13° episodio
scusate se è lunga 6 pagine di word...cm al solito odio lasciare i discorsi a metà... anke se ripensandoci bene nn sarebbe male...seffrireste d più (esclamazione sadica!
)
cmq ECCOLA!!!!
“se il buon giorno si vede dal mattino” pensò Jess quando la vide al suo fianco bellissima, baciata dal sole che le illuminava il volto e rischiarava i suoi capelli rendendoli quasi biondi. Non poteva desiderare un risveglio migliore, ma si chiedeva cosa ci facesse lì; -Rory…
-buon giorno dormiglione!- rispose la ragazza con lieve imbarazzo –ero venuta a svegliarti, ma vedo che hai fatto tutto da solo. Sono le nove e mezza e tra poco Liz sarà qui, quindi è meglio uscire, non credi? Io vado a vestirmi, tu fai una doccia velocissima poi andiamo a fare colazione da qualche parte, ok? Ho un bisogno urgente di caffè!-disse tutto d’un fiato alzandosi di scatto e dirigendosi verso la camera del ragazzo, mentre lui a fatica si metteva a sedere e capiva ciò che Rory stava dicendo.
-huh?- mugugnò sbadigliando e facendo così fermare la ragazza nel mezzo del suo monologo. Rory tornò indietro e lentamente ripeté ciò che aveva appena detto così che Jess potesse capire. Il ragazzo asserì e andò a prepararsi, mentre lei si vestiva e sorrideva per lo scampato pericolo di farsi sorprendere da Jess durante quel suo momento di debolezza.
-caffè?- le chiese uscendo dal portone dello stabile.
-ovvio! Come hai dormito stanotte?
-bene- rispose il ragazzo massaggiandosi la schiena: doveva suggerire a Liz di comprarne uno nuovo, quello era in dormibile.
-avanti! Lo so che non hai chiuso occhio! Mi dispiace così tanto Jess, ma io ti avevo detto che era meglio fare le cose diversamente!- disse scusandosi.
-hey, non ti devi preoccupare, ok? È stata solo una notte, da stasera tutto tornerà come prima.
-ma hai mal di schiena?
-solo un po’, non morirò per questo- disse sorridendo. Le piaceva quel sorriso, le piaceva quando sorrideva, il che accadeva di rado. Entrarono in un piccolo bar con la vista su Washington Park, il preferito di Jess, e fecero colazione con muffins e caffè. Non erano all’altezza di quelli di Luke, ma aveva mangiato di peggio nella sua vita. Jess era diventato improvvisamente silenzioso, come se qualcosa lo opprimesse; se ne stava seduto a mangiare fissando la strada trafficata. Forse anche lui stava pensando allo zio; Rory rispettò quel suo momento di silenzio e di isolamento mangiando in silenzio e aspettando che fosse lui a farle capire che andava tutto bene. I suoi occhi erano tristi e le era capitato spesso di dover fronteggiare quello sguardo chiuso al mondo, di qualcuno che non vuole far sapere cosa lo angustia, a cosa pensa, che ti esclude a priori da qualcosa che potrebbe ferirti. Ma l’ultima volta che Jess aveva fatto muro era partito per Los Angeles e non l’aveva più visto per un intero anno.
-Jess?- lo chiamò attirando la sua attenzione. Il ragazzo si voltò verso di lei e per un lungo istante si guardarono negli occhi senza dire nulla. Un altro salto nel passato, a quando bastava guardarsi e capire tutto l’uno dell’altra, senza parole, senza gesti: solo uno sguardo.
-scusa- disse il ragazzo.
-e di cosa?- gli chiese sorridendo. Non doveva scusarsi, erano i suoi pensieri e non era scritto da nessuna parte che doveva condividerli con qualcun altro, tanto meno con lei.
-di tante cose.
-ne abbiamo già parlato, o sbaglio?
-sì, ma…
-hey! Quello è passato, Jess. Non pensarci più. Non lo faccio nemmeno io che sono una delle parti in causa più ferite!- lo rassicurò.
-non si tratta solo di quello. C’è qualcosa altro che ancora non ti ho detto, qualcosa che riguarda Los Angeles, ma non me la sento ancora di parlarne…
I suoi occhi erano nuovamente tristi, il suo viso serio. Era a quello che stava pensando, qualcosa di cui lei non sapeva ancora nulla, qualcosa che non voleva nasconderle, ma del quale non riusciva a parlarle. La probabile causa di quell’auto-punizione che si era inflitto tagliandosi le braccia, la stessa che lo aveva portato probabilmente all’overdose. Doveva essere qualcosa di grave, perché non l’aveva mai visto così afflitto e incredibilmente fragile; sembrava che portasse sulle spalle il peso del mondo e che non riuscisse più a sostenerlo, ma non riusciva a liberarsene. Cosa lo tormentava? La curiosità era tanta, ma Jess le aveva appena detto che non se la sentiva di confidarsi e forzarlo non sarebbe servito a nulla.
-non importa- gli disse col sorriso sulle labbra -parlamene quando vuoi, non sei obbligato a farlo ora.
-preferirei farti sapere tutto…
-lo farai quando sarai pronto, so che è ciò che vuoi, quindi aspetterò- rispose bevendo l’ultimo sorso di caffè- andiamo?
Jess annuì e pagò l’intera colazione offrendola anche a Rory, poi i due si avviarono verso l’auto della ragazza. Durante il tragitto parlarono di diversi argomenti e poco prima di arrivare davanti al palazzo di Jess il ragazzo le chiese di Lorelai; -cosa è successo? Avete litigato?
Era un discorso che sarebbe potuto durare per ore, ma lei aveva pochi minuti. Nascondergli la verità era inutile e non aveva voglia di mentirgli, non anche a lui. Negli ultimi mesi aveva impiegato troppo tempo a inventare bugie, soprattutto con sua madre e non se la sentiva di cominciare anche con Jess. Dire la verità sarebbe stata la cosa migliore da fare e lui non si aspettava che quella. Dopotutto anche lei voleva che Jess fosse sincero, esattamente come era stato poco prima al bar confessando di non averle detto tutta la verità perché ancora non se la sentiva.
-le cose sono degenerate lentamente a partire dall’anno scorso. Fondamentalmente la colpa è mia- rispose fissando l’asfalto sotto i suoi piedi –sono cambiata per molti versi. A volte stento a riconoscermi! Sono insofferente a tutto: a Stars Hollow, alla gente, a mia madre, alle continue opinioni dei miei nonni; basta poco per farmi arrabbiare, non di rado rispondo per le rime e a volte con scortesia.
-perché? Voglio dire, mi sembrava che tu adorassi la tua città, i tuoi concittadini… quello che li odiava ero io!
-lo so- rispose Rory sorridendo al sorriso del ragazzo che cercava di sdrammatizzare –devi avermi contagiata! Ma…- riprese con serietà –dopo che te ne sei andato… non lo so Jess, tutti mi trattavano come se fosse accaduta chissà quale tragedia, come se fossi una stupida incapace persino di tenersi un ragazzo! Tu sei partito lasciandomi sola a fronteggiare quella mandria di pettegole, Dean che mi assillava con i suoi “te l’avevo detto!” e mia madre… è colpa mia, perché mi sono chiusa, ho creato una meravigliosa barriera che mi proteggeva da tutto e da tutti. Sono diventata un po’ come te i primi tempi a Stars Hollow… mi dispiace così tanto per mia madre, ma adesso è tardi. Nulla tornerà come prima.
-provaci! Voglio dire… tu e Lorelai!-disse con incredulità –se c’è qualcuno che può avere una seconda possibilità siete voi due!
-ho tentato, ma le cose non sono andate come avevo sperato.
-persevera! Sono certo che le cose andranno meglio prima o poi.
La colpa era sua: se n’era andato dando la possibilità a tutti di esprimere liberamente il proprio giudizio, cioè ciò di cui Rory aveva meno bisogno in quel momento. Immaginava già gli le manifestazioni gioiose di Taylor e Dean, le confabulazioni di Miss Patty e Babette. Aveva imparato a conoscere quella gente e sapeva quanto potevano ferire; Rory aveva bisogno del silenzio assoluto dopo la sua partenza, loro invece avevano messo il dito nella piaga… e lei aveva reagito allontanandosi da tutti, soprattutto da Lorelai che probabilmente lo aveva odiato più di quanto già non facesse per averle portato via la complicità di sua figlia.
-eccoci qua!- sentì dire da Rory accorgendosi di essere arrivati all’auto.
-wow- esclamò vedendo la macchina sportiva parcheggiata davanti al marciapiede. Il pomeriggio precedente era troppo distratto dalla presenza di Rory per notare la sua auto e a Stars Hollow non l’aveva mai vista.
-già, è un regalo dei nonni.
-chiederò di farmi adottare! Potrei guadagnare molto più di un auto!
-non credo che la nonna sarà d’accordo- rise Rory.
-lo credo anch’io. allora…
-allora, ci… sentiamo?- gli chiese Rory prima di salutarsi. Avrebbe voluto restare insieme a lui ancora un po’, le piaceva quell’amicizia ritrovata.
-certo, ho il tuo numero. Ti darò il mio, così se vuoi puoi chiamarmi quando Liz non c’è.
-certo. Allora io vado- disse la ragazza avvicinandosi alla portiera.
-Rory?
-huh?
-grazie per essere venuta- rispose Jess avvicinandosi. La distanza tra loro cominciava a farsi pericolosa, ma nessuno dei due sembrava accorgersene, troppo presi com’erano a fissarsi intensamente.
-prego- rispose lei un attimo prima che le labbra del ragazzo sfiorassero le sue. Quel bacio era inevitabile. Si erano avvicinati troppo e troppo velocemente nelle ultime ore e prima che lui se ne andasse e, segretamente, quello era stato il desiderio di entrambi fin dall’inizio. Ma si erano anche ripetuti troppe volte che non doveva finire così, che c’era bisogno di più calma, più tempo, che le cose dovevano essere diverse. La passione era sfuggita al loro controllo e Jess aveva fatto il primo passo, ma Rory sapeva che se non fosse stato lui ad avvicinarsi, l’avrebbe fatto lei al suo posto. Desiderava Jess più di ogni altra cosa, rivoleva indietro il suo amore, ma quel bacio doveva finire: non era il momento giusto, non poteva cadere nuovamente in quella trappola. Un bacio sulla fronte mentre lui dormiva era assolutamente innocuo, ma quello no… era consensuale, era voluto e implicava troppi problemi, primo di tutti l’illusione. Non voleva abbassare la guardia, perché Jess l’avrebbe ferita, sapeva che prima o poi sarebbe finita, che l’avrebbe lasciata ancora e lei non voleva più soffrire, non per lui. Ma la stava stringendo a sé e la baciava con una dolcezza che aveva dimenticato, che aveva soppresso col dolore e rintanato in una parte remota dei suoi ricordi, gli stessi che aveva cercato in tutti i modi di distruggere e che tuttavia inevitabilmente emergevano ogni notte. Si sentiva protetta stretta nel suo abbraccio, ma improvvisamente si materializzò nella sua mente l’immagine dell’ultima volta che aveva visto il ragazzo prima che lui andasse a Los Angeles senza avvertirla: si erano incontrati per caso sull’autobus per Hartford, le aveva promesso di chiamarla e lei pensava che si sarebbero visti la stessa sera, invece Lorelai le aveva detto che se n’era andato e che probabilmente non sarebbe più tornato. La rabbia e la tristezza riaffiorarono dal suo cuore e in un attimo allontanò Jess da sé. Il ragazzo non capiva cosa stesse succedendo, credeva che andasse tutto bene, ma si sbagliava, aveva commesso un altro errore, se lo sentiva.
-Rory?- disse riavvicinandosi a lei, che riluttante faceva un altro passo indietro verso l’auto.
-no, non ti avvicinare- rispose con le lacrime agli occhi, cercando la maniglia della portiera- è stato uno sbaglio, un terribile sbaglio. Io non ho intenzione di tornare indietro, Jess. Non soffrirò ancora, sono cambiata e ho imparato dai miei errori.
-mio sembrava che fossimo stati bene insieme, ma forse è solo un’impressione. Eppure sei stata tu a venire qui, tu mi hai abbracciato sul ponte, tu mi ha stretto le mani ieri sera, tu eri al mio fianco quando mi sono svegliato! –gridò il ragazzo, ferito dalle sue parole e da quella reazione quasi piena di disprezzo –ti dico che mi manchi, sai che ho bisogno di te e mi sembra inutile dirti che ti amo, perché ormai dovresti averlo capito! Ma a te non importa, non riesci più a riconoscere i sentimenti delle persone? tu che per prima hai creduto in me quando tutti mi erano contro! Sei l’unica che si sia mai interessata a me e l’unica per la quale io abbia mai provato qualcosa che sono certo è amore!
-semplicemente non posso permettere che accada
-Io proprio non capisco cosa vuoi, Rory…
-andarmene- rispose la ragazza salendo in macchina e partendo senza voltasi né guardare per un solo istante nello specchietto retrovisore. Aveva ferito Jess, si era ferita da sola, ma non poteva cedere, non voleva… a costo di rimpiangerlo per il resto della sua vita.
-Quella ragazza non fa per te, Jess- sentì dire da Liz che, alle sue spalle, aveva seguito l’intera scena. Le era parso strano da subito che quella ragazza così perfetta, sicuramente di buona famiglia, potesse avere qualcosa a che fare con suo figlio. Jess aveva avuto troppi problemi e le sue condizioni economiche non erano delle più rosee; una ragazza così poteva avere di meglio e l’aveva dimostrato andandosene pochi secondi prima–non è il tuo tipo- continuò mentre il figlio la guardava con l’odio negli occhi- lei deve stare con uno del suo rango, non un bulletto da quattro soldi, ammesso che tu li abbia.
Jess le lanciò un ulteriore sguardo di sprezzo e se ne andò, troppo abbattuto per discutere anche con lei.
Come poteva essere stata tanto stupida?! Lasciarsi andare in quel modo, permettergli di baciarla senza riuscire a staccarsi da lui! Perché al contatto con le sue labbra, nel sentire quel buonissimo profumo nei suoi polmoni, la sua pelle sfiorata dalle sue mani non era stata capace di allontanarsi immediatamente? Com’era possibile che il suo corpo non eseguisse agli stimoli mandati dal cervello e i suoi muscoli si rifiutassero di obbedire? Stava andando tutto perfettamente, quei due giorni passati insieme era stati fantastici, perché Jess aveva rovinato tutto in pochi secondi? Sarebbe bastato salutarsi con un semplice “ciao”, come fanno tutti gli amici, ma loro erano così bravi a complicare le cose! Perché limitarsi ad un saluto se si poteva creare un po’ di confusione con un meraviglioso e dolcissimo bacio? Perché non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altra? E comunque non poteva attribuire tute le colpe a Jess, come poteva biasimarlo? Le stessa mattina anche lei aveva provato il forte desiderio di baciarlo, di sentirlo suo ancora una volta, percepire il tocco delle suo labbra al contatto con la sua pelle e aveva ceduto, l’aveva fatto: l’aveva baciato, senza il suo consenso, senza che lui ne sapesse nulla. Non c’era differenza tra loro, anzi probabilmente Jess era stato più onesto, perché lei era lì quando lui si era avvicinato e avrebbe potuto spostarsi. Se l’avesse veramente voluto. La colpa di tutto era sua: lei era andata a New York invece di lasciare che le cose seguissero il corso, lei aveva forzato tutto cambiando direzione con l’auto, lei lo aveva abbracciato a Stars Hollow, lei aveva appoggiato le mani sulle sue, lei lo aveva baciato sulla fronte, lei non si era sottratta a quel bacio. Anche lei lo voleva, semplicemente faticava ad ammetterlo a se stessa e soprattutto a Jess; questa volta era stata lei ad illuderlo. Più ci pensava, più si rendeva conto che la faceva impazzire, la cambiava, le faceva fare cose che non avrebbe mai fatto in condizioni normali… non aveva mai combinato tanti casini come negli ultimi anni, esattamente da quando si erano conosciuti.
Dopo aver parcheggiato l’auto e portato alcune delle sue cose in camera, Paris entrò nella stanza e fu sorpresa di vederla: -Gilmore! Finalmente ti sei fatta viva! Tua madre ha chiamato decine di volte e ti ha lasciato un sacco di messaggi nella segreteria. Si può sapere dov’eri finita? Io non sapevo più cosa inventarmi; sai che nonostante sia bravissima ed intelligente più della media non ho assolutamente fantasia! Dopo la biblioteca, il parco, le librerie e le lezioni non sapevo più cosa raccontarle! Mi sorprende che non abbia capito nulla! Ma dove sei stata in questi giorni? non è da te perdere le lezioni, soprattutto all’inizio dell’anno!
-Paris, per favore. Non mi va di parlare, soprattutto con te- rispose Rory afferrando la sua borsa e dirigendosi a passo svelto verso la porta: non voleva affrontare nessuno, tanto meno Paris: in quel momento non era capace di affrontare nemmeno se stessa.
-sparisci per due interi giorni dicendomi di coprirti e non merito nemmeno una spiegazione? Mi dispiace, cara, ma le cose non funzionano in questo modo!- si lamentò la ragazza seguendola.
-ascolta- rispose Rory con una mano sulla maniglia –non sono affari che ti riguardano. Ti ringrazio molto, ma non saprai cosa ho fatto. Avevo da fare, questo è tutto.
-Rory…- iniziò Paris, ma fu interrotta dallo squillo del telefono –Probabilmente è tua madre. Ha chiamato stamattina dicendo che si sarebbe rifatta viva nel tardo pomeriggio, ovvero ora.
Controvoglia Rory tornò al centro della stanza e afferrò il telefono; dopotutto era meglio farle vedere che c’era, per non destare sospetti o comunque per fare sparite qualsiasi dubbio insediatosi nella mente della madre: -Pronto?
-Rory? Tesoro, finalmente! Credevo che avessi deciso di non usufruire della tua meravigliosa camera la college!
-sono appena rientrata. Va tutto bene?
-oh, le solite cose. Tu piuttosto, sei sicura di stare bene? ti sento così triste…
-oh, sono solo un po’ stanca. Ho passato l’intero pomeriggio a studiare e ho bisogno di caffè triplo!- rispose, mentre Paris la fissava allibita: continuava a mentire a sua madre senza il minimo ritegno.
-allora ti lascio andare. Non strapazzarti troppo, vai a letto presto stasera, ok?
-ok, per oggi niente baldoria. Ciao!
-ciao tesoro!
La ragazza riagganciò sotto lo sguardo serio ed indagatore della sua compagna di stanza. Paris meritava una spiegazione, dopotutto l’aveva coperta perché lei potesse stare con Jess, ma non se la sentiva di spiegarle tutti particolari. Inoltre se le avesse detto dove era stata, si sarebbe ritrovata costretta ad ascoltare una lunga predica: Paris aveva sempre avuto parecchie riserve su Jess e ovviamente come tutti aveva ragione. Ma non sapeva com’erano andate realmente le cose, non conosceva tutta la verità, non era lì con lui, non poteva capire…
-ti prego, Paris- chiese –lasciami andare.
La compagna ci pensò a lungo: voleva una confessione, ma sapeva che Rory non avrebbe parlato e, riluttante, le lasciò la via libera verso la porta. Rory le sorrise, ma nei suoi occhi vide molta tristezza e cominciava a farsi un’idea su ciò che era accaduto. Lasciò che uscisse e le chiuse l’uscio alla spalle, sperando che prima o poi si decidesse a fidarsi di lei.La piccola Gilmore camminò a lungo senza meta tra i viali alberati del campus e inconsapevolmente si ritrovò in biblioteca; non ci andava da mesi e un po’ le era mancata, così decise di entrare. L’odore dei libri la tranquillizzò e il silenzio del luogo le fece diminuire il battito del cuore: da quando aveva lasciato New York era stata costantemente agitata e non riusciva quasi più a controllarsi, credeva di avere una crisi di nervi da un momento all’altro. Jess non l’aveva mai scossa a tal punto, ma non era solo per il bacio o per il fatto che qualcosa si fosse nuovamente spezzato. Quando si erano incontrati per strada alcune settimane prima le aveva parlato al passato dicendo di essersi innamorato di lei; dopo essersi baciati le aveva detto che l’amava. Non l’aveva mai fatto prima di quel momento.
La luce del sole non subiva alcuna filtrazione e i raggi gli colpirono in pieno gli occhi nell’istante in cui li aprì. Nascose la testa tra il cuscino respirando un profumo che non era il suo e il ricordo del giorno precedente, duramente soppresso nelle ore notturne, lo assalì nuovamente materializzando un peso sul suo stomaco. Il desiderio di Rory di andarsene senza parlare, senza un solo chiarimento lo paralizzava e ora capiva chiaramente come si era sentita ogni volta che lui l’aveva abbandonata nel più assoluto silenzio. Dopo aver visto la sagoma dell’auto allontanarsi e fondersi con la luce del sole pomeridiano e dopo aver accuratamente evitato uno scontro verbale con Liz, aveva passato tutto il pomeriggio a vagare per le città affollate di New York, si era seduto solo pochi minuti quando il tramonto lasciava spazio all’oscurità della notte, poi aveva ripreso il suo cammino verso casa; ora lo stomaco richiedeva cibo poiché nella sua testa non c’era stato posto per nessun pensiero che non riguardasse lei. Si alzò con fatica dal letto e indossò un paio di pantaloni qualunque mentre la sveglia segnava le otto e mezza e Liz sarebbe tornata non prima di un’ora e mezza, ma con sorpresa entrando nella piccola sala la vide seduta sul divano mentre leggeva una delle solite riviste scandalistiche. La madre si voltò al suono dei suoi passi e Jess si affrettò a dirle che nel giro di pochi minuti se ne sarebbe andato in modo da lasciarla in pace a godersi le sue sigarette e il whiskey.
-hey, ragazzino! Vedi di non prendertela con me se una delle tue sgualdrine ha rifiutato un tuo bacio!
-ti consiglio di moderare i termini, Liz- le rispose Jess aprendo una bottiglia d’acqua pressa poco prima dal frigorifero. Non aveva voglia di litigare e lei non sapeva di ciò che parlava.
-e da quando difendi le ragazzine?- lo derise –soprattutto quelle che ti porti a letto? Sei diventato un rammollito, esattamente come mio fratello! Oh, cielo! Quella città è capace di rovinare l’intera categoria maschile! E poi si può sapere chi diavolo è?
-non sono affari che ti riguardano.
-mi riguardano quando passa la notte in casa mia. O forse l’hai fatta dormire per strada? Ti conosco troppo bene e gli ormoni femminili ti fanno lo stesso effetto che facevano a Jimmy! Lascia che ti dia un consiglio: lasciala perdere! Invece di correre dietro alle ragazzine pensa a farti una vita decente! Non ho bisogno di un altro fallito in casa.
-con te siamo in due- la provocò infilandosi le scarpe, mentre la madre si alzava dal divano con un volto serio che non aveva mai visto: era la volta buona che lo cacciasse definitivamente da quella topaia.
-sei un ragazzo intelligente, Jess, ma devi impegnarti o non combinerai mai nulla-Non lo stava sgridando e il suo tono di voce non era nemmeno alto: gli stava parlando come ad un figlio e lo trovava incredibilmente insolito –inoltre- continuò –non alcuna intenzione di mantenerti fino alla pensione.
-sto lavorando- rispose pensando al suo piccolo impiego presso la libreria di Michael, un vecchietto che conosceva da molti anni. La prima volta che era entrato nel suo negozio aveva appena tredici anni e già decine di libri letti alle spalle. In quel periodo Michael aveva appena aperto la libreria e non c’erano mai troppe persone da servire, così passavano ore insieme a scegliere i libri più adatti alla sua età, libri che letteralmente divorava. In pochi anni si era ritrovato a dover leggere volumi per ragazzi più adulti e Michael era sempre stato orgoglioso di lui, lo chiamava il “suo ragazzo”; l’aveva preso sotto la sua ala, finché Jess aveva iniziato a mettersi nei guai e Liz lo aveva mandato a Stars Hollow. Ripensandoci ricordò di non aver mai parlato di lui a Rory; nessuno sapeva della sua esistenza.
-e niente guai, ne abbiamo già parlato quando sei arrivato.
-anche questi non sono affari tuoi, ma ti ho già detto che con quella roba ho chiuso. Da quando ti preoccupi per me? Mi hai mandato da tuo fratello senza pensarci due volte, non mi hai mai chiamato se non per chiedergli se combinavo guai, non ti sei minimante preoccupata del fatto che fossi partito per la California e tanto meno che stessi per morire!- le chiese.
-non voglio finire nei guai per colpa tua, è ovvio!- gli rispose prendendo un bicchiere dal lavandino e afferrando la bottiglia di liquore appoggiata sul pavimento; -ti ripeto di non pensare più a quella, è una ricca, viziata e con un solo sospetto la polizia ti mette dentro e butta la chiave!
-e perché dovrebbero arrestarmi?- rise Jess stupefatto dall’ottusità di sua madre: come poteva essere nato lui da una donna del genere?
-non hanno bisogno di motivi quando si tratta di “noi” e “loro”!- rispose in riferimento all’estrazione sociale –non avrai fatto qualcosa contro il suo consenso, vero?
-non ho intenzione di ascoltarti ancora- disse il ragazzo dirigendosi verso l’uscita.
- ho sentito parlare di errori ieri pomeriggio- affermò ricordando la discussione dei due ragazzi davanti all’auto- stavate insieme? È la ragazza di cui parlava Luke?
-e tu che ne sai? Che ti ha detto?!
-che c’era una ragazza. Una brava ragazza. È lei?
-Ah!- mugugnò lamentandosi – lei era la mia ragazza e non sono affari che ti riguardano!
-così ti ha lasciato… lo immaginavo- disse la donna avanzando verso di lui e riempiendo il bicchiere –mai innamorarsi di amori impossibili. Siete troppo diversi…
-io me ne sono andato. A Los Angeles, ricordi?
-non avrebbe mai funzionato e mai funzionerà con quella principessina, è troppo delicata per uno come te. Bevi questo -disse allungandogli il bicchiere appena riempito –affogare i dispiaceri nell’alcol non è così male!
-ci sono già passato- le ricordò guardandola con disprezzo. Quale madre avrebbe offerto dell’alcol al figlio per fargli dimenticare qualunque cosa? Che razza di donna era una come lei? cosa aveva fatto per meritare tutto quello schifo?- non berrò, non mi drogherò, non fumerò. E piantala di parlare di Rory, tu non sai nulla né di lei, né di me che sono tuo figlio e che dovrei essere la persona che meglio conosci al mondo!-disse prendendo la giacca e uscendo di corsa dal suo inferno personale, esattamente al secondo posto dopo Stars Hollow.
accontentate! nn ho spezzato il discorso tra liz e jess così nulla rimaneva in sospeso... okkio!! questa è la pen o terz'ultima prima della "pausa"
ciao ciao