Fanfiction: Ritorni

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Elena_R
view post Posted on 28/12/2004, 20:50




scusate l'oscenità, ma questo capitolo è necessario... Buon anno a tutti!

Elena

Capitolo 17


L’aria che si respirava a Parigi era diversa da quella di ogni altra città in cui aveva fatto sosta negli ultimi anni: era frizzante e aromatizzata al vino, fresca come un giorno d’estate dopo un temporale, profumata di gioia, di movimento, di vita; respirare a Parigi era come fare una sauna: una volta a casa si sentiva più rilassato e purificato dalle tossine del lavoro e dello stress.

Il taxi ovviamente procedeva a rilento per via del traffico, ma non gli dispiaceva affatto guardare fuori dal finestrino i grandi allée, gli spartitraffico alberati, le luci delle altre auto, quelle dei lampioni e delle vetrine dei negozi che in un tripudio di colori illuminavano persino il cielo scuro e senza stelle di quella sera.

Rory lo stava aspettando e quel pensiero gli accelerò il battito per alcuni secondi. A causa del suo lavoro, che non gli dava un attimo di tregua, non era riuscito a partire prima e negli ultimi mesi aveva percepito la distanza tra loro diventare sempre più ampia. L’amava e sentiva la necessità di dimostrarglielo con un atto concreto, non solo con parole che correvano lungo la linea telefonica. Nulla era cambiato per lui e doveva far sì che anche lei se ne rendesse conto. In realtà le telefonate sempre più sporadiche e brevi lo preoccupavano, per non parlare del fastidio che provava ogni volta che sentiva pronunciare quel nome e del Grillo Parlante che sussurrava nel suo orecchio cose che non voleva sentire: se Rory era così distante da lui, allora si stava avvicinando a qualcun altro, qualcuno ricomparso da poco nella su vita.

Jess.

Alle elementari si era preso una cotta per Jennifer, una bambina bellissima, che però gli aveva preferito un loro compagno di classe, un genio del nuoto eletto “il più bello della 3°A” da un piccolo concorso indetto da lei e le sue amiche. Si chiamava Jess e da allora aveva evitato tutti quelli che portavano quel nome come se fossero la peste. Oggigiorno lo odiava ancora di più.

Arrivato all’hotel lasciò una mancia troppo lauta all’autista, ma non gli importava perché ciò che più contava era rivederla. Aveva passato mesi senza di lei e ora credeva di morire al pensiero di dover ritardare quell’incontro anche se solo di pochi secondi.

“Stanza 503” gli avevano detto alla reception. Lesse le targhette del quinto piano una ad una e, respirando a fondo, si fermò davanti a quella giusta. Finalmente era riuscito a riservare un intero week-end a se stesso e soprattutto a lei: era il momento di farle sapere quanto era importante e quanto l’amava, doveva dirle che, a prescindere dall’oceano che li divideva e dall’instabilità di quella situazione, pensava solo a lei. Riprese il controllo del suo corpo e alzò una mano per bussare; si sentiva come un liceale al primo appuntamento tanta era l’emozione.

Doveva solo stare tranquillo e guardarla i quegli splendidi occhi che da mesi vedeva solo in fotografia e tutto sarebbe andato bene.

Sentì la sua voce che gridare che stava arrivando e alzò lo sguardo che per alcuni secondi era rimasto sulla moquette esattamente nel momento in cui la porta si apriva.

“Guardala!” si ripeté sorridendo, ma a contatto col suo sguardo il sorriso faticò a restare sulle sue labbra e si ritrovò a sforzarsi per deglutire.





Con lui non c’erano momenti d’imbarazzo che potesse ricordare: fin dal primo incontro, nonostante la circostanza, si era sentita a suo agio nel parlargli, nell’ascoltarlo o semplicemente nello stare in sua compagnia; era il tipo di persona che trasmetteva fiducia e sicurezza sin dal primo impatto e non solo a lei, ma a tutte le persone che incontrava. Matt era un uomo stupendo e lei stava rovinando tutto.

Da quando aveva aperto la porta l’aria intorno a loro si era cristallizzata: la sentiva muoversi a passi pesanti con ogni suo movimento, la sentiva nei polmoni mentre le impediva di respirare, la sentiva nella testa congelare i suoi stessi pensieri.

Era felice di rivederlo, gli era mancato, ma se in quei mesi aveva immaginato che le cose tra loro stessero cambiando, ora n’era certa. Nei suoi occhi c’era uno strano riflesso, qualcosa che non aveva mai visto prima di quel momento e non era in grado di capire se era gioia o disappunto. Nelle ultime settimane non sapeva più nulla, era talmente confusa da non riuscire a distinguere doveri e diritti: doveva continuare ad essere la Rory che tutti vedevano, quella perfetta che faceva esattamente ciò che ci si aspettava da lei, o come tutte le altre ragazze anche lei aveva il diritto di fare solo le cose che sentiva giuste?

Dopo un saluto –troppo veloce per due fidanzati che non si vedevano da mesi- lo aveva trascinato fuori dalla suite e avevano camminato alcuni minuti in direzione del ristorante che aveva prenotato. Sentiva il bisogno di respirare aria fresca e coprire il meccanismo nella sua testa con i rumori della strada. Matt non aveva obiettato e lei era certa che anche lui presagisse che qualcosa stava accadendo.

Riprendendo confidenza con se stessa e la situazione, aveva iniziato a parlare di tutto e di nulla distraendo entrambi dai loro pensieri; lui aveva apprezzato il tentativo e, arrivati al dolce, sembra che tutto fosse a posto. Ma non lo era e sentì un’incudine caderle sullo stomaco mentre ascoltava la sua voce allegra e lo vedeva sorridere, perché ciò che stava per fare avrebbe cambiato nuovamente l’atmosfera.

Aveva ventitré anni, quasi ventiquattro, e ancora la paura di deludere chi le stava vicino: la nonna adorava Matt e le sue buone maniere, il nonno lo riteneva un brav’uomo e un ottimo fidanzato, senza contare che finalmente aveva accalappiato un laureato in economia a Yale; a Stars Hollow, dalle elementari alle signore del corso di aerobica di Patty, tutte le donne ne erano innamorate, sua madre stravedeva per lui e forse stava già immaginando il giorno del loro matrimonio e Lane lo riteneva “quello giusto”.

Erano tutti felici per lei, tranne che lei stessa. Lo era stata un tempo, ma ora… desiderava esserlo di nuovo, solo che non poteva farlo con lui.

-Matt, - disse alzando lo sguardo dal bicchiere di vino bianco che aveva fissato negli ultimi secondi -credo che dovremmo parlare.

Era nel mezzo del suo racconto dell’ultimo consiglio d’amministrazione della Horizon quando lei lo aveva interrotto lasciandolo in silenzio a bocca aperta per diversi attimi; più tardi le aveva fatto un cenno con la mano per indicarle di andare avanti. Respirò a fondo, conscia che non sarebbe stato facile, ma non aveva altra scelta, perché era ingiusto ed ipocrita continuare in quel modo. Matt meritava qualcuno che lo amasse davvero e fosse disposto a fare qualsiasi cosa per lui. Quella persona non era più lei.

-Ultimamente le cose tra noi sono state un po’… strane. Voglio dire che con me qui e tu in America non si può parlare più di una vera e propria relazione. Cioè… è una relazione, ma non come dovrebbe essere.

L’espressione del suo ragazzo era chiara: aveva capito dove voleva arrivare e non ne era felice. Come biasimarlo?

-non funziona- aggiunse –Non credo che dovremmo continuare così.

-è vero, è una situazione particolare e mi sono accorto anch’io della distanza che si è creata fra noi, ma non è il caso di finirla qui e ora.

-Matt -

-no, ascolta: possiamo farla funzionare. Non si buttano due anni in questi modo, arrendendosi alla prima difficoltà.

Non voleva capire… la stava pregando di ripensarci e, anche se avrebbe voluto con tutto il cuore amarlo di più, la realtà era diversa e non poteva costringersi.

-tra qualche mese tornerai a casa e tutto sarà di nuovo come prima- continuò allungando le braccia sul tavolo per stringere le mani di Rory tra le sue.

-Non può bastare, Matt.

-L’amore può tutto. E io ti amo- insistette cercando di sorridere. Ma quel sorriso stentato sparì velocemente quando nei tre secondi successivi lei non gli rispose allo stesso modo.

-Rory…

-Mi dispiace- disse cercando di guardarlo negli occhi –io ti voglio bene, Matt. Sei stato importante e lo sarai per sempre, ma non posso continuare così.

-cos’è cambiato?

-io…

-tu? O forse centra il tuo caro amico Jess?

-ti sbagli, lascialo fuori da questa storia, perché lui non ha avuto alcun ruolo in questa decisione. E comunque ha una ragazza.

-questo non vi ha mai fermati: se non ricordo male al liceo tu stavi con Dean e lui con un’altra ragazza, eppure…

-riguarda me e riguarda noi, Matt. Io non me la sento.

-bene- disse infilando una mano nella tasca della giacca e appoggiando sul tavolo una scatoletta di velluto che la fece trasalire –a questo punto mi sembra inutile farti la fatidica domanda.

Rory sgranò gli occhi davanti al bellissimo anello che aveva davanti e solo dopo alcuni secondi si rese conto di aver trattenuto il respiro.

-Matt…

-non dire nulla, non ce n’è bisogno: ho capito l’antifona, Rory. Me ne vado. L’anello tienilo, buttalo o dallo in beneficenza… facci quello che vuoi: io non voglio più vederlo.

Lo sentì alzarsi di scatto e, senza aggiungere altro, uscire dal ristorante. Il suo sguardo non lasciò per un solo istante la luce che si rifletteva sul diamante davanti a lei e si chiese se stava sbagliando tutto per l’ennesima volta. Forse era Matt quello giusto e lei si stava facendo condizionare da una sciocchezza. Ma nonostante gli sforzi non riusciva più a vedersi al suo fianco tra dieci anni.





Appoggiò con riluttanza la mano sulla maniglia della porta che poche ore prima li aveva visti uscire insieme: il suo cuore le diceva di non aprirla, allontanarsi immediatamente e tornare sotto il cielo stellato che le aveva rischiarato la strada mentre aveva passeggiato senza meta fino a pochi minuti fa.

Quando Matt era uscito dal ristorante era rimasta immobile per diversi secondi: era come se la sua testa avesse smesso di ragionare e non avesse idea di cosa fare o in che modo comportarsi. Avrebbe voluto fermarlo, dirgli che forse potevano riprovare, ma sapeva che sarebbe stato un errore: per quanto lo amasse, tornare insieme non sarebbe servito a cambiare le cose. Raccolti l’anello e la sua borsa si era avviata a passi lenti verso l’uscita del locale e aveva girovagato per le vie di Montmartre dandogli il tempo di tornare in albergo e prendere le sue cose senza doverla rincontrare: aveva la sensazione che non volesse più rivedere la sua faccia e non poteva dargli torto. Ma le scarpe con i tacchi non erano l’ideale per quel tipo di attività e poco dopo si era vista costretta a rientrare; la receptioniste le aveva detto che il suo fidanzato –ex fidanzato- era uscito e non aveva lasciato alcun messaggio.

Guardò il legno bianco della porta davanti a sé che pareva chiederle “che fai? Entri o no?”

Avrebbe voluto risponderle che non aveva idea di cosa fare e se per caso aveva un consiglio da darle, ma pensando che fosse da pazzi parlare con una porta decise di aprire timidamente l’uscio: la stanza era avvolta nel buio più profondo.

Avanzò senza accendere e più si avvicinava alla finestra che dava sulla strada più la luce dei lampioni rischiarava quelle tenebre, e allora lo vide: il letto su cui prima avevano appoggiato il suo borsone era ora completamente vuoto. Deglutì a fatica reprimendo un gemito di dolore che quello spazio vacuo le procurava: era come se una parte di sé fosse svanita e Matt l’avesse portata via insieme alle sue cose.

Ricordando le accese proteste dei suoi piedi si tolse le scarpe e camminò sul morbido parquet fino alla finestra; lo immaginava in un’anonima stanza d’albergo, al buio e seduto su una scomoda poltrona, il dorso della mano sugli occhi chiusi, immerso nel rumore dei suoi pensieri e delle macchine che circolavano per strada nonostante fosse notte. Non avrebbe dormito, poi all’alba sarebbe uscito e avrebbe preso un taxi fino all’aeroporto dove sarebbe salito sul primo volo per New York.

In basso due ragazzi si stavano dando la buonanotte con un bacio che nessuno dei due voleva finisse; le si strinse lo stomaco e si chiese perché queste cose capitavano sempre quando si stava così male. La scena le ricordava quella del libro che aveva letto l’estate passata, lo stesso pubblicato da Jess e Sean, in cui la protagonista vedeva due ragazzi baciarsi e si accorgeva di cosa, anzi chi, mancava nella sua vita. Si lasciò sfuggire una lacrima che scese veloce fino alle labbra e ricordò il loro incontro in quel bar, le serate passate sul divano a litigare per la coperta, le mille volte in cui le aveva scaldato le mani perennemente gelide stringendole tra le sue. Aveva pensato che lui fosse quello definitivo, l’uomo che avrebbe sposato.

Non ne aveva mai parlato con nessuno, ma in certe notti insonni, mentre dormiva al suo fianco, aveva immaginato il giorno delle nozze e fatto mentali liste di invitati.

Come aveva potuto la semplice paura di una gravidanza capovolgere il mondo in cui credeva di vivere per il resto della sua vita? O come aveva potuto essere così ottusa da non capire prima che in realtà non era con lui che voleva trascorrere quella vita?

Respirò a fondo. Restava una sola cosa da fare: divulgare la notizia. Quella sua decisione non sarebbe stata facilmente accolta da nessuno, ma non poteva tener nascosta la verità e la seconda possibilità, quella di tornare con lui, era già stata scartata. Afferrò il telefono e digitò il lungo numero della prima persona da chiamare e a cui dare un enorme dispiacere: Lorelai.
 
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Elena_R
view post Posted on 10/1/2005, 22:05




Buon anno a tutti! Grazie ai soliti noti che hanno commentato o che mi hanno mandato degli mp: siete grandi!


Capitolo diciotto

-e così questa è la fine.
Alzò lo sguardo dall’ultimo maglione che stava infilando in valigia e lo posò su Kate. Era la prima frase che gli rivolgeva da quando era entrata in casa sua; avendo le chiavi dell’appartamento non aveva nemmeno avuto la premura di bussare, ma si era accomodata tranquillamente e seduta sul suo letto guardandolo muoversi da una parte all’altra della stanza mentre preparava i bagagli. Lui non aveva aperto bocca nemmeno per salutarla.
-Lo sapevamo entrambi fin dall’inizio. Te ne avevo parlato.
Non voleva suonare acido, ma lei non si era resa conto che la loro fine era stata effettivamente scritta molto, molto tempo prima?
-sì, ma… speravo che avresti cambiato idea.
La fissò meglio, incredulo. Poteva davvero pensare che avrebbe rinunciato all’opportunità della sua vita per lei o per qualcun’altra? Tornare a New York, avere un’attività che poteva definire ‘sua’ valevano più di ogni altra cosa e lei, una delle persone che meglio avrebbe dovuto conoscerlo, pensava che avrebbe cambiato idea? Se fosse stata sua moglie forse…
-o per lo meno che mi chiedessi di venire con te- continuò.
Si chiese perché per tutti quei mesi non aveva detto nulla e aveva invece deciso di cadere dalle nuvole ora che mancavano ventiquattro ore alla partenza. Che cosa stava cercando di dirgli? Che voleva un rapporto stabile, un anello di fidanzamento… cosa?non aveva più fiducia in Kate da un bel pezzo e se era tornato insieme a lei era per due principali motivi: l’abitudine e la voglia di distrarsi. Ormai pensava che l’avesse capito anche lei. Invece aveva commesso un errore, perché forse l’aveva illusa facendole credere che quello che aveva davanti era il vecchio ed innamorato Jess.
-e se io ti avessi chiesto di venire a New York- disse dal nulla –tu l’avresti fatto?
Le risposte potevano essere due: una significante che lo amava ed era disposta a tutto; l’altra che forse stava sopravvalutando la situazione.
-forse.
Una terza possibilità? Non era prevista.
-Forse?
-forse sì. Ma a questo punto è inutile pensarci, perché tu non hai nemmeno preso in considerazione quest’opzione.
-mi dispiace –le confessò incerto su cosa doversi scusare in realtà. E lei doveva avere lo stesso sentore, perché la vide sorridere amaramente e alzarsi dal materasso.
-certo- gli rispose poco convinta –ma torni a casa, a New York. Sarai vicino a tua madre, tuo zio…- elencò tralasciando il nome di Rory che invece rimbombava nella sua testa da settimane- è quello che hai sempre voluto, no?
Asserì con un cenno del capo quasi inavvertibile per un disattento osservatore; -verrai in aeroporto domani?
-no. Non mi piacciono i saluti. Preferisco farlo qui, è meno strappalacrime e più facile che vederti sparire dietro il gate.
-ok.
-vorrei che tu sapessi una cosa- aggiunse la ragazza eretta in tutta la sua altezza con uno sforzo sovrumano. Avrebbe voluto far scendere le lacrime che aveva dietro gli occhi e che cominciavano ad appannarle la vista, ma non voleva che la vedesse piangere. Dopo tutto quello che era successo capiva che era ingiusto e, ai suoi occhi, ipocrita. La colpa era solo sua perché si era lasciata sfuggire la persona migliore del mondo e si era accorta troppo tardi del suo errore; -mi dispiace per quello che ho fatto la primavera scorsa, ma tengo veramente tanto a te e, anche se è stupido dirlo ora, ti amo. So che per te non è così, non più almeno, e posso biasimare solo me stessa. Immagino di doverti fare gli auguri, quindi… buona fortuna.
Jess non fece in tempo a dire nulla, perché pronunciata l’ultima parola aveva girato i tacchi e se n’era andata velocemente. Guardò le sue spalle sparire dietro la porta e sentì l’uscio chiudersi. Respirò a fondo e continuò a fare le valige.


Gli scatoloni imballati erano impilati gli uni sopra gli altri e formavano alte torri marroni nelle stanze ormai svuotate dei loro elementi. Lily li guardava sentendo crescere sempre più la tristezza e la malinconia: i mobili avevano le ante aperte e all’interno c’era il nulla, la televisione era sparita da giorni, probabilmente si trovava già a New York, insieme ad altre cose di cui Luke e Lorelai si erano presi cura, e la libreria era desolata. Anche quando aveva lasciato casa loro per la prima volta aveva provato un grande senso di vuoto, ma all’epoca sapeva dove trovare Jess e sapeva che poteva andare da lui in ogni momento. Ora ci sarebbero voluti un aereo e ore di volo per raggiungerlo.
Era arrivata da pochi minuti e lo aveva visto trafficare con le ultime cose. Subito non si era accorto di lei, perso com’era a fissare una foto di Kate; forse pensava a lei e a quanto gli sarebbe mancata. Forse pensava a lei e a quanto fosse meraviglioso non rivederla mai più. Lily sperava per la seconda.
-scricciolo? Dormi in piedi?- scherzò Jess vedendola immobile davanti alla porta con lo sguardo perso.
-no, pensavo.
-huh. A quel ragazzo di cui parlavi con Tammy e del quale non mi hai ancora detto nulla?- le chiese con fare indagatorio e faticò a reprimere un sorriso vedendola sbiancare.
-e tu che ne sai?!
-tua madre ha la lingua lunga: vi ha sentite parlare e a quest’ora tutta Venice sa che hai una cotta per un tuo compagno di scuola- le spiegò –e comunque: quante volete devo dirti che per avere un fidanzato devono passare almeno altri vent’anni?
-mi sembri Jimmy quando fai così.
-beh, per una volta io e lui siamo d’accordo.
Lily si mise a sedere sul pavimento e cercò le parole più adatte per dirgli ciò che provava senza dover scoppiare in lacrime; -non pensavo a quello. Guardavo la casa e mi sono resa conto che non potrò più vederti o venire a trovarti quando voglio. Diciamoci la verità: tu al telefono non sei il massimo. Come si può fare conversazione con uno che risponde a malapena con dei “sì”, “no”, “mm”, “huh”…? Non è affatto facile!- disse sorridendo e vedendolo sogghignare a sua volta.
-vuol dire che mi studierò tutte le altre parole del dizionario e te le ripeterò per telefono.
-grazie. Tammy dice che sarà tutto diverso adesso che te ne andrai. È così cotta di te!
-davvero?- le chiese Jess facendo una faccia sorpresa, come se non fosse consapevole dell’attenzione che l’amica di sua sorella gli rivolgeva ogni volta che entrava in una stanza in cui c’era anche lei –non me n’ero mai accorto. Peccato che sia così piccola… dovrei aspettare almeno una ventina d’anni per chiederle un appuntamento.
-oh, se glielo chiedessi adesso non rifiuterebbe.
-e io finirei in prigione. No, grazie. Tra un paio di decadi ci penserò.
-sono sicura che ti aspetterà. È molto innamorata.
-sì?
-sì. È fastidioso sentirla parlare di te. Non fa che dire: “che bello Jess!”, “com’è intelligente Jess!” “quanto è affascinante Jess!”, “come si veste bene!”, “che capelli!”, “che figo!”- urlò platealmente.
-“Figo”?- ripeté Jess piegandosi in due per l’interpretazione di Lily: quella ragazzina avrebbe potuto fare l’attrice drammatica.
-una vera tortura. Che ci trova in te?sei… mio fratello!- disse schifata e come se l’appellativo fosse una chiara spiegazione.
-non mi sembra un complimento.
-sai cosa voglio dire.
-e sai anche come cambiare discorso- la riprese –chi è quel ragazzo che ti piace?
-Dave? È nella mia classe di disegno. È il più bravo di tutti!- disse con entusiasmo, arrossendo un po’ per il pensiero di Dave e un po’ perché era imbarazzante quello slancio passionale davanti a suo fratello.
-un artista, eh? Non mi piacciono gli artisti.
-tu sei un artista! Scrivi, e gli scrittori sono artisti.
Sobbalzò sentendo quelle parole uscire dalla sua bocca. Non era ancora abituato all’idea che la sua famiglia conoscesse la sua seconda attività. Ora anche Jimmy, Sasha e Lily sapevano tutto e sembrava che quel segreto, fortunatamente, non avesse ancora toccato le orecchie di nessun altro.
-appunto: se questo Dave è come tuo fratello pensa che schifo!
-piantala Jess!- piagnucolò togliendosi una scarpa e tirandola nella sua direzione, mentre lui si scansava agilmente e la calzatura sbatteva contro la parete lasciando un segno grigio sull’intonaco immacolato.
-cos’è questa confusione? Non riuscite proprio a non litigare, eh?- chiese Sasha entrando in casa seguita a ruota dal compagno.
-le dicevo di togliersi dalla testa quel Dave, ma non vuole darmi retta- spiegò Jess lanciando a Cenerentola la scarpetta da ginnastica tutt’altro che principesca.
-ascoltalo, Lily. Lui è saggio e sa come va il mondo.
-sì e “lui”- disse Jess enfatizzando la parola indicandosi con l’indice puntato verso il petto –è anche forte: se quel ragazzino brufoloso si avvicina a te gli spezzo le dita, così la pianta anche di disegnare.
-idiota! Prima di tutto non è affatto brufoloso e poi non lo faresti mai
-no?-le chiese con aria di sfida contraccambiata dai suoi occhi che emanavano fuoco da sotto le lenti degli occhiali.
-No. Non puoi controllarmi.
-lo farà Jimmy, non preoccuparti- disse con la stessa soddisfazione che doveva aver provato Luke quando gli aveva fatto la ramanzina sulla sua relazione con Rory appena dopo essersi messi insieme e su come Lorelai li avrebbe controllati a casa sua, Luke quando erano nel locale e Taylor quando erano fuori.
-ora smettetela- s’intromise la madre della ragazzina –state ingigantendo una cosa innocente.
-innocente?!- gridò Lily indignata, perché la trattava ancora come una bambina nonostante avesse già tredici anni.
-Innocente?- chiese a sua volta Jess –io alla sua età ero tutt’altro che innocente.
-fortunatamente non sono tutti come te. E comunque il taxi sta aspettando. Sei pronto?
-sì, ho messo via tutto.
-sicuro che non vuoi che ti accompagniamo?- gli chiese suo padre.
-sì, io e i saluti… non andiamo d’accordo.
Gli sembrò che Jimmy capisse e questo pensiero lo rincuorò: non voleva sembrare un insensibile e non voleva che pensassero che non vedeva l’ora di non averli più davanti. Non era così.
Si lasciò abbracciare e sbaciucchiare da Sasha ascoltando le sue mille raccomandazioni, riflesso incondizionato di una madre; anche suo padre, al contrario d’ogni previsione, lo circondò protettivamente e gli dispiacque vederlo triste. Quando era apparso a Stars Hollow cinque anni prima non avrebbe mai immaginato che l’uomo che aveva abbandonato lui e sua madre potesse volergli bene: era uno strano concetto.
L’espressione da cagnolino bastonato di Lily gli strinse lo stomaco e allontanarsi da lei fu la cosa più difficile. Ma quel taxi giallo, metafora della sua nuova vita, lo stava aspettando ed era arrivato il momento di tornare a casa.
Quella vera, stavolta.

L’atmosfera intorno a lui era quasi surreale e non ricordava di essersi mai sentito in quel modo in un aeroporto.
La luce chiara dei raggi solari che filtravano attraverso le vetrate trasparenti una volta all’interno era come se si trasformasse in un alone bianco che, sfibrato, danzava tra le scomode sedie occupate da viaggiatori annoiati e stanchi nei loro completi eleganti, li circondava e li illuminava magicamente facendoli sembrare dei santi o delle allucinazioni. Dalla sua poltroncina di plastica si strofinò gli occhi chiedendosi se nel caffè che aveva preso poco prima al bar qualcuno aveva osato sciogliere degli stupefacenti. Il suo volo sarebbe decollato in meno di un’ora ed entro breve avrebbe potuto imbarcarsi. Si guardò intorno e per la prima volta, oltre ai santoni annoiati, notò la “vita” dell’aeroporto: centinaia di persone che camminavano –anzi correvano- da una parte all’altra degli enormi spazi zigzagando tra altri passeggeri e bagagli ingombranti, concentrati sul percorso e sull’equilibrio precario da mantenere per non stamparsi sul pavimento- chiaro- schiacciati da valige e borsoni che li facevano barcollare ad ogni mossa azzardata e perdita del baricentro.
Davanti ad una delle vetrate alcuni bambini sgranavano gli occhi restando a bocca aperta davanti gli aerei che si assestavano sulle piste mentre altri, sbuffando, si guardavano le scarpe, probabilmente impauriti da quei giganti che li avrebbero portati in cielo. Le signore al loro fianco leggevano giornaletti scandalistici o di moda comprati poco prima all’edicola, mentre i loro possibili mariti ridevano sguaiatamente e gesticolavano con animosità simulando delle battute del baseball.
Un paio di coppiette se ne stavano abbracciate negli angoli più appartati dandosi l’ultimo saluto prima di separarsi e altri impegnati businessmen parlavano in ormai supertecnologici cellulari bevendo il canonico bicchierone di caffè nero e amaro e trascinando la ventiquattrore pronta in ogni momento della loro vita; camminavano con sicurezza e determinazione sapendo già che la direzione da prendere era la stessa della volta prima e di quella prima ancora: era gente che “viveva” negli aeroporti, conosceva gli orari dei charter a memoria e confidava alle hostess gli impegni della settimana mentre loro gli porgevano “il solito”.
Un improvviso rumore proveniente dal suo fianco lo fece sobbalzare; si voltò e vide che il ciccione di mezza età, calvo e sudato che gli sedeva vicino si era addormentato leggendo il giornale e russava rumorosamente. Sorrise e annotò mentalmente di prendere un altro caffè una volta sull’aereo: rischiare di addormentarsi e fare una figura come quella di quell’uomo non rientrava nei suoi piani.
Una voce femminile annunciò che i passeggeri del volo per il J.F.K. Airport dovevano recarsi al cancello d’imbarco. Si alzò meccanicamente e afferrò il suo portatile: era pronto a lasciare Los Angeles. Con un sospiro diede un ultimo sguardo a quel mondo sospeso tra arrivi, attese e partenze, e camminò sulla scia di luce prodotta dalle finestre e che gli indicava la strada fino al cancello d’imbarco per New York.

La macchina si fermò con una frenata che per poco non gli fece battere la testa contro il sedile anteriore. Nel suo accento spagnolo il taxista gli chiese una somma spropositata per il viaggio e Jess fu tentato di dargli la metà del prezzo che aveva appena pronunciato con il sorriso sornione di uno che sa di fregarti e sa che non contesterai. Era passata poco più di un’ora da quando aveva messo piede sulla terra di New York e già sentiva che riabituarsi sarebbe stato difficile. Invece gli ordinò di scaricare le valige e solo dopo che Pablo o Miguel o come si chiamava ebbe adempiuto il suo dovere, bestemmiando e mandandolo a quel paese nella sua lingua madre –che lui conosceva quasi perfettamente-, mise mano al portafoglio e gli lasciò tutti quei dollari assolutamente non meritati. In un lampo Garcìa salì sul suo taxi e sgommò verso il centro alla ricerca di un altro pollo da spennare.
All’ingresso un uomo vestito di tutto punto con un completo giacca e cravatta grigio fumo di Londra gli sorrise quasi accecandolo con i suoi denti splendenti e Jess capì che si trattava dell’agente immobiliare che gli aveva trovato l’appartamento.
Sorride ai miei soldi, pensò avvicinandosi e presentandosi all’ennesimo avvoltoio. Non smise un attimo di parlare e fu tentato di spingerlo nella tromba dell’ascensore o giù dalle scale, ma decise di aspettare di avere le chiavi dell’appartamento in mano. Continuando a descrivere nei dettagli la bellezza dell’attico, la simpatia dei vicini, il prestigio dell’agenzia immobiliare e la fortuna che aveva avuto nel trovare quella grande occasione, finalmente arrivarono davanti alla porta di quella che sarebbe stata la sua nuova casa. Una volta dentro si guardò intorno e dovette ammettere che non era niente male. Nel frattempo Parker aveva continuato a parlare con euforia e il brusio che produceva la sua voce cominciava a diventare fastidioso: non gli era sembrato così irritante al telefono. Lo congedò assicurando che entro un paio di giorni avrebbe versato il resto della somma pattuita per l’acquisto e con questo, camminando due metri da terra e dopo mille inchini, il manichino uscì.
Si chiuse la porta alle spalle e diede un’altra occhiata all’appartamento: era ammobiliato con gusto e in modo semplice ed essenziale, esattamente come piaceva a lui. Camminò fino alla porta a vetri ed uscì sul bancone, mentre con la mano cercava il cellulare in una delle sue tasche. Il sole stava calando e tutta la città era sovrastata da un cielo lievemente arancione che si accostava al grigio dello smog.
Però gli piaceva.
Compose il numero senza nemmeno guardare la tastiera e ascoltò il tu-tu che a stento si sentiva, perché sovrastato dal rumore dei clacson provenienti dalla strada di sotto. Ci volle un minuto prima che qualcuno rispondesse, poi la sua voce bassa e assonnata arrivò alle sue orecchie.
-Jess, stavo dormendo. Non hai niente di meglio da fare che privarmi del mio prezioso sonno?
-intendi oltre che guardare New York dal venticinquesimo piano del mio nuovo appartamento?-chiese alzando la voce per farsi sentire –no, non ho niente da fare.
-New York?-sentì dire dall’altra parte con un pizzico d’eccitazione –sei a casa!
-sono a casa.
-bentornato!
Sorrise alla familiarità di quelle parole e l’ascoltò mentre gli raccontava tutto quello che Lorelai le aveva detto dell’appartamento quando lei e Luke erano passati per mettere in ordine alcune cose, il suo bisogno di dormire ormai dimenticato.


Si avvicina il momento che tutti state aspettando... dovrete pazientare ancora Moooolto poco!
 
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Elena_R
view post Posted on 21/1/2005, 19:17




Salve a todos! Ecco qui il capitolo 19… nel precedente abbiamo lasciato Jess nella sua nuova casetta; per problemi di tempo non scrivo nulla che segua quel momento e passo direttamente ad una nuova situazione (vi sento sospirare di sollievo…). Allora: è passato all’incirca un mese, quindi mettiamo che siamo in ottobre inoltrato… detto questo non mi resta che lasciarvi alle mie parole (anche se poche, perché è abbastanza breve). Buona lettura!

Capitolo diciannove


-Oh, tesoro. Non puoi nemmeno lontanamente immaginare quanto sia felice. Non felice perché devi lasciare Parigi, ma felice perché torni qui. Cioè… non felice perché smetti di lavorare in Francia, ma… oooo, non riesco a spiegarmi- piagnucolò Lorelai al telefono.

-ti capisco benissimo, mamma. Sei felice che torni a casa anche se ti dispiace che io sia dispiaciuta perché non lavorerò più a Parigi- spiegò Rory con naturalezza. Seguirono alcuni secondi di silenzio, durante i quali si figurava nella mente sua madre mentre si massaggiava le tempie ripetendosi ciò che aveva appena detto per verificare se era veramente così.

-oh… immagino che tu abbia ragione. Non sono certa di aver capito, ma mi fido di quello che hai capito tu. Oddio, siamo così ripetitive nei nostri discorsi!

-L’ho notato anch’io. Forse dovremmo cambiare argomento.

-forse. Oh, peccato che il tuo compleanno sia già passato, ma potremmo fare comunque una festa, no? Una festa di non-compleanno o di post-compleanno!- disse la donna con entusiasmo.

-sarebbe un’idea molto originale, ma non penso di avere molto tempo, mamma. Quando tornerò sarò probabilmente sommersa di lavoro a New York e non credo di potermi permettere qualche giorno di vacanza per festeggiare un non-compleanno o un post-compleanno… so che ci tieni, ma dubito di riuscire a venire a Stars Hollow prima di qualche settimana.

-oh- sospirò Lorelai senza nascondere il su disappunto: non vedeva sua figlia da mesi e uno stupido giornale -anche se autorevole- le negava l’occasione di dare una meravigliosa festa di bentornata alla sua figlia preferita, nonché unica. Rory sentì di averla in qualche modo delusa e corse ai ripari cercando di rassicurarla: -ma tu e Luke potreste venire da me! Potremmo cenare tutti insieme e invitare anche Jess e sua madre! Sarebbe una cena di bentornati per entrambi, cosa ne pensi?

-è un’idea carina- rispose cercando di non chiedersi perché la prima persona alla quale aveva pensato era stata Jess. Jess che non aveva più una ragazza; Jess che ora abitava nel Village, come lei; Jess che era diventato all’improvviso uno dei suoi migliori amici nonostante non si fossero visti per cinque interi anni e si erano sentiti negli ultimi mesi solo per telefono. Jess. Rabbrividì al pensiero che se avesse saputo che Rory aveva lasciato Matt, probabilmente sarebbe stato già alle sue spalle, pronto a rovinarle la vita ancora una volta.

Era un bravo ragazzo, ora lo sapeva, e nelle veci di nipote acquisito poteva dire di adorarlo, ma nelle veci di candidato genero… no, quello no. Era già successo e dagli errori avrebbero dovuto imparare tutti qualcosa.

-mamma?

-si?

-ci sei? Pensavo che volessi riattaccare. Non devi rimanerci male, ti prego. Prometto che per il giorno del ringraziamento mi prenderò qualche giorno e resterò con te tutto il tempo, ok? Mangeremo un sacco di schifezze, faremo arrabbiare Luke, guarderemo i nostri film preferiti, ci faremo manicure, pedicure e tutto quello che vorrai, ma non avercela con me. Sai che il lavoro è importante e…

-ok, ok- la interruppe –non preoccuparti, Rory. Stavo solo pensando al modo più indolore per dire a Taylor che la festa in tuo onore non si farà: lui ci rimarrà molto male. È così orgoglioso di te che a volte temo parli di Lorelai Gilmore come di sua figlia.

-io scambiata per la figlia di Taylor Doose? Dovrò lavorare sulla mia reputazione…

-ormai è tardi: quando ti candiderai a presidente degli Stati Uniti tutti verranno a sapere che tuo padre era un invasato di feste e assemblee cittadine. Nessuno ti eleggerà…

-a meno che non paghi qualcuno perché tenga tutto nascosto.

-il nostro paese è famoso perché “i panni sporchi si lavano in pubblico”. Non si tengono scheletri negli armadi in questa parte del mondo.

-allora farò domanda per un posto da semplice fattorina. La vita è più semplice quando non ti conosce nessuno.

-e come al solito ho perso il filo del discorso… di cosa stavamo parlando prima di queste sciocchezze?

-non me lo ricordo- disse Rory trattenendo a stento una risata –ma so per certo che è tardi e che devo andare: oggi è l’ultimo giorno di lavoro al giornale e credo che Bublè abbia organizzato una piccola festa d’addio.

-sotto quella corazza da duro batte un tenero cuoricino?

-già. Ci vediamo fra qualche giorno, ok?

-arrivi giovedì, vero? Venerdì sera io e Luke saremo a New York. Buona giornata, tesoro.

-anche te, mamma. Ciao!

Mise in fretta il cellulare nella borsa e corse verso la porta. Chiudendola il suo sguardo cadde sul letto sfatto e le valige quasi pronte aperte in diversi punti della stanza. Si chiese per l’ennesima volta dove aveva sbagliato, cosa aveva fatto per dover essere costretta a tornare in America prima del dovuto. Era una domanda che si poneva da giorni ormai, ma non era ancora riuscita a trovare una risposta; nessuno sembrava poterla aiutare e, stanca, decise di non pensarci più, o almeno provarci. Si chiuse la porta alle spalle e si avviò al lavoro dove l’attendeva una deprimente festa di addio.





-Ma perché?-chiese per la terza volta all’uomo che le stava davanti e che ormai era esausto delle sue insistenze; -forse non ho fatto un buon lavoro? Non sono abbastanza brava per il target di questo giornale, vero? Se mi dicesse dove ho sbagliato potrei provare a migliorare!

-No, signorina Gilmore. Lei ha fatto un ottimo lavoro, al di sopra delle mie aspettative e di quelle della direzione –le rispose il redattore cambiando posizione nella sua sedia di pelle nera.

-e allora perché?

-Il direttore ha parlato con i suoi capi di New York e loro la rivogliono lì. Ho cercato anch’io di sapere con precisione i motivi e ho anche cercato di convincerli a farla restare almeno fino alla fine del periodo prestabilito, ma non c’è stato verso…credo che…

-che?

-che abbiano altri piani –le spiegò invitandola a sedersi dopo che per l’ennesima volta si era alzata di scatto e aveva iniziato a gesticolare furiosamente camminando per la stanza.

-che significa “altri piani”?

Bublè appoggiò i gomiti sulla scrivania e iniziò a giocherellare con la stilografica che gli stava davanti; -mi ascolti, Lorelai: torni a casa, senta cosa vogliono. Sapevamo tutti che questa occupazione era provvisoria, quindi non c’è da stupirsi. Lei ha talento e lo riconosco: ricorda il suo primo giorno qui? Mi disse una cosa… mi disse che il suo sogno era sempre stato diventare una corrispondente dall’estero.

-e lei rispose che non si vive di sogni- disse sorridendo al ricordo di quel primo periodo burrascoso.

-lo so. E da allora lei non ha smesso di sognare, ma si è concentrata maggiormente sulla realtà.

-voleva spronarmi e ci è riuscito. Ma non capisco cosa centri tutto questo col mio ritorno negli USA.

-non voglio illuderla, ma forse questo ritorno improvviso l’avvicinerà maggiormente alla realizzazione del suo sogno più grande.

-sta dicendo che devo andare senza fare storie?

-sto dicendo di andare, ascoltare cosa vogliono, valutare la situazione. Se ciò che le verrà proposto non le piacerà, si licenzi e torni qui: ” Le monde” sarebbe orgoglioso di averla ufficialmente tra il suo staff e se fosse nostra dipendente a tutti gli effetti saprei io come mettere in luce le sue qualità.

Rory asserì con la testa e strinse mano che il suo ex-nemico dichiarato le porgeva.





-a che ora dovrebbe arrivare Rory?- chiese Luke mentre condiva l’insalata ignorando la faccia disgustata della moglie.

-ehm… dovrebbe atterrare tra qualche minuto- rispose dopo aver dato una rapida occhiata all’orologio; -le ho detto di chiamare quando arrivano a casa. E mi auguro che stavolta Jess non le rompa una gamba.

-Jess? Perché Jess?

-non vorrai che la mia povera bambina appena tornata da un viaggio interminabile dall’Europa debba prendere un taxi per tornare al suo appartamento!

-non parlavo di taxi. Ci andrà Matt- l’infornò con sicurezza.

-Matt?- chiese Lorelai spaesata per un momento. Aveva detto a Rory di chiamare Jess inventandosi una scusa per cui Matt non sarebbe potuto andare all’aeroporto, in modo da non dover arrivare in città senza che nessuno fosse lì ad aspettarla e lei le aveva assicurato che l’avrebbe fatto.

-Sì. Ho parlato con Jess stamattina: Rory gli ha detto che Matt sarebbe andato a prenderla. Quei due non si vedono da mesi e non credo che la prima cosa che faranno una volta arrivati a casa sarà chiamarti.

-giusto, me n’ero dimenticata. Rory mi aveva detto che forse Matt aveva un impegno importante al quale non poteva mancare, ma evidentemente si è liberato.

-e che razza di fidanzato sarebbe se non l’avesse fatto?- rise mettendole nel piatto un’enorme porzione di lattuga verde che Lorelai non vide nemmeno, troppo occupata com’era a pensare ad una ramanzina per la figlia e a chiedersi perché doveva mentire a suo marito per una sciocchezza del genere. Fortunatamente ora era a casa ed entro qualche giorno il segreto di Rory –l’ aver lasciato Matt- sarebbe diventato di dominio pubblico e lei non sarebbe stata l’unica a dover sapere la verità.





Con uno sforzo sovrumano riuscì a sollevare le due enormi valige che scappavano sul rullo insieme a quelle di tanti altri passeggeri. Dopo tutte quelle ore passate su un aereo aveva un solo desiderio: tornare a casa sua e fare un lunghissimo e rilassante bagno caldo per lavare via la stanchezza e l’odore del viaggio; avrebbe ordinato una pizza e poi si sarebbe addormentata come un sasso. A Parigi erano le cinque di mattina: lei non dormiva da quasi un giorno intero e la notte precedente era riuscita a riposare per poche ore.

Camminò spedita verso l’uscita e non immaginò di sentirsi in quel modo una volta arrivata a New York: tutti avevano qualcuno ad aspettarlo e fu circondata da sorrisi, baci e abbracci.

Nessuno rivolto a lei.

Sospirando, perché era stata una sua decisione quella di non dire a Jess di andare a prenderla mentendo e assicurandogli che ci sarebbe stato Matt, raccolse le ultime energie che le erano rimaste e uscì alla ricerca di un taxi.





e questo era il capitolo 19... seppur lentamente sto arrivando alla fine, non preoccupatevi! vi lascio scritta una cosa che ha detto Milo in un'intervista(anche se credo che la maggiorparte di voi l'abbia già letta) e che mi ha colpita tantissimo... voglio anch'io il milo personale!!!
MAY 2004
Milo about Alexis:
"Me and Alexis, that's been completely the lightning blow. lt all happened quickly.
She is really the woman of my life, she is perfect for me, I hope to be perfect for her"
 
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Elena_R
view post Posted on 13/2/2005, 20:15




Le due parti in corsivo all’interno del primo paragrafo sono dialoghi presi dagli episodi 3.04 e 2.18. Ho avuto come riferimenti i testi in inglese e li ho leggermente riarrangiati, ma la sostanza non cambia. Stesso discorso vale per le parti in corsivo nell'ultimo paragrafo che sono stati presi dalla puntata 2.19; dato che ho letto la traduzione fatta da mediaset e l'ho trovata abominevole, ho deciso di tradurre quasi direttamente dall'inglese e lasciare i riferimenti “originali” di Rory e Jess.

Capitolo venti

Il giorno in cui aveva deciso di lasciare Hartford e non rimettere più piede in quella che aveva sempre chiamato “casa” sapeva di aver fatto la scelta giusta e per nulla al mondo avrebbe cambiato idea. Odiava sua madre e i suoi stupidi pregiudizi dal profondo del cuore e non aveva intenzione di rivedere la faccia esfoliata, idratata, truccata e incorniciata da capelli perfetti di Emily Gilmore.
Ma era solo rabbia e col tempo, anche se non era completamente svanita, si era comunque attenuata e ora le faceva persino piacere andare a cena da lei di tanto in tanto.
Quel fatidico giorno, mentre marciava verso l’uscita della villa con in braccio la sua bambina, non immaginava nemmeno lontanamente quanto potesse essere difficile vivere senza poter guardare il proprio figlio negli occhi; ma con l’età, il passare degli anni e l’esperienza sulla propria pelle iniziava a provare pena per coloro che l’avevano esasperata fino alla fuga, perché ora capiva.
Quando Rory era partita per il college si era rassicurata ripetendo all’infinito nella sua testa che era una situazione temporanea e che, tempo tre o quattro anni, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Quando poi le aveva detto che si sarebbe trasferita a New York per motivi di lavoro si era convinta che dopotutto tra loro non cambiava nulla e che avrebbero continuato a vedersi nei week-end.
Quando si era presentata alla sua porta a Stars Hollow con un sorriso accecante e gli occhi luminosi, aveva sperato che stesse per sposarsi e le aveva controllato il dito indice della mano trovandolo però spoglio da diamanti e oro. La notizia sensazionale c’era, ma non era quella che si aspettava: quando le aveva detto che sarebbe partita per l’Europa Lorelai capì che si trattava di un impegno temporaneo, ma dopo la Francia ci sarebbe stato qualcos’altro e poi qualcos’altro ancora fino a quando la sua bambina avrebbe rivisto gli USA solo sulle cartine geografiche. Esorcizzando la fitta al petto con un sorriso e un abbraccio, le aveva fatto le sue più sincere congratulazioni ammettendo che, davvero, non se l’aspettava.
Ma leggere il suo nome sul Times e vederla in video mentre parlava con uno degli uomini più importanti del mondo, ascoltarla mentre, con gli occhi scintillanti, le raccontava delle sue avventure a Parigi la riempiva d’orgoglio e gioia, perché ora sua figlia era felice e, cosa più importante, continuava a condividere con lei quella felicità.
-mi piacerebbe conoscere il tuo capo- le disse dalla sua comoda posizione sul divano mentre Rory, seduta sul pavimento con le gambe incrociate, le raccontava uno dei mille aneddoti accumulati su Monsieur Bublè.
-lo faresti tremare!-rise la ragazza prendendosi gioco del carattere travolgente della madre; -solo due persone riescono a tenerti testa: Michel e Luke, ed entrambi hanno anni di gavetta alle spalle.
-quindi l’uomo che per mesi hai descritto come burbero, stacanovista e assolutamente non impressionabile può essere facilmente intimorito da una donna docile ed indifesa come me?-le chiese sbattendo le ciglia e assumendo un’aria innocente da cerbiatta.
-sì, ma se insisti la prossima volta ti porterò a Parigi con me.
-la prossima volta?-chiese attivando il campanello d’allarme nella sua testa.
-prima o poi nella mia vita tornerò in Francia- spiegò Rory notando l’improvviso irrigidimento della madre alla nomina di un suo ritorno in Europa –e comprerò due biglietti, anziché uno solo.
-e mi raccomando: solo andata –aggiunse Luke –da quando l’ho sposata i miei capelli bianchi sono raddoppiati e miei nervi non reggono più nemmeno Caesar. Ho bisogno di una vacanza da mia moglie.
-oh, Luke: devo ancora insegnarti tutti i trucchi per poter sopportare mia madre.
-passa quando vuoi: ho davvero bisogno d’aiuto- sospirò l’uomo- o di un’esorcista- aggiunse esasperato ricevendo per risposta due risate e il suono del campanello della porta. Rory si alzò e, senza smettere di ridere per un solo attimo, andò ad aprire trovandosi davanti un Jess stupito che la guardava contorcersi sempre più.
-immagino che il gas esilarante che ho portato non serva più- disse accomodandosi senza aver ricevuto l’invito- sei impazzita?
-no- rispose Rory prendendo fiato –Luke cercava un esorcista… e tu hai bussato alla porta: coincidenza interessante, no?
-io un esorcista?-chiese indignato pensando al film –che schifo! Chiamami Satana o Lucifero o con qualsiasi altro nome, ma Esorcista proprio no.
-come sei permaloso!-esclamò la ragazza adocchiando poi la busta di carta che Jess aveva tra le mani-hai preso tutto quello che ti avevo chiesto?
-intendi la lista di schifezze che mi hai elencato?
-non sono solo schifezze… c’era tanto caffè, qualche dolce e la frutta!
-frutta candita!
-ma è pur sempre frutta, no?
-sei senza caffè?-intervenne Lorelai tenendosi stretta al divano per non perdere l’equilibrio.
-devo ricordarti che sono tornata solo ieri sera? Stamattina ho dormito fino a tardi, o almeno fino a quando Jess, in tutta la sua grazia, si è attaccato al mio campanello –le spiegò.
-hey, erano le tre di pomeriggio!- si difese il ragazzo enfatizzando l’ora.
-e io soffrivo di jet-lag. Comunque ero stanca e dovevo mettere in ordine un po’ di cose, quindi gli ho chiesto di rendersi utile e farmi la spesa.
-facendo leva sui miei sensi di colpa per averti svegliata dopo che non dormivi da quanto? Trentadue ore? L’hai ripetuto fino a stamparmelo in fronte col tuo fiato- rispose mentre Rory gli strappava la busta dalle braccia e iniziava a svuotarla controllando ogni singolo pezzo.
-mm.. uno, due, tre- contò –sei pacchetti di caffè, zucchero… biscotti, cioccolata! Sì, mi pare che ci sia tutto. E questo cos’è?- chiese prendendo l’ultimo oggetto dal fondo della busta.
-un libro- disse Jess con calma e uno sguardo d’ovvietà, mentre Rory lo ispezionava con attenzione cercando di capire perché un libro che non aveva richiesto si trovava in mezzo alla sua spesa. Fu solo dopo alcuni secondi che un sorriso comparve sulle sue labbra e con un po’ d’emozione nella voce gli chiese se quello era il primo libro stampato a New York. Ricevendo un suo cenno positivo come riposta il suo sorriso divenne ancora più grande e gli tese le braccia al collo per un rapido abbraccio e bombardarlo di domande su come si sentiva, domande alle quali Jess rispose quasi con piacere.
Madre e zio rimasero in silenzio per diversi secondi, entrambi immersi in ricordi che all’improvviso erano balzati nelle loro menti: il giorno in cui Luke aveva capito che Jess, nonostante il suo comportamento indicasse l’esatto contrario, era innamorato di una ragazza che non era esattamente quella che aveva fatto nascondere nell’armadio, e la conversazione che Lorelai aveva avuto con Dean riguardo Rory e i suoi sentimenti.
-Il mondo è pieno di ragazze, Jess… potresti uscire e trovarne una alla quale tieni veramente.
-oh, come se fosse semplice!
-lo è se ci provi.
-hey, le ragazze che mi piacciono non s’interessano a me! E a differenza di altri non starò buono ad aspettare che mi notino!


-ascolta, Rory mi ha detto cos’è successo ieri sera e le dispiace molto.
-lo so.
-bene. Sai, è una di quelle coincidenze strane e sfortunate che capitano.
-strane e sfortunate, già.
-non ha nulla che vedere col fatto che Jess è passato, credimi. Lei non lo voleva nemmeno.
-così mi ha detto. E Rory non mentirebbe, giusto?
-no, Rory non mentirebbe.

Rory non smetteva un attimo di dire che erano solo amici; Jess usciva ogni sera con una ragazza diversa.
La storia si stava ripetendo, e Luke e Lorelai se ne resero conto nello stesso istante.

-Ho parlato con Luke e Lorelai la settimana scorsa –disse Liz seduta al tavolo della cucina sgranocchiando la carota, unica presenza nel frigorifero di suo figlio e finita lì probabilmente per caso; -e li ho invitati qui per il Giorno del Ringraziamento. Spero che non ti dispiaccia, ma dato che mi avevi chiesto di venire ho pensato che un po’ di compagnia ci voleva. E poi è passato così tanto tempo dall’ultima volta che abbiamo festeggiato tutti insieme! Quanti anni saranno… sei, sette?
-Nove- rispose Jess in tono quasi lapidario e con una prontezza che non si aspettava, senza interrompere per un solo attimo di riordinare la spesa che lei gli aveva fatto, dato che, a quanto pareva, lui non n’aveva il tempo; -se non ricordo male a quattordici anni tu eri a Las Vegas con quell’idiota che dirigeva un fast food, a quindici lavoravi nel maglificio che non chiudeva nemmeno per le feste, l’anno dopo lo ricordo bene: dormivi sul divano dopo una maxisbronza perché il suddetto idiota ti aveva scaricata. A diciassette anni mi hai mandato dallo zio Luke e tu non sei venuta a Stars Hollow, e tantomeno l’anno dopo. Poi sono partito per la California. Nove anni esatti.
-Sono tanti…- mormorò Liz ancora più imbarazzata dal suo dettagliato resoconto che nemmeno lei ricordava –non me ne ero resa conto. So di non essere stata una buona madre…
-no, ma hai fatto del tuo meglio- rispose Jess in tutta onestà –è solo che… non era abbastanza.
Pensava che Liz fosse conscia di come si era sentito e del suo comportamento sbagliato e non credeva che quelle parole –l’oggettiva verità- l’avrebbero ferita più di tanto, ma quando si voltò per appoggiare una bottiglia di coca sul tavolo rimase impietrito davanti all’espressione pallida della madre e ai suoi occhi lievemente lucidi. Aveva parlato senza pensare troppo a fondo alle conseguenze un po’ perché aveva dato per scontato che Liz non se la sarebbe presa, un po’ perché aveva altre cose per la testa: erano passate quasi due settimane da quando aveva lasciato a Rory il suo nuovo libro, ovviamente senza farle sapere che l’autore era lui e lei non gli aveva ancora accennato nulla al riguardo; -ma essere genitori non è una passeggiata, no?- cercò di rimediare –è meglio che Jess Mariano non metta al mondo dei figli, o sarà un vero e proprio disastro! Credimi Liz, io non saprei da dove cominciare.
-te la caverai benissimo- lo rassicurò la madre tornando a sorridere –sei diverso da me o Jimmy: se imparerai dai nostri errori andrà tutto bene.
Jess si limitò ad annuire tenendo a freno la lingua che voleva farle presente che bastava poco ad essere dei genitori migliori di loro. Da quando era tornato, nonostante l’inizio un po’ imbarazzante che sussiste ogni qualvolta s’incontrano persone che non si conoscono bene, lui e Liz andavano stranamente d’accordo, pranzavano spesso insieme dato che il negozio in cui lei lavorava come commessa era poco distante dal suo ufficio, a volte erano andati persino al cinema, circostanza che gli ricordava in modo incredibile Lorelai e Rory e le loro maratone di film. Era come quando aveva dovuto imparare ad avere un rapporto con Jimmy cinque anni prima: aveva iniziato ancora una volta tutto daccapo.
-e a proposito di bambini- continuò –so che Lorelai e Luke vogliono darti un cuginetto.
-Rory me ne ha parlato: è strano pensare ad un Mini-Luke o una Mini-Lorelai in giro per Stars Hollow.
-per me Luke è portato per i ragazzini: ha educato te e in un certo senso si è anche preso cura di Rory… è ora che ne abbia uno tutto suo, non trovi?
-hey, io non ho nulla in contrario!- rispose alzando le mani mettendosi sulla difensiva.
-e comunque ho invitato anche lei.
-Lei?
-Rory - specificò- spero che venga: è una brava ragazza e poi non l’ho ancora vista da quanto è tornata dall’Europa. E tu?
-in un paio d’occasioni- mentì. Da quando era rimpatriata si erano visti quasi tutti i giorni, anche se a volte solo per il tempo di un caffè. In realtà erano usciti diverse sere o per un film o semplicemente per passeggiare; erano stati nella sua libreria preferita, che si era rivelata la stessa che Jess frequentava alcuni anni prima, e avevano preso in giro le ragazzine che sfogliavano con troppo interesse romanzetti rosa; lo scorso week-end erano rimasti nel parco per un paio d’ore, seduti sull’erba ed in silenzio, immersi ognuno nella lettura del proprio libro. Si era chiesto perché c’era lui al posto del suo fidanzato, perché in quei giorni non parlava di Matt, ma aveva preferito non porre le domande a voce alta e aspettare che fosse lei a parlargliene, o almeno a fargli capire cosa stava succedendo; -sta bene, lavora molto.
-e tra voi come vanno le cose?
-che significa?- le chiese con stupore per via di quell’audacia mai dimostrata e perché in verità non aveva idea di cosa rispondere.
-sai benissimo cosa voglio dire: tu & Rory.
-ho capito, ma devo ricordarti il fidanzato che ha da non so quanti innumerevoli anni?
-Certo che mi ricordo di lui, ma la mia domanda era un’altra. Mi sembra che andiate molto d’accordo e Luke dice che stavate insieme.
-è passato un secolo, sono cambiate tante cose e non mi va proprio di parlarne- cercò di cambiare il discorso Jess imbarazzato e spiazzato dalla curiosità che sua madre non aveva mai mostrato nei suoi confronti e tanto meno di quelli della sua vita sentimentale, oltre che infastidito, perché quello restava un tasto dolente, nonostante cercasse di non ammetterlo a se stesso né agli altri.
-Ah!-esclamò la donna eccitata puntandogli un dito contro –allora c’è qualcosa da dire!
-Liz, ti prego!
-Jess, ti ho solamente chiesto se pensi che un giorno tra voi le cose torneranno come prima.
-sono già tornate come prima: siamo amici –le rispose dandole nuovamente le spalle per evitare di guardarla negli occhi, o meglio che lei lo guardasse negli occhi e capisse che quella era solo una parte della verità. Non era certo se fosse il caso di essere completante sincero o se se ne sarebbe pentito; -siamo amici e questo basta. Vuoi sentirti dire che tengo a lei? E’ ovvio che sia così: è stata la prima ragazza che ho preso sul serio e sarà sempre importante, credo. Ma non leggerci troppo. Quando quest’estate sono venuto per il matrimonio dello zio Luke non volevo nemmeno vederla: dopo il modo in cui mi ero comportato non ero certo che la sua rabbia nei miei confronti fosse svanita, ma Rory… lei è più matura e mi ha fatto capire che quello era il passato e che potevamo essere amici come un tempo. È più di quanto mi aspettassi e preferisco che le cose restino così.
Liz sorrise, non vista, alla sua scelta verbale caduta su “preferire”: forse Jess avrebbe voluto qualcosa di più di una semplice e fraterna amicizia, ma data la sua reazione a quell’argomento decise di soprassedere, soddisfatta che comunque si fosse confidato, anche se a modo suo. Non fu facile frenare l’impulso di esortare il suo bambino a parlare con Rory e a far cambiare le cose a costo di calpestare Matt, perché la sua felicità era al di sopra di tutto. E anziché parlare afferrò il telecomando e accese la televisione iniziando un infinito zapping, mentre Jess era ancora immobile e con lo sguardo fermo sulla macchina del caffè.

Girare gli occhi e vedere Juan e Janet seduti sul suo divano a bere birra e mangiare patatine lo riportava con la mente indietro nel tempo. Aveva dodici anni quando lui e quel figlio di portoricani con la faccia da teppista si erano presi a pugni per poter avere a disposizione il campetto da basket; se l'erano date di santa ragione, aveva avuto un occhio nero e vari tagli sul viso e le braccia per settimane, ma aveva ridotto l'altro molto peggio e, cosa fondamentale, aveva vinto. Era stato indescrivibile potersi sedere sotto il canestro con un libro tra le mani a leggere, mentre Juan e la sua gang si mordevano le labbra a bordo campo borbottando parole in una lingua che all'epoca gli era ancora incomprensibile. Se non fosse stato per una questione di onore e rispetto quei ragazzi, in gruppo, avrebbero potuto ammazzarlo di botte, ma il loro capo aveva deciso che per quel giorno sarebbe andata bene così.
Si erano picchiati anche in altre occasioni e alla fine erano giunti ad un compromesso e, di conseguenza, avevano cementato il primo mattone della loro amicizia. Juan era stato il primo a far parte di quella cattiva compagnia che aveva poi indotto Liz a spedirlo da Luke, e a volte sentiva di dovergli più di una semplice amicizia, perché senza rendersene conto era stato seppur indirettamente uno dei fattori contribuenti al suo cambiamento.
-Hey, Jess- disse il ragazzo dalla pelle abbronzata naturalmente e i capelli corvini col suo sorriso sornione che rischiarava la sua apparenza scura -ricordi quella sera al ponte?
-Brooklyn?-gli chiese saltando indietro nel tempo e ritrovandosi su una bici rubata alle due di notte, sudato dopo una corsa senza fine fino al ponte dove erano rimasti per ore a scolarsi birra presa dal frigorifero del padre alcolizzato di Juan e a ridere come pazzi, ubriachi, mentre davanti a loro le luci della città si riflettevano sull'acqua.
-gran sera, eh? Dovremmo ripeterla uno di questi giorni.
-e cosa vorreste rubare stavolta? Il triciclo di qualche bambino dell'asilo?-rise Janet riempiendo la casa di un armonioso suono al quale Jess si stava abituando da quando avevano ripreso a frequentarsi e che era raddoppiato nel momento in cui anche Rory era tornata a New York.
-ci credi così stupidi?-disse Juan bevendo un altro sorso della sua birra -No, pensavo che potremmo andare lì, sederci sul cofano della macchina e cazzeggiare come ai vecchi tempi.
-ci sto- rispose cambiando il cd che avevano ascoltato già due volte dietro fila- io porto la musica e la macchina.
-e a me tocca da bere. Facciamo domani?
-non posso, ho già un impegno -rispose con riluttanza consapevole che Janet, grazie a quel suo maledetto istinto femminile, aveva già alzato le antenne e gli aveva chiesto di che tipo di impegno si trattava. Era curiosa, lo era sempre stata. Quando, all'età di quindici anni, uscivano insieme quello era l'unico difetto che era riuscito a trovarle: poteva parlare per ore della vita privata di qualsiasi persona senza restare mai a corto di pettegolezzi, ma all'epoca bastava baciarla per poterla zittire -soluzione che aveva sempre avuto successo. Erano ancora i gloriosi tempi in cui eros, alcol e fumo risolvevano tutti i problemi senza lasciare spazio al pensiero e, lo ammetteva, a volte rimpiangeva quell'immaturità. Da quando era tornato Janet, ora fidanzata da diversi anni con Juan, gli aveva organizzato decine di appuntamenti con sue amiche, amiche di amiche, cugine, cugine di amiche... tutte single. A sua detta era uno spreco che stesse da solo anziché uscire e spassarsela e chissà, forse una di quelle avrebbe potuto avere il potere di farlo innamorare. L'aveva assecondata in diverse occasioni, perchè dopotutto i diversivi erano sempre benaccetti, ma le sue insistenze a lungo andare si facevano troppo pressanti e stancanti, per non parlare delle storie che faceva quando si organizzava un appuntamento con qualcuna che lei non conosceva e che non era passata sotto il suo giudizio.
-Accompagno Rory ad una cena di lavoro -si giustificò anche se controvoglia -il suo fidanzato è fuori città e non le va di andare da sola. Ci sarà un sacco di gente importante ed è ora che inizi a conoscere la gente che conta a New York, perché potrebbe risultarmi utile un giorno...
-Rory, Rory... sempre Rory!- lo canzonò la ragazza con uno sguardo malizioso che non gli diceva nulla di buono -dovresti farci conoscere questo meraviglioso e fuori dalla norma essere umano!
-non esagerare, Jen.
-non esagero. Ultimamente passi molto tempo con lei: sicuro che sia solo un'amica? Se è semplicemente la figlia della moglie di tuo zio non sei obbligato a frequentarla, ma per te quest'amicizia non sembra affatto un sacrificio... tutt'altro!
-eravamo amici prima che andassi da mio padre -le spiegò genericamente -e ora lo siamo ancora. Luke e Lorelai non centrano. Non sarai gelosa?
-gelosa? Io? Ma piantala! -rispose Janet tirandogli un cuscino -dico solo che secondo me questa ragazza ti piace. Tu non ce la racconti giusta, Jess. E Juan è d'accordo con me.
-e da quando tu spettegoli sulla mia vita sentimentale?
-tu non hai una vita sentimentale, amico-rispose il ragazzo -è questo il problema. Mi preoccupa il fatto che alla tua età non hai una fidanzata e non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di cercarla. Capisco la filosofia di quel tuo amico californiano, ma è ora di piantarla di andare in giro a spupazzarti tutte le ragazze che trovi. Scegline una, Jess.
-lo farò... -gli assicurò -...quando ti vedrò con la fede al dito e un marmocchio in braccio.
-questo è un ricatto.
-lo ammetto -rispose mentre il suono del campanello della porta si diffondeva per casa -ma è la mia unica condizione.
-¡Eres el sòlito bastardo!-urlò Juan mentre Jess apriva la porta e Rory lo guardava con aria di rimprovero.
-Quante volte devo dirti di fare il bravo e non discutere con le persone? poi si passa alle offese e si finisce coll'arrivare alle mani...
-scusa mamma- le rispose seguendola in sala, dove i suoi amici stavano aspettando di vedere l'ospite.
-Janet, Juan lei è Rory- disse gesticolando con le mani tra i tre – Loro sono due vecchi amici.
Passarono diversi attimi in cui Juan e Janet squadrarono dall'alto al basso quella ragazza in tailleur chiaro che era entrata in salotto e che era totalmente diversa dall'idea che entrambi si erano fatti di lei. L'immaginario di donne che potevano interessare a Jess non aveva mai compreso una Miss Perfezione o Miss Visino Angelico e Rory sembrava troppo innocente persino per poter rientrare in una sua fantomatica lista di “semplici amiche”. Loro, che avevano vissuto in una New York piena di pericoli, passato l'infanzia e l'adolescenza tra pareti domestiche che odiavano e dalle quali fuggivano rifugiandosi nella notte a bere per dimenticare o nei supermarket, dove piccoli furtarelli facevano parte delle esperienze da vivere, dei riti di iniziazione, non riuscivano a pensare ad un solo elemento che avrebbero potuto avere in comune uno come Jess e una come Rory che probabilmente era la principessina di qualche famiglia perfetta e alla quale tutto era concesso.
Eppure se erano amici da sette anni dovevano avere qualcosa in comune... la prima cosa che balzò alla mente dei due fu il sesso, ma la supposizione venne accantonata quasi immediatamente perché Rory non sembrava il tipo e Jess non sarebbe mai stato amico di qualcuno che si portava a letto.
-Tu sei Rory?- le chiese Juan in parte incredulo e in parte affascinato.
-Jess vi ha parlato di me?- chiese arrossendo, quasi intimorita dagli sguardi indagatori dei due ragazzi che le erano stati presentati. Era palese che la stavano studiando e ci teneva a fare una buona impressione, ma in realtà non aveva idea di come comportarsi con quelli che, essendo amici di Jess, erano senz'altro due ex-ragazzacci di New York.
-in un paio di occasioni- rispose Janet stringendole la mano e smettendo di fissarla -sei la figlia di sua zia, no?
-oh, sì certo. Mia madre ha sposato Luke- disse sollevata quando sentì che quegli occhi avevano smesso di scrutarla -voi invece...
-vecchi amici -ribadì Jess.
-i migliori amici- lo corresse Juan -prima che el traidor ci mollasse per il Connecticut.
-davvero?- chiese sorridendo, perché per la prima volta entrava nel passato di Jess, un mondo di cui non le aveva mai parlato e che aveva iniziato a dubitare esistesse -è bello che vi siate ritrovati dopo tanto tempo!
-a volte le coincidenze sono strane- le spiegò Janet mentre Rory si sedeva sul bracciolo della poltrona occupata da Jess -Juan aveva deciso di fare un colloquio per una casa editrice che aveva appena aperto in città e si è ritrovato davanti Jess: puoi immaginare il loro stupore!
-non me l'avevi detto -disse rivolgendosi al coinquilino della poltrona-dev'essere stato il destino.
-oppure, come ha detto Jen, è stata una semplice coincidenza-le rispose.
-come sei acido. Non potresti darmi ragione ogni tanto anziché contraddirmi sempre? Avanti, fammi un sorriso e dì “Rory, hai perfettamente ragione: è stato merito del fato”.
Jess la guardò scettico: -il tuo senso dell'umorismo è fuori luogo e assurdo.
-gli hai chiesto troppo -intervenì Juan -Lui non ride, ha una faccia di pietra che non può cambiare: l'espressione standard è quella arcigna e incazzata.
-oh, e qui ti sbagli -lo corresse -Jess sa ridere. Il suo problema è che lo fa troppo poco spesso.
-la moglie di quel calciatore non sorride mai ed è considerata sexy -rispose seriamente -”Victoria docet”.
-anche tu sei sexy quando ridi, te lo assicuro- disse Rory cercando di contenersi dallo scoppiare a ridere per quanto quel discorso era stupido, mentre le labbra di Jess, seppur leggermente, si piegavano nel sorriso in cui aveva sperato. Le piaceva vederlo sorridere e, dopo tanti anni di astinenza, ora voleva che lo facesse più spesso per recuperare il tempo perduto. Non poté contenersi però dall'esultare per la sua vittoria, riempiendo di stupore gli occhi dei due quasi-sconosciuti che dovevano ricredersi riguardo alla sua serietà.
-ok, ora basta- la interruppe Jess a disagio per averla accontentata in quel modo davanti a Juan e Janet: aveva una reputazione da difendere lui -come mai sei passata? Avevi detto che saresti rimasta con Lane per questi due giorni e se non sbaglio lei parte domani.
-in teoria era così, ma è dovuta tornare a Boston urgentemente. Arrivo adesso dalla stazione.
-e tu ti tiri in questo modo per uscire con le tue amiche?- chiese Juan indicando l'elegante tailleur che indossava.
-oh, no- rispose arrossendo -prima di accompagnarla ho avuto un colloquio di lavoro. È per questo che indosso il tailleur.
Jess ricordò in quell'istante che gli aveva parlato di un probabile colloquio che si era decisa a chiedere alla CNN, ma non gli aveva mai detto di preciso di aver ricevuto una conferma. Se fosse andato bene Rory avrebbe fatto un altro passo avanti verso la completa realizzazione di quel sogno di cui le aveva parlato in quella era che, nonostante il tempo, non era riuscito a dimenticare.
-Allora Courtney, che cosa farai tu?
-come sarebbe?
-quali sono le tue ambizioni?
-Harvard.
-E dopo?
-diventerò una giornalista.
-come Paula Zahn?
-Christiane Amapour.
-vuoi fare la corrispondente dall'estero.
-sì, infatti.
-sembra solo un po' troppo duro per te.
-beh, invece non è affatto troppo duro per me. Almeno spero che non lo sia, non faccio che parlarne da sempre. Insomma non so che farei se...
-hey, non ti volevo spaventare, scusami. Sono sicuro che ce la farai, te lo garantisco!

-e com'è andata?- le chiese guardandola dritto negli occhi in un modo che non passò inosservato ai suoi amici, mentre lei scrollava le spalle e gli diceva di tenere le dita incrociate. Era come se in quel momento tutto si fosse fermato e sia Juan che Janet si sentivano di troppo in quel gioco di sguardi che conoscevano fin troppo bene. Per quanto si ostinasse a negarlo quella che provava per lei non era una semplice amicizia; forse c'era un grande affetto, forse attrazione o forse amore, ma una cosa era certa: avrebbero insistito fino a fargli confessare la verità. Rory era chiaramente una brava ragazza e sembrava persino capace di tenergli testa, impresa che era stata ardua persino a loro. Inoltre era estremamente sincera, trasparente e socievole e, cosa che non passò inosservata, non sembrava aver alcun pregiudizio sulla coppia mista che si era trovata davanti.
-sono venuta a darti una notizia fantastica- esultò Rory rivolgendosi ancora a Jess -ricordi il libro che ho letto quest'estate e l'altro che mi hai dato tu qualche settimana fa? Quelli scritti dal tuo autore misterioso?- chiese ricevendo in risposta un cenno affermativo -beh, non sarà misterioso ancora per molto!
-lo so, il Times vuole intervistarlo...
-e indovina chi sarà la giornalista in questione?-lo interruppe con un sorriso a quaranta due denti e gli occhi scintillanti che non lasciavano spazio a dubbi.
-Tu? Non sapevo che ti occupassi ancora di queste cose.
-in effetti non sarebbe di mia competenza, ma quando mi è giunta la voce di questa intervista mi sono fiondata in redazione a chiedere l'incarico adducendo mille e più motivi per cui sono la persona più adatta. E il fatto di conoscere te, il suo editore, mi è stato d'aiuto. Vogliono che ti convinca a convincerlo a rilasciare quest'intervista.
-se ci sarai tu non credo che farà delle storie- le assicurò.
-perché?
-legge spesso i tuoi articoli. Diciamo che è uno dei tuoi sostenitori.
-Wow! Allora è un sentimento reciproco dato che io adoro i suoi libri, anche se sono solo due. Non vedo l'ora di conoscerlo, Jess.
-spero che sia all'altezza delle tue aspettative- mormorò lusingato e felice dell'entusiasmo della ragazza e per le sue parole positive. Voleva che anche Rory, dopo Jimmy, Sasha e Lily, sapesse la verità, e dopo di lei sarebbe toccato a Luke. Voleva che almeno quella che era la sua famiglia conoscesse il suo vero lavoro, quello a cui teneva di più. E quale modo migliore poteva trovare oltre a farsi intervistare direttamente da lei? L'avrebbe lasciata senza parole, perché di certo non si aspettava di trovarsi davanti proprio lui
-siamo cambiati così tanto- disse Janet pensando ad alta voce senza rendersene conto. L'attenzione si riversò su di lei, che non poté fare altro che elaborare il concetto insicura se quello fosse o no un discorso da fare giunti a quel punto; -eravamo dei ragazzi praticamente senza speranza. L'unico nostro obiettivo era andarcene, fuggire dai nostri genitori e fare ciò che volevamo, senza guardie, senza controlli. E ora ci ritroviamo nella stessa stanza con vite totalmente diverse: io pensavo che sarei stata una commessa a vita e Juan bestemmiava ogni giorno perché non voleva finire come suo padre: un operaio disoccupato e ubriaco sei mesi su dodici, e invece, anche se non è il massimo, ho il mio lavoro da segretaria, al caldo, rispettata e con uno stipendio niente male, mentre il suo lavoro come responsabile di uno dei reparti della casa editrice ci permette di vivere degnamente. Se qualcuno dieci anni fa mi avesse detto che questo sarebbe stato il nostro futuro io non gli avrei creduto. E tu, Jess, guardati: ti sei laureato con il massimo dei voti e hai un'attività tua. Ricordo che a scuola eri un disastro, non studiavi mai, lasciavi i compiti in bianco... eri in punizione la metà delle volte, mentre l'altra metà la passavi in cortile a fumare o in giro per New York.
-Sei senz'altro più intelligente della media a scuola, ci metti 5 minuti a finire un libro, leggi tutto, ricordi tutto, potresti essere il primo della classe facilmente, perchè non lo fai? Non ti servono ripetizioni...è assurdo che parlino di farti ripetere l'anno!
-Che m'importa
-Potresti essere quello che vuoi, diventare quello che vuoi.

-io ho sempre saputo che Jess sarebbe arrivato da qualche parte -disse Rory ricordando la sera dell'incidente, quando in auto avevano parlato dei loro progetti futuri e aveva cercato di convincere il ragazzo cinico al suo fianco che gli sarebbe bastato solo impegnarsi un po' per poter fare meglio di tutti gli altri, persino di lei che passava pomeriggi interi a studiare per avere la sua A, sapendo che a lui sarebbero bastati pochi minuti per raggiungere lo stesso risultato.
-sembra che tu lo conosca bene- rispose Janet affascinata dalla semplicità con cui Rory parlava di Jess di fronte a lui di argomenti che di solito lo irritavano, mentre sembrava che la sua voce non lo infastidisse.
-non meglio di altre persone- disse con imbarazzo cercando di essere il più modesta possibile -ma riconoscevo il suo potenziale e aspettavo solo che anche lui lo vedesse.
-mi sembri una maestrina che parla con un genitore al ricevimento del figlio... anche Miss Connie te lo diceva sempre in classe. Ricordi?- scherzò Juan.
-e dai, sii serio per una volta!-lo sgridò la fidanzata.
-è la prima volta che lo vedo così sottomesso e docile... da quando Rory gli ha detto che è sexy non ha fiatato!
-se non ho detto nulla è perché Rory non ha tutti i torti- ammise Jess -Me ne sono sempre altamente fregato di tutto e di tutti e ovviamente questo non mi ha portato da nessuna parte. Poi ho incontrato una secchiona con la S maiuscola- disse gettando un'occhiata furtiva a Rory -ed evidentemente mi ha contagiato un po', anche se mi ci è voluto un po' di tempo.
-Allora è merito tuo? -chiese Juan con l'occhio mallupino e un doppio senso pronto -gli davi ripetizioni, in camera?
Le uniche risposte che ricevette furono una gomitata da parte di Janet, un'occhiataccia da Jess e un sorriso da Rory, mentre la sua fidanzata cercava di dirottare il discorso su un altro binario altrettanto interessante.
-Jess ha detto che vi conoscete da almeno sette anni. Ricordo benissimo il mascalzone che era a quindici anni quando ha lasciato New York e mi sembra stranissimo che abbia fatto amicizia con una come te. Sembri così... perfetta e hai un'aria così innocente.
-Luke e mia madre sono amici da più di dieci anni e quando Jess è arrivato sono venuti entrambi a cena da noi. Anche se adesso vanno d'amore e d'accordo, quella sera è stata un disastro: Jess e mia madre hanno discusso e da allora non si è mai fidata di lui.
-bel modo di presentarsi!- rise Juan mettendosi comodo per ascoltare le peripezie dell'amico nel Connecticut.
-avevo preso solo una birra -spiegò Jess -e lei me l'ha tolta di bocca! Cosa avrei dovuto fare?
-tanto per cominciare non dovevi litigare con lei- disse Rory -pensava che fossi il peggiore dei delinquenti.
-e poi?- chiese Janet con curiosità incitandola a continuare: quella era una parte della vita di Jess che ancora non conosceva e ascoltarla da un altro punto di vista la rendeva ancora più interessante.
-e poi... oh, ha rubato un libro dalla mia libreria e se n'è andato senza avvertire nessuno. Ci sono stati un paio di furti in un negozio, ha disegnato la sagoma di un cadavere sul marciapiede che si trovava esattamente di fronte a quello stesso negozio, ha fatto praticamente impazzire il mio ragazzo dell'epoca. Per non parlare della macchina che ha distrutto una sera in cui eravamo in giro insieme. Specifico che l'auto era mia e il mio ragazzo l'aveva costruita apposta per me... cos'altro? Oh, ha sostituito la videocassetta di Bambi del videonoleggio con un porno...
-Jess, amico, sei un grande!-esclamò Juan dandogli “un cinque” per congratularsi con lui: quello era il Mariano che conosceva.
-e dopo tutto questo casino tu hai avuto il coraggio di diventare sua amica? Chiunque lo avrebbe tenuto a distanza di sicurezza- disse Janet senza nascondere il suo scetticismo e il suo stupore per il comportamento di Rory nei confronti di quello che era un elemento che avrebbe dovuto assolutamente evitare, soprattuto dal momento che la sua stessa madre lo odiava. E lei non sembrava il tipo capace di disobbedire all'ordine di un genitore.
Rory sorrise ripensando a quei giorni lontani, alle loro chiacchierate, all'asta dei cestini... anche se aveva un carattere difficile e scontroso, con lui si era divertita e ora era felice di riavere il vecchio rapporto.
-nonostante le differenze avevamo diverse cose in comune- le rispose -e poi quello della macchina era solo un incidente e il libro che aveva rubato in realtà era un prestito, eh Dodger?
-Dodger? -chiese Juan cercando di capire l'origine di quel nome insolito.
-lunga storia -tagliò corto Jess cercando di glissare l'argomento.
-sembrate così diversi -disse Janet cercando di ignorare l'irrequieto fidanzato che si muoveva continuamente sul divano nel tentativo di ritrovare nella sua memoria il momento in cui aveva sentito il nome che Rory aveva appena pronunciato riferendosi a Jess: gli suonava familiare...-è quasi assurdo pensare che possiate avere interessi in comune. E poi c'è una complicità... io e Jess siamo sempre stati grandi amici e siamo stati insieme, ma non abbiamo mai avuto il rapporto che avete voi due.
-stavate insieme?- chiese Rory focalizzandosi sull'ultima parte della frase -non lo sapevo.
-è stato molto tempo fa, prima che si trasferisse da suo zio. Pensa che se ne stava andando senza dirmi nulla: è stato Juan a raccontarmi mi di quella pazza di Liz e del fatto che Jess stava partendo. Così l'ho raggiunto alla stazione e gliene ho dette quattro.
-dev'essere un'abitudine- mormorò Rory senza rendersene conto, ma forte abbastanza per farsi sentire.
-perché? Chi è la poverina?- chiese Janet capendo solo dopo dallo sguardo della ragazza che la persona in questione era in quella casa e non si trattava certo di Juan.
-io e Jess siamo usciti insieme per qualche mese- le spiegò frettolosamente -poi c'è stata la California e il resto è storia.
Non le andava di andare oltre e parlare di quell'argomento con Jess nelle vicinanze. Si trattava di qualcosa di cui avevano discusso una sola volta, dopo il matrimonio e la scenata di Dean, e non sapeva come si sentiva lui nel toccare quel tasto soprattutto in presenza di amici che non sapevano nulla di quella parte della sua vita. Non aveva detto nulla: si era limitato a restare in silenzio seduto sulla sua poltrona in attesa che accadesse qualcosa -qualunque cosa- o che qualcuno facesse una battuta idiota che spezzasse l'aria che si era gelata in un momento in torno a loro. Quel discorso aveva preso inaspettatamente una piega sbagliata e nessuno dei due se n'era accorto in tempo. Tirò un sospiro di sollievo quando vide Juan riprendere una posizione immobile sul divano e sorridere, ma le sue parole non diedero a nessuno dei due il conforto sperato.
-allora, Jess -disse -come ci si sente ad essere nella stessa stanza con non una ma ben due ex-fidanzate sedotte e abbandonate?
 
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Elena_R
view post Posted on 13/3/2005, 20:19




eh, eh... scusate se è passato un mese, ma forse ho trovato una soluzione alla mia mancanza di tempo per scrivere, ma non prometto nulla. giuro solo che cercherò di essere più brava.


Il testo in corsivo all'inizio del capitolo è preso da “Il codice di Perelà” di Aldo Palazzeschi. Non è improbabile che un americano legga un libro del genere perchè so di certo che Marinetti (futurismo/marinettismo) negli USA è molto conosciuto -almeno in ambito accademico- e Palazzeschi è stato, seppur per un breve periodo, un suo discepolo. Perelà è un uomo di fumo (fatto di fumo) e la marchesa di Bellonda è una donna (una vera donna) innamorata di lui.

Capitolo ventuno

Cercai di ornare per voi le mie parole e, come le care amiche, vi parlai, forse, con ricercatezza. Vi ho detto: ciascuno nascendo porta in sé il cuore di un'altra persona, una fanciulla il cuore d'un giovane, e un giovane quello d'una fanciulla... vi ricordate? Ciò è vero, forse. Pensate allora, pensate all'orribile difficoltà d'incontrarla quella persona nella vita che fugge. Ciò è vero, quest'organo divenuto inutile noi lo portiamo tutti addosso, questo pezzo di roba molla che diviene nel nostro seno a poco a poco e senza che ce ne possiamo accorgere, una spugna inzuppata di dolore. E' la tragedia che tutti trasciniamo inconsapevolmente, questo potrà anche essere ... ma oggi non vi parlo più a quel modo, oggi vi parlo in tutt'altra maniera, e con la più candida semplicità vi dico: io non amai fino ad ora perchè non avevo trovato l'uomo da poter amare, e poi oggi non vi saprei nemmeno parlare con un'immagine, con quella voce, non ho bisogno di colorire le mie parole, due giorni fa ero infelice, e ora non lo sono più: vi amo.
La marchesa di Bellonda non aveva tutti i torti e l'idea che al mondo esistesse qualcuno al quale si apparteneva era romantica e piacevole: anche lei adorava pensare di essere legata indissolubilmente ad un uomo che stava da qualche parte sul pianeta; dovevano solo seguire il filo -il loro cuore e l'istinto- che li univa e a metà strada, un giorno o l'altro, si sarebbero incontrati. Ma era solo quello. Un'effimera idea. Non c'era nulla di reale e di provato e chi parlava in quel modo era qualcuno che come la marchesa non aveva mai conosciuto l'amore o che, come nel suo caso, era rimasta sola e sognava di trovare la persona "giusta" su cui poter sempre contare, con cui parlare di ogni cosa e condividere ricordi, esperienze, ideali. Desiderava qualcuno che la facesse stare bene, che la trattasse come se fosse la cosa più importante e con la quale riuscisse a pensare ad un futuro concreto, un futuro che non la spaventava.
Dopo Matt non c'era stato nessuno -d'altronde erano passati solo due mesi -ma nessuno dei ragazzi che le avevano chiesto d'uscire le era sembrato abbastanza interessante. In realtà era come se per nessuno di quelli valesse la pena di rimettersi in gioco. Nei loro occhi vedeva solo impazienza di sfoggiarla agli amici o di vedersela nuda nel letto e lei non era il tipo che andava col primo maschio che le capitava a tiro. L'astinenza iniziava a farsi sentire, ma non era ancora così disperata: avrebbe resistito e presto o tardi la sua pazienza sarebbe stata ricompensata. Ovviamente non mancava di guardarsi intorno, ma la caccia vera e propria era uno sport troppo duro per lei; preferiva leggere un libro a casa o al parco, come stava facendo in quel momento, piuttosto che mettersi in tiro e scorazzare per i club di New York alla ricerca della conquista di una notte. Rory Gilmore non era quel tipo di ragazza, non lo era mai stata.
Alzò gli occhi dal libro ed individuò un gruppo di bambini che giocavano a calcio, lo sport europeo per eccellenza; sorrise al ricordo di François in maglietta e calzoncini mentre tenatava di impersonare Zidane e tirare la sfera di cuoio in porta col risultato che la palla era finita contro il palo e lui si trovava sull'erba dopo essere atterrato pesantemente. Ma in quel periodo era estate e il sole scaldava tutto, mentre ora a New York era novembre e il vento era gelido. Controllò l'orologio e sperò che arrivasse presto, perchè stava congelando seduta in mezzo al parco e non aveva intenzione di morire assiderata. Non a stomaco vuoto almeno.
-Hey- disse alle sue spalle una voce che riconobbe subito, aiutata anche dal suo profumo.
-Ciao. Sei arrivato!
-sono in ritardo, ma non è stata colpa mia -le rispose sedendosi al suo fianco sulla panchina e ispezionando il libro che teneva ancora tra le mani; -cos'è?
-Palazzeschi.
-Futurismo italiano- aggiunse approvando con diversi cenni del capo -stai variando le tue letture.
-Non ti piace? E' molto interessante e da un lato molto meno rivoluzionario di Marinetti: quando leggo qualcosa di suo non riesco a non confondermi.
-Palazzeschi è rivoluzionario a modo suo, forse lo è più di Marinetti: leggilo con attenzione.
Sorrise: era bello parlare con Jess, ascoltare le sue opinioni, farlo arrabbiare quando si trovavano in disaccordo; le piaceva la passione che metteva nei suoi discorsi quando tentava di farle cambiare idea su un autore, un libro o qualsiasi altra cosa. Non se n'era mai resa conto prima di quell'estate, ma il rapporto con Jess le era mancato.
-Cos'hai da sorridere?- le chiese strabuzzando gli occhi nel vederla con lo sguardo fisso su di lui e un sorriso perenne stampato sulle labbra.
-niente- arrossì -stavo solo facendo delle considerazioni.
-Parlavi ancora con la Rory gnomica che vive nel tuo cranio?- la prese in giro ricordando una conversazione avuta poche settimane prima quando lei aveva sostenuto di aver subaffittato la testa ad una specie di Grillo Parlante che l'aiutava a prendere le sue decisioni.
-è una fatina!- protestò cacciando l'immagine di un peloso nanetto col cappello rosso seduto comodamente sul suo cervelletto mentre si fumava un sigaro.
-oh, certo. Una fatina...- le rispose guardandosi intorno. Da quando era tornato aveva passato gran parte del suo tempo libro a Washington Square Park, ma quella era la prima volta che ci andava con lei; -ricordi al liceo, quando sei venuta a New York?
-Hot dog sublime, il mio primissimo viaggio in metropolitana, il disco firmato da Belinda... Lo ricordo bene. Era la prova che mi avevi definitivamente corrotta.
-è quello che succede a frequantare cattive compagnie- sospirò Jess ripensando alla sera dell'incidente e al gesso di Rory.
-ho saltato la scuola e senza dire nulla a nessuno sono venuta qui, poi mi sono persa la cerimonia di laurea della mamma- aggiunse guardandolo con la coda dell'occhio e precependo che qualcosa in lui non andava – e lo fatto per te. Evidentemente non eri solo una cattiva compagnia.
-eh, sì... avevi proprio perso la testa per il sottoscritto- scherzò -ti avevo proprio corrotta!
-Hey! Devo ricordarti che anch'io non ti ero indifferente?
-allora diciamo che era un sentimento abbastanza reciproco.
Sorrisero entrambi al ricordo di momente belli e e altri meno belli che avevano trascorso insieme e, seppur per qualche secondo, si laciarono trascinare dalla nostalgia di un tempo passato in cui tutto sembrava più semplice. Le giornate trascorse nella spensieratezza quasi assoluta, poche preoccupazioni legate semplicemente alla scuola, l'agonia per test e interrogazioni, dimenticata però ogni qualvolta erano insieme: pomeriggio, sera, cinema o film a casa... tutto cambiava prospettiva e perdeva ogni connotazione negativa. A ventiquattr'anni, con un lavoro impegantivo ed esperienze ben più dolorose di compiti andati male o cotte adolescenziali alle spalle, il passato, anche se in certe occasioni deludente, sembrava un'enorme sciocchezza.
-Ho solo 40 minuti per il pranzo -disse Jess spezzando il silenzio delle loro riflessioni -andiamo?
-certo -rispose rory alzandosi, grata perchè stava morendo di fame -solito posto?
Le disse di sì ed insieme si avviarono all'uscita del parco e verso il chiosco dello stesso uomo che anni prima gli aveva venduto quegli hot dog favolosi mangiati in una delle più belle giornate che entrambi avevano vissuto.
A lei piaceva essere corrotta. A lui piaceva l'idea di avere il potere di farlo.

-e così ora Lily è ufficialmente fidanzata!- esclamò Lorelai -la bambina ha iniziato presto a fare colpo sugli uomini.
-ha solo tredici anni, è una cosa del tutto innocente -replicò quasi disgustata dai pensieri maliziosi che sua madre stava certamente facendo nei riguardi dei nuovi piccioncini.
-l'innocenza non può coesistere con l'amore: quando c'è un interesse sentimentale la purezza dei bambini scompare... ricordi Dean? Quando hai capito che ti piaceva non c'era nulla di innocente in te, anche il solo desiderio di ricevere le sue attenzioni è il segnale che, cara mia, l'età dell'innocenza è andata!
-ti prego, non farmi pensare a Lily e a quello che fa col suo "amichetto"- disse enfatizzando l'ultima parola, mentre sua madre sghignazzava dall'altra parte del telefono -possiamo cambiare discorso? Come sta Luke?
-Luke? Bah... si alza borbottando, va al lavoro borbottando, torna borbottando... non fa altro che borbottare: possibile che trovi così difficile articolare una frase?
-dev'essere nei geni; eppure Liz non tace un attimo... forse riguarda solo il dna dei maschi della loro famiglia.
-e a proposito di Danes e geni e maschi...
Rory s'irrigidì percependo qualcosa di minaccioso nel tono forzatamente pacato e lievemente languido della madre.
-che mi dici di Jess?
-Jess? Nulla, le solite cose: anche lui borbotta di tanto in tanto. Sta lavorando molto, ma non sembra affatto un peso per lui perchè si tratta di qualcosa che gli piace. É interessante osservarlo nel suo ambiente naturale.
-mmm...
-mamma? Cos'era quel mugugno? Cosa vuoi sapere?
-ok, voglio essere chiara e non girare intorno alla questione come al solito, quindi pretendo una risposta diretta alla mia altrettanto diretta richiesta. Riformulo la previa domanda: come stanno le cose tra te e Jess?
Sospirò: -era un po' che non tiravi fuori quest'argomento e pensavo avessi capito, ma visto che da cattiva studentessa non stai attenta alle lezioni dovremo fare un po' di ripasso: vuoi provare a prendere appunti?
-e tu vuoi evitare di rispondere cercando di farmi perdere il filo del discorso continuando a parlare sarcasticamente fino a sfinirmi come farebbe esattamente quell'isterica, ma dolcissima, donna che si fa passare per mia madre?
-non funziona?
-questa tecnica è una mia invenzione, bambina mia, ho il brevetto e riconosco i tentativi di imitazione, soprattutto quando le cattive copie siete tu o Emily. Avanti, facciamo questo "ripasso".
-non c'è nulla tra me e Jess oltre ad una bella amicizia-tagliò corto stanca di dover ripetere sempre le stesse cose. Lorelai rimase in attesa di ulteriori spiegazioni, ma quando capì che la figlia non avrebbe ampliato il discorso -pessimo segno- si decise ad intervenire.
-Sai che se lo chiedo è solo perchè mi preoccupo per te.
-lo so e non ne vedo la ragione. Mi era sembrato di capire che Jess ti piacesse, ma continui a non fidarti di lui. E di me.
-è evidentemente cambiato e sono davvero fiera di lui -spiegò -ma in amore tutto, anche le cose più semplici, finiscono sempre col complicarsi e alla fine non resta altro che tanta sofferenza.
- discorso cinico per una che è felicemente sposata ed innamoratissima di suo marito. Ma anche se ci fosse una remota possibilità di provare qualcosa che si avvicina a quel tipo di amore nei confronti di Jess, non avresti nulla di cui preoccuparti perchè lui mi vede solo come un'amica.
-mi chiedo come fai ad esserne così sicura -disse Lorelai ripensando ai momenti in cui li aveva visti insieme: era come se Jess avesse due personalità, una delle quali era la facciata sarcastica che mostrava a tutti, l'altra invece era solo per sua figlia. Anche se lei fingeva che ci fosse solo amicizia, ne era certa, in realtà c'era molto di più; -Dopotutto Jess è un maestro nel nascondere i suoi sentimenti, no?
-non posso negarlo, ma ora ha un carattere molto più aperto rispetto al passato e comunque da quando sono tornata l'ho visto uscire con decine di ragazze diverse. È chiaro che non gli interesso.
L'ultima frase riecheggiò nella testa di Lorelai un paio di volte e la familiarità di quel tono rassegnato, quasi ferito, in cui l'aveva pronunciata fece suonare il solito allarme che entrava in funzione quando Jess e Rory si trovavano a distanza ravvicinata, nella stessa stanza, o nella stessa frase, o ridevano insieme, leggevano, si scambiavano libri. Si scambiavano sguardi. Era talmente chiaro che solo Rory non si rendeva conto di quello che stava acadendo di nuovo. O, più probabilmente, si obbligava a non accorgersene.
-mamma? Che c'è? Perchè non dici nulla?-chiese insospettita dal suo insolito silenzio.
-niente.
-sei una frana a mentire e io ho preso da te. Dimmi la verità.
-Rory...- protestò sapendo che un altro commento su lei e Jess rischiava di farla imbestialire.
-Siamo amiche no? Le amiche si raccontano tutto- insistette Rory stringendo la cornetta tra le mani perchè aveva appena fatto la predica a sua madre mentre lei stessa era la prima a non dirle tutto con sincerità.
-ok-rispose Lorelai sospirando-parliamo di Jess, sentimenti e sincerità, quindi stavolta rispondimi sinceramente: cosa provi per lui?
Si prese un attimo per riflettere, senza sapere che quella pausa era il primo chiaro indizio che confermava le tesi di sua madre; -è uno dei miei migliori amici, abbiamo tante cose in comune e gli voglio bene, è chiaro no? D'altra parte stavamo insieme al liceo quindi è normale provare dell'affetto nei suoi confronti, ma si tratta semplicemente di questo: affetto per un amico.
-certo- rispose sua madre. Era chiaro che non le credeva ed era chiaro che Rory continuava a mentire; -prima hai nominato delle ragazze con cui esce e hai detto una cosa... pensi davvero che l'unico ostacolo che si frappone tra voi siano persone con le quali esce o è uscito e delle quali probabilmente non ricorda più nemmeno il nome?
-so dove vuoi arrivare, ma non intendevo quello. Volevo dire che... è passato tanto tempo da quando mi piaceva: anni, secoli... e nel frattempo sono successe milioni di cose che hanno cambiato entrambi, forse più lui che io, ma ad ogni modo non siamo le stesse persone, siamo cresciuti e siamo certamente più maturi, anche se sotto certi aspetti può sembrare il contrario. Ma una cosa l'abbiamo sicuramente capita e cioè che s'impara dai propri errori e sarebbe da stupidi ripeterli, no? Non che stare insieme a Jess sia stato un errore, anzi è stato bellissimo e anche se mi ha fatto soffrire ne è valsa la pena. E poi chi non soffrirebbe se il proprio ragazzo partisse di punto in bianco senza dare spiegazioni a nessuno? Stare con Jess non è stato un errore, non l'ho mai pensato... beh, forse in un paio di occasioni sì, ma ero arrabbiata... Però ora abbiamo messo da parte questa nostra fetta di passato e siamo amici e tutto va benissimo. Forse non eravamo destinati a stare insieme; evidentemente è più probabile che siamo fatti per essere amici. Nient'altro. L'implicazione sentimentale ha già rovinato tutto una volta e non avrebbe senso ripercorrere la stessa strada e ... Jess ha altri interessi che non contemplano il revival di ciò che è stato. E io non credo di essere pronta a stare con qualcun altro dopo la storia con Matt e la prova sono tutti gli inviti che ho gentilmente ed educatamente rifiutato fino a ieri.
-ho capito -la sentì dire attraverso il ricevitore e tirò un sospiro di sollievo cercando anche di riprendere il fiato speso nel suo discorso di convincimento, ma la facilità con cui Lorelai aveva lasciato cadere il discorso le insinuò un dubbio. Aveva iniziato a parlare senza mai fermarsi e lo aveva fatto perchè era nervosa... e sua madre sapeva che quando qualcosa la rendeva nervosa ne parlava girandoci intorno senza mai finire: la conosceva troppo bene; -che cosa hai capito?
-che sei gelosa e cerchi tutte le scuse possibili per convincere te stessa e gli altri, Jess compreso, che non sei più interessata a lui. E mi pare che lui, uscendo con tutte quelle gallinacce, stia usando la stessa tecnica.
-no, io...
-ti piace ancora. O di nuovo... beh... ti piace.
-non è quello che ho detto.
-tesoro- le disse con una voce che aveva la stessa dolcezza di una ninna nanna- non lo stai nemmeno negando.
Sospirando appoggiò la schiena contro il morbido schienale del suo divano e cercò dentro di sè la forza e la fantasia di inventarsi qualcosa -qualunque cosa- che convincesse sua madre che no, Jess non le piaceva più in quel senso. Ma le parole della madre erano talmente enormi e rumorose da impedirle di pensare. Lasciò cadere lo sguardo sulla libreria e la prima cosa che le venne in mente fu il suo viso serio che scrutava le copertine alla ricerca di un testo che non aveva ancora letto; al pensiero della remota possibilità di stare ancora, o di nuovo, con lui per un momento il suo cuore smise di battere. E non riuscì a fare altro che sorridere.

Alzò gli occhi dalla pagina che aveva fissato distrattamente per quella che le pareva un eternità e li puntò su di lui: era seduto a quel tavolo da ore, leggeva, correggeva, scriveva lettere per motivare i suoi cambiamenti nelle pagine dei libri di autori che si erano affidati alla sua casa editrice per pubblicare il loro lavoro. Se ne stava completamente immobile, le uniche parti del suo corpo che si muovevano erano gli occhi, che si spostavano dallo schermo del computer ai suoi appunti, e le dita sulla tastiera. Raramente l'aveva visto così concentrato in qualche attività che non era la lettura per puro divertimento e in quell'istante sentì il cuore battere più forte.
Senza fare rumore si alzò dal divano sul quale era rimasta seduta fino a quel momento e prese con sè la tazza di caffè che aveva abbandonato sul pavimento quando aveva iniziato a "fissare" la pagina del libro che aveva trovato sotto uno dei cuscini. Avvicinandosi alla finestra del terrazzo guardò oltre i vetri: il cielo era di un grigio scuro, le dava la sensazione di un presagio triste, e l'acqua cadeva a secchiate; le riusciva difficile distinguere i particolari della città che invece erano perfettamente visibili in un giorno di sole. La tempesta durava da diverso tempo e sembrava non voler finire. Si chiese se il cielo cercava di dirle qualcosa, forse i raggi di sole aspettavano che facesse chiarezza nel suo cuore una volta per tutte per potersi fare strada tra quelle nubi livide. La pioggia batteva incessantemente e ad un certo punto si uniformò al battere dei tasti del computer di Jess producendo un suono unico e, paradossalemente, armonico e ritmato. Ripensò alla telefonata di pochi giorni prima, alle parole di sua madre e alla sua insistenza: non poteva innamorarsi di lui un'altra volta. Era naturale volergli molto bene, insieme a lui si divertiva, si rilassava e a volte si sentiva protetta, ma tra affetto e amore passava un oceano. Jess poteva essere benissimo suo fratello. O cugino. Era pur sempre il nipote di Luke...
-un penny per i tuoi pensieri.
Si voltò dando le spalle al temporale e lo vide seduto sulla sedia col busto rivolto a lei e lo sguardo indagatorio: -Non devi pagarmi per sapere cosa penso- gli rispose continuando a sorseggiare il caffè che si stava raffreddando velocemente. E non poteva di certo dirgli cosa stava effettivamente passando per la sua testa per tanti motivi: perchè l'avrebbe presa per una stupida, perchè era una pazzia anche solo pensare a loro due in quel senso, perchè comunque forse non avrebbe capito.
-pensavo a domani.
-domani?
-è il giorno del ringraziamento-gli spiegò sorridendo come una bambina davanti alle sue caramelle preferite -saremo tutti insieme. È passato molto tempo dall'ultima volta che io, tu, Luke e la mamma ci siamo riuniti per questa festa. E quest'anno ci sarà anche tua madre.
-ha detto che verrà alle otto da me per cucinare, ma Liz è una frana tra i fornelli: è meglio che venendo qui passi a prendere qualche pizza.
-non cambiare discorso, sai cosa intendo- lo ammonì accorgendosi però di aver riportato allo scoperto il primo e unico ringraziamento che avevano passato insieme come coppia; -ora siamo una vera famiglia che festeggia come gli altri milioni di famiglie d'America. Da piccola passavo questo giorno correndo da una casa all'altra, da Luke, da Lane, dai nonni, mentre negli ultimi anni sono stata da Matt.
-ricordami perchè quest'anno non sei da lui- le chiese Jess. Negli ultimi tempi c'era qualcosa che non andava tra lei e il suo fidanzato e anche lui se n'era accorto, ma Rory sembrava non aver intenzione di parlargliene e non poteva forzarla.
-è fuori città per lavoro- mentì assicurandosi di non guardarlo negli occhi mentre lo faceva. Odiava tenergli nascosta la verità, ma era passato troppo tempo e non riusciva più a trovare il coraggio di confessargli tutto. Ci aveva provato in un paio di occasioni, ma ogni volta era successo qualcosa, una telefonata, un terzo incomodo, un qualsiasi imprevisto e alla fine ci aveva rinunciato. E poi dove poteva trovare il fegato di dirgli di aver lasciato il suo innamoratissimo fidanzato perchè non voleva legarsi a lui per sempre? Avrebbe iniziato a farle domande su domande, proprio come aveva fatto Emily, e non se la sentiva di rispondere: era troppo complicato; -e il prossimo anno potrebbero venire anche tuo padre, Sasha e Lily!
-credo che vengano per le vacanze di Natale. Avrai la tua occasione di avere tutti riuniti tra le stesse quattro mura. Mi viene il mal di testa al solo pensiero di una simile eventualità.
-non essere sempre così negativo, sarebbe fantastico per non dire divertente: immagina mia nonna, mia madre, tua madre e Sasha allo stesso tavolo...
-il delirio...
-beh, io non vedo l'ora che sia Natale: mi piacerebbe passarlo a Stars Hollow. Sai per i festival, la neve, io e Lily potremmo fare un pupazzo di neve per il concorso!... non faccio quelle cose da così tanto tempo: ne sento la mancanza.
-stai già programmando il pranzo di Natale? Avrei dovuto immaginare che eri così previdente, ma inizia a frenare: non è certo che mia sorella venga.
-chiedi una conferma a tuo padre: non manca molto -insistette rimettendosi a sedere sul divano e comprendosi con una coperta, mentre Jess sbadigliava; -sei stanco? Forse dovresti fare una pausa e farmi un po' di compagnia: da quando sono entrata questa è la nostra prima conversazione.
-ho finito- rispose spegnendo il computer -e dato che sono stato un pessimo padrone di casa...- disse alzandosi e impugnando il telefono -per farmi perdonare ordinerò indiano.
Adorava vederla sorridere e ancora di più adorava renderla felice, anche se bastava una cena indiana che avrebbe reso irrespirabile per giorni l'aria di casa sua. Da quando era tornata vivevano praticamente insieme: quando non lavoravano passavano il loro tempo a casa di uno dei due o al cinema o al parco. Continuava a preoccuaprsi per la sua situazione con Matt, ma non era il tipo che faceva troppe domande, soprattutto se facendole rischiava di perdere una cosa di cui sentiva di non poter fare a meno.
E non aveva intenzione di perdere Rory.
-non vedo l'ora che sia domani- la sentì dire dalla sua postazione sul divano.
-sarà una lunga giornata- sussurrò cinicamente senza che lei sentisse.



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Elena_R
view post Posted on 27/3/2005, 20:04




Come promesso dopo due settimane esatte vi propongo il ventiduesimo capitolo. Non so se nelle prossime due riuscirò ad aggiornare perchè è tempo di esami per me e quindi non ho la testa nè il tempo per mettermi a scrivere, ma dopo il 14 aprile ho una tregua e prevedo aggiornametni più rapidi, forse anche una degna conclusione entro breve.
Doveroso è ringraziare chi ha lasciato un commento, ovvero silvia, lavanda e phi phi: grazie! e come dimenticare Pheebe che ha sempre una parola buona da dispensami?
Auguro Buona Pasqua a tutti e... buona lettura!
(Dei due flash che ho inserito, il secondo proviene da uno dei precedenti capitoli di Ritorni, solo che non ricordo esattamente quale)

Capitolo ventidue

A discapito delle previsioni catastrofiche di Jess il giorno del ringraziamento era passato velocemente e sembrava che tutti si fossero divertiti. Era stata una giornata ricca di emozioni e di sorprese, a partire dalla “novità” che le aveva riservato sua madre, all'apparizione di Liz con la sua nuova fiamma. La faccia di Luke di fronte a T.J. era stata impagabile: sarebbe stato il massimo se avesse fatto in tempo ad immortalare quel momento con la macchina fotografica, ma Lorelai l'aveva cercata per diversi minuti nella sua borsa dicendo che la fodera di Gucci l'aveva mangiata. Ad ogni modo si era fatta perdonare per quella mancanza dandole la gioia più grande che avesse potuto dopo essersi sposata con Luke...
-sono così contenta di avere un fratellino! O una sorellina, non ha importanza!- disse con un sorriso enorme sulle labbra nonostante stesse asciugando senza sosta piatti, pentole e bicchieri da almeno mezz'ora.
-già. Non dev'essere stato facile per lei tenersi tutto dentro da ieri... tua madre è una pettegola incredibile per questo tipo di cose.
-lo so, ma se l'avesse detto a qualcun altro prima di me credo che non l'avrei mai perdonata. E comunque è stata una bella sorpresa, vero? Luke aveva un'espressione così dolce... mi è capitato raramente di vedere il suo aspetto da orsacchiotto.
-intendi quella faccia da beota in estasi, come si fosse appena fatto di qualcosa e non facesse altro che sorridere come uno scemo?- le chiese Jess passandole l'ennesima pentola.
-ma dai! Povero Luke! È solo felice di avere un bambino, è normale che abbia quel sorriso perenne. Pensa che quando sarà nato, o nata, sarà molto peggio!- difese il suo patrigno sorridendo mentre lo immaginava alle prese con un bebè: se da un lato era difficile figurarselo come padre, dall'altra sapeva che sarebbe stato un papà fantastico, uno di quelli che tutti i bambini dovevano avere; -ci sono ancora molte cose da asciugare? Non mi sento più le braccia.
-abbiamo quasi finito- la rassicurò passandole, stavolta, un mucchietto di posate; -che mi dici di tua madre? Oggi, gravidanza a parte, era molto strana.
-strana?-chiese innocentemente.
-sì, mi fissava, sembrava che volesse fulminarmi con lo sguardo- le disse pensieroso – hai per caso notato se ho detto o fatto qualcosa che possa averla irritata? Perché a me non sembra, ma non si sa mai..
Rory capì immediatamente a cosa si riferiva: sua madre aveva effettivamente tenuto d'occhio ogni sua mossa e ogni parola che si erano scambiati per cercare di capire cosa ci fosse realmente tra loro. Anche lei se n'era accorta e aveva cercato più volte di farla smettere, ma quando Lorelai Gilmore si metteva in testa qualcosa non cedeva fino a quando non raggiungeva il suo scopo. E come darle torto, dato che ci aveva visto giusto?
-no- mentì – dev'essere stata una tua impressione, io non ho notato nulla di più strano del solito. Piuttosto dimmi casa pensi di quel T.J.? Non mi sembra male.
Smise di lavare i piatti e la guardò con aria interrogativa chiedendosi cosa aveva ultimamente: era strana, molto più di sua madre, e ogni volta che sentiva di avvicinarsi al motivo di quel comportamento lei cambiava discorso con un'abilità incredibile; -è un idiota- le rispose facendo il suo gioco -ma non è molto peggio di altri uomini che ha frequentato in passato.
-e gli altri com'erano?-gli chiese notando l'espressione leggermente preoccupata che si era materializzata sul suo viso nel momento in cui aveva rinvangato un passato di cui, nonstante conoscesse qualche aneddoto grazie ai racconti di Juan e Janet, era ancora quasi totalmente allo scuro.
-più idioti di lui- le disse naturlamente come se fosse la cosa più logica del mondo. Jess non si smentiva mai: diventava evasivo ogni volta che non voleva parlare di qualcosa e in questo aveva imparato da lui. Era ormai diventata la prassi cambiare discorso quando la conversazione finiva su lei e Matt o su lei e Jess, e in tutta sincerità cominciava ad essere stanca di dover mentire e soprattutto di doverlo fare con lui: andava in giro sbandierando con orgoglio ai quattro venti quanto fossero amici, ma agli amici si diceva la verità, non si tesseva una tela complicata di bugie degna di Spiderman. Però confidargli tutto la spaventava a morte perchè a quel punto non ci sarebbe stato nulla a poterla fermare: era attratta da Jess e se lui avesse saputo che era libera c'era anche una sola possibilità che mostrasse nei suoi confronti lo stesso sentimento. Ed era questo a farle paura, perchè poteva essere di nuovo felice e lui poteva farla ricadere nel baratro in ogni momento, perchè con Jess non esistevano le sfumanture: si passava dal bianco al nero, dall'estasi della contentezza al buio del depressione. Jess non era mai prevedibile e in lui amava quella caratteristica così diversa da altri ragazzi che aveva conosciuto, ma allo stesso tempo la odiava perchè avrebbe potuto fare i bagagli da un momento all'altro e ripartire senza farsi più vivo. Era già successo una volta e non era vero che la storia non si ripeteva: le guerre, le carestie, i colpi di stato, gli avvelenamenti di politici e re... tutto accadeva ripetutamente, forse in modalità lievemnente differenti, ma la sostanza non cambiava.
-hai detto che Matt è fuori per affari- lo sentì iniziare con cautela -chi lavora il giorno del ringraziamento?
-tutti coloro che non sono americani- gli rispose frettolosamente: era incredibile come fosse capace di leggerle nel pensiero -é fuori dagli Stati Uniti per una trattativa.ultimamente sei molto interessato a lui: non è che ti sei innamorato di Matt?
Quella ragazza era la più bizzarra che avesse mai conosciuto. Un minuto prima camminava sui carboni ardenti cercando di non scottarsi ridendo nervasamente per nascondergli qualcosa che non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura e un minuto dopo era pronta a scherzare. Le lanciò la spugnetta bagnata che aveva usato per lavare i piatti centrando in pieno il suo braccio scatenando così una breve guerra con i burazzi.
La sua risata che riempiva la casa era musica, non si sarebbe mai stancato di sentirla. Ma il priviliegio di avere quei pensieri non era suo e più i giorni passavano più faceva male. Era tornato a New York per il lavoro e il fatto che anche Rory fosse lì e potessero essere amici gli erano sembrate due condizioni piacevoli, ma sperava che vedendola più spesso la sua ossessione nei suoi confornti sarebbe lentamente svanita permettendogli di andare oltre e rifarsi una vita con qualcuno che lo trattasse meglio di Kate. Invece più i giorni trascorrevano più Rory gli entrava nel sangue, per quanto fosse possibile; ormai viveva in lui, in ogni fibra del suo corpo e continuava a non essere sua. Sarebbe stato bello e liberatorio amare qualcun altro, ma evidentemente lui era condannato a stare solo e a guardare da vicino la felicità degli altri senza poterla nemmeno sfiorare.
-è tardi- gli disse interrompendo l'apparente stato di ipnosi in cui era caduto: stavano ridendo quando aveva iniziato a fissarla senza motivo e senza dire nulla; aveva sentito i suoi occhi penetrare il suo corpo, era come se avesse dei raggi X e l'attraversasse con lo sguardo. C'era qualcosa in essi, desiderio forse, ma preferiva non pensarci; -prima ho chiamato un taxi, dovrebbe essere qui a minuti.
-ok, qui abbiamo finito- le rispose andando a prendere le chiavi-se aspetti un attimo ti accompagno di sotto.
-d'accordo- sorrise- sei diventanto davvero un gentiluomo.
-ehi, io sono sempre stato un gentiluomo!-protestò.
-ricordi quando stavamo insieme? Mi scaricavi davanti casa e non c'è mai stata una volta in cui mi hai accompagnata alla porta- gli ricordò.
-vero, ma mi fermavo sempre il più vicino possibile alle scale, così dovevi solo salire quattro gradini senza doverti fare tutto il vialetto.
-stai cercando di trovare una via di fuga, ma un vero gentiluomo avrebbe fatto entrambe le cose.
-allora vuol dire che sono davvero cambiato- le rispose aprendo la porta per lei mettendola faccia a faccia con un ospite con la mano a mezz'aria pronto a bussare.
Ci furono un paio di secondi durante i quali nessuno dei tre mosse un dito o disse una parola e Rory ebbe anche l'impressione che Jess avesse smesso di respirare, perchè non sentiva più il suo fiato caldo solleticarle il collo dato che era proprio alle sue spalle. Davanti ai suoi occhi c'era una ragazza ed era bellissima. Non l'aveva mai vista nè di persona nè in fotografia e Jess non gliene aveva mai parlato; di lei aveva solo la descrizione che sua madre le aveva fatto nei minimi dettagli quando era tornata dal suo "viaggio di nozze", ma le parole di Lorelai, per quanto lusinghiere, non le rendevano giustizia.
Quella era Kate e nel momento in cui se ne rese conto ebbe paura: paura di non poter reggere il confronto, paura di perdere Jess, anche se effettivamente non era suo.
-Che ci fai qui?
La sua voce la face quasi sobbalzare, ma cercò di non mostrarlo. Il tono che aveva usato, nonstante non fosse dei più amichevoli, lasciava trasparire un certo senso di insofferenza e allo stesso tempo di sorpresa.
-Ero da queste parti e volevo farti un saluto. Pensavo che potevamo parlare.
La prima cosa che notò fu la sua sicurezza: il modo aggressivo in cui lui le aveva parlato non aveva scalfito la sua espressività e non si era lasciata intimorire o sopraffare dal suo essere così scontronso.
-Ora sono occupato.
La stava usando come scusa e subito sentì gli occhi di Kate fulminarla: non era sua intenzione impedire quella riunione e non le importava che Jess volesse divincolarsi da quell'impegno.
-non ti preoccupare. Il taxi arriverà a momenti, forse è già di sotto ad aspettarmi.
-Sei sicura? Perchè io posso ---
-Vado da sola- lo interruppe sorridendo cercando di rassicurarlo e perchè non riusciva a farne a meno: le piaceva quando si preoccupava per lei, si sentiva protetta. Ma stavolta i suoi occhioni del colore dell'adorato caffè non le avrebbero impedito di fare spazio alla ex più ingombrante di cui aveva sentito parlare; -ci sentiamo. O vediamo... ok?
La stava pregando con lo sgaurdo di non lasciarlo lì ad affrontare quella ragazza e da un lato lo capiva; nemmeno lei avrebbe voluto ritrovarsi faccia a faccia con Matt. Ma lui non si chiamava Rory e Kate non era di certo un uomo, quindi salutò educatamente entrambi e, cercando di mostrarsi più sicura possibile, raggiunse l'ascensore che per sua fortuna era aperto al loro piano: il solo pensiero di vederli entrare insieme in casa di Jess le procurava una fitta nel petto.
Forse era il suo cuore.

C'erano molte cose che non si aspettava dalla vita, come vincere qualche premio importante per un suo libro, raggiungere il massimo di vendite battendo ogni record o imparare a ballare senza doversi per forza sentire un idiota. Ma se c'era una cosa che in assoluto non avrebbe mai immaginato era trovarsi Kate alla sua porta e soprattutto vederla guadarsi intorno nel suo nuovo appartamento come ai vecchi tempi. Continuava ad essere bellissima e in quel momento, come quasi ogni altro che avevano passato insieme, si sentì orgoglioso e lusingato che quella donna fosse sua, o lo fosse stata.
Un diffuso senso di nostalgia lo pervase al ricordo di loro due insieme, felici ed innamorati. Anche se si erano lascaiti, a prescindere da ciò che era successo, non poteva negare che lei fosse importante e avrebbe fatto per sempre parte di quella ristrettissima cerchia di persone il cui ricordo lo avrebbe seguito fino alla fine dei suoi giorni. Ma avrebbe dovuto restare tale, non materializzarsi a New York.
-Cosa ci fai qui?- le ripetè senza riuscire a trovare nient'altro da dire. Stavolta la sua voce era meno infastidita e Kate lo notò, perchè gli rispose sorridendo dolcemente.
-Te l'ho detto: volevo parlare con te.
-E vieni da Los Angeles solo per parlarmi?- le chiese scettico -E io che mi chiedevo a cosa servissero i telefoni.
-Mio padre è qui per lavoro- gli spiegò mettendosi comoda sul divano e accavallando le gambe nel modo sensuale che Jess conosceva già bene; -l'ho accompagnato per fargli compagnia: non mi andava di lasciarlo solo proprio in un giorno di festa.
-E tua madre?
-Lei aveva una festa di beneficenza a Beverly Hills a cui non poteva rinunciare.
Quella era un'altra delle situazioni più strane in cui si era mai trovato: in piedi al centro del suo salotto a parlare con la sua ex dei suoi genitori che, tra parentesi, non aveva mai sopportato. Se Juan o Sean lo avessero visto non avrebbero più smesso di prendersi gioco di lui. Ultimamente quando si trattava di donne alle quali teneva diventava il più imbranato degli uomini: stava forse invecchiando?
-Come fai ad avere il mio indirizzo?-le chiese per cambiare discorso dopo un'improvvisa illuminazione. L'unica persona che gli veniva in mente era un biondino ficcanaso che faceva rima con "phon". Se mai fosse arrivato alla fine di quella serata avrebbe pensato ai cento modi più lenti e dolorosi per ucciderlo.
-Sono arrivata qui ieri e mentre papà era ad un incontro d'affari sono venuta nel tuo ufficio. La segrataria ha detto che eri fuori e non sapeva quando saresti tornato, così sono riuscita a farmi dire dove abiti.
-dovrò licenziarla- borbottò pensando che avrebbe potuto trasferire su di lei la punizione che aveva precedentemente riservato a Sean.
-Non preoccuparti, ho dovuto insistere molto per riuscire a farmi dare il tuo indirizzo. Non è stato facile, sai? Quella ragazza è un osso duro.
-Non abbastanza evidentemente. Vorrei proprio sapere cosa le hai detto.
-bella casa- disse Kate evitando accuratamente di rispondere che le aveva semplicemente detto di essere la sua ex e che voleva riconquistarlo perchè Jess era l'uomo della sua vita. Continuò a guardarsi intorno e notò subito che anche se aveva cambiato casa, città, addirittura stato, la sostanza era la stessa: c'era l'onnipresente libreria traboccante di libri, una delle costanti della sua vita. Erano tangibili, veri e senza tempo: erano la sua ancora, probabilmente l'unica cosa su cui avrebbe sempre potuto contare.
-Kate -la incitò a sbrigarsi con ciò che aveva da dirgli: lei cercava di perdere tempo, mentre lui stava soltando perdendo la pazienza.
-Rilassati- lo calmò tornando a concentrare su di lui la sua attenzione. Le sembrava nervoso ed era certa che fosse a causa della sua presenza e di ciò che aveva interrotto: -E così quella è Rory.
Aveva cercato di mantenere un tono più naturale possibile, ma Jess fu sicuro di aver percepito la gelosia nelle sue parole. Come faceva a sapere di lei? Era certo di avergliene parlato una sola volta e senza entrare nei dettagli.
-Ti ricordi di lei?
-E come non potrei? È colpa sua se te ne sei andato- disse lapidaria.
Quella conversazione stava prendendo la direzione che aveva temuto: Kate non era lì per una semplice visita di cortesia e lui avrebbe dovuto aspettarselo.
-Così ora state insieme.
-Non è come pensi.
-Non sono una stupida, Jess. Non trattarmi come se lo fossi.
-Non è quello che sto facendo. Io e Rory siamo amici, lei ha un fidanzato da diversi anni.
Kate si lasciò sfuggire un sorriso sarcastico che prese immeditamente le sembianze di una smorfia mal riuscita: -Questo non ha mai fermato nessuno, o sbaglio?
-E' diversa da noi- la difese, infastidito che potesse paragonare una persona onesta come Rory a loro due e a ciò che avevano fatto; -e io non ho intenzione di creare casini con Matt. Non c'è altro oltre l'amicizia.
-Certo-rispose non credendo ad una sola parole di quelle che aveva detto -Ci ho pensato e credo di non meritare la tua semplice sparizione.
-Non sono sparito. Tu sapevi bene che sarebbe andata così.
-Io non sono il tipo di persona che subisce le decisioni degli altri.
Perchè si ostinava a tirare fuori quell'argomento? Perchè non si rassegnava a lasciare le cose com'erano e a continuare la sua vita anzichè farsi dal male inutilmente? Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ma Kate aveva rovinato tutto e ora non aveva il diritto di andare da lui dicendo di meritare altre spiegazioni. Il tempo delle spiegazioni era finito da un pezzo.
-E cosa avremmo dovuto fare? Avere una relazione a distanza? Non avrebbe mai funzionato.
-Per due persone innamorate tutto diventa possibile, Jess.
-Sono sciocchezze da sentimentali- le disse scuotendo la testa e con un sorriso sarcastico sulle labbra: come poteva essere così ingenua lei che non lo era mai stata? -queste cose funzionano solo al cinema, non nella vita reale.
-E io sono ancora innamorata di te- continuò la ragazza ignorando deliberatamente ciò che aveva appena detto.
-Ti amo-le disse giocando con i suoi capelli ancora umidi dopo il bagno di mezzanotte nell'oceano. Erano parole nuove quelle uscivano dalla sua bocca e avevano un suono strano, impacciato. Ma sentiva che era il momento di dirgliele e sentiva che lei era donna giusta, quella che avrebbe capito quanto veramente lui l'amasse. Gli sorrise e lo baciò, ma non disse nulla. Non doveva rispondergli allo stesso modo. Lui era pronto e lei no, e ne aveva ogni diritto. Rispose al bacio e cercò di non pensarci, perchè il suo silenzio non voleva dire nulla.
Non le rispose. Restò in silenzio a guardarla negli occhi mentre lei fissava i suoi. Gli sembrava sincera e si sentiva in colpa perchè non avrebbe mai più potuto risponderle con le stesse parole.
-ma tu no.
La voce di Kate riempì il suo silenzio che era più eloquente di qualsiasi discorso elaborato che era capace di fare nei suoi saggi, nei libri o nelle lettere.
-Kate, sono discursi inutili da rifare e ora è tutto cambiato.
-Hai detto che tu e Rory non siete altro che amici- gli ricordò.
-Non si tratta di lei. Sto parlando di me e di te, di ciò che proviamo...
-o che non proviamo- lo interruppe.
-credimi quando ti dico di volerti bene, ma non può esserci nessun sentimento che vada oltre l'affetto.
-Jess...
-Hey bellezza! Sono io. Volevo solo dirti che rifacendo il letto ho trovato il tuo orecchino sul materasso, quindi non preoccuparti: non l’hai perso. Puoi passare a prenderlo quando vuoi, anche domani se il tuo pseudo-ragazzo non ha altri programmi … vorrei che lo lasciassi... Devi dirgli tutto e farla finita.. se non avessi dovuto correre da lui ora saresti ancora qui, con me.

-avevi detto che saresti rimasto a casa tutta la sera... ti aspetto da tre ore. Il tuo cellulare è staccato e nessuno dei tuoi amici aveva idea di dove fossi… ma io credo di aver capito. Perché, Jess?
-potrei farti la stessa domanda, Kate.
-Tra noi è tutto finito nel momento in cui mi hai tradito. Il resto è stato un tentativo senza senso di rimettere a posto i cocci di un vaso i cui pezzi si erano persi. Non c'era più nulla da salvare, Kate.
-So che è colpa mia, ma ho sbagliato -lo stava pregando- era straziante essere ancora lì a parlare di quelle cose, voleva che finisse, che se ne andasse, ma lei insisteva -ho commesso un errore, ma mi sembra di aver pagato abbastanza, non credi?
-Non è una vbendetta.
-e allora perchè?- alzò la voce -Perchè non puoi darmi un'altra possibilita' forse questa volta...
-Ce la siamo già dati quest'estate, ma non ha funzionato.
-è per Rory.
-Smettila di tirarla in ballo, Kate! Non biasimare lei per qualcosa che hai fatto tu! Non vuoi capire, vero?
-no, io ho capito benissimo. Sei tu quello che si stina a mentire.
-e tu non cambi mai, sei la solita presuntuosa.
Stavano litigando e non era ciò che Jess voleva. Respirò a fondo cercando di attenuare la rabbia che risaliva ogni volta che riviveva quei momenti in cui si era affidato e lei, mentre lei si era presa gioco di lui. Riprovare era più insensato che mai.
-Kate, se sei venuta qui per chiacchierare con un amico io posso offrirti qualcosa da bere e provare ad ascoltarti. Se invece le tue intenzioni sono diverse, mi dispiace, ma quella è la porta.
Era stato piuttosto duro nei suoi confronti, ma forse quello era l'unico modo che aveva per renderle chiara la sua posizione. La osservò mentre cambiava posizione sul divano e teneva gli occhi fissi sulle sue stesse scarpe. Aveva imparato a conoscerla bene, riconosceva la sua espressività, i cambiamenti nel tono della sua voce, i suoi silenzi. Era sincera quando diceva di amarlo ancora, ma stavolta non avrebbe commesso lo stesso errore dandole una possibilità che l'illudesse e che non li avrebbe portati da nessuna parte.
Sentì il fruscio del suo cappotto contro la seta del vestito e seguì con lo sguardo i suoi movimenti: si era alzata, aveva raccolto la borsa e si stava avvicinando a lui. Trattenne il respiro mentre lei poggiava lentamente le labbra sulle sue per un ultimo bacio. Durò pochi attimi e in un baleno si fece sempre più lontana fino a scomparire dietro la porta di casa.
Riprese a respirare inalando la scia di profumo che aveva lasciato e buttandola fuori, espellendola per sempre dal suo corpo: quel capitolo della sua vita era stato ufficialmente chiuso e sigillato, seppur con un bacio.


... to be continued...
 
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Elena_R
view post Posted on 10/4/2005, 19:28




volevo aspettare fino a domani per postare il capitolo poi mi sono detta che, dato che domani sera tornerò a casa dopo un esame andato malissimo, almeno una persona mi avrà lasciato un commentino piacevole che mi tirerà su il morale, no?
beh, leggetve 'sto capitolo e dite grazie a Elena che ha mantenuto la sua promessa (mi sento un po' Berlusca in questo momento... brrr...) e ha aggiornato in due settimane!

I sei versi che troverete sono tratti da E' quel che è di Erich Fried(1921-1988).
La citazione che troverete nella seconda parte è tratta dall'episodio cinque (se non ricordo male) della prima serie.

Capitolo ventitré

-No, non ci posso credere!-gridò Rory sorpresa dalla rivelazione dell'amica -Lane, questo è... destino!
-non dirmelo, mi sembra ancora tutto un sogno. E' in momenti come questo che penso che tutto accade per un motivo. Tu sai che amavo Dave davvero tanto: avevo già in mente il nostro matrimonio, lui con quella bellissima maglietta dei Nirvana che gli avevo regalato, io con quella dei Ramones, mentre la marcia nuziale sarebbe stato il fantastico e trascinante punk-rock di...- s'interruppe vedendo l'espressione di disgusto di Rory -che c'è?
-non credi di esagerare? Ramones, Nirvana...? è pur sempre un matrimonio.
-vuoi togliermi anche i sogni? E poi a Las Vegas di tradizionale non c'è assolutamente nulla- le disse infilandosi in bocca l'ennesima pringles.
-Las Vegas?
-credi davvero che mamma Kim avrebbe permesso a me e Dave di sposarci? Sarebbe stata una romantica fuga d'amore con una cerimonia segreta, come Romeo e Giulietta.
-Romantica...- confermò pensierosa Rory -ma la musica continua a non convincermi.
-non ha nemmeno più senso starne a parlare dato che tra noi è finita da un pezzo. Dopo di lui non c'è stato più nessuno...
-mi avevi detto di essere uscita con un paio di ragazzi, o sbaglio?
-solo qualche cena: arrivati alla porta di casa non riuscivo a farli entrare. Dave era stato l'unico a varcare quella soglia; era come la profanazione di un luogo sacro, capisci?
-lo so, ma è tempo di andare avanti, no?
-sì- rispose Lane sorridendo genuinamente -e sono felice di aver rivisto Henry. Dopo gli anni della Chilton avevo perso ogni contatto con lui, ma ora ci siamo ritrovati, siamo entrambi soli e ci piacciamo! Lo vedrò domani sera...
-terzo appuntamento?-chiese Rory con malizia facendola arrossire -sai cose succede al terzo appuntamento, vero?
-lo so... "Sex and the City"...
-dovrai chiedergli di entrare: pensi di farcela?
-ci proverò. Voglio davvero che questa storia funzioni. Henry è perfetto: sta per laurearsi in medicina, è coreano... mia madre inizierà a ringraziare Dio quando lo saprà.
-e anche tu sei felice per voi- disse Rory lasciando sul divano i vecchi vinili di Lane per correre ad abbracciarla cercando di dimostrarle quanto fosse bello vederla di nuovo contenta ed innamorata.
Era passato tanto dall'ultima volta che si erano ritrovate insieme per più di un paio di giorni e la sua migliore amica le mancava davvero tanto. Parlare al telefono era diverso e con i loro impegni capitava raramente di riuscire ad avere il tempo necessario per una conversazione decente: se avessero vissuto nella stessa città sarebbe stato tutto diverso.
-hey, mi avresti portata con te a Las Vegas, vero?
-certo! Tu e Matt sareste stati... oh- si bloccò ricordando troppo tardi quello che era successo -scusa.
-non devi preoccuparti- la rassicurò -può capitare di dimenticare, dopotutto è una notizia ancora recente. E io cerco di non pensarci più.
-sicura? Ho notato che da quando sei qui hai degli atteggiamenti più strani del solito. È successo qualcosa, Rory?
-no...no?
-no domanda o no risposta?
-mmm ... risposta?
-ok, sputa l'osso: cos'hai? E' successo qualcosa con Lorelai?
-No, mia madre non centra. Beh, almeno non nel senso che intendi tu.
-perchè...- disse Lane sempre più confusa dalla sua vaghezza -ci sono altri sensi?
-si tratta di Jess.
-ah.
Fu l'unico suono che sentì uscire dalla sua bocca, ma la sua espressione era fin troppo eloquente; diceva chiaramente "chi altro potrebbe scombussolare tutte le tue sicurezze oltre all'ex cattivo ragazzo che dopo tutto questo tempo non ti sei ancora tolta dalla testa?". Ciò che non sapeva però era che la fantasia di Lane aveva viaggiato alla velocità della luce e i suoi pensieri avevano già preso una direzione decisamente sbagliata.
-siete stati insieme -affermò con molta naturalezza mentre lei arrossiva vistosamente al pensiero.
-cosa? No! Come ti salta in mente una cosa del genere?
-e io che ne so? Se tu non ti decidi a parlare chiaramente io posso solo cercare di indovinare!
-non è successo nulla tra noi-le spiegò -però ricordi il giorno del ringraziamento?
-Sì, mi hai detto che l'avreste passato tutti insieme.
-infatti. Dopo cena, quando mamma, Liz e Luke erano tornati a casa, io sono rimasta ad aiutarlo a riassettare e ci stavamo divertendo. C'era una certa complicità, ma non nel senso che intendi tu; è stato molto gentile, si è addirittura offerto di aspettare con me il taxi e stavamo uscendo di casa quando indovina chi troviamo sul suo zerbino?
-il taxista?
-la sua ex direttamente dalle spiagge di Los Angeles.
-oh. Era in bikini?
-No, ma aveva quel bellissimo cappotto e un paio di scarpe firmate che ho visto proprio l'altro giorno su un catalogo e che costano quanto l'arredamento di casa mia. E che dire dei suoi capelli? Lunghi, lucidi, di un colore magnifico con i riflessi al posto giusto e una messa in piega che sembrava naturalissima, non dava l'impressione di impalcatura che hai quando esci dal negozio della parrucchiera. Potrei paragonarla ad una dea e non sarebbe certamente Kate a sfigurare. Era... bellissima.
-mi chiedo come ha fatto Jess a trovarsi una che a quanto pare è molto meglio di una dea, lui che al massimo è paragonabile a satana.
-Lane! Non è diabolico come avete sempre pensato tutti- rise Rory – e poi non puoi certo dire che sia un brutto ragazzo.
-Gustibus no sputando è- disse la coreana inciampando nelle parole.
-"Degustibus non disputandum est"- la corresse facendo leva sulle sue rimembranze di latino*.
-esatto. E poi?
-me ne sono andata e li ho lasciati da soli. Cos'altro avrei dovuto fare? Non potevo certo restare ad ascoltare i loro discorsi da innamorati o ex innamorati o qualunque cosa siano.
-pensavo che l'avesse lasciata definitivamente- disse Lane continuando a sgranocchiare le sue patatine intervallando con la degustazione di coca cola che la signora Kim le aveva sempre proibito di bere.
-anch'io. Era così che Sasha aveva detto a mia madre, ma forse la situazione è più complicata e nemmeno lei sa tutta la verità.
-a te non ha detto nulla?
-Jess? Lo conosci: lui non parla di queste cose.
-nemmeno con te?- le chiese sorpresa. Fin dai tempi del liceo, mentre il mondo era chiuso fuori dalla stanza in cui si trovavano, li aveva sempre immaginati seduti in un angolo, lontani da tutto e da tutti per confabulare sottovoce della loro vita, dei segreti, dei pensieri più intimi e privati che conoscevano solo loro. Jess e Rory da soli mentre il resto si dissolveva senza che nessuno dei due se ne accorgesse.
-quindi quando vi siete visti avete fatto finta di niente?-continuò dimenticando il quadro che aveva nella mente.
-non ci siamo visti.
-non vi siete visti? È passata una settimana! Voi due siete come pappa e ciccia ultimamente, sembra che viviate in simbiosi!
-mi ha chiamato- le spiegò Rory sorvolando il commento di Lane sul loro vedersi costantemente -mi ha lasciato qualche messaggio in segreteria, ma non l'ho richiamato. Prima di partire per Boston gli ho lasciato anch'io un messaggio: sapevo che non era in casa e preferivo parlare con la segreteria che con la sua segretaria dell'ufficio. Gli ho detto che sarei venuta da te per il week end.
-lo stai evitando.
-non lo sto evitando. Non ho avuto tempo...
-di chiamarlo? Basta un minuto, Rory. Ogni volta che c'è una ragazza che gira intorno a Jess tu ti fai da parte. È successo prima con Shane, ricordi? E ora con Mate.
-Kate- precisò -lei è...
-bellissima più di una dea.
-e lui è...
-è?
-tu non eri lì -pignucolò mettendosi sulla difensiva: non voleva credere alle parole di Lane, era stata davvero molto occupata e non le andava di chiamarlo mentre lavorava e Jess provava davvero qualcosa per quella donna, altrimenti si sarebbe comportato diversamente; -quando l'ha vista si è bloccato, era immobile, incantato. Per un attimo ho pensato che avesse smesso di respirare- disse ricordando la sua vicinanza nel momento in cui avevano aperto la porta di casa e il suo fiato che le solleticava il collo.
-sicura che stiamo parlando della stessa persona?-le chiese Lane pensando a Jess- lui è freddo, cinico, non mostra i suoi sentimenti, sempre sia capace di provarne.
-tu non lo conosci come---
-come lo conosci tu- l'interruppe-Lo so, me l'hai ripetuto fino all'esaurimento e forse è anche per questo motivo che quella ad esserne innamorata non sono io, ma tu.
-io non...
-non negare. Hai detto a tutti che tra te e Matt è finita, ma Jess è l'unico ad esserne ancora allo scuro e mi chiedo come sia possibile che a nessuno sia ancora sfuggito nulla su questa storia. Sai perchè non gli hai ancora parlato? Perchè hai paura che lui provi gli stessi sentimenti che hai tu nei suoi confronti e che possiate darvi un'altra possibilità. Hai paura che non funzioni e che ti faccia soffrire di nuovo.
-hai parlato con mia madre?- le chiese riconoscendo il senso delle parole che Lorelai le diceva da mesi.
-No, ma entrambe ti conosciamo bene.
-ti sbagli, Lane. Io non ho paura di soffrire, almeno non del tutto. Ho paura che possa funzionare e che duri per sempre, perchè non ho mai provato per nessuno qualcosa del genere, nemmeno con Matt. È una sensazione nuova, è qualcosa che potrebbe essere definitivo: mi vedo tra cinquant'anni, vecchia e acciaccata, però al suo fianco e ancora innamorata di lui. Fa paura. Jess è...
-va da lui- la esortò sorridendo, perchè era veramente cotta e quella situazione in sospeso non l'avrebbe mai aiutata a capire come stavano veramente le cose -e digli di Matt.
-e poi?
-e poi staremo a vedere. Dagli la possibilità di scegliere e decidere. Se continuerai a fingerti ancora fidanzata con Matt lui si guarderà intorno e rischi di perderlo per sempre.
Rory rimase in silenzio per alcuni secondi soppesando le conseguenze delle sue azioni. Lane aspettava una risposta definitiva e sperava nel meglio: non voleva che anche lei perdesse il suo "Dave", anche se ora era felice con un altro; la sofferenza che aveva provato prima di Henry era troppo dolorosa e abbattente.
-allora- disse sospirando fissandola con i suoi occhi blu non del tutto sicuri di ciò che stava dicendo -Lunedì gli parlerò.

Alzò gli occhi verso la finestra: il sole si stava alzando e la settimana era al suo primo giorno. Non aveva chiuso occhio pensando e ripensando a come dirgli di avergli nascosto la verità per più di due mesi, ma più quella storia andava avanti più la situazione peggiorava. Buttò all'aria le coperte con un energico calcio e scese dal letto: avrebbe parlato con Jess quella mattina stessa.
Era ora di iniziare a giocare.

Varcò la soglia che odorava ancora di pittura fresca e camminò con passo deciso lungo il corridoio che l'avrebbe portata all'ufficio del responsabile. La vita della casa editrice era estremamente frenetica: c'erano decine di persone occupate al telefono, al computer, con altre persone e in un certo senso le ricordava lo stesso trambusto della sua redazione.
-il signor Mariano ha detto che deve essere mandato in stampa entro domani- sentì dire da un ragazzo poco distante da lei.
Signor Mariano pensò faticando per trattenersi dal ridere. Ma lì dentro era ammirato, rispettato, ubbidito; era la persona più importante e i dipendenti si riferivano a lui con la dovuta riverenza. Conoscendo Jess si aspettava un atteggiamento diverso, credeva che si sarebbe fatto chiamare per nome da chiunque, ma evidentemente aveva deciso diversamente. Poi le venne un dubbio: e se avesse imposto quella riverenza per prendersi gioco di loro? Sarebbe stato nel suo stile.
Ignorò gli sguardi languidi di un paio di fattorini e le occhiatacce di alcune ragazze che l'avevano vista avvicinarsi alla porta del 'capo'. Con la coda dell'occhio si accorse di Juan e decise che si sarebbe fermata a salutarlo più tardi: ora aveva una missione da portare a termine e non poteva farsi distrarre da nulla o da nessuno. Finalmente vide la scrivania di quella che doveva essere la segretaria di Jess: era una ragazza, probabilmente della sua età, e troppo carina.
Ci mancava solo gelosia, si rimproverò avvicinandosi con un fittizio sorriso a quaranta quattro denti. Ma la prova del nove è vicina.La ragazza alzò gli occhi dall'agenda fitta d'impegni e, continuando a parlare la telefono, le fece cenno con la mano di aspettare. Rimase immobile davanti a lei mentre la porta scura alla sua destra restava chiusa. Sentì il panico scendere fino alle gambe che improvvisamente persero la loro stabilità: doveva dirglielo, ma non era certa di poterlo fare in quel momento. I suoi buoni propositi svanirono del tutto quando ripensò a Kate che si era addirittura presentata alla sua porta nonostante vivesse dall'altra parte degli USA: come poteva competere con un gesto d'amore di quella portata, lei che da due mesi evitava accuratamente di dire quella breve frase che avrebbe messo in chiaro moltissime cose? Se non era capace di essere onesta, cos'altro poteva offrirgli?
Incontrerai un ragazzo splendido, le aveva detto Lorelai quando aveva solo sedici anni e una cotta per Dean, ti sentirai la testa annebbiata e non saprai più che fare di te.Era proprio così che si sentiva e odiava quella sensazione: voleva avere le cose sotto controllo, non essere in balia degli avvenimenti.
-che cosa desidera?
La voce della segretaria la risvegliò e guardando nei suoi occhioni scuri e brillanti le venne la voglia di prenderla a calci: era ufficialmente gelosa della persona con cui Jess era a più stretto contatto in quel luogo e con la quale probabilmente aveva molta confidenza.
-sono qui per vedere Jess... Mariano, il signor Mariano- disse sorridendo perchè non ne riusciva a farne a meno data l'ilarità della cosa: chiamarlo così l'avrebbe fatta morire dalle risate prima o poi.
-ha un appuntamento?- le chiese la ragazza iniziando a scorrere la suddetta agenda.
-No, io sono...
-se non ha un appuntamento posso prendergliene uno- continuò.
-veramente io...
-il signor Mariano è molto occupato, non ha tempo ora. Mi dica il suo nome e la sua disponibilità.
Rory sorrise: tutti la conoscevano per via della sua fama come giornalista e quella era la sua occasione di rivalsa sulla segretaria troppo zelante.
-Sono Lorelai Gilmore. Devo parlare col signor Mariano in merito ad un'intervista per il New York Times: lo conosce vero?- disse con sicurezza e un tono di lieve superiorità che non era riuscita a trattenere.
La vide impallidire: -Lorelai Gilmore?- le chiese sgranando gli occhi -io non so se.. attenda solo un attimo, per favore.
Era diventata piccola piccola e un po' le dispiaceva aver esagerato in quel modo, ma era stressata e non aveva bisogno di ulteriori problemi; la ragazza si era alzata dalla sua sedia ed era corsa nell'ufficio. Sentì dei sussurri, poi il rumore di passi e vide la testa di Jess fare capolino dalla porta.
-Rory?- disse sorpreso di vederla per la prima volta sul suo luogo di lavoro.
-Ciao, Jess. Hai un paio di minuti?
Lui aprì la porta per farla entrare mentre la segretaria usciva mesta per la pessima figura fatta. Respirò a fondo cercando un punto da cui far partire quella conversazione.
-carina- affermò di punto in bianco -è anche brava?
-non quanto Claire, ma è solo all'inizio: migliorerà- le rispose facendole cenno di sedersi mentre lui si appoggiava alla sua scrivania ancora sconcertato da quell'improvvisata.
Capiva il suo essere sorpreso perché si era fatta negare per ben una settimana senza un motivo apparente e poi era piombata lì in quel modo inaspettato: era normale che fosse confuso.
-come mai da queste parti?
-non ci vediamo da un po' quindi... volevo dire... no, sapere... come va?
Da dove era saltata fuori quella domanda così stupida? Si sarebbe presa a schiaffi da sola, ma cercò di mantenere il contegno per non sfigurare davanti a lui.
-bene- le disse con incertezza mentre la studiava provando a capire cosa non andava in lei; -e tu?
-bene. Sono stata da Lane.
-è quello che hai lasciato detto in segreteria. E lei sta bene?
-certo, è innamorata.
-oh. ok.
Perchè quella conversazione diventava sempre più stupida? Non era più una ragazzina e allora perchè non c'era verso di parlargli sinceramente? Probabilmente le stava dando dell'idiota, rideva di lei.
-beh, appurato che stiamo tutti bene e che Lane è innamorata... -iniziò Jess, ma lei lo interruppe senza rendersene conto, perchè la lingua aveva agito più velocemente del cervello: -e così quella era Kate.
La sua espressione non le sfuggì e cerco di leggervi qualcosa -qualunque cosa- che potesse chiarirle le idee sui fatti di quella sera e la desse la speranza e la forza di cui aveva bisogno per continuare, ma oltre la sorpresa non c'era niente. Le rispose affermativamente e Rory aspettò che aggiungesse qualche altra informazione, ma Jess si era subito chiuso ermeticamente e non le confidò nulla. Lo odiava quando si comportava in quel modo, come se lei fosse una persona qualunque della quale non poteva fidarsi. Non le piaceva obbligarlo a parlare, ma si vedeva costretta a farlo: stava per chiedergli cosa era successo quando quella stupida segretaria bussò alla porta interrompendoli per comunicare al signor Mariano che l'appuntamento delle 10.00 era arrivato.
-scusa- le disse anche se il suo viso non lasciava trasparire il minimo dispiacere, piuttosto lei ci vide un certo sollievo – il lavoro chiama.
Cercò di sorridere, ma non era certa di essere risultata credibile soprattutto quando, dopo avergli chiesto se gli andava di noleggiare un film insieme per quella sera, lui le rispose che Janet gli aveva organizzato l'ennesimo appuntamento al buio con una ragazza, Lindsay, che apparentemente era in classe con loro alle superiori. Ironico come lei stesse facendo l'impossibile per riuscire a recuperare il terreno comune su cui si erano sempre trovati per potergli finalmente parlare di ciò che le stava accadendo mentre lui pensava ad uscire con la Barbie di turno.
-non ho idea di chi sia, ma a quanto pare si ricorda di me e le farebbe piacere incontrarmi. Sarà per un'altra volta- le disse mentre lei usciva di fretta dall'ufficio senza nemmeno sentirlo mentre la salutava.
Era arrabbiata, ma non con lui. Era arrabbiata con se stessa perchè anziché chiedergli come stava avrebbe dovuto dirgli la cosa che l'aveva portata da lui quella mattina, poche e semplici parole: ho lasciato Matt.

Poteva passarci sopra quando erano Sasha o Jimmy o Sean a tempestarlo di domande su ciò che accadeva con Kate. Si erano sempre intromessi in quella storia in un modo o nell'altro e dargli delle spiegazioni rientrava ormai nell norma. Senza contare che sapeva perfettamente come gestirli, cosa rivelargli e come metterli a tacere se il discorso prendeva una piega troppo personale.
Ma Rory no.
Non aveva mai parlato con lei di altre ragazze: ricordava che persino al liceo, quando stavano insieme, non gli aveva chiesto nemmeno una volta di Shane o di qualuque altro essere di sesso femminile col quale aveva avuto una relazione. Dopo la sera del ringraziamento lo aveva evitato in tutti i modi per un'intera settimana e lui aveva passato giorni a chiedersi perchè senza trovare una ragione che non includesse la presenza di Kate e la gelosia nei suoi confronti. Ma era un'ipotesi che si era visto costretto a scartare perchè c'era Matt e perchè non poteva essere possibile.
E' assurdo
dice la ragione
...
E' impossibile
dice l'esperienza

Le parole di Fried studiate durante un corso di letteratura contemporanea europea, nello specifico tedesca, gli tornarono in mente all'improvviso e cercò di dimenticarle prima che gli ultimi versi continuassero a ripetersi, ma fu un tentativo vano perchè la voce bassa del suo professore li recitò con enfasi rassegnata nella sua memoria:
E' quel che è
dice l'amore

Si fermò davanti allo specchio per mettersi in ordine -o in disordine- i capelli, mentre Juan tornava nella camera con una bottiglia di birra tra le mani. Non bastavano i continui appuntamenti che Janet si ostinava ad organizzare... ora ci si metteva anche a lui nel ruolo di controllore: la fidanzata lo aveva mandato a casa sua per accertarsi che si presentasse decentemente al ristorante che lei stessa si era presa la briga di prenotare.
-Janet sarebbe orgogliosa di te- disse Juan bevendo un sorso della bionda fredda di frigo; -se non fossi un uomo etero ti chiederei di uscire con me.
-ti diverti a prendermi in giro, eh?- chiese disgustato dall'occhiolino che gli aveva visto fare nel riflesso dello specchio.
-non fare quella faccia, Jess. Stai per uscire con una bomba sexy: cerca di mostrarti un po' più felice di vederla o stasera tornerai a casa da solo a dormire da solo nel tuo letto, esattamente come tutte le altre notti della tua vita da quando sei a New York.
-Non ho dormito sempre da solo- gli ricordò lottando col colletto della camicia che non voleva stare nella posizione giusta.
-Janet ti ha procurato decine di ragazze e sei uscito due volte di seguito con la stessa solo in un paio di occasioni!
-Sì, e la seconda volta abbiamo fatto ginnastica sul letto su cui ti sei seduto- dichiarò con naturalezza trattenendo un sorriso nel vedere l'amico che si alzava in fretta dal materasso per cercare un'altra collocazione.
-Ok, ma non si è mai trattato di nulla che potesse fare pensare a qualcosa di serio. Il tuo problema è che a parte quella Kate di cui mi hai parlato, e che non nominerò mai più per il resto della mia vita, non c'è nessuna che ti spinga anche solo a pensare di iniziare una vera relazione.
-è un discorso che tu e "la tua dolce metà" mi avete già fatto- disse enfatizzando le parole rivolte a Janet abbandonando lo specchio e iniziando a cercare il portafoglio -non ti stanchi mai di ripetere le stesse cose?
-Mai. E lasciami dire che l'unica con la quale hai un qualche tipo di rapporto è Rory.
-lasciala fuori Juan.
-conosco te- lo ignorò -e ho imparato a conoscere lei e a mio parere tra di voi c'è qualcosa: chiamalo amore, affetto o solo attrazione... ma qualcosa esiste. E poi ci sono volte in cui in lei vedo quell'aria innamorata...
-sì, del suo fidanzato.
-non tirare di nuovo fuori la storia del findazato, Jess. Sei stato proprio tu a dire che ultimamente c'è qualcosa di strano tra loro: forse è il tuo momento.
-è il momento di piantarla di fantasticare. Siamo solo amici.
-è ciò che continui a dire, ma io non ti credo.
-Ah, grazie. È bello sapere che un mio amico non ha alcuna fiducia in me.
-nemmeno tu credi a quello che dici, perchè dovrei farlo io? Jess, i fatti parlano chiaro: non stai insieme alla donna che praticamente avresti sposato, sei qui, a New york, esci ogni sera con una ragazza diversa senza sceglierne una fissa e proclami di essere amico di una persona che è stata molto importante per te, il tuo primo amore, che rispetti, ammiri e con la quale passi più tempo possibile. Senza contare che per lei venderesti l'anima al diavolo.
-già fatto. E non ha funzionato.
-sono serio per una volta, carajo*! Puoi esserlo anche tu?
-mai stato più serio.
-vuoi continuare a fare finta di niente?- gli chiese mentre involontariamente si avvicinava nuovamente al letto di Jess e stava per sedercisi sopra; -fà come ti pare, ma io ti ho detto cosa penso. È inutile cercare distrazioni se pensi ad un'altra.
-l'ho sempre trovato un metodo niente male.
-è uno schifo- confessò Juan in piedi, al centro della stanza- C'è stato un periodo in cui io e Jen avevamo rotto...
-sul serio?
-già. L'avevo fatta grossa e lei mi aveva scaricato. Continuavo a dire di non aver bisogno di lei, che potevo trovarne a centinaia là fuori e in effetti è stato così, ma nessuna reggeva il confronto. È stato un errore e potevo pagarlo caro.
Jess interruppe per un istante la sua ricerca: era la prima volta da quando era tornato a New York che Juan si inoltrava in un discorso di quella serietà mentre era ancora lucido e soprattutto lo stupì quanto fosse intimo e la situazione lo fece sentire in imbarazzo. Quelli erano tipi di conversazione che aveva avuto solo con Sean e ascoltarli da qualcun altro gli procurava un po' di disagio. Ma il suo amico era serio e se si stava aprendo con lui in quel modo era perchè voleva aiutarlo a non prendere una decisione di cui in futuro si sarebbe potuto pentire.
-Jen non ha voluto saperne di me per settimane e quando ha finalmente deciso di concedermi una possibilità non è stato facile riconquistare la sua fiducia. Stavo per perdere l'unica cosa buona che avevo a New York.
-ma si è tutto sistemato, no?
-Jess, se pensi che Rory non sia importante, stasera esci e divertiti. Ma se hai il minimo dubbio che tra voi possa ancora esserci qualcosa... faglielo sapere.
Diede un'occhiata all'orologio che segnava le otto: era ora di andare dal suo appuntamento della serata.
-sai, non ho proprio voglia di vedere quella Lindsay.
-Kimberly- lo corresse Juan sorridendo della scarsa importanza che Jess dava a tutte quelle ragazze che la sua fidanzata si affannava a cercargli; -puoi sempre disdire, anche se farlo ora sarebbe da gran cafone.
Considerò seriamente la sua proposta: poteva dirle di aver avuto un problema con l'auto o magari che si era ammalato improvvisametne e che avrebbero rimandato ad una data da definire e che, da porte sua, poteva restare ignota ad entrambi per l'eternità. Lasciò cadere lo sguardo sul telefono che giaceva innocuo sul tavolino di fianco al letto mentre cercava di capire quale era la scelta più giusta da fare: essere o non essere? Chiamare o andare?
Fece cenno a Juan di uscire dalla stanza e senza pensarci due volte si mise la giacca e seguì l'amico fuori dall'appartamento.

*non ho mai studiato il latino e mio fratello in questa materia credo che abbia la media del 4 quindi... se la citazione è sbagliata, scusate, comunque il senso si è capito, no?
*Carajo: cazzo.
Lo so, ogni tanto sono un po' volgare, ma come posso censurare sempre tipi come Jess o Juan?
A chi interessa, l'intera poesia di Fried è questa:
E' quel che è

E' assurdo
dice la ragione
E' quel che è
dice l'amore

E' infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
E' vano
dice il giudizio
E' quel che è
dice l'amore

E' ridicolo
dice l'orgoglio
E' avventato
dice la prudenza
E' impossibile
dice l'esperienza
E' quel che è
dice l'amore


volete che ve la scriva in tedesco? No, non credo...
 
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Elena_R
view post Posted on 17/4/2005, 20:35




surprise, surprise!

Capitolo ventiquattro

Al lavoro aveva concluso poco e niente, le gaffes si erano moltiplicate di minuto in minuto e si era vista costretta a tornare a casa prima per non combinare altri casini. Non aveva smesso nemmeno per un attimo di pensare a Jess e al suo atteggiamento di quella mattina. Lo aveva sentito distante e disinteressato e l'idea che Kate fosse la causa le faceva ribollire il sangue nelle vene.
Dopo essere uscita dalla redazione aveva vagabondato per New York, guardato vetrine, osservato i turisti che fotografavano ogni angolo della città per averne un ricordo; aveva preso la metropolitana ed era arrivata a Central Park che nonostante il vento gelido brulicava di persone. Aveva pensato che l'aria fredda e un po' di moto l'avrebbero aiutata a calmarsi, ma non aveva funzionato. Ciò che più la irritava era il fatto di non aver nessun diritto di essere gelosa. Aveva fatto tutto da sola: si era riavvicinata a Jess, gli aveva ingenuamente proposto di essere amici non completamente aspettandosi di poter riavere il vecchiorapporto, ma la vecchia sintonia era riapparsa. Si erano sentiti per telefono per mesi e ora vivevano nella stessa città a pochi chilometri di distanza. Non lo aveva saputo fin da subito, ma per Jess aveva rotto il suo fidanzamento con Matt. Aveva compiuto ogni singola azione con la speranza di riavvicinarsi a lui ed era successo! Ma in realtà c'era più di quella bellissima amicizia, le ci erano volute Lane e Lorelai e mesi di tormenti per rendersene conto.
Dopo essersi seduta a gambe incrociate sul divano ed essersi coperta col pile psichedelico che sua madre le aveva regalato, iniziò quella che sarebbe stata sicuramente una lunghissima e noiosissima serata all'insegna di zapping improduttivo e gelato al cioccolato: la cura migliore contro la depressione da delusione sentimentale, ma doveva esserci una cospirazione contro di lei perchè oltre alla pubblicità e a stupidi programmi non c'era nulla da guardare. Spense la televisione e all'improvviso la casa cadde nel silenzio: si sentiva il rumore delle auto che passavano lungo la strada, la radio a tutto volume della sorda vicina ottantenne e, in lontananza, qualcuno che stava suonando il sax. Le note arrivavano deboli alle sue orecchie e la confusione che proveniva dalla strada non le facilitava il compito di ascoltarla con attenzione, ma era una melodia malinconica e si confaceva perfettamente al suo stato d'animo.
Guardandosi intorno, e assicurandosi che il gelato non lasciasse mai la sua bocca sguarnita, notò l'ultimo libro che le aveva dato Jess, quello dello scrittore che avrebbe intervistato. Purtroppo non sapeva nulla di lui oltre al sesso -maschile- e la provenienza -New York. Non le aveva svelato nulla e non aveva idea di chi sarebe stata la persona che si sarebbe trovata davanti: doveva inventarsi un'intervista basandosi su due romanzi e la prima impressione. Era una buona giornalista, ma come poteva lavorare seriamente senza un contesto a cui fare riferimento? A volte si chiedeva perchè Jess si ostinava a tenere quel ragazzo, o uomo, così segreto e riusciva solo ad imputare al suo stato mentale sicuramente anormale la sua ostinazione.
Jess. Jess... Sempre Jess. Ormai era un chiodo fisso e forse la pazza era lei. Come aveva fatto a non accorgersi che lentamente le stava scivolando di nuovo sottopelle?
Probabilmente in quel momento era con una delle solite bellone mozzafiato a divertirsi mentre lei se ne stava in pigiama, da sola, anzi in compagnia del gelato. Era ufficialmente patetica.
Riprendendo le redini del suo orgoglio afferrò con prepotenza libro e blocco di appunti per distrarsi e cercare di mettere insieme qualche domanda non troppo banale, ma che cosa poteva chiedere all'uomo del mistero? Iniziò ad immaginarselo: era un vecchio che aveva scritto in quei libri le memorie della sua gioventù attualizzandole ai tempi moderni; oppure era un ragazzo brutto e grasso che si era inventato tutto di sana pianta o che aveva tradotto in parole i suoi desideri sentimentali o la vita che avrebbe voluto vivere: eccitante e imprevedibile, anzichè noiosa e passata a vegetare davanti alla televisione. O forse era un bellissimo ragazzo che aveva avuto un enorme successo con le donne e che però, in seguito ad un incidente, aveva il volto sfigurato ed era stato relegato ai margini della società e sofferto per l'unica che aveva amato e che ora non gli rivolgeva più nemmeno la parola. Magari era una persona normale con un nome stupido e il primo che le venne in mente fu Pip*. Sorrise tra sè e sè, ma fece un balzo dalla sua comoda posizione sul divano quando qualcuno suonò alla porta di casa.
Diede una rapida occhiata al cielo e lo vide scuro: se l'orologio non avesse segnato le nove avrebbe pensato che fosse notte fonda. Lane era a Seattle per lavoro e non avrebbe potuto farle un'improvvisata, Jess era fuori con la sua Barbie, le sue amiche erano impegante con fidanzati e mariti vari: chi poteva essere? Camminando verso l'ingresso pensò che forse sua madre aveva deciso di venire a New York e farle una sorpresa, ma la sorpresa la ebbe lei quando vide di chi si trattava: -Jess?
-ciao- rispose entrando mentre con una mano teneva in equilibrio un cartone di pizza e con l'altra stringeva due birre. Non passarono inosservati i vestiti da conquistatore che indossava e si morse il labbro pensando quanto fosse carino quella sera.
-che ci fai qui? Pensavo che dovessi uscire con Lindsay, la tua compagna di classe.
-Lindsay?- le chiese appoggiando tutto sul tavolino davanti al televisore -ah, vuoi dire Kimberly.
-stamattina hai parlato di Lindsay. Ha cambiato nome?
-no, mi sono solo sbagliato. Juan mi ha ricordato che il suo nome era un altro.
-e allora?
Cancellò i numeri dal display per la decima volta in cinque minuti. Era sotto casa sua ma non se la sentiva di dirle di scendere. Fece un profondo respiro e digitò nuovamente la combinazione di cifre che ormai aveva imparato a memoria e inviò la chiamata.
-Pronto?
-Kimberly? Ciao, sono Jess.
-ah, Jess. Ciao! Sono quasi pronta, tu hai dei problemi a trovare casa mia?
-no, a dire la verità...- si interruppe pensando alla balla madornale che stava per propinarle e sentendosi in colpa, perchè la voce di quella ragazza sembrava impaziente, eccitata di rivederlo- purtroppo mi sono beccato un virus e non mi sento bene.
-oh, mi dispiace tantissimo. Hai bisogno di qualcosa? Se vuoi posso venire da te...
-no, non preoccuparti e poi il medico mi ha detto che è contagioso. Non vorrei che...
-capisco. Beh, allora sarà per un'altra volta.
-certo, un'altra volta. Ti farò sapere, ok?
-Ok. Mi raccomando, rimettiti in sesto. Ciao, Jess.
-ciao.
Chiuse la comunicazione e si appoggiò allo schienale dell'auto: si sentiva esausto e non si era accorto di avere il fiato corto.

-allora si è ammalata, quindi non usciamo- mentì. Aveva pensato per tutto il tragitto fino a casa sua a come giustificare l'annullamento dell'appuntamento, ma la sua mente era troppo stanca per pensare a qualcosa da dirle, così le aveva scaricato la stessa scusante usata per Kimberly. Che classe... ma non poteva dirle che non aveva voglia di svagarsi con un diversivo e che preferiva passare un paio d'ore con lei; -cosa stavi facendo?- le chiese notando i fogli e i libri sparsi sul divano perdendosi il sorriso che si era dipinto sul viso di Rory mentre le parlava della buca che teoricamente la Barbie gli aveva dato.
-lavoravo. Beh, ci provavo.
-stacanovista. Se non ci fossi io a distrarti tu vivresti solo ed esclusivamente per il Times- la prese in giro.
-in tv non c'era niente.
-e il film?- quella mattina aveva parlato di noleggiarne uno, ma evidentemente aveva cambiato idea.
-Non l'ho preso: è deprimente guardarne uno da sola- protestò mentre lui sorrideva soddisfatto e sfilava dalla tasca dei pantaloni una videocassetta.
-casualmente mi sono fermato in videoteca, oltre che in pizzeria, e ho preso questo- disse mostrandole il titolo sulla custodia mentre infilava il vhs nel videoregistratore.
-oh, no! Almost famous?!
-sapevo che ne saresti stata entusiasta- le confidò sedendosi comodamente sul divano.
Rory sorrise e lo imitò realizzando che sì, se non ci fosse lui tutto sarebbe davvero diverso.

Ormai la conosceva meglio di chiunque e sapeva perfettamente che dietro la sua facciata calma si stava struggendo per decidere se agguantare o no l'ultimo pezzo di pizza rimasto nel cartone. Spostava lo sguardo dalle ultime scene del film sullo schermo al tavolino dove quel gustoso triangolino giaceva solitario in attesa che qualcuno lo reclamasse, poi tornava alla televisione con un'aria dispiaciuta.
-La vuoi?- le chiese sorridendo di fronte alla sua indecisione. In cambio ricevette un'occhiata disgustata e le parole "è fredda". Ci pensò su è tutto fu immediatamente più chiaro: stava aspettando che si offrisse volontariamente di scaldarglilela, ma Jess non era nato ieri e non aveva alcuna voglia di alzarsi da quel divano che aveva ora la forma del suo corpo.
-hai un microonde- le ricordò cercando di mettere in chiaro che non sarebbe stato lui a fare tutto il lavoro sporco per il suo piacere.
-sono stanca e la cucina è così lontana...-rispose drammaticamente.
-il tuo appartamento è un buco: se allunghi la braccia puoi lavare i piatti che sono nel lavandino e contemporaneamente spolverare i mobili della tua camera che sono nella direzione opposta della cucina.
-Hey!- gridò dandogli un pugno sul braccio che gli fece a malapena il solletico- non è così piccolo!
-ok, ma l'iperbole ha reso l'idea, non credi?
-Beh, non posso permettermi ancora un attico, ma questa casa mi piace e non la cambierei per nulla al mondo. Mi è mancata tantissimo nei mesi che ho passato a Parigi e ora l'adoro più di prima.
E le credeva, perchè l'appartamento era suo, pagato con i soldi che era lei a guadagnare, non con quelli di un prestito dei nonni o di Lorelai. Finalmente anche Rory aveva assaporato l'indipendenza e il gusto che sentiva sulla lingua doveva piacerle.
-e comunque, Mister- continuò -le tue idee fanno schifo. A cominciare da quelle che ti vengono quando devi prendere un film: Almost Famous? Bleah!
-oh, e sentiamo invece cosa avresti scelto tu- la sfidò sapendo già a quale genere di commedia avrebbe fatto riferimento.
-mmm... Dirty Dancing?
-ah, Nessuno può mettere Baby in un angolo: sdolcinato!
-romantico- ribattè, come se il concetto dovesse suonargli diverso con un altro aggettivo.
-melenso.
-è passionale- gli disse di nuovo, stavolta voltando le spalle alla televisione e rivolgendogli tutta la sua attenzione: quella sfida diventava una cosa seria e a lui non dispiaceva giocare, soprattutto se la sfidante era lei. Forse Rory non sapeva che la passione, quella vera, era quella che vedeva nei suoi occhi, quella che leggeva sul New York Times nei suoi articoli o quella che scaturiva dalla sua voce ogni volta che discutevano di qualcosa, qualunque cosa. La passione era lei, non un film da quattro soldi su amore a balletti improvvisati.
-è stupido- le disse cercando di annullare la sua precedente affermazione a conferma della sua teoria, ma lei sembrava non capire, perchè gli disse che quella di Johnny e Baby era una bellissima storia d'amore.
-Bleah- fu l'unico suono che uscì dalla sua bocca mentre i vari fotogrammi di Dirty Dancing si riproducevano nella sua mente: lo conosceva benissimo perchè da ragazzi Rory glielo aveva proprinato diverse volte. Intenti a dedicarsi ad altre attività avevano prestato poca attenzione ai personaggi e alla storia, ma i rumori di sottofondo e i dialoghi erano stati registrati ugualmente dal suo cervello ed era capace di citare diverse battute a memoria. Non che ne andasse fiero, era chiaro.
-Sei cinico- gli rispose dopo alcuni attimi passati in silenzio -Johnny e Baby si amano!
-Sono troppo diversi, Rory. Nella vita reale la loro relazione che non potrebbe mai durare.
-stai dicendo che i famosi opposti non possono innamorarsi?
-Sto dicendo che possono innamorarsi e mettersi insieme, ma poi si lasciano. Avanti, Baby è una brava ragazza che vive il suo momento di ribellione quando conosce il James Dean della situazione. É la figlia modello, intelligente, studiosa, altruista, che vuole fare grandi cose e che incontra il cattivo ragazzo, quello dei bassifondi, infelice, che non ha avuto nulla dalla vita, squattrinato e che per fare un po' di soldi passa il tempo con tipe come quella "vedova bianca". Nel mondo reale, il nostro mondo, Baby lo avrebbe evitato come la peste, anzi forse non l'avrebbe mai incontrato. Da parte sua Johnny l'avrebbe vista, giudicata e riso di lei con gli amici mentre si tracannava la birra meno costosa comprata, o addirittura rubata, al supermercato.
-Credo che ti sbagli- disse Rory e nella sua risposta non potè non notare una piccola esitazione, come se non fosse davvero certa di ciò che stava per dirgli -io... ero innamorata di te. Davvero.
Jess deglutì a fatica l'immaginaria saliva che avrebbe dovuto occupare la sua bocca completamente secca. Pensare per anni alla sua voce metallica che aveva attraversato in largo gli Stati Uniti mentre trattenendo le lacrime gli diceva che forse era innamorata di lui era stato un modo più o meno masochista di ferirsi da solo per espiare la colpa di non essersi mai comportato diversamente con lei. Esserle seduto di fianco, sentire le sue gambe contro i propri jeans, il suo profumo filtrargli le narici e ascoltare quella confessione d'uno amore passato era peggio che essere investito da un autotreno in corsa: non sapeva se era vivo o morto, se ciò che stava sentendo era davvero lei o la sua immaginazione. Si sentiva stordito e quella era una sensazione che riusciva a dargli solo lei; a volte aveva cercato di odiarla per quel suo essere unica rispetto a tutte le altre.
Distolse lo sguardo dai suoi occhi blu che lo attraevano come una calamita al ferro e fissò un punto lontano sopra le sue orecchie: se quella che gli aveva appena detto era la verità, se davvero era stata innamorata di lui e se ora lo stava ammettendo significava che erano veramente passati al livello di migliori amici o quasi, e tra loro non c'era più nemmeno la speranza che potesse accadere altro. Respirò l'aria aromatizzata alla pizza e all'essenza di vaniglia del suo bagnoschiuma e tornò a guardarla negli occhi, pronto a farle capire che ci stava: erano amici sul serio da quel momento, qualunque cosa questo comportasse.
-e hai visto anche tu com'è finita- le disse sapendo che d'ora in avanti avrebbe dovuto essere sincero almeno al novantanove per cento con lei- questo conferma la mia teoria, Baby. Sai, sei un po' come lei.
-romantica?- gli chiese trattenendo le lacrime per la freddezza con cui aveva pronunciato quelle parole sulla loro storia, come se non gli importasse e avesse ridotto gli esiti della loro seppur breve relazione adolescenziale ad una statistica da usare a conferma delle sue ciniche teorie.
-ingenua-specificò incerto se fosse arrabbiata, triste o pronta a scherzare come sempre.
-E tu assomigli un po' a Johnny-gli disse sorridendo mordendosi il labbro per indirizzare la sua attenzione sul dolore piuttosto che sulle sue parole.
-Io non ballo... tantomeno ancheggio- le rispose sulla difensiva disgustato dall'idea di piroettare su un palco -e poi che razza di uomo è uno che fa il ballerino?!
-uno a cui piace ballare, no?- gli disse e nei suoi occhi rivide l'insicurezza di pochi attimi prima, quando gli aveva detto di essere stata innamorata di lui. Rory era bizzarra, lo sapeva da sempre, ma quella sera stava raggiungendo l'apoteosi della sua stranezza.
-e poi- continuò- a me Johnny piace. Mi è sempre piaciuto.
Fece fatica a respirare cogliendo in quella frase un doppiosenso che non avrebbe potuto concedersi. Forse sarebbe stato meglio uscire con quella Lindsay o Kimberly o qualunque fosse il suo nome: avrebbe evitato una serata delle verità con Rory e avrebbe fatto un passo avanti, forse, per allontanarsi da lei. Ma sembrava ormai esserne diventato incapace, era totalmente nelle sue mani; se avesse voluto, quella donna avrebbe potuto usare il suo corpo come uno zerbino e la prova lampante era stata proprio la sua decisione di andare da lei dopo averla trattata freddamente quella stessa mattina per vedere come stava e farle capire che tra loro andava tutto bene, che un paio di messaggi in segreteria e il loro evitarsi per un'intera settimana non avevano significato nulla, almeno da parte sua. E in fondo Baby non era così male.
Tornò a voltarsi verso lo schermo e nel frattempo addentò l'ultimo pezzo di pizza ormai gelido senza fare caso a quanto facesse schifo, completamente perso nei suoi pensieri e nel sentire la voce di quell'angelo ripetere ancora e ancora e ancora che quel ballerino le piaceva. Sorrise senza rendersene conto.
Rory seguì con attenzione ogni suo movimento e riprese anch'ella a guardare Almost Famous, ma con la coda dell'occhio vide accadere un fatto molto strano: Jess sorrideva, forse ripensando con piacere alle sue parole o forse credendola una stupida: non le importava, perchè lo faceva per lei e non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta.

-devi essere caduto dal seggiolone quando eri bambino- disse Rory con la bocca piena di gelato. I titoli di coda erano sullo schermo e lei stava festeggiando la fine di quella tortura rimpilzandosi del cioccolato che aveva abbandonato poche ore prima per dare la precedenza alla pizza.
-e a te deve essere successa la stessa cosa: ci saranno a malapena tre o quattro gradi fuori -le rispose guardandola scioccato - e tu mangi quella roba?
-la differenza tra noi è proprio questa: tu hai battutto la testa, invece io sono stata allevata da Lorelai Gilmore.
-e questo spiega ovviamente tutto. Comunque non credo che riuscirò mai a comprendere pienamente il tuo disprezzo nei confronti di Hemingway. È assurdo.
-esatto!-gridò raggiante alzando in aria il cucchiaio ed enfatizzando la solennità dell'affermazione che stava seguendo -È assurdo! Tutto quello che scrive non ha senso e infatti è ottimo per dormire quando si soffre d'insonnia. Tu ti sforzi cercando di capire cosa vuole dirti quel vecchio? Perfetto! In questo modo ti stanchi e finisce che ti addormenti.
-travisi le mie parole, non ti sopporto quando lo fai. È questo che ti hanno insegnato a Yale? -le chiese strappandole dalle mani il cucchiaio per concedersi a sua volta un po' di gelato, noncurante dell'istinto omicida che aveva risvegliato in lei con quel gesto -Era nel corso di Brucia Hemingway e tutto ciò che gli somiglia senza pagarne le conseguenze oppure Come confondere le persone con opinioni diverse dalle tue?
-no, era Fai arrabbiare Jess Mariano criticando ciò che più ama. Tu non hai seguito nessun corso Anti-Rory? Ma forse ti sarebbe stato più utile Non togliere mai il cibo dalla bocca di Rory.
-Non ti ho tolto nulla- le disse mettendole davanti al naso il cartone mezzo pieno -il gelato è qui.
-e il cucchiaio?
-puoi sempre leccare, come i cani. La lingua ce l'hai, no?
Per tutta risposta gli fece la linguaccia e si riprese ciò che le apparteneva, mentre il campanello di casa suonava ancora una volta. Smisero entrambi di muoversi, ognuno in attesa che l'altro si alzasse per andare a vedere di chi si trattava.
-non apri?- le chiese dopo un paio di secondi di staticità duranti i quali si erano guardati negli occhi in attesa che uno dei due smettesse di essere serio e iniziasse a ridere perdendo così la sfida e fosse costretto a fare penitenza, che in quel caso era alzarsi e trascinarsi fino alla porta.
-non mi va di alzarmi- fu la sua scusa mugugnata appena mentre riempiva la cavità del cucchiaio con una montagna di gelato -Ti ho già detto che sono stanca?
-sì, ma questa è casa tua- le ricordò -non è educato mandare gli ospiti a fare gli onori di casa.
-sarà la vicina: soffre d'insonnia e di solito a quest'ora inizia a fare dei dolci, ma si dimentica sempre di comprare lo zucchero e così passa da me a chiederne un po' in prestito. Apri tu, così la confondi e le fai credere di aver sbagliato appartamento. Sarebbe un modo divertente per prenderti la rivincita su di me.
-a spese di una povera vecchietta?- le chiese scettico -no, grazie.
-dai, Jess? Potrei iniziare ad abbaiare- gli confidò sbattendo le ciglia e assumendo l'espressione di un cucciolo in attesa di cibo o un po' di attenzione. Sorrise per il suo infantilismo -o animalismo?- e si alzò dal divano: -Sei incredibile.
-grazie!
-e in debito con me, ricordalo- le gridò dall'ingresso prima di aprire la porta apettandosi di trovarsi davanti una vecchina dai capelli bianchi e il sorriso senza denti e vedendo al suo posto un ragazzo il cui volto, nonstante l'avesse visto una sola volta, gli era rimasto impresso nella memoria.
-Matt- gli disse allungando la mano per stringere la sua.
-Jess.
Era chiaramente sorpreso di vederlo lì, in casa di Rory e a rispondere alla sua porta, ma sembrava più che altro che volesse trapssare il suo corpo con una lancia o riempirlo di coltellate procurandogli una morte lenta e dolorosa. Nei suoi occhi verdi leggeva l'odio e la sfida e non gli restò altro che chiedersi il motivo dato che l'amicizia tra lui e la sua fidanzata non era mai stata un segreto per nessuno.
-Rory è in casa?
-certo- rispose velocemente spostandosi di lato per farlo entrare.
-no, devo solo lasciarle un paio di cose- disse indicando la scatola che fino a quel momento Jess non aveva notato- è questione di un attimo.
All'improvviso tutti i dubbi che aveva avuto negli ultimi mesi, le incertezze su Rory e Matt che aveva creduto fossero solo sue illusioni stavano diventando realtà: la prova che qualcosa era successo era lì davanti ai suoi occhi e non sapeva se sentirsi sollevato o se provare pena per quell'uomo impiedi di fronte a lui, stretto nel suo cappotto costoso e bagnato dalla pioggia che stva cadendo sulle strade. Chiamò Rory senza porre ne a Matt ne a sè altre domande, deciso ad investigare più tardi quando sarebbe rimasto solo con lei.
-è la signora Strauss?- sentì gridare dal minuscolo solottino mentre Rory si alzava dal divano e sbatteva qualcosa, un piede forse, contro le gambe del tavolino facendo una confusione incredibile. Finalmente dopo mille e una peripezie la vide spuntare da dietro la parete ancora a testa bassa mentre si guardava il piede dolorante; -... perchè se vuole lo zucchero, purtroppo credo di averlo--- -s'interruppe bruscamente vedendo che i due uomini, uno di fronte all'altro come in un duello vecchio stile, non avevano nulla delle esili sembianze della signora Strauss.
-... finito- concluse rendendosi conto che il momento che aveva evitato per mesi era arrivato -Matt.
-ciao.
-vi lascio soli- disse Jess notando con perspicacia che l'elettricità dell'aria non era diminutita con l'arrivo di Rory, anzi sembrava essere di colpo aumentata: da un momento all'altro si aspettava che dal nulla un fulmine entrasse in casa e spaccasse in due perfette metà lo spazio. Da una parte ci sarebbe stata Rory, dall'altra Matt; lui si sarebbe trovato in bilico sul precipizio, ma Matt si sarebbe accertato di spingerlo facendolo sprofondare nel vuoto in una caduta senza fine nella bocca dell'oscurità.
-cosa ci fai qui?- chiese Rory una volta che Jess era rientrato in cucina e aveva iniziato rumoreggiare con la macchina del caffè. Si sentiva in imbarazzo e impreparata perchè non era pronta a trovarsi una situazione come quella.
-ti ho chiamata in hotel a Parigi. Volevo dirti che sarei passato a casa tua per portare alcune cose che avevi lasciato da me e anche la chiave, dato che ce l'ho ancora io, ma il consierge mi ha detto che eri tornata in America prima del previsto, così ho pensato di aspettare un orario in cui ti avrei certamente trovata a casa. Sono settimane che ho questa scatola sul pavimento, ma non mi decidevo mai a passare... stasera ero a casa a fare nulla e in un raptus di coraggio ho deciso di sfidare sorte e pioggia e.. beh, eccomi qua.
-oh, grazie- gli rispose prendendo tra le mani la scatola e la chiave dell'appartamento che gli aveva dato solo pochi mesi prima di partire.
-prego. Ad ogni modo forse ho scelto il momento sbagliato per venire visto che hai compagnia.
-cosa?- disse capendo immediatamente a cosa stava pensando -Non è come credi. Io e Jess...
-siete solo amici?-rise distrattamente spazzolando via dal cappotto le gocce di pioggia con le mani.
-Lui non sa nemmeno che i siamo lasciati- disse tutto d'un fiato: quelle parole sulla sua bocca e dette proprio a lui avevano il sapore della fine; ora che era stato detto chiaramente era davvero tutto finito.
-Sono passati mesi -le ricordò -non ti aspetterai che ti creda, vero?
-Immagino che sia un tuo diritto- gli rispose: aveva ragione, era assurdo che dopo tanto non ne avesse ancora fatto parola con Jess.
-forse è meglio che me ne vada.
-Matt- lo fermò prima che le voltasse completamente le spalle -Dopo quella sera non abbiamo più parlato: non credi che forse...
-No- fu la sua risposta lapidaria -sei stata chiara a Parigi e io non sono la seconda scelta di nessuno e tantomeno amico della donna che amo. Hai fatto la tua scelta, Rory. Ora continua per la tua strada e fa' in modo che non incroci mai più la mia.
-io non vorrei che pensassi di essere stato solo un passatempo- sussurrò tenendo gli occhi bassi sperando di non piangere se non l'avesse guardato negli occhi.
-Non lo penso- la rassicurò tornando sui suoi passi e accarezzandole la guancia costringendola così ad alzare lo sguardo e incontrare il suo; -Sono sicuro che ci siamo amati, ma ora quel sentimento non è più reciproco e dopotutto nulla dura per sempre. Io non posso biasimare te o me per quello che è successo, ma Jess sì: do a lui la colpa per tutto questo e non potrai dire niente in sua difesa che mi faccia cambiare idea.
-ma lui non centra- insistette.
-Forse non direttamente, ma io credo che abbia la sua parte di colpa nella fine della nostra storia anche se, stando alle tue parole, lui non lo sa ancora.
-mi dispiace, Matt.
-Già. Addio, Rory.
Non fu capace di dire una sola parola, tantomeno di dirgli addio con la stessa facilità con cui lui l'aveva fatto. Sapeva che nulla di ciò che avevano avuto sarebbe tornato, sapeva che non si sarebbero mai più rimessi insieme, ma faceva comunque male, nonostante la loro rottura non fosse particolarmente recente. Lo guardò camminare velocemente verso le scale e sparire dietro un muro, quella volta per sempre. Respirò a fondo mentre si chiudeva la porta alle spalle ed andava in cucina da Jess; si accorse a malapena della sua presenza mentre appoggiava con cautela la scatola sul tavolo e l'apriva lentamente e con delicatezza, come se potesse rompersi.
La guardò con attenzione studiando i suoi movimenti, la sua espressione, contando i secondi che separavano un suo respiro dall'altro. Sembrava che stesse maneggiando un prezioso oggetto di cristallo e non una banale scatola di cartone; tirò fuori il contenuto, un pezzo alla volta: dei cd, un paio di magliette, una gonna, la spazzola per i capelli. Lo spazzolino da denti.
È definitivo, pensò seguendo la mano bianca e sottile che lo appoggiava sul legno esattamente di fianco alla piccola chiave di casa. Rory aveva gli occhi lucidi, ma non piangeva; si limitò a sedersi silenziosamente su una delle due sedie che potevano stare in quella piccola cucina senza occupare troppo del già limitato spazio. Le versò del caffè e le passò la tazza bollente facendo attenzione che non si bruciasse. Fu solo dopo diversi minuti passati in un silenzio troppo pesante che si azzardò ad interrompere quello stato quasi comatoso in cui era caduta chiedendole delle spiegazioni, anche se ciò che era successo era ovvio: -Matt mi era parso strano e ora tutto questo- disse gesticolando verso i vestiti -Rory, cosa sta succedendo?
Bevve un altro sorso del caffè -forte, come sapeva che piaceva a lei- e alzò gli occhi verso i suoi fissandolo intensamente e trovando finalmente la forza necessaria per dirgli tutta la verità che fino a quel momento, per paura o per altro, non era riuscita a confessargli. Non ne era certa, ma Jess sapeva già tutto, glielo poteva leggere in viso. E insieme alla sua conoscenza dei fatti vedeva anche dell'altro, una strana luce che le ricordava il timore di sentire la conferma di qualcosa che aveva già previsto: -Credo... credo di doverti parlare.

*Pip è il nome del protagonista di Grandi Speranze (Great expectations) di C. Dickens.
 
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Elena_R
view post Posted on 24/4/2005, 21:06




Capitolo venticinque

-Rory, cosa sta succedendo?
-Credo... credo di doverti parlare.
-Ok- disse appoggiandosi al ripiano della cucina per avere un sostegno: iniziava ad avere paura di ciò che stava per dirgli, nonostante i fatti parlassero molto chiaro. Il problema era che sentire la verità uscire dalla sua bocca avrebbe reso tutto reale.
-Io e Matt... ci siamo lasciati.
-mi è sembrato ovvio nel momento in cui ti ho visto entrare con quella scatola-rispose riempiendo il vuoto che aveva lasciato pentendosi però quasi immediatamente delle sue parole - Mi dispiace. Tu stai...?
-bene? Sì -gli disse spostando lo sguardo ovunque tranne che fissarlo su di lui- Non è una cosa recente, ho avuto tutto il tempo necessario per metabolizzare.
-beh, sei tornata da appena un mese... alcune settimane non sono troppe, soprattutto visto che stavate insieme da molto tempo.
-non è successo a New York- gli spiegò dopo aver appoggiato la tazza vuota sul tavolo e aver preso in mano la chiave iniziando a giocarci nervosamente.
-No?
Non sapeva se essere più sorpreso di sapere che in realtà era tutto finito molto prima di quanto avesse immaginato o se essere dispiaciuto di non averle ispirato abbastanza fiducia per confidarsi con lui.
-Ero a Parigi. Matt aveva alcuni giorni liberi ed era venuto per stare un po' con me; ma mentre lui pensava al modo migliore per chiedermi di sposarlo io cercavo le parole per dirgli che tra noi non poteva più funzionare- confessò tutto d'un fiato.
-è vero- disse ricordando il momento in cui gli aveva detto che il suo fidanzato sarebbe andato in Europa per lei -è stato nel periodo del mio trasferimento qui.
-sì, più o meno.
-e quindi tutte le volte che ti ho chiesto di lui...
-mentivo.
-Rory-fu tutto ciò che riuscì a dire. Lei non mentiva mai, non l'aveva mai fatto: perchè cominicare ora? E soprattutto perchè farlo con lui?
-scusami. Io non riuscivo a dirtelo- mugugnò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime che in pochi attimi scesero numerose lungo le sue guance arrossate.
-Hey- la rassicurò avvicinandosi e abbracciandola, perchè non aveva idea di cos'altro fare: era sempre stato una frana quando si trattava di ragazze in lacrime e dopo anni non aveva ancora idea di come comportarsi, non conosceva ancora il protocollo del perfetto consolatore -non eri obbligata a farlo, non c'è nessun problema.
Rimasero in cucina per diversi minuti senza cambiare posizione: in piedi, vicino al tavolo, con lei che piangeva tra le sue braccia continuando a scusarsi di qualcosa di cui non doveva, ma del quale evidentemente sentiva il bisogno. Jess la strinse e cercò di calmarla accarezzandole i capelli e chiedendosi che piega avrebbero preso ora le cose tra loro.
-accidenti!- disse Sean dopo aver ascoltato il racconto di alcune serate fa – quindi ci avevi visto giusto!
-a quanto pare le cose andavano molto peggio di quanto pensavo. L'aveva lasciato da mesi e non mi aveva detto nulla... non capisco ancora perchè- rispose col telefono tra la spalla e l'orecchio mentre rivoltava la scrivania alla ricerca delle bollette da pagare prima che gli staccassero acqua, elettricità e telefono. Gli ultimi giorni erano stati un sali e scendi continuo di emozioni: dopo quella sera non l'aveva più vista, anche se si erano sentiti per telefono. Gli era sembrata più tranquilla, avevano parlato del lavoro, di Lane e Henry, dell'ultima puntata dello show di Letterman. Avevano accuratamente danzato intorno all'argomento che più gli interessava, Matt, e in particolare ai motivi per cui aveva deciso di interrompere la loro relazione. Non poteva aver smesso di amarlo da un momento all'altro; non era così che funzionava Rory.
-io avrei un paio di idee-rispose Sean col tono di voce di chi la sapeva lunga. Nonstante fossero al telefono Jess lo immaginava in calzoncini e camicia hawaiana seduto alla sua scrivania, con i piedi sul tavolo e un tè ghiacciato tra le mani, mentre col suo sorriso sornione faceva grandi cenni con la testa per mostrargli la sua grande sicurezza.
-non credo di volerle sentire.
-non ti fidi più del mio intuito? -gli chiese fingendosi indignato -In passato ti è stato molto utile se non ricordo male, dovresti portargli più rispetto o uno di questi giorni si prenderà gioco di te.
-certo e ti ringrazio, ma preferirei che restassi fuori da questa storia stavolta.
-ah! Vedi! Allora c'è una storia!-gridò trionfante. Dallo Stato di New York Jess sentì un tonfo provenire dalla cornetta e si chiese se era la volta buona in cui l'avrebbero ricoverato in ospedale per una contusione alla testa. Aspettò che si ricomponesse e pensò a quanto quell'idiota gli mancasse e a quanto somigliava ad un altro demente che aveva ritrovato: -sai, tu andresti d'amore e d'accordo con Juan.
-lo credo anch'io: quando verrò a New York dovrai presentarmelo, dev'essere un tipo in gamba. Ma non cambiare discorso, Mariano-lo bacchettò- Io ti conosco bene e so perfettamente come ti senti in questo momento.
-davvero? E come mi sento?-chiese quasi trionfante dopo aver finalmente trovato ciò che cercava sotto un mucchio di inutili scartoffie che ricoprivano la scrivania.
-Il mio cuore è un palazzo profanato dalla folla; dentro ci si ubriaca, ci s'ammazza, si litiga!-citò.
-Baudelaire?-gli chiese insicuro sull'identità dell'autore, perchè non conosceva bene la poesia francese, ma quello stile era facilmente riconoscibile.
-Mi sbaglio forse? Forse quel cuore non è il tuo, ma la confusione è sicuramente quella, anche se spesso fai di tutto per nasconderlo.
-No, non ti sbagli completamente- rispose in tutta onestà ripensando a come si sentiva dentro: era come se qualcuno avesse dato una festa, invitato centinaia di persone in una casa molto piccola, si fosse fatto del casino, bevuto birra e poi dimenticato tutte le bottiglie vuote e i sacchetti di patatine sparsi sul pavimento; -Ok, sentiamo le tue idee- aggiunse rassegnato ad ascoltare per l'ennesima volta la storia in cui Rory lasciava il suo principe azzurro perchè era innamorata di lui, un povero sguattero che ora era stato elevato a cavaliere.
-Tu e lei siete stati insieme giusto? Quando ti ha rivisto al matrimonio ha ricordato il passato e col tempo, soprattutto perchè vi sentivate per telefono ed eravate tornati ad essere "amici" ha scoperto di provare ancora qualcosa per te. Non so cosa hai fatto a quella pollastrella, ma è cotta!
-l'allievo supera il maestro...- disse distrattamente controllando la posta ed evitando un infarto davanti all'esorbitante cifra che avrebbe dovuto pagare.
-può darsi. Fatto sta che Rory ha lasciato l'uomo che stava per chiederle di sposarlo solo ed esclusivamente per te.
-senti, genio-disse irritato lasciando la scrivania prima che, colto da raptus, la riducesse in pezzetti di legno perfetti per il camino che si sarebbe fatto costriure apposta per bruciarli- se mi ama come dici tu e tutto il Rory+Jess fanclub, e con questo intendo Juan e dopo l'ultimo bidone dato ad una sua amica anche Janet, perchè non mi ha parlato o non mi ha fatto capire nulla? Mi ha mentito per settimane, quando invece avrebbe potuto saltarmi addosso in qualsiasi momento o farmi una dichiarazione d'amore in grande stile.
-Non conosco bene Rory- gli disse Sean notando la voce incredibilmente minacciosa che aveva assunto in quell'ultima frase e facendo il possibile per evitare che gli chiudesse il telefono in faccia o che lo mandasse a quel paese - ma da ciò che ho sentito e visto credo che dietro quella sicurezza con cui parla e si mostra alle persone si nasconda una ragazza fragile ed indecisa. Forse aveva solo paura.
Non poteva dargli torto: Rory era sempre stata un'eterna indecisa per quanto riguardava le decisioni da prendere in campo sentimentale e Sean era stato tanto arguto da capirlo dopo solo un paio di occhiate, anche se l'aveva squadrata bene quel giorno al locale. Forse troppo bene. Ma si conoscevano praticamente da una vita quindi perchè avrebbe dovuto avere timore di lui?
-Paura di cosa?-gli chiese sperando che il suo istinto avesse una risposta anche per quello.
-questo dovresti chiederlo a lei, Jessie.
-Hey, patatino-disse enfatizzando il nomignolo con cui lo chiamava sua moglie quando voleva farlo arrabbiare e che lui stesso usava ogni volta Sean si riferiva a lui chiamandolo Jessie- non mi stai aiutando per niente.
-ah, allora la tua era una richiesta d'aiuto?-gli chiese fingendo di cadere dalle nuvole
-certo, non ho idea di cosa fare e tu lo sai benissimo, ma ti diverti a torturarmi, vero?
-cerco solo di rifarmi delle volte in cui la situazione era ribaltata ed eri tu a scherzare sui miei problemi sentimentali.
-sicuro, come se tu ne avessi mai avuti.
-ora dovrei pensare con calma alle motivazioni, ma ricordo un paio di occasioni in cui mi hai fatto bere come una spugna e poi dopo aver ascoltato i miei piagnistei ti sei divertito a darmi dell'idiota, del sentimentale e chissà quanti altri simpatici aggettivi che non ricordo più.
-touchè.
-e per ritornare al nostro discorso... per me tu hai le idee molto chiare.
-davvero? Illuminami, ti prego- gli disse riempiendo ogni sillaba di sarcasmo.
-Non giocare con me, Jess-rispose assumendo il tono serio che Jess consceva bene e sul quale concentrò tutte le sue attenzioni -Rory ti piace e non è solo un'infatuazione o il ricordo di ciò che avevate da ragazzi. Non ho la presunzione di dire che l'ami, ma credo che tu sia molto vicino a quel sentimento e per lei potrebbe essere lo stesso.
-L'hai vista solo per un paio di giorni mesi fa- gli ricordò - non sai praticamente nulla di lei.
-ma ho inquadrato perfettamente la categoria di persona alla quale appartiene. Inoltre Kate ha parlato con Ally e conosco anche la sua versione di ciò che è successo a New York il giorno del ringraziamento.
-e com'è la sua versione?-gli chiese scocciato sempre più che la sua vita amorosa fosse argomento di discussione anche ora che si trovava dall'altra parte dell'America.
-Kate pensa di avere interrotto qualcosa quella sera. Dice che stavate appiccicati e sembravate due gatti in amore. A sua detta era uno spettacolo ripugnate, e non credo che la gelosia giochi un fattore preponderante nel suo giudizio.
-Non c'era nulla di tutto ciò!-si difese.
-Lei l'ha visto coi suoi occhi e sai anche tu che per quanto riguarda quel genere di cose nemmeno lei sbaglia spesso e in questo ci somigliamo: fiuta l'amore a chilometri di distanza, è impressionante. Inoltre tu hai passato ore ed ore a parlarmi di lei negli ultimi mesi, senza contare dei tuoi libri... è palese.
-beh, forse c'è stato un momento in cui...-si interruppe per pensare - ma non era nulla. O almeno credo. È probabile che Rory mi abbia mandato qualche segnale, però forse sono stato io a vederci troppo. Il punto è che pensavo che stesse con Matt e non gli ho dato troppa importanza; credevo che fosse solo frutto della mia immaginazione. Non capisco più nulla quando c'è lei di mezzo, accidenti.
Ascoltò la risata di Sean nelle orecchie e sentì l'urgente bisogno di volare in California e riempirlo di calci: -amico, sei cotto.
-è tu sei inutile- lo rincuorò Jess – mi chiedo perchè continuo a perdere tempo con te se non ci guadagno nulla.
-perchè mi vuoi bene, tenerone! Hey, lo vuoi un consiglio?
-Amen! -gridò Jess alzando gli occhi al cielo e soprassedendo per una volta al secondo nomignolo della telefonata per evitare che il discorso prendesse una direzione diversa e non riuscisse mai più a sapere cosa pensava di quella storia -Era ora!
-Che ne dici di parlare chiaramente con lei? Ricordo ancora il giorno in cui mi hai raccontato tutta la vostra storia: lei che ti bacia e poi scappa, tu che fai finta di niente e ti metti con un'altra... non lasciare che la storia si ripeta. Sii chiaro con Rory e senti cosa ha da dire. Se non ricambia non avrai perduto nulla.
-oltre al mio orgoglio intendi?
-e che te ne fai dell'orgoglio?-gli chiese -Avere la donna che desideri non credi valga il rischio di perderlo?
-e se perdessi anche a lei?-pensò ad alta voce ricordando il liceo, le settimane in cui era fuggita a Washington, l'arrivo di Jimmy nel Connecticut e tutto ciò che ne era seguito.
-il mio senso senso mi dice che non è così.
-Non sono sicuro di potermi fidare, Sean.
Quella poteva essere l'ultima occasione che gli veniva concessa e se l'avesse sprecata non se lo sarebbe mai perdonato.
-allora chiediti se preferisci rimanere nel dubbio per l'eternità: se dice che non le interessi da quel punto di vista potrete comunque riprovare con la storia dell'amicizia e tu avrai la scusa per portarti a letto una qualunque. Oh, e potrai anche bere litri e litri di alcol per dimenticare: un bel bonus, no?
-tu non ci crederai, ma sono diventato un bravo ragazzo-disse sorridendo - non bevo più in quel modo da mesi...
-quella donna ti porterà alla rovina- affermò Sean sospirando, perchè conosceva la situazione: lui ci era passato con Ally e ora lei era sua moglie.
-l'ha già fatto- gli rispose Jess pensando la stessa cosa.

Venerdì tredici, pensò cercando di mantere la calma mentre provava a liberare la scarpa il cui tacco si era incastrato in una fessura tra il marciapiede e un tombino.
Quella giornata che avrebbe dovuto essere meravigliosa era iniziata nel peggiore dei modi: la sveglia era improvvisamente entrata in sciopero e se non fosse stato per Lorelai che aveva telefonato per informarla della sua visita a New York il fine settimana successivo, Rory non sarebbe mai arrivata in tempo al lavoro nemmeno per la pausa caffè di metà mattino. Sconvolta, ma alla sua scrivania, si era vista costretta a bere il terribile caffè offertole e preparato dall'assistente -incompetente, maschio e sicuro di essere l'ottava meraviglia del mondo- di una delle sue colleghe e il redattore aveva deciso che il suo pezzo di politica che sarebbe dovuto comparire il giorno dopo sul giornale era troppo lungo e andava ridimensionato: come poteva tagliarlo se era già ridotto all'osso?
Respirando a fondo cercando di evitare una crisi di iperventilazione, si era seduta alla sua scrivania e finalmente dopo un'ora buona passata a cancellare qualche parola qua e là senza rendere incomprensibile al lettore l'articolo era riuscita nella sua impresa; purtroppo il sorriso soddisfatto che per la prima volta era comparso sulle sue labbra da quando si era alzata era sparito immediatamente perchè, con una rapida occhiata all'orologio, si era accorta che era già ora di prnazo e che in quel momento avrebbe già dovuto essere in viaggio: ad alcuni chilometri uno scrittore la stava aspettando per l'intervista che aspettava di fare da mesi. Sarebbe arrivata in ritardo, era chiaro, così per evitare di perdere altro tempo era scattata come una scheggia fuori dall'ufficio ed era corsa alla ricerca di un taxi facendo ovviamente una fatica incredibile per trovarne uno libero. Era in momenti come quello che odiava New York.
Qunado finalmente un indiano si era fermato per farla salire le era costata una fatica enorme essere cortese ed educata, ma se le era capitata una giornata nera la colpa non era di quel pover'uomo che però era lento come una lumaca e si fermava a tutti i gialli: era palese che si trovava in città da poco o avrebbe già imparato ad accelerare al primo bagliore di luce paglierina. Sfortuna volle che una volta scesa il tacco della scarpa le si incastrasse in una fuga proprio davanti al cafè in cui era stato fissato l'appuntamento. Dopo una lotta estenunate ed essere riuscita a divincolare la scarpa tutt'intera, diede un'occhiata all'orologio e notò che per un caso favorevole era in ritardo di dieci soli minuti. Si specchiò rapidamente in una vetrina cercando di ricomporsi alla meglio dopo tutto quello stress ed entrò nel locale: era carino, accogliente, non particolarmente elegnate, con la musica a volume molto basso e un televisore in un angolo acceso sulla CNN. Sospirò tentando di mettere da parte il pensiero che dopo il colloquio non era ancora stata contattata e quello era un pessimo segno.
Una delle cameriere si fermò a guardarla e le chiese con lo sguardo se aveva bisogno di un'informazione o se si trovava lì per consumare; le sorrise, rassicurandola, e si guardò intorno sperando di riconoscere la persona che cercava, o almeno di essere riconusciuta da lui, ma nessuno dei clienti del locale sembrava interessato a lei. Stava per controllare nell'agenda di non aver sbagliato posto quando, seduto in un angolo vicino alla vetrata, lo vide guardarla con l'espressione curiosa di chi aspettava di sentire cosa aveva da dire ora che sapeva chi era. Provò a non sorridere mentre si avvicinava e allungava la mano verso di lui, presentandosi: -Lorelai Leigh Gilmore.
-Jess Mariano- le disse dopo un'esitazione iniziale decidendo di stare al suo gioco.
-Scusi il ritardo. Sa, il traffico...- continuò togliendosi il cappotto, prendendo posto e tirando fuori dalla borsa registratore e blocco di appunti.
Jess vide la cameriera di prima avvicinarsi al tavolo e le chiese se voleva del caffè.
-sì, grazie. E un pezzo di torta: non ho ancora pranzato-rispose posizionando tutto sul tavolo, aspettando che ordinasse per entrambi e che fosse pronto prima di schiacciare il tasto REC e iniziare il suo lavoro.
-Buon giorno, signor Mariano -disse assumendo l'aria professionale che aveva ogni volta che intervistava qualcuno: aveva un atteggiamento calmo, serio e controllato nonostante dentro fosse un fascio di nervi e in quel frangente più che mai -Di lei non si sa nulla oltre il contenuto dei suoi libri: vuole raccontarci qualcosa? Dove è nato, i suoi studi, le motivazioni che l'hanno portata a scegliere di fare della scrittura il suo lavoro...
-se ho mantenuto la mia identità segreta fino ad ora, è stato perchè non avevo e non ho intenzione di rendere pubblica la mia vita privata, quindi non si aspetti dei dettagli. Posso iniziare con qualche informazione generale, se lei è d'accordo- disse ricevendo in risposta un cenno del capo. Era la prima volta che si rivedevano dopo quella sera a casa sua e l'arrivo di Matt. Erano passati otto lunghi giorni in cui tra un impegno e l'altro da parte di entrambi e un po' di timore a rincontrarsi avevano avuto appena il tempo di sentirsi per telefono.
Dal momento in cui era entrata, anzi dal momento in cui l'aveva vista scendere dal taxi e lottare con la scarpa, non aveva fatto altro che pensare a quanto fosse bella. Lo era sempre stata, ma ora era tutto diverso dal giorno in cui l'aveva rivista a Stars Hollow per il matrimonio di Luke o a New York una volta tornata da Parigi, perchè prima c'era un ostacolo insormontabile tra loro che in un modo quanto mai imprevedibile si era dissolto nel nulla.
-Sono nato qui, a New York, dove ho vissuto fino a circa otto anni fa. Mi sono trasferito in un paio di stati diversi e ho finito col laurearmi all'Università della California, Berckley per la precisione. Ed è stato proprio nell'Ovest che ho iniziato la mia carriera di scrittore per puro caso.
-Si spieghi meglio- l'interruppe Rory continuando a dargli del Lei -cosa le ha fatto prendere la penna in mano?
-In realtà ho sempre scritto. Per lo più si trattava di note sui libri o sui saggi che leggevo, appunti ai margini delle pagine su ciò che pensavo di un autore o di un particolare passaggio, interpretazioni. A volte anche insulti- rispose mentre sulle labbra della donna che aveva davanti cresceva un enorme e solare sorriso che lo contagiò -A volte la gente è pazza- disse pensando ad Ayn Rand e all'ossessione che Rory aveva per lei quando si erano conosciuti e aveva speso novanta dollari per un cestino da pic nic in cui non c'era nulla di commestibile -e scrive cose assurde!
-cosa direbbe- continuò lei riprendendo le redini dell'intervista -ad un ragazzo che la insulta a margine di un suo libro?
-gli chiederei spiegazioni; se ha qualche problema con me o con ciò che scrivo vorrei saperne il perchè.
-e poi?
-gli offrirei una birra e gli spiegherei il mio punto di vista. La libertà di parola è un diritto molto importante e col tempo ho imparato che anche la comunicazione e lo scambio reciproco di informazioni ed idee non va sottovalutato: bisogna parlare con gli altri e ascoltare sempre cosa'hanno da dire.
-sono considerazioni molto sagge e sembrano dettate dall'esperienza: lei era il tipo di persona che non comunicava con gli altri?
-questa domanda rientra nella sfera privata a cui mi riferivo prima- l'ammonì mentre venivano serviti -ma credo che abbia già ricevuto la sua risposta.
-va bene. Ha vissuto in California e a New York- iniziò attenendosi a ciò che le aveva detto e mettendo da parte quello che già sapeva su di lui per motivi personali, come il fatto che avesse abitato per anni a Los Angeles -quale delle due le è rimasta più nel cuore?
-Sono molto diverse sia dal punto di vista fisico che per quanto riguarda le persone che ci vivono, però credo di preferire New York: qui c'è tutta la mia vita passata, i ricordi belli e brutti che siano. È casa mia e non è certo un fattore che può passare inosservato, non crede?
-quindi se potesse scegliere...
-l'ho già fatto alcuni mesi fa- l'interruppe guardandola fisso negli occhi con un'insistenza della quale non si rese conto -e ho scelto New York.
-Io vivo qui da pochi anni e inizialmente la trovavo una città troppo caotica ed insopportabile; come si fa a crearsi un buon ricordo di New York, soprattutto se si viene da una piccola città? Qual è il suo segreto?
-Il caos non è male, soprattutto se come me lo si ha nel sangue: personalmente non mi è mai dispiaciuto camminare per queste strade su marciapiedi calpestati ogni minuto da centinaia di personse. Credo che sia incredibile.
-già.
-un consiglio per non dimenticare mei New York?- le chiese pensandoci un istante -Una sera salga fino all'ultimo piano di un palazzo molto alto e guardi la città illuminata: credo che quella vista valga la pena di adorare la città.
-Passiamo all'altra faccia della medaglia: che mi dice della criminalità? È risaputo che in poche miglia c'è la più alta concentrazione di persone schedate e non. Lei come ha vissuto questa situazione?
-Ci sono ragazzi che pensano di non avere speranze, non hanno idea di cosa siano le prospettive e io ero uno di loro. Ma a differenza di loro ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno mostrato un'alternativa.
-crede che un'alternativa ci sia sempre?
-credo di sì, ma bisogna essere disponibili a riconoscerla quando si presenta.
-quindi lei l'ha riconosciuta?
-Non subito, ma come ho già detto io sono stato fortunato.
-Bene- aggiunse Rory dando un'occhiata ai suoi appunti -abbiamo parlato della sua vita, della sua città, ma ha dimenticato di rispondere ad una delle mie prime domande: perchè ha iniziato a scrivere? Cos'è stato così forte da spingerla a mettere da parte le note ai margini e a scrivere prima un libro e poi un altro?
Lo vide lottare con se stesso, struggersi nel trovare una risposta e per un istante si sentì in colpa nel vederlo combattuto, ma si trovava in quel bar per intervistarlo e chiedergli dei suoi libri e della sua passione per la scrittura, non poteva scrivere una guida su New York: 100 motivi per trasferirsi nella Grande Mela. Era assurdo!
Sapeva che Jess aveva una risposta a quella domanda, ma forse non era certo di volerla condividere con lei e col mondo. Sperò che non le mentisse, che desse a lei la facoltà di decidere se procedere ad inserirla nel suo articolo o girarci intorno senza scrivere la sua frase parola per parola.
-L'amore.
Rory non credette alle sue orecchie e per un paio di secondi che le sembrarono un'eternità lo fissò a bocca aperta, allibita e totalmente spiazzata da quello slancio. Stavolta Jess aeva fatto tutto da solo e non si sarebbe lasciata sfuggire la possibilità di indagare a fondo il significato di quell'affermazione volontaria, anche se il volto perfetto di Kate si materializzò in un attimo davanti ai suoi occhi, riflesso raddoppiato negli occhi scuri di lui: -per la sua ragazza?
-per la mia ragazza ai tempi del liceo.
-è passato molto tempo- disse più a se stessa che a lui cercando di restare calma in attesa di capire fin dove li avrebbe portati quella conversazione -possibile che una cotta da liceale fosse così importante da far sì che dopo tanti anni scrivesse un libro?
-lo eri - e fu quasi un sussurro che però sentì perfettamente come se fosse stato gridato - molto più di quanto tu possa immaginare.
Dimenticò di respirare. Quella era la diretta conseguenza della sera in cui Matt aveva deciso di presentarsi a casa sua con quella scatola inanimata, ma più eloquente di qualsiasi parola, e della sua confessione fatta a Jess. Era esattamente ciò che aveva temuto sarebbe successo se lui avesse saputo della rottura del suo fidanzamento. Era ciò che avevano temuto entrambi; ma ormai la ruota era stata messa in funzione e a loro toccava stare a guardarla mentre girava in attesa di vedere dove si sarebbe fermata.
Lane e Lorelai le avevano consigliato di fare chiarezza nel loro rapporto d'amicizia ora che tutte le carte erano state scoperte e non sapeva che, seppur con altri termini, Sean, Juan e Janet lo avevano incitato a comportarsi allo stesso modo.
Allungò la mano verso il registratore e mise la parola fine a quella registrazione stoppandolo; -Ti spiace se le altre eventuali domande te le faccio in modo un po' meno formale?- gli chiese puntando con gli occhi il pezzo di torta che giaceva ancora intatto nel piatto -mi sono stancata di darti del Lei e sto morendo di fame: non posso registrami mentre parlo con la bocca piena, ti pare?
-ok- le rispose deluso che non avesse risposto nulla a ciò che le aveva appena detto -ma in questo modo non avrai sul nastro la mia voce che ti ringrazia per avermi portato fortuna.
-mi accontento di sentirtelo dire- mugugnò masticando il dolce -e così lo scrittore misterioso sei tu? Ho passato mesi a dire quanto non vedevo l'ora di incontrarlo e parlagli e tu sei stato lì davanti a me per tutto questo tempo senza dirmi nulla!
-Cosa vuoi che ti dica, sono uno che sa mantenere i segreti. E poi ti ho detto che è cominciato tutto per caso e non mi andava di espormi in prima persona. Sai, se avessi fallito si sarebbe saputo in giro e... ma le cose sono andate bene e ho continuato in incognito. Sasha e Jimmy sono stati i primi a saperlo alcuni mesi fa. E ora è toccato a te.
-perchè solo ora? Sapevi dell'intervista quindi avresti potuto farlo da tempo.
-tu... hai capito delle cose leggendo i miei libri... ma prima c'era Matt- disse con cautela -quindi non mi sembrava il caso di rivangare episodi passati, visto che è di questo che implicitamente trattano. Poi sono tornato qui e noi abbiamo ripreso a vederci come amici: volevo che uno dei miei mici sapesse e la scelta è ricaduta su di te, tutto qui.
-wow.
-già. E poi la tua faccia quando mi hai visto... -sorrise rilassandosi contro la sedia -era impagabile!
-ah, si?- disse in tono minaccioso con un sorriso diabolico -mi pare che tu abbia detto che mi avresti offerto il pranzo, vero? Sei così gentile!- esclamò senza dargli il tempo di obiettare -ora ordinerò tutto il menu e ti manderò in bancarotta.
-Ho un sacco di soldi, Lorelai Leigh Gilmore. Posso permettermelo.
-Hey!-rispose lanciandogli il tovagliolino- Sai che mia madre è sempre convinta che tu abbia un giro di squillo? Non credi che sia ora di dire la verità anche a lei?
-verità?- le chiese con candidamente -no, lasciala cuocere ancora un po' nel suo brodo. E' divertente.
-non mi ero mai accorta di quanto fossi perfido.
-e fiero di esserlo.
-quando fai così non ti sopporto; te l'ho mai detto?
-milioni di volte.
-perfetto- disse masticando l'ultimo morso di torta e avvistando una cameriera che passava proprio a pochi metri dal loro tavolo -scusi? Può portarmi il menu, per favore?
-vuoi fare davvero questa pazzia? -le chiese sbarrando gli occhi inorridito davanti alla sua cocciutaggine.
-paura di rimanere a secco?- gli chiese sorridendo trionfante mentre lui appoggiava la testa sul tavolo sospirando.


*Poesia LV. Conversazione, da Spleen e ideale in I fiori del male di C. Baudelaire.
Scusate se l'intervento di Sean non è stato comparabile a quello della prima volta in cui è apparso nella fanfic, ma al telefono non rende bene. Comunque ci ho provato.
buon 25 aprile a tutti!
 
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Elena_R
view post Posted on 1/5/2005, 19:46




Eh, eh... scrivendo questo capitolo ho realizzato una cosa curiosa: Jess, Janet e Juan cominciano tutti per J! Non me n'ero accorta e involontariamente ho distinto i newyorchesi per lettera.
La citazione di Lorelai che troverete circa a metà è presa dall'episodio 1.08.

Capitolo ventisei

-saranno passati almeno dieci minuti da quando mi hai detto di aver una notizia importante da darmi, ma non mi pare di averla ancora sentita. Sei sicura di stare bene?- le chiese con la voce metallica dovuta alle interferenze sulla linea telefonica. Respirò tanto profondamente da sentire male ai polmoni e si decise una volta per tutte a sputare il rospo: -mi hanno chiamata ieri sera: non sono stata presa.
Ascoltò il suo silenzio durante il quale Jess stava probabilmente cercando di capire quale fosse il soggetto della sua sospirata ammissione, poi come aveva fatto lei poco prima inspirò ed espirò: -mi dispiace.
-a quanto pare la CNN non ha bisogno di elementi come me. Ho lavorato tutta la vita per questo e ora loro mi rifiutano; evidentemente non ho fatto abbastanza: Paris aveva ragione su tutto.
-è quello che ti hanno detto? Che non vali abbastanza?
-no. Sono disposti a pubblicare qualche articolo da free-lance, ma al momento pare non abbiano la necessità di assumere altro staff.
-non ti hanno chiuso tutte le porte- la rassicurò. Per un breve attimo fu tentata di credergli e di essere ottimista, ma lei voleva entrare dall'ingresso principale, non da un entrata secondaria attraverso una piccola porticina che poteva chiudersi in qualsiasi momento.
-potrai scrivere qualcosa per loro quando vorrai- continuò -e in futuro c'è sempre la possibilità di riprovarci, no? Hai solo ventiquattro anni, non è ancora tardi.
-lo so- disse tirando su col naso e asciugandosi le lacrime con la manica del maglione -ma mi sento così... svuotata. Avevo provato a mantenere le distanze in modo da essere pronta nel caso di un rifiuto, però in realtà ci contavo molto.
-ora non pensarci più. Che programmi hai per stasera?
-come?- chiese confusa: si stava disperando per aver perso l'occasione della sua vita e lui le chiedeva cosa aveva in mente di fare? - pensavo di stare a casa. Ho voglia di rimanere un po' da sola.
-assolutamente no- le ordinò -ti voglio a casa mia alle otto. Ieri Juan e Jen si sono auto-invitati per mangiare qualcosa e tu sarai dei nostri.
-ma...
-niente ma. Non te ne starai a casa da sola a piagnucolare inutilmente per la CNN. È arrivato il momento di distrarsi.
-Jess, davvero ti ringrazio, però non ho voglia di vedere nessuno.
-Allora non mi ascolti mentre parlo?- le chiese imitando perfettamente il tono burbero che Luke assumeva ogni volta che si trovava a parlare con Taylor- tu non hai alcun diritto di replica: stasera sarai da me e se alle 8.10 non ti vedo arrivare, vengo a casa tua e ti trascino per le orecchie. E poi quando ci sei tu Juan evita di concentrarsi su di me e sulle storie imbarazzanti di quando eravamo ragazzini.
-ti servo da diversivo, eh.- gli disse sorridendo. Più o meno, ma voglio anche che tu non pensi. Quindi siamo d'accordo?
Non era così che doveva andare. Sarebbe dovuta rimanere in casa a piangere e pensare e ripensare alla perdita della scommessa della sua vita, andare a letto a notte inoltrata con un mal di testa incurabile dall'analgesico più potente per restare poi immobile al centro del materasso perché non riusciva a dormire nonostante la stanchezza. Invece stava per essere risucchiata in una serata di divertimento e spensieratezza e una cosa la colpì: stranamente non si sentiva in colpa.
La voce di Jess attraversò nuovamente il Village e le ripeté la domanda alla quale aveva una sola risposta: -Non ho altra scelta, giusto?


La risata di Rory giunse alle sue orecchie nonostante si trovassero in due stanze diverse.
Lasciò la cucina per tornare in salotto con le birre fredde che aveva promesso e vide sia lei che Janet piegate in due dalle risate mentre Juan se ne stava in piedi soddisfatto della storiella che aveva appena raccontato che pareva aver riscosso un discreto successo. Appoggiò le bibite al centro del tavolo, prese la sua bottiglia e si mise a sedere vicino a Jen per godersi lo spettacolo di quel pagliaccio del suo amico; non fece caso all'ennesima barzelletta della serata perchè inconsapevolmente si era concentrato su di lei: era arrivata con mezz'ora di ritardo -assolutamente normale per una Gilmore, a prescindere dalle minacce corporali- ma aveva comunque deciso di lasciarsi tutto alle spalle per quel paio di ore. Aveva la faccia stanca e le occhiaie di chi non aveva chiuso occhio la sera prima perché aveva passato l'intera notte a chiedersi com mai una giornalista del Times laureata col massimo dei voti a Yale non meritava di lavorare alla CNN. E la storia si sarebbe ripetuta se non fosse intervenuto lui. L'aveva chiamato quel pomeriggio durante la pausa pranzo ed era stato felice di sapere che almeno aveva tenuto la mente occupata col lavoro. Era arrivata direttamente dalla redazione con i capelli sciolti, l'immancabile tailleur, le scarpe con tacchi altissimi che ogni volta lo facevano sentire uno dei sette nani e gli aveva chiesto in prestito qualcosa di più comodo e consono alla serata. Sorrise guardandola ora con i capelli raccolti una coda fatta svogliatamente e con indosso la sua felpa e dei pantaloni che le andavano troppo grandi; sembrava una bambina indifesa, una persona totalmente diversa dalla donna in carriera che era entrata dalla sua porta: era in momenti come quello che ricordava quanto anche Rory fosse un semplice essere umano con le sue gioie, dolori e preoccupazioni.
Un urlo lanciato dalla sua vicina lo riportò alla realtà e non poté evitare di sorridere quando vide la borsa di Janet rovesciata sul pavimento per colpa di un maldestro fidanzato: tra penne, foglietti volanti, rossetti e altri cosmetici spuntava il primo dei suoi libri.
-togliti quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia, Mariano- lo ammonì il suo amico -quel libro si trova lì per puro caso.
-per puro caso? -gli chiese mentre Janet scuoteva la testa da una parte all'altra con disapprovazione.
-beh, per puro caso Juan, oltre ad essere diventato un avido lettore- spiegò all'intera compagnia -va in giro con una foto di Jess e l'articolo dell'intervista di Rory per mostrarli in giro e raccontare a chiunque incontri la storia della vostra amicizia dagli esordi ad oggi.
-anche tu non sei da meno- rispose Juan in sua difesa con aria di sfida -nel giro di una settimana lei si è letta i due libri tutti d'un fiato. Vedete quelle occhiaie che ha cercato di nascondere col trucco? Non sono merito mio, purtroppo, ma colpa di quell'ultimo romanzo che hai scritto: ieri sera è stata sveglia fino alle tre di notte per finirlo!
-sono lusingato-disse Jess. E lo era davvero. Quando aveva iniziato non si sarebbe mai immaginato un supporto da perte dei suoi amici o della famiglia o da chiunque altro; ora invece il mondo, o per lo meno l'America, sapeva chi era e nelle ultime due settimane era stato letteralmente invaso da lettere, e-mails, telefonate da parte di persone che si congratulavano con lui. Non mancavano le critiche, ovvio, ma quella era una condizione che era stato sempre pronto ad accettare. Jimmy, Sasha, Liz e Luke sembravano davvero orgogliosi ed era un piacere stare a sentirli mentre tessevano le sue lodi, anche se presto si stancavano del sorrisetto che gli rivolgeva mandando scherzosamente a quel paese lui e la sua presunzione di essere il Dante del nuovo millennio.
-sai- disse Rory catturando istantaneamente la sua attenzione -mia madre fatica a convincersi dell'idea che guadagni onestamente vendendo libri... ha addirittura pensato che quella dello scrittore fosse solo una copertura per nascondere quel famoso giro di prostitute di lusso.
-Prostitute?- aggiunse Janet -credimi, non ci sono ne squillo ne harem ne altro nella sua vita. Ultimamente Jess si rifiuta di uscire con le mie amiche e Kimberly sta ancora aspettando di essere richiamata per quel famoso appuntamento che avete “rimandato”- disse enfatizzando l'ultima parola.
Juan le aveva assicurato che sarebbe uscito con la sua amica, lei le aveva telefonato per informarla dell'improvvisa malattia di Jess, lui si era giustificato dicendo che per quella sera aveva preferito tornarsene a casa e parlando con Rory aveva scoperto che invece di riprendere la via del ritorno verso il proprio appartamento era andato da lei perché a quanto pareva la ragazza con cui aveva appuntamento si era ammalata. Si era creata una fitta trama di scuse e sotterfugi che aveva scoperto ma della quale non aveva detto nulla, soddisfatta di aver trovato la prova che cercava: Jess aveva dato due di picche a Kim per stare con Rory e non poteva essere stato più chiaro.
-dì un po', Jessie, non sarai diventato gay?- lo schernì.
-te l'ho detto, Jen, mi sono stancato di questi appuntamenti al buio e soprattutto di offrire cene dai costi esorbitanti: dove sono finte le ragazze a dieta perenne che si accontentavano di un'insalata scondita?- le chiese -le tue amiche mangiano primo, secondo e dolce, senza contare il vino e il fatto che ordinano sempre i piatti più costosi del menu.
-mi sembrava di aver capito che i soldi non fossero un problema.
-lo diventano se ogni sera mi tocca sborsare quasi un centinaio di dollari.
-esageri! E poi mi pare che nelle ultime tre settimane tu non abbia speso un centesimo in nessun ristorante.
Quel numero fece sobbalzare Rory dalla poltrona su cui era seduta. Tre settimane. Era stato intorno a quel periodo che Matt si era fatto vivo alla sua porta ed era stato allora che, forzata dagli eventi, si era vista costretta a parlare con Jess. Da quando era tornata a New York avevano trascorso molto tempo insieme, ma ripensandoci in quelle ultime settimane erano stati indivisibili: si erano sentiti quasi tutti i giorni e visti almeno tre volte a settimana per un caffè, un cinema, una passeggiata in qualche parco nei giorni in cui, nonostante il freddo di dicembre, il sole era abbastanza tiepido da impedigli di gelare. E poi c'erano state quelle due serate letterarie in un enoteca vicino all'Università della Columbia dove Jess aveva brillato particolarmente con una delle sue arringhe su Bukowski; ricordò la seconda sera, le sue parole, gli occhi che gli brillavano alla luce delle lampade ad olio usate per illuminare il locale, gli sguardi affascinati dei presenti... in quel momento si era sentita fiera di essere seduta al suo fianco, di essere entrata con lui e di essergli stata vicina anche quando se ne era andato lasciando tutti a bocca aperta a chiedersi chi era.
Osservandolo difendersi con Janet le venne in mente una conversazione che avevano avuto la sera prima che ricevesse la pessima notizia dalla CNN:
-ricordi la ragazza del primo libro?- le chiese aggiustandosi il cuscino sotto la testa. Erano sdraiati sul pavimento di casa sua, al buio, a guardare gli adesivi fluorescenti che Rory aveva attaccato al soffitto in un raptus di nostalgia infantile, -ti somiglia molto.
-lo avevo notato- gli rispose guardandolo con la coda dell'occhio e vedendolo sorridere alla continuazione della sua risposta -mi conosci bene.
Oltre ai suoi occhi e alla sua bocca riusciva a distinguere perfettamente solo il suo profilo, che risaltava in contrasto con le luci provenienti dalla finestra alle sue spalle. Per quel motivo non poté essere certa della sua reazione quando continuò ponendogli una domanda: -allora, se io sono come lei, tu saresti il ragazzo di cui era innamorata? Non ti assomiglia per niente, sai?
-infatti in lui non c'è nulla di me- le aveva detto quasi sottovoce, come se non volesse spezzare il silenzio che li avvolgeva insieme alle tenebre -è nella protagonista che c'è qualcosa anche di mio.
Era una fortuna che la luce fosse spenta perché altrimenti avrebbe visto l'enorme sorriso che non era riuscita a trattenere sentendo le sue parole e arrivando ad una propria conclusione: -siamo una persona sola.
-è stupido, non è vero?- aveva domandato con l'insicurezza di un bambino.
-no, è bello. C'è qualcosa di me e di te in uno stesso essere, nella stessa persona. Insieme formiamo un'unica entità.
-era ciò che volevo s'intuisse.*

Avrebbe voluto continuare quella conversazione, ma nel momento più inopportuno Lane l'aveva chiamata per raccontarle l'andamento del primo incontro ufficiale con i genitori di Henry, si era fatto tardi e Jess aveva deciso di andarsene prima che lei avesse riattaccato il telefono. Poi era subentrata la CNN e aveva messo da parte il ricordo di quella sera per disperarsi dopo aver ricevuto la notizia più sconvolgente della sua vita. Però in quell'istante era riaffiorato insieme alla prova tangibile del suo rifiutarsi di uscire con le amiche di Janet; in realtà in quelle tre settimane Jess aveva avuto diversi appuntamenti, tutti con la stessa persona: lei. La storia si stava ripetendo davvero, ma con una locazione diversa: era tornato per lei però questa volta non si trovavano a Stars Hollow, bensì a New York; avevano iniziato coll'essere amici e ora, esattamente come durante gli ultimi mesi che aveva passato insieme a Dean, stavano non ufficialmente uscendo insieme. Ci aveva pensato per settimane, era stata spaventata a morte all'idea che potesse succedere di nuovo, ma ora la verità su Matt era stata detta e il comportamento di Jess degli ultimi tempi aveva avuto una spiegazione e ora si sentiva leggera e serena.
Continuò ad osservarlo e sorrise di fronte alla sua ostinazione a cercare scuse con la sua amica quando avrebbe potuto girarsi verso di lei, baciarla e dirle: “Ecco, ora capisci perché non voglio uscire con le altre?”
Arrossì ricordando i giorni in cui era ordinario sentire il calore delle sue labbra e sentì il fuoco dentro di sé quando si accorse che Juan l'aveva tenuta d'occhio per tutto il tempo. Doveva aver fiutato la natura dei suoi pensieri, a passo lento le si era avvicinato e aveva preso posto sul bracciolo della sua poltrona col sorrisetto malizioso di chi la sapeva lunga e non vedeva l'ora di renderla partecipe.
-guardavi qualcosa di interessante?- le chiese bevendo dalla sua bottiglia cercando di tenere un atteggiamento neutro, ma fallendo miseramente.
-Jess e Janet- gli rispose con ovvietà facendolo sorridere ancora di più, segno che non era disponibile a girare troppo intorno all'argomento e pronto, al contrario, ad arrivare immediatamente al sodo: -o solo Jess?
-tu lo sapevi, vero?
-a cosa ti riferisci nello specifico?
-a noi.
-tu e Jess? E chi non lo sapeva?! È chiaramente cotto, se ne sarebbe accorto anche un cieco.
-allora credo di aver vissuto bendata per molto tempo.
-se può consolarti nemmeno lui ci vede particolarmente bene; siete proprio una coppia ben assortita.
-e come fai a dirlo?- chiese con curiosità. Conosceva Jen e juan solo dapochi mesi perchè fossero già in grado di capirsi a vicenda con un solo sguardo; -forse siamo le due persone più incompatibili del mondo e forse per noi non c'è speranza. Dopotutto ci siamo già passati e non è andata bene.
Voleva una rassicurazione in più, preferiva sentire una campana più obiettiva di Lorelai o Lane e Juan poteva essere la persona adatta: aveva vissuto tutto da una certa distanza e non aveva preconcetti di alcun genere.
-lo so- le rispose -perché nonostante tutto dopo otto anni siete ancora qui, insieme e vi piacete. Otto anni sono un periodo molto lungo e credo che anche solo questo dato preso da solo sia indice di grande sicurezza, non trovi?
Asserì perché dopotutto quello era un punto a suo favore e assolutamente indiscutibile.
-ti va di fare un discorso serio?- le chiese ricevendo in risposta un'espressione piuttosto scettica; -hey! Guarda che io so essere serio!
-sì, scusa. Va' avanti- lo incitò controllando che Jess e Janet non avessero smesso di parlare tra loro; non sapeva cosa sarebbe stato detto, ma non voleva che quella conversazione tra lei e Juan venisse ascoltata anche da loro.
-io non so molto di quello che c'è stato tra voi e soprattutto non conosco te o il tuo passato. Non ho idea di cosa tu gli abbia fatto o cosa lui abbia fatto a te, ma avete perso la testa e tra voi c'è qualcosa di speciale. È difficile da spiegare senza cadere in banalismi... ma hai presente le famose anime gemelle, la metà della mela e tutte quelle stronzate assurde che si inventano maghi e astrologhi e autrici di romanzetti rosa? Beh, forse non sono così assurde e magari esistono davvero persone che hanno una metà perfetta da qualche parte del mondo e se sono fortunati riescono a trovarsi.
-come te e Jen?
-noi siamo diversi, Rory. Per me e lei il discorso cambia e diventa molto più semplice- disse in un modo rassegnato a cui non seppe dare spiegazione -non credo che tu e Jess ve ne accorgiate, ma quando siete insieme date l'impressione di essere la cosa più naturale del mondo.
-non credo di seguirti- lo interruppe, perché il suo discorso l'aveva distratta e riportata agli anni in cui leggeva favole di un principe e una principessa destinati a sposarsi e vivere insieme felici e contenti, ma lei non era una principessa e men che meno Jess poteva avere sangue blu nelle sue vene.
-ti capita mai di vedere due persone e pensare a quanto sono perfetti? Persone che sembrano una cosa sola, indivisibili?
siamo una persona sola... Insieme formiamo un'unica entità.
Stava cercando di dirle esattamente quello che Jess aveva scritto nel suo libro?
-voi siete così- continuò nonostante non gli avesse risposto nulla - e siete anche molto bravi a complicare persino le cose più semplici e sinceramente mi chiedo perchè non vi siete ancora decisi a parlare chiaramente. Vi girate intorno da mesi: è ora di...
-mi hai stancato e tutto questo discutere mi ha fatto venire fame- l'interruppe la voce di Jess che aveva abbandonato il suo posto vicino a Janet e si era avvicinato a loro per prendere il telefono. All'improvviso fu costretta a lasciare il mondo in cui esistevano solo lei e Juan per tornare alla realtà in cui lei amava Jess e pareva che anche a lui la sua presenza non dispiacesse affatto.
Seguì i suoi movimenti e il suo corpo piegarsi per afferrare il ricevitore in modo da poter chiamare e ordinare delle pizze. Anche lei si era stancata di aspettare e di essere l'eterna indecisa: era arrivato il momento di lottare con decisione per riavere ciò che le spettava. Ripensò all'ultima volta in cui si era fatta coraggio e aveva cercato di parlare con Jess di quello che era successo a Parigi col suo fidanzato e del fallimento che ne aveva conseguito e sperò vivamente di non ripetere l'errore.
Lo aveva fissato per alcuni secondi e si accorse che anche lui la stava guardando in attesa che il take-away rispondesse.
E le sorrideva.
Le parole di tutti -Lorelai, Lane, Juan, Matt- avevano un senso e sentì che ce l'avrebbe fatta. Doveva solo riuscire a trovare il momento giusto per parlare con lui una volta per tutte.
Era ancora immersa nel suo processo di ammirazione dello scrittore più sexy che avesse mai conosciuto quando sentì un peso lasciare la poltrona e vide Juan alzarsi per andare a disturbare Jess mentre faceva la sua ordinazione; lo fermò tenendolo per un braccio e lo costrinse a fare un passo indietro e avvicinarsi.
-gli parlerò- sussurrò in segreto per non farsi sentire da altri -e quello che hai detto prima è sbagliato: per me anche tu e Janet siete perfetti.

-Lily mi ha scritto un'e-mail stamattina- disse Rory rientrando in sala dopo essersi cambiata. Si erano incontrati per caso in metropolitana: lui stava tornando da un appuntamento di lavoro e lei era appena uscita dalla redazione e doveva fermarsi al supermercato per comprare qualcosa da mangiare; Jess si era offerto di accompagnarla e alla fine era salito in casa per aiutarla con le borse della spesa che erano solo due e per nulla pesanti. Sapeva che il suo aiuto non sarebbe stato necessario, ma il discorso fatto con Juan pochi giorni prima si era ripetuto nella sua testa milioni di volte e aveva deciso di cogliere l'occasione per riuscire a trovare il coraggio di parlargli.
Dopo aver riordinato la spesa era andata a togliersi i vestiti che avevano preso il peso dell'ennesima giornata di lavoro e quando era riapparsa lo aveva visto seduto comodamente sul divano a fare zapping col telecomando senza mostrare il minimo interesse per ciò che lo schermo gli offriva. Era rimasta immobile ad osservarlo per pochi secondi ricevendo l'ennesima conferma di quanto fosse naturale vederlo in casa: era normale averlo tra quelle pareti, in cucina a preparare il caffè, in piedi di fianco alla libreria mentre scorreva con un dito le spine di vecchi romanzi usurati, letti e riletti da entrambi, alcuni con una parte di lui scritta a penna in ogni spazio libero e intrappolata per l'eternità tra quelle pagine. Sentì le lacrime agli occhi mentre sperava di poterlo avere lì per un tempo indeterminato: non voleva che si allontanasse da lei una volta di più e, avanzando nella sala, pensò che non voleva nemmeno che uscisse da quella porta a fine serata.
-Davvero?- le chiese accorgendosi finalmente della sua presenza e spegnendo immediatamente la televisione mentre lei si sedeva al suo fianco.
-sì, voleva darmi la grande notizia.
-già, a quanto pare lo scricciolo ha setacciato internet alla ricerca di qualche biglietto low-cost ed è riuscita a trovare tre posti per New York, così Jimmy non ha potuto dirle di no e verrà trascinato qui senza poter tirar fuori la scusa del prezzo.
-sono contenta che vengano per le vacanze di Natale; Lily è una ragazzina simpatica e molto in gamba. Sarà bello essere tutti insieme a Stars Hollow.
-una splendida riunione di famiglia- le rispose col tipico sarcasmo che lei ignorò: lui era felice di rivedere la sua famiglia anche se non l'avrebbe mai ammesso e ormai lo conosceva troppo bene per lasciarsi sviare dalle sue frecciatine acide; -per lo meno potrò inventarmi qualche scherzo da fare a Taylor e magari coinvolgere mia sorella.
-riaffiora il teppista che è in te, eh?- gli chiese sorridendo -dì la verità: Taylor ti è mancato in tutti questi anni.
-ovvio, eravamo diventati così intimi!
-ah! Me lo sentivo. E a proposito di relazioni intime... che n'è stato di quel ragazzo che piaceva a Lily?
-Non me ne parlare- disse scuotendo la testa a tesi della sua disapprovazione e in particolar modo della sua gelosia -a quanto pare ora sono ufficialmente fidanzati.
Rory non riuscì a trattenere una piccola risata pensando a quanto fosse carino a volerla proteggere dal mondo degli uomini al quale eventualmente sarebbe approdata ; si chiese se anche lei si sarebbe comportata allo stesso modo quando il figlio di Lorelai e Luke sarebbe nato.
-fidanzati...- continuò- non sanno nemmeno cosa significhi, sono troppo giovani anche solo per pensare a certe cose. Dovrebbero concentrarsi sullo sport, la scuola e gli amici, non a cosa indossare per uscire insieme e fare chissà cosa! E questa situazione dovrebbe durare almeno fino alla laurea: solo allora forse potrebbe trovare il tempo di guardarsi intorno.
-non mi pare di ricordare che la tua priorità sia sempre stata la scuola, tanto meno lo sport.
-infatti, ma io sono un maschio, per me le cose funzionano diversamente.
-oh, certo. Mi scusi signor Maschilista, dimenticavo le donne devono stare in casa a pulire, cucina e fare figli.
-devi ammettere che fare figli è divertente.
-il concepimento, ma vuoi provare a partorirne uno? La vita di vuoi uomini e troppo facile- disse sorridendo davanti alla sue espressione prima pensierosa poi schifata.
-ok, non è proprio quello che intendevo- si scusò senza nemmeno sapere perché dato che Rory aveva chiaramente capito che non parlava sul serio.
-lo so e so anche che stavi solo cercando di nascondere la tua iper protezione nei confronti di Lily, ma è arrivato anche per lei il momento di crescere e non sarei tu o Jimmy a poterglielo impedire, nemmeno uccidendo i suoi pretendenti- gli spiegò. Lo vide riflettere, probabilmente su un altro modo per sbarazzarsi dei ragazzi che avrebbero cercato di coinvolgerla in un giro di sesso, droga e rock'n' roll, poi aprire la bocca per dire qualcosa, ma non gli diede il tempo di replicare: dopo aver gettato un'occhiata distratta alla finestra scattò in piedi e uscì in balcone senza mettersi nulla in dosso per ripararsi dal vento gelido di dicembre. Enormi fiocchi di neve stavano cadendo pesantemente e imbiancando poco a poco i marciapiedi e le strade che per un'insolita coincidenza non erano trafficate in quella sera.
Per la prima volta da quando si era stabilita in quella città, New York era quasi immobile: il movimento non era cessato del tutto, ma ogni cosa le sembrava andasse a rallentatore, lentamente, dandole modo di assaporare ogni istante, notare i particolari, percepire le sensazioni. Le luci dei palazzi, la neve e la sua presenza alle sue spalle le fecero capire pienamente cosa intendeva dirle quel giorno al bar durante l'intervista riguardo ai bei ricordi della grande mela: quella vista, nonostante non si trovassero sul palazzo più alto della città, le toglieva il fiato. Aveva iniziato a saltellare come una bambina o, per meglio dire, come sua madre e sentiva che lui l'aveva osservata tutto il tempo: se lo immaginava in piedi di fianco al divano, con un sorrisetto derisorio mentre scuoteva la testa disapprovando, indeciso se ritenerla pazza o semplicemente infantile. Quando si voltò verso di lui lo vide uscire con la sciarpa intorno al collo e la giacca tra le mani; stava per chiedergli di prendere anche la sua perché in effetti faceva freddo quando, senza dire una parola, la mise sulle sue spalle: era enorme, calda e rassicurante. Sentiva il suo profumo ovunque intorno a sé e per alcuni non fu in grado di parlare: ora Jess era fuori a rischiare di ammalarsi per evitare che accadesse a lei e sentì una strana energia diffondersi per tutto il corpo.
Tutto è magico quando nevica. Le cose più belle delle mia vita sono successe mentre nevicava, le aveva detto Lorelai.
-Non è bellissimo?- gli chiese guardandosi intorno.
-è solo neve- le fece presente scrollando le spalle mentre l'osservava appoggiare la schiena contro la ringhiera del balcone.
-mia madre ha una teoria a proposito della neve- spiegò cercando di convincerlo che non era mai solo neve.
-lei ha una teoria su qualsiasi cosa: è incredibile.
-lo è davvero- concordò pensando a quanto fosse stata fortunata ad avere una madre/amica come Lorelai: era sempre riuscita nel suo ruolo, esattamente come la signora Kim aveva fatto con Lane, ma allo stesse tempo era stata capace di esserle vicina come una compagna di avventure, una confidente, un persona con la quale parlare di qualunque cosa senza alcun tabù. Amava Lorelai e senza di lei non sapeva come avrebbe fatto.
-da quando ero piccola- continuò alzando gli occhi al cielo per godersi lo spettacolo da un'altra prospettiva -mi ha sempre raccontato che le cose più belle accadono quando nevica. Ha il suo fondamento, perché ogni volta che cade la neve le succede qualcosa di meraviglioso o che la rende felice.
-per esempio?
-beh, c'è stato il suo miglior compleanno, il primo bacio che ha dato ad un ragazzo, i miei primi passi- sorrise- io sono nata durante una tempesta di neve. Inoltre ho avuto modo sperimentare l'efficacia della teoria ed è tutto vero: mi è capitato di ricevere belle sorprese mentre fuori nevicava. Pensaci, a te no?
-non fino ad oggi.
-allora potresti iniziare una tua personale tradizione cercando di realizzare un desiderio proprio in questo momento- gli disse senza rendersi immediatamente conto dell'ambiguità delle sue parole – non c'è nulla di bello che la neve potrebbe far succedere?
Con l'andamento in slow-motion che si era interrotto solo durante l'interludio della loro conversazione, lo vide muovere un piede nella sua direzione e alzare un braccio che si avvicinò pericolosamente al suo viso; la sua mano, gelida per il freddo, le sfiorò la guancia e si spinse all'indietro spostandole dietro l'orecchio una ciocca di capelli mossa dal leggero vento di quella sera.
Come se i loro corpi fossero poli che si attraevano, la sua schiena lasciò il ferrò della ringhiera e si mosse di volontà propria verso il corpo di Jess, sebbene l'unico ponte ad unirli fosse ancora la sua mano che si era insinuata sulla sua nuca, i capelli tra le sue dita, e la attirava lentamente a sé. Non oppose resistenza né cambiò discorso stavolta, decisa a lasciare che le cose seguissero il loro corso naturale. Gli mise una mano sul fianco appoggiandosi a lui per avere un sostegno: il suo odore, il suo calore e la sua vicinanza le davano la sensazione di svenire da un momento all'altro, come le svenevoli donne del medioevo che avevano bisogno di essere rianimate ad ogni piccola emozione; non riusciva a pensare e forse era così che si sentivano le assistenti dei prestigiatori quando dovevano essere ipnotizzate: vedeva solo i suoi occhi, nei quali si osservò riflessa con le guance arrossate e la pelle più luminosa che mai, e i fiocchi di neve che riempivano, cadendo, i pochi centimetri che li separavano. Dalla sua bocca filtrava il respiro caldo che poi tiepido arrivava sulla sua pelle e la solleticava; non era certa se fosse per il freddo o per lui, ma rabbrividì. L'esitazione di Jess, che si era fermato di proposito ad un attimo di distanza da lei, la stava torturando, ma era chiaro ciò che stava facendo: era stato il primo ad avvicinarsi e ora aspettava che fosse lei a continuare ciò che era stato lui ad iniziare.
Decise di dargli la risposta che entrambi desideravano avere e lo baciò, intrappolando tra le loro labbra alcuni innocenti fiocchi di neve che si erano intromessi.
Come durante il matrimonio di Sookie sette anni prima, lo sentiva completamente suo, nelle sue mani come se per tutto quel tempo le avesse girato intorno in attesa di quel momento, ma anziché allontanarsi e scappare si strinse di più a lui facendo toccare i loro corpi per quanto possibile, e gli accarezzò il viso con la mano libera, mentre le sue braccia la circondavano avvolgendola con la sua carne e il suo calore. Ecco finalmente la bellissima sensazione che aveva sempre saputo darle solo lui e che si era rassegnata a cercare negli altri uomini: il suo abbraccio era forte e protettivo, era come se stretta a lui non corresse alcun pericolo, ma allo stesso tempo quella pellicola di sicurezza non la intrappolava. Era libera di andarsene in qualsiasi momento senza rimorsi perché capiva la necessità di avere spazi solo suoi; con gli altri, nonostante le loro buone intenzioni, le era capitato di sentirsi soffocare, con lui riusciva a respirare senza problemi.
Lo sentì sorridere tra i baci e, dato che il sorriso era contagioso, non poté fare a mano di imitarlo; lentamente le loro labbra smisero di essere un corpo unico e si divisero, permettendo ad entrambi di prendere fiato. Rory prese la mani di Jess fra le sue e cercò di scaldarle per rimediare al senso di colpa che provava per avere approfittato del riparo della sua giacca mentre lui rischiava l'assideramento.
-sai- le sussurrò appoggiando la fronte alla sua- credo di aver appena inaugurato la mia tradizione...
Si avvicinò per baciarlo di nuovo, ma appena ripristinarono il contatto il suono del telefono la costrinse a fare un passo indietro.
-odio il tuo telefono- sospirò-ci interrompe sempre nei momenti meno opportuni.
-mi dispiace-rispose mordendosi le labbra mentre il secondo squillo risuonava per la casa e raggiungeva l'esterno -ma potrebbe essere importante.
-forse è Lane che ti chiama per raccontarti l'andamento di un altro appuntamento con Henry- aggiunse col sottofondo della scia del terzo squillo senza lasciare le sue mani impedendole di andare a rispondere -eravamo nel mezzo di un discorso.
-possiamo continuarlo dopo- lo rassicurò portandosi di slancio in avanti sfiorandogli il naso con la bocca e rientrando un attimo prima che la segreteria rispondesse per lei: -Pronto?
-figlia prediletta, perchè ci hai messo così tanto a rispondere? Sai che io e Betty non andiamo d'accordo.
-Betty?-chiese seguendo con gli occhi Jess, che a sua volta era tornato in casa e stava chiudendo la finestra.
-Betty la segreteria, no?
-certo, come ho fatto a dimenticarlo. Beh, mamma, credo che si sia offesa il giorno in cui l'hai fatta cadere e le hai dato della stupida perchè non era capace di rialzarsi da sola.
-lo credo anch'io. Indovina?
-Taylor e Patty si sposano?-ipotizzò mentre Jess si toglieva la sciarpa e l'appoggiava sul divano.
-non ancora, a Patty piace la vita da single, ma Kirk ha aperto un'agenzia matrimoniale!
-sul serio?
-incredibile, eh? E lui è stato il primo cliente della sua stessa impresa: forse è da guinness dei primati.
-nulla di cui andare fieri. Mi hai chiamata solo per dirmi questo?
-No, sciocchina. Indovina?
-ci ho già provato, me la fortuna non ha girato dalla mia parte-le disse.
-giusto. Allora te lo dico io: a Stars Hollow sta nevicando!-gridò talmente forte che persino Jess alzò gli occhi verso il telefono che Rory stringeva tra le mani.
-Anche a New York!
-è fantastico: stiamo vedendo la stessa neve nello stesso momento! Non era mai capitato prima d'ora!
-lo so, incredibile vero? Oh!- rispose alla madre sobbalzando all'improvviso quando sentì qualcuno sfiorarle il braccio per sfilarle la giacca.
-tesoro? Tutto ok?
-sì, certo. Pensavo di aver... visto un marziano- disse stupidamente e arrossendo alla risatina di Jess.
-Ti capisco, ultimamente ce ne sono tanti in giro. Se è moro, con lo sguardo di chi non deve chiedere mai e un fisico da paura invitalo a ber qualcosa. Se invece è verde e con le antennine evitalo: sarebbe contro le regole, non trovi?
-assolutamente- rispose osservando il suo marziano finire l'opera iniziata e appoggiare la giacca su una sedia poco distante.
-nulla di brutto accade quando nevica- le ricordò Lorelai.
-sì -rispose la figlia distratta da Jess che nel frattempo le si era nuovamente avvicinato da dietro e, dopo aver spostato i capelli che le coprivano le spalle, aveva iniziato a tracciarle il collo con piccoli e numerosi baci.
-Sei sicura che vada tutto bene? Ti sento strana stasera.
-non preoccuparti mamma, è tutto ok- cercò di rassicurarla mentre la bocca di Jess si avvicinava sempre più alla sua - ma ora devo andare, hanno suonato alla porta.
-io non ho sentito niente- protestò.
-ci sentiamo domani. Buonanotte, mamma- concluse la conversazione riattaccando velocemente mentre finalmente lui decideva di smettere di importunarla -ero al telefono con mia madre!- disse come se non fosse ovvio.
-ah, davvero?
-Maleducato!
-e ora cosa vorresti fare?- le chiese senza riuscire a smettere di ridere, soddisfatto per essere riuscito a riottenere la sua attenzione, seppur giocando sporco, e stringendola ancora una volta per la vita; -mettermi in castigo fuori dalla porta?
-No- rispose guardando quel sorriso che l'aveva fatta innamorare già una volta -ma una predica è esattamente ciò che ti ci vuole.
-una predica? Fa' attenzione, perchè mi hanno detto che sono bravo con le parole.
-anch'io- rispose mettendogli le braccia intorno al collo e avvicinando il viso al suo.
-ma anche con i silenzi...
-anch'io- ripetè lentamente prima di lasciare che la baciasse per primo.
Ripensò a sua madre e al modo frettoloso in cui aveva terminato la telefonata. Avrebbe dovuto richiamarla e darle spiegazioni, raccontarle cosa era successo nei minuti precedenti e seguenti la loro conversazione, chiarire il suo comportamento. Erano lontani i giorni in cui aveva capito di essere pronta e gliene aveva parlato poiché era stata lei ad insistere; ora le cose erano diverse, era cresciuta, aveva avuto altre storie, non era più una bambina. Ma la controparte era di nuovo Jess e questo cambiava tutto.
-che ne è della mia punizione-le chiese tra un bacio e l'altro.
-sei perdonato- gli rispose guardando con la coda dell'occhio la neve che continuava a cadere più fita e aveva ormai coperto il punto del balcone in cui erano stati fermi poco prima. Si strinse ancora più a lui rimasero abbracciati per diversi secondi; alzò la guancia dalla sua spalla e lo guardò negli occhi leggendovi esattamente i suoi stessi pensieri; avrebbe dovuto ringraziare la neve due volte: la prima per averle concesso di mettere fine alla posizione di stallo in cui si trovavano da mesi e la seconda perchè la diretta conseguenza di quello che era accaduto sarebbe stato l'esaudimento**del suo desiderio di inizio serata: non farlo andare via.
Sorrise e lo baciò di nuovo stanca di sentirlo solo vicino, desiderosa di sentirlo in lei.


*scusate, avevo scritto questo pezzo in inglese e la frase che avevo usato era perfetta, ma non ha un corrispettivo esatto in italiano e questa è la miglior traduzione che sono riuscita a trovare... dovrei imparare a pensare nella mia lingua, non in quella degli altri, ma con GG mi è praticamente impossibile e non so perché.
**è una parola della lingua italiana anche se suona così male. Il mio dizionario mi assicura che significa l'esaudire, il concedere una cosa, l'accogliere una richiesta.
e ora che finalmente si sono baciati che avete da dire? personalmente sono molto contenta!

Edited by Elena_R - 1/5/2005, 20:47
 
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Elena_R
view post Posted on 9/5/2005, 19:17




Fiore, spero di allietare la tua serata...

Capitolo ventisette

Il fastidioso clacson di un'auto entrò improvvisamente e con prepotenza nella sua testa, destandolo del tutto dallo stato di torpore in cui aveva fluttuato con piacere negli ultimi minuti. Cercò di concentrarsi di nuovo sul sonno facendo il possibile per non sentire i rumori della città già sveglia e arzilla, ma era inutile; aprì gli occhi e si stupì di ciò che vide: la stanza in cui si trovava non era la sua, a meno che durante la notte qualche invasato fosse entrato di soppiatto e avesse sostutuito le tende semplici e neutre delle sue finestre in altre rosa e a fiorellini bianchi che decisamente non si addicevano alla sua personalità. Davanti a lui una luce chiara filtrava attraverso uno spiraglio e, focalizzando la vista, i tetti imbiancati comparvero in tutta la purezza del loro colore candido ed innocente.
Le cose più belle accadono quando nevica.
La neve, un paio d'occhi azzurri lucidi per il freddo, le guance rosse per lo stesso motivo, la sua pelle bollente sotto le sue le sue dita... poi le sue labbra. Sorrise internamente al ricordo della sera precedente, la carezze, le sensazioni che aveva provato, la tensione di settimane di attesa che finalmente era scivolata fuori dal suo corpo lasciandolo a cullarsi in uno stato primordiale di tranquillità e incoscienza.
Si mosse per aggiustarsi il cuscino sotto la testa, ma qualcosa che non gli apparteneva gli fece pressione sullo stomaco: un braccio bianco e sottile in contrasto con la pelle scura della sua pancia risaltava spezzando in due parti il suo busto. Seguì con gli occhi quel sentiero chiaro che continuava sospeso sul materasso finchè divenne una spalla coperta dalla maglia che aveva indossato fino a poche ore prima, mentre il piumone la copriva fino all'altezza della vita.
Camminando all'indietro mentre cercava di arrivare alla ceca alla sua camera si scontrò con il muro. Sembrava che Rory non si fosse accorta di nulla perchè non aveva smesso per una solo attimo di baciarlo e di toccarlo; non sapeva per quale motivo, ma gli passò per la mente un pensiero strano: forse aveva paura che se ne andasse di nuovo e mantenere il contatto era l'unica soluzione che aveva trovato per accorgersene in tempo ed impedirglielo.
Sentendo un vuoto alla sua sinistra intuì che quella era la porta che aveva mancato durante il tentativo precedente; ricordando l'effetto avuto pochi minuti prima lasciò le sue labbra e si spostò sul collo mentre, tenendole le mani sui fianchi, la giudava verso l'interno della stanza senza ricevere segno di opposizione. Lei sembrò voler apporofittare di quella pausa per aprire gli occhi e cercare il bordo della sua maglia: ci mise un attimo e con una destrezza incredibile gliela sfilò. L'osservò stupito perchè, nonstante avesse imparato a conoscere Rory come donna, a volte faceva ancora fatica a scindere la nuova immagine da quella della sua ex-ragazza, mentre lei con noncuranza la lasciava cadere sul pavimento e tornava a concentrarsi su di lui.
-che c'è?- gli chiese riprendendo fiato.
-niente- le disse enfatizzando la sua risposta scuotendo la testa.
-sei sicuro? È per la maglia? Preferisci che l'appoggi da qualche parte vero? In effetti lì per terra non è proprio igienico... posso metterla su quella sedia---
-Rory- la interruppe ridendo -non mi importa nulla della maglia, puoi farne ciò che vuoi- continuò riavvicinandosi a lei e sentendo la sua pelle a contatto con quella della pancia di lei, che restava scoperta perchè la canottiera che indossava era troppo corta.
-davvero? Allora dopo me la presti?
-dopo?- le chiese divertendosi nel vederla arrossire.
-dopo- gli confermò prima che la baciasse di nuovo mentre il suo turno di svestirla era arrivato.

La sua schiena era rivolta verso l'alto, coperta in parte dai capelli che per metà erano sparsi sul cuscino; aveva l'aria serena e i lineamenti del viso potevano essere veramente quelli di un bellissmo angelo. La studiò con attenzione per un paio di minuti contando le volte in cui respirava; dietro di lei la sveglia a forma di ippopotamo seganva le 7.30 e, anche se gli dispiaceva interrompere quel sonno così pacifico, si rese conto che quella era una giornata come le altre: il lavoro aspettava entrambi e il momento di separarsi sarebbe arrivato prima o poi. Allungò la mano verso di lei e accarezzandole una guancia la fece sorridere; si chiese cosa stava sognando, se lui aveva avuto un posto nei suoi pensieri inconsci di quella notte.
-Rory- la chiamò a voce bassa -Rory...
-Mmmm- fu tutto ciò che ricevette in risposta, mentre il suo braccio lasciava il posto sullo stomaco che aveva occupato fino a quel momento e abbracciava il cuscino; -Hey, Jess- disse aprendo e chiudendo gli occhi per abituare la vista alla luce, -Jess?- aggiunse poi sgranandoli quando si rese conto della situazione in cui si trovavano.
-buon giorno- le rispose tentando di non pensare allo sguardo preoccupato che le era apparso in volto nell'istante in cui lo aveva visto.
-oh, buon giorno.
Sentì un nodo stringergli lo stomaco: dopo quello che era successo si aspettava come minimo un mezzo sorriso, invece stavano dividendo lo stesso letto e lei aveva l'aria di chi avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì insieme a lui.
-che ore sono?- gli chiese guardandosi intorno.
-le 7.30- le rispose vedendola sbiancare maggiormente dal terrore.
-le 7.30? è tardissimo!- gridò scattando fuori dal letto.
-tu non inizi mai prima delle 9.00- le ricordò guardandola girare freneticamente per la stanza alla ricerca dei suoi vestiti, convinto che stesse fingendo solo per liberarsi di lui il prima possibile.
-ho una riunione alle 8.30, accidenti, non arriverò mai in tempo. Ma dove l'ho messo?
Jess diede un'occhiata in giro e individuò l'unico indumento che Rory non aveva tra le mani; alzandosi raccolse il reggiseno che si trovava ai piedi delle letto: -cerchi questo?
Gli sembrò che gli occhi le dovessero uscire dalle orbite da un momento all'altro tanto li aveva spalancati; pensò che avrebbe fatto meglio a calmarsi o l'avrebbe fatta ricoverare per un esaurimento.
-grazie- rispose in fretta prendendo ciò che le apparteneva -io faccio una doccia veloce, tu... vestiti, poi... oh- s'interruppe accorgendosi dell'indumento che stava indossando -la tua maglia.
La vide guardarsi indecisa se toglierla in quella stanza o no, poi immaginò una lampadina accendersi sulla sua testa e un attimo dopo era entrata in bagno lasciando la porta socchiusa giusto il tempo di svestirsi e lanciargliela senza fargli vedere altro che la candida pelle del suo braccio.
Come se non ti avessi già visto nuda, disse tra sè raccogliendola e iniziando a vestirsi; sentiva indosso il suo profumo mentre, nel silenzio della casa, il suono dell'acqua della doccia gli faceva compagnia. Dopo aver messo le scarpe si passò una mano tra i capelli disordinati non per dar loro una forma precisa, ma perchè nonostante fosse sveglio da solo cinque minuti era già esausto. Restare con le mani in mano rischiava di farlo impazzire e quindi, dopo un'ultima occhiata al letto disfatto in cui prima aveva dato per scontato un cambiamento radicale nella sua relazione con lei, andò in cucina per preparare un caffè di cui per primo sentiva il bisogno.
Alla luce dei fatti, quella che aveva ritenuto la cosa più giusta da fare si stava rivelando un madornale errore eppure aveva preso ogni precauzione possibile: era successo tutto in un modo forzatamente lento per far sì che avesse il tempo di riflettere e capire se quello era ciò che voleva anche lei, le aveva dimostrato che le sarebbe stato vicino sempre, nei momenti più felici, come il ringraziamento che avevano trascorso insieme alle loro "famiglie", e in quelli meno gioiosi, per esempio la recente perdita del lavoro alla CNN o la rottura con Matt; le aveva dato il tempo per pensare a lui e per scegliere tra loro in modo da essere certa che lasciare quel contabile da quattro soldi fosse ciò che desiderava realmente; gli era sembrato di sentire in quelle settimane che i sorrisi di Rory non fossero quelli di un'amica, che alcune delle sue parole avessero un significato nascosto dietro l'apparenza; quando gli aveva parlato della neve e chiesto se ci fosse qualcosa che desiderava aveva creduto che fosse giunta l'occasione che stava aspettando da tempo e si era avvicinato per baciarla: non l'aveva mai vista così bella e non aveva mai desiderato più che in quel momento di toccarla, stringerla, tenerla vicino a sè e sentire che era vera. Il bacio non era importante, il contatto fisico era ciò che voleva, ciò che gli avrebbe fatto capire fino a che punto era disposta a rischiare per lui. Facendo il primo passo le aveva silenziosamente dichiarato il suo desiderio ed era toccato a lei decidere se esaudirlo oppure no. Si era illuso che quel bacio fosse il via libera a ricominciare tutto d'accapo; ora invece lui se ne stava in piedi ad aspettare che il caffè fosse pronto, disponibile a prepararne una tazza anche per lei che era nascoasta in bagno probabilmente a a chiedersi come aveva potuto permettere che tutto ciò accadesse.
Muovendo il braccio la manica si impigliò per alcuni secondi alla fibbia della cintura; la sganciò e si guardò intorno alla ricerca di qualcosa da mangiare nonostante avesse lo stomaco chiuso: cercava solo di occupare la mente ma l'ennesima memoria della sera prima, ancora vivida nella sua mente, si fece largo tra i cancelli che aveva chiuso e si autoproiettò su uno schermo gigante all'interno del suo cranio:
La pelle di Rory bruciava sotto le sue mani; facendole scivolare ovunque fosse possibile sperò che fossero abbastanza fresche da darle un senso di sollievo ed evitare che andasse a fuoco. Una delle sue dita passò sotto la bretella del suo reggiseno e la fece scendere lentamente dalla spalla sulla quale si avventò come un avvoltoio affamato. Le mani di lei, gelide rispetto al resto del suo corpo, iniziarono a giocare con la cintura che teneva ai suoi jeans sfiorandogli la pancia già nuda. Per la seconda volta quella sera tornò a riflettere coerentemente e la fermò.
-Jess- disse Rory cercando di capire il motivo di quell'improvviso arresto da parte sua.
-siamo ancora in tempo per fermarci- le spiegò guardandola negli occhi e facendo un enorme sforzo per trattenersi dal fregarsene di tutto, di lei, del loro futuro e riprendere da dove l'aveva stupidamente fermata. Ma quella davanti a lui non era una qualunque, era Rory e con lei non poteva prendere le cose alla leggera; -se andiamo avanti cambierà tutto.
-non vuoi che succeda?- gli chiese facendo un passo indietro imbarazzata per la posizione in cui si trovava, per il modo in cui si era lasciata andare. Jess capì immediatamente ciò a cui stava pensando e alla intrepretazione sbagliata che stava dando alle sue parole.
-Lo voglio, - la rassicurò seguendo i suoi passi e fermandola per le spalle -lo voglio -ripetè -ma tu devi essere sicura perchè poi...- lasciò in sospeso guardandola neglio occhi sperando capisse senza l'aiuto della parole: perchè se se ne fosse pentita la loro amicizia sarebbe stata completamente compromessa, perchè sostare nella stessa stanza sarebbe diventato imbarazzante, perchè poi l'avrebbe persa di nuovo. E stavolta per sempre.
-lo voglio anch'io, Jess- gli disse sorridendo tornando tra le sue braccia.
-allora quando domani ti sveglierai non fuggirai in Messico per evitarmi?- le chiese disposto a credere ad ogni risposta gli avrebbe dato.

Poteva rivivere tutto, studiare con attenzione ogni sua parola, ogni sorriso, ogni sguardo o movimento cercando di trovare la prova che stesse mentendo, che volesse solo la notte di sesso che si erano persi da ragazzi, ma più faceva tutto ciò più era certo che fosse sincera, che come lui lo voleva davvero. Rory gli era sembrata certa: ieri sera era stato tutto perfetto, ma forse si era trattato dell'illusione di quella maledetta neve.
Il rumore di una porta che si apriva e dei saltelli lo scosse e notò che il caffè era pronto; lo versò meccanicamente in due tazze mentre lei usciva di corsa cercando di infilarsi le scarpe e il cappotto contemporaneamente.
-ascolta- gli disse col fiatone -fa' con comodo, l'importante è che quando esci chiudi bene la porta, ok? Ti lascio le mie chiavi di riserva- continuò finendo di prepararsi e sorridendo con gratuitudine quando le allungò la tazza fumante -grazie!
-di niente- le rispose con freddezza senza nemmeno guardarla mentre lo diceva. Stava facendo finta che nulla -la sera prima, la loro notte, quella mattina- fosse accaduto e lui era talmente nel pallone da non sapere più che pesci pigliare. Nessuno dei due disse più niente e l'unico suono che seguì le sue parole fu il rumore della tazza che Rory appoggiò sul tavolo e poi quello dei suoi tacchi sul pavimento che si facevano sempre più lontani. Avrebbe potuto fermarla e costringerla a parlare, ma preferì rinunciare, deciso a dimenticare tutto per sempre: quella sera sarebbe uscito, si sarebbe ubriacato e avrebbe trovato una ragazza facile che potesse aiutarlo a togliersi Rory dalla testa almeno per un paio d'ore, esattamente come Sean aveva predetto.
D'un tratto però i tacchi ebbero un ripensamento: si fermarono e ripresero a camminare nella direzione opposta, verso di lui. Alzò gli occhi appena in tempo per vedersi riflesso nei suoi occhi blu e sentire le labbra di Rory sulle sue. Per un attimo dimenticò come baciare e dove mettere le mani, ma si riprese in fretta ricambiando il gesto e stringendola a sè. Se avesse potuto guardarsi in uno specchio probabilmente non avrebbe riconosciuto l'uomo sorridente e felice che si trovava di fronte.
-credevo che non l'avresti mai fatto; ho pensato che...
-la fretta- lo interruppe -non capisco più niente quando sono sottopressione, scusa.
-sei perdonata- le sussurrò sfiornadole la fronte con la bocca e lasciandola libera dalla sua presa -ti telefono più tardi?
-ok e grazie per il caffè- gli disse allontanandosi e uscendo definitivamente senza avere ripensamenti.
La seguì con lo sguardo e la osservò scomparire dietro la porta; quando fu certo che non sarebbe tornata si sedette su una delle sedie cercando di riprendere a respirare regolarmente.
-Allora quando domani ti sveglierai non fuggirai in Messico per evitarmi?
-No.

Rimase immobile per diversi secondi ad ascoltare il silenzio in cui era ricaduta la casa e sorrise di se stesso, perchè quello poteva essere il suo futuro, sicuramente anticonvenzionale: la donna di cui era certo essere innamorato in continua corsa e lui a casa a preparare il caffè.
Come prospettiva non suonava nemmeno tanto male.

Quando aveva deciso di lasciare Stars Hollow e dirigersi a New York per essere più vicina alla figlia in un momento difficle come quello che stava vivendo aveva creduto di trovarsi davanti la versione affranta e tragica di Rory; si era preparata per coccolarla, imboccarla con chili di gelato guardando vecchi film che le avrebbero ricordato le serate dell'infanzia e dell'adolescenza. Non aveva messo in conto l'ipotesi che avesse potuto riprendersi da sola o con l'aiuto di qualcun altro.
Le sembrava serena e soprattutto non le dava l'impressione di una che stesse mentendo o che fingesse di essere ciò che non era.
-sei sicura di stare bene?- le chiese appoggiando sul tavolino di fronte a sè la tazza vuota.
-va tutto bene, mamma, te l'ho già detto- le rispose per l'ennesima vola quella sera- il lavoro procede alla grande, ho conosciuto molte persone nuove e due giorni fa una ragazza mi ha addirittura chiesto un autografo: non potrebbe andare meglio.
-lo so, ma con quello che è successo con quegli idioti della CNN...
-pensavi che volessi tentare il suicidio?
-non proprio, ma...
-Cerco di non pensarci- le rispose guardandosi le mani che giocavano nervosamente con i suoi pantaloni all'altezza delle ginocchia -ormai è fatta. Comunque non mi hanno chiuso tutte le porte e ho solo ventiquattro anni e tutto il tempo necessario per riprovarci.
-mi sorprendi- le confessò piacevolmente meravigliata da quell'improvviso ottimismo-non sembrano nemmeno parole tue.
-ho sempre fatto una tragedia di tutto- le disse tralasciando che quelle in effetti erano le parole dette da Jess per consolarla- ma stavolta non serve. Basterà impegnarmi di più, lavorare sodo e dimostrare a tutti che merito di avere quel posto. Devo solo essere paziente e lasciare che il tempo svolga il suo corso- concluse sbadigliando.
-ti annoi ad ascoltare i tuoi stessi discorsi?- la prese in giro Lorelai sorridendo -sei stanca? È colpa mia, sarei dovuta arrivare prima, ma con tutto quello che è successo al Dragonfly stamattina...- si scusò.
-non preoccuparti-la rassicurò arrossendo mentre evitava accuratamente di confessarle che la notte precedente aveva dormito poco e in particolar modo i motivi che l'avevano "costretta" a restare alzata -l'importante è che nessuno si sia fatto male.
-è stata una fortuna che non ci fossero clienti in veranda quando quelle tegole sono cadute dal tetto o sarebbero stati guai seri.
-chi hai chiamato per le riparazioni?
-ci hanno pensato Luke ed alcuni amici. Hanno iniziato a lavorare in tarda serata e sono rimasta con loro per aiutarli; speravo che facessero tutto più in fretta, invece si sono dilungati tantissimo.
-dimentica il ritardo, mamma, tanto saremmo rimaste lo stesso alzate fino a tardi, no?
-giusto- rispose Lorelai finendo l'ultimo pezzo di pizza- Ho provato a chiamarti oggi pomeriggio durante la pausa pranzo, ma il tuo telefono era sempre occupato.
-beh... - tentennò Rory prima che la madre l'interrompesse con una delle sue supposizioni: -importanti telefonate di lavoro coperte dal segreto di stato? Qualche scoop?- le chiese emozionata. Sorrise di fronte al suo entusiuasmo per il lavoro di giornalista e sorrise ancora di più ripensando al modo in cui aveva accupato quella pausa.
"L'articolo su Jess Mariano è stata una piacevole sorpresa, lesse sul suo computer, e ora che conosco qualcosa su di lui la mia ammirazione nei suoi confronti è decisamente aumentata. I suoi libri erano misteriosi esattamente quanto la sua figura e credo che Lei abbia dovuto faticare molto per riuscire a scucirgli di bocca quelle poche rivelazioni. Non avrei mai immaginato che una persona all'apparenza così fredda (la foto che è stata allegata all'articolo mi dà questa sensazione) dovesse tutto il suo recente successo ad una ragazza di cui era innamorato da giovane".Sorrise all'ennesima e-mail ricevuta da una lettrice che si riferiva a Jess. Da quando l'articolo era stato pubblicato erano in molti a scriverle incitandola a battersi per un secondo round con lo scopo di scoprire qualcos'altro della sua vita, della sua persona e della sua passione per la scrittura. La maggiorparte di essi avevano parole dolci e di conforto nei confronti di entrambi e Rory decise che avrebbe stampato tutti quei messaggi e glieli avrebbe fatti leggere. Continuò nella lettura soffermandosi su una frase in particolare: dev'essere stato un grande amore se dopo tanti anni scrive pensando a lei.
Il telefono squillò e rispose distrattamente mentre rileggeva le parole di quella Emily di Washington: -Lorelai Leigh Gilmore.
-Non posso dirle chi sono ma ho delle informazioni riservate sul candidato al posto di sindaco alle prossime elezioni- disse una voce che riconobbe all'istante ingigantendo maggiormente il sorriso che aveva già da alcuni minuti -si creerebbe uno scandalo di enormi proporzioni, forse più grande del sex gate Clinton/Lewinsky. Incontriamoci in segreto e le dirò tutto.
-Non esco con gli sconosciuti- gli rispose -ma se per caso ti chiami Jess e sei uno scrittore potremmo combinare qualcosa, soprattutto perchè ho qualcosa per te.
-per me? Devo preoccuparmi?
-assolutamente no, è qualcosa che ti farà molto piacere.
-ah, sì?
-sì, ma non è quello a cui stai pensando. Coinvolge entrambi, debitamente vestiti, a distanza di sicurezza e una montagna di e-mail da parte dei tuoi ammiratori che non fanno altro che scrivermi chiedendo di intervistarti di nuovo e scoprire qualcos'altro su di te.
-credo che tu abbia già scoperto tutto quello che c'era da scoprire, non ho segreti per te- le rispose maliziosamente - però per quanto riguarda le interviste, mi dispiace, ma ho già dato. Non ho intenzione di sottopormi di nuovo volontariamente a quella tortura.
-mi era sembrato di capire che ti fosse piaciuta.
-sì, non è stata male, ma le conseguenze sono catastrofiche: la mia scrivania è sommersa da lettere, il mio account è imballato, è stato addirittura fondato un sito web ufficiale su di me da mia sorella e le sue amiche e ovunque spuntano persone che vogliono farsi autografare un libro o l'altro. Due ragazze stamattina volevano che scrivessi una dedica sulle loro pancie! Era davvero necessario pubblicare una mia foto?
-non avevi detto nulla in contrario.
-devo ricordarti la nostra conversazione?- le chiese -tu mi hai detto "Hey, sarebbe bello mettere una foto di fianco all'articolo" e io ho risposto " certo, come essere preso a schiaffi".
-Quel certo mi suona come un'autorizzazione, Jess.
-non faccio causa al Times solo per evitarti un licenziamento. Adesso che ci penso dovresti ringraziarmi.
-cercherò di rimediare- sussurrò arrossendo al ricordo di quella notte e di altre che si sarebbero susseguite. Non le disse nulla e lei lo immaginò seduto alla sua scrivania, immobile, col telefono all'orecchio e il suo stesso sorriso sulle labbra. Si erano lasciati solo poche ore prima, ma già sentiva la sua mancanza: era come una droga che una volta assunta creava dipendenza. Dopo la confusione di quella mattina e la fretta per la riunione non avevano potuto discutere tranquillamente, non aveva avuto il tempo di dirgli cosa provava davvero, non dopo quello che era accaduto quella notte, ma da quando era rientrato nella sua vita. C'erano molte cose per cui doveva ringraziarlo e fortunatamente aveva la possibilità di farlo nel miglior modo possibile. Non sapeva che Jess si sentiva allo stesso modo.
-e tu cosa stai facendo?- gli chiese.
-sono al telefono con te.
-intendevo prima di chiamare me.
-ho parlato con Sean; ti saluta.
-oh, e gli hai detto di...- non finì. Era un suo amico e tra uomini le conquiste erano gli argomenti primcipali di conversazione, giusto?
-No, è un pettegolo- le disse -nel giro di dieci minuti tutta Los Angeles ne sarebbe al corrente.
Non rispose nulla e si sentì delusa: non voleva che si sapesse di loro? I suoi pensieri erano più veloci della sua volontà e non riusciva a controllarli per evitare di trarre conclusioni sbagliate. Jess sembrò riuscire dove lei stava fallendo e la rassicurò quasi leggendole nella mente: -ma glielo dirò... di persona.
-di persona? Vuole tornare a New York?
-no, ha detto che non rimetterà mai più piede su un aereo, ma mi ha chiesto di tornare in California. Si tratta di pochi giorni, una settimana al massimo.
-capisco- disse faticando a scandire le sillabe per via di un nodo in gola. La paura di perderlo di nuovo ora ch l'aveva ritrovato le impediva di respirare e non importava che le giurasse che era solo per pochi giorni, perchè in ogni momento avrebbe potuto decidere di annullare la prenotazione del volo di ritorno.
-pensavo che potresti venire con me- lo sentì aggiungere con esitazione mentre il suo respiro diventava ancora più irregolare seppur dopo quella proposta il motivo fosse diverso dal precedente.
-cos'hai detto?- gli chiese temendo di aver capito male. Jess non ripetè la sua domanda, sicuro che non ce ne fosse il bisogno: -hai detto di non esserci mai stata, giusto?
-giusto, ma...
-non devi sentirti obbligata- le disse- è un invito per passare un po' di giorni lontani da New York, vedere un posto nuovo, i posti in cui ho vissuto, qualcuno dei miei amici, l'Inferno di Jimmy. So che hai un lavoro e delle responsabilità e se rifiuti posso capirne le motivazioni.
-dovremmo passare un'intera settimana insieme?- gli chiese, perchè era l'unica cosa a cui riusciva a pensare.
-sì, beh... avrò del lavoro da sbrigare, ma per quanto riguarda il tempo libero credo proprio che sarai costretta a stare con me, a meno che tu decida di trasformarti in Janie e farmi sparire...
-ok- lo interruppe.
-ok?
-sì, mi farebbe piacere venire- disse pensndo alla casa che lo aveva accolto quando aveva lasciato la costa orientale, alle persone che erano diventate parte della sua vita mentre lei non c'era, all'oceano e alla spiaggia che suo padre avrebbe voluto sposare -devi solo dirmi esattamente quando, così potrò prendermi quanche giorno di ferie dal giornale.
-d'accordo, lo farò.
-ho sentito mia madre stamattina- iniziò cambiando discorso – verrà per il week end: arriva stasera.
-capisco- le rispose capendo che ciò che intedeva comunicargli era che non avrebbero potuto passare quella serata insieme -io ho una cena di lavoro, ma appena finisco posso passare a salutarla.
-le farebbe piacere- disse sollevata: aveva temuto di non poterlo vedere; sarebbe stata capace di sgattaiolare fuori casa in piena notte e attraversare la città infestata di ogni specie criminale solo per poter stare con lui cinque minuti.
-solo a lei?
-no, credo che farebbe piacere anche a me- scherzò- soprattutto se venendo ti fermassi in quel negozio che resta aperto ventiquattr'ore su ventiquattro e mi portassi quel delizioso dolce che abbiamo comprato il mese scorso per la festa di compleanno di Juan.
-huh, avrei dovuto immaginare che il tuo interesse per me aveva dei fini precisi.
-Jess?
-che c'è?
-nemmeno io le ho detto nulla- gli spiegò, perchè non c'era ancora nulla di chiaro tra loro e avrebbero dovuto discutere prima di svelare a lei o Luke o qualcun'altro dei loro genitori che si stavano ricomponendo come coppia -forse è meglio se parliamo prima di dirlo a mia madre.
-sì, credo anch'io che...
-se potessi tornare indietro nel tempo- lo interruppe prima che potesse aggiungere altro -rifarei tutto senza cambiare nulla.
-magari avremmo potuto puntare la sveglia...- disse facendola sorridere- ma la penso esattamente come te, Rory.
Respirò profondamente e rimase in silenzio per lasciare che quelle parole raggiungessero le sue orecchie e restassero perfettamente impresse nella sua testa.
-ora però devo andare-lo sentì dire a malincuore.
-ok- rispose senza riuscire a stare ferma sulla sedia- allora a stasera.
Aspettò di sentire il suono del suo telefono segnalarle che la comunicazione era stata interrotta per riattaccare; portandosi le mani sulla faccia si rese conto di non aver quasi mai smesso di sorridere durante gli ultimi minuti e le sembrava impossibile sentirsi più felice di quanto fosse in quel momento. Era eccitata e aveva tanta energia da scaricare, quindi senza pensarci due volte afferrò nuovamente il ricevitore e con furia digitò un altro numero, tamburellando impazientemente sulla scrivania le sue unghie in attesa che qualcuno rispondesse.
-pronto?- disse la voce che stava cercando.
-Lane, sono io. Ho una notizia incredibile da darti...

-sì, importanti- rispose ricordando di aver trascorso l'intera pausa destreggiandosi al telefono prima con Jess poi con Lane. Sentì lo sguardo di Lorelai studiarla intensamente; -sei proprio strana figlia mia... ieri la storia del marziano, oggi invece non la smetti un attimo di sorridere: c'è qualcosa che vuoi raccontare alla mammina?
Rory, non riuscendo a togliersi il sorriso e l'espressione colpevole dalla faccia, fece per parlare, ma nonappena aprì la bocca il campanello di casa suonò.
-No!- gridò la madre disperandosi, impaziente di sapere cosa stava succedendo alla figlia -Non ora! Si può sapere chi è il pazzo che va a suonare a casa della gente a mezzanotte passata?
-ne parleremo dopo- le disse alzandosi e correndo raggiante ad aprire.
-è tardi, lo so, ma ero certo che foste ancora in piedi.
-sei in perfetto orario...- gli rispose addocchiando tra le sue mani la busta contente il dolce che aveva richiesto -... per mangiare con noi il dessert.
La seguì in sala, dove sua madre era seduta pensierosa e la sua aria seria lo preoccupò per un istante perchè con lei doveva sempre tenere alta la guardia per non rischiare di inimicarsela per la seconda volta da quando la conosceva.
-è Jess con quel dolce paradisiaco di cui ti ho parlato- le disse Rory dopo averglielo letteralmente strappato dalle mani.
-Jess, sapevi di essere il nostro uomo preferito?
-immagino di aver vinto la competizione con lo zio Luke e il suo caffè, allora. Come stai?- le chiese cercando di mostrarsi il più beneducato possibile per non iniziare col piede sbagliato.
-a parte un piccolo incidente con le tegole del tetto del Dragonfly direi che va tutto a meraviglia.
-e...?- mugugnò impacciato indicando la sua pancia facendola sorridere per quell'incapacità di dire la parola "bambino".
-Sta benissimo: è piccolo e tranquillo. Spero che non abbia intenzione di diventare il nuovo Pelè, perchè non sono abituata ad avere degli sportivi in grembo. Pensa che a volte dimenticavo di essere incinta di Rory perchè lei era così calma...- disse senza far capire quanto fosse sorpresa dalla scena a cui si trovava ad assistere: erano in piedi, uno di fianco all'altra, vicini, troppo vicini; la spalla di Rory sfiorava quella di Jess il quale di tanto in tanto la guardava con la coda dell'occhio e con uno sguardo simile a quello di un innamorato. Lorelai ebbe la strana sensazione di essere il terzo incomodo e sua figlia dovette percepire il suo disagio perchè all'improvviso si allontanò da lui e scomparve in cucina con la scusa che il caffè era finito e che non si poteva gustare quel dolce senza una buona tazza di elisir ambrato.
-allora- continuò quando fu sola col ragazzo più pericoloso che la su bambina avesse mai incontrato -come va il lavoro?
-bene. Ci sono molte cose da fare, ma è gratificante. Inoltre tra un paio di settimane andrò a Los Angeles.
-per sempre?- gli chiese allarmata e sorpresa di se stessa: temeva che Jess si ritrasferisse lontano da lei e Luke? Era impazzita?
-No, solo qualche giorno.
-oh- disse rilassandosi -tu non hai impegni domenica, vero?
-non credo. Perchè?
-il mio caro marito verrà in città e sono sicura che gli farebbe piacere vederti: dopo il Ringraziamento tu e Rory siete letteralmente spariti.
-ci sarò, non voglio perdermi l'occasione di stuzzicare un po' il vecchio zio Luke- le rispose facendola sorridere poco prima che scovasse sul tavolino da caffè alcune riviste: -oh! Cosmo! Lo adoro, tu no?
-ad essere sincero- le disse fissandola sconcertato dalla sua domanda -non è tra le mie letture preferite.
Loreali sbuffò e defcise di ignorarlo, concentrando invece tutta la sua attenzione sulle pagine patinate di Cosmopolitan. Sentendosi libero dagli obblighi del cerimoniale, Jess si voltò e si diresse in cucina dove Rory stava tagliando con precisione enormi fette di torta.
-Hey.
-Hey- gli rispose leccandosi le dita sporche di cioccolato -mia madre ha trovato Cosmo? L'ho sentita gridare di gioia.
-e mi ha chiesto se l'adoro- le rivelò preoccupato per la sua salute mentale.
-per lei chiunque, uomini compresi, dovrebbe venerarlo. Ammetto che ci sono alcuni reportage interessanti, ma preferisco altre letture.
Jess sorrise sentendole pronunciare le sue stesse parole: -ora cosa stai leggendo?
-rileggo Ginsberg- rispose cercando di nasconere un sorriso.
-che coincidenza, anch'io.
-Urlo.
-Urlo- le fece eco -siamo irrecuperabili- aggiunse scuotendo la testa e mettendo il caffè pronto sul vassoio in cui lei aveva disposto il dolce.
-lo credo anch'io- disse osservandolo avvicinarsi lentamente -Jess, dovremmo parlare.
-tua madre è di là, non possiamo farlo ora.
-nè domani, nè domenica- sospirò -sarà difficile mantenere il segreto.
-non resta molto da dire, abbiamo già messo in chiaro le cose importanti, no?
-per esempio?
-non rimpiangiamo nulla- contò alzando un dito e poi il secondo- tu non mi stai evitando, io non sono ancora uscito con altre ragazze...
-e non azzardarti a farlo o ti taglio le gambe- lo minacciò mentre le sorrideva e abbassava le mani sui suoi fianchi -non sono proprio il tipo da relazioni aperte.
-allora è una relazione- affermò- visto? Un altro passo avanti.
-non scherzavo ieri sera- gli disse restando seria- non è stato un gioco o la storia di una notte.
-siamo d'accordo anche su questo e concludendo direi che stiamo ufficialmente insieme.
-sì?
-sì.
Fecero l'unica cosa che avevano entrambi desiderato fin dal momento in cui Rory aveva aperto la porta: si baciarono. Fu lento, profondo e sensuale, il primo bacio come coppia, primo di una lunga serie, seguito di altrettanti interrotti per alcuni anni perchè cercavano di trovare se stessi e realizzare i loro sogni.
-ora però devo andare- le disse a bassa voce allontanando da lei solo le sue labbra, continuando a stringerla.
-non resti nemmeno per la torta?- lo pregò.
-ho del lavoro da sbrigare.
-a quest'ora?- gli chiese incredula.
-ho bisogno di scrivere.
-di notte?
-è il momento migliore- le spiegò – e se scrivo adesso domani sarò un uomo libero e potremo stare insieme. Per distrarre tua madre potei chiedere a Liz di unirsi a noi, no?
-hai pianificato tutto, eh?- domandò dandogli un bacio sul collo sentendosi sempre più vicina a lui perchè le sue braccia la stringevano così forte che credeva di essere diventata una cosa sola col suo corpo.
-faccio del mio meglio.
-sicuro di non voler restare ancora un po'? Cinque minuti?
-avevo voglia di vederti- le confessò zittendola per alcuni secondi- volevo solo darti la buona notte.
-grazie- rispose sorridendo e sfiorando nuovamente le sue labbra prima che l'urlo di sua madre la facesse sobbalzare: -questo caffè è pronto? Mi sto addormentando.
Sospirarono entrambi, non ancora pronti a separarsi ma costretti a farlo dalle circostanze, e rientrarono in sala corredati di caffè e torta sui quali Lorelai si avventò: -mmm, buonissimo. Ricordami di farne una scorta e portarla a Stars Hollow.
-io credo che ad Hartford le vendano- le assicurò Jess.
-lo so, ma almeno potrò dire che vengono direttamente dal mio personale fornitore di New York. È più glamour.
-naturalmente- rispose non stupendosi quasi più della sua bizzarria- Lorelai è stato un piacere rivederti, ma ora che ho compiuto il mio dovere devo andare.
-e non mangi?- gli chiese con la bocca piena.
-no, puoi prendere anche la mia fetta- le concesse inutilmente perchè l'avrebbe fatto lo stesso anche senza il suo permesso.
-grazie!- rispose sorridendo e facendo suo anche il suo piatto- l'aria di questa città deve avere qualche componente particolare, perchè oggi anche tu sei strano: gentile ed educato. Come mai?
-beh- le disse dando un'occhiata furtiva a Rory -ieri ha nevicato, dev'essere per quello.
-non sapevo che fossi il tipo a cui piace la neve.
-infatti, ma credo che d'ora in avanti la guarderò con occhi diversi.
-vuoi farti un trapianto?- gli chiese ridendo da sola.
-a domani- rispose decidendo che fosse meglio ignorare quel commento e voltando le spalle per uscire.
-domani?- si chiese – ma io ho parlato di domenica, non di domani! Hey!
-ti accompagno- disse Rory quasi vergognandosi dello stato di degenerazione che sua madre aveva raggiunto.
-all'improvviso hai dimenticato la strada per la porta?- continuò rivolgendosi a Jess che stavolta non stette con la bocca chiusa: -la prossima volta sbriciolerò la torta così non rischierò di perdermi.
-ora sì che ti riconosco!- gridò Lorelai trionfante mentre lui e Rory sparivano nell'ingresso al quale la sua vista non aveva accesso a causa della parete che lo separava dalla sala.
-l'hai insospettita – disse la ragazza quando furono alla porta lontani da orecchie indiscrete -ora mi farà mille domande, lo sai?
-e tu rispondile.
-e cosa le dico?- chiese mentre Jess, fingendo di pensare intensamente, l'avvicinava a sè e le sussurrava la sua risposta in un orecchio: -dille che sono meraviglioso, che bacio come un dio- la baciò -e che ti adoro.
-no -gli disse sorridendo – terrò queste cose per me e le dirò qualcos'altro.
-dille almeno che sono meraviglioso e che ti adoro: mi faresti guadagnare dei punti.
-non ne hai bisogno, le piaci molto.
-le piacevo quando non stavamo insieme -le ricordò.
-le piaci ancora, fidati di me. Buona notte, Dodger.
-'notte, Rory- le augurò staccandosi da lei malvolentieri e sparendo dopo aver sceso un paio di gradini delle scale. Rory chiuse la porta e respirò profondamente mentre ripercorreva il piccolo spazio che la riportava in sala dove Lorelai era seduta sul divano con le gambe incrociate e lo sguardo più serio che mai. Sperò che Jess non avesse ragione e si sedette di fianco a lei senza però riuscire a nascondere la propria felicità, che contagiò anche sua madre, perchè in un attimo la sua espressione si addolcì: -allora signorina, prima che Hansel ci interrompesse cosa stavi dicendo?
Sorrise e si strinse uno dei cuscini al petto: -mi ha fatto innamorare di nuovo di lui.


e la prox settimana.... sapete già cosa vi aspetta!
 
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Elena_R
view post Posted on 10/5/2005, 23:07




che sbadata! ieri ho postato il capitolo in fretta perchè avevo da fare e mi sono dimenticata una cosa importantissima: il 9 maggio 2004 ho postato Ritorni sul forum ed è passato un anno esatto, quindi mi pare doveroso fare gli auguri alla mia creatura: Happy birthday, Baby!!! (tributo alle gg della terza serie...)
 
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Elena_R
view post Posted on 15/5/2005, 20:01




Prima di lasciarvi alla lettura dell'ultimo capitolo di "Ritorni" trovo doveroso ringraziare tutti coloro che per un intero anno mi hanno seguito in quest'avventura. Spero di non aver dimenticato nessuno:
in primis PhiPhi e Silvia, le quali ad occhio e croce mi hanno lasciato il numero maggiore di commenti; Lavanda, JoMarch, Gloria_ita, Ozzina, Legolari, Sunev, MARINA, Klaretta, Rory, MewStefy, M@ry89, MangyJJ, Erika89, Erika-, Miss.JR, Fiore, Charolastras e Layla, alle quali aggiungo i ringraziamenti anche per i commenti lasciati per "Le parole che non ti ho detto" e "True Love" che vanno alle mie lettrici e commentatrici più accanite: JoMarch, Lavanda, PhiPhi, Silvia, Pheebe, Layla, Erika89 e Hypa82.
Ovviamente non posso dimenticare Morganalafata, le cui e-mail di commento sono sempre dolcissime, e Caterina di Stars-Hollow.org.
Un grazie specialissimo e un abbraccio enorme va a Pheebe, che ospita le mie ff sul sito e che è assolutamente fantastica, e a Castagna, che dopo la chiusura di LiteratiItalia ha continuato a leggermi e farmi sentire la sua presenza.

L'ultimo paragrafo, quello che mi dava dei problemi è stato completamente cancellato, ho deciso che era inutile e non valeva la pena rovinare tutto per lui.
E ora...

Capitolo ventotto

Sbadigliando con ancora gli occhi chiusi allungò la mano e ciò che tastò fu solo il lenzuolo freddo. La casa era immersa nel più assordante silenzio e, a discapito del sole priverile che scaldava l'aria, si sentiva gelare; ancora assonnato dopo l'ennesima notte trascorsa sveglio a guardarla per imprimere nella memoria ogni tratto del suo viso, le ancora quasi invisibili rughe introno agli occhi, le sfumatura argentata che i suoi capelli prendevano sotto il riflesso di un raggio di luna, fece leva sulla braccia e si alzò inciampando immediatamente in una pila di libri che si rovesciò sul pavimento con un tonfo che fece eco nella desolazione dell'appartamento. Non li raccolse, ma li lasciò sparsi: una delle ultime tracce di lei che avrebbe voluto tenere in casa.
Cercò nell'armadio una felpa più pesante che non gli facesse sentire l'inverno nelle ossa, ma quella tremenda sensazione aumentò di colpo quando gettò l'occhio sulla metà del mobile che non gli apparteneva più da ormai quattro anni: era vuota, quasi completamente spoglia dei vestiti che ora ne stavano perfettamente piegati nell'enorme valigia arancione che individuò immediatamente ai piedi del letto. Richiuse le ante dopo aver afferrato la maglia dell Università della California e caminò velocemente in cucina senza mai voltarsi indietro; aprì il frigo che si trovava nella stessa condizione del letto e dell'armadio: nessuno dei due era mai stato particolamente portato al ruolo di casalingo e mille volte si erano ritrovati a ridere di fronte alla loro cucina paradossalmente sprovvista di cibo rimediando con pizza, cinese o indiano. Sul fornello gli aveva lasciato un biglietto e del caffè: se lo versò e iniziò a berlo sentendo le lacrime agli occhi per quanto era dannatamente forte. Lasciò la tazza incustodita sul tavolo e lesse le due righe che gli aveva scritto con la sua calligrafia elegante e delicata: era uscita per comprare le ultime cose e appena sarebbe tornata, intorno alle 10.00, sarebbero partiti per Stars Hollow. Controllò l'orologio che aveva al polso: le 10.30, era già in ritardo. Tornò in camera per raccogliere un paio di maglie e pantaloni da mettere in un borsone per quel week end -l'ultimo insieme- che avrebbero passato nella città di taylor e dove Rory sarebbe stata di tutti tranne che sua.
Si sentì nauseato al pensiero di rimettere piede laggiù dove, nonstante gli anni e il suo non essere quello di una volta, non riusciva ancora a sentirsi il benvenuto: Kirk lo seguiva ovunque andasse per controllarlo, Taylor continuava ad accusarlo per ogni cartaccia trovata sul asfalto e quell'idiota di Dean ringhiava come una cane solo a sentire il suo nome. Si chiedeva perchè quella gente sembrava incapace di fidarsi di lui; forse gli scherzetti che faceva tutte le volte che andava con lei a trovare Lorelai e luke non erano una buona raccomandazione, soprattutto da quando aveva iniziato a portare con sè anche suo nipote Mickey, ma erano solo giochetti innocenti e l'intera cittadina "respirava aria fresca" quando c'era anche lui, o almeno così gli aveva confidato una volta miss Patty mentre con adorazione gli guardava il sedere. Però oltre a quell'ostilità aveva tanti bei ricordi a Stars Hollow: il tempo passato con suo zio, la nascita di Mickey, i momenti trascorsi con Rory, il luogo in cui l'aveva conosciuta, il loro primo bacio, l'incontro al matrimonio di sua madre e decine di altre occasioni che li avevano visti insieme.
Chiuse la zip del borsone cacciando dalla testa tutti quei ricordi, mentre la porta di ingresso si apriva e Rory entrava con un paio di buste tra le mani.
-Het, ti sei svegliato- gli disse appoggiandole sul tavolo dlla cucina facendo attenzione a non rovesciare in caffè che lui aveva lasciato.
-sì, e sono quasi pronto. Lasciamo fare una doccia veloce, poi...
-va bene, fa' pure- lo rassicurò iniziando a riordinare la spesa -ti ho comprato dei surgelati e delle brioche confezionate così non morirai di fame.
-ok. Le rispose senza avvicinarsi, senza toccarla, senza baciarla: temeva che se lo avrebbe fatto non sarebbe più riuscito a staccarsi da lei, le avrebbe impedito di andare a lavorare in medioriente e Rory lo avrebbe odiato per il resto della sua vita. Si sentiva possessivo nei suoi confronti e faceva l'impossibile perchè lei non se ne accorgesse: non aveva intenzione di limitarla e tantomeno voleva che diventasse come sua nonna: una padrona di casa che attendeva il suo uomo e nel intanto occpuava il tempo dando feste e prendendo il tè con le amiche. Ma non voleva nemmeno che andasse dall'altra parte del mondo a viere tra i terroristi rischiando la vita ogni giorno: c'era bisogno di giornalisti anche in America, perchè andare così lontano?
Lasciò che l'acqua calda della doccia scorresse lungo tutto il suo corpo lavando via l'insicurezza e la paura di perderla definitivamente, ma non funzionava: più passava il tempo più sentiva l'ansia crescere e il dolore stringergli il cuore in una morsa infernale. Uscì dal bagno, noncurante delle gocce che bagnavano il pavimento, perchè avrebbe avuto tutto il tempo necessario per preoccuparsene e pulire. Lei era seduta su una valigia e cercava di chiuderla col suo peso; asciugandosi e vestendosi l'osservò mentre non riusciva nel suo intento: avrebbe voluto una telecamera per riprendere quel momento e riguardarlo con nostalgia ogni volta che avrebbe sentito la mancanza delle sue stramberie. Quando fu pronto decise di aiutarla e nel giro di pochi secondi riuscirono a fare entrare tutto e a chiuderla con successo; -sei il mio eroe- disse Rory alzandosi e dandogli un veloce bacio sulle labbra -come farei senza di te?
Si morse la lingua. Gli sarebbe piaciuto incoraggiarla, assicurarle che era forte e in grado di cavarsela perfettamente da sola, ma le parole che soffocò in gola erano dure e volevano farle presente che nel dubbio poteva restare a New York e lui si sarebbe preso cura di lei.
-sono pronto- fu tutto ciò che uscì dalla sua bocca mentre il suo volto doveva essere serio e privo di emozioni.
-Jess- le sentì dire mentre, dopo aver preso le sue valigie più grandi e pesanti, usciva dalla porta di casa per caricarle in auto. Non voleva sbagliare e l'unico modo per evitare di farlo era starle lontano.

Stava iniziando seriamente ad odiare il suo comportamento: durante tutto il viaggio da New York a Stars Hollow non aveva detto una sola parola e dopo un paio di monologhi che non avevano ricevuto alcuna risposta aveva appoggiato la testa al finestrino ed era rimasta in silenzio a chiedersi perchè le stava rendendo tutto più difficile di quanto già fosse.
Da quando erano arrivati a casa della madre non aveva fatto altro che che passare il suo tempo al telefono ignorando più o meno, persino il suo fratellino: Mickey adorava Jess e Jess adorava Mickey, ma quando il piccolo gli aveva proposto di giocare sul prato gli aveva detto di essere occupato e di chiedere a qualcunaltro, cosa che non era mai successa prima di quel momento. Ci aveva pensato lei a far capire al bambino che Jess aveva del alvoro da sbrigare e che quando avrebbe finito sarebbe stato tutto suo; sembrava che Mickey avesse accettato la sua risposta e aveva coinvolto lei nei suoi giochi.
Seduta sull'erba a costruire fortezze con piccoli pezzi di plastica lo aveva tenuto d'occhio e quando si era invece concentrata sul fratello aveva sentito il suo sguardo bruciarle la schiena e penetrarla lentamente consumando poco a poco ogni fibra del suo corpo, esattamente come succedeva da alcune notti; nemmeno lei riusciva a dormire e sapeva che lui passava ore a fissarla finchè, esausto, si addormentava; allora toccava a lei aprire gli occhi e avvicinarsi a lui sorpassando l'invisibile linea che Jess aveva tracciato per separarli, impossessandosi del suo calore e lasciandosi rapire da Morfeo col battito del suo cuore come ninna-nanna.
Dal giorno in cui gli aveva detto che sarebbe partita a tempo indeterminato le era stato vicinoi, l'aveva coccolata più che mai; ma man mano il momento della partenza si avvicinava lui aveva inizato ad allontanarsi, lasciandola confusa a chiedersi i motivi di quel cambiamento. Quelle erano le ultime ore che avrebbe passato insieme al suo ragazzo prima di una lunga separazione e avrebebro dovuto essere più divertenti e felici, non trascorse ad odiarsi ed evitarsi.
-tesoro -la chiamò sua madre quando furono da sole- che cosa succede?
-non so a cosa ti riferisci- mentì fingendo di non capire, ma Lorelai la conosceva troppo bene per lasciarsi incanatre in quel modo, quindi si rassegnò a parlare con lei -non lo so.
-avete litigato? Non vi siete parlati quasi per nulla oggi- le fece notare.
-è strano: non mi parla, non ascolta, non si avvicina nemmeno! È come se non volesse avere nulla a che fare con me e io... non lo capisco- disse senza riuscire a trattenere una lacrima- sto per andare via e non ho idea di quando tornerò perchè la CNN non mi ha dato una data precisa e lui non fa altro che ignorarmi. Perchè? Non credo che sia perchè non mi ami più perchè io sento che quello che proviamo non è cambiato.
-Non credi che sia semplicemte ferito? Insomma, state insieme da più di cinque anni, convivete da quattro e all'improvviso te ne vai...
-ti ci metti anche tu a farmi sentire in colpa?- le chiese alzando la voce e pentendosene subito- scusa.
-non devi sentirti in colpa, tesoro. Jess vuole il meglio per te e anch'io, ma questo non cambia il fatto che ci fa star male il pensiero di vederti andare così lontano.
-è il mio sogno, mamma, è quello che ho sempre voluto fare. Non posso buttare tutto all'aria proprio ora.
-e non lo farai, ma cerca di aprlare con lui- le consigliò -non lasciare che le cose tra voi restino così.
-non so cosa dire, non idea di cosa lui voglia sentirsi dire.
-tu cosa vorresti dirgli?
-vorrei chiedergli cose impossibili da realizzare- confessò sorridendo amaramente -e non posso farlo. Non posso scegliere tra lui e il mio lavoro e non posso costringerlo a fare altrettanto.
-vorrei poterti aiutare o migliorare la situazione, ma ho una pessima notizia da aggiungere a questo tremendo quadretto- disse Lorelai mettendole una mano sulle spalle- domani verranno i nonni
-la nonna lo odia- affermò Rory sospirando -non ci sarà d'aiuto essere tutti e tre nella stessa stanza.
-sarà una lunga giornata-
-non immagini quanto- rispose mettendosi le mani tra i capelli.
Quando arrivò alla stanza del Dragonfly che la madre le aveva riservato Jess era già sotto le coperte. Rimase in piedi di fianco al letto per alcuni secondi cercando di trovare le parole da dirgli, ma quando ci riuscì la bocca si mosse senza che alcun suono potesse uscirne. Sapeva che era sveglio e l'imbestialì il fatto che non si fosse nemmeno girato per farle capire di essersi accorto della sua presenza.
Si svestì ed indossò una sua maglietta, decisa a lasciar perdere e non ritentare alcun approccio con lui quella sera.
-Buona notte, Jess- disse infilandosi sotto le lenzuola, pronta a trascorrere un'altra nottata a guardare le sue spelle mentre lui, sveglio, fissava la parete davanti a sè in attesa che lei chiudesse gli occhi e arrivasse il suo turno di osservarla.

Gettò il mozzicone nel lago e lo guardò galleggiare sull'acqua, mentre le incespature intorno ad esso si facevano sempre più rade.
Era stata una giornata lunghissima e il pensiero che appena il sole sarebbe sorto Rory sarebbe dovuta salire su un aereo la rendeva ancora più estenuante. Capiva perfettamente che c'erano delle falle nella sua strategia per rendere quella separazione meno dolorosap er entrambi, ma non riusciva a sorridere quando era con lei, non era capace di comportarsi come se tutto andasse bene, non poteva fingere; era arrivato al punto in cui piuttosto che soffrire avrebbe preferito lasciarla per sempre e rifarsi una vita con qualcuna che gli avrebbe garantito la sua presenza al suo fianco per sempre. Ma allontanarsi da Rory definitivamente non era in questione e non gli restava altro che stare in un angolo a guardare mentre realizzava i suoi sogno ed applaudirla ogni volta che ne avrebbe sentito la necessita, anche se questo voleva dire sanguinare incessantemente senza riuscire mai a morire. D'altronde l'amore era la cosa piùà dolorosa che esisteva al mondo, ma ugualmente, se non in misura maggiore, meravigliosa; per lei valeva la pena passare notti insonni, ore tormentate e minuti trepidanti in attesa di una telefonata. Non aveva intenzione di rovinare tutto, ciò che aveva fatto nell'ultima settimana era abbastanza; si alzò dal ponte e camminò sul legno scricchiolante e scuro, rischiarato solo dalla debole luce di luna nuova che debolmente illuinava la notte, mentre la conversazione tra Emily e Rory che aveva udito poche ore prima si ripeteva nella sua testa.
-Cara, tu sai che il nonno ed io teniamo a te, ma non è opportuno che tu, oltre a ricevere le conseguenze e i privilegi del tuo cognome, ti comporti in una determinata maniera e frequenti persone del tuo livello.
-lui è perfetto, nonna.
-puoi avere di meglio, Rory, non è ancora tardi. Le mie amiche hanno molti nipoti influenti e di buona famiglia che potresti...
-non mi interessano i ricchi nipoti dei menbri del DAR
(Daughters of the American Revolution-Le figlie della rivoluzione, NdA)- l'interruppe -la sua famiglia è fantastica e io non avrei potuto chiedere di meglio.
-è per questo che da quando sono arrivata non vi siete rivolti una parola?- le chiese Emily, la quale li aveva tenuti d'occhio e preso nota di quel comportamento insolito- credi che non mi sia accorta che ogni volta che fai un passo verso quel teppista lui scatta indietro?
-tu non hai idea...
-so quel che vedo, Rory, e tua madre avrebbe dovuto tenerlo lontano da te.
-ho ventotto anni! Nessuno ha il diritto di dirmi chi frequentare o no!
-preferirei che non ti rivolgessi a me in quel modo- l'ammonì restando fredda come il ghiaccio.
-io non capisco- disse Rory cercando di calmarsi -il nonno lo adora, ma tu non riesci ad accettarlo: perchè? Cosa ti ha fatto?
-Richard si è lasciato ingannare dalla sua scrittura e dal suo interesse per qualche libro di Hemingway, ma io non sono un ingenua e so per certo che quellìuomo che ti osctini a frequentare ti farà soffrire inutilmente, anzi lo sta già facendo. Guardati, Rory: tu sei una giornalista della CNN che sta per partire per trasmettere notizie da una delle zone più pericolose del mondo, hai un incarico importante e il tuo ragazzo se ne va in giro arrabbiato e non si degna di starti vicino in un momento come questo. Inoltre è maleducato nei miei confronti.
-a volte è difficile mantenere la calma con te, soprattutto quando ogni parola che gli rivolgi è ambigua e tesa a farlo sentire inadeguato.
-se si sente così è perchè lo è- ribattè la nonna con una freddezza che da tempo non aveva mai visto nei suoi occhi e che la fece rabbrividire.
-Jess è perfetto per me- le ripetè dopo aver respirato profondamente- probabilmente sono io a non meritarlo, ma sono stata fortunata perchè lui si è innaorato di me e io sono amo più di ogni altra cosa, persino di mia madre e tu sai quanto le vglio bene. Io non ho bisogno di nessuno all'infuori di lui e non ho intenzione di considerare seriamente le tue parole perchè tu non lo conosci, non sai cosa pensa o chi è veramente e mi dispiace moltissimo perchè non ti rendi conto che la nipote alla quale dici di tenere ha travoto un uomo che la stima, che la rende felice e che non permetterebbe mai che le accadesse qualcosa di brutto. Soffire è normale quando si ama e io non sono l'unica a stare male in questo momento: anche Jess ha dei sentimenti, sai? E se si sta comportando in modo strano e sbagliato, lo ammetto, ha i suoi motivi. Lascia che siamo noi a risolvere i nostri problemi e lascia che io sia felice con l'unica persona che può rendermi tale.
Emily rimase in silenzio, immobile e mantenendo il suo portamento sicuro mentre Rory continuava con la sua ultima richiesta: -e ti pregeheri di non parlare di lui in quel modo, perchè offendendo Jess offendi anche me.
-ci proverò- la vide rispondere a denti stretti tentando di sorridere alla nipote che in un attimo le aveva voltato le spalle.

Aveva assistito involontariamente a quella scena ed era felice che il caso lo avesse portato lì in quell'esatto momento; il modo in cui Rory aveva difeso i loro sentimenti gli fece capire che anche a lui toccava lo stesso compito.
Erano quali le due di notte quando rientrò in hotel e, contrariamente alla sera precedente, i ruoli erano invertiti: lei era nel letto e gli dava le spalle. Si sdraiò al suo fianco senza preoccuparsi di essere troppo aggraziato, sicuro che fosse sveglia esattamente come lo era stata la sera precedente, quella prima e tutte le altre.
-mancano otto ore- disse guardando il soffitto e sentendola muoversi e girarsi verso di lui -ci ho pensato e ho deciso di dirti una cosa. Chiamami egoista se vuoi, non mi importa.
-non lo sei mai stato, non vedo perchè dovresti esserlo ora- gli rispose aspettando che voltasse la testa nella sua direzione in modo da poterlo guardare in quegli occhi di cui ultimamente aveva sentito la mancanza.
-Vorrei che non partissi.
-sì, sei un egoista- disse Rory incupendosi all'improvviso e respirando in modo irregolare sentendoglip ronunciare l'unica frase che non sarebbe mai dovuta uscire dalla sua bocca, soprattutto la sera prima della partenza - E lo sono anch'io.
-perchè?- le chiese incuriosito dalla stranezza di quell'affermazione.
-perchè vorrei che venissi con me.
-ma non posso.
-e io non posso restare- gli disse avvicinandosi e accarezzandogli la guancia ruvida a causa della barba che stava ricrescendo- che ti succede, Jess?
-non lo so. È solo che se tu parti...
-non cambierà nulla, se è questo che ti preoccupa.
-tu e Matt...- le ricordò.
-sai cos'è successo a Parigi e comunque, anche non lo sapevo ancora con certezza, amavo già te.
-beh, forse ti sei innamorata del ragazzo della pizza che è venuto la settimana scorsa e non lo sai ancora- le fece presente alleggerendo la tensione e portando sulle sue labbra un piccolo sorriso che non gli rivolgeva da troppo tempo.
-avrà appena compiuto sedici anni, è troppo piccolo per me, anche se a pensarci Demi e Ashton...
-L'amore è cieco.
-e io amo te- lo zittì mettendogli l'indice sulle labbra -devi fidarti di me e quando tornerò..
-non fare promesse del genere, Rory. Non puoi sapere cosa proverai.
-so che negli ultimi cinque anni i miei sentimenti per te non sono cambiati. So che ti amavo anche la prima volta, quando avevo diciotto anni e tu te ne sei andato. So che il mio essere ancora innamorata di te mi ha fatto lasciare un uomo che si sarebbe gettato nel fuoco per me, quindi scusami se ho la presunzione di dire che dopo dodici anni da quando ti conosco qualche mese lontana non ti cancellerà dalla mia vita. Cosa devo fare convincerti? Firmare un contratto?- gli chiese scherzando mentre lui la guardava con occhi seri.
-no, ma potrei farti una domanda che richiede una brevissima risposta.
-cosa?- gli chiese allarmata dalle sue parole: aveva capito bene?
Jess infilò una mano nella tasca dei suoi pantaloni ed estraette un anello: -me lo porto in giro da più di un mese. L'altro giorno, quando hai messo i miei jeans nella lavatrice, c'era anche lui e hai seriamente rischiato di romperla e di perdere questo- disse mostrandole il piccolo oggetto d'oro bianco con una pietra al centro. Rory lo guardò con gli occhi spalancati per la sorpresa: tutto si sarebbe aspettata in quel momento fuorchè una proposta di matrimonio.
-Sposami.
-come?
-non è un contratto e non lo stoi facendo ora per impedirti di andare. Ci penso da mesi e avrei voluto chiedertelo prima, ma il giorno in cui avevo deciso di farlo tu hai saputo di dover andare via e ho deciso di rimandare.
-Jess...
-quello che ai detto prima, l'avermi amato a diciotto anni e poi di nuovo quando ci siamo rincontrati... è lo stesso anche per me. Viviamo insieme da diversi anni e quest'anello o il matrimonio sono solo una formalità, una coferma di ciò che già abbiamo: in qualunque caso io voglio stare con te per sempre... nel bene e nel male, in salute e in malattia, con le tue manie e la tua dipendenza dal caffè. Lo farò perchè ti amo, perchè sei quel che sei: ironica, inteligenmte, decisa, bellissima. Perchè dici di amarmi e perchè so che è così.
-ho davvero rischiato di rompere la lavatrice?- gli chiese divertita nel vederlo sbaincare.
-cosa?
-saremmo stati sommersi dai vestiti sporchi- continuò sorridendo- a proposito, quando hai imparato a parlare così tanto?
-Rory.
-forse è meglio che lo metta al dito perima di rischiare di rompere l'aspirapolvere. A te l'onore- disse allungando la mano tremante verso di lui che sembrava aver perso improvvisamente l'uso della parola e la capacità motoria.
-ti sto dicendo di sì, Jess- gli spiegò sporgendosi in avanti e dandogli un bacio sulle labbra- ti sposo.
-huh.
-è tornato il signor Monosillabo?-gli chiese mentre le infilava l'anello al dito- hai ancora un po' di tempo per esercitarti a dire tre parole semplicissime e brevissime: sì, lo voglio. Dovrai impegnarti seriamente, pensi di farcela?
-e tu pensi di riuscire ad arrivare puntuale al tuo matrimonio?- le chiese abbracciandola e trascinandola con sè verso il basso sdraiandosi nuovamente sul letto.
-la sposa non arriva mai puntuale- sussurrò -ma arriva.
-quiandi arriverai.
-non mi perderei questo matrimonio per nulla al mondo, soprattutto dato che è il mio.
-allora siamo d'accordo.
-siamo d'accordo- gli fece eco sorridendo, mentre la sua bocca si fece sempre più vicina fermandosi, come suo solito, a pochi millimetri dalla sua, torturandola.
-Incendiamoci di parole -le sussurrò solleticandole il viso col suo fiato caldo -E bruciandomi sorridimi – stringimi come devono gli amanti – su, baciami, e l'urna, poi, delle mie ceneri
-seppelliscila nel tuo cuore- finì per lui -Mi piace quando citi le poesie degli altri, ma potresti scriverne una per me.
-non sono un poeta.
-Al tocco dell'amore, tutti diventano poeti-gli rispose appogiando completamnte il suo corpo sul suo.
-Allora non ho scelta- rispose annullando la breve distanza che era rimasta tra loro pensando che appena sarebbe tornato a casa le avrebbe spedito tutte le poesie che aveva segretamente scritto senza avere il coraggio di fargliele leggere.



Fine

La penultima citazione:
[Su,]incendiamoci di parole
E bruciandomi sorridimi – stringimi
come devono gli amanti – su, baciami,
e l'urna, poi, delle mie ceneri seppelliscila nel tuo cuore -
[Su, amami davvero!]

è l'ultima strofa di Che mi ami tu lo dici, ma con una voce (You say you love; but with a voice) del fantastico John Keats, mentre Al tocco dell'amore, tutti diventano poeti è del buon vecchio Platone.

Edited by Elena_R - 15/5/2005, 22:22
 
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