stese sul sofà; la sensazione di non essere solo in casa lo inquietava e sentire il rumore della doccia provenire dal bagno lo rendeva ancora più nervoso. Si rigirò diverse volte su quello scomodo divano cercando di trovare una posizione che potesse permettergli di dormire senza dover continuamente imprecare, ma sembrava impossibile che potesse accadere; inoltre il continuo scroscio dell’acqua gli ricordava che lei era a pochi metri.
Sorrise al pensiero che per l’ennesima volta Rory era a New York per lui, la terza per la precisione. Il suo cervello cominciava a fumare se provava a capire il comportamento così complesso di quella ragazza: improvvisamente erano passati dalle aggressioni verbali e il mutismo ad una sua specie di confessione. Dopo aver parlato tutto sembrava tornare come un tempo, la loro amicizia continuava a riformarsi davanti agli occhi, ma al telefono quello stesso pomeriggio l’aveva sentita talmente ostile… non sapeva cosa pensare! Rory era un rebus: a volte chiaro e facile da interpretare, altre la soluzione diventava sempre più enigmatica. Forse l’aveva veramente colta alla sprovvista e lei, istintivamente, si era sentita in dovere di ferirlo come aveva probabilmente fatto lui andandosene ancora. Non la biasimava se non aveva voluto credere che non sarebbe tornato a drogarsi; in quegli anni le aveva detto tante cose, le aveva fatto capire che era tornato per lei, ed era stato veramente così, ma di punto in bianco aveva fatto dietro front ed era sparito senza avvertirla, lasciando che scoprisse tutto da sua madre. Si era comportato da vigliacco e gli dispiaceva, ma vederla seduta sugli scalini di casa sua quel pomeriggio lo aveva riempito di gioia. Come era possibile che nonostante tutto fosse ancora lì per lui? Come meritava una ragazza così? Ogni volta che c’era lui di mezzo, Rory compiva qualche pazzia, diventava un’altra: addio alla perfetta principessa di Stars Hollow, benvenuta alla vera Rory, la ragazza semplice, che aveva dei desideri, bisogni da realizzare, quella che voleva indipendenza e privacy, colei che decideva da sola, senza l’intromissione di nessuno, la ragazza tenace e forte, ma dolce, che aveva imparato a voler bene. eppure si era accorto di qualcosa da quando era tornato da Luke: lei era cambiata ed in particolar modo nei confronti di Lorelai. Aveva invidiato quel meraviglioso rapporto di complicità che le due avevano sempre avuto, lo aveva trovato strano, ma bello, poiché non era comune in tutte le famiglie un tale affiatamento; gli erano sembrate più fredde, soprattutto lei: aveva visto i tentativi della madre di avvicinarsi, ma Rory l’aveva spesso fulminata con uno sguardo. Nei suoi occhi aveva visto troppa rabbia e noia in quelle settimane, noia nei confronti di una piccola città popolata da pettegoli. Dopo aver vissuto in un posto più grande, dove nessuno sa chi sei o cosa fai o ti sta col fiato sul collo, evidentemente era arrivata alla conclusione che quello non era il paradiso che aveva sempre creduto. Da un lato gli dispiaceva che una parte dell’innocenza che adorava fosse sparita, ma la nuova Rory era altrettanto adorabile. Era la sua droga; il solo pensiero di non vederla mai più lo aveva tormentato nelle ultime due settimane e alla fine aveva ceduto telefonandole: voleva farle capire che gli sarebbe mancata, che pensava comunque a lei; e anche se il risultato non era stato esattamente quello che aveva immaginato, non poteva dire che gli dispiacesse. Adesso lei era dietro quella porta, forse dormiva, dato che non sentiva più il rumore dell’acqua, o forse anche lei si rigirava nel letto, sicuramente più comodo del divano, pensando a lui. Una droga… era di lei che aveva bisogno, non di cocaina, eroina o le altre schifezze che aveva preso per mesi. Gli erano mancati quegli occhioni blu profondi e limpidi. A volte si rattristava vedendoli malinconici, ma l’intraprendenza e la determinazione che ora esprimevano non toglievano nulla alla loro bellezza naturale. Aveva notato anche durezza e disprezzo in quello sguardo, le uniche emozioni che Rory aveva dimostrato nei suoi confronti nelle ultime settimane. Non poteva biasimarla. Aveva dimostrato una forza incredibile il pomeriggio in cui era tornato, quando le aveva mostrato senza ritegno le sue braccia devastate. Si sentiva ferito da Luke, dal fatto che avesse detto a Lorelai del suo problema ed era convinto che anche Rory sapesse. La sua frustrazione non gli aveva permesso di ragionare e aveva scagliato la sua rabbia su di lei, un essere che credeva fragile, che pensava di abbattere con qualche graffio e delle urla, ma dove chiunque sarebbe scoppiato in lacrime, lei non aveva reagito. Aveva sentito una lama ghiacciata attraversargli il cuore capendo che lei era allo scuro di tutto: l’aveva letto nei suoi occhi. Aveva visto Lorelai piangere e Luke sconvolto, ma lei no, non aveva pianto, né urlato. Aveva semplicemente lasciato che si sfogasse; il fatto che fosse sconvolta come gli altri era palese, non si aspettava di vederlo e soprattutto non in quelle condizioni, ma non si era lasciata andare. Forse dodici mesi prima avrebbe reagito diversamente.
Anche il suo rapporto con i ragazzi era cambiato: vederla con Tristan lo aveva fatto morire di gelosia, soprattutto sapendo perfettamente chi fosse; inoltre sapere che dopo la sua partenza per la California c’erano stati altri ragazzi non aveva migliorato il suo stato d’animo. Forse non erano state storie importanti e se lui non avesse significato qualcosa, lei non sarebbe andata contro i suoi ideali per finire in un appartamento di New York col suo ex, ex tossicodipendente, dove un’ubriaca l’aveva persino offesa. Si chiedeva fin dove si era spinta con gli altri e perché fosse finita. Dopotutto le sue relazioni erano durate sempre diversi mesi e quattro fidanzati in un solo anno era abbastanza inusuale da lei. Sapeva benissimo che prima o poi qualcuno l’avrebbe fatta sua: Rory era diventata molto più bella di quanto già fosse e lui era stato uno stupido in tutto con lei. Era cresciuta, sembrava più adulta, più magra, i capelli era diventati lunghissimi e quando li lasciava sciolti sulla schiena poteva sembrare una dea. Aveva conosciuto una quindicenne acerba e bisognosa dell’affetto e dell’approvazione di tutti, e ora… era una donna. Quella che era stata la sua Rory ora non lo era più e rendersene conto gli faceva sparire il sorriso. Sentire le sue mani quella stessa sera, il contatto con la sua pelle gli aveva provocato una scossa e si meravigliava della tenacia che aveva a non alzarsi, attraversare la stanza ed aprire la porta che li separava: aveva bisogno di lei, ma riusciva a frenarsi… era stata proprio Rory ad insegnargli di controllarsi. Eppure gli sarebbe bastato abbracciarla, sentire nelle narici il forte profumo che in quel momento aleggiava nella stanza facendo scomparire l’odore cattivo del fumo e dell’alcol lasciato da Liz. Ma il pensiero di poter rovinare tutto ora che si stavano riavvicinando gli faceva cambiare idea e lo incentivava a restare su quel divano che cominciava ad odiare profondamente. Si girò nuovamente voltando il viso alla finestra maledicendo la luna che lucente splendeva nel cielo di New York ricordandogli la sua pelle candida.

Aprendo gli occhi la luce del sole l’accecò, costringendola a rifugiare la testa sotto le coperte per diversi secondi. Quando riemerse dal suo nascondiglio e guardò l’orologio si rese conto che era già mattino inoltrato. La sera precedente era stanca a tal punto che, dopo una rapida doccia, si era addormentata immediatamente e non aveva avuto tempo di pensare a tutto ciò che stava succedendo. Si trovava a New York, nel appartamento di Jess, nel suo letto. Detta così poteva sembrare una situazione ambigua e forse lo era veramente, perché sentiva ancora qualcosa standogli vicina: il batticuore, l’imbarazzo, le farfalle nello stomaco… le sembrava di tornare indietro nel tempo a quando era una quindicenne imbranata e suscettibile ad ogni piccola emozione. Ma la cosa più assurda era rendersi conto di esserne ancora innamorata nonostante tutto. Dove erano finiti il rancore, la rabbia, l’odio che provava nei suoi confronti per averla abbandonata senza nemmeno una parola? Come faceva a preoccuparsi ancora per lui e non andare al college solo per raggiungerlo a New York? Cominciava a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in lei, perché non era umanamente possibile amare ancora una persona che le aveva riservato un trattamento del genere. Come potevano essere stati vani i suoi tentativi di dimenticarlo? Era uscita con tantissimi ragazzi, ne aveva frequentati almeno quattro per diverso tempo, ma nessuno era riuscito a toglierlo dal suo cuore, nessuno aveva minimante scalfito la sua posizione. Persino con Tristan era finita male. Al liceo non avevano avuto la possibilità di stare insieme, anzi un’occasione c’era stata, ma lei gli aveva preferito Dean: dopotutto la storia con lui durava da troppo tempo per poterla buttare via e imbarcarsi in qualcosa di sconosciuto e incerto non era da lei, non a quell’età. E anche questa volta l’aveva scartato. Tristan non si era comportato bene, era certo, ma la colpa di tutto era sua. Era lei che si allontanava ogni volta che le cose prendevano una piega più seria e la presenza di Jess non le era stata d’aiuto. Il mattino precedente proprio il ragazzo di Harvard le aveva lasciato un messaggio in segreteria dicendo che voleva parlarle e che avrebbe voluto vederla, ma lei lo aveva volutamente ignorato. Perché riusciva a farlo con tutti e non con Jess? Perché ignorarlo era così difficile? Durante l’estate ci aveva provato, ma ogni volta che lo vedeva non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, il suo sguardo lo seguiva in ogni movimento e quando non erano nella stessa stanza pensava continuamente a lui. Dalla borsa che era piedi del letto estrasse il portafoglio e diede un’occhiata alla foto che non era riuscita a buttare: era lì da più di un anno, nascosta sotto le carte di credito e dai documenti, in uno scomparto che apriva di rado e che quindi non le dava la possibilità di vederla continuamente, ma c’era. Sentiva la sua presenza e ciò la tranquillizzava, cosa che non sarebbe dovuta accadere. Lasciando il portafogli sulle coperte, si rigirò e piegò la testa al lato aderendo la guancia col cuscino: sentiva il suo profumo, non ci aveva ancora fatto caso. Inspirò a fondo l’odore della colonia intrappolata dalle coperte e che, dopo la notte, si era unita all’odore del suo bagnoschiuma. Pensando a lui ricordò che nelle ultime settimane non aveva mai indossato una maglia a maniche corte, nonostante fosse estate; sicuramente voleva nascondere le sue ferite sia agli altri che a se stesso. Il ricordo di quel pomeriggio nel locale di Luke la faceva ancora rabbrividire e le scombussolava lo stomaco: non aveva mai visto nulla di simile, tanto meno aveva mai immaginato che qualcuno potesse farsi del male in quel modo. I motivi le erano ancora sconosciuti, Jess non ne aveva mai parlato, ma lei si era informata: erano tagli da lametta, ferite infertesi volontariamente. Restava una domanda: perché? Cosa era successo a Los Angeles da portarlo a quel punto? Cosa le nascondeva ancora?
Dopo l’ennesimo profondo respiro guardò nuovamente l’orologio: le nove e mezza. Tra pochi minuti Liz sarebbe rientrata e non aveva voglia di trovarsi ancora faccia a faccia con lei. malvolentieri si alzò e uscì dalla stanza facendo attenzione a non fare troppo rumore aprendo la porta. Da lontano vide che Jess era ancora sul divano e la mancanza di movimenti e di libri le faceva capire che stava ancora dormendo: probabilmente aveva passato una pessima notte su quella specie di divano e ciò la faceva sentire terribilmente in colpa. Si avvicinò e lo contemplò nel sonno sedendosi al suo fianco. Sembrava così indifeso, tranquillo, mentre il suo torace di spostava ritmicamente dall’alto verso il basso; lo stesso profumo del cuscino lo circondava, i suoi capelli erano arruffati e il viso totalmente rilassato: dolce, angelico e non triste come spesso era stato in tutti gli anni passati, tanto meno aggressivo. In quei lineamenti distesi ritrovava il suo Jess, il ragazzo che le aveva comprato il cestino da pic-nic e schiettamente l’aveva presa in giro per la sua inabilità a cucinare, quello che l’aveva aiutata con l’idrante del vicino, quello che l’aveva sorpresa regalandole i biglietti per il concerto dei Distillers facendosi perdonare per non aver rispettato alcun tipo di programma, quello che cercava spesso la sua approvazione e faceva di tutto per averla, anche cercare di cambiare. Jess era cambiato prima di andare a Los Angeles: bastava guardare l’impegno che aveva messo nel lavoro, la sua disponibilità persino con Luke, le innumerevoli volte in cui non era finito alle mani con Dean nonostante le provocazioni, almeno fino alla festa di Kyle…ma quella situazione era complessa. Ciò che contava era che l’avesse fatto, per se stesso e per lei.
Continuando a guardarlo notò che le maniche della maglia si erano alzate e lasciavano intravedere alcune cicatrici, meno numerose e accentuate rispetto al giorno in cui gliele aveva mostrate. Odiava il pensiero che Jess avesse tentato di morire e tanto più non sopportava l’idea che se non l’avesse lasciato per telefono, se gli avesse dato la possibilità di spiegarsi tutto ciò non sarebbe successo e Jess sarebbe tornato a Stars Hollow anziché finire nei guai con la droga. Ma quei se non portavano da nessuna parte, non poteva tornare indietro e quella era la vita vera, non un romanzo. Inoltre la sua mancanza si sentiva sempre di più, stargli lontana diventava troppo doloroso. Tenendo stretti i capelli da un lato con la mano per non svegliarlo, Rory si abbassò su di lui e gli diede un leggero bacio sulla fronte: le sarebbe bastato per allontanarsi da lui ancora per un po’ di tempo senza cadere in tentazione di stringerlo a sé improvvisamente o abbracciarlo o stringergli le mani creando così situazioni troppo imbarazzanti da affrontare. Anche se lo amava alla follia, era altrettanto folle pensare di tornare insieme. Le sue labbra si rifiutavano di lasciare la fronte del ragazzo e dovette metterci tutto l’impegno possibile per risollevarsi, ma fortunatamente lo fece in tempo, perché pochi secondi dopo aver spezzato il contatto il viso di Jess cominciò a cambiare espressione e lentamente aprì gli occhi.




continua!!!!

 
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Phi Phi
view post Posted on 4/3/2004, 19:38




13° episodio


scusate se è lunga 6 pagine di word...cm al solito odio lasciare i discorsi a metà... anke se ripensandoci bene nn sarebbe male...seffrireste d più (esclamazione sadica! )
cmq ECCOLA!!!!



“se il buon giorno si vede dal mattino” pensò Jess quando la vide al suo fianco bellissima, baciata dal sole che le illuminava il volto e rischiarava i suoi capelli rendendoli quasi biondi. Non poteva desiderare un risveglio migliore, ma si chiedeva cosa ci facesse lì; -Rory…
-buon giorno dormiglione!- rispose la ragazza con lieve imbarazzo –ero venuta a svegliarti, ma vedo che hai fatto tutto da solo. Sono le nove e mezza e tra poco Liz sarà qui, quindi è meglio uscire, non credi? Io vado a vestirmi, tu fai una doccia velocissima poi andiamo a fare colazione da qualche parte, ok? Ho un bisogno urgente di caffè!-disse tutto d’un fiato alzandosi di scatto e dirigendosi verso la camera del ragazzo, mentre lui a fatica si metteva a sedere e capiva ciò che Rory stava dicendo.
-huh?- mugugnò sbadigliando e facendo così fermare la ragazza nel mezzo del suo monologo. Rory tornò indietro e lentamente ripeté ciò che aveva appena detto così che Jess potesse capire. Il ragazzo asserì e andò a prepararsi, mentre lei si vestiva e sorrideva per lo scampato pericolo di farsi sorprendere da Jess durante quel suo momento di debolezza.

-caffè?- le chiese uscendo dal portone dello stabile.
-ovvio! Come hai dormito stanotte?
-bene- rispose il ragazzo massaggiandosi la schiena: doveva suggerire a Liz di comprarne uno nuovo, quello era in dormibile.
-avanti! Lo so che non hai chiuso occhio! Mi dispiace così tanto Jess, ma io ti avevo detto che era meglio fare le cose diversamente!- disse scusandosi.
-hey, non ti devi preoccupare, ok? È stata solo una notte, da stasera tutto tornerà come prima.
-ma hai mal di schiena?
-solo un po’, non morirò per questo- disse sorridendo. Le piaceva quel sorriso, le piaceva quando sorrideva, il che accadeva di rado. Entrarono in un piccolo bar con la vista su Washington Park, il preferito di Jess, e fecero colazione con muffins e caffè. Non erano all’altezza di quelli di Luke, ma aveva mangiato di peggio nella sua vita. Jess era diventato improvvisamente silenzioso, come se qualcosa lo opprimesse; se ne stava seduto a mangiare fissando la strada trafficata. Forse anche lui stava pensando allo zio; Rory rispettò quel suo momento di silenzio e di isolamento mangiando in silenzio e aspettando che fosse lui a farle capire che andava tutto bene. I suoi occhi erano tristi e le era capitato spesso di dover fronteggiare quello sguardo chiuso al mondo, di qualcuno che non vuole far sapere cosa lo angustia, a cosa pensa, che ti esclude a priori da qualcosa che potrebbe ferirti. Ma l’ultima volta che Jess aveva fatto muro era partito per Los Angeles e non l’aveva più visto per un intero anno.
-Jess?- lo chiamò attirando la sua attenzione. Il ragazzo si voltò verso di lei e per un lungo istante si guardarono negli occhi senza dire nulla. Un altro salto nel passato, a quando bastava guardarsi e capire tutto l’uno dell’altra, senza parole, senza gesti: solo uno sguardo.
-scusa- disse il ragazzo.
-e di cosa?- gli chiese sorridendo. Non doveva scusarsi, erano i suoi pensieri e non era scritto da nessuna parte che doveva condividerli con qualcun altro, tanto meno con lei.
-di tante cose.
-ne abbiamo già parlato, o sbaglio?
-sì, ma…
-hey! Quello è passato, Jess. Non pensarci più. Non lo faccio nemmeno io che sono una delle parti in causa più ferite!- lo rassicurò.
-non si tratta solo di quello. C’è qualcosa altro che ancora non ti ho detto, qualcosa che riguarda Los Angeles, ma non me la sento ancora di parlarne…
I suoi occhi erano nuovamente tristi, il suo viso serio. Era a quello che stava pensando, qualcosa di cui lei non sapeva ancora nulla, qualcosa che non voleva nasconderle, ma del quale non riusciva a parlarle. La probabile causa di quell’auto-punizione che si era inflitto tagliandosi le braccia, la stessa che lo aveva portato probabilmente all’overdose. Doveva essere qualcosa di grave, perché non l’aveva mai visto così afflitto e incredibilmente fragile; sembrava che portasse sulle spalle il peso del mondo e che non riuscisse più a sostenerlo, ma non riusciva a liberarsene. Cosa lo tormentava? La curiosità era tanta, ma Jess le aveva appena detto che non se la sentiva di confidarsi e forzarlo non sarebbe servito a nulla.
-non importa- gli disse col sorriso sulle labbra -parlamene quando vuoi, non sei obbligato a farlo ora.
-preferirei farti sapere tutto…
-lo farai quando sarai pronto, so che è ciò che vuoi, quindi aspetterò- rispose bevendo l’ultimo sorso di caffè- andiamo?
Jess annuì e pagò l’intera colazione offrendola anche a Rory, poi i due si avviarono verso l’auto della ragazza. Durante il tragitto parlarono di diversi argomenti e poco prima di arrivare davanti al palazzo di Jess il ragazzo le chiese di Lorelai; -cosa è successo? Avete litigato?
Era un discorso che sarebbe potuto durare per ore, ma lei aveva pochi minuti. Nascondergli la verità era inutile e non aveva voglia di mentirgli, non anche a lui. Negli ultimi mesi aveva impiegato troppo tempo a inventare bugie, soprattutto con sua madre e non se la sentiva di cominciare anche con Jess. Dire la verità sarebbe stata la cosa migliore da fare e lui non si aspettava che quella. Dopotutto anche lei voleva che Jess fosse sincero, esattamente come era stato poco prima al bar confessando di non averle detto tutta la verità perché ancora non se la sentiva.
-le cose sono degenerate lentamente a partire dall’anno scorso. Fondamentalmente la colpa è mia- rispose fissando l’asfalto sotto i suoi piedi –sono cambiata per molti versi. A volte stento a riconoscermi! Sono insofferente a tutto: a Stars Hollow, alla gente, a mia madre, alle continue opinioni dei miei nonni; basta poco per farmi arrabbiare, non di rado rispondo per le rime e a volte con scortesia.
-perché? Voglio dire, mi sembrava che tu adorassi la tua città, i tuoi concittadini… quello che li odiava ero io!
-lo so- rispose Rory sorridendo al sorriso del ragazzo che cercava di sdrammatizzare –devi avermi contagiata! Ma…- riprese con serietà –dopo che te ne sei andato… non lo so Jess, tutti mi trattavano come se fosse accaduta chissà quale tragedia, come se fossi una stupida incapace persino di tenersi un ragazzo! Tu sei partito lasciandomi sola a fronteggiare quella mandria di pettegole, Dean che mi assillava con i suoi “te l’avevo detto!” e mia madre… è colpa mia, perché mi sono chiusa, ho creato una meravigliosa barriera che mi proteggeva da tutto e da tutti. Sono diventata un po’ come te i primi tempi a Stars Hollow… mi dispiace così tanto per mia madre, ma adesso è tardi. Nulla tornerà come prima.
-provaci! Voglio dire… tu e Lorelai!-disse con incredulità –se c’è qualcuno che può avere una seconda possibilità siete voi due!
-ho tentato, ma le cose non sono andate come avevo sperato.
-persevera! Sono certo che le cose andranno meglio prima o poi.
La colpa era sua: se n’era andato dando la possibilità a tutti di esprimere liberamente il proprio giudizio, cioè ciò di cui Rory aveva meno bisogno in quel momento. Immaginava già gli le manifestazioni gioiose di Taylor e Dean, le confabulazioni di Miss Patty e Babette. Aveva imparato a conoscere quella gente e sapeva quanto potevano ferire; Rory aveva bisogno del silenzio assoluto dopo la sua partenza, loro invece avevano messo il dito nella piaga… e lei aveva reagito allontanandosi da tutti, soprattutto da Lorelai che probabilmente lo aveva odiato più di quanto già non facesse per averle portato via la complicità di sua figlia.
-eccoci qua!- sentì dire da Rory accorgendosi di essere arrivati all’auto.
-wow- esclamò vedendo la macchina sportiva parcheggiata davanti al marciapiede. Il pomeriggio precedente era troppo distratto dalla presenza di Rory per notare la sua auto e a Stars Hollow non l’aveva mai vista.
-già, è un regalo dei nonni.
-chiederò di farmi adottare! Potrei guadagnare molto più di un auto!
-non credo che la nonna sarà d’accordo- rise Rory.
-lo credo anch’io. allora…
-allora, ci… sentiamo?- gli chiese Rory prima di salutarsi. Avrebbe voluto restare insieme a lui ancora un po’, le piaceva quell’amicizia ritrovata.
-certo, ho il tuo numero. Ti darò il mio, così se vuoi puoi chiamarmi quando Liz non c’è.
-certo. Allora io vado- disse la ragazza avvicinandosi alla portiera.
-Rory?
-huh?
-grazie per essere venuta- rispose Jess avvicinandosi. La distanza tra loro cominciava a farsi pericolosa, ma nessuno dei due sembrava accorgersene, troppo presi com’erano a fissarsi intensamente.
-prego- rispose lei un attimo prima che le labbra del ragazzo sfiorassero le sue. Quel bacio era inevitabile. Si erano avvicinati troppo e troppo velocemente nelle ultime ore e prima che lui se ne andasse e, segretamente, quello era stato il desiderio di entrambi fin dall’inizio. Ma si erano anche ripetuti troppe volte che non doveva finire così, che c’era bisogno di più calma, più tempo, che le cose dovevano essere diverse. La passione era sfuggita al loro controllo e Jess aveva fatto il primo passo, ma Rory sapeva che se non fosse stato lui ad avvicinarsi, l’avrebbe fatto lei al suo posto. Desiderava Jess più di ogni altra cosa, rivoleva indietro il suo amore, ma quel bacio doveva finire: non era il momento giusto, non poteva cadere nuovamente in quella trappola. Un bacio sulla fronte mentre lui dormiva era assolutamente innocuo, ma quello no… era consensuale, era voluto e implicava troppi problemi, primo di tutti l’illusione. Non voleva abbassare la guardia, perché Jess l’avrebbe ferita, sapeva che prima o poi sarebbe finita, che l’avrebbe lasciata ancora e lei non voleva più soffrire, non per lui. Ma la stava stringendo a sé e la baciava con una dolcezza che aveva dimenticato, che aveva soppresso col dolore e rintanato in una parte remota dei suoi ricordi, gli stessi che aveva cercato in tutti i modi di distruggere e che tuttavia inevitabilmente emergevano ogni notte. Si sentiva protetta stretta nel suo abbraccio, ma improvvisamente si materializzò nella sua mente l’immagine dell’ultima volta che aveva visto il ragazzo prima che lui andasse a Los Angeles senza avvertirla: si erano incontrati per caso sull’autobus per Hartford, le aveva promesso di chiamarla e lei pensava che si sarebbero visti la stessa sera, invece Lorelai le aveva detto che se n’era andato e che probabilmente non sarebbe più tornato. La rabbia e la tristezza riaffiorarono dal suo cuore e in un attimo allontanò Jess da sé. Il ragazzo non capiva cosa stesse succedendo, credeva che andasse tutto bene, ma si sbagliava, aveva commesso un altro errore, se lo sentiva.
-Rory?- disse riavvicinandosi a lei, che riluttante faceva un altro passo indietro verso l’auto.
-no, non ti avvicinare- rispose con le lacrime agli occhi, cercando la maniglia della portiera- è stato uno sbaglio, un terribile sbaglio. Io non ho intenzione di tornare indietro, Jess. Non soffrirò ancora, sono cambiata e ho imparato dai miei errori.
-mio sembrava che fossimo stati bene insieme, ma forse è solo un’impressione. Eppure sei stata tu a venire qui, tu mi hai abbracciato sul ponte, tu mi ha stretto le mani ieri sera, tu eri al mio fianco quando mi sono svegliato! –gridò il ragazzo, ferito dalle sue parole e da quella reazione quasi piena di disprezzo –ti dico che mi manchi, sai che ho bisogno di te e mi sembra inutile dirti che ti amo, perché ormai dovresti averlo capito! Ma a te non importa, non riesci più a riconoscere i sentimenti delle persone? tu che per prima hai creduto in me quando tutti mi erano contro! Sei l’unica che si sia mai interessata a me e l’unica per la quale io abbia mai provato qualcosa che sono certo è amore!
-semplicemente non posso permettere che accada
-Io proprio non capisco cosa vuoi, Rory…
-andarmene- rispose la ragazza salendo in macchina e partendo senza voltasi né guardare per un solo istante nello specchietto retrovisore. Aveva ferito Jess, si era ferita da sola, ma non poteva cedere, non voleva… a costo di rimpiangerlo per il resto della sua vita.
-Quella ragazza non fa per te, Jess- sentì dire da Liz che, alle sue spalle, aveva seguito l’intera scena. Le era parso strano da subito che quella ragazza così perfetta, sicuramente di buona famiglia, potesse avere qualcosa a che fare con suo figlio. Jess aveva avuto troppi problemi e le sue condizioni economiche non erano delle più rosee; una ragazza così poteva avere di meglio e l’aveva dimostrato andandosene pochi secondi prima–non è il tuo tipo- continuò mentre il figlio la guardava con l’odio negli occhi- lei deve stare con uno del suo rango, non un bulletto da quattro soldi, ammesso che tu li abbia.
Jess le lanciò un ulteriore sguardo di sprezzo e se ne andò, troppo abbattuto per discutere anche con lei.

Come poteva essere stata tanto stupida?! Lasciarsi andare in quel modo, permettergli di baciarla senza riuscire a staccarsi da lui! Perché al contatto con le sue labbra, nel sentire quel buonissimo profumo nei suoi polmoni, la sua pelle sfiorata dalle sue mani non era stata capace di allontanarsi immediatamente? Com’era possibile che il suo corpo non eseguisse agli stimoli mandati dal cervello e i suoi muscoli si rifiutassero di obbedire? Stava andando tutto perfettamente, quei due giorni passati insieme era stati fantastici, perché Jess aveva rovinato tutto in pochi secondi? Sarebbe bastato salutarsi con un semplice “ciao”, come fanno tutti gli amici, ma loro erano così bravi a complicare le cose! Perché limitarsi ad un saluto se si poteva creare un po’ di confusione con un meraviglioso e dolcissimo bacio? Perché non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altra? E comunque non poteva attribuire tute le colpe a Jess, come poteva biasimarlo? Le stessa mattina anche lei aveva provato il forte desiderio di baciarlo, di sentirlo suo ancora una volta, percepire il tocco delle suo labbra al contatto con la sua pelle e aveva ceduto, l’aveva fatto: l’aveva baciato, senza il suo consenso, senza che lui ne sapesse nulla. Non c’era differenza tra loro, anzi probabilmente Jess era stato più onesto, perché lei era lì quando lui si era avvicinato e avrebbe potuto spostarsi. Se l’avesse veramente voluto. La colpa di tutto era sua: lei era andata a New York invece di lasciare che le cose seguissero il corso, lei aveva forzato tutto cambiando direzione con l’auto, lei lo aveva abbracciato a Stars Hollow, lei aveva appoggiato le mani sulle sue, lei lo aveva baciato sulla fronte, lei non si era sottratta a quel bacio. Anche lei lo voleva, semplicemente faticava ad ammetterlo a se stessa e soprattutto a Jess; questa volta era stata lei ad illuderlo. Più ci pensava, più si rendeva conto che la faceva impazzire, la cambiava, le faceva fare cose che non avrebbe mai fatto in condizioni normali… non aveva mai combinato tanti casini come negli ultimi anni, esattamente da quando si erano conosciuti.
Dopo aver parcheggiato l’auto e portato alcune delle sue cose in camera, Paris entrò nella stanza e fu sorpresa di vederla: -Gilmore! Finalmente ti sei fatta viva! Tua madre ha chiamato decine di volte e ti ha lasciato un sacco di messaggi nella segreteria. Si può sapere dov’eri finita? Io non sapevo più cosa inventarmi; sai che nonostante sia bravissima ed intelligente più della media non ho assolutamente fantasia! Dopo la biblioteca, il parco, le librerie e le lezioni non sapevo più cosa raccontarle! Mi sorprende che non abbia capito nulla! Ma dove sei stata in questi giorni? non è da te perdere le lezioni, soprattutto all’inizio dell’anno!
-Paris, per favore. Non mi va di parlare, soprattutto con te- rispose Rory afferrando la sua borsa e dirigendosi a passo svelto verso la porta: non voleva affrontare nessuno, tanto meno Paris: in quel momento non era capace di affrontare nemmeno se stessa.
-sparisci per due interi giorni dicendomi di coprirti e non merito nemmeno una spiegazione? Mi dispiace, cara, ma le cose non funzionano in questo modo!- si lamentò la ragazza seguendola.
-ascolta- rispose Rory con una mano sulla maniglia –non sono affari che ti riguardano. Ti ringrazio molto, ma non saprai cosa ho fatto. Avevo da fare, questo è tutto.
-Rory…- iniziò Paris, ma fu interrotta dallo squillo del telefono –Probabilmente è tua madre. Ha chiamato stamattina dicendo che si sarebbe rifatta viva nel tardo pomeriggio, ovvero ora.
Controvoglia Rory tornò al centro della stanza e afferrò il telefono; dopotutto era meglio farle vedere che c’era, per non destare sospetti o comunque per fare sparite qualsiasi dubbio insediatosi nella mente della madre: -Pronto?
-Rory? Tesoro, finalmente! Credevo che avessi deciso di non usufruire della tua meravigliosa camera la college!
-sono appena rientrata. Va tutto bene?
-oh, le solite cose. Tu piuttosto, sei sicura di stare bene? ti sento così triste…
-oh, sono solo un po’ stanca. Ho passato l’intero pomeriggio a studiare e ho bisogno di caffè triplo!- rispose, mentre Paris la fissava allibita: continuava a mentire a sua madre senza il minimo ritegno.
-allora ti lascio andare. Non strapazzarti troppo, vai a letto presto stasera, ok?
-ok, per oggi niente baldoria. Ciao!
-ciao tesoro!
La ragazza riagganciò sotto lo sguardo serio ed indagatore della sua compagna di stanza. Paris meritava una spiegazione, dopotutto l’aveva coperta perché lei potesse stare con Jess, ma non se la sentiva di spiegarle tutti particolari. Inoltre se le avesse detto dove era stata, si sarebbe ritrovata costretta ad ascoltare una lunga predica: Paris aveva sempre avuto parecchie riserve su Jess e ovviamente come tutti aveva ragione. Ma non sapeva com’erano andate realmente le cose, non conosceva tutta la verità, non era lì con lui, non poteva capire…
-ti prego, Paris- chiese –lasciami andare.
La compagna ci pensò a lungo: voleva una confessione, ma sapeva che Rory non avrebbe parlato e, riluttante, le lasciò la via libera verso la porta. Rory le sorrise, ma nei suoi occhi vide molta tristezza e cominciava a farsi un’idea su ciò che era accaduto. Lasciò che uscisse e le chiuse l’uscio alla spalle, sperando che prima o poi si decidesse a fidarsi di lei.La piccola Gilmore camminò a lungo senza meta tra i viali alberati del campus e inconsapevolmente si ritrovò in biblioteca; non ci andava da mesi e un po’ le era mancata, così decise di entrare. L’odore dei libri la tranquillizzò e il silenzio del luogo le fece diminuire il battito del cuore: da quando aveva lasciato New York era stata costantemente agitata e non riusciva quasi più a controllarsi, credeva di avere una crisi di nervi da un momento all’altro. Jess non l’aveva mai scossa a tal punto, ma non era solo per il bacio o per il fatto che qualcosa si fosse nuovamente spezzato. Quando si erano incontrati per strada alcune settimane prima le aveva parlato al passato dicendo di essersi innamorato di lei; dopo essersi baciati le aveva detto che l’amava. Non l’aveva mai fatto prima di quel momento.

La luce del sole non subiva alcuna filtrazione e i raggi gli colpirono in pieno gli occhi nell’istante in cui li aprì. Nascose la testa tra il cuscino respirando un profumo che non era il suo e il ricordo del giorno precedente, duramente soppresso nelle ore notturne, lo assalì nuovamente materializzando un peso sul suo stomaco. Il desiderio di Rory di andarsene senza parlare, senza un solo chiarimento lo paralizzava e ora capiva chiaramente come si era sentita ogni volta che lui l’aveva abbandonata nel più assoluto silenzio. Dopo aver visto la sagoma dell’auto allontanarsi e fondersi con la luce del sole pomeridiano e dopo aver accuratamente evitato uno scontro verbale con Liz, aveva passato tutto il pomeriggio a vagare per le città affollate di New York, si era seduto solo pochi minuti quando il tramonto lasciava spazio all’oscurità della notte, poi aveva ripreso il suo cammino verso casa; ora lo stomaco richiedeva cibo poiché nella sua testa non c’era stato posto per nessun pensiero che non riguardasse lei. Si alzò con fatica dal letto e indossò un paio di pantaloni qualunque mentre la sveglia segnava le otto e mezza e Liz sarebbe tornata non prima di un’ora e mezza, ma con sorpresa entrando nella piccola sala la vide seduta sul divano mentre leggeva una delle solite riviste scandalistiche. La madre si voltò al suono dei suoi passi e Jess si affrettò a dirle che nel giro di pochi minuti se ne sarebbe andato in modo da lasciarla in pace a godersi le sue sigarette e il whiskey.
-hey, ragazzino! Vedi di non prendertela con me se una delle tue sgualdrine ha rifiutato un tuo bacio!
-ti consiglio di moderare i termini, Liz- le rispose Jess aprendo una bottiglia d’acqua pressa poco prima dal frigorifero. Non aveva voglia di litigare e lei non sapeva di ciò che parlava.
-e da quando difendi le ragazzine?- lo derise –soprattutto quelle che ti porti a letto? Sei diventato un rammollito, esattamente come mio fratello! Oh, cielo! Quella città è capace di rovinare l’intera categoria maschile! E poi si può sapere chi diavolo è?
-non sono affari che ti riguardano.
-mi riguardano quando passa la notte in casa mia. O forse l’hai fatta dormire per strada? Ti conosco troppo bene e gli ormoni femminili ti fanno lo stesso effetto che facevano a Jimmy! Lascia che ti dia un consiglio: lasciala perdere! Invece di correre dietro alle ragazzine pensa a farti una vita decente! Non ho bisogno di un altro fallito in casa.
-con te siamo in due- la provocò infilandosi le scarpe, mentre la madre si alzava dal divano con un volto serio che non aveva mai visto: era la volta buona che lo cacciasse definitivamente da quella topaia.
-sei un ragazzo intelligente, Jess, ma devi impegnarti o non combinerai mai nulla-Non lo stava sgridando e il suo tono di voce non era nemmeno alto: gli stava parlando come ad un figlio e lo trovava incredibilmente insolito –inoltre- continuò –non alcuna intenzione di mantenerti fino alla pensione.
-sto lavorando- rispose pensando al suo piccolo impiego presso la libreria di Michael, un vecchietto che conosceva da molti anni. La prima volta che era entrato nel suo negozio aveva appena tredici anni e già decine di libri letti alle spalle. In quel periodo Michael aveva appena aperto la libreria e non c’erano mai troppe persone da servire, così passavano ore insieme a scegliere i libri più adatti alla sua età, libri che letteralmente divorava. In pochi anni si era ritrovato a dover leggere volumi per ragazzi più adulti e Michael era sempre stato orgoglioso di lui, lo chiamava il “suo ragazzo”; l’aveva preso sotto la sua ala, finché Jess aveva iniziato a mettersi nei guai e Liz lo aveva mandato a Stars Hollow. Ripensandoci ricordò di non aver mai parlato di lui a Rory; nessuno sapeva della sua esistenza.
-e niente guai, ne abbiamo già parlato quando sei arrivato.
-anche questi non sono affari tuoi, ma ti ho già detto che con quella roba ho chiuso. Da quando ti preoccupi per me? Mi hai mandato da tuo fratello senza pensarci due volte, non mi hai mai chiamato se non per chiedergli se combinavo guai, non ti sei minimante preoccupata del fatto che fossi partito per la California e tanto meno che stessi per morire!- le chiese.
-non voglio finire nei guai per colpa tua, è ovvio!- gli rispose prendendo un bicchiere dal lavandino e afferrando la bottiglia di liquore appoggiata sul pavimento; -ti ripeto di non pensare più a quella, è una ricca, viziata e con un solo sospetto la polizia ti mette dentro e butta la chiave!
-e perché dovrebbero arrestarmi?- rise Jess stupefatto dall’ottusità di sua madre: come poteva essere nato lui da una donna del genere?
-non hanno bisogno di motivi quando si tratta di “noi” e “loro”!- rispose in riferimento all’estrazione sociale –non avrai fatto qualcosa contro il suo consenso, vero?
-non ho intenzione di ascoltarti ancora- disse il ragazzo dirigendosi verso l’uscita.
- ho sentito parlare di errori ieri pomeriggio- affermò ricordando la discussione dei due ragazzi davanti all’auto- stavate insieme? È la ragazza di cui parlava Luke?
-e tu che ne sai? Che ti ha detto?!
-che c’era una ragazza. Una brava ragazza. È lei?
-Ah!- mugugnò lamentandosi – lei era la mia ragazza e non sono affari che ti riguardano!
-così ti ha lasciato… lo immaginavo- disse la donna avanzando verso di lui e riempiendo il bicchiere –mai innamorarsi di amori impossibili. Siete troppo diversi…
-io me ne sono andato. A Los Angeles, ricordi?
-non avrebbe mai funzionato e mai funzionerà con quella principessina, è troppo delicata per uno come te. Bevi questo -disse allungandogli il bicchiere appena riempito –affogare i dispiaceri nell’alcol non è così male!
-ci sono già passato- le ricordò guardandola con disprezzo. Quale madre avrebbe offerto dell’alcol al figlio per fargli dimenticare qualunque cosa? Che razza di donna era una come lei? cosa aveva fatto per meritare tutto quello schifo?- non berrò, non mi drogherò, non fumerò. E piantala di parlare di Rory, tu non sai nulla né di lei, né di me che sono tuo figlio e che dovrei essere la persona che meglio conosci al mondo!-disse prendendo la giacca e uscendo di corsa dal suo inferno personale, esattamente al secondo posto dopo Stars Hollow.



accontentate! nn ho spezzato il discorso tra liz e jess così nulla rimaneva in sospeso... okkio!! questa è la pen o terz'ultima prima della "pausa"


ciao ciao
 
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Phi Phi
view post Posted on 5/3/2004, 22:00




14° episodio


sta volta ho spezzato il dialogo...chissà cm finirà...


Il tramonto al college era uno dei pochi attimi che aveva imparato ad amare fin dai primi giorni passati a Yale. L’atmosfera era strana a quell’ora, silenziosa e pacifica, poiché i ragazzi erano troppo impegnati a studiare nelle loro stanze o si trovavano in giro per i negozi della città; erano in pochi a passeggiare, di solito solo coppiette amoreggianti e quindi poco rumorose. Quella calma riusciva a rilassarla, in un certo senso era come trovarsi sul ponticello di casa e solo lì riusciva a riflettere più o meno serenamente. Inoltre Paris non era a conoscenza di quel luogo e quindi era un rifugio sicuro per sfuggire alle sue pressanti domande. Negli ultimi due giorni era riuscita ad evitarla in modo da non doverle le spiegazioni che giustamente richiedeva… sapeva che prima o poi avrebbe dovuto cedere e spiegarle tutto, ma non se la sentiva, era troppo presto; le era grata per la copertura e le menzogne, ma doveva aspettare. Rory aveva bisogno di pensare seriamente e in tranquillità a tutto ciò che le stava accadendo intorno, a partire della situazione con sua madre. Con Lorelai le cose erano decisamente degenerate nel momento in cui aveva cominciato a mentirle e incredibilmente erano peggiorate poche ore dopo la sua partenza. Quella barriera costruita dopo la partenza di Jess, quello scudo protettivo che era certa poter far cadere in ogni momento era diventato tutt’uno con la sua stessa personalità e ora non riusciva più a farne a meno; credeva che una volta superato il dolore per lui le cose si sarebbero rimesse al loro posto, ma i giorni passavano e nulla cambiava se non in peggio. Odiava quella terribile situazione, pensare a Lorelai come ad una semplice madre che a volte avrebbe voluto far sparire, sentirsi a disagio in sua presenza e nella sua stessa casa, era assurdo ciò che era accaduto e continuava ad avvenire, ma le mancava la forza di reagire, di combattere contro se stessa. Jess diceva che tutto si sarebbe sistemato e sicuramente sbagliava; non vedeva via di ritorno, quasi si vergognava a guardarla negli occhi e si chiedeva come potesse volerla a Stars Hollow dopo il suo comportamento immaturo e irrispettoso. Anche Lorelai era conscia del fatto che le cose fossero cambiate, ma persisteva ad averla accanto; che quello fosse il suo modo per ripristinare un contatto? O per cercare di mantenerlo dato che da parte sua non c’era alcuna collaborazione? Ripensandoci negli ultimi dodici mesi aveva sempre sentito il suo fiato sul collo, la sua presenza: lei l’aveva preso come un eccesso di controllo, ma in realtà sua madre stava solo cercando di strale vicina, esattamente come aveva sempre fatto. Il problema era suo, lei aveva interpretato tutto come un’ossessiva apprensione e si arrabbiata fino all’inverosimile. Aveva scaricato tutta la sua rabbia sulla povera Lorelai che, nonostante tutto, non l’aveva mai abbandonata… un sorriso si materializzò sul suo volto: quella era certamente la mamma migliore del mondo, e doveva dirglielo. Chiudendo il suo libro in fretta, si alzò per correre a chiamare la madre, ma un’ombra familiare catturò la sua attenzione. Sentì un brivido correrle lungo la schiena quando riconobbe il suo inconfondibile profumo: dolce e sofisticato, ma mascolino e ribelle.
-ciao Mary!- emise la sua bocca sorridente nel cogliere la sua espressione visibilmente stupita.
-Tristan… -disse timidamente al pensiero di tutte le telefonate alle quali non aveva risposto e ai messaggi ignorati. Non si era comportata bene e davanti a lei c’era l’oggetto del suo errore; eppure pensava che quel silenzio fosse un chiaro indicatore della situazione: non voleva avere più nulla a che fare con lui, doveva scriverlo nero su bianco?!
-che ci fai qui? –gli chiese cercando di non lasciar trasparire il suo sbigottimento anche dal suono della sua voce.
-passavo da queste parti…- rispose il ragazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-non mi risulta che Harvard e Yale abbiano della strada in comune!
-non immagini il motivo che mi ha portato fin qui?
-lo immagino e mi chiedo perché: l’ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato, poi io ho volutamente ignorato le tue chiamate e tu ne sei consapevole. Sei intelligente Tristan e sicuramente quello delle telefonate è un dettaglio che non ti è sfuggito, quindi che ci fai qui?- chiese nuovamente stringendosi il libro al petto in attesa di una risposta.
-non sono qui per il motivo che credi - disse il ragazzo camminando verso l’ingresso principale del college.
-hai la presunzione di leggermi nel pensiero?- gridò sdegnata la ragazza.
-sei sempre stata così suscettibile?- si lamentò –comunque, per essere chiari, non voglio parlare di noi, cioè sì, ma non …ah, non sono venuto a chiederti un’altra possibilità, so che sarebbe inutile.
-quindi?
-che mi dici del cameriere di Luke?
-conosci il suo nome- precisò –ma non voglio parlare di lui. Né adesso né mai.
- ascoltami Rory, so che da te non posso ricevere altro che amicizia, lo so da anni, ma ho preferito illudermi che i sogni a volte possono realizzarsi. Purtroppo come non potrò mai liberarmi di quel despota di mio padre, non potrà mai esserci qualcosa di serio e duraturo tra noi e io, da bravo boy scout, mi sono rassegnato, soprattutto dopo che James Dean è arrivato in città… non sono arrabbiato per il tuo rifiuto, è una di quelle cose che capitano nella vita, ma piuttosto per il fatto che tu, oltre ad aver preso in giro me…
-Tristan…
-ascoltami. Dicevo che oltre ad esserti presa gioco di me, l’hai fatto anche con te stessa. È questa secondo me è la cosa peggiore.
-io ho creduto in noi, davvero- rispose Rory cercando le parole più esatte per non ferirlo più di quanto già fosse –tu sei stato il mio spiraglio di luce…
-ma era un fuoco fatuo.
-già. Anch’io mi sono illusa e sono rimasta scottata.
-e perché?- le chiese ironicamente –quel ragazzo ardeva dalla gelosia quando ci vedeva insieme e la ragione può essere solo una!
-lo so, però le cose non sono sempre facili. Io non credo di essere pronta a rischiare ancora con lui.
-la verità è che tu hai paura di rischiare con chiunque e dovresti reagire.
-Jess mi ha abbandonata e non nego di aver paura, chiunque l’avrebbe- ripose con severità, ferita dalla realizzazione che effettivamente l’idea di soffrire ancora la terrorizzava- Io ho l’ho odiato con tutta me stessa.




continua...
 
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Phi Phi
view post Posted on 6/3/2004, 17:17




15° episodio

la scena riparte da dove si era interrotta


-L’odio nasce solo dall’amore, Rory. Se tu hai odiato Jess significa che l’hai amato molto e se continui a soffrire, il che è palese per chiunque ti guardi negli occhi quando sei assorta nei tuoi pensieri o quando parli di lui, posso avere la presunzione giustificata di dire che lo ami ancora, ma cerchi di razionalizzare i tuoi sentimenti senza renderti conto che è un grosso errore.
-da quando sei un filosofo?-rise la ragazza. Quelli erano discorsi che si era fatta mille volte, era già a conoscenza del significato di ognuna di quelle parole e il fatto che venissero pronunciate dalla bocca di Tristan era semplicemente una conferma.
-non è filosofia, ma la vita –sorrise a sua volta, colpito dalla propria capacità di oratoria.
- mi odi per averti illuso?
-per me è diverso, non ho avuto il tempo di amarti, ma so che la tua felicità è importante, anche se vedermi battuto da quel… Jess mi ferisce profondamente nell’orgoglio.
-non prendertela con lui, Jess non ha colpa in tutto ciò se non quella di avermi incontrato due anni fa.
-cos’hai intenzione di fare con lui? Gli parlerai? Quel ragazzo ha commesso molti errori, ma credo che ti ami e dovresti essertene accorta.
-è ciò che dice –rispose Rory fissando altrove per evitare il suo sguardo: le parole di Jess risuonavano ancora nella sua mente e il cuore le batteva ogni volta al solo ricordo.
-quindi avete parlato?
-un paio di giorni fa, ma io me ne sono andata. Mi sono comportata come una perfetta idiota e se non volesse più avere niente a che fare con me non gli darei torto.
-adesso che ti sei resa conto del tuo sbaglio e soprattutto delle tue fobie, se gli parlassi potereste risolvere molte cose.
-un giorno lo farò, però ancora non me la sento. Sono felicissima per tante cose che mi ha detto, ma non riesco a pensare a noi due ancora insieme, mi spaventa.
-ti consiglio di muoverti, perché Jess non mi sembra il tipo da restare fermo ad aspettare le decisioni degli altri.
-è vero
-e se tu arrivassi in ritardo, ricordati sempre il mio numero di telefono…
-Tristan!
-per la consulenza di un amico, ovviamente!
-Tristan DuGray – udirono provenire dalle loro spalle mentre camminavano tranquilli per i vialetti alberati. Entrambi si voltarono consci della padrona di quella voce.
-Paris Geller- disse a sua volta il ragazzo sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi –è un piacere rivederti dopo tutto questo tempo, come stai?
-bene- rispose la ragazza stupita da quella gentilezza che aveva bramato per anni al liceo, ma che lui non le aveva mai rivolto, troppo occupato a pensare a Rory o a qualunque altra che non fosse lei.
-in effetti ti trovo in forma. Dovrò dare tutto il merito al tuo Jamie?- la schernì trionfante davanti al suo improvviso rossore.
-e tu che ne sai?! Gilmore!-disse adirata rivolgendosi alla compagna di stanza che se ne stava in silenzio come una bambina scoperta mentre ruba le caramelle.
-hey, guarda che io e lui ci conosciamo da tempo. Sapevo dell’esistenza di una ragazza, ma mai avrei immaginato che fossi tu! Il mondo è piccolo, eh?
-infatti. Tu cosa ci fai qui? Non eri stato mandato alla scuola militare, punizione a mio parere giusta visto il tuo comportamento altamente irrispettoso delle regole e delle persone?
-il veleno non finisce mai, eh? Comunque come vedi sono tornato e sono un rispettabilissimo studente di Harvard. Ed è arrivata l’ora di tornare al college- disse guardando l’orologio- si è fatto tardi. Mi farai sapere qualcosa, vero?- chiese a Rory.
-va bene. allora… buon viaggio.
-grazie- rispose sorridendole e dandole un leggero e rapido bacio sulle labbra sotto gli occhi sbarrati di Paris –ciao. Ciao Paris!
-oh, sì… ciao- rispose sbigottita, mentre il ragazzo col suo solito sorriso beffardo se ne andava. Vederlo non le aveva provocato nessuna emozione particolare, segno che ormai nel suo cuore non c’era posto per nessuno oltre che Jamie. Nemmeno il bacio… il bacio?
-Gilmore!- gridò alla ragazza che quatta se la svignava - Se stai cercando una via di fuga sta certa che ti rincorrerò ovunque fino a quando non mi avrai spiegato quello che sta succedendo, perché io non ci capisco niente e non ho tempo di pensare anche agli affari tuoi!
-Ok, ti dirò tutto- rispose rassegnata di fronte alla minaccia -Ma guai a te se mi interrompi- si raccomandò e, dopo il suo totale assenso la promessa di non aprire bocca le parlò di Jess, della sua partenza per Los Angeles, del suo improvviso ritorno e vagamente di alcuni suoi problemi, dell’apparizione di Tristan e di tutto ciò che era successo dal momento in cui le aveva chiesto di mentire a Lorelai a quel momento.



continua....


cosa succederà nella prox puntata???? alla prox!

 
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31 replies since 23/2/2004, 14:45   5226 views
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