Come una tela bianca

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Francis82
icon12  view post Posted on 4/3/2007, 15:26




Titolo: “Come una tela bianca”
Autore: Francis82
Genere: Rory e Jess
Stato: conclusa

Commenti: qui!


Breve descrizione da parte dell’autore:

Eccomi tornata sul luogo del delitto! Ho cominciato la mia seconda FF sempre dallo stesso punto: fine 6° serie, niente spoiler… Erano tante le idee che mi frullavano in testa… mille versioni diverse per un possibile re-incontro tra Rory e Jess… questa è una di quelle! Lo so che l'inizio sembrerà tanto triste, ma non disperate... Spero davvero che vi piaccia e di trovare tanti nuovi commenti…



La luce che filtrava dalla grande vetrata dell’aula magna si fece sempre più fioca, tanto da riuscire a distogliere Rory dalla propria lettura: rimasta tutta sola, dopo il termine della lezione del professor Brown, aveva deciso di approfittare di quell’ora libera per finire un volume di storia americana prestatole da Richard durante l’ultima cena del venerdì sera.
Da qualche settimana, complice la partenza di Logan, la ragazza si era gettata a capofitto nello studio, nel lavoro al giornale e nella sua più grande passione: in poco tempo era riuscita a divorare letteralmente un intero scaffale della sezione “libri rari” della biblioteca storica della facoltà di Yale.
L’avidità che sembrava mettere nella lettura era direttamente proporzionale alla paura di ritrovarsi sola in quel grande appartamento… la mancanza di Logan si era fatta sentire sempre più negli ultimi tempi.
Nonostante un mare di telefonate in piena notte e lo spazio della casella di posta elettronica perennemente esaurito, il fatto di ritrovarsi in due continenti diversi stava logorando lentamente il loro rapporto.
Nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma la solida convinzione di riuscire a mantenere in piedi una relazione anche ad una tale distanza stava lasciando il posto a troppe perplessità, se non addirittura a presentimenti dolorosi.
Rory cercò però di scacciare qualsiasi pensiero negativo, buttandosi anima e corpo nelle proprie attività preferite; tentò di tenere la mente impegnata ad ogni costo, nell’attesa che l’arrivo delle vacanze di Natale li riconciliasse, cancellando ogni traccia di malinconia.
La sua giornata era scandita da appuntamenti fissi, da scadenze precise, così da non avere un attimo di sosta, non doversi ritrovare a poltrire sul divano nell’attesa di una sua chiamata o ritrovarsi a cenare tutta sola e sconsolata davanti alla tv.
Passò gran parte delle serate in compagnia di Marthy, a guardare vecchi film, o di Paris, discutendo di politica e cultura davanti a fette fumanti di pizza ai peperoni; nei casi più disperati prese l’automobile e raggiunse Stars Hollow a orari improponibili, soltanto per fare quattro chiacchiere con Lane o con Lorelai.
Le sembrò che per il momento quel meccanismo funzionasse…
Si rese conto con gioia che quell’aula deserta poteva essere inserita nella lista dei suoi rifugi preferiti, luoghi in cui assaporare a pieno il piacere di un’ottima lettura, per questo si mise comoda sulla poltroncina di velluto e lasciò vagare la propria mente nei meandri della storia.
Lasciò spuntare dalla cima delle pagine un poco ingiallite soltanto il nasino arrossato, a causa dei postumi di un brutto raffreddore, e notò stupita i lampioni davanti alla finestra accendersi all’improvviso: si alzò di scatto e prese la sua roba.
Infilò il blocco degli appunti ed un paio di libri nella borsa in modo caotico e si fiondò fuori dall’aula nell’arco di trenta secondi.
“Questa volta mi uccideranno!” esclamò, correndo come una pazza per i lunghi corridoi ormai semivuoti.
Entrò nella redazione e vi trovò soltanto Paris tutta concentrata, con un’espressione accigliata, intenta a riordinare un pesante plico di fogli sulla sua scrivania.
“Oh, Paris… mah… sono già andati via tutti?” Rory si guardò attorno frastornata, cercando, nel frattempo, di ristabilire una buona ossigenazione dopo che quella corsa l’aveva quasi fatta franare addosso alla professoressa di letteratura inglese.
“Dove diavolo eri finita, Gilmore? Ho dovuto occuparmi io della distribuzione dei pezzi per il nuovo numero… e ti assicuro che non è stato piacevole! Soprattutto quando Susie, arrivando in ritardo e temendo che io fossi tornata a dirigere il giornale si è messa a piangere… ti rendi conto?” per un attimo il tono dell’amica fece sembrare a Rory che una macchina del tempo le avesse prelevate e trasportate ai tempi della Chilton.
“Ho perso totalmente la cognizione del tempo, scusami. Domani parlerò con i ragazzi…” disse, controllando velocemente al computer che tutto fosse in ordine.
“Quella ragazza è veramente strana… ha cominciato a singhiozzare neanche fosse una bambina a cui avevano rubato il lecca-lecca!” continuò Paris, sbuffando.
“Ti devo ricordare per caso la storia del bunker… si, la struttura assurda che avevi costruito durante quello che ancora tutti chiamano con soggezione la dittatura Geller?” sorrise Rory.
“E’ stata una fase della mia vita che vorrei tralasciare…” terminò l’amica, scuotendo le spalle.
“Ma… qui c’è un errore… Non è possibile che la pagina della cultura sia rimasta vuota! Dov’è Terence?” si allarmò Rory.
“Malato… così come Bill e Sandra! Sembra proprio che il tuo raffreddore abbia fatto piazza pulita questa settimana! Lo dicevo io che questa redazione è formata da un branco di pappamolle…”.
“Davvero sono tutti malati?” chiese stupita, per poi sospirare: “Vorrà dire che me ne occuperò io…”.
“In fondo è una buona notizia…” si lasciò sfuggire Paris, tra un colpo di tosse e l’altro.
Rory la guardò perplessa: “Cosa vorresti dire?”.
“Soltanto che… ti farebbe bene andare fuori città, svagarti un po’… Andiamo Rory, lo so che non è piacevole la situazione che stai vivendo! L’altro giorno ti ho vista…”
“Non so di cosa parli!” Rory si alzò di scatto, fingendo di controllare i computer delle altre scrivanie.
Paris la seguì come un segugio, continuando la predica dal tono vagamente materno: “Ti ho vista temperare le matite del secondo cassetto, controllando accuratamente che fossero tutte della stessa misura!”.
“Sono una perfezionista, lo sai! Lo sono sempre stata fin dai tempi del liceo, è una dote che ho dovuto sviluppare per stare al passo con te e la tua follia…” disse l’amica, tentando di seminarla con alcune seggiole posizionate sul suo cammino.
Paris fu lapidaria: “Rory… quella che ho visto non era una perfezionista… ma una ragazza triste e demotivata! Tutto perché il rampollo di casa Huntzberger ti ha lasciata qui, col collare ben stretto e il guinzaglio attaccato alla porta di casa…”.
“Paris!” Rory la guardò sorpresa, sbattendo nervosamente le lunghe ciglia scure.
“Guarda in faccia la realtà, Gilmore… Ti serve un diversivo! Parlando con Doyle, ieri sera, abbiamo pensato di farti conoscere un suo amico, un ragazzo di Harvard, ottimo partito, che…”.
Rory, esausta, le posò la mano sulla bocca, tentando di metter fine a quel fiume di sciocchezze che stava inondando la stanza: “Non ho intenzione di ascoltare un’altra parola! Io amo Logan e non ho bisogno di uscire con altri ragazzi! La mia vita va alla grande… beh, forse alla grande è eccessivo… però sto bene e continuerò a temperare tutte le matite di questa redazione finché vorrò, senza per questo pensare di rivolgermi ad un’agenzia matrimoniale, ok Paris?”.
L’amica continuò a borbottare, allontanandosi: “Come no! Continua a non farmi parlare… certo è strano che proprio tu, direttrice del giornale di Yale, ti dia alla censura! Hai un problema, Gilmore! E le sue iniziali sono LH… riflettici su!”.
“Ti do cinque secondi per smetterla… dopodichè, se non l’avrai piantata con queste assurdità, ti affiderò l’articolo di politica estera in coppia con Terence ed il suo raffreddore!” la minacciò l’altra.
“Questo è sleale!” e Paris scomparve dietro la porta della redazione, per poi riapparire qualche secondo più tardi: “Lo sai che lo dico per il tuo bene…”.
“Ne sono più che certa… però ti devi fidare di me, Paris. Saprò cavarmela. Ora vai da Doyle, mi ha parlato di una cena romantica in un ristorante italiano… non farlo aspettare!” sorrise teneramente Rory.
Rimase per un po’ di tempo a contemplare il silenzio calato inesorabile nella stanza: niente ticchettio delle tastiere, nessuno squillo del telefono e nemmeno il rumore della macchina del caffè.
Prendendo svogliatamente la borsa, spense la luce e chiuse la porta alle sue spalle.
Passeggiando per il cortile dell’università, assaporò la piacevole aria frizzante che le accarezzava il viso e rifletté su quanto ci fosse di vero nelle parole dell’amica.
Poco più tardi, quando il cellulare squillò, fu come se il suo cuore balzasse fuori dal petto, tanta era l’ansia di sentire la voce del suo Logan: erano talmente tante le novità che desiderava raccontargli, dalla disavventura con l’auto che l’aveva lasciata in panne sotto casa fino ad una stupida barzelletta sui cowboy raccontatale da Lorelai poco prima!
Fu questione di un secondo: “Ah, ciao Marthy! Si, dammi il tempo di una doccia e sarò da te…”.
Forse le parole di Paris non erano poi così insensate…


Si alzò alla buonora per essere in perfetto orario con la tabella di marcia dell’intera giornata che aveva addirittura segnato sulla lavagnetta accanto al frigorifero.
L’automobile, per fortuna, era tornata a camminare, così da evitarle di dover raggiungere New York in uno dei soliti treni affollati del venerdì mattina: l’articolo che avrebbe dovuto scrivere per la pagina della cultura del nuovo numero dello Yale Daily News riguardava una mostra di arte contemporanea realizzata da una giovane pittrice di talento, talmente brava che numerosi addetti ai lavori l’avevano descritta addirittura come l’erede femminile di Jackson Pollock.
Con una mano bevve l’ultimo sorso del proprio cappuccino con doppia panna proveniente dal bar all’angolo, mentre con l’altra finì di scrivere un’e-mail piena di parole romantiche da inviare a Logan, per poi spegnere velocemente il computer.
Scelse con cura dall’armadio una giacca elegante di velluto nero, ideale per un evento mondano come quello che l’aspettava, e sorrise quando notò spuntare dalla tasca esterna della borsa, fra le varie cose, un set di matite “ben temperate”… ci fosse stata Paris non si sarebbe lasciata scappare un’altra delle sue estenuanti ramanzine!
Poco dopo, il traffico della Grande Mela l’avrebbe inglobata, intrappolandola in un concerto di clacson e sproloqui gratuiti.
Prese uno dei cd che Lane le aveva prestato durante la sua ultima visita a Stars Hollow e tentò di ignorare tutta quella gente che sbraitava per una coda causata dai soliti lavori in corso.
In perfetta sintonia con la propria proverbiale precisione, nonostante il traffico arrivò al museo con ben cinque minuti di anticipo e si diresse sicura verso la sala principale.
Ebbe il tempo di dare un’occhiata in giro, prima di incontrare la pittrice e concentrarsi sull’articolo: le grandi tele, appese a pareti trasparenti di un materiale molto simile al plexiglass, erano un trionfo di colori, tonalità forti che la colpirono piacevolmente.
Il suo sguardo si perse incantato su quelle superfici rugose, sulle quali il colore sembrava muoversi, contorcersi su se stesso, creando con l’aiuto della luce effetti magnifici.
Si disse che ne era valsa la pena, che un’esperienza del genere sarebbe piaciuta anche a sua madre se avesse accettato di accompagnarla, anziché passare la giornata a discutere con Michel del colore dello steccato e delle nuove luci del vialetto d’ingresso alla locanda.
L’ispirazione fu talmente grande che le pagine del blocchetto si riempirono in breve di commenti entusiastici, di citazioni di poeti e romanzieri che magicamente comparvero nella mente di Rory, come in preda ad un flusso creativo straordinario.
Ogni pensiero negativo scomparve, lasciando il posto ad una bellissima sensazione, una serenità assoluta.
Gli occhi si smarrirono in quel piacevole gioco di luci e di suoni, complice un sottofondo di musica new age del tutto simile al suono di una cascata di montagna.
Fu quando la sua attenzione venne rapita da una enorme installazione dai toni argentati, posta al centro esatto della sala principale, che sentì un brivido attraversarle la schiena: la stessa sensazione che si prova al contatto di un cubetto di ghiaccio sulla pelle.
Si guardò intorno frastornata e, temendo di essere arrossita vistosamente, si defilò un momento, non capendo assolutamente cosa le stesse succedendo.
Tutte quelle forti sensazioni avevano forse mandato in tilt le sue percezioni?
Si allontanò per prendere una boccata d’aria e rivolgere l’attenzione all’enorme vetrata che dava sulla strada: fu allora che le fu chiaro il motivo di una tale improvvisa emozione.
Presa una sorta di panico, si nascose dietro una delle colonne centrali dell’edificio e tentò di sistemare nervosamente una ciocca di capelli che continuava da più di un’ora a scivolarle sul viso.
“Vuoi stare tranquilla?” sussurrò a se stessa, presa da un’agitazione che sembrava farsi via via sempre più forte.
Quando sentì di essere tornata in sé abbastanza da non apparire come una bambina disorientata e quando le guance sembrarono essere tornate al loro normale colorito, drizzò la spalle con sicurezza e tornò al centro della sala.
Gli occhi non le avevano giocato un brutto scherzo, era proprio lui: Jess Mariano, muoversi tra la folla con le mani in tasca e lo sguardo leggermente annoiato, con l’espressione sul viso di chi sta pensando “Che ci faccio qui?”.
Sembrò che il tempo si fosse fermato dall’ultima volta che si erano incontrati, pochi mesi prima, dal momento di quel dolce bacio e della loro ennesima separazione.
Come avrebbe dovuto affrontare quel nuovo incontro così inaspettato?
Le avrebbe di certo chiesto di Logan… avrebbe dovuto essere sincera o nascondere ogni possibile riferimento al loro momento di crisi?
Eppure conosceva la capacità del ragazzo di leggere dentro di lei, di capire al volo il suo stato d’animo.
Imbattersi in Jess… ancora una volta… ed ogni volta sentire quella strana morsa alla bocca dello stomaco…
Jess le aveva fatto sempre quell’effetto, era inevitabile ricaderci… riusciva a spiazzarla ogni volta che ricompariva… ogni volta, come per magia.
Nonostante questo, nonostante fosse consapevole del potere che il ragazzo aveva su di lei, non riuscì a darsi ragione di quello stato d’animo, di quell’ondata di emozioni così eccessiva, smisurata.
Rory prese coraggio, strinse forte a se il blocchetto già colmo di appunti e, sospirando, fece appena qualche passo per avvicinarsi… quando qualcosa la bloccò, facendola restare di sasso, immobile come una delle tante ingombranti installazioni che la circondavano: le sorprese evidentemente non erano terminate!
Una fanciulla dai capelli color del miele e la pelle d’alabastro, del tutto simile a lei, comparve all’improvviso, prendendo con delicatezza la mano di Jess.
Il ragazzo, a quel contatto, si mise a sorridere per poi sussurrare qualcosa all’orecchio della sua misteriosa accompagnatrice: si leggeva un feeling particolare tra i due, qualcosa di molto diverso da ciò che la stessa Rory aveva visto ai tempi della relazione tra Jess e Shane.
Per un istante… si, per un solo istante ebbe la sensazione di trovarsi dinnanzi ad uno specchio, di vedere come riflesse le immagini di loro due… Rory e Jess…dei tempi in cui passeggiavano mano nella mano per le strade di Stars Hollow ancora imbiancate da un sottile strato di neve fresca… quanto le mancava quel tipo di serenità, quella sicurezza di amare ed essere amati così profondamente.
Sembrò che la “tempesta perfetta” stesse scatenandosi nella povera Rory, una sensazione ancor più strana della precedente pareva partire dallo stomaco per giungere fino al petto, fino a soffocarle il respiro.
Avrebbe voluto possedere anche solo per un momento il mantello di Harry Potter, diventare invisibile all’istante, fuggire senza lasciare traccia di se… peccato che bastò un attimo, un solo attimo, perchè lo sguardo di Jess si spostasse dalle tele fino al centro della sala, dove Rory era rimasta, ferma in piedi con quello stupido blocchetto tra le mani e un’espressione sempre più imbarazzata.
Il ragazzo s’irrigidì per lo stupore e, divenendo di colpo serio, dovette aspettare qualche secondo prima di ritrovare la lucidità necessaria per parlare: “Rory? Cosa ci fai qui?”.
“Ciao Jess! E’ curioso… stavo per domandarti la stessa cosa!” sorrise timidamente lei, avvicinandosi con passo un po’ incerto.
Continuando a destreggiarsi goffamente in quella situazione sempre più imbarazzante, alzò il blocco di appunti e disse: “Come sempre il giornale mi chiama! Metà della mia redazione è a letto con la febbre e ho dovuto gettarmi a capofitto nel lavoro”.
“Mi fa piacere vederti” disse lui, mentre i tratti del suo viso da rigidi si fecero via via più dolci.
La ragazza al suo fianco, rimasta in silenzio per tutto il tempo, diede uno strattone alla mano del suo accompagnatore, stupendosi del fatto che i due non riuscissero a staccarsi gli occhi di dosso.
Fu Rory a stemperare quel clima di tensione creatasi tutt’intorno: fece ancora un passo, porgendole la mano con estrema gentilezza e presentandosi.
“Mi chiamo Anna!” sorrise l’altra.
“Io e Rory siamo vecchi amici! Ti ho raccontato del periodo trascorso da mio zio a Stars Hollow…” s’inserì nella conversazione Jess.
“Vecchi amici…” ripeté un po’ confusa Rory: mai prima di quel momento lo aveva sentito così freddo nel descrivere la loro relazione e la cosa la turbò.
Non sembrò di certo lo stesso ragazzo che tempo prima era entrato con prepotenza nel suo alloggio di Yale per pregarla, quasi in ginocchio, di ricominciare una vita insieme proprio in quella stessa città… proprio a New York.
“Tu, Anna, sei di New York? O abiti a Philadelphia?” riprese Rory.
“Io e Jess abitiamo a Philadelphia. Un piccolo appartamento, affittato da appena un mese. Non è una reggia, ma per ora sembra bastarci. Sai, studio storia dell’arte: è per questo che siamo venuti a vedere questa mostra… All’inizio è stata dura convincerlo ad accompagnarmi… certo poi, con l’uso delle armi giuste, ha ceduto!” sorrise la ragazza.
Fu allora che Jess, per reazione, abbassò gli occhi, quasi fosse terrorizzato da un possibile confronto con lo sguardo di Rory, resosi in un attimo profondamente malinconico.
Sentì di averlo perso… si rese conto che se uno come Jess si era gettato nella grande impresa della convivenza, ciò poteva significare soltanto una cosa: aveva voltato pagina definitivamente.
Anche in quel momento il mantello di Harry Potter avrebbe fatto al caso suo: pensò a tutte le possibili scuse, a tutte le frasi che avrebbe potuto improvvisare per togliersi in fretta da quella situazione così scomoda… così triste.
Ebbe paura perfino di scoppiare a piangere, tanto era il dolore che sembrava essersi accumulato in quel breve lasso di tempo sul suo cuore: non bastavano i problemi con Logan… ci si metteva anche Jess a rovinarle nuovamente la vita!
Avrebbe voluto gridare… si, gridare a tutta quella gente intorno a lei che stava male da morire, che le sue spalle non ce la facevano più a sopportare tante delusioni… che era sempre stata una ragazza forte, ma a tutto c’era un limite…
Invece, con controllata pacatezza, si limitò ad un: “Sono veramente felice per voi! Era ora che Jess mettesse la testa a posto ed è stupendo che lo abbia fatto con una ragazza deliziosa come te!”.
Conosceva alla perfezione il proprio corpo: sentì che di sicuro le lacrime sarebbero scese da un momento all’altro, come un fiume in piena sulle sue guance arrossate, perciò decise di porre fine alla conversazione e andare via: “Ora devo lasciarvi perché la mia intervista non può più aspettare e ho mille altre cose da fare… mi ha fatto piacere conoscerti, Anna” sorrise, per poi guardare di nuovo negli occhi il ragazzo e terminare: “…e mi ha fatto tanto piacere rivedere anche te, Jess. Ti auguro buona fortuna per il tuo futuro”.
“Allora… ciao, Rory!” rispose lui, con il volto serio e allo stesso tempo triste, sconsolato.
Sembrò ad entrambi un doloroso addio, una di quelle situazioni che segnano dei confini netti nella vita di ognuno di noi: quel saluto, breve ma intenso, significava che il complicato rapporto di Rory e Jess, rimasto per tanto tempo sospeso, in bilico su di un filo sottile, aveva trovato una fine.
Voltò loro le spalle e s’incamminò verso l’uscita del museo: le gambe si misero a tremare talmente tanto che dovette sedersi appena fuori dalla porta, su un freddo gradino di cemento.
D’un tratto gli appunti presi le sembrarono sufficienti o forse nemmeno si sentì in grado di proseguire con l’articolo… fatto sta che chiuse con un colpo secco il blocchetto di carta e buttò la matita distrattamente nella borsa.
Lasciò che il cellulare, su cui era apparso il nome di Logan, squillasse, ancora e ancora… rimanendo immobile, assorta nel guardare i passanti andare di fretta, passo dopo passo, da una parte all’altra della strada, ignari del suo dolore, dello struggimento che le stava confondendo ogni pensiero.
Una lacrima sottile scese dai suoi splendidi occhi celesti, arrivando fino alle labbra, per poi sciogliersi lentamente su di esse.
Si sentì sola, come di rado le era successo nel corso della propria vita…


Camminando per un paio di isolati con la poca forza rimastale in corpo, in seguito a quell’incontro sconvolgente, raggiunse un venditore ambulante di hot dog e decise che mangiare qualcosa l’avrebbe di certo tirata su di morale.
“Uno con tutto!” disse, rivolgendosi all’uomo dei panini.
In quell’istante, prendendo dalla borsa il portafogli, realizzò dove si trovasse: si trattava dello stesso luogo dove aveva pranzato con Jess, durante la sua fuga a New York.
Guardandosi intorno, ricordò ogni singolo istante di quella bellissima giornata: il viaggio in metropolitana, il buffo racconto del suo “sguardo raggelante”, il negozio di dischi, il loro saluto alla stazione dei pullman…
Desiderò con tutta se stessa, socchiudendo gli occhi per un istante, di poter ritornare indietro nel tempo, evitando col senno di poi i tanti errori che avevano compiuto nel corso degli anni, ma finì soltanto col sentirsi impotente nei confronti del destino.
“Ecco a lei!” la voce del venditore la destò dai suoi mille ricordi, facendola ricadere in quel vortice di malinconia.
Ad un tratto quel panino non le sembrò più così invitante, mentre lo stomaco pareva chiudersi dall’emozione.
“Pago io per la signorina!”: era la voce di Jess alle sue spalle o soltanto un’allucinazione?
Voltandosi, ritrovò i suoi occhi profondi e il suo sorriso disarmante.
“Cosa ci fai qui? Voglio dire… hai lasciato la tua ragazza da sola…” domandò Rory, in preda alla marea di emozioni che sembravano continuare a travolgerla in quella mattinata infinita.
“E’ rimasta a chiacchierare con quella pittrice, sembrava così entusiasta che l’ho lasciata fare... Nel frattempo ho deciso di fare due passi… Te lo sei ricordato o ci sei capitata per caso?” chiese lui, consegnando la banconota al venditore.
La ragazza, addentato il panino, cercò di darsi un tono: “Parli di questo posto? Oh, ci sono capitata per caso… ah, giusto! E’ qui che abbiamo mangiato quella volta…”.
Jess rimase in silenzio a guardarla, sorridendo del modo in cui il ketchup le stesse scivolando sulla guancia, per poi prendere un fazzolettino e passarglielo delicatamente sul viso.
“Grazie…” disse lei, arrossendo.
“L’intervista? E’ andata come speravi?” chiese lui, fingendo di sbirciare nella borsa.
“Beh… molto bene, sono soddisfatta! Penso ne verrà fuori un bel pezzo sull’arte contemporanea”.
“Allora perché ti ho vista scappare dal museo prima che la pittrice arrivasse?” la spiazzò Jess, col suo solito sorrisetto furbo.
Ogni tentativo di riprendere il controllo della conversazione sembrò inutile: “Ehmm… il fatto è che… avevo già tanto di quel materiale che ho ritenuto superfluo rimanere ancora…”.
“Ti conosco troppo bene… per questo ti ho seguita fin qui! Avevo paura che non ti sentissi bene, Rory…”.
“Perché dovrei sentirmi male?”.
“Immagino che le parole di Anna ti abbiano un po’ spiazzata, così…” ricominciarono a passeggiare.
Rory riuscì soltanto a mentire: “Perché avrebbero dovuto? Sono davvero contenta per te, per la nuova vita che ti sei costruito! Stai rigando dritto, Mariano…”.
“Sembra di si. Non so cosa mi sia preso. Ci siamo conosciuti alla libreria e dopo poco più di una settimana già sfogliavo un giornale di inserzioni immobiliari… continuo a dirmi che non è da me”.
“E’ bello… si, è bello che tu abbia trovato finalmente la persona giusta, Jess” disse lei, mentre i bocconi si facevano via via sempre più amari.
“La persona giusta…” sussurrò perplesso.
“Beh, se ci sei andato a vivere insieme, significherà pur qualcosa… E’ il classico colpo di fulmine… ho letto su un giornale che, secondo ricerche dell’università di Princeton, il colpo di fulmine capita davvero soltanto una volta nella vita” commentò Rory.
“Allora non può essere”.
“Perché?”.
“Perché avrei esaurito il mio bonus già un paio di anni fa…” sorrise lui.
“Jess…” sussurrò lei.
“…Jess cosa? Avanti Rory, è inutile che fingiamo… Lo sappiamo entrambi cos’è significata la nostra storia!”.
La ragazza lo bloccò, prendendolo per un braccio: “Eppure giurerei di averti sentito definirci “vecchi amici” poco fa…”.
“Ero nel pallone… sei apparsa così… all’improvviso…”.
“E’ vero, di solito sei tu quello che compare come per magia e mi lascia senza parole”.
“Abilità perfezionata negli anni!” e proseguì: “Fra tutte le mie apparizioni qual’è stata quella più ad effetto?”.
“Mi servirebbe un’ora per elencarle tutte… fammi pensare… uhmmm…” lo prese in giro lei.
“Molto divertente! Però sono certo di sapere a quale momento particolare tu stia pensando…” disse Jess, bloccandosi nel bel mezzo del marciapiede.
Rory intuì che il tempo degli scherzi era finito… che Jess avrebbe di certo riaperto cassetti della memoria ormai remoti e probabilmente portato alla luce vecchie ferite, ma rimase comunque ad ascoltarlo.
“Parlo del matrimonio di Sookie” continuò lui.
“Non farlo, Jess… Non tirare fuori tutto questo, ti prego”: Rory impallidì di colpo, gettando il resto del panino in un cassonetto e proseguendo la passeggiata da sola.
Il ragazzo la inseguì per diversi metri, domandandole con insistenza: “Perché stai fuggendo? In fondo cos’ho detto di sbagliato?”.
“E’ stato tanto tempo fa, Jess…”
“Però dev’essere importante se lo prendi così sul personale”.
“Certo che è importante, stupido! E’ stato uno dei momenti più belli della mia vita, di quelli che rimangono impressi nei ricordi per sempre…” fu allora che Rory cominciò a piangere di colpo, senza il minimo preavviso, senza riuscire ad avere il minimo controllo sulla propria emotività, e continuò: “Non capisco perché tu mi abbia seguita, perché stia facendo tutto questo!”.
“Per riuscire a parlare con la vera Rory, non con quella copia che ho visto prima, quella che modera ogni parola, ogni gesto, nel timore che gli altri capiscano cosa realmente le passa per la testa… Voglio che tu mi dica cosa stai provando ora…in questo istante!”.
“A cosa servirebbe?”
“Servirebbe a me”
“Jess… abbiamo due vite completamente diverse ora… abitiamo perfino in due città diverse… tu hai Anna!”
“E tu hai ancora Logan?”
“Logan? Certo… è in Europa, ma questo non significa che non stiamo più insieme! Anzi, se mi vuoi scusare lo devo richiamare… Mi ha fatto piacere rivederti e ti domando scusa per questa sceneggiata imbarazzante… Addio Jess! Sii felice…” e se ne andò in tutta fretta verso la propria automobile, parcheggiata appena dietro l’angolo.
Jess rimase impietrito, solo in mezzo a quel dannato marciapiede e ancora pieno di mille dubbi che sembrarono assalirlo ancor più di prima… prima che Rory ripiombasse nella sua vita come un uragano, spazzando via le poche certezze che si era costruito con tanta fatica.




Edited by Francis82 - 10/4/2007, 23:35
 
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Francis82
icon12  view post Posted on 9/3/2007, 20:51






Come sempre inizio col ringraziarvi per i commenti... siete mitiche! :lol:
Ecco come premio la seconda puntata... preparate i fazzoletti! :cry:
Attente perchè ci saranno battute e situazioni che non vi giungeranno nuove...
Non disperate perchè il mio animo lit è sempre lo stesso... :wub:



Un’automobile azzurra imboccò la strada verso la cittadina adiacente di Stars Hollow: al suo interno Jess, alla guida, e Rory al suo fianco.
Sembrarono divertirsi, parlando del proprio futuro.
“Oh, grillo parlante… cosa farai tu?” disse lui, prendendola un po’ in giro.
“Come sarebbe?” chiese lei, divertita.
“Quali sono le tue ambizioni?”
“Harvard”
“E dopo Harvard?”
“Farò la giornalista!”
“Come Paula Hazard…”
“Cristiana Amampur!” lo corresse lei.
“Vuoi fare la corrispondente estera”
“Si, infatti…”
Jess ricominciò a scherzare: “Allora striscerai tra le trincee o salirai in cima ai palazzi mentre le bombe cadono sullo sfondo e la guerra infuria tutto intorno…”
“Perché? Credi che non ci riuscirò?” domandò lei, un po’ turbata.
“No… ci credo… solo che mi sembra un po’ troppo…”
Rory sembrò offendersi per quel tono di esitazione: “…un po’ troppo, cosa?”
Fu allora che Jess le rispose con estrema onestà: “Ecco… un po’ troppo duro per te!”
“Invece non è affatto troppo duro per me…” e, dopo aver difeso con fermezza la propria posizione, la ragazza continuò con un tono stavolta più incerto: “Almeno spero che non lo sia… non faccio che parlarne da sempre… insomma, non so che farei se…”.
L’amico si rese conto di averla mandata leggermente in confusione e cercò di riparare dandole coraggio: “Ehi, non ti volevo spaventare… scusami… Penso che ce la farai… ce la farai! Te lo garantisco! Ti aiuterò ad allenarti, ok? Domani ti metti in mezzo alla strada ed io ti vengo addosso con la macchina, imprecando in qualche lingua straniera!” disse poi, ridendo.
A Rory tornò di nuovo il buonumore: “Ma prima dovrai impararla una lingua straniera!”
“Allora è una fortuna che prenda ripetizioni… o no?” scherzò di nuovo lui.
Dopo una breve pausa, mentre dall’autoradio le note di “Car song” delle Elastica rompevano il silenzio, fu Jess a riprendere la parola, continuando a guardare la strada dinnanzi a se: “Ok… adesso ritorniamo alla base. Ho promesso di studiare se venivi a prendere il gelato con me…”
“Si, è vero!”
“Bene, allora vado dritto e torniamo al locale di Luke…”
“Hai senso dell’orientamento!”
“…Ovviamente potrei anche svoltare a destra e allora continueremmo a girare in tondo per un altro bel po’…” disse lui, sorridendo maliziosamente.
Ci fu un momento di esitazione, dopodichè fu Rory a parlare: “…Svolta a destra”.
Il ragazzo, felicemente colpito da quel comportamento, dalla sensazione sempre più concreta che anche Rory iniziasse a provare qualcosa per lui che andava ben oltre la semplice amicizia, esclamò: “Ok, come vuoi…”.
Dopo poco si ritrovarono davanti alla sala di Miss Patty e, notando una figura maschile ferma al centro della carreggiata, dovettero frenare di colpo per evitare di investirla.
Il volto di Jess divenne terribilmente scuro e ben presto fu l’uomo a parlare: “Jess, forza… vieni con me!”.
“Ma chi è?” sussurrò Rory in piena confusione.
“E’ Jimmy…” rispose il ragazzo, sempre più serio.
“Jimmy… tuo padre? Ma cosa…”.
L’atteggiamento di Jess divenne ancor più enigmatico, tanto che tutto d’un colpo spense il motore: “Devo andare, mi dispiace Rory” .
A quel punto la ragazza afferrò il suo braccio, tentando con ogni sua forza di mantenerlo dentro l’abitacolo: “No, Jess… ti prego, non puoi andare… Ti deluderà, ascoltami…”.
Non bastò nemmeno il suo sguardo disperato e smarrito, i suoi occhi lucidi dall’emozione, perché Jess si staccò da lei con un colpo secco e raggiunse il padre.
La città le sembrò deserta: Rory uscì dall’auto e si mise a correre, talmente veloce che finì con lo scontrarsi con una persona sul proprio cammino e cadere rovinosamente a terra.
Dean era lì, in piedi, a sovrastarla con una luce strana che gli illuminava il profilo: “Cosa ci fai qui? A quest’ora della notte?”.
“Dean… aiutami ti prego! Devo fermare Jess… lo vedi laggiù?”.
“Rory… Rory… mi prendi per uno stupido? Credi davvero che ti aiuterò dopo quello che mi hai fatto? Mi hai illuso… per te ho distrutto il mio matrimonio… e tu? Ti sei divertita per poi buttarmi nella spazzatura come fossi uno straccio vecchio! Cavatela da sola stavolta!” e si allontanò nell’oscurità formatasi tutt’intorno.
Rory rimase sola, seduta a terra, mentre le forze sembrarono abbandonarla piano piano ed una strana nebbia proveniente dal basso la avvolse lentamente.
Per fortuna una mano apparve dal buio, come per miracolo… la ragazza la afferrò con decisione e, soltanto dopo aver alzato il viso, si rese conto di chi si trattasse: “Oh, Logan… sei tu! Sei tornato in America… sono così felice di vederti…”.
“Cosa fai qui?” chiese lui, con un tono quasi assente.
“Devo raggiungere Jess… ora non si vede, ma si è allontanato da quella parte…” indicò nel buio.
“Jess? Ah, già… lo scrittore che mi avevi presentato… Quel tale è talmente ingenuo!” continuò Logan con aria saccente.
Rory lo guardò estremamente arrabbiata: “Non hai il diritto di trattarlo così… abbiamo già litigato una volta per questo!”.
“Andiamo… è ancora convinto che tu abbia la stoffa per diventare una giornalista!” commentò, con un sorrisetto beffardo.
“Cosa stai cercando di dirmi? Che tu l’hai sempre pensata come tuo padre?”: la ragazza non poté credere alle proprie orecchie.
“Te ne sei resa conto soltanto adesso, Scheggia?” disse infine lui, per poi stringerle il polso con forza.
“Tesoro… tesoro, svegliati!” Rory spalancò gli occhi all’improvviso e si accorse, tutta tremante, che la persona che in realtà le stava tenendo la mano era Lorelai, china su di lei con aria preoccupata.
Realizzò in breve dove ed in quali condizioni si trovasse: si scoprì sdraiata sulle fredde piastrelle di marmo azzurro del bagno del suo appartamento di New Haven… la mano destra stava reggendo in modo assai instabile un bicchiere nel quale rimaneva soltanto qualche goccia di vino bianco, mentre la sinistra era appoggiata sul bordo della vasca, accanto ad una bottiglia ormai vuota di Chardonnay… i jeans sbottonati per metà e la camicetta di raso sgualcita...
La madre l’aiutò ad alzarsi con fatica, dato che le gambe non sembravano reggere più il suo peso: dovette trasportarla quasi a peso morto nell’altra stanza fino a lasciarla scivolare sul letto.
Rory si guardò intorno disorientata e, nonostante la mente fosse completamente annebbiata dall’alcol, notò uno strano disordine: uno stivale era ai piedi del letto e l’altro finito accanto alla porta del bagno… la giacca stropicciata sul tavolo da biliardo… il mobiletto dei liquori con entrambe le ante di cristallo spalancate.
Biascicò qualche parola sconnessa a Lorelai, la quale continuò ad osservare i suoi dolci lineamenti sconvolti, con un’espressione assai delusa: “La macchina… tutto quel buio… non sono riuscita a raggiungerlo…”.
“Rory, cosa diavolo ti è successo? Ho sentito il tuo messaggio in segreteria e sono corsa qui in un lampo… Ho trovato la porta aperta e poi… Dio mio, mi è quasi venuto un infarto quando ti ho trovata riversa sul pavimento del bagno!” le parole furiose della madre le rimbombarono con violenza nella testa, mentre Lorelai cercava con un braccio di tenerle la schiena dritta.
“Messaggio in segreteria?” ripeté con un filo di voce.
“Certo! Mi dicevi di correre, di venire ad aiutarti perché stavi male… hai accennato qualcosa riguardo la mostra e per sbaglio hai anche detto il nome di Jess… forse intendevi Logan…” le spiegò la madre.
“Jess…” sussurrò la figlia, appena prima di scoppiare a piangere di nuovo.
“Qualcosa mi dice che non sia stato uno sbaglio, allora… Comunque ne parleremo quando sarai più lucida… tesoro, forse è meglio che ti faccia un bel caffé…” la prese di nuovo di forza, trascinandola a sedere in cucina.
Passò non più di un minuto, quando il colorito di Rory si fece ancor più pallido e la ragazza si portò velocemente una mano alla bocca: la madre fece appena in tempo ad avvicinarla al lavandino, per poi voltare lo sguardo dalla parte opposta, con un’espressione schifata.
“Ancora uno sforzo e starai meglio…” disse poi, tenendole i capelli con entrambe le mani.
Prese un tovagliolo e lo passò delicatamente sul viso affaticato di Rory che pian piano sembrò assumere un colorito più sano del precedente: “Povera bambina mia…”.
“Mi dispiace, mamma… Non volevo mi vedessi così, ma…”.
“Su, su… Ti ho detto che ne parleremo dopo… Ora, ce la fai ad andare in bagno da sola a sciacquarti o vuoi che ti accompagni?” le accarezzò affettuosamente la fronte sudata.
“Ce la faccio” disse la figlia, allontanandosi con passo un po’ incerto.
Quando si ritrovò sola, dinnanzi allo specchio, Rory non ebbe il coraggio di guardare la propria immagine riflessa: si sentì un’immatura… provò per se stessa un sentimento simile alla pena e al disgusto.
La sua mano scivolò rapida sul rubinetto, mentre un polso finì sotto il getto di acqua fresca, dandole un po’ di sollievo.
Si bagnò anche il viso, sciacquò la bocca e poi ricominciò a piangere… da sola… per quanto fosse consapevole che sua madre si trovasse a pochi metri di distanza si sentì abbandonata… senza Logan… ora, definitivamente, senza Jess… sola… e pianse in silenzio…
Non era in quel modo che si affrontavano le cose; si era ripromessa di non subire più i giudizi o le decisioni degli altri… aveva già sofferto abbastanza… era esausta.




Nell’istante in cui i suoi splendidi occhi celesti si riaprirono, trovò la mano di Lorelai accarezzarle la fronte amorevolmente: il suo tenero sguardo aveva vegliato sul sonno della figlia per tutto il pomeriggio.
Fortunatamente si era trattato di un riposo tranquillo, senza più incubi.
“La mia principessa si è destata… Ti senti meglio?” sussurrò.
Rory si limitò a stiracchiarsi tra le lenzuola e nascondere, in modo un po’ infantile, il viso stanco e pallido sotto il cuscino.
“Sul tavolo della cucina ti aspettano delle soffici ciambelle allo zucchero di canna, ma se preferisci qualcos’altro scendo in un attimo… ogni tuo desiderio è un ordine, padrona!” scherzò Lorelai.
“Le ciambelle vanno benissimo!” una vocina flebile emerse dalle coperte.
“Tesoro, lo so che forse non ti sentirai ancora pronta per parlarne… ma… come madre, nonché tua migliore amica, mi sento in dovere di chiederti una spiegazione… Ho avuto il tempo necessario per calmarmi in queste ore, quindi puoi stare tranquilla: non c’è pericolo che venga colta da nuovi attacchi di panico!”.
“Prima… ciambella!” disse Rory, affiorando dalle soffici lenzuola.
Rimasero per un po’ ad osservarsi, soffiando ognuna sulla propria tazza di caffé fumante: Rory addentò con voracità un paio di dolci, scivolando poi in modo scomposto sullo schienale della seggiola.
La madre riuscì a controllarsi ancora per qualche minuto, fino a scoppiare in un: “Cosa c’entra Jess?”.
La ragazza, presa alla sprovvista, spalancò gli occhi, per poi sospirare: “Mamma…”.
“Insomma, amore… mi conosci! Sai che la mia resistenza ha un limite! Per di più, quando si tratta di quel teppista il mio autocontrollo scende a livelli inimmaginabili… Cosa ti ha fatto stavolta?”.
“Non mi ha fatto niente! Sono io che non mi riconosco più…” proseguì la figlia, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo ed il viso tra le mani.
“Cosa vuoi dire?”.
Rory raccontò alla madre ogni singolo particolare di quella tremenda giornata: Jess, Anna, l’incontro davanti al chiosco degli hot dog, quel terribile incubo che l’aveva spaventata a morte… non tralasciò nemmeno un istante, soffermandosi sulle proprie sensazioni, su quella fragilità improvvisa che l’aveva spiazzata.
Con il suo aiuto riuscì ad analizzare i singoli eventi con maggiore lucidità rispetto a prima.
“Vorrei poterti dire che si tratta soltanto di solitudine, Rory… della mancanza di Logan… ma…”.
“Ma cosa?”
“Oddio, questa è l’ultima cosa che speravo uscisse dalla mia bocca, ma… credo tu non abbia mai realmente smesso di amare Jess! Quel ragazzo non mi è mai piaciuto, lo sai bene… ma la luce che si accende sul tuo viso quando pronunci il suo nome… è la stessa di quando, la sera del mio diploma, mi supplicasti di perdonarti per quell’assurda fuga a New York… lui ti fa perdere ogni controllo!” disse Lorelai, continuando a muovere nervosamente il cucchiaino nella tazza.
“Perché, non ho forse perso il controllo rubando una barca e finendo alla centrale di polizia? Lì non c’entrava Jess… si trattava di Logan!” si arrabbiò l’altra.
“Certo… ma ciò che ho visto prima era diverso! Diverso perfino da quando ti prendesti quella terribile sbornia con il punch di Patty, la volta che finisti sul pavimento del nostro bagno a piangere per Logan… Lo testimonia il fatto che ora tu stia ricominciando a piangere, tesoro” e le accarezzò la mano.
“Ha chiuso… Jess ha scelto lei… Io sto soffrendo per una persona che probabilmente mi ha già dimenticata…” singhiozzò.
“No, Rory… se c’è una cosa di cui ho la certezza è che Jess non ti dimenticherà mai! Come tu non potresti mai e poi mai dimenticare lui!”
“Perché mi stai dicendo tutto questo? Speravo mi avresti convinta una volta per tutte ad odiarlo… mi avresti ricordato tutte le occasioni in cui lui, in passato, ha deluso le mie aspettative… avresti elencato i suoi pessimi difetti…”.
“Potrei farlo… mi riuscirebbe fin troppo facile… ma non penso sia giusto”.
“Cosa è giusto, allora?”
“Lo devi affrontare, Rory… Gli devi parlare e mettere in chiaro ogni cosa! Non posso sopportare che tu stia male ancora per lui, ma vederti vivere nel rimpianto sarebbe ben peggiore!”.
“Non posso, mamma… sarebbe troppo umiliante confessargli i miei sentimenti!”
Lorelai fece un lungo e profondo sospiro: “Lui ha messo da parte l’orgoglio in passato, dicendoti che ti amava… perché tu non potresti fare lo stesso?”
La figlia si alzò in piedi, camminando nervosamente intorno al tavolo, con la voce rotta dall’emozione: “Non ti riconosco, mamma… Un tempo avresti fatto i salti di gioia al pensiero di esserti liberata di Jess… ora mi suggerisci di fargli addirittura una dichiarazione d’amore!”
“Anch’io fatico a riconoscermi, ma sono tua madre e il mio compito è mettere la mia esperienza al tuo servizio, tesoro…” mormorò Lorelai e quando finalmente Rory si fermò, la prese per un braccio, mettendola a sedere sulle proprie gambe: le sembrò di tornare indietro negli anni… a quando era ancora la sua bambina e si rifugiava fra le sue braccia, dopo essersi sbucciata un ginocchio cadendo dal triciclo nel cortile dell’Indipendence Inn.
Era passato tanto tempo, ma quel broncio delizioso era inconfondibile…
Decisero di smetterla di parlare di Jess e, dopo aver ordinato una dose super di cibo cinese, passarono la serata insieme davanti alla televisione, come una volta, commentando divertite uno dei soliti reality show trasmesso da un canale via cavo.
“Sei sicura di non volere che passi la notte qui con te?” chiese un’ultima volta Lorelai, infilando il cappotto.
“Si, mamma… ti ringrazio tanto per quello che hai fatto oggi… se non ci fossi stata tu, non so come avrei fatto! Ora sto molto meglio…” le sorrise, la ragazza.
“Penserai a ciò che ti ho detto? Voglio dire… andrai a parl…” ma venne bruscamente interrotta da Rory.
“No… per il momento non me la sento… devo rifletterci ancora su…”.
“Rory, sei la cosa più importante della mia vita… non voglio vederti di nuovo in quelle condizioni, capito?” l’abbracciò la madre, per poi insistere: “Parla con lui… e se ti fa piangere di nuovo lo vado a trovare con una bella e robusta mazza da baseball, ok?”.
“Da quando possediamo una mazza da baseball? O qualsiasi altro strumento abbia a che fare con qualsiasi tipo di sport?” la prese in giro: “Comunque ti ho detto che non sono in grado di affrontarlo… scusami, so che lo dici esclusivamente per il mio bene, ma ora come ora mi sento troppo fragile…”.
“Ok, ok… non insisto più… Buonanotte piccola!” e le diede un sonoro bacio sulla fronte.
“Buonanotte mamma!”.
Osservò sua madre scomparire dietro le porte dell’ascensore e rientrò nell’appartamento per buttarsi esausta sul letto ancora sfatto, prendendo sonno nonostante il rumore della televisione accesa.
Chissà se Jess sarebbe venuto a tormentare ancora una volta i suoi sogni…




Rory si ritrovò a correre come una furia per le strade di Stars Hollow.
La sua preoccupazione si fece talmente grande da non rendersi nemmeno conto di chi le stesse intorno, tanto da finire con lo scontrarsi bruscamente con Jess che veniva dalla direzione opposta, intento nella lettura dell’ennesimo libro.
“Wow… dove corri?” esclamò il ragazzo, tentando di non perdere l’equilibrio.
Rory riprese rapidamente il proprio percorso: “Sono affari miei!”.
“Va di moda fare la doccia vestiti?” la inseguì lui, incuriosito dal fatto che la sua solita divisa della Chilton fosse completamente fradicia, così come i suoi splendidi capelli color nocciola.
Nonostante le insistenze, la ragazza sembrò non avere alcuna intenzione di fermarsi: “Si, è divertente!”.
“Che c’è?”.
“Niente!” la sua voce si fece ancor più scocciata: la situazione in cui si trovava era già abbastanza imbarazzante per decidere perfino di fermarsi a raccontarla… e poi proprio a lui… proprio a Jess!
“Dove stai andando così di corsa?” il ragazzo non volle cedere.
“Il nostro presidente ha detto di fare moto ed io l’ho preso in parola!”
Jess sorrise divertito: “Ha detto di farlo zuppa?”.
Finalmente Rory rallentò il proprio passo, guardando disperatamente intorno a se, alla ricerca strenua di qualcuno che le potesse essere utile: “Ma dove sono tutti?”.
“Chi stai cercando?”.
“Nessuno!”.
L’amico le si piazzò davanti, bloccandola definitivamente: “Fermati Rory… cosa c’è oltre il fatto che hai finito tutti gli asciugamani?”
Esausta, decise di confessare: “Abbiamo un nuovo vicino di casa e gli abbiamo promesso che gli avremmo innaffiato il prato tre volte al giorno per almeno dieci minuti… ma la valvola dell’acqua si è inceppata… devo trovare qualcuno che mi aiuti, altrimenti io…”
Jess, senza darle nemmeno il tempo di finire quel curioso racconto, iniziò a correre verso la loro casa, mentre Rory cercò invano di fermarlo: “…dove vai? Jess…”.
Giunsero davanti all’abitazione, a quel giardino ormai zuppo d’acqua e la ragazza tentò per un’ultima volta di bloccare Jess, di farlo desistere dal combinare qualche guaio, come se già ciò che aveva combinato lei stessa non fosse abbastanza: “Lascia stare! Non ti ho chiesto di farlo… Non peggiorare la situazione!”.
Con un movimento sicuro, il ragazzo riuscì a chiudere la valvola difettosa e fermare quella specie di diluvio, facendo rimanere Rory quasi senza parole: “Come ci sei riuscito?”.
“Era solo un po’ allentata… basta premere in giù e dargli una bella stretta!” spiegò, ormai anch’egli fradicio dalla testa ai piedi.
L’amica non riuscì a sostenere quel suo sguardo così attraente, quell’espressione dolcissima: “Beh, ti ringrazio!”.
“Prego…” Jess rimase abbagliato ancora una volta… quasi accecato dall’azzurro profondo dei suoi occhi… da quelle ciocche bagnate che le incorniciavano elegantemente il viso e, dopo un momento di silenzio, continuò: “Sei più tranquilla?”.
Sembrò che un’ondata di calore le salisse dai piedi fino a raggiungere le guance bagnate: “Ah, si… adesso va bene…”.
L’imbarazzo si fece talmente palpabile da dover cambiare argomento all’improvviso: “E la scuola?”.
“Anche!”.
Avrebbe desiderato poter restare con lei… starle così vicino… per il resto della giornata: “Sei sempre dell’idea di andare ad Harvard?”.
“Si…” le sue risposte uscirono dalla bocca sotto forma ormai di un sottilissimo filo di voce.
“Bene…” commentò.
“Si… bene…” ripeté la ragazza… sentì che non avrebbero resistito ancora per tanto a quella strana attrazione, alla complicità che si creava tra di loro ogni volta che gli sguardi s’incontravano magicamente: “Allora…”.
In quell’istante uno squillo ruppe l’atmosfera di imbarazzo creatasi tutt’intorno.
“Il mio cercapersone!” esclamò lei, estraendolo timidamente dalla tasca del golfino.
“Lo sento… Chi è?” domandò, pur immaginando benissimo di chi si trattasse.
Rory gli rispose con visibile incertezza: “E’… Dean… l’avevo chiamato prima per dirgli di venire ad aiutarmi e il messaggio gli è arrivato adesso e…”
Concluse lui la frase: “… sta venendo ad aiutarti!”.
“Già!”.
“Ok!” dopo averle sorriso, Jess prese di nuovo tra le mani la valvola, riaprendo energicamente il getto d’acqua che tornò in breve ad investirli.
La doccia fredda riuscì soltanto in parte a placare quell’ardore… quel fuoco che parve sprigionarsi in seguito a quell’incontro improvviso, totalmente inaspettato.
Lo guardò allontanarsi in fondo al vialetto e si sentì morire al pensiero di staccarsi da lui ancora una volta… non riuscì a frenare le proprie emozioni, tanto che, quasi senza rendersene conto, dalla bocca uscì un suono: “Ti prego, fermati!”.
Jess si bloccò all’istante, ma senza voltarsi indietro… aspettò che lei parlasse di nuovo… volle avere una conferma… rendersi conto che non si era trattato soltanto di un’allucinazione!
“Devo dirti una cosa importante, Jess… e non posso aspettare ancora!” le parole le uscirono come d’istinto, come fosse posseduta da una forza sconosciuta.
Soltanto allora ritrovò i suoi occhi, incantevoli e profondi come sempre…
“Cosa devi dirmi?” le si avvicinò lentamente, sfiorandole le dita e intrecciandole con le proprie.
A quel contatto, Rory perse ogni controllo; si morse le labbra nervosamente, con l’indice gli accarezzò il profilo fino a raggiungere il mento, per poi ricominciare a parlare: “Torna con me, Jess… Lascia quel dannato appartamento… lascia Anna e torna con me!”.
Balzò a sedere sul letto, emettendo uno strano e lieve lamento: di nuovo… era di nuovo entrato in lei, nel suo inconscio, attraverso i suoi sogni…
Percependo uno strano calore avvolgerla, guardò istintivamente in basso e trovò la scollatura della maglietta completamente bagnata… anche la fronte, al contatto con la mano, si presentò umida di sudore… quasi come se il getto d’acqua sognato poco prima fosse venuto realmente a sorprenderla in quel enorme letto riempito solo per metà…
La sveglia sul comodino segnava ancora le tre e un quarto… quanto tempo, quanti minuti ancora, separavano lei da un nuovo giorno!
Il respiro affannoso la costrinse in breve a scivolare fuori dalle lenzuola, aprire la finestra e affacciarvisi, per tentare di riprendere un minimo di controllo sul proprio corpo… sulle proprie sensazioni.
New Haven apparve triste, troppo silenziosa… avrebbe desiderato mettersi ad urlare la propria rabbia, sfogarsi con quel cielo che la sovrastava, immenso e nero… dirgli che, se realmente qualcosa al di sopra delle proprie forze stava tirando i fili del suo destino, era troppo… non avrebbe sopportato un’altra dose di sofferenza!
Avrebbe voluto gridare, con tutto il fiato che pareva rimanerle nel petto, un nome soltanto… Jess… sperando che quel suono arrivasse fino a Philadelphia e lo riportasse da lei, dalle sue braccia così desiderose di amore da quando Logan l’aveva abbandonata.
Perché ancora? Perché, ogni volta che i suoi occhi si chiudevano, lui tornava a perseguitarla?
Per non parlare del modo in cui sceglieva di tormentarla: quei frammenti della loro storia che ritornavano a galla… lasciandole, però, sempre quel retrogusto amaro… quel senso di distacco totale e di frustrazione.
Non volle più dormire: decise di rimanere sveglia fino all’alba; tanto che si piazzò proprio lì, davanti alla finestra socchiusa, dalla quale ogni tanto uno spiraglio di vento gelido veniva ad accarezzarle la pelle ancora un po’ umida di sudore… rannicchiata, con le ginocchia cinte dalle braccia ed i piedi sul bordo della poltrona.



 
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Francis82
icon12  view post Posted on 10/3/2007, 20:47





Altro capitolo... risultato di una giornata di ozio e ispirazione! :kytty:
Come sempre spero sia di vostro gradimento! ;)



A molti chilometri di distanza, qualcun’altro non si sforzava affatto di rimanere sveglio, ma, al contrario, faticava parecchio a prendere sonno…
Jess si rigirò per quasi due ore fra le lenzuola, come si trattasse di una graticola, fino a che non decise di alzarsi a bere un sorso d’acqua.
“Tutto bene?” la voce flebile ed insonnolita di Anna lo fece sobbalzare un momento.
Le accarezzò distrattamente la sola parte del braccio rimasta scoperta dalle lenzuola e la rassicurò: “Dormi… è solo un po’ d’insonnia!”.
I piedi scalzi raggiunsero silenziosamente il pavimento della cucina: un buio quasi irreale venne rotto soltanto dalla luce del frigorifero aprirsi dinnanzi al volto stanco e annoiato di Jess.
All’acqua preferì una bottiglietta di birra fresca, il cui tappo di metallo cadde sul tavolo, provocando un rumore sordo.
Era inquieto, profondamente inquieto… sapendo perfettamente di cosa si trattasse… chi ne fosse la causa…
Dopo essere rimasto per un po’ fermo in quella posizione, appoggiato al frigorifero ad assaporare qualche sorso ristoratore, si avvicinò al salotto e a quel paio di scatoloni che rimanevano ancora da disfare dal giorno del trasloco.
Le sue mani frugarono al loro interno, prima lentamente… poi sempre più nervosamente, come fossero alla ricerca di qualcosa di estremamente importante… e finalmente, eccolo lì, fra le sue mani ansiose: “Howl”, uno dei suoi libri preferiti… non soltanto per il contenuto… soprattutto per il valore simbolico che portava impresso nei propri ricordi.
Si sedette sul divano leggermente instabile e cominciò a sfogliare quelle pagine un po’ stropicciate, colme di commenti scritti a margine.
Scivolando a sedere sul tappeto, con la schiena appoggiata ad uno dei braccioli, lesse almeno tre capitoli senza mai alzare lo sguardo dalla carta e si lasciò andare fra le braccia di Morfeo senza rendersene conto…
Il suo passo si fece nervoso, agitato come i suoi pensieri dopo l’ultima sfuriata di Luke… come si era permesso di giudicarlo, di inserirsi così violentemente nella sua vita e dirgli cosa gli sarebbe stato permesso fare e cosa no?
La sua espressione s’intenerì soltanto nel vederla uscire velocemente dalla cartoleria, con quell’aria sempre serena ed i movimenti così delicati.
Decise di fermarla e per questo le si affiancò nel percorso verso casa: “Ciao!”.
“Ciao a te!” gli sorrise.
“Che ci fai qui fuori?”.
Gli rispose con quell’aria deliziosa, quel modo di fare sereno e rilassato che riusciva a spiazzarlo ogni volta: “Mi serviva una cosa per la scuola… e tu?”.
Le mentì: “Anch’io… stessa cosa!”.
“Allora, hai organizzato una bella sparizione l’altra sera…” commentò Rory.
“Sai, cibo e chiacchiere non sono il mio forte!”.
“Tu sei troppo fico, vero?” lo provocò.
Rimanendo in quel ruolo di ribelle che tanto bene gli riusciva, si limitò a rispondere: “Beh, non è colpa mia!”.
Notando degli strani movimenti che Jess aveva iniziato a fare con le mani, Rory domandò perplessa: “Cosa stai facendo?”.
“Ah… questa?” e fece sparire una moneta tra le dita: “Niente… solo un’altra piccola sparizione!”.
“Vuoi un consiglio?” sorrise divertita.
“Si!” annuì lui.
“Se vuoi che parliamo non tirarmela fuori dall’orecchio”.
“Allora anche il naso è off-limits, vero?” insistette.
Rory mise fine ad ogni altra improvvisazione di magia: “Come qualunque posto dove non è normale trovare una moneta!”.
Ci fu un momento di silenzio mentre, passo dopo passo, percorrevano il centro della piazza.
“E adesso dove vai?” domandò lui.
“Vado a finire i miei compiti”.
“D’accordo… allora ti lascio con questo trucchetto!” disse infine, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans un libro.
L’amica si accorse ben presto che si trattava di una copia del volume che Jess aveva notato da una mensola della sua camera, la sera in cui si erano conosciuti: “Hai comprato una copia! Ma ti avrei prestato la mia!”.
“E’ la tua!” rispose candidamente lui.
Rory rimase di stucco: “Hai rubato il mio libro?”.
“No! E’ in prestito!” si giustificò.
La ragazza si arrabbiò per un attimo: “Questo non è un trucchetto, questo è un furto!”.
Jess le indicò il libro: “Volevo solo aggiungere delle note a margine per te!”.
“Cosa?” e lo sfogliò, esclamando, sempre più stupita: “L’avevi già letto!”.
La spiazzò di nuovo: “Circa quaranta volte!”.
“Avevi detto che non leggevi molto…”.
“Wow… che cos’è molto?” scherzò lui e, allontanandosi, la salutò: “Buonanotte Rory!”.
“Buonanotte Dodger!” rispose lei.
Si voltò di nuovo e, con un’espressione confusa, ripeté: “Dodger?”.
Rory lo provocò, sorridendo: “Vediamo se lo sai…”.
Bastò un momento: “Oliver Twist!”.
Rory lo guardò un ultimo istante, annuendo col capo, per poi attraversare la strada con la propria copia di “Howl” tra le mani.
Si trovava già davanti al locale di Luke, quando la voce cristallina di Rory ricomparve alle sue spalle: “Jess, ho bisogno di dirti una cosa!”.
“Non dovresti già essere a casa a studiare?” si stupì lui.
“Si… però a metà strada ho capito che ti avrei dovuto parlare, è importante!” spiegò, con la voce affaticata dalla corsa che l’aveva portata fino a lì.
“Ti ascolto!”.
“E’ una sensazione strana… improvvisamente mi sono come svegliata da un lungo torpore… è come se mi fossi resa conto di colpo dei miei veri sentimenti… di quanto tu sia importante per me!”.
“Rory… di cosa stai parlando? Temo di non capirti…”.
“Parlo del fatto che non è Logan l’uomo con cui voglio passare il resto della mia vita… parlo di te e di me di nuovo insieme!” sembrò profondamente convinta delle proprie intenzioni.
Jess l’affrontò con un’espressione accigliata: “Perché me lo dici soltanto ora? Non ha senso… adesso c’è Anna! Perché non l’hai pensata in questo modo quella sera… si, la sera che ti ho chiesto di fuggire insieme a me a New York? Oh, Rory… perché vuoi sconvolgere la mia vita in questo modo?”.
“Anna capirà…” gli prese la mano lei.
Il ragazzo temette di cedere a quel gesto così intimo e dolce, ma si trattenne: “Non posso farle questo!”.
“Però ti sentiresti in grado di dirmi addio? Perché è questo che accadrà se tu sceglierai di rimanere con lei!”
“Non potrei mai dirti addio, lo sai benissimo!”.
Fu allora che la ragazza lasciò lentamente la presa e passo dopo passo si allontanò da lui, sussurrando: “Jess…”.
Preso dal panico, allungando il braccio nella sua direzione, cercò di fermarla: “Ti prego Rory, non andartene…”.
“Jess!” era la voce di Anna che lo riportava alla realtà, a quella stanza buia di un appartamento nella prima periferia di Philadelphia.
“Che c’è?” disse con un tono assai scontroso, cercando di assumere una posizione eretta.
“Amore, ti sei addormentato qui, a terra… vieni a letto!” e cercò di afferrargli delicatamente una mano.
Jess la evitò come d’istinto; con un gesto brusco si allontanò, sedendosi di nuovo sul divano e riprendendo in mano il proprio libro, che nel frattempo era scivolato a terra.
Anna lo osservò con aria preoccupata: “Hai intenzione di metterti a leggere a quest’ora del mattino? Sono quasi le cinque!”.
“Non sapevo fossi diventata improvvisamente mia madre!” lo stesso Jess si stupì del proprio tono, di quell’atteggiamento eccessivamente aggressivo.
“Si può sapere cosa diavolo ti prende? Beh, io torno a letto… tu fai come vuoi!” si lesse una profonda delusione nello sguardo della ragazza, la quale gli voltò rapidamente le spalle e, coperta soltanto da una t-shirt scolorita di Jess, scomparve nell’altra camera.
Osservò le sue gambe lunghe ed eleganti scivolare dietro la porta e sospirò profondamente.
Si sentì uno schifo per il resto della mattina, tanto che non riuscì nemmeno a tornare a letto, a chiederle scusa per quel comportamento così sciocco, troppo duro perfino per uno come Jess Mariano, e rimase a sonnecchiare ancora per qualche ora nel salotto.
Il problema non era Anna e nemmeno la propria stupidissima insonnia… il problema era Rory ed il suo incantevole sorriso che non sembrava aver intenzione di svanire in mezzo alla miriade di cassetti della memoria ancora aperti.


Passarono alcuni giorni da quella lunga e faticosa mattina di ottobre in cui Rory e Jess inciamparono l’una nell’altro, provocando una tempesta, una marea di sentimenti contrastanti, piacevoli e spiacevoli allo stesso tempo…
Paris rimase accanto alla finestra della redazione per parecchi minuti, tutta concentrata sulla lettura del nuovo numero dello Yale Daily News, finché non fu l’amica ad interromperla: “Guarda che mi sono accorta del fatto che è la terza volta che leggi il mio articolo! I casi sono due: o ti ha fatto talmente schifo da costringerti a rileggerlo più volte per capire come io possa essere ancora la direttrice del giornale oppure sei rimasta folgorata dalla mia capacità descrittiva ed interpretativa!” disse, dalla propria scrivania già colma di lavoro da distribuire ai propri collaboratori.
“Cosa ti è successo, Gilmore?” domandò con freddezza estrema.
“Allora si tratta della prima opzione!” sbuffò.
“E’ il pezzo migliore che tu abbia scritto da quando ti conosco! Sei sempre stata brava con la penna, te lo riconosco… ma qui hai superato te stessa. Per non parlare del fatto che mai avrei pensato ad un tuo amore così profondo per l’arte!” commentò Paris, avvicinandosi con aria entusiasta.
Rory sgranò gli occhioni azzurri: “Dici sul serio?”.
“Insomma… vuoi che lo gridi ai quattro venti? Lo dico sul serio… Però sento puzza di bruciato!” aggiunse.
“Sembrava troppo bello per essere vero…” sospirò l’amica, per poi continuare: “Cosa ci sarebbe di bruciato, sentiamo…”.
“Tutte queste citazioni poetiche… perfette, non lo metto in dubbio… poi queste metafore… Tu che ti paragoni ad una tela bianca dinnanzi ad un’ondata di colore che ti travolge fino a spezzarti il respiro…” Paris continuò a girarle intorno alla sedia, con il giornale aperto davanti a se.
“Ispirazione! Ti ho detto che ho trovato quelle opere a dir poco meravigliose!” si giustificò l’altra.
“Scusa se insisto, ma ci leggo qualcosa di più tra le righe… una strana passione… Come se insieme a questi dipinti tu abbia visto anche qualcos’altro!” insinuò Paris, sempre più indagatrice.
Le guance della povera Rory sembrarono andare a fuoco: era possibile che dal pezzo si giungesse così facilmente a capire il suo stato d’animo, il suo struggimento interiore?
Dopo un attimo di panico, si sentì sollevata al pensiero rassicurante che fortunatamente il giornale di Yale non sarebbe potuto finire nemmeno per errore a Philadelphia… tra le mani di Jess.
Rimase però aperta la questione Paris, ancora in piedi con aria da generale, dinnanzi alla sua scrivania: “Paris… come te lo devo dire che è un semplice articolo e non un rebus da decifrare?”.
“Lo scoprirò… non temere…”.
Per fortuna in quell’istante il cellulare iniziò a squillare e Rory poté liberarsi almeno per qualche minuto della gogna in cui sembrò averla imprigionata l’amica.
“Ciao Scheggia! Cosa mi racconti di nuovo?”.
“Logan… che voglia di sentire la tua voce!” sospirò lei.
“Ti sento strana… qualcosa non va? Paris ti da ancora il tormento?” pur non volendo, aveva colto nel segno.
“In un certo senso… ma parlami di te! Nell’ultima e-mail hai accennato ad un impegno di lavoro che forse ti riporterà in America per una settimana…” disse lei, rifugiandosi in corridoio per poter parlare al riparo dallo sguardo, ancora indagatore, dell’amica.
“E’ saltato, purtroppo… Però abbi fiducia: le vacanze di Natale non sono poi così lontane!” cercò di rassicurarla lui.
“Ma… perché? Speravo con tutto il cuore che avremmo passato qualche giorno insieme… Ne ho bisogno, Logan… non sai nemmeno quanto!” gli occhi di Rory si fecero lucidi: aveva talmente bisogno di un po’ di calore… una dose massiccia di coccole e carezze che le facessero dimenticare Jess e tutti i problemi che da lui erano derivati.
“Sarà per la prossima volta, Scheggia! Non fare così… se proprio vuoi, posso affittare una macchina con il teletrasporto e catapultarmi da te…” scherzò lui.
Peccato che Rory non fosse proprio in vena di burle e risate… tanto che le lacrime incominciarono a scivolare sul suo viso come per incanto, senza alcun freno.
“Logan…” sospirò malinconica.
Proprio in quell’istante sentì una mano sfiorare lievemente la propria spalla e voltò la testa di scatto: “Oh, mio Dio! Sei qui!”.
“Te l’avevo detto… il teletrasporto è sempre efficiente!” Logan aprì le braccia e l’accolse in un caldo e dolce abbraccio.
Tutte quelle emozioni assieme mandarono in tilt la piccola Rory: il pianto si fece più convulso, con mille singhiozzi che sembrarono romperle il respiro.
“Scheggia… cosa ti succede?” il ragazzo le prese il volto fra le mani, guardandola intensamente nei bellissimi occhioni colmi di lacrime.
“Io… io…” non riuscì ad esprimere il proprio stato d’animo a parole e decise di farlo con un lunghissimo bacio, pieno di passione.
“Questo si che si chiama un benvenuto coi fiocchi…” esclamò Logan, non appena le labbra della ragazza si furono staccate dalle proprie: “Però questo pianto non era necessario!”.
“Te l’ho detto… mi mancavi da morire! Il solo pensiero di non vederti fino a Natale…” singhiozzò lei.
“Dato che sono qui, non c’è più bisogno di disperarsi… Dai, prendi le tue cose e andiamo a mangiare un boccone la pub!” propose lui, asciugandole amabilmente il viso.
“Ti amo, Logan Huntzberger!” sussurrò lei, scomparendo subito dopo dietro la porta della redazione.



Continuò a tamburellare con la matita sul piano della scrivania per gran parte della mattinata, con un’aria pensierosa ed i capelli leggermente spettinati, risultato dell’ennesima notte insonne: la libreria sembrò non essere mai stata così tranquilla dal giorno dell’inaugurazione, tanto che lasciò gli amici andare al bar, per rimanere solo coi suoi pensieri.
Con qualche passo svogliato raggiunse lo stereo e decise che un po’ di musica avrebbe rallegrato quel mortorio.
Per quanto cercasse di ignorarlo, ogni gesto, ogni rumore… qualunque cosa ormai portava la sua mente al ricordo della mostra… al ricordo di Rory… al portamento elegante che la distingueva in quella sala colma di persone… al suo esile profilo… perfino alla grazia con cui maneggiava il blocco per gli appunti e masticava nervosamente il dorso della matita.
Appoggiò il palmo delle mani al davanzale della finestra, stringendo i denti per un momento… la sua mente sembrò urlare sempre la stessa frase: “Addio Jess! Sii felice…”.
Come aveva potuto dirgli addio?
Non avrebbe mai dovuto farlo… non avrebbe dovuto nemmeno pensare alla possibilità di abbandonarlo per sempre!
Per quanto, nel corso degli anni, fosse capitato loro di rimanere lontani per lunghi periodi… beh, avevano sempre trovato il modo di ricongiungersi, di rivedersi anche solo per qualche istante… anche solo per litigare e rinfacciarsi errori e incomprensioni…
Quella volta però sembrò seriamente un addio… e faceva male, terribilmente male!
I ricordi si fecero talmente invasivi da estraniarlo completamente dalla realtà… tanto che nemmeno si accorse di non essere più solo.
“Calma piatta stamattina!” una voce squillante lo sorprese alle spalle.
Riconobbe alla perfezione quel timbro così energico, cristallino, tanto da non voltarsi nemmeno per averne conferma: “Lorelai Gilmore… a cosa devo questa piacevole visita?”.
“Vedo che ti sei sistemato bene, Jess…” commentò lei, guardandosi intorno piacevolmente colpita.
Fu allora che il ragazzo si voltò, sfoderando uno dei suoi sorrisi di circostanza: “Anche una testa calda come me può riuscire a combinare qualcosa di buono nella vita”.
“Non avevo dubbi sul fatto che saresti maturato un giorno o l’altro… Certo avrei preferito fosse avvenuto un po’ prima!” ironizzò lei.
“Ho saputo di te e Luke e volevo dirti che mi dispiace… lo dico davvero” divenne serio.
“Già…” il volto di Lorelai si rabbuiò per un istante, per poi riprendere: “Non è per questo che sono qui, Jess”.
“Lo immaginavo… non m’illudevo certo di diventare il tuo confessore in fatto di questioni amorose…” e riprese la matita, muovendola nervosamente tra le dita.
Lorelai sospirò, per poi riprendere il filo del discorso, pur non distogliendo lo sguardo dai dipinti esposti sulle pareti nemmeno per un attimo: “Belli questi disegni! Certo non sono un’intenditrice di arte moderna… tu frequenti per caso quel tipo di mostre, Jess?”.
Jess soffocò una piccola risata: “Lorelai… non servono troppi giri di parole tra di noi, dovresti saperlo!”.
Anche la donna sorrise: “Per una volta devo darti ragione… Sai quanto tu ed io ci siamo detestati in passato…”.
“Io non ti ho mai detestato…” la interruppe lui.
“Beh, permetti che io abbia trovato insopportabile il modo col quale tu hai ferito mia figlia in più di un’occasione… comunque non voglio rivangare il passato! Sono qui per dirti che Rory sta male… sta a pezzi dopo ciò che ha visto alcuni giorni fa…” per la prima volta durante l’intera conversazione, Lorelai lo guardò dritto negli occhi.
Jess rimase in silenzio, mentre un masso parve cadergli sullo stomaco.
“Sono l’ultima persona a questo mondo che possa desiderare un vostro eventuale riavvicinamento… ma so che Rory è ancora innamorata di te e, se come penso, anche tu provi qualcosa di profondo nei suoi confronti… beh, dovreste parlarne! Non sprecate questa occasione, sarebbe un errore mostruoso!”.
“Se sai del nostro incontro… beh, allora saprai anche che non sono più solo!” strinse i pugni dentro le tasche dei jeans.
Lorelai abbozzò una risata: “Jess… Jess… Avanti, dimmi che ami questa ragazza più di quanto ami Rory!”.
“Amo Anna!” non sembrò cedere alla provocazione.
Lorelai rincarò la dose, avvicinandosi sempre di più: “Non basta… Ti ho chiesto di dirmi che la ami più di quanto ami Rory! Non dovrebbe essere difficile se dici di esserti impegnato con lei in modo così serio…”.
In gesto di stizza, il ragazzo sorrise dicendo: “Amo Anna più di quanto io ami Rory!”.
“Sei un pessimo attore, Jess Mariano!” lo schernì lei.
“Non devo rendere conto a te della mia vita privata, non credi? E poi se sai già tutte le risposte… non capisco cosa significhino queste domande così insistenti!” Jess non riuscì a trattenere la rabbia che sembrò esplodere, alzando di molto il tono della voce.
“Questa reazione dice molto più di mille parole…” insistette Lorelai, finendo poi per avviarsi verso l’uscita della libreria con aria soddisfatta.
“Le ho detto che l’amavo… l’ho supplicata di stare con me… Mi ha baciato proprio in questa stanza, illudendomi per un istante che mi desiderasse ancora come una volta… salvo poi confessarmi che era Logan l’unico grande amore della sua vita! Allora mi dica, signora Gilmore… è così biasimevole il fatto che io abbia deciso di dimenticarla e voltare pagina?” finì per urlare lui.
“Ma tu non sei ancora riuscito a dimenticarla…” e scomparve dietro la porta, senza nemmeno voltarsi indietro.
Per la seconda volta in pochi giorni, Jess rimase immobile, inerme: ancora una volta… si, ancora una volta una Gilmore era riuscita a spiazzarlo e farlo ripiombare in quel tunnel di confusione da cui sembrava non vedere più alcuna uscita.




Edited by Francis82 - 25/3/2007, 15:25
 
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Francis82
icon12  view post Posted on 18/3/2007, 15:26




Nuovo capitolo... altra confezione di kleenex! :wub:
Buona lettura a tutti! ;)


“Credi che viziandomi in questo modo riuscirai a trattenermi a New Haven più a lungo?” sorrise Logan, accogliendo la fidanzata ed un vassoio colmo di prelibatezze fra le candide lenzuola.
“Sono intenzionata ad usare tutte le mie cartucce, Huntzberger!” sussurrò lei, subito dopo averlo baciato dolcemente.
Logan afferrò una fetta di torta alle fragole e, con una smorfia di piacere, si complimentò di nuovo per quella piacevole sorpresa.
“E’ così bello riaverti qui con me, Amore…” Rory, coperta soltanto da una camicia maschile, si rifugiò fra le sue braccia, socchiudendo beatamente gli occhi.
Pensò di aver finalmente raggiunto un equilibrio, di aver riconquistato maggior controllo sulle proprie emozioni: si sentì appagata, insomma.
In fondo era possibile… si, era comprensibile che Lorelai si fosse sbagliata per una volta: non era Jess il vero problema, ma la mancanza di Logan!
Si disse che non appena Mitchum Huntzberger avesse capito quanto il figlio avesse bisogno di tornare a casa e questa volta definitivamente… beh, allora tutto sarebbe tornato alla normalità… ed il caro Jess avrebbe potuto portarsela perfino all’altare la sua Anna.
Ormai tutti quei pianti, quei sensi di colpa facevano parte del passato.
Logan riprese a scoprirle e ad accarezzarle le spalle con sensualità: “Non hai nemmeno idea di quanto desiderassi questa pelle morbida e profumata…” e la baciò con passione.
La reazione della ragazza fu imprevedibile: nell’istante in cui le labbra si sfiorarono, fu come se il profumo di Jess ritornasse, dopo tutto quel tempo, e si spandesse nell’aria tutt’intorno… così potente che Rory si staccò di colpo, lasciando il fidanzato con un’espressione assai confusa in volto.
“Qualcosa non va?”
“No… no, scusa… è solo una fitta alla tempia… Sono stati giorni un po’ faticosi e mi hanno provocato una serie infinita di emicranie!” si giustificò lei, mentendo.
Subito dopo, alzandosi per andare a prendere una bottiglietta d’acqua minerale, lanciò con aria perplessa una domanda al fidanzato: “Hai cambiato profumo, Logan?”.
“No… sai che uso sempre lo stesso. Perché me lo chiedi?” rispose, sempre più confuso.
“Credevo di aver sentito… niente, era solo una sciocchezza!” esclamò Rory, ancora un po’ turbata: si fermò dinnanzi al frigorifero e vi rimase per circa un minuto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Non era possibile: dopo averla perseguitata in sogno… aveva deciso di torturarla anche nella vita reale… nei piccoli gesti quotidiani?
Sarebbe stato troppo…
Per questo motivo si chiese se la foga con cui si era imposta di smentire le parole di Lorelai non fosse stata soltanto un errore, un’esagerazione dettata dal proprio orgoglio che faceva a pugni con il cuore… e le rimbombò nella mente una frase in particolare: “No, Rory… se c’è una cosa di cui ho la certezza è che Jess non ti dimenticherà mai! Come tu non potresti mai e poi mai dimenticare lui!”.
“Rory… forza, vieni a letto…” la voce di Logan la richiamò nell’altra stanza.
“Stamattina ho letto questo!” e, estraendola dal cassetto del comodino, le sventolò sotto il naso una copia dell’ultimo numero dello Yale Daily News.
Rory si portò istintivamente una mano sullo stomaco e presa dall’emozione balbettò: “Ah… l’articolo sulla… sulla mostra…”.
“Scheggia… si può sapere cos’hai oggi? Ci sono momenti in cui ti vedo talmente strana che fatico a riconoscerti…” divenne serio lui.
“Ti sbagli …” e si buttò di nuovo tra le coperte, per poi continuare: “…è l’emozione di averti ancora tra le mie braccia! Allora, mi vuoi dire come ti è sembrato il pezzo che ho scritto?”.
“Ottimo… come ogni cosa che fai!” la baciò di nuovo, tra una fragola e l’altra.
“Paris ne è rimasta folgorata!” commentò la ragazza, appoggiando la testa sul suo petto.
“Ora c’è qualcosa che sta folgorando me e… non è la tua capacità di giornalista!” scherzò lui, gettando lo sguardo nella scollatura della camicia un poco sbottonata.
Quelle poche parole riportarono la mente di Rory a quel terribile incubo, il primo di una lunga serie… a quella frase pronunciata da Logan, in una Stars Hollow avvolta dalle tenebre, e che suonava così: “Andiamo… è ancora convinto che tu abbia la stoffa per diventare una giornalista!”.
Bloccò la mano del ragazzo che stava scendendo delicatamente su quella sua scollatura provocante e lo guardò dritto negli occhi: “Logan, cosa ne pensi realmente del mio modo di scrivere? Sii sincero, ti prego!”.
Il fidanzato sostenne quel gioco di sguardi e, sorridendo, rispose: “Il tuo modo di scrivere è fantastico!”.
“Sii serio!” si arrabbiò per quel tono vagamente ironico.
Logan prese a sbuffare: “Basta Rory… stai diventando noiosa! Stavamo passando un bellissimo pomeriggio, si può sapere perché lo vuoi rovinare?”.
Non seppe darsene una ragione: quel modo di fare la irritò al punto da costringerla, con gesto di stizza, ad alzarsi dal letto ed andarsi a chiudere in bagno.
Rimase seduta sul bordo della vasca per almeno dieci minuti, ignorando le lamentele di Logan che la pregava di smetterla e di tornare a letto con lui.
Perché quell’impressione?
Perché sentiva che l’unico ragazzo in grado di apprezzare fino in fondo le sue capacità, la sua intelligenza ed il suo acume… l’unico era Jess… l’unico che, ora come ora, le sembrava irraggiungibile!


Il rumore della porta del bagno, ancora cigolante, destò l’attenzione di Jess dalle pagine di un romanzo dalla copertina di pelle ormai scolorita: la schiena nuda appoggiata alla testiera del letto e le gambe piegate sulle lenzuola già stropicciate.
Lanciò uno sguardo indifferente ad Anna che gli si piazzò davanti: lentamente iniziò a sbottonare la camicetta di seta, passando poi alla cerniera dei jeans che scivolarono rapidamente a terra.
Sorrise divertito a quello spettacolo, a quell’espressione maliziosa che la ragazza si era stampata in volto e decise che il tempo dei litigi era finito: chiuse con un colpo secco il libro, buttandolo a terra, e la raggiunse ai piedi del letto.
“Non mi dispiaceva affatto quel broncio… si, quello che avevi in questi ultimi giorni… ti rende ancora più sexy…” sussurrò lei, avvicinandosi all’orecchio e baciandogli il collo.
Senza aggiungere una sola parola, Jess la prese per i fianchi morbidi e, buttandola sul letto, iniziò a baciarla con passione, partendo dal profilo sinuoso del ventre per salire fino al mento.
I corpi scivolarono l’uno sull’altro, mentre le gocce di pioggia, che battevano insistentemente sulla superficie esterna della finestra, fecero loro da sottofondo: il ragazzo cercò in ogni modo di ignorare il ricordo delle frasi di Lorelai… quelle parole che tanto lo avevano infastidito… ma evidentemente non bastò, perché poco più tardi, alzando lo sguardo verso il viso di Anna, trovò invece quello di Rory!
Chiuse gli occhi d’istinto e riaprendoli la ritrovò lì: il suo sorriso delicato… il celeste luminoso dei suoi grandi occhi… quelle piccole lentiggini che rendevano il suo volto ancor più incantevole…
“Jess…” la voce era invece quella di Anna.
Andò completamente in confusione: da quando soffriva di allucinazioni del genere?
I suoi gesti si fecero più indecisi, le sue mani tremanti: chiuse di nuovo gli occhi e sentì la testa girare come una trottola impazzita.
“Amore… non ti senti bene?” sentì il tocco leggero delle dita di Anna accarezzargli teneramente la nuca, mentre finì per accasciarsi su un fianco, quasi privo di forze.
“Ho bisogno di un momento, scusami…” si sfregò entrambe le mani sul volto.
Cercò di convincersi che era tutta una questione di stress: in fondo poteva essere plausibile dopo quell’accavallarsi di eventi inaspettati degli ultimi giorni.
Udì i passi della ragazza raggiungere la cucina e poi tornare indietro: “Bevi un sorso d’acqua… sei così pallido, Jess”.
Si sedette sul bordo del letto e fece un respiro profondo, col desiderio impellente che quella situazione così imbarazzante avesse fine.
Dopo aver bevuto, si alzò e si chiuse in bagno per qualche minuto: era in preda ad un vero e proprio attacco di panico che lo costrinse a fare i conti con i propri sentimenti… con quel ricordo di Rory che era tutt’altro che semplice da eliminare.
Andando avanti e indietro dalla doccia al lavandino, più e più volte, ripeté a se stesso, ben attento che Anna non sentisse: “La puoi dimenticare… la puoi dimenticare… sei abbastanza forte per dimenticarla!”.
Sarebbe mai più riuscito a fare l’amore con la propria ragazza senza vedere la figura di Rory al suo posto?
Quelle sue carezze sarebbero andate ad Anna o a quell’immagine che la propria mente continuava a creare senza sosta, come un ologramma?
Le sue mille domande non sembrarono trovare una risposta concreta e credette sinceramente di impazzire.
Si rivestì in fretta e, uscendo dal bagno, si limitò a salutare la ragazza con un bacio sulla fronte e un semplice: “Esco a prendere una boccata d’aria… ci vediamo tra poco!”.
“Jess! Ma che cavolo di comportamento è questo?” urlò lei, col lenzuolo che l’avvolgeva fino al seno.
A quell’insistenza il ragazzo tirò fuori nuovamente il suo lato più scontroso, più duro: “Anna… lasciami in pace! E non farmelo ripetere ancora!” e se ne andò dall’appartamento sbattendo violentemente la porta.
Si ritrovò sotto la pensilina di una fermata degli autobus, bagnato fradicio: le gocce che cadevano una dopo l’altra dal mento sciogliendosi in macchie umide sui pantaloni di panno scuro… il rumore della pioggia battente sulla tettoia di metallo…
Assaporò, aspirando a fondo, una sigaretta domandata ad un passante, seguendo con lo sguardo la cenere scivolare impalpabile nell’aria.
Avrebbe desiderato un minuto di pace… un solo minuto al riparo da preoccupazioni e da ricordi scomodi.
Guardò perfino gli orari dei pullman diretti a New Haven, salvo poi decidere di tornare a casa e, nel frattempo, trovare una scusa plausibile da presentare alla povera Anna… l’unica ancora ignara dell’origine di tutto quel caos…



“Con questo abbiamo finito!” le dita affusolate di Rory scivolarono leggere sulla tastiera del proprio computer, mentre le prime bozze del nuovo numero del Daily News venivano salvate nella memoria fissa: “Il che significa che siete liberi, ragazzi! Andate pure a divertirvi perché il vostro weekend di follia inizia… ora!”.
“Evviva… sapendolo prima avrei potuto portare un set di trombette e festoni…” esclamò con fare sarcastico Paris, mentre il resto della redazione si affrettava a prepararsi per uscire.
“Non dirmi che la cena con Doyle è stata un disastro…” disse l’amica, avvicinandola.
“Disastro… si, direi che è un termine che le si addice! Abbiamo iniziato a discutere all’aperitivo e… ai contorni avevo già preso le chiavi dell’auto, lasciandolo lì come un imbranato!” sbuffò l’altra.
“Paris… ti giuro, rimarrei qui a parlare con te e ascolterei ogni tuo sfogo per tutto il pomeriggio se potessi, ma il professor Brown mi aspetta per la consegna di una tesina importante e…” si affrettò Rory, gettando le sue cose nella borsa, senza badare troppo all’ordine: da quando Logan era tornato, le sembrò di non avere più un attimo di tregua… gli impegni parevano essersi moltiplicati in maniera esponenziale, tanto da non aver ancora trovato una piccola pausa per telefonare alla madre, aggiornarla sul proprio stato d’animo e domandarle come erano andate le ultime vaccinazioni al povero Paul Anka.
“Certo, Gilmore… vai, vai pure dal tuo principino William… tanto questo è il mio destino, mi ci devo abituare!” sospirò l’amica.
Rory si bloccò per un istante, sorridendole: “Cosa vorresti dire?”.
Il tono di Paris si fece via via sempre più melodrammatico: “Rimarrò zitella a vita, questa è la dura realtà dei fatti… Già mi immagino in un piccolo appartamento di periferia, seduta su una poltrona ormai deformata dai miei novanta chili, a vedere l’ennesima puntata di Dallas, ricoperta di gatti pulciosi che considererò come figli…”.
“Per prima cosa Dallas è finito da parecchi anni ormai, dovresti aggiornarti… secondo: sai perfettamente che Doyle ti ama alla follia e… vi do tempo fino a stasera, dopodichè vi telefonerete implorandovi perdono a vicenda…” cercò di rincuorarla Rory.
“E’ inutile! Sono destinata ad una vita piatta, senza amore… Io non sono una rubacuori come te… una che…” e non terminò la frase, fermandosi ad osservare con strano interesse la finestra.
“E’ tardissimo, Paris! Se vuoi aggiungere qualche altra frase ad effetto alla tua interpretazione da Oscar… beh, fallo ora perché sto per sparire da questa stanza e non mi vedrai ricomparire prima di lunedì mattina!” la avvertì l’amica, chiudendo distrattamente i bottoni del cappotto.
“Che mi venisse un colpo… l’ho detto che la tua vita amorosa era più eccitante della mia… ma si può sapere come fai, Gilmore?” sul volto di Paris si stampò un enorme sorriso.
“Hai dei grossi problemi, lo sai?” sbuffò l’altra, cancellando i vecchi avvisi dalla lavagnetta con l’ordine del giorno e dirigendosi alla porta.
“Eh, no! Qui, fra le due, sei tu che hai il problema più grosso, ora come ora…” iniziò a ridere Paris, sfregandosi le mani trepidante e concludendo: “Chi l’avrebbe mai detto che il nostro Kerouac sarebbe tornato all’assalto!”.
Rory s’immobilizzò per qualche secondo sulla soglia della redazione e, senza emettere nemmeno il più piccolo suono, voltò le spalle al corridoio con la velocità di un bradipo.
Davanti ai propri occhi, tra le fessure della tapparella, intravide una sagoma a lei molto familiare: se Paris era stata in grado di riconoscerlo, non si poteva trattare certamente di un’allucinazione… almeno non questa volta!
I battiti accelerati, le mani che iniziarono a tremarle sempre più vistosamente: si sentì come una ragazzina del liceo timida, impacciata… deglutì e drizzò le spalle nel tentativo di darsi un contegno davanti all’amica, la quale non sembrò voler smettere di scrutare quella dannata finestra con compiacimento.
Domandandosi il motivo di quella assurda visita, quasi s’incantò nell’osservarlo: seduto su una delle fredde panchine del cortile, chino con i gomiti appoggiati alle ginocchia ed una sigaretta appena accesa tra le dita, portava stampata in volto un’espressione un po’ inquieta.
Era bellissimo… tremendamente affascinante… possedeva tuttora qualcosa di diverso dagli altri, dai ragazzi viziati e immaturi che aveva avuto occasione di conoscere nell’ambiente universitario… uno charme differente perfino dal fascino con cui Logan era riuscito a conquistarla…
Dopo la paura, il pensiero di averlo perso per sempre… lo aveva ancora una volta davanti a se: quel suo modo seducente di muoversi e di guardarsi intorno… era sempre lo stesso Jess Mariano che, a dispetto degli anni che passavano, conservava quell’aria da cattivo ragazzo per celare un animo nobile e dolcissimo.
Era giunto il momento di fare qualcosa: non avrebbe potuto lasciarlo lì in quel modo, sparire da una delle uscite laterali e far finta di nulla.
Si decise a raggiungerlo, stringendo a sé sempre più forte le braccia incrociate davanti al petto: soltanto una striscia di vento freddo sembrò separarli in quel cortile ormai quasi deserto.
Quando Jess alzò gli occhi dalle proprie scarpe, se la trovò dinnanzi tutta infreddolita, con la punta del naso arrossata, i capelli dalle calde sfumature nocciola raccolti in un elegante chignon, avvolta in uno dei suoi deliziosi cappottini color pastello ed una sciarpa di soffice lana bianca: incantevole come sempre.
“Credevo ci fossimo detti addio a New York…” fu lei a parlare per prima, anche se la voce parve rotta da una lieve emozione.
“Voi Gilmore non sapete dire addio…” sussurrò lui, aspirando nuovamente dalla sigaretta.
Rory si guardò attorno con una nota di imbarazzo nello sguardo, come se temesse l’arrivo di Logan da un momento all’altro, per poi avvicinarsi con passo un po’ incerto alla panchina: “Di cosa stai parlando, Jess?”.
“Quando ti ho vista al museo ho capito da subito che non sarebbe stata una cosa da poco… che la tua presenza lì avrebbe scombussolato la mia vita di nuovo…” raccontò, mentre il fumo che usciva dalla sua bocca disegnava morbide curve nell’aria gelata: “Con quel poco che mi sono costruito in questi mesi mi sentivo in pace con me stesso… credevo davvero di aver trovato un equilibrio…”.
La ragazza si sedette accanto a lui, senza dire nulla, rimanendo ad ascoltare quello che aveva tutta l’aria di essere uno sfogo importante.
Ben presto, Jess ricominciò a parlare: “Non riesco più a chiudere occhio, Rory… sono uno straccio… Ci sono stati momenti in cui ho temuto di diventare pazzo e non è stato per niente divertente…e sai una cosa? Ancor meno divertente è il modo in cui sto trattando Anna negli ultimi giorni… non mi riconosce più, come io non riconosco più me stesso”.
Se non si fosse trattato di Jess Mariano… beh, per la prima volta nella propria vita, Rory avrebbe giurato di aver visto i suoi occhi diventare lucidi ed un singhiozzo venire soffocato dietro un finto colpo di tosse.
Nel percepirlo così fragile e allo stesso tempo così maturato da tutta quella sofferenza, il cuore della ragazza parve riempirsi di tenerezza: quelle parole colsero nel segno, al punto che una sottile lacrima finì per scenderle silenziosa su una guancia e cadere proprio sulla mano con cui Jess reggeva ancora nervosamente la propria sigaretta.
A quel contatto improvviso, il ragazzo non poté fare a meno di voltarsi e, per la prima volta durante quella breve conversazione, i loro sguardi si unirono… fu come se divenissero uno solo…
“Cosa posso fare… come posso farti sentire meglio, Jess…” sussurrò Rory.
“Aiutami a capire cosa ci faccio qui…” rispose lui, sfiorandole appena la mano con la punta delle dita.
“Vedo che aveva cose più importanti di cui occuparsi, signorina Gilmore!” la voce cupa del professor Brown ruppe quell’atmosfera speciale, facendo sussultare Rory sulla panchina.
“Mi scusi, professore! Stavo per venire nel suo studio!” scattò in piedi e iniziò a frugare nella borsa.
“Sto andando a casa e sono molto stanco” si lamentò l’uomo, osservando con aria scocciata il proprio orologio.
“Ecco… ora, se mi da un attimo…” finalmente da tutto quel caos riapparve, come per magia, la cartellina rossa contenente la tesina di storia.
“Se vuole consegnarmi quel lavoro le conviene seguirmi” terminò lui, allontanandosi verso il parcheggio.
Rory gettò un’occhiata a Jess, pregandolo di capire: “Ci metto un istante…” .
Il ragazzo annuì col capo e abbozzò un sorriso malinconico.
Non appena ebbe finito di discutere con il signor Brown, Rory prese la via più breve per raggiungere di nuovo il cortile: passo dopo passo, riesaminò mentalmente le frasi di Jess, notando che molto avevano in comune coi sentimenti provati da lei stessa negli ultimi giorni…
Si domandò perfino se anch’egli avesse sofferto di incubi simili ai suoi, per poi sorriderne, sentendosi un po’ sciocca…
Quando giunse dinnanzi all’entrata dell’università li vide: il mozzicone di sigaretta ancora fumante gettato a terra e quella panchina tristemente vuota.
Strinse forte i pugni e sospirò a lungo… maledetto Jess.
Non era rimasto più nessuno: perfino Paris aveva lasciato la sua postazione dinnanzi alla finestra della redazione.
Si sedette sgomenta, chiedendosi quante altre volte ancora avrebbe dovuto sopportare quella tremenda amarezza… quel vuoto… quel ventaglio di sensazioni spiacevoli che facevano parte del suo bagaglio di ricordi e che accompagnavano ognuna delle mille sparizioni di Jess.
Lo sguardo sconsolato raggiunse l’orologio: Logan di certo la stava già aspettando a casa per salutarla… anche lui stava per abbandonarla di nuovo…


“Rory… tesoro, non hai appetito stasera?” lo sguardo impensierito di Emily si incollò al piatto della nipote, ancora intatto dopo i primi quindici minuti di cena.
“Mangia la verdurina caramellata, piccola!” Lorelai iniziò allora a scherzare, mettendosi a giocherellare con le guarnizioni di carota e provocando uno dei soliti sguardi di disappunto della madre.
La ragazza sorrise educatamente e allontanò il piatto: “Scusa nonna… a dire la verità ho mangiato un boccone con Logan prima di venire qui, mentre ci dirigevamo all’areoporto…”.
In quell’istante l’espressione irritata di Emily passò dalla nipote alla figlia.
Sentendosi presa in causa, Lorelai iniziò uno dei suoi soliti sketch: “Mi meraviglio di te, Rory! Non hai imparato niente dal decalogo di casa Gilmore! La prima regola è: non importa se hai dovuto attraversare l’intero Connecticut a piedi, se sei a digiuno da cinque giorni, se senti che le forze ti stanno abbandonando per sempre e si avvicina l’ultimo respiro… non importa… devi attendere… attendere con compostezza le sette del venerdì sera, entrare da quella porta e accasciarti, col solo briciolo di energia che ti rimane, su una di questa preziose seggiole del Settecento, in modo da avere il giusto appetito per gustare a pieno questo… questo… cos’è?”.
“Anatra all’arancia… noto che la tua vena umoristica non si esaurisce mai…” commentò la madre.
“Perdonami nonna, davvero! So che per te è importante la cena del venerdì, ma dopo tutte quelle ore di lavoro…” cercò di giustificarsi Rory.
“Emily cara, non arrabbiarti! Sono cose che capitano… soprattutto a questi giovani studenti. Necessitano di energie per mantenere i ritmi serrati di Yale…” s’inserì Richard, facendo simpaticamente l’occhiolino alla nipote.
“D’accordo… Se non hai fame puoi andare in salotto. Mi dispiacerebbe farti stare qui ad osservare noi tre che mangiamo, tesoro…” continuò la nonna.
La povera Lorelai non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che sarebbe rimasta presto sola nella “fossa dei leoni”, che Rory colse la palla al balzo per rimanere un po’ in solitudine a riflettere su ciò che le era capitato poche ore prima: “Allora ne approfitterei per fare una telefonata dallo studio del nonno se a voi non dispiace” e alzandosi da tavola, si allontanò verso l’ingresso.
Dopo essersi richiusa la porta alle spalle, passeggiò distrattamente intorno all’imponente scrivania di Richard, sfiorandone il perimetro con l’indice, fino a raggiungere la parete su cui era appeso il proprio ritratto: rimase a contemplarlo… a meditare su quanto fosse cambiata la propria vita da quando era stato dipinto, parecchi anni prima.
Il ricordo della reazione di Jess nel vedere quel quadro, la sera della loro disastrosa cena con Emily, la fece sorridere… quanta strada avevano fatto da allora… ma allora perché? Perché si ritrovava a soffrire di nuovo per lui?
Perché era venuto a cercarla, per poi scomparire nuovamente… senza motivo… senza aver trovato un significato al proprio dolore?
Una marea di perché destinati a rimanere sospesi in quella atmosfera sempre più pesante…
“Figlia ingrata!” Lorelai irruppe nella stanza come una furia: “Lo sai che sei il mio ossigeno in situazioni del genere…” disse, portandosi una mano alla fronte, in gesto di disperazione.
“Lo so, lo so… Che scusa hai partorito per raggiungermi qui?” rise la ragazza.
“La nonna comincia a perdere colpi, tesoro! Mi ha addirittura servito il pretesto su un piatto d’argento: dato che durante l’ultima telefonata le avevi promesso una copia del famoso articolo sulla mostra di New York …”.
Rory la interruppe, indicandole l’attaccapanni accanto alla porta: “Me ne sono ricordata, non ti preoccupare! E’ nella tasca esterna della mia borsa”.
“In questo modo, l’articolo assorbirà l’attenzione morbosa di mia madre per almeno venti minuti… arrivare al dolce sarà un gioco da ragazzi! Ho pronte due domande di riserva che riguardano il circolo del bridge e che occuperanno interamente il momento del caffé… in questo modo non le rimarrà il tempo di indagare, con tono di superiorità, sulla mia vita amorosa…” spiegò Lorelai, con una vena di sottile perfidia nel sorriso, raggiungendo poi la borsa.
Dopo qualche secondo, riprese un tono angosciato: “Oh, no! Anche la tua precisione inizia a perdere colpi… a discapito del mio piano diabolico!”.
“Ti ho detto che è lì…” insistette Rory: “Sono certa di avercelo messo stamattina! Non me lo sono sognato…”.
“Tesoro, qui non c’è niente!” esclamò la madre, mostrandole la tasca completamente vuota.
“Non posso averlo perso…” sospirò l’altra, cercando di ricordare ogni tappa importante della propria giornata.
Fu come se una luce abbagliante le si accendesse all’improvviso nella mente e, tutto d’un tratto, sentì un nodo stringerle la gola: “Lo ha preso lui…”.
“Di chi parli?” domandò confusa la madre.
“Ma certo! Quando sono corsa dal professor Brown… è rimasto ad aspettarmi per un po’, perché aveva bisogno di parlarmi e… deve averlo visto spuntare dalla borsa! Che stupida!” sussurrò a se stessa, accasciandosi su una delle poltroncine di pelle rossa.
Lorelai le si avvicinò, accarezzandole delicatamente la testa: se si fosse trattato di chi sperava… beh, avrebbe significato che il suo viaggio a Philadelphia era veramente servito a qualcosa.
Rory si portò le mani alla testa: “Questo complica ancora di più le cose! E’ troppo intelligente per non capire… mi conosce troppo bene… da quel testo comprenderà tutto… i miei sentimenti…”.
Lorelai non poté più esimersi dall’intervenire: “Stai parlando di Jess, vero?”.
“E’ stato a Yale questo pomeriggio. Dio, come sono sciocca! Glielo ho messo sotto il naso… ho lasciato l’articolo proprio lì, in bella vista…”.
Il tono della madre si fece sempre più dolce e comprensivo: “Rory… forse tutto questo è un bene, ci hai pensato? Potrà evitarvi tante parole… tante situazioni spiacevoli…”.
“Non deve saperlo!” la voce di Rory iniziò a farsi più acuta e sofferta: “Non deve, mamma! Se tu lo avessi visto oggi… la sofferenza nel suo viso… se avessi sentito quelle frasi… Deve dimenticarmi una volta per tutte! E’ necessario che io mi tolga di mezzo definitivamente: solo così potrà tornare ad essere felice!”.
“Ammesso che ciò sia possibile, questo significherebbe privare te stessa della felicità!” la spiazzò Lorelai.
“Non m’importa… l’unica cosa che mi sta a cuore ora è evitare a Jess tutto questo dolore!”.
“Tesoro, ciò che dici non ha logica! Perché non vuoi capire che questo è amore? E’ la forma di amore più pura che esista… sei disposta addirittura ad annullare i tuoi sentimenti per lui!” disse la madre, prendendola per le spalle e guardandola intensamente negli occhi.
“Non me la sento più di rimanere, perdonami mamma. Scusami coi nonni, ma preferisco tornare subito a New Haven. Una bella dormita mi chiarirà le idee, vedrai…”.
L’espressione di Lorelai divenne ancor più materna: “Vuoi che ti accompagni? Non sei troppo agitata per guidare?”.
“Stai tranquilla…” sorrise infine lei, nel vano tentativo di convincere sia la madre che se stessa di poter riprendere efficacemente il controllo sulle proprie emozioni.
Radunò le chiavi dell’auto ed il resto delle proprie cose, sgusciando fuori dall’abitazione dalla porta di servizio, quella destinata unicamente alla servitù.
I passi sempre più nervosi la costrinsero a levare i tacchi troppo rumorosi e percorrere il giardino a piedi scalzi.
“In casa Gilmore certe tradizioni non muoiono mai…” una voce maschile la sorprese, facendola sussultare per un istante, mentre le chiavi scivolarono sulla ghiaia dell’ingresso ancor prima di aver raggiunto la serratura dell’automobile.
Voltandosi di scatto, vide una sagoma muoversi accanto all’imponente cancello di ferro battuto.
Una scossa di adrenalina le percorse la schiena, giungendo fino alla base del collo: avrebbe riconosciuto quella voce in mezzo ad altre mille…

 
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Francis82
icon12  view post Posted on 20/3/2007, 10:09





Di solito non faccio dediche perchè i miei capitoli sono per tutte voi sognatrici come me, senza alcuna distinzione...
Questa volta faccio uno strappo alla regola... questo capitolo è per RGJM, perchè so che nella vita ci sono momenti non troppo facili... spero che ciò che leggerai ti tirerà su di morale!
Un bacio a tutte! :timido:




Non disse nulla, la povera Rory… semplicemente, si abbandonò all’ennesimo colpo di scena di questa storia che pareva assumere sempre più i risvolti del romanzo… quasi finì per domandare a se stessa se non fosse tutto frutto della fantasia: magari tra poco avrebbe alzato lo sguardo e si sarebbe ritrovata seduta come faceva sempre, con le gambe incrociate ai piedi di uno dei massicci scaffali della biblioteca del campus, con un pesante volume tra le mani…
Contrariamente a ciò, sentì il desiderio di riconquistare Jess farsi più pressante, superare addirittura la più logica volontà di riavere indietro la propria vita com’era prima… prima di quella stupida mostra.
Intuì che quel ragazzo la stava riportando piano, piano nel suo caos interiore… stava scivolando ancora una volta nella vita complessa di Jess Mariano e ne ebbe paura.
Nel buio, udì chiaramente i rumori di una zip che si apriva e di un foglio di carta stropicciato: “Come una tela bianca rimango immobile, al centro della sala, ancora inconsapevole dell’ondata di colore destinata a travolgere il mio corpo inerme ed i miei sensi ipnotizzati, fino a spezzarmi il respiro. Da quel momento nulla sarà più come prima…”.
Come avrebbe potuto non capire ciò che stava dietro quelle frasi?
Rory aprì la bocca, ma non appena provò a parlare si rese conto di non avere idea di cosa dire… di essere totalmente in balìa degli eventi…
A quel punto, fu Jess a riprendere la parola: “Scommetto che non volevi che io lo leggessi…”.
“Non ti dovevi permettere… Cosa sei diventato? Il nuovo Arsenio Lupin?” gli andò incontro, strappandogli il foglio dalle mani con gesto di rabbia.
Jess la bloccò d’istinto, trattenendole il polso e avvicinando il proprio volto alla sua guancia accaldata dall’emozione: “E’ inutile che ti arrabbi, Rory. Ora lo so…”.
“Sai cosa?” si trattenne a stento dall’urlare, soltanto per evitare di allarmare i nonni e Lorelai ancora alle prese con la cena.
Era così arrabbiata: perché stava mettendo a nudo la sua anima? Perché non voleva lasciarla in pace? Soprattutto… perché era così dannatamente attraente?
Il nero intenso dei suoi capelli… i suoi occhi penetranti… talmente penetranti che sembrarono voler forzare lo sguardo spaventato ed eccitato di Rory per raggiungere la sua anima…
Anche il ragazzo si mise a sussurrare: “Cosa so? Che sei ancora innamorata di me… Che nonostante io fossi convinto di non avere più alcuna speranza di rientrare qui dentro” disse, posandole una mano sul cuore: “beh, ora so con certezza di non esserne mai uscito del tutto…”.
Erano così vicini: Jess poté sentire il respiro agitato della ragazza scivolare sulla propria pelle, i muscoli tremare dal nervosismo sotto la presa salda delle sue mani… desiderò con tutto se stesso mettere fine a quelle stupide parole, baciare la sua morbida bocca imbronciata, distante appena un paio di centimetri…
Fu da quella stessa bocca che uscì un suono del tutto inaspettato: “Ti amo, Jess”.
La presa si allentò di colpo e gli occhi di Jess assunsero un’espressione non più aggressiva e appassionata, ma dolce e quasi commossa.
Le labbra della ragazza avanzarono in quello spazio piccolissimo che divideva i loro visi e raggiunsero le sue labbra, in un bacio pieno di ardore, di passione pura… continuò a tremare anche quando sentì le mani calde di Jess percorrerle le spalle fino a raggiungere il collo e scivolarvi sopra con delicatezza.
Un bacio meraviglioso… una sensazione ancora familiare… sensazione che riportò la mente di Rory a quella serata di parecchi anni prima… alla pompa di benzina di Gipsy… a quella sigaretta tra le mani… all’inizio della loro storia…
Il tempo parve fermarsi… il mondo smettere di girare... tutto per conservare intatte quelle sensazioni… quei respiri lievi che si fondevano in uno soltanto… quel profumo dolcissimo che sembrava avvolgere i loro corpi come una nuvola impalpabile…
Non parve esistere più alcun limite… più alcuna barriera invalicabile… non esisteva Anna… non esisteva Logan… non più sensi di colpa e ondate improvvise di orgoglio… esistevano soltanto loro: l’incantevole Rory Gilmore e l’eterno ribelle Jess Mariano, soli come fossero al centro dell’universo.
Quando le labbra di Rory si staccarono da quel dolce contatto, un filo di voce ne uscì lieve: “Cosa ne facciamo di questo momento?”.
Jess non seppe rispondere… o forse non volle rispondere, nel tentativo di proteggere quell’istante così speciale, irripetibile: era fra le sue braccia e ancora non poteva credere ai propri occhi, i quali continuavano a scrutarla, ogni centimetro della sua pelle vellutata che si sottraeva alla stoffa del cappotto, ogni battito elegante di quelle lunghe ciglia scure, ogni sfumatura rosa di quelle labbra talmente perfette da sembrare disegnate da un pittore rinascimentale.
Prese la mano ancora tremante della ragazza e la posò saldamente sul proprio petto… era certo che quello era il suo posto, non l’avrebbe mai più lasciata andare via dal proprio cuore, ora era sua… per sempre.


“E tutto questo è successo a pochi metri da me, senza che me ne accorgessi?” la voce squillante di Lorelai fece quasi cadere la figlia da una delle seggiole della cucina.
“Già… scusa, mamma! La prossima volta mi ricorderò di suonare il campanello così tu, nonno e nonna potrete assistere alle mie effusioni amorose!” ironizzò Rory, sorseggiando il proprio caffé bollente, con il musetto annoiato di Paul Anka appoggiato sulle ginocchia.
La fantasia della madre iniziò a galoppare: “T’immagini… avrei potuto rispolverare anche quelle buffe palette con i numeri, quelle che Taylor aveva fatto preparare per la fiera regionale delle zucche… almeno avremmo potuto dare un voto alle vostre prestazioni!”.
Risero per qualche minuto, ipotizzando gli scenari più assurdi, finché Lorelai non tornò seria e pose la domanda fatidica: “Ok, ok… mi hai descritto ogni minimo particolare… baci, carezze, ecc… ma avete parlato di… insomma, come affronterete il futuro? Anna? Logan?”.
Rory si alzò d’improvviso, raggiungendo la dispensa con il pretesto di dare un biscotto al cane e sperando in questo modo di riuscire ad eludere lo sguardo indagatore della madre.
“Rory…” insistette lei, tamburellando le dita sulla scatola delle ciambelle.
“Non sarà facile, ne siamo consapevoli entrambi… Jess è tornato a Philadelphia e dovrà trovare la formula giusta per parlare ad Anna di noi…” spiegò la ragazza, un po’ imbarazzata.
Lorelai la osservò perplessa: “Mi sembra positivo! Perché fai quella faccia?”.
Dopo una piccola esitazione, arrivò la confessione di Rory: “Mi sento un po’ in colpa, mamma”.
“In colpa?” non sembrò capire.
“Non posso fare a meno di pensare… di pensare a Dean!” la stupì Rory.
“Dean??? Tesoro, mi stai confondendo!” esclamò Lorelai, addentando una ciambella ricoperta di glassa colorata e zuccherini.
Il viso della figlia, fino a qualche secondo prima radioso come non mai, si fece triste: “Si… il modo in cui mi sto comportando con Anna mi ricorda il tradimento a Lindsay… se penso a quei giorni mi vengono ancora i brividi!”.
Lorelai la raggiunse accanto alla finestra, posandole il braccio intorno alle spalle: “Non è la stessa cosa, Rory…”.
“Non c’è un matrimonio, questo è vero… ma prova a pensarci: hanno preso una casa insieme, vivevano felici e contenti, fin quando… fin quando non sono arrivata io e le ho rovinato la vita! Sarà, ma a me sembra un film già visto!”.
“Lo sai, non sono stata di certo una tua sostenitrice in quel periodo, ho criticato anche aspramente la tua scelta di riprendere la relazione con Dean… ma hai detto bene: loro non sono sposati… queste cose possono succedere! Tanto più che tu e Jess non avete mai smesso del tutto di amarvi… poteva capitare ed è capitato! Non per questo devi cospargerti il capo di cenere, piccola!”.
Gli occhioni confusi di Rory incontrarono quelli della madre, i quali divennero improvvisamente confusi: “Cosa c’è, mamma? Hai già cambiato idea su Jess?” domandò preoccupata.
“Non è questo… E’ solo che continui a preoccuparti per Anna e…”
La ragazza la interruppe, abbozzando un sorriso malinconico: “Ti chiedi perché io non nomini mai Logan, vero?”
“A dire la verità, si…”.
“Perché è stato uno dei più grandi amori della mia vita e, pur essendomi resa conto di non poter più fare a meno di Jess… beh, non so davvero come farò a dirgli addio! Non ero pronta a tutto questo! E’ successo talmente in fretta…”
“Ma devi dirglielo, tesoro. E presto. Non sarebbe corretto approfittare della sua assenza per tradirlo così… perché finché non metti in chiaro le cose… beh, di tradimento si tratta…”.
Nella cucina illuminata dai pallidi raggi di una mattina invernale, Rory rimase in silenzio, avvolta nel pigiama con le scimmiette prestatole da Lorelai, le braccia incrociate e lo sguardo perso fuori dalla finestra, dove un primo timido fiocco di neve attirò la sua attenzione e ben presto anche quella della madre.
“E’ arrivata…” sospirò Lorelai, abbracciandola: “E’ un segno, dai retta a me…”.




Edited by Francis82 - 22/3/2007, 11:41
 
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Francis82
icon12  view post Posted on 25/3/2007, 15:05





Nuovo capitolo... vi avverto che richiede una buona dose di autocontrollo!
Non disperate però... nelle mie FF c'è sempre un lieto fine!
Buona lettura e... commentate sempre, mi raccomando!



Ancora una decina di scalini e si sarebbe ritrovato davanti a lei: non si era mai considerato un codardo, anzi… la considerazione di se stesso, anche nei momenti di maggiore vulnerabilità, si era sempre mantenuta su livelli abbastanza alti.
Questa volta, però, il proprio coraggio sarebbe stato messo a dura prova… messo a dura prova dall’espressione che certamente avrebbe scorto sul viso di Anna… l’espressione di chi non si aspetta di essere pugnalata alle spalle ed è ancora convinta di essere amata alla follia… quella nota di purezza d’animo che lo aveva colpito dal primo istante in cui gli si era presentata dinnanzi.
Rimase per parecchi minuti davanti all’ultima rampa di scale, quello spazio esiguo che lo divideva dalla porta del proprio appartamento… si sentì uno stupido e finalmente si decise ad affrontarla una volta per tutte.
Udì una serie di rumori provenire dall’interno: rendendosi conto di non poter sperare di avere qualche altro minuto di solitudine, raccolse le proprie forze e si mosse da quel freddo pianerottolo.
Dall’ingresso intravide subito il profilo di Anna muoversi in cucina: andava avanti e indietro con piatti e pentole, facendo parecchio fracasso e canticchiando tra se e se un motivo dei Cure.
“Sono tornato!” esclamò, gettando rumorosamente le chiavi sul mobiletto accanto al telefono.
“Sei già qui?” la ragazza si affacciò sull’uscio con aria stupita e un po’ di farina sulla fronte e sulla punta del naso: “Volevo prepararti una sorpresa!”.
“Non importa, Anna” le rispose Jess, guardandola con un’espressione scura.
Non sarebbe più stato possibile rimandare: la prese delicatamente per mano, conducendola fin sul divano del salotto, per poi iniziare quel monologo che tanto aveva temuto: “Ti devo parlare di una questione importante e vorrei che mi ascoltassi davvero attentamente… non so se sarò in grado di ripetere una seconda volta ciò che sto per dirti”.
Anna si sedette sul divano ad ascoltare, pulendosi le mani infarinate con un canovaccio umido e seguendo i movimenti leggermente incerti del ragazzo, che si tolse il giubbotto e lo gettò distrattamente su una poltrona : “Jess, se mi guardi così mi fai paura… Sei stato a Stars Hollow solo un giorno, cosa può essere successo di grave? Tuo zio Luke non sta bene?”.
“Qualcosa di grave è successo, ma Luke non c’entra nulla. Vedi Anna, non sono stato a Stars Hollow… sono stato a New Haven e ad Hartford… Avevo bisogno di chiarire alcune cose lasciate in sospeso con una persona. Si tratta di Rory, la ragazza che hai conosciuto a New York”.
In quell’istante preciso, il sorriso solare di Anna si spense, come la fiamma di una candela nell’attimo in cui la cera si esaurisce del tutto e ne rimane soltanto una sottile scia di fumo: “Rory…”.
Jess s’inginocchiò con tenerezza ai suoi piedi e, tenendole le mani fra le proprie, continuò a parlare guardandola intensamente negli occhi: “Proprio lei… Non sono stato chiaro con te sulla sua identità e devo ammettere che è stato un comportamento infantile: non si tratta di una vecchia amica… Rory un tempo era la mia ragazza. Quando tu ed io ci siamo conosciuti, avevo un disperato bisogno di amore proprio perché la storia con lei mi aveva ferito, aveva segnato il mio carattere, il mio modo di pormi con le altre persone. In te ho trovato ciò che cercavo ormai disperatamente: intelligenza, dolcezza…”.
“E qualcuno che te la ricordasse!” lo interruppe bruscamente lei: “Credi che non mi sia accorta della nostra somiglianza? Non sono una sciocca, Jess… anche un cieco se ne sarebbe accorto…”.
Il ragazzo rimase sbigottito da quell’intervento, tanto da faticare a riprendere il filo del discorso: “Hai ragione… Il punto però è un altro, Anna. Mi detesterai per ciò che sto per dirti ed io non potrò fare altro che accettarlo. Lo sai che ci tengo tanto a te, sei una persona davvero eccezionale, però… la verità è che ho capito di essere ancora inn…”.
Anna lo bloccò nuovamente, posandogli l’indice sulle labbra: “Fermati Jess! Potresti pentirti di ciò che stai per dire… Soprattutto perché ora sta a me dirti una cosa”.
Il ragazzo entrò in confusione: non le importava del fatto che fosse scappato in un’altra città per raggiungere Rory?
Come avrebbe potuto accettare quella scomoda verità e voler ancora restare accanto lui?
A dire il vero, durante il viaggio verso casa, Jess aveva avuto il tempo di ipotizzare mille scenari, centinaia diverse possibili reazioni da parte della fidanzata… beh, niente di tutto ciò si avvicinava neanche minimamente alla realtà dei fatti… realtà che finì per spiazzarlo completamente.
La ragazza inspirò a fondo, come se avesse da confessare qualcosa di estremamente importante: “Non c’è altro modo per dirtelo, quindi sarò breve… aspetto un bambino, Jess! Fino ad un minuto fa mi trovavo in cucina a preparare una bella torta ricoperta di cioccolato sulla quale avrei scritto: bentornato papà! Una di quelle situazioni smielate della quale avremmo riso per anni… Che stupida, eh? Nemmeno in un’altra vita avrei immaginato di fare un figlio con un ragazzo conosciuto da appena un paio di mesi e… men che meno, di vederlo tornare a casa e confessarmi che… si è reso conto di essere innamorato di un’altra donna!”.
Fu come un colpo in pieno stomaco per il povero Jess: il destino beffardo e crudele sembrò essersi accanito su lui e Rory ancora una volta… ancora una volta, dannazione!
Strinse i denti in una smorfia di rabbia e non riuscì a dire nulla.
“A quanto pare non sono l’unica persona in questa stanza ad essere rimasta spiazzata” commentò lei, mentre non poté più trattenersi dallo scoppiare a piangere.
Jess si alzò in piedi e, dopo aver fatto qualche passo per raggiungere la finestra, diede un pugno violento ad uno scaffale che, traballando, fece crollare a terra un’intera pila di libri.
Anna si portò istintivamente le mani al volto e, correndo nella direzione opposta, si barricò dentro la cucina.
Jess non si voltò a seguirla con lo sguardo, limitandosi a massaggiare nervosamente la mano, ferita soltanto da un paio di graffi superficiali: la mente rimase bloccata in una sorta di torpore misto a collera e tornò con dolore alla sera precedente… a quei baci meravigliosi…
La sua bellissima Rory: l’aveva appena riconquistata ed ora si trovava nella condizione di doverla abbandonare di nuovo.
Socchiudendo gli occhi, fu come se il profumo di miele dei suoi capelli si materializzasse nell’aria, provocandogli una fitta al petto.
La amava da impazzire e, una volta tanto, si trovava ad esser certo che i propri sentimenti erano ricambiati… dove avrebbe trovato la forza di spezzare quel legame?
Si grattò la testa nervosamente: un bambino… come avrebbe potuto occuparsi di un bambino?
Non era il tipo da improvvisarsi ragazzo padre… proprio lui che un vero padre non lo aveva mai nemmeno avuto!
Proprio per quel motivo, però, non poté fare a meno di riflettere su una questione importante: non si sarebbe comportato da vigliacco come Jimmy… si sarebbe assunto le proprie responsabilità…
Fu così che, nonostante quell’infinita amarezza e quella rabbia in corpo, cercò di ricomporsi e si avvicinò alla porta della cucina: riconobbe i singhiozzi di Anna, rannicchiata ai piedi della porta come una bambina spaventata, e si sedette a terra, lì accanto.
“Un figlio… ti rendi conto di che cosa significhi? Non stiamo giocando…” sussurrò lui, con il capo e la schiena appoggiati alla porta.
Dopo qualche secondo di esitazione, la voce ancora tremante della ragazza filtrò dalla fessura tra il pavimento e la base della porta: “Non credere che io abbia fatto i salti di gioia… sono confusa quanto te... Come ci dovremmo comportare?”.
Jess, gomiti sulle ginocchia e mani a coprire interamente il volto, non seppe dare una risposta e si limitò a mormorare: “Non lo so, Anna… non lo so…”.



Un’enorme pila di abiti finì per ricoprire quasi per intero il letto dell’appartamento di New Haven: dietro quella montagna quasi insormontabile, spuntò lo sguardo smarrito di Rory, alla ricerca di un modo efficace e rapido per far rientrare tutta quella roba all’interno delle proprie valigie.
Per la prima volta si sentì solidale con la proverbiale “ansia da bagagli” che sovente affliggeva la madre prima di qualsiasi viaggio o spostamento.
La preoccupazione parve sopraffarla una volta per tutte nel momento in cui, dopo essersi voltata un istante per raccogliere una spazzola caduta a terra, giurò di aver visto il mucchio delle t-shirt raddoppiare il proprio volume… stava diventando per caso pazza?
Ma soprattutto: da quando possedeva un paio di scarpe gialle?
Ricordava alla perfezione quelle rosse, quelle con il nastro blu… perfino quelle color pesca che non era mai riuscita ad abbinare con nulla… ma quelle gialle proprio no!
Non le rimase da fare altro che sbuffare un altro po’ davanti a quell’ammasso sempre più alto, ormai invalicabile, e gettarsi sconsolata sul divano… magari la forza del pensiero avrebbe risolto quel pasticcio al posto suo…
Allo stesso tempo, si ritrovò sola con i propri pensieri, faccia a faccia con il senso di colpa verso Logan… una sensazione angosciante che non sembrava volerle dar tregua, soprattutto durante la notte.
La sveglia analogica segnava ancora le quattro della mattina, nel momento in cui la ragazza era riuscita finalmente a chiudere gli occhi e prender sonno.
Rimasta raggomitolata sul davanzale della finestra per più di due ore, avvolta nel tepore di una coperta di lana, aveva fissato con una vena di nostalgia la città imbiancata ancora addormentata e le ultime finestre dei palazzi vicini spegnersi, una dopo l’altra, prima di trovare il coraggio necessario per comporre il numero di Logan.
La voce che le rispose fu però quella metallica ed impersonale della segreteria telefonica: non le rimase che lasciare un messaggio un po’ vago, confuso come era ormai la sua mente.
La decisione di raccogliere le proprie cose ed andare via dall’appartamento era venuta da sé, in maniera automatica: il bacio a Jess aveva di certo significato una rottura, si era trattato di un tradimento… rimanere sotto quel tetto sarebbe stata una forma di ipocrisia troppo grande, una mancanza di rispetto che Logan proprio non meritava.
Lanciò per sbaglio uno sguardo annoiato al comodino e finì per concentrare la propria attenzione sul telefono: magari da lì sarebbe spuntata una soluzione a quella confusione... e come per magia, questo iniziò a squillare!
Spalancando gli occhioni azzurri colmi di stupore, si affrettò a raggiungerlo: in cuor suo sperò fino all’ultimo che si trattasse di Jess, ma il numero che apparve fu quello di casa sua, a Stars Hollow.
“Ho scoperto di avere poteri paranormali!” esordì, tentando con la mano libera di mantenere in equilibrio una pila di scatoloni pronti per essere riempiti di libri.
“Allora è merito tuo!” esclamò Lorelai, con un tono di voce strano, pieno di entusiasmo.
La figlia si mostrò alquanto perplessa: “Merito di che cosa?”.
“Siediti, tesoro… ho per te una notizia bomba…”.
“Mi devo preoccupare? Non sarà la notizia della festa di fidanzamento di Kirk e Lulù? L’ho saputo da Lane un paio di giorni fa!” domandò Rory, scivolando con aria divertita sul tappeto in fondo al letto e muovendo nervosamente i piedi racchiusi in un paio di bizzarre pantofole a forma di coniglio.
“Ciao Rory!” all’improvviso spuntò dalla cornetta la voce possente di Luke e una serie di risate di sottofondo che appartenevano sicuramente alla voce cristallina di Lorelai.
“Luke??? Oh mio Dio… questo significa che… avete fatto pace???” la ragazza balzò in piedi e iniziò a saltellare come un ranocchio da una parte all’altra della stanza.
“Meglio… molto meglio, tesoro!” ricomparve la voce emozionata della madre: “Non solo abbiamo fatto pace… ci sposiamo, Rory! Questa volta davvero… questa volta sarà per sempre!”.
“Mamma… è la più bella notizia del mondo!!! Sono così felice che potrei esplodere dalla gioia!” esultò di nuovo Rory.
Pur tacendolo alla madre per evitare di farla rattristare, era sempre stata certa che prima o poi tutto ciò sarebbe successo: Lorelai e Luke erano anime gemelle e il destino non avrebbe potuto tenerle lontane ancora per molto…
Il destino… già, quella stessa forza sovrannaturale che aveva fatto ritrovare lei e Jess, riportandoli su un unico sentiero, ricongiungendoli improvvisamente dopo tutti quegli anni di lontananza, quei riavvicinamenti seguiti da altrettanti tristi distacchi.
“Volevo che tu fossi la prima persona a saperlo, anche se ho qualche sospetto su Babette… da più di mezzora cerca di spiarci dalla finestra del soggiorno…” rise Lorelai.
“Ma com’è successo?”.
“Abbiamo passato tutta la notte a parlare, parlare, parlare… abbiamo capito di poter risolvere tutti i problemi del mondo se solo lo vogliamo veramente…”.
“Cosa mi dici di April?”.
“Anna si è resa conto di quanto Luke stesse soffrendo in questi ultimi mesi. Per questo motivo, ieri sera è venuta a parlarmi, siamo finite da Weston a chiacchierare davanti a due fette di torta alla ciliegia e, forse grazie alla complicità di tutti quegli zuccheri, mi ha confessato di essersi decisa a farmi instaurare un vero rapporto con April… è stata veramente dolce, non me lo sarei mai aspettata, ma è successo! Così sono corsa al locale e per fortuna Luke era ancora lì. E’ la neve, Rory… lo sapevo che sarebbe stata un segno… e lo è stata per entrambe!” e, con la voce sempre più squillante, terminò: “Se avessi visto la faccia di Luke quando gli ho detto di te e Jess… è felicissimo! Dio mio, questa casa ormai sprizza gioia da ogni angolo!”.
Anche Rory avrebbe voluto essere contagiata da quella dose massiccia di ottimismo, ma dal suo tono di voce si intuì facilmente che ancora parecchie perplessità la affliggevano: “Jess… non sai quanto avrei voglia di condividere con lui tutto questo…”.
“Cosa vuoi dire?”
“Non mi ha ancora chiamata, ormai è passato più di un giorno… so che avrebbe parlato di noi ad Anna e questo silenzio non mi fa presagire nulla di buono, mamma…”
“Non dev’essere facile per lui, piccola…”
“Ne sono consapevole… E’ che non posso fare a meno di preoccuparmi. Se solo si facesse sentire… anche solo per un momento!”.
Fu allora che il suono dell’ascensore la fece voltare di scatto, mentre il cuore sembrò volerle balzare fuori dal petto: “Mamma, devo andare… forse è arrivata la risposta alle mie mille domande! Fai un abbraccio caloroso a Luke da parte mia! Vi voglio bene!”.
Riagganciando, infilò rapidamente la prima felpa che le capitò sotto mano, dirigendosi di corsa verso l’ingresso dell’appartamento: si ritrovò ad essere emozionata come una bambina.
Le porte scorrevoli si aprirono finalmente dinnanzi ai propri occhi, mentre il sorriso entusiasta si spense tutto d’un tratto…


 
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Francis82
icon12  view post Posted on 26/3/2007, 19:26





Spero che non mi stiate odiando per il colpo di scena della gravidanza di Anna... :rolleyes: ... se no avrei dovuto finire la FF troppo presto... siate ottimiste, mi raccomando!
Per tutte le mie amichette lit eccovi un nuovo capitolo... ;) :D ;)
Sappiatemi dire cosa ne pensate...




Logan la scrutò per un istante, con un’espressione scura e certamente molto affaticata a causa del viaggio e del fuso orario.
Non dissero una sola parola, ma rimasero immobili, quasi indifesi.
La prima a parlare fu Rory, del tutto sottosopra in seguito a quell’incontro totalmente imprevedibile: “Sei qui…”.
“Non ho trovato voli disponibili e così ho dovuto scomodare il jet personale di papà, un altro motivo di lite da aggiungere alla lista…” sbuffò lui, gettando il borsone a terra con irritazione: “Non puoi lasciarmi un messaggio del genere e poi pensare che non mi catapulti qui per chiarire la cosa, Rory!”.
La ragazza rimase di stucco ancora una volta e cercò di accarezzargli la spalla teneramente, ricevendo in cambio soltanto uno sguardo di disapprovazione.
“Mi rendo conto di aver sbagliato, Logan… Ma non sapevo come fare a…” iniziò a spiegare lei, per poi essere duramente interrotta dal ragazzo, il quale si limitò a piazzarle una mano davanti al volto con fare assai seccato.
Gli bastò poco per guardarsi intorno e notare una strana confusione: “Che diavolo stai facendo? Cos’hai intenzione di fare con questa roba?” urlò lui, indicando gli scatoloni e gli abiti accatastati sul letto.
“Giuro, non volevo che lo scoprissi così…” sussurrò Rory, impaurita per la reazione rabbiosa del fidanzato.
A quella continua incertezza, Logan andò su tutte le furie: “Ho sbagliato… non volevo… Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo, dannazione?”.
“Sediamoci un attimo, ti prego. Ti devo spiegare ciò che è successo, ma non posso farlo finché mi aggredisci in questo modo…” cercò di calmarlo lei.
“Non ho intenzione di sedermi da nessuna parte, Rory! Ma dico… sono stato qui con te fino a due giorni fa… ci siamo salutati all’aeroporto e hai ripetuto più volte di amarmi… Tutto sembrava andar bene: peccato che, sceso da quel maledetto aereo, a Londra ho scoperto un messaggio in segreteria in cui mi facevi capire di volermi lasciare! Certo hai usato mille giri di parole, ma era questo il senso… non sono di certo uno stupido e ti conosco troppo bene, Scheggia!” sbottò lui.
Rory si strinse nella felpa e, imbarazzata, iniziò a dare la sua versione dei fatti: “La verità è che giorni fa ho fatto un incontro che mi ha mandata in completa confusione…”.
“Prima che io tornassi…” la fissò, in un apparente momento di calma.
“Si… E’ successo a New York, durante la mostra. Ho rivisto Jess…”
“Jess? Oh mio Dio… lo scrittore da strapazzo!” la interruppe lui, gettandosi sul divano con un sorriso amaro sul volto.
Rory lo fulminò con lo sguardo e tornò con dolore al ricordo di quella tremenda serata, durante la quale aveva tentato invano di creare una sorta di amicizia, di complicità, tra i due ragazzi.
“Sei ancora innamorata di quel tizio?” la aggredì di nuovo, con una espressione delusa e, allo stesso tempo, furiosa.
Abbassando lo sguardo, dalla bocca di Rory uscì un timido suono: “Si…” per poi continuare: “Ho tentato di convincermi del contrario… ti giuro che ci ho provato con tutta me stessa e… chiedilo a mia madre se non ti fidi”.
“Contando che a tua madre non sono mai stato particolarmente simpatico, non credo sia una testimonianza attendibile!” sbottò lui.
“Simpatia di mia madre? Da quel punto di vista, Jess si è sempre trovato in assoluto svantaggio, te lo assicuro…” commentò lei.
Il ragazzo si alzò di nuovo in piedi e, mettendosi a passeggiare nervosamente per la camera, ricominciò a lamentarsi: “Sebbene fossi in preda ad una terribile sbornia, ricordo ancora le esatte parole che hai usato quella sera al pub… Non voglio di certo rimettermi con Jess! Sembravi convincente, lo devo ammettere…”.
Rory intervenne con tono deciso: “Ero sincera! Logan, lo sai quanto ti ho amato durante tutti questi mesi… Quanto ho sofferto per le critiche della tua famiglia nei miei confronti, questo perché per me tu venivi prima di ogni cosa…”.
“Ah, no! Non tirare fuori la mia famiglia per salvarti la faccia, Rory!”.
“Non voglio salvarmi la faccia! Ma almeno ammetti che non è stata una situazione facile per me! Dio mio, ho perso un intero semestre a causa di tuo padre e…”.
“Lo hai perso perché non avevi fiducia in te stessa, nelle tue capacità! Lo so che mio padre può essere detestabile, ma in quel caso sei stata tu… sei tu che ti sei arresa al primo ostacolo!” rispose lui.
Fu allora che in Rory un moto di rabbia repressa esplose tutto d’un colpo: “Sono stata troppo fragile, ma non è facile scontrarsi con Mitchum Huntzberger… soprattutto quando è allo stesso tempo il padre del tuo ragazzo ed il più importante direttore giornalistico dello Stato! Come puoi non capirlo? E come hai potuto lasciarmi compiere quello sbaglio senza muovere un dito? Hai detto che mi avresti dato un mese e poi sarei ritornata a Yale… beh, allora perché al termine di quel dannato mese non hai fatto qualcosa, non hai cercato di aprirmi gli occhi sul mio errore?”.
“Come avrei potuto fare? E comunque alla fine lo stimolo per riprendere gli studi lo hai trovato!”
“Hai colto esattamente il punto… Lo sai chi mi ha dato la forza per riprendere la mia strada, chi mi ha ridato la bussola? E’ stato Jess! E non gli sarò mai grata abbastanza per le parole che mi ha detto quella sera… mentre tu affogavi le tue stupide frustrazioni da ragazzo viziato nell’alcol, tanto per cambiare!”.
“Meno male che c’era Jess a salvarti da questo mostro di fidanzato! E dov’era quel pezzente di Jess quando Paris ti ha buttata fuori da casa? Chi ha pagato questo stupido appartamento?” urlò lui, aprendo il mobiletto dei liquori e scolandosi in un solo sorso un intero bicchiere di whisky.
Lo sguardo della ragazza lo seguì, pieno di delusione: “Quindi il nostro rapporto si riduce a questo! Beh, non ti preoccupare… tra poco la mia roba ed io spariremo dal tuo preziosissimo appartamento e non mi rivedrai più! Ti farò avere entro un paio di giorni un assegno con l’importo esatto dell’affitto degli ultimi mesi. Non avrei mai immaginato di dirtelo, ma… sei davvero uguale a tuo padre, Logan Huntzberger!”.
Prese la propria borsa, le scarpe da ginnastica e fece per uscire, quando la mano di Logan la afferrò per un braccio, trattenendola nell’ingresso: “Perdonami, Scheggia… Ho detto delle cose pesanti, lo so”.
Rory rimase ferma un istante, per poi voltarsi verso di lui ancora seria: “Non vorrei dover ricordare tutto questo come la fine della nostra bellissima storia, Logan”.
“Allora cancelliamolo e ricominciamo da capo! Costringerò mio padre a lasciarmi tornare qui. Mi licenzierò se sarà necessario! Sono disposto persino a farmi diseredare pur di evitare che tu mi lasci…” l’espressione di Logan si fece a tratti disperata.
“Non servirebbe. Come non servirebbe farmi seguire per un giorno intero da un carrello del caffé o riempirmi la casa di fiori… questa volta è troppo tardi… Tornerò a prendere le mie cose quando te ne sarai andato. Voglio soltanto dirti che non ti ho mai mentito… ti ho amato veramente, ti ho amato da morire. Addio Logan!” e si avvicinò, sfiorandogli le labbra con un tenerissimo bacio.
Il ragazzo la trattenne ancora un momento sulle sue labbra, ricambiandola con un bacio pieno di dolore e di passione.
Percepì da quell’ultimo contatto che stava facendo sul serio: Rory Gilmore, l’unica ragazza riuscita nell’intento di farlo rigare dritto, l’unica che era stata capace di fargli provare la gioia di una vera relazione, un sentimento che andava ben oltre il semplice sesso, l’unico vero amore della sua vita, lo stava abbandonando per sempre.
Avrebbe voluto inginocchiarsi ai suoi piedi e supplicarla di restare, ma era ben cosciente del fatto che non sarebbe servito a nulla ormai.
La osservò ancora per un istante, come per voler trattenere nella memoria quell’ultima immagine quasi celestiale: le accarezzò amorevolmente una ciocca dei morbidi capelli, perdendosi in quelle sfumature color cioccolato, fino a farla scivolare tra le proprie dita.
La lasciò allontanarsi senza dire una sola parola: udì poi il rumore dei suoi passi farsi sempre più lontano e rimase solo, davanti alla finestra, con la propria bottiglia di whisky tra le mani, unica compagna di quel tremendo pomeriggio.
“Addio Scheggia…”.


 
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Francis82
icon12  view post Posted on 27/3/2007, 21:33





Non so cosa mi sia successo, ma negli ultimi giorni sono stata investita letteralmente da un'ondata di ispirazione... per questo motivo vi posto anche stasera un nuovo capitolo... :yay:
Questa volta, dopo che avete letto vi chiedo di dirmi lo stralcio, la frase o anche solo la parola che vi è piaciuta di più... io so già la mia, ma ve la svelerò solo alla prossima puntata! :ihih:
Vi piace il giochetto? Spero di si! :lol: :P :lol:


Il passo di Jess si fece sempre più rapido, man mano che avanzò verso il campus: si scontrò un paio di volte con la spalla di qualche altro passante, talmente immerso nei propri pensieri da non scomodarsi nemmeno per domandare scusa.
La verità era che la rabbia e la disperazione lo stavano logorando… ancora qualche metro e si sarebbe trovato faccia a faccia con l’amore della sua vita… amore al quale sarebbe stato costretto a dire addio.
Tenendo la testa bassa, col colletto del giubbotto alzato, si lasciò accarezzare la pelle dall’aria gelida senza mostrare alcun turbamento, alcun brivido, tanto era il calore e l’agitazione profonda che portava in corpo.
Erano due le frasi che continuavano a rimbombargli violentemente nella testa… la prima era di Anna e suonava così: “Non c’è altro modo per dirtelo, quindi sarò breve… aspetto un bambino, Jess!”… la seconda apparteneva alla voce soave della sua Rory: “Ti amo, Jess”.
Non si accorse nemmeno di chi lo circondava, preso com’era dalle sue riflessioni sempre più nervose.
“Ehi, scrittore!” una voce vagamente conosciuta riuscì a frenare il suo passo, fino a farlo fermare del tutto e costringerlo ad alzare la testa con aria confusa.
Logan si tenne a qualche metro di distanza ad osservarlo con aria di sfida, reggendo in modo assai poco stabile nella mano destra una bottiglietta di whisky, per poi riprendere a parlare: “Dovrei complimentarmi con te… sei stato davvero furbo, ti avevo sottovalutato!”.
Jess raccolse la sfida, ripagandolo con il proprio tono provocatorio: “Ogni volta che m’imbatto in te… beh, percepisco uno strano odore di alcol nell’aria! Sarà una casualità?”.
La voce di Logan si fece sempre più confusa, alterata: “E’ l’amore, caro Jess! Quel sentimento capace di farti toccare le stelle e, quando meno te lo aspetti, farti crollare a terra, togliendoti ogni speranza! Oggi io sono a terra e tu sei proprio lassù… ma non durerà, stanne certo! Si stancherà di te e ti getterà via… e quel giorno io brinderò alla tua sconfitta!” e si scolò il fondo della bottiglia in un solo lunghissimo sorso.
“Non fatico a credere che ne saresti capace… Amico, torna a casa! Non vedi che sei patetico?” gli consigliò l’altro con aria scocciata.
Barcollando sempre più vistosamente, Logan gli rispose: “Non ho una casa! Anzi ce l’ho… ma è piena di valigie… si, le valigie di Rory… Sono dappertutto e non saprei dove mettermi… sai cosa ti dico? Ora vado all’appartamento e butto tutta la sua robaccia giù dalla finestra… un bel volo, te lo assicuro!”.
“Dov’è Rory?” chiese Jess, raggiungendolo e cercando con un gesto di pietà di aiutarlo a mantenersi in equilibrio sulle proprie gambe.
“Non toccarmi, scrittore! Hai capito?” lo spinse via con un forte strattone l’altro.
Jess cercò di ricomporsi e gli gettò uno sguardo colmo di disprezzo, al quale Logan rispose correndogli addosso e piazzandogli un pugno sul mento.
Iniziò un piccola rissa, fatta di spintoni e qualche cazzotto andato a vuoto.
Per fortuna, un paio di ragazzi, vista la scena da lontano, si avvicinarono e riuscirono con fatica a dividere i due contendenti.
“Sei un idiota, Huntzberger!” urlò Jess.
Logan rispose a quell’insulto indicandolo con foga e gridando: “Credi di essere il suo principe azzurro, vero? Sei solo un fallito! Un giorno si renderà conto di quanto ha perso lasciandomi… ma sarà troppo tardi!”.
Ad un tratto comparì Paris che, uscendo furiosa dalla redazione, alzò la propria voce al di sopra di tutte le altre: “Ma che diavolo sta succedendo qui fuori? Qui c’è gente che sta cercando di lavorare! O si tratta di un concetto troppo difficile da capire?”.
Nell’istante in cui si accorse dell’identità dei due ragazzi, rimase sbalordita e si limitò a commentare: “Suppongo che questo fracasso sia opera tua, Huntzberger!”.
Il ragazzo si rimise in piedi e lanciò un’occhiata al veleno alla ragazza: “Vai al diavolo anche tu, Geller!” e scomparì nel vialetto che portava all’uscita del campus.
Senza nemmeno l’ombra di un minimo turbamento, Paris si voltò verso l’altro ragazzo e lo scrutò dalla testa ai piedi con la solita espressione indagatrice: “Jess, giusto? Certo, ci siamo conosciuti ai tempi del liceo a casa di Gilmore… Che ci fai qui?”.
“Cercavo Rory… ho bisogno di parlarle urgentemente!” ribatté lui con un’espressione preoccupata.
“Prima rispondi a una domanda: hai per caso fatto fuori Huntzberger?”.
Jess si limitò ad annuire col capo, massaggiandosi ancora le nocche delle dita indolenzite per le botte.
“Sia ringraziato il cielo!” esclamò lei, profondamente soddisfatta, e poi concluse: “Gilmore è alla caffetteria, l’ho vista passare poco fa…”.
Jess ringraziò, ancora un po’ rintronato dalla piccola rissa, e si diresse nella direzione indicatagli da Paris: solo in quel momento realizzò che mentre lui si era scervellato per trovare il modo meno doloroso di parlare a Rory del bambino, la ragazza aveva trovato il coraggio e la forza di chiudere definitivamente con Logan… si sentì un debole, uno senza spina dorsale.
Entrò timidamente nel locale, guardandosi intorno con un fare un po’ inquieto.
Fu mentre si avvicinò al bancone per chiedere informazioni che la intravide: seduta ad uno dei tavoli più defilati, con il volto tra le mani e lo sguardo pensieroso perso nel vuoto dinnanzi a se.
Era talmente bella: avrebbe desiderato scomparire in un battibaleno e lasciarla alle sue riflessioni, nel tentativo di non turbare quel suo momento di solitudine.
Fu all’improvviso che Rory si voltò nella sua direzione e sorrise di enorme gioia nel vederlo apparire come per magia davanti ai suoi occhi.
“Un penny per i tuoi pensieri” esordì lui, avvicinandosi e baciandole la fronte teneramente.
La ragazza lo accolse al tavolo, sospirando: “Non è stata affatto una giornata facile e…” salvo poi interrompersi e guardarlo più attentamente: “Cos’hai fatto alle labbra? E’ sangue?”.
Jess sentì il tocco aggraziato delle sue dita sfiorargli il mento e quasi trasalì dal desiderio di baciarla: “Ho fatto un incontro inaspettato che suppongo abbia a che fare con la tua giornata difficile…”.
Rory si portò una mano alla bocca, con un’espressione stupita: “Non avrai incontrato… oh no, è stato Logan a ridurti così? Mi dispiace da morire… Non potevo sapere che…” e venne interrotta dalla mano di Jess che le accarezzò le dita per tranquillizzarla.
“Non ha importanza… è normale che lui mi odi. Ho già dovuto fare a botte con qualcun’altro per te e lo farei altre mille volte se servisse…” intervenne lui, riferendosi alla rissa nata con Dean anni prima.
“Non ce ne sarà bisogno…” sorrise lei.
Guardandola così innamorata, Jess si sentì un vero bastardo: avrebbe dovuto spegnere quella felicità con una notizia che aveva dell’incredibile.
Per questo motivo esitò qualche altro istante, soffermandosi a contemplarla con ammirazione: ci si poteva perdere nel colore dei suoi occhi… e non ritrovare più la via del ritorno…
“C’è qualcosa che non va? Ti vedo strano…” lo destò lei.
Giunse il momento e non si sarebbe più potuto tirare indietro: “Le cose non stanno andando come desideravamo, Rory…”.
La ragazza si rabbuiò, temendo concretamente che i presagi negativi che aveva avuto, le paure riguardo la reazione di Anna, tutti quei brutti pensieri si fossero realizzati.
“Ho spiegato ad Anna ogni cosa, ma è successo qualcosa che non mi sarei mai aspettato” e prendendole la mano terminò: “Lei… aspetta un bambino…”.
Rory temette realmente di svenire al suono di quelle parole: lasciò la mano del ragazzo d’istinto ed i suoi occhi si riempirono immediatamente di lacrime.
Ripeté con un filo di voce: “Un bambino… un bambino tuo…”.
“Mi dispiace, Rory. In un primo momento avrei desiderato venire qui, rapirti e fuggire lontano da tutto e da tutti… ma non posso farlo! Devo affrontare questa cosa… devo assumermi questa responsabilità per non…”
“Per non finire come tuo padre, lo immagino…” intervenne lei e poi riprese: “So anch’io cosa significa sentire la mancanza di una figura paterna…”.
“Vorrei avere qualche potere soprannaturale per poterci trasportare indietro nel tempo… per correggere questo errore…”
Improvvisamente il tono di Rory da malinconico divenne rabbioso: “Non chiamarlo errore, Jess! Anch’io sono stata definita così più volte dai genitori di mio padre, quelle persone che non ho mai considerato dei nonni, persone fredde e scostanti… E’ tuo figlio, non è un errore!”.
“Scusami…” le riprese la mano tra le proprie.
Ci fu una lunga pausa, nella quale quel loro pesante silenzio venne rotto soltanto dal suono dei bicchieri, dal tintinnio di posate e da un gruppo di ragazze rumorose che chiacchieravano qualche tavolo più avanti.
“E così ci troviamo costretti a dirci addio di nuovo…” mormorò lei, asciugandosi le guance con la manica della felpa.
“Non so come comportarmi, Rory… So solo che ogni secondo che passo con te, ora che so del bambino, è come un coltello affilato che mi penetra nel petto… Non so vivere senza di te, ma sono obbligato a farlo…” il dolore di Jess trasparì dalla sua voce emozionata.
“Abbiamo perso tanto di quel tempo… siamo scappati l’uno dall’altra, quando avremmo potuto stare insieme… mi detesto per questo!”.
“Doveva andare così… è il destino, non possiamo farci nulla!” singhiozzò.
Jess appoggiò la cima della propria fronte a quella della ragazza, continuando a guardarla dritta negli occhi: “Sei talmente speciale, Rory…”.
Questa volta fu lei a prendere la sua mano tra le proprie e a stringerla forte al proprio petto: “Rimarrò con questo sogno… il sogno di come sarebbe potuto essere perfetto”.
“Sarebbe stato più che perfetto” le sussurrò.
In quella intensa commozione i loro volti infelici si avvicinarono adagio, centimetro dopo centimetro, fondendosi infine in un lungo ed appassionato bacio.
Jess abbassò poi lo sguardo e lasciò la propria seggiola, dopo aver regalato a Rory un ultimo sorriso fugace ed amaro.
Pur dandole le spalle, sentì i suoi occhi tristi incollati alla propria figura… si allontanò senza guardarsi indietro perché sapeva che se avesse esitato anche solo per un istante sarebbe stata la fine, non avrebbe più fatto ritorno a Philadelphia.
Ritrovandosi fuori dal locale, fece qualche altro passo per poi bloccarsi di colpo… al diavolo tutto!
Tornò indietro di corsa e la raggiunse di nuovo, prendendola completamente di sorpresa: la ritrovò ancora singhiozzante, con i gomiti appoggiati a quel solitario tavolino del bar e il broncio sospeso su una tazza di cappuccino.
“Regaliamoci una serata soltanto per noi, Rory! Un addio come si deve… un momento solo nostro… Ti prego non dirmi di no!” disse, inginocchiato ai piedi della sua sedia.
“Ma… non so cosa dire…” balbettò confusa la ragazza.
“Sono sempre fuggito così… Questa volta sarà diverso… Voglio che sia diverso!” la implorò lui.
“Una serata solo nostra… forse sarà ancora più dura dopo, ma… Si, Jess…” sorrise infine Rory, fra le lacrime.



 
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Francis82
icon12  view post Posted on 1/4/2007, 14:37





Non è stato per niente semplice scrivere questo capitolo... molto sofferto! :cry:
Per questo vi consiglio veramente di tenere una scatola di fazzolettini sotto mano... per la prima volta io stessa mi sono commossa nello scrivere alcune parti di ciò che leggerete tra poco...
Non lo faccio per farvi star male, mie amichette lit... è solo che solo così riuscirò a farvi gustare un gran finale come si deve...
Come sempre aspetto commenti e grazie per la passione che mettete nel leggere questa mia FF :fiori:




La mano esperta di Lorelai indugiò ancora un istante sui capelli della figlia e, mentre la spazzola li rendeva, gesto dopo gesto, sempre più soffici e brillanti, la sua espressione premurosa incontrò gli occhi della ragazza riflessi sullo specchio posto dinnanzi a loro.
Non servirono parole per esprimere i sentimenti che sembrarono scuotere le loro anime: erano amiche prima di tutto… una sintonia perfezionata nel corso di più di vent’anni…
Lorelai continuò a sfiorare le sue lunghe ciocche, mosse appena alle estremità da un accenno di boccolo, fino a farle scivolare sulle spalle: le sembrarono la perfetta cornice per quella scollatura delicata, illuminata da una sottile catenina d’argento che portava in fondo un piccolo ciondolo incastonato con pietre rosse.
Rory sorrise alla propria immagine riflessa, per poi alzare lo sguardo fino a raggiungere nuovamente quello della madre: notò l’accennarsi di lacrima nascere sui suoi occhi e si voltò, afferrandole la mano teneramente.
“Mamma… perché fai così?” cercò di rassicurarla.
“Perdonami, Rory. Dovrei essere io a darti coraggio… sfoggiare una delle mie solite battute stupide e tirarti su di morale… ma non ci riesco, questa volta non ce la faccio…” disse la madre, asciugandosi maldestramente gli zigomi.
“Lo so che mi vuoi bene e stai soffrendo di questa situazione… Ti sto rovinando questi bellissimi giorni, questo momento speciale di riappacificazione con Luke e mi detesto per tutto ciò!”.
“Tesoro, tu non hai colpa di nulla… Avremo tutta una vita per festeggiare, ora non m’importa di questo. E’ solo che vederti alle prese con questa brutta faccenda mi sta distruggendo! Sai quanto per me sia importante la tua serenità e… scusami, ma non ce la faccio a far finta di nulla! Far finta di essere d’accordo con questa pazzia che state per compiere tu e… quel… quel… Jess!” cercò infine di controllarsi.
“E’ un addio, niente di più… ce lo meritiamo dopo tutto quello che abbiamo passato in questi anni” le rispose timidamente Rory.
Lorelai le si avvicinò, accarezzandole le spalle: “Lo so… Ho solo paura che sia troppo… troppo doloroso per te, piccola mia!”.
“Sono una Gilmore…. Sarò forte…” un accenno di broncio venne rapidamente soffocato da Rory e tramutato in uno dei suoi magnifici sorrisi.
Accostandosi di nuovo alla specchiera del bagno, spruzzò nell’aria un po’ di profumo alla vaniglia che si spense in una nuvola impalpabile sul suo collo, su quella pelle d’alabastro.
Lorelai rimase ad osservarla ancora per un attimo, seguendo ogni suo gesto, ogni movimento aggraziato: si disse che era davvero diventata una donna, la sua Rory… una donna che sapeva affrontare ogni avversità a testa alta… era diventata ciò che voleva… ciò che aveva sempre sognato.
Fu uno di quei momenti in cui una madre sente riempirsi il proprio petto di orgoglio… il momento in cui si ritrova ad ammirare il frutto di tanto amore e tanta devozione.
Riconobbe in quei piccoli gesti molto di se stessa… molto di quella ragazza cocciuta ed orgogliosa che durante una notte di pioggia si presentò alla porta dell’Indipendence Inn, fradicia dalla testa ai piedi, portando tra le braccia un neonato, una dolcissima creatura, la quale ora era dinnanzi ai suoi occhi, splendida.
Rabbrividì per un solo istante al ricordo di quei terribili mesi in cui aveva dovuto starle lontana: era parte di lei e separarsene era stato come privarsi di un organo vitale… ogni cosa senza la sua Rory le era apparsa spoglia, triste…
Si era trattato di una fase davvero infelice, ma era riuscita a maturarla ancora di più…
Peccato che un altro ostacolo si era posto sul loro cammino: si stupì a detestare quella Anna… pur sapendo che non era una colpa la sua… si era trattato di una serie di sfortunate coincidenze.
Aveva maledetto Jess più e più volte, rendendosi conto che non sarebbe servito a nulla ormai.
Sua figlia lo amava e, nonostante i suoi mille tentativi di farla desistere dal frequentarlo… beh, lo aveva sempre amato… era nato un feeling speciale tra Rory e Jess, qualcosa che Lorelai aveva potuto provare sulla propria pelle soltanto con Luke, il grande amore della sua vita.
Chissà se la sua piccola avrebbe trovato qualcuno di altrettanto speciale… qualcuno in grado un giorno di farle dimenticare quel Jess Mariano…
Udendo il rumore di un’auto addentrarsi nel vialetto, la ragazza si voltò e prese fra le mani una borsetta di raso argentata, posata sul letto della madre durante i preparativi.
Fecero entrambe un lungo sospiro e si diressero verso il piano di sotto: Lorelai rimase ferma a metà scala e si limitò a salutare la figlia mandandole un bacio con un cenno della mano, per poi accasciarsi a sedere su un gradino, non appena la porta si fosse richiusa alle spalle della ragazza.
“Si, piccola… sei davvero una Gilmore…” sussurrò tra se e se.
Quando Rory comparì dinnanzi ai suoi occhi, scendendo con una grazia innata i gradini del portico di casa Gilmore, Jess sentì un colpo al cuore: l’eleganza con cui indossava quel delizioso abito di raso azzurro, quella stoffa lucente che si riusciva a scorgere dal cappotto non ancora abbottonato… gli sembrò davvero un angelo…
Rimase a contemplare quell’immagine celestiale avvicinarsi passo dopo passo, rimanendo egli immobile, appoggiato al cofano della macchina, in un completo nero, con le mani in tasca e sfoggiando uno dei suoi sguardi irresistibili.
Rory lo salutò con un lieve movimento del capo ed un sorriso appena accennato sulle sue labbra perfette, sottolineate appena da un tocco di rossetto: arrossì nel notare Jess totalmente rapito dai suoi movimenti armoniosi.
In un gesto istintivo, la ragazza si portò le mani alla bocca, soffiando su di esse: l’aria era talmente fredda che si vide obbligata ad indossare una spessa sciarpa di lana rosa, a discapito della cura con cui aveva scelto l’abito perfetto, quella scollatura sexy al punto giusto…
“Sei stupenda…” sussurrò lui.
“Anche tu non sei niente male…” scherzò.
Jess si sollevò dall’auto e la raggiunse, sfiorando le sue dita affusolate ed intrecciandole con le proprie: un gesto che portò in maniera automatica la mente di entrambi all’alba della loro storia… a quel bacio interrotto goffamente dall’arrivo di Luke nell’appartamento sopra il locale: l’emozione fu la stessa di allora, il batticuore il medesimo.
Fu Jess ad avvicinarsi lentamente e sfiorarle appena le labbra con un bacio delicato: “La notte è lunga, ma non voglio perderne nemmeno un istante”.
Le accarezzò la schiena e la condusse fino all’auto… avrebbe voluto continuare a guardarla in quel modo per tutto il resto della propria vita…



L’automobile si fermò esattamente davanti al locale di Luke: Rory non se ne accorse immediatamente, perché Jess la costrinse a chiudere gli occhi già a metà del viaggio.
Quando finalmente le fu permesso di riaprirli, si guardò intorno incuriosita e infine gettò uno sguardo confuso al proprio cavaliere.
“Sarà una serata speciale, non temere…” la rassicurò lui.
Scese dalla macchina ancora infreddolita e si ritrovò sull’uscio del locale: le tapparelle completamente oscurate non le permisero di vedere cosa ci fosse all’interno, ma l’idea di recarsi in quel luogo così familiare le piacque.
Quando superò l’ingresso e le luci si accesero, restò di stucco: gran parte dei tavoli erano scomparsi… in realtà ne era rimasto soltanto uno, posizionato proprio accanto alla vetrina…
Tutto era stato curato nei minimi dettagli… dalla musica di sottofondo, ad una serie di candele rosse sistemate nei vari angoli della stanza… ed una rosa color porpora adagiata davanti al suo posto a sedere.
Il meglio stava ancora per venire: ad un tratto, dal retro del locale spuntò il povero Kirk, strizzato in una elegante divisa da cameriere, probabilmente scovata fra i costumi di scena di una delle recite di Miss Patty.
Si avvicinò ai due clienti con la sua solita espressione stralunata ed un vassoio sul quale erano stati preparati due calici di vino.
“Non posso crederci, cosa ti hanno fatto Kirk?” Rory non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere.
“Luke sa essere persuasivo…” si giustificò goffamente l’altro.
Anche Jess soffocò dietro un colpo di tosse una breve risata, prendendo poi i bicchieri per accennare malinconicamente ad un primo brindisi: “Per il nostro addio speciale…”.
Rory lo corresse: “Ancora no, Jess. Brindiamo a noi due… qui… e nuovamente insieme”.
Il ragazzo annuì col capo, sorseggiando il proprio vino senza staccarle mai gli occhi di dosso.
Nonostante la presenza buffa di Kirk, l’atmosfera sembrò assumere sempre più dei connotati nostalgici… fu Rory a tentare di rompere quel silenzio troppo prolungato: “Mi hai stupita con i primi effetti speciali, ma conoscendoti immagino che non sia finita qui…”.
“Eh già… Cesar!” esclamò, schioccando le dita.
Fu così che anche il povero Cesar fece capolino dalla cucina, grembiule candido e cappello da chef compresi.
Rory rimase a bocca aperta e scoppiò nuovamente in una risata fragorosa: “Anche tu, Cesar! Non voglio nemmeno sapere come abbia fatto Luke a convincerti ad indossare quella roba… E’ ufficiale, siete tutti impazziti in questa città!”.
Si accomodarono a sedere e ben presto fu loro servita la cena… naturalmente hamburger e patatine, in perfetto stile con il locale e con la nota passione di Rory per il cibo-spazzatura.
“E’ stata davvero carina la scelta di venire qui… sono felice, Jess” sussurrò lei.
“E’ qui che tutto è cominciato… Eravamo esattamente a questo tavolo la sera in cui provasti a darmi ripetizioni di storia, mentre io continuai per più di un’ora a fare giochetti con le carte allo scopo di distrarti…” rise.
“Per non parlare dell’incidente con la macchina, ritornando dalla gelateria… Ci siamo presi un bello spavento!”.
“Sono quasi certo che Lorelai abbia passato l’intera notte a studiare un modo doloroso con il quale farmi fuori…” commentò lui, divertito.
Rory spalancò gli occhi, sorridendo: “Ricordo alla perfezione ogni singolo particolare di quella serata: dormì su una poltrona davanti al mio letto… era terrorizzata, povera mamma”.
Il ragazzo assunse un’aria compiaciuta: “Ho sempre trovato il modo di creare scompiglio nella vostra vita!”.
La memoria della ragazza iniziò a galoppare: “Per non parlare di quando le abbiamo fatto perdere la maratona di ballo… ci teneva talmente tanto a quello stupido trofeo… Kirk la tormentò per più di una settimana…”
Jess alzò le mani e, con tono difensivo, rimandò le accuse al mittente: “Ehi, quella volta non avevo fatto niente! Era stato il caro vecchio Dean a rovinare tutto, ti ricordi male!”
Rory lo guardò esterrefatta: “Jess Mariano! Sei stato tu ad innescare la bomba… stavi lì a fissarmi, abbracciando Shane e sbaciucchiandola ogniqualvolta io mi voltassi nella tua direzione!” e gli gettò addosso una foglia di insalata.
“Il mio piano diabolico funzionò alla grande… Dio, ricordo l’espressione accigliata di Dean come se fosse successo ieri!” riprese a ridere lui.
“Hai sempre fatto di tutto per stuzzicarlo, eri perfido!” lo prese in giro lei.
Una volta tanto, Jess fece autocritica: “Lo so, ma devi ammettere che lui era davvero suscettibile… La situazione più divertente è stata di certo la discussione davanti a casa tua, quando rimasi a cena con te e Paris… Pensandoci adesso, devo ammettere che fui insopportabile…”.
“Sono d’accordo!”.
Dopo una breve pausa, il ragazzo riprese: “Dimmi la verità, Rory: eri già pazza di me, vero?”.
“Non ti facevo tanto vanitoso! Piuttosto assaggia questa salsa, devo dire che Cesar ha superato se stesso stasera!” cercò di distrarlo lei.
“Avanti… non serve cambiare discorso…” Jess insistette, finendo per rubarle la patatina fritta dalle mani e per continuare malizioso: “Eri completamente cotta del giovane indisciplinato venuto da New York, non ho ragione?”
“Ero l’unica persona in città che non ti detestasse…” glissò lei.
“Avevi perso la testa per me…” la stuzzicò ancora: “Lo testimonia la tua decisione di saltare le lezioni alla Chilton e venire fino a New York soltanto per vedermi… Rimasi di stucco nel sentire la tua voce alle mie spalle, quel giorno al parco”.
In un moto di insicurezza, lei abbassò lo sguardo: “Ti sarò sembrata una ragazzina sciocca…”.
“Non mi sei sembrata affatto una ragazzina sciocca, anche se ci rimasi parecchio male quando mi negasti il tuo sguardo raggelante!”.
Rory per un momento divenne seria: “E allora cosa pensavi realmente di me?”.
Jess esitò un poco, fingendo di giocare con il cibo rimasto nel piatto: “Rory, lo sai che non sono mai stato un tipo romantico, uno bravo con le smancerie, di quelli che ti si presentano sotto casa con un mazzo di rose tra le mani o passano la notte insonne per comporre una poesia. Spesso il mio rifugiarmi nella lettura è stato una vera fuga dalla realtà… un mezzo grazie al quale evitare il più possibile di mettere a nudo i miei veri sentimenti…”.
Gli occhi di Rory accolsero teneramente quella specie di confessione: “Lo so, Jess… l’ho capito dal primo momento in cui ti ho visto…”.
“Per molto tempo ho immaginato il mio futuro come un’esistenza da solitario, da ribelle emarginato dal resto del mondo… Mi ero abituato a quell’idea, ci avrei convissuto senza troppi problemi… Ma incontrare te ha sconvolto ogni mio programma, è stata la cosa più bella che mi sia successa in questi ventuno anni… e probabilmente la cosa più bella di tutto il resto della mia vita! L’unica persona a cui ho detto “ti amo” sei stata tu, Rory… Ciò che vedi stasera intorno a te è un mezzo per esprimere ciò che provo senza bisogno di troppe parole… in fondo non sono cambiato poi tanto…”.
Rory riprese il controllo della conversazione di colpo: “Ti voglio chiedere scusa, Jess”.
“Scusa per che cosa?” si mostrò confuso lui.
La voce della ragazza divenne particolarmente decisa: “Per quella sera al campus… quando mi offristi di partire con te e vivere insieme a New York, io ti ferii molto… Non avrei dovuto spiazzarti con quella serie di “no” gridati a gran voce. Fu uno sbaglio”.
Jess rimase con lo sguardo incollato al piatto: “Invece avevi ragione, Rory. Temevi di soffrire ancora una volta, l’ho capito con il passare del tempo... Ero ancora un ingenuo. Credevo di essere maturato, ma ero ancora uno stupido ragazzino convinto di avere ormai in tasca chissà quali certezze sul mio futuro…”.
“Si, ma non avrei dovuto reagire in quel modo… La realtà è che inconsciamente volevo farti del male, restituirti un po’ di quel tormento che avevo dovuto sopportare da quando mi avevi lasciata senza dire una parola…”.
Finalmente lui rialzò la testa: “Fui un codardo, ne sono consapevole. La mattina in cui partii per la California non ebbi nemmeno il fegato di dirtelo… dirti che non ti avrei potuta portare al ballo perché…”
Sfiorandogli la mano, Rory lo interruppe: “Non importa, Jess. E’ una serata troppo bella per sprecarla con rimorsi e rimpianti di circostanze accadute tanto tempo fa…”.
Le loro mani s’incontrarono ancora al centro del tavolo… i polpastrelli si sfiorarono numerose volte, come alla ricerca di un continuo contatto, di una conferma che ciò che stavano vivendo non fosse soltanto un sogno.
Ripresero a ridere e scherzare per tutto il resto della cena, nel tentativo di esorcizzare il vero motivo che li aveva portati lì, lo scopo reale di quell’appuntamento così speciale.
Fu uscendo dal locale che Rory si sentì pervasa da un brivido strano, una sensazione che non aveva a che fare con il vento pungente o con quel profumo di neve che si respirava nell’aria: era il presagio dell’abbandono, di quel terribile momento in cui sarebbero stati costretti a spegnere i propri sorrisi e dire quella fatidica parola… “addio”…
Sentì il calore del braccio di Jess ricoprirle le spalle, placando per un istante quella sua inquietudine.
Si trovarono a passeggiare al chiaro di luna, come se il destino avesse voluto donar loro almeno un ultimo momento di gioia…
Si tennero saldamente per mano, adagiandosi poi sui gradini del gazebo ad osservare il cielo stellato sopra le loro teste.
“Ho sprecato tanto di quel tempo ad odiare questo posto… Guardandolo con la consapevolezza di oggi, devo ammettere che non è così male…” sorrise lui, scrutando il paesaggio intorno a se ricoperto di una sottile coperta candida.
Lei lo guardò con espressione stupita: “Allora è questa la vera rivelazione della serata: Jess Mariano si è innamorato di Stars Hollow…”.
I loro sguardi si incrociarono magicamente fra le risate e fu allora che Jess divenne serio di colpo: “Non smetterò mai di amarti, Rory Gilmore”.
“Avevo giurato di non piangere stasera” disse lei, singhiozzando: “Nemmeno io smetterò mai di amarti, Jess Mariano”.
Un lungo abbraccio la cullò ancora per qualche minuto e poi la presa calda delle braccia del ragazzo si allentò, lentamente: “E’ arrivato il momento, vero?” sussurrò lei, mantenendo lo sguardo fisso sulla piazza dinnanzi a loro.
Jess si limitò a sospirare: stringendo i denti per la rabbia, le accarezzò il mento e portò quel viso delicato dinnanzi al proprio.
“Non dimenticherò mai questa serata, Rory… Come non dimenticherò nessuno dei momenti che abbiamo vissuto insieme in questi anni. Ti porterò con me, ovunque andrò”.
Si avvicinarono, con la consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo bacio di quella loro bellissima storia d’amore… sarebbe stato perfetto… e infatti fu come se mille fuochi d’artificio scoppiassero nel cielo per celebrare quel momento irripetibile.
Nella quiete della piazza quasi deserta, le loro mani ansiose s’intrecciarono, stringendosi sempre più forte, come nel tentativo di evitare il distacco ormai imminente.
Fu Rory la prima ad abbandonare quel dolce contatto: lo guardò negli occhi intensamente un’ultima volta, con tenerezza gli scostò dalla fronte un ciuffo di capelli e lasciò scivolare le proprie dita sul suo profilo… quando raggiunse il mento, ritirò la mano e si alzò in piedi.
Non disse più nulla: gli sorrise e, voltandogli le spalle, si avviò a piedi verso casa.
Jess rimase bloccato, fermo su quel dannato gradino di pietra: si disse che stavolta era davvero finita, non sarebbe mai più riuscito a dirsi felice senza di lei…
Guardò a lungo quel profilo minuto muoversi sinuoso nell’aria gelata fino a scomparire dietro una delle vie affacciate sulla piazza, per poi accendersi distrattamente una sigaretta tra le labbra, quelle labbra che avevano ancora il suo sapore… il sapore indimenticabile dell’unico vero amore della sua vita.


 
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Francis82
view post Posted on 4/4/2007, 18:28





Prima di tutto vi ringrazio di cuore per i numerosissimi complimenti che mi fate alla fine di ogni capitolo... siete troppo buone! :P
Come premio per il fatto che mi seguite così fedelmente, eccovi un nuovo capitolo...
Non è molto lungo perchè come sapete l'università incombe... spero comunque che vi piaccia. :timido:



L’alba scivolò, con la propria luce tenue, sulle pareti della camera da letto di Lorelai: Luke si ritrovò con le mani allacciate dietro la nuca ed uno sguardo annoiato perso ad osservare il soffitto.
Non era mai stato una persona troppo sentimentale, tuttavia il triste pensiero dell’addio fra Rory e Jess aveva tormentato il suo sonno per gran parte della nottata.
Si sarebbero potute contare sulle dita di una mano le persone che in passato non si erano opposte a quella relazione: tra queste però c’era di certo lui, lo zio Luke.
Aveva rischiato di mandare all’aria persino l’amicizia con la sua Lorelai, quel sentimento tramutatosi poi in un grande amore… tutto, pur di difendere Jess.
Pensò seriamente di aver fallito il giorno della sua fuga in California… di aver perso per sempre quei pochi principi che a forza era riuscito ad inculcare nella testa di quello zuccone del nipote… per parecchio tempo si era sentito stranamente disorientato nel doversi abituare alla sua mancanza, a quel letto sempre vuoto in fondo alla stanza… Jess aveva portato a Stars Hollow una serie infinita di guai, ma in lui aveva rivisto se stesso… la propria inquietudine ed il proprio caratteraccio…
Scivolò silenziosamente fuori dalle coperte, osservando poi Lorelai contorcersi tra le lenzuola ed emettere una serie di piccoli lamenti indirizzati alla luce che filtrava fastidiosa dalle tende.
Estrasse dalla tasca dei pantaloni, appoggiati in fondo al letto, il proprio portafogli… scovò tra le varie fatture e banconote un foglietto ripiegato più volte su se stesso: era un assegno mai incassato… l’assegno di Jess… il simbolo di ciò che era riuscito a fare di buono nella propria vita… la testimonianza che tante prediche e consigli a qualcosa erano serviti…
Si strofinò la testa nervosamente e rimise tutto al proprio posto, sempre attento a non fare alcun rumore: anche Lorelai aveva faticato parecchio a prender sonno e meritava qualche ora di pace.
Scendendo le scale con un’andatura fiacca, giunse in salotto e gettò uno sguardo alla cucina: non poté fare a meno di notare la porta della camera di Rory, ancora socchiusa, e domandarsi se fosse riuscita a dormire almeno per qualche ora o fosse rimasta per tutto il tempo con gli occhi spalancati verso il soffitto, proprio come lui.
Passo dopo passo, raggiunse il boccione dell’acqua per preparare il caffé: le sue due ragazze avrebbero necessitato di una buona dose di caffeina per affrontare un nuovo giorno come quello che le aspettava.
Quando l’attenzione venne rapita da ciò che la porta socchiusa lasciava intravedere, decise di abbandonare il bricco d’acqua sul tavolo e rimandare il caffé a più tardi: il letto ancora intatto e Rory, avvolta nel suo splendido abito di raso, ancora sveglia e raggomitolata sulla poltrona...
Rimase muto ancora per un po’ ad osservarla: quei magnifici occhi blu erano stati privati della loro luce speciale… il candore quasi abbagliante della sua pelle era spento… le guance arrossate dai postumi di un pianto certamente disperato… le mani sottili intrecciate fra di loro a sorreggere le ginocchia minute accostate al petto… i capelli un po’ arruffati erano stati raccolti sommariamente in un’unica grande ciocca posata sulla spalla destra… e infine quel broncio malinconico, l’espressione di chi ha perso la propria strada e con essa ogni certezza sul proprio futuro.
Luke s’intenerì infinitamente a quella vista… Rory apparve ai suoi occhi come una bambina, sola e disperata: strinse forte i pugni e si decise ad entrare nella stanza.
Il rumore della porta la destò immediatamente dai propri pensieri, spostando il suo sguardo smarrito dalla finestra fino a lui: non si mosse da quella sua posa, non tentò di ricomporsi alla vista di Luke… non abbozzò nemmeno l’ombra di un sorriso… semplicemente, lo guardò… e subito le sue guance ricominciarono a rigarsi di lacrime…
Luke si avvicinò ancora di più… quando l’ebbe finalmente raggiunta, le sorrise… la sua mano calda e possente incontrò quella della ragazza e le fu da sostegno, aiutandola ad alzarsi in piedi… si abbracciarono e rimasero così per qualche minuto…
Sul suo torace rimbalzò una lunga serie di sussulti, provocati dai singhiozzi convulsi di Rory… il visetto spaventato finì per rifugiarsi sotto quel mento pungente a causa di un accenno di barba… le piccole mani tremanti si aggrapparono alla sua t-shirt come se non volessero lasciare mai più quella presa…
Per la prima volta, travolto da mille emozioni, Luke sentì di voler diventare veramente un padre per lei: avrebbe fatto qualsiasi cosa per placare quel suo dolore, sarebbe diventato la colonna alla quale sorreggersi, il punto fermo al quale aggrapparsi.
Le accarezzò la testa e continuò a cullarla tra le proprie braccia amorevolmente ancora per un po’, senza fiatare…
Fu poco più tardi che notò distrattamente un’ombra avvicinarsi alla cucina: il volto ancora insonnolito di Lorelai fece capolino dalla porta… qui vi rimase per qualche secondo a contemplare rattristata l’immagine che le si era presentata dinnanzi agli occhi ancora assonnati.
Con qualche passo incerto, dovuto a quelle gambe ancora intorpidite dalla stanchezza, si avvicinò… senza dir nulla, allacciò le proprie mani alle spalle di Luke e appoggiò la propria guancia alla nuca della sua piccola Rory… la quale finì avvolta da un dolcissimo doppio abbraccio.



Una brezza tiepida sciolse in breve gran parte della neve che nelle settimane passate aveva coperto Stars Hollow di un manto quasi argentato: Rory si ritrovò a passeggiare lungo il vialetto che portava al Dragonfly Inn con una serenità che pensava di aver dimenticato.
Una visita alla stalla ed una carezza a Cleto erano riuscite a rendere quella mattinata molto piacevole: dopo quattro giorni passati in isolamento, dopo maxi scorpacciate di pizza, gelato e altri cibi consolatori, dopo risvegli in piena notte in preda ad incubi terribili… sentì di aver ritrovato un certo equilibrio… di essere pronta a tornare nel mondo a testa alta…
Rientrò nella locanda dal retro e, non appena varcò la soglia della cucina, notò uno strano comportamento da parte della madre e di Sookie: le fu chiaro che stessero parlando di lei, perché il modo in cui si zittirono, al momento del suo arrivo, non poté lasciare grossi dubbi…
Con aria interrogativa, le scrutò: “Ho interrotto qualcosa?”.
“No, tesoro… Parlavamo di… di…” balbettò Lorelai, tamburellando le dita sul bordo della tazza di caffé.
“Di quanto fossero belli Tom Cruise e Katie Holmes in quel servizio sul Times Magazine di ieri! Si, se ne stavano lì sulla spiaggia… avvolti da orchidee bianche e…” intervenne Sookie, tutta agitata.
Rory non bevve affatto quella scusa e rise del loro tentativo maldestro di nascondere la verità: “Si, certo…”.
“Erano davvero belli!” aggiunse la madre, per poi sorseggiare un po’ di caffé che quasi le andò di traverso.
Guardandosi attorno più attentamente, Rory capì che qualcosa non quadrava: l’intero tavolo della cucina sembrava essere pronto per un banchetto nuziale più che per la normale colazione degli ospiti della locanda… per quanto Sookie fosse una perfezionista, quelle leccornie erano davvero eccessive.
Tortini a forma di cuore ricoperti di glassa dorata e zuccherini rossi… coppe di mousse al cioccolato guarnite di biscottini e confetti colorati… decorazioni di frutta intagliata a forma di piccoli cupido: in un raptus di golosità, si avvicinò e con un dito assaggiò la crema già pronta per ricoprire delle specie di frittelle alle fragole a forma di cuore trafitto da una freccia.
“Sookie, hai superato te stessa! State preparando una festa coi fiocchi… di cosa si tratta?” indagò, estasiata da quella dose massiccia di zuccheri.
Lorelai abbassò istintivamente lo sguardo, mentre Sookie rimase per un attimo imbambolata davanti alla ciotola dello zucchero a velo, per poi mormorare all’amica: “Ehmm… cosa facciamo adesso?”.
A quella strana indecisione, Rory iniziò ad irritarsi: “Mi volete dire cosa vi prende? E’ evidente che mi state nascondendo qualcosa… soprattutto dopo la storia di Tom e Katie!”.
“Vedi… Non sapevamo se fossi dell’umore giusto per…” iniziò la madre.
“Non mi dire che sono già i preparativi del matrimonio!” sorrise Rory.
“Non esattamente…” intervenne Sookie.
Lorelai si schiarì la voce e iniziò finalmente a spiegare: “In città sono tutti esaltati… insistono perché si ufficializzi il rappacificamento tra me e Luke, sai quanto bene ci vogliono… Così stanno organizzando per domenica una festa di fidanzamento!”.
“Mamma, lo sai quanto anch’io sia felice di questo… perché volevi nascondermelo?” chiese confusa lei.
“Come ti ho detto, avevo paura che fosse troppo presto… che non ti sentissi dell’umore giusto per affrontare una cosa del genere… e…” si bloccò.
“E?” la figlia la incitò a continuare.
“Tesoro… contando la presenza della famiglia di Luke, Liz e TJ… probabilmente l’invito sarà esteso anche a Jess…” terminò Lorelai, con un’ultima smorfia di disappunto.
Il sorriso entusiasta di Rory si spense: “Ah… Jess… beh, è il nipote di Luke, è normale che partecipi a tutto questo…”.
In quell’attimo, l’atmosfera calata pesante nella stanza venne spezzata da un trillo che fece balzare dalla seggiola Lorelai e gran parte del caffé rimastole nella tazza: “Il nuovo timer!” esclamò Sookie, entusiasta che almeno quel rumore fosse riuscito a distrarre Rory dal discorso di Jess.
“Nuovo timer… roba da infarto, Sookie!” sbuffò l’amica, tentando di pulire la macchia di caffé dalla gonna.
“Lo so, ma quello vecchio non si sentiva abbastanza… per colpa sua avevo già bruciato due arrosti ed una torta di noci! Ora non rischierò più di rovinare i miei piccoli tesori…” rispose l’amica, estraendo dal forno una serie di piccole ciambelle al limone, così invitanti da far venire l’acquolina in bocca.
Lorelai si avvicinò alla teglia bollente con aria molto golosa e non appena la cuoca si girò un istante per prendere un coltello… finì per bruciarsi nel tentativo di rubarne un pezzetto: “Ahi! Lo sapevo… il mio oroscopo aveva detto di non cadere in tentazione e non gli ho dato retta!” si lamentò, soffiando sul polpastrello arrossato.
Sookie le lanciò uno sguardo, indicandole Rory: in mezzo a quel fracasso era rimasta immobile, con un’espressione persa e malinconica.
“Piccola, non ti va un tortino? Se vuoi, prendendolo mi scotto un’altra volta… potrebbe dargli quel gusto in più…” scherzò la madre.
Rory non sembrò presente, infatti non recepì una sola parola di Lorelai: “Eh? Scusami… non stavo ascoltando…”.
“Andate pure nella sala da pranzo a chiacchierare, ragazze. Tra poco vi faccio servire the freddo e ciambella!” disse Sookie, strizzando l’occhio all’amica.
“Buona idea! Andiamo, Rory…” e Lorelai prese per mano la figlia, conducendola nell’altra stanza: parlare di ciò che stava provando le avrebbe fatto bene.
Si sedettero ad uno dei tavolini, mentre gli ultimi clienti si erano già alzati lasciando la sala ormai vuota.
“Non so come affrontare questa cosa…” si lasciò sfuggire la ragazza.
Lorelai accarezzò la mano della figlia, amorevolmente: “Tesoro, se vuoi che evitiamo di invitare Jess basta che lo dici… Luke capirà, ne sono certa!”.
“No, mamma. Non importa. Comunque sarà presente al matrimonio, quindi tanto vale abituarsi all’idea… Sarà come strappare un cerotto…”.
“Però potremmo fuggire e celebrare il matrimonio su un’isola della Patagonia… sarebbe originale e molto glamour!” propose Lorelai, sorridendo divertita.
“Non rinuncereste per nulla al mondo alla possibilità di festeggiare la vostra unione a Stars Hollow!” abbozzò un sorriso anche Rory: “La città intera, capitanata da Patty e Babette, non vi rivolgerebbe la parola per almeno un anno!”.
Il volto della madre s’illuminò: “Almeno ti ho ridato un briciolo di buonumore…”.
“Supereremo anche questa…” commentò la figlia, addentando, ancora un po’ pensierosa, la propria ciambella, decorata con riccioli di crema al limone, e osservando la madre lamentarsi ancora per il dito malconcio all’indirizzo di Sookie.
Rivedere Jess… dopo quell’addio… chissà come sarebbe stato…



 
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Francis82
icon12  view post Posted on 6/4/2007, 20:32





Dato che questa FF sta appassionando non soltanto voi, ma anche la sottoscritta... beh, mi sono messa a scrivere perfino di notte (causa un po' d'insonnia...)! :wacko:
Cosa dire di questo capitolo? :shifty:
Ho faticato a scriverne alcune parti, perchè mi sentivo parecchio coinvolta emotivamente e capirete di cosa parlo leggendolo...
Non è una frase retorica... preparate i kleenex... ormai ci siamo amiche lit!
:wub: :wub: :wub:

Dopo un paio di settimane che erano state caratterizzate da una calma piatta, il caos sembrò tornare a regnare sovrano all’interno della libreria: Jess dovette stare per più di un’ora incollato al telefono, costretto a risolvere un bel po’ di pasticci combinati da una piccola casa editrice di Boston.
“Non puoi dirmi di aspettare, amico! Abbiamo pubblicizzato la presentazione del libro in tutta Philadelphia. Sai cosa significa? Che ci siamo impegnati ad anticipare una cifra seguita da un bel po’ di zeri!” il ragazzo continuò a passeggiare nervoso da un lato all’altro della stanza.
Al termine della telefonata, si accasciò su uno sgabello come in preda ai postumi di un incontro di pugilato: “Perché ho deciso di fare questo lavoro?”.
“Perché è la tua passione!” Anna comparì dall’ingresso, carica di pesanti sacchetti.
“Ciao Anna… cosa ci fai qui?” Jess si drizzò a sedere, preso alla sprovvista: “Le donne incinte non dovrebbero evitare gli sforzi?”.
“Sono solo di due mesi, Jess!” lo prese in giro lei, appoggiando le borse sulla scrivania più vicina.
“Lo sai che non so nulla di queste cose…” sbuffò lui.
Anna gli si avvicinò, accarezzandogli teneramente la nuca: “Imparerai, non ti preoccupare…”.
Jess sembrò infastidito: “Non lo so…”.
Pur sentendosi disposto a compiere tutti gli sforzi di questo mondo per far felice quel bambino, non riusciva proprio a smettere di pensare a ciò a cui era stato costretto a rinunciare: il nome di Rory continuava a tormentarlo nelle situazioni più strane… leggendo il giornale al bar… guardando la televisione prima di dormire…
“Cosa c’è, amore? Ti vedo talmente serio…” esclamò Anna, osservandolo turbata.
“Niente… problemi sul lavoro, ma non voglio annoiarti con questo genere di cose…” rispose seccato, per poi allentare la tensione e sorridere: “Scusami… sono solo un po’ stanco. Stasera ti va di uscire a mangiare una pizza? E’ da tanto che non lo facciamo, stiamo sempre chiusi in casa!”.
“Ma ho saccheggiato il supermarket per prepararti una cenetta coi fiocchi! Cosa credi contengano tutte queste buste? Dai, vedrai che non te ne pentirai! Ho perfino comprato le candele rosse che ti piacciono tanto!”.
“Non voglio le candele rosse!” sbottò lui: il ricordo della serata speciale con Rory ricomparve violentemente nella sua testa, mandandolo quasi in tilt…
Fu per una sorta di istinto di conservazione che reagì in quel modo, al quale Anna rispose con uno sguardo intimidito: “Ero sicura mi avessi detto che ti piacevano…”.
Jess si alzò in piedi, come indispettito: “Insomma… non le voglio, è chiedere tanto? Però noto con piacere che ogni cosa che dico viene sapientemente ignorata da te, quindi fai come vuoi! Niente cena in pizzeria e candele rosse dappertutto… sarà perfetto, Anna!”.
“Jess!” esclamò lei, arrabbiata per quella sfuriata senza motivo.
Ad un tale rimprovero, il ragazzo comprese di aver esagerato e con un sospiro liberatorio tentò di calmarsi: le prese le mani fra le proprie e le domandò scusa di nuovo.
“Ti lascio lavorare, allora… Vedrai che passeremo una bellissima serata romantica… dimenticherai ogni problema!” Anna riacquistò il sorriso e lo baciò dolcemente sulla fronte.
Prendendo con fatica tutti sacchetti dalla scrivania, si diresse un po’ impacciata verso la porta e lo salutò con un occhiolino malizioso, al quale Jess rispose con un semplice cenno della mano.
Pochi secondi dopo, ricomparì tutta trafelata: “Dimenticavo la ragione principale per la quale ero passata, che sciocca! Se guardi in questa busta bianca trovi la posta… ci sono un paio di lettere che pensavo fossero importanti, così le ho portate qui” disse, alzando uno dei sacchetti che portava infilati nel braccio destro verso il fidanzato.
Si salutarono nuovamente e Jess, affacciandosi alla porta della libreria, la osservò allontanarsi fin in fondo alla strada, fino a raggiungere l’automobile dietro l’angolo.
Gettò uno sguardo svogliato al blocco di lettere, sfogliandole tra le mani non troppo attentamente: erano soltanto le undici della mattina e si sentì già esausto.
Dopo un paio di bollette, la sua attenzione cadde su una busta color giallo pallido, con una delicata margherita di stoffa cucita sulla parte superiore: chi avrebbe potuto mandare a uno come lui quel genere di lettera?
Rientrò, buttandosi su un divanetto alla ricerca di un briciolo di tranquillità e la aprì, preso ormai da una certa curiosità: i tratti del suo viso, già dalle prime righe, finirono per addolcirsi e gli occhi si spalancarono sempre di più.
Colto da entusiasmo, ne rilesse parte del contenuto più volte ad alta voce, senza rendersene nemmeno conto: “…Lorelai Gilmore e Luke Danes sono lieti di invitarla alla loro festa di fidanzamento che si svolgerà la prossima domenica, presso la locanda DragonFly Inn di Stars Hollow, alle ore 21…”.
Sentì il cuore salire fino alla gola… una festa alla quale, secondo logica, sarebbe stata di certo presente anche Rory… un nuovo incontro dopo il loro addio speciale…
La prima reazione fu certamente di gioia: poter vedere di nuovo l’unico grande amore della propria vita, anche se soltanto per qualche ora… poterle parlare… sentire ancora la sua voce calda e sottile…
Subito dopo fu, però, investito da una specie di senso di colpa: non avrebbe potuto lasciare Anna da sola… ma, allo stesso tempo, come avrebbe potuto portarla con se?
Presentarsi davanti a Rory, a braccetto con la causa medesima della loro separazione?
Allo stesso tempo si sentì ferito, percepì una grande ondata di tristezza travolgerlo, perché la propria assenza sarebbe stata notata di certo da Luke… la persona che per lui aveva rappresentato tanto in quegli anni difficili… una figura paterna…
Entrò in completa confusione: andare gli sembrò sbagliato almeno quanto non andare…
All’improvviso immaginò Rory… magnifica… e fantasticò sui suoi occhi… li osservò spegnersi lentamente, nel vederlo raggiungere la locanda al fianco di Anna…
Avrebbe dovuto infierire ancora?
Rimase a contemplare il vuoto dinnanzi a se, con quella lettera stretta stretta tra le mani e una specie di turbine impazzito sia nella testa che nel cuore.
Riflettendo ancora e ancora… capì, suo malgrado, di averla fatta soffrire già abbastanza…


“Tutto questo profumo mi sta dando alla testa! E’ talmente… invadente!” le lamentele acute di Michel giunsero fino alla cucina.
“Crede ancora che le esalazioni provenienti dal pentolone del cioccolato fuso facciano ingrassare?” sussurrò divertita Lorelai, mordendo una fragola glassata.
Sookie le rispose tra le risate: “Tutti quei giornali di fitness lo stanno mandando al manicomio, te lo dico io!” e strappandole il dolce dalle mani, nel tentativo di evitare che si sporcasse con la copertura di glassa ancora morbida.
“Come si può resistere a queste tentazioni?” esclamò Lorelai, aggrappandosi sorridente alla spalla di Michel e leccandosi le dita ancora coperte di zucchero.
L’amico non raccolse la provocazione e ribatté divertito: “Ridete pure di me… un giorno mi implorerete di rivelarvi il mio elisir di eterna giovinezza, ma sarà sempre troppo tardi!”.
“A proposito di beata giovinezza… Rory è ancora di sopra? Portale questo…” sorrise Sookie, porgendo all’amica un dolcetto al cioccolato e mandorle appena sfornato.
“Apprezzerà sicuramente! Dall’agitazione non ha mangiato quasi nulla … a differenza della madre! Poco fa ho sbranato un intero sacchetto di patatine…” rispose Lorelai, dando un buffetto alla guancia di Michel che l’ascoltava inorridito e dirigendosi verso il corridoio.
“Sono così emozionata…” sospirò beatamente Sookie, osservandola allontanarsi in uno splendido abito da sera.
Qualche gradino e Lorelai raggiunse la stanza numero sei, dove trovò Rory alle prese con la lacca per i capelli che non ne voleva sapere di funzionare: “Questa maledetta confezione non ha le istruzioni!”.
“Basta tirare la linguetta e… oplà!” la salvò la madre.
“Come fai ad essere così calma?” le domandò la ragazza, finendo di raccogliere le lunghe ciocche castane in un raffinato chignon.
“Prevenire è sempre meglio che curare, tesoro! Ieri ho intelligentemente seguito una lezione di yoga nella palestra di Patty e ora sono in pace con me stessa e con il resto del mondo!” e terminò con un lungo sospiro.
“Sono contenta, mamma. Così non ti dovrai allarmare per quella macchia di cioccolato sul vestito…” disse candidamente Rory, indicandole la scollatura.
“Macchia? Dove? Come? Oddio!!!” la madre scattò davanti allo specchio alla velocità della luce, gettando per aria il dolcetto che, per fortuna, finì dritto nella mani della ragazza.
Dopo aver osservato la propria immagine impeccabile, Lorelai si voltò incontrando lo sguardo soddisfatto della figlia: “Mi accorgo soltanto ora di aver allevato una serpe in seno!”.
Rory gongolò: “Sapevo che lo yoga aveva i suoi limiti!”.
Restò quasi estasiata a contemplare la splendida figura di Lorelai, avvolta elegantemente in un lungo abito di seta blu che esaltava il colore profondo dei suoi stupendi occhi e abilmente impreziosito da una rosa argentata posta a lato della scollatura.
La guardò indossare con la sua grazia innata un delizioso coprispalle di soffice lana blu e indugiare un ultimo istante dinnanzi allo specchio, sistemando con le dita una ciocca di capelli fuori posto.
“Non ti ho mai vista così bella…” commentò Rory.
“Bella dentro e bella fuori!” scherzò l’altra e, voltandosi verso la figlia, terminò: “Certo mi sono data da fare anche per fare te molto carina… Stai benissimo, piccola mia! Ehi, questa collana è davvero stupenda…”.
“E’ il regalo di Luke per i miei ventuno anni… me la diede alla festa dai nonni. E’ un ricordo della sua famiglia. E’ stato veramente dolce a donarla a me” rispose Rory un po’ emozionata.
Gli occhi della madre divennero lucidi: “Il mio Luke… è un uomo davvero speciale. Lo amo da impazzire…”.
Entrambe si ritrovarono a commuoversi, con le mani strette le une nelle altre: si trattava sicuramente di uno dei momenti più felici della loro vita, il coronamento di un sogno meraviglioso.
La voce possente di Taylor al piano di sotto le destò: “Sono arrivati gli invitati… meglio andare!” sorrise Lorelai.
“Un minuto e arrivo… Ringrazia Sookie per il dolce, è spettacolare!” rispose la figlia, tornando alla specchiera.
“Va bene, allora ti aspetto di sotto. Devo controllare che Luke non si strozzi con il nodo della cravatta… non vorrei diventare vedova ancor prima di raggiungere l’altare, sarebbe un record!” e scomparì dietro la porta socchiusa.
Per quanto si sforzasse di non farlo notare a nessuno, Rory si sentì sempre più inquieta: non era arrivata alcuna conferma da parte di Jess e quell’incertezza la stava consumando, ora dopo ora.
Si affacciò sempre più nervosa alla finestra, a scrutare gli ospiti che scendevano dalle proprie automobili, complimentandosi per l’allestimento del giardino della locanda: sul prato erano stati posizionati tanti minuscoli gazebo di legno bianco, ornati di neve finta, perline turchesi e tulle argentato, all’interno dei quali erano state poste delle piccole stufette in ceramica, circondate da dolci di ogni tipo e bricchi di cioccolata fumante.
Una piccola orchestra di musicisti rinascimentali, scovati da Liz e TJ ad una delle loro fiere artistiche, creò un’atmosfera ancor più da favola.
Vista l’ora, Rory decise di smettere di aspettare… era intenzionata a vivere quella serata nel migliore dei modi… avrebbe dovuto farlo soprattutto per sua madre.
Scese dalla scala, attirando l’attenzione di Patty e Babette che la guardarono estasiate: i lineamenti delicati venivano perfettamente sottolineati da un abito di chiffon rosa pallido, impreziosito da un caldo golfino di lana bianca e perline argentate… come ultimo tocco, una piccola decorazione floreale, sempre dai toni argentati, illuminava il viso fermando sul lato destro alcune ciocche dello chignon… sembrò anch’essa essere appena uscita da un libro di fiabe.
“Zucchero, così farai perdere la testa a tutti!” commentò Babette.
“Sarà mia madre a rubare l’attenzione di tutti, non vi preoccupate…” sorrise lei.
“Ah, si… l’ho intravista laggiù, in fondo al corridoio, poco fa… è meravigliosa!” intervenne Patty.
Ad un tratto, un’energica voce maschile comparve dalla porta principale: “Il fascino delle ragazze Gilmore…”.
“Nonno! Come sono felice che siate venuti!” e Rory gli corse incontro, abbracciando sia lui che Emily.
“Non avremmo mai potuto mancare alla festa di fidanzamento di tua madre” commentò la nonna.
“Mamma… papà… Mi era sembrato di aver sentito le vostre voci…” li raggiunse anche Lorelai, mano nella mano con Luke.
“Signori Gilmore, è un piacere rivedervi!” li accolse lui, un po’ teso anche a causa del nodo alla cravatta.
“La locanda è davvero bellissima stasera” aggiunse Emily e poi concluse, tradendo una nota di emozione nella voce: “E tu sei stupenda, tesoro…”.
Il gioco di sguardi commossi tra madre e figlia fu interrotto dall’accento francese di Michel: “Mi hanno mandato ad avvertirvi che è tutto pronto e gli ospiti possono accomodarsi in giardino”.
L’intero giardino venne così illuminato dall’accensione una serie di lucette a forma di stelle posizionate sui tetti dei vari gazebo, mentre l’orchestra iniziò a suonare un brano romantico.
Ogni poltroncina venne fornita di una coperta di morbida pelliccia candida, così da permettere di godersi a pieno quella splendida serata senza soffrire la frizzate aria invernale.
Lorelai e Rory, affacciate al portico per godersi quello spettacolo stupendo, si lanciarono un ultimo sguardo e sorrisero felici: ora il sogno era realtà!



La festa era già al culmine e tutto continuava ad essere perfetto.
Rory sembrò profondamente serena: ballando tra le braccia impostate di Michel e gettando sguardi divertiti a Lane, la quale da più di venti minuti cercava di evitare i pestoni di Zach, in visibile difficoltà con i balli lenti.
Tutti sembrarono essere particolarmente felici intorno a lei e la cosa la fece sentire in completa pace con se stessa: l’assenza di Jess era risultata positiva, dopotutto.
Niente pianti, bocconi amari da ingoiare… solo una serata piena di gioia e serenità.
E sua madre… era il ritratto della felicità, accoccolata sulla ginocchia di Luke, come una bambina, a sussurrargli chissà quali parole dolci all’orecchio... era davvero stupenda.
“Tesoro, puoi farmi un favore?” Sookie comparì alle spalle di Rory, tutta trafelata.
“Certo…” rispose lei, lasciando Michel.
“Devo andare a cambiare la piccola Marta che si è completamente sporcata il vestitino di cioccolata, ma non trovo Jackson da nessuna parte…” le spiegò: “Allo stesso tempo devo correre a sfornare i tortini allo zabaione e…”.
“Vado io a cambiare Marta, non ti preoccupare!” e prese la bimba in braccio, sorridendole teneramente.
“Sei la mia salvatrice! Volevo chiederlo a Michel, ma… diciamo che non mi fido un granché delle sue capacità da babysitter, visti i precedenti…” rise Sookie, per poi scomparire di nuovo verso la cucina.
Rory raggiunse la locanda e mise a sedere la piccolina su una poltrona, cercando nella borsa di Sookie il vestitino di ricambio: “Bene, mia piccola Marta! Ora ci cambiamo… che ne dici di questa camicetta rosa? O preferisci quest’altra lilla? Uhmm… si, hai ragione! Anch’io opterei per quella rosa, così sembreremo due belle gemelline!”.
Prese un fazzolettino e le pulì delicatamente le manine, ancora un po’ sporche di crema al cioccolato, sfoderando alcune delle sue smorfie più buffe per distrarla: quando lo faceva sua madre funzionava!
“Abbiamo quasi finito, tesoro… Ora abbottoniamo tutto per bene e torniamo alla festa…” e, osservandola con quelle guanciotte paffute e rosee, sorrise: “Sei bellissima! Per questo avrai mille spasimanti ai tuoi piedi, lo sai? Ancora qualche anno di pazienza e vedrai, faranno la fila per uscire con te… Però scegli bene, piccola Marta! Segui sempre il tuo cuore, senza pensare troppo alle conseguenze… sono quelli gli amori più belli, quelli vissuti a pieno!”.
“Sono d’accordo… segui sempre il tuo cuore…” una voce, proveniente dalle sue spalle, la fece sobbalzare improvvisamente.
Si voltò di scatto, con le mani al petto dallo spavento, e ne ebbe conferma: Jess era lì, appoggiato con la spalla sinistra alla porta d’ingresso, affascinante in una elegante giacca di velluto scura.
Si sentì quasi svenire alla sua vista, così inaspettata.
“Da quanto tempo eri lì?” uscì soltanto un sottilissimo filo di voce.
“Sono arrivato da un paio di minuti, in tempo per vederti entrare qui con la bambina… è la figlia di Sookie, vero? E’ molto carina…” e, staccandosi dalla porta, iniziò ad avvicinarsi.
Ad ogni passo verso di se, ogni centimetro sottratto allo spazio che li separava, fu come se il petto di Rory volesse andare in mille pezzi dall’emozione: “Dove… dove stai andando?”.
Jess si bloccò: “Hai ragione… beh, allora suppongo di dover tornare da…”.
“Da Anna?” domandò lei, visibilmente emozionata.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, con aria colpevole: “Sono rimasto sveglio tutta la notte, domandandomi cosa sarebbe stato giusto fare… Non potevo mancare, Rory”.
“E nemmeno lasciare Anna da sola...” continuò lei, prendendo la bambina tra le braccia e sfoggiando un sorriso di circostanza.
“Ho capito la lezione. Smettiamola, dato che questa conversazione rischia di assumere toni spiacevoli… puoi ignorarmi per il resto della serata, se potrà servire a farti star meglio…” e fece per andarsene, venendo poi fermato dalla voce di Rory: “Non riuscirei mai ad ignorarti, Jess”.
Jess si voltò, avvicinandosi di corsa alla ragazza: i loro volti tornarono ad essere così vicini da poter sentire i respiri scivolare ansiosi sulla pelle… Marta appoggiò la propria manina sul petto di lui, afferrando tra le dita minute il risvolto della giacca, e facendoli sorridere divertiti.
“Rory!” quello strano quadretto venne interrotto bruscamente dall’ingresso di Lorelai, la quale rimase ferma sull’uscio e, dopo un momento di esitazione, riprese: “Ah, Jess… ecco dov’eri finito… Luke è fuori che ti sta cercando”.
“Lorelai… devo farti i miei migliori auguri e i complimenti per questa serata” Jess tornò ad allontanarsi da Rory.
“Ti ringrazio…” rispose freddamente la festeggiata, tenendo lo sguardo serio e fisso sulla figlia.
Fu così che Jess uscì nuovamente di scena, lasciando Rory ancora in preda ad un batticuore quasi insostenibile: “Porto Marta da Sookie… Ci vediamo dopo, mamma” e si allontanò verso la cucina.
“Rory…” insistette l’altra, andandole dietro.
“Non c’è niente da aggiungere… Ora scusami…” e scomparve dietro il corridoio.
Lorelai rimase immobile per qualche secondo e, dopo un lungo sospiro, decise di tornare dal resto degli ospiti.



Jess percorse il porticato con le mani in tasca e lo sguardo ancora inquieto.
Quando lo vide, Luke accolse il nipote con un abbraccio caloroso: “Sono felice che, nonostante tutto, tu sia venuto”.
“Non sarei mai potuto mancare, anche se ne sono stato tentato e puoi immaginarne il motivo…”.
“Vieni con me a fare due passi? Così parliamo un po’ di questa faccenda…” il braccio di Luke circondò con affetto le spalle del nipote e insieme si diressero verso la stalla di Cleto, anche questa illuminata a festa.
“Come stai, Jess? Parlo di come stai realmente…”.
Jess alzò lo sguardo dai propri passi, inarcando il sopracciglio come faceva spesso in passato, quando le preoccupazioni e le perplessità lo turbavano: “Se ti dicessi che sto bene, sarebbe una bugia…”.
“E’ una situazione difficile… In questi giorni ho pensato molto al mio ruolo, sai? Al fatto che diventerò un padre per Rory… questo m’impone di cercare di difendere la sua felicità sopra ogni altra cosa” disse l’altro, sorseggiando dal proprio bicchiere di birra.
“Capisco perfettamente, Luke…” annuì il ragazzo.
“Allo stesso tempo sono legato moltissimo anche a te, lo sai quanto ci tenga al nostro rapporto… Per questo mi è difficile chiederti… chiederti di starle lontano…” e dopo un po’ d’indecisione continuò: “Lasciala andare, Jess. Altrimenti non ti dimenticherà mai e lo sai anche tu…”.
Jess apparve confuso da quelle parole: “Ci siamo detti addio…”.
“Mi devi promettere che dopo il matrimonio scomparirai per sempre dalla sua vita… per sempre…” la voce e gli occhi di Luke assunsero un’espressione sofferente.
Il ragazzo si portò una mano alla testa, grattandosi la nuca nervosamente: davvero Luke voleva eliminarlo dalla vita di Rory e di conseguenza anche dalla loro?
Fece qualche altro passo e poi si fermò, dando le spalle allo zio: “No!”.
La voce di Luke si fece comprensiva: “Jess… ascoltami, lo devi fare! Lo devi fare se dici di amarla!”.
“No, Luke! Se dovessi vivere senza la speranza di rivedere un giorno i suoi occhi… senza il pensiero di poterle parlare… sarebbe la fine per me! Non sto parlando di qualche notte insonne o di un po’ di malinconia… Sono sopravvissuto in questi anni perché ho sempre avuto la certezza di poterla rincontrare ed infatti questo è successo! Mi puoi chiedere di rinunciare ad una vita insieme a lei, ma non puoi costringermi a dimenticarla per sempre… E’ così e non ci posso fare niente! Senza il pensiero di Rory io muoio, Luke!” gli occhi di Jess si fecero lucidi ed il viso divenne paonazzo dalla foga delle proprie parole.
Lo zio rimase di ghiaccio: sapeva quanto lui l’amasse, ma non credeva fino a quel punto, fino a quel tipo di sofferenza.
Si avvicinò nuovamente: “Mi sono assunto le mie responsabilità nei confronti del bambino… non voglio fare la fine di Jimmy, questo è poco ma sicuro. Ma io amo Rory e non smetterò mai di farlo!” e dopo una breve pausa, riprese: “Posso farti una domanda, Luke?”.
“Certo che puoi…”.
Jess gli prese il bicchiere dalle mani e ne assaggiò un sorso: “Se fossi costretto a lasciare Lorelai… se April ti costringesse seriamente a farlo… riusciresti a dimenticarla come tu hai chiesto di fare a me con Rory?”.
Lo sguardo di Luke s’intenerì… si voltò per un attimo verso il giardino e la vide: la sua Lorelai sorridente, a scherzare con Paul Anka, facendogli indossare un buffo papillon celeste… sentì che in lei, in quella donna meravigliosa, fosse racchiusa tutta la propria vita…
Per questo motivo, riprese la parola con una certa sicurezza e rispose: “No… non riuscirei a farlo, Jess”.
Fu in quell’istante esatto che nel ragazzo, in quel volto segnato dalla stanchezza di un periodo difficile, rivide la propria immagine riflessa come in uno specchio: ritrovare nel nipote il dolore che lui stesso aveva provato nel periodo di lontananza da Lorelai fu come un pesante macigno caduto sullo stomaco.
“Ora penso di dover tornare da Anna, mi starà cercando… Grazie della birra e della chiacchierata” e Jess se ne andò, mescolandosi alla folla d’invitati.


 
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Francis82
icon12  view post Posted on 10/4/2007, 22:31





Siamo giunti alla fine… devo ammettere che odio i finali, di qualsiasi tipo essi siano… la parola FINE mi mette una tristezza incredibile, ma sono una sentimentale e non ci posso far nulla! :(
Questo dodicesimo ed ultimo capitolo lo dedico a tutte le mie sostenitrici che, lasciandomi bellissimi commenti (…e ne aspetto anche sul finale, mi raccomando!), mi sono state da stimolo per continuare a scrivere, a tutti coloro che si sono appassionati a questa mia FF, assecondando la mia pazzia! E un ringraziamento anche ai personaggi Jess e Rory che mi hanno ispirata! :huglove:
Grazie ancora e un bacio a tutti! :fiori:



Sulle note di “Reflecting light”, Rory si lasciò incantare dalla visione della madre e Luke danzare al centro della pista, illuminata anche dalla pallida luna piena che li sovrastava… era la loro canzone e questo lo si poté notare soprattutto dai loro sguardi languidi, persi l’uno negli occhi dell’altra.
Suo malgrado dovette abbandonare la pista per qualche minuto e raggiungere il cortile sul retro della locanda; quelle note meravigliose la seguirono e sembrarono avvolgersi intorno al suo corpo, ai suoi movimenti, passo dopo passo, dolcemente.
Si guardò attorno perplessa: Michel le aveva portato un messaggio e lei aveva seguito i suoi ordini, ma ad aspettarla non c’era un bel nulla… solo il fruscio di alcuni rami spogli mossi dal vento.
Fu soltanto dopo qualche secondo che, udendo il rumore di un accendino, si avvicinò ai gradini del porticato e s’imbatté di nuovo in lui… Jess, la testa bassa ed i gomiti appoggiati alla ringhiera del portico, con la sigaretta appena accesa tra le dita.
Non dissero nulla nell’istante in cui percepirono ognuno la presenza dell’altro… si osservarono, smarriti… e cullati di nuovo da quella musica melodiosa…
Rory abbozzò un sorriso e si strinse timidamente nel golfino, dato che l’aria della notte sembrò farsi, ogni minuto che passava, sempre più pungente.
Jess, con gesto sicuro, si mise la sigaretta tra le labbra e con le mani libere si tolse la giacca di dosso… scese lentamente i pochi gradini, fino a raggiungerla e coprirle teneramente le spalle infreddolite.
Ecco che il suo profumo finì per avvolgere Rory… ancora una volta… mentre gli occhi di lei si socchiusero, istintivamente…
“Perché mi hai voluta incontrare?” sussurrò lei, riaprendoli.
“Io… no, Rory… Michel mi ha mandato qui” rispose lui, confuso.
Si scrutarono entrambi con un’espressione perplessa, incerta…
Non ebbero molto tempo per riflettere: “Sono stata io a farvi venire qui…” dalla porta del retro della locanda apparve Anna, stretta stretta nel suo elegante cappotto di lana bordeaux e con il trucco un po’ sbavato da tracce di lacrime.
A quella visione, il ragazzo le andò istintivamente incontro, preoccupato: “Anna, non ti senti bene?”.
“Fermati dove sei, Jess… Ti prego… Non sto bene, ma non riguarda il bambino o qualcosa del genere…” lo respinse con una mano e si allontanò da lui.
Rory si sentì totalmente fuori posto e parecchio imbarazzata… soprattutto quando lo sguardo amareggiato di Anna le scivolò addosso, scrutandola dalla testa ai piedi.
In fondo, si trattò del loro primo incontro dopo il giorno della mostra… un incontro che avrebbe voluto, con tutto il cuore, evitare…
“Devo parlare ad entrambi…” prese di nuovo la parola, per poi continuare: “Com’erano le parole esatte? Ah, si… ora ricordo: senza il pensiero di Rory io muoio!”.
Fu allora che Jess capì la causa di quello strano comportamento: Anna aveva ascoltato la sua chiacchierata con Luke… ecco perché, subito dopo essere tornato al giardino, aveva faticato tanto per ritrovarla tra gli ospiti.
“Pensavo di aver compreso a pieno il legame che esiste tra voi due! Ero certa, però, che col passare del tempo sarei riuscita a farti dimenticare la ragazzina di Stars Hollow, la fanciulla perfetta che ti aveva rubato il cuore tanti anni fa… scioccamente ero sicura di potercela fare, di essere in grado di diventare ciò che tu desideravi… Avrei potuto essere la degna sostituta di Rory Gilmore… davvero, Jess… Ci avrei messo tutta me stessa!” disse, passeggiando intorno a Rory e, allo stesso tempo, tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo.
Subito dopo, riprese: “Ho passato giornate intere a chiedermi il perché dei tuoi comportamenti sempre più ostili nei miei confronti… a domandarmi perché non mi toccassi più come una volta… poi, la conferma dei miei dubbi è arrivata: Anna, mi sono reso conto di essere ancora innamorato di lei! Mi è crollato il mondo addosso… l’amore perfetto che stavo tentando di costruire con te era precipitato come uno stupido castello di carte! Però, nemmeno allora mi diedi per vinta! Ed è per questo che…” e si bloccò, tutto d’un tratto, guardando nel vuoto.
Rory gettò uno sguardo confuso a Jess, il quale non seppe più cosa dire.
Dopo un istante Anna, asciugandosi una lacrima con la manica del cappotto, riprese la parola: “E’ per questo che ti ho mentito… non esiste nessun bambino, Jess!”.
Come per magia, il muro che era stato innalzato a forza tra Jess e Rory crollò di colpo, lasciando solo un gran polverone ed una serie infinita di macerie… era stata tutta una crudele finzione…
Jess percepì un moto di rabbia salire dai piedi fino a raggiungere il cervello e non riuscì a tacere: “Cosa stai dicendo, Anna? Erano… erano tutte bugie?”.
Rory sentì le gambe cedere dallo stupore e dall’emozione, tanto da trovarsi costretta ad accasciarsi sui gradini umidi del porticato e lì rimanervi, come fosse priva di forze.
“L’ho fatto per tenerti legato a me, non lo capisci? Quell’amore di cui tu stesso parlavi con Luke, poco fa… quell’amore disperato… è ciò che io provo per te, Jess!” replicò Anna fra le lacrime.
Il ragazzo le si piazzò dinnanzi e dai movimenti confusi, dal tremore con cui tenne tra le mani la sigaretta ancora accesa, trasparì una profonda sofferenza: “No… il tuo è un amore malato! Ti rendi conto di quante persone hai fatto soffrire con questo bel teatrino? Hai pensato anche solo per un secondo a cosa mi stessi facendo? Alla crudeltà di questo tuo piano folle? Questa è pazzia, Anna!”.
“Ho sbagliato, lo so! Ma credevo di poter riparare col tempo… magari saremmo riusciti a concepirlo davvero un bambino nostro…” singhiozzò lei.
“E’ finito tutto… non parlare di noi… noi due insieme non esistiamo più… non è rimasto più niente!” terminò lui, mentre ormai la rabbia aveva lasciato il posto all’amarezza e alla delusione più totale.
La fissò intensamente, per qualche attimo che però parve essere eterno: quell’espressione valse più di mille parole…
Anna rimase impietrita, accogliendo su di se, come una spugna, tutto il suo disprezzo… aspettò qualche altro secondo, poi si diresse verso il portico: “Mi dispiace…”.
Rory non riuscì a guardarla dritta in volto… tenne il viso basso e annuì leggermente: non ce la fece a pensare con lucidità… tutto le sembrò confuso, tutto era avvenuto talmente in fretta!
La sensazione fu quella del risveglio da un incubo… quando si riaprono gli occhi e ci si rende conto di essere al sicuro, ma allo stesso tempo il cuore sembra non volerne sapere di rallentare il proprio battito e l’adrenalina è ancora in circolo…
Anna incrociò le braccia a stringere in modo ancora più saldo la chiusura del cappotto e, senza aggiungere una parola, se ne andò verso il parcheggio, dove un taxi la stava già aspettando da un paio di minuti.
In seguito a quella teatrale uscita di scena, Rory trovò la forza per alzarsi in piedi e raggiungere Jess alle spalle: la mano delicata gli accarezzò la schiena, per poi scendere lungo il braccio e finire ad intrecciarsi saldamente alla mano del ragazzo.
Vide i respiri ansiosi di Jess tramutarsi in nuvole di vapore, nell’aria fredda della notte… prima brevi poi sempre più ampi e sottili… finché la rabbia non sembrò placarsi, lentamente…
“Dimmi che è stato tutto un incubo…” mormorò lui.
La sigaretta scivolò dalle dita e si spense al contatto col terreno umido.
Calò inesorabile il silenzio… anche la canzone sfumò verso la fine… insieme alla fine di una pericolosa serie di menzogne… insieme al crollo definitivo di quel maledetto castello di carte…



L’autobus fece una delle sue solite frenate rumorose, tanto da riuscire a distrarre Rory dal proprio libro, posato sulle ginocchia: la sua attenzione si spostò così sul gruppo di persone che, accanto alla porta, si accinsero ben presto a scendere, lasciando gran parte del veicolo vuoto.
Lo sguardo vagò, un po’ annoiato, intorno a se, finché non raggiunse l’ultima fila di posti a sedere e si spalancò, tutto d’un tratto, preso dallo stupore: Jess era lì, col suo solito libro tra le mani e un’espressione stranamente impacciata.
Rory, seppur ancora furiosa per l’imbarazzante lite a casa di Kyle e per il comportamento insopportabile assunto dallo stesso Jess negli ultimi tempi, decise però di affrontarlo e lo raggiunse in fondo al bus: “Ciao!”.
“Ciao!” le rispose lui, ancora turbato.
“Posso sedermi?”.
“Si, certo… Siedi…” le fece posto e, dopo una pausa silenziosa, riprese: “Pensavo prendessi l’altro bus”.
“Hanno cancellato la mia prima lezione” si giustificò lei.
Il ragazzo annuì: “Ah…”.
Subito dopo, Jess riprese la parola, almeno per interrompere quell’atmosfera sempre più fastidiosa ed imbarazzante: “Che succede in giro?”.
“Non molto. Fran è morta…” rispose Rory, visibilmente dispiaciuta.
“Ho sentito…”.
“Sono andata al suo funerale, ieri”.
Jess annuì di nuovo: “Anche Luke c’è andato”.
“Si, l’ho visto”.
“Si?”.
“Si, stava in fondo…” terminò lei.
Per un po’ i loro sguardi si evitarono, come nella consapevolezza che qualcosa di brutto stesse per succedere.
Fu Jess a riprendere il filo di quello strano dialogo, con tono malinconico ed espressione colpevole: “Non posso andare al ballo. Non ho trovato i biglietti…”.
“Ah…” fu per Rory un colpo doloroso, nonostante si fosse preparata ad una tale notizia: celò la propria delusione sotto una apparente tranquillità, abbassando lo sguardo ormai disilluso.
Anche il ragazzo percepì quel suo stato d’animo ed abbozzò un timido: “Scusa”.
La velocità dell’autobus diminuì di colpo: “Questa è la mia fermata” esclamò lei, preparandosi per scendere.
“Ok” sussurrò lui.
Prendendo lo zaino tra le mani, si rivolse ancora una volta a Jess, prima di andarsene: “Ah… Allora, mi chiami?”.
“Si, ti chiamo” fu la peggiore menzogna che fosse stato costretto a dire in tutta la sua vita… si sentì un verme al pensiero che, se davvero l’avesse chiamata, sarebbe stato non dall’appartamento di Luke, ma da quello di Jimmy… da chilometri e chilometri di distanza… dalla meta incerta della propria fuga.
I loro sguardi tesi s’incrociarono un’ultima volta, nel momento in cui Rory scese i gradini dell’autobus, appena prima di sparire dietro le porte scorrevoli.
Quando si trovò sola su quel triste marciapiede di Hartford, percepì una sensazione nuova e ben poco piacevole: una scossa gelata che le attraversò la schiena e la fece rabbrividire.
Ebbe l’impressione che quell’autobus, che si allontanava davanti a se, le stesse portando via qualcosa di prezioso… percepì con chiarezza Jess staccarsi dalla sua vita… la loro storia sgretolarsi, così come una costruzione di sabbia si scioglie al contatto con la foga delle onde del mare.
Strinse con rabbia le mani alle cinghie della zaino e abbassò di nuovo lo sguardo verso i propri passi un po’ incerti.
In quell’attimo, udì di nuovo i freni rumorosi dell’autobus e alzò di scatto la testa dinnanzi a se.
Le porte scorrevoli si riaprirono inaspettatamente e le restituirono proprio lui… il suo bellissimo Jess… con un pesante sacco di tela verde sulle spalle ed un sorriso malinconico stampato in volto.
Non riuscì più a trattenersi, Rory: gli corse incontro, lasciando cadere a terra lo zaino pesante, colmo di libri e gettandosi tra le sue braccia.
“Non posso vivere senza di te, lo sai?” gli sussurrò, emozionata e affaticata dalla corsa.
Chiuse gli occhi, così da essere in grado di assaporare quel momento in maniera speciale: percepire il suo profumo… la pelle del suo giubbotto scivolare morbida sotto le proprie dita… il suono della sua voce giungere sinuoso fino al proprio orecchio…
“Mi dispiace di averti fatta soffrire, ma… da questo momento tutto andrà bene, Rory… Tutto andrà bene…” la mano rassicurante di Jess raggiunse i suoi soffici capelli in una serie di delicate carezze, facendo cessare in un solo attimo ogni brutto pensiero, ogni preoccupazione… aveva scelto lei, ora ne era certa.
Quando gli splendidi occhi di Rory si riaprirono, ritrovarono dinnanzi a loro un ambiente assai familiare: scivolarono sui vari mobili della stanza, scrutandoli attentamente… raggiunsero l’anta socchiusa dell’armadio… percorsero il perimetro della specchiera… scesero fino alla poltrona… seguirono la lunghezza del davanzale della finestra… giunsero ai piedi del letto… tornarono a salire lenti il profilo delle coperte, indugiando sulle pieghe dei jeans… percorrendo la linea del braccio fino a raggiungere la spalla e finalmente l’ombra frastagliata delle ciocche scure e un po’ spettinate…
Dormiva come un bambino, ancora con i vestiti addosso… le scarpe erano finite ai piedi del letto ed il giubbotto a terra, accanto al tappeto… il respiro scandiva un ritmo regolare e rilassato, sintomo di una certa serenità, tanto che non lo volle svegliare.
Suo malgrado, quegli occhi scuri e profondi si aprirono lentamente dinnanzi ai propri.
“Da quanto tempo sei qui?” sussurrò lei, stiracchiandosi tra le lenzuola.
“Non lo so più… sono rimasto per un po’ ad osservarti dormire e poi devo essere crollato…” e allungò la mano fino ad intrecciarla con quella di lei.
Rory sorrise dolcemente, cullandosi nel tepore delle coperte: “Quante volte devo ripeterti che mia madre ha cessato le ostilità?”.
“Le abitudini sono dure a morire…” sbadigliò lui, accogliendo la ragazza in un affettuoso abbraccio.
“Cosa stavi sognando poco fa?” domandò Rory, giocando con le sue dita.
“Uno smoking assassino tentava di soffocarmi…” iniziò a ridere Jess.
Rory lo punì con una serie di pizzicotti sul braccio che le circondava le spalle: “Tanto è inutile che tenti di dissuadermi… domani ti presenterai all’altare vestito come si deve… Vuoi per caso far venire un infarto a Luke, facendogli da testimone in jeans e t-shirt?”.
“Ok… ok… basta che la smetti di torturarmi! E tu cosa stavi sognando, invece? L’uomo nero che saliva dai piedi del letto e ti portava via da me?” scherzò lui.
“No… E’ stato un sogno bellissimo… era il nostro saluto sull’autobus, quando andasti via da Stars Hollow, ricordi?”.
“E mi vuoi spiegare cosa ci sarebbe di bello?” domandò perplesso.
“Questa volta sei sceso dal quell’autobus e sei tornato da me, Jess…” sorrise lei.
Si strinsero ancora più forte tra le coperte e si guardarono negli occhi intensamente: “Non farò mai più un errore del genere, Rory. Non potrei più vivere senza di te…”.
All’improvviso una musica seducente attirò l’attenzione di Jess, il quale si voltò incuriosito verso la finestra: “Cos’è questo suono?”.
Rory, a differenza sua, non si scompose minimamente: “E’ Moory, il marito di Babette… Quando non riesce a prendere sonno si mette al pianoforte. Lo fa quasi tutte le sere, ormai per noi è normale”.
“E’ inutile… non mi abituerò mai alle follie di Stars Hollow…” mormorò lui.
Rimase pensieroso a contemplare il soffitto per un altro paio di minuti, con le mani incrociate sotto la nuca, per poi alzarsi di scatto: “Vieni con me, Rory!”.
“Dovrei abbandonare questo angolo di paradiso, questo calduccio, per seguirti… e poi seguirti dove? Sono le due del mattino…” Rory nascose il naso sotto le lenzuola, facendo i capricci.
“Forza, pigrona!” Jess la prese in braccio di forza, trascinandola fuori dalla camera con tutta la coperta ancora addosso.
“Tu sei pazzo!” scalciò lei.
Il ragazzo la fece scendere dalle proprie braccia soltanto quando ebbe raggiunto il portico: la avvolse teneramente nella coperta ancora tiepida e la strinse tra le proprie braccia.
“Jess, mi vuoi spiegare cosa significa tutto questo?” sospirò lei, ancora un po’ assonnata e infreddolita.
“Il tuo sogno mi ha fatto ricordare che non abbiamo mai avuto un ballo tutto nostro, a causa dei miei pessimi voti e della mia fuga in California… beh, questo sarà il nostro ballo, Rory Gilmore”.
“Niente coppette di punch e luci stroboscopiche?” lo prese in giro lei.
Jess le rispose con una delle sue solite smorfie di disappunto: “Lo sai che Jess Mariano odia quel tipo di cose…”.
Lo sguardo della ragazza si perse, lievemente commosso, in quegli splendidi occhi profondi: “E’ inutile, mi fa impazzire quel Jess Mariano!” ed infine lo baciò.
Le loro labbra si unirono ancora una volta, dolcemente cullate da una leggera brezza proveniente da sud.
Ballarono a lungo sulle dolci note di “Over the rainbow”, che scivolavano melodiose dalla finestra socchiusa di Babette, mentre i raggi della luna, ancora alta in cielo, sgusciarono tra le chiome degli alberi, addolcendo le loro sagome in un gioco di ombre e luci quasi argentate.

THE END



 
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11 replies since 4/3/2007, 15:26   1710 views
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