| IV
Chiuse lo sportello e mise in moto la macchina. Doveva andare alla locanda, non tutti i giorni ci riusciva, spesso la mattina appena sveglia quando provava a mettere giù pide dal letto una fitta le attanagliava la testa e sentiva il bisogno di vomitare, o addirittura non sentiva nemmeno la forza per muoversi, ma non era colpa delle nausee mattutine, non solo di quelle per lo meno e lo sapeva bene, lo sentiva dentro. Oggi però aveva deciso di andare a vedere coem andavano le cose, era anche un modo per deviare le attenzioni su qualcos'altro, no? Non poteva certo pensare di passare il resto della sua vita così, buttata sul divano o sul letto, circondata da fazzoletti umidi di lacrime, con il viso sconvolto e la testa in panne. Fece la solita strada, quelal che oramai le veniva d'abitudine, ma quando passò davanti al locale di Luke ebbe uno spettacolo inatteso, gli strambi artisti di Stars Hollow avevano improvvisato una scena inaspettata, erano tutti riuniti lì davanti che si apprestavano ad entrare dopo mesi di chiusura, erano così tanti e tutti insieme che quasi non si riconoscevano, che la fila proseguiva fino alla strada. D'istinto frenò. Sarebbe dovuta essere felice, era tornato, era tornato a casa, ma si sentiva strana, dopo così tanto tempo e soprattutto dopo come si erano lasciati, cosa sarebbe successo quando finalmente si sarebbero rivisti? Aveva paura. Decise di proseguire, non sapeva nemmeno se lui avrebbe mai voluto rivederla, anzi, lo sapeva, sicuramente no. Eppure, nonostante ogni pensiero, nonostante ogni logica, nonostante ogni timore, scese dall'auto e attraversò la strada. La fila si stava lentamente diradando, ma non poteva, non voleva aspettare, l'ansia la stava divorando. Provò ad infilarsi silenziosamente tra la folla, ma Babette la notò e disse agli altri di farle spazio, si setnì divampare, non era certo questo il modo in cui aveva immaginato di ritornare là dentro, di rivederlo. Beh, ormai la strada era libera, avanzò oltre la porta e lui si girò ed immediatamente incrociarono gli sguardi.
Aveva pensato mille volte a come sarebbe stato rivederla, quando era via. Immaginava che sarebbe stata lei la prima a ripresentarsi lì, ma non così, non subito. Una parte di lui lo aveva sperato, perché infondo, anche se odiava ammetterlo e anche se si odiava per questo, le era mancata terribilmente, come se gli mancasse l'ossigeno. Ogni maledetta mattina da auqel giorno di era alzato pensando, sperando che lei fosse accanto a lui, che quello fosse stato un incubo, un orribile sogno oppure un dannato scherzo, tutto ma non la realtà, non la cruda realtà. Aveva anche cercato di imporsi di trovare la forza per perdonarla, per capirla, ma proprio non ci riusciva, non era possibile. Come diamine poteva perdonarle il fatto che aveva lasciato che quell'essere insulso si impossessasse ancora una volta di lei, della sua ragone, del suo corpo, del suo cuore. Si perché non poteva credere che Lorelai potesse andare a letto con qualcuno senza provare nulla, così come non poteva acettare di stare con lei se amava ancora un'altro. Non c'era via d'uscita, se ne era amaramente convinto. Jess lo aveva aiutato, non con parole o cose simili, ma col suo semplice esserci e per la quasi prima volta, permettendogli davvero di occuparsi un po' di lui. Un'altra cosa per cui si odiava è che nonostante i due mesi che aveva passato con lui, aveva sprecato il tempo a pensare a lei, non era riuscito a dimenticarla, neanche per un secondo. Gli dispiaceva aver dato quel peso a suo nipote, sapeva di essere insopportabile in quelle condizioni, ma sapeva anche che quello era l'unico posto, l'unica persona da cui poteva andare. Aveva sentito April tutti i giorni, questo si, gli dispiaceva anche per il tempo perso con lei, ma aveva amato le loro telefonate. Ora però non c'era Jess o April che tenesse. C'era solo lei, di fronte a lui, che lo guardava dritto negli occhi, con non sapeva bene che sguardo, non riusciva a decifrarlo. Non sapeva che dirle, non sapeva ch efare, sapeva solo che tutto quello che aveva tentato di spingersi in fondo al cuore, di accantonare, di dimenticare era ancora irrimediabilmente lì, che bussava e picchiava forte epr farsi sentire. L'immagine di lei e lui, quel dannatissimo lui, non lo lasciava in pace. La guardò ancora, le labbra quelle che gli mancavano tanto, quelle che Christopher aveva profanato. Gli veniva voglia di piangere, di urlare, am non fece nulla, restò immobile.
Lui era lì, davanti a lei, che la guardava negli occhi, non sapeva cosa stesse pensando o provando, ma poteva immaginarlo, odio, rabbia, delusione e forse anche un pizzico di malinconia, chissà. Sapeva soltanto che la faceva sentire nuda, la faceva tornare in quel letto e si odiava, si odiava. Lui distolse lo sguardo per un attimo e lei ebbe il tempo di guardarlo meglio, aveva la barba un po' incolta che a lei, nonostante tutto, piaceva molto sentire sulle guancie quando si baciavano. ALzò gli occhi e qualcosa le trafisse il cuore. Il cappellino. Il cappellino. Aveva un cappellino grigio. Non più quello blu, quello che lei gli aveva regalato per qual natale, quello che gli aveva dato per ringraziarlo di quella sera. Cercò di respirare, ma non ci riusciva, inspirò e ancora e ancora. Lo aveva tolto, lo aveva messo in chissà quale cassetto chiuso a chiave o peggio lo aveva buttato. Quindi, quindi forse quel misero pizzico di malinconia, non c'era, non c'era più, forse lui l'avev adimenticata, l'aveva tolta dalla sua vita, così come aveva tolto gli occhi dai suoi poco fa. Non riuscì più a resistere, espirò rumorosamente tutta l'aria che aveva trattenuto involontariamente e cominciò a piangere, si voltò e corse via verso la macchina. Cercò le chiavi nella borsetta e le inpugnò, solo in quell'istante vide l'anello brillarle al dito, lei lo aveva tenuto, lei lo aveva tenuto perché non lo aveva dimenticato, lei non lo voleva dimenticare, lei non lo vlva perdere, ma forse non contava più molto cosa volesse, forse lo aveva già perso e si sarebbe dovuta adeguare, avrebbe dovuto dimenticarlo anche lei. Prese l'anello tra le mani e pensò di gettarlo dal finestrino, ma non ce la fece, non lo poteva fare, così più semplicemente lo poggiò sul fondo della borsa.
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