| Francis82 |
| | Titolo: “Come una tela bianca” Autore: Francis82 Genere: Rory e Jess Stato: conclusa
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Breve descrizione da parte dell’autore:
Eccomi tornata sul luogo del delitto! Ho cominciato la mia seconda FF sempre dallo stesso punto: fine 6° serie, niente spoiler… Erano tante le idee che mi frullavano in testa… mille versioni diverse per un possibile re-incontro tra Rory e Jess… questa è una di quelle! Lo so che l'inizio sembrerà tanto triste, ma non disperate... Spero davvero che vi piaccia e di trovare tanti nuovi commenti…
La luce che filtrava dalla grande vetrata dell’aula magna si fece sempre più fioca, tanto da riuscire a distogliere Rory dalla propria lettura: rimasta tutta sola, dopo il termine della lezione del professor Brown, aveva deciso di approfittare di quell’ora libera per finire un volume di storia americana prestatole da Richard durante l’ultima cena del venerdì sera. Da qualche settimana, complice la partenza di Logan, la ragazza si era gettata a capofitto nello studio, nel lavoro al giornale e nella sua più grande passione: in poco tempo era riuscita a divorare letteralmente un intero scaffale della sezione “libri rari” della biblioteca storica della facoltà di Yale. L’avidità che sembrava mettere nella lettura era direttamente proporzionale alla paura di ritrovarsi sola in quel grande appartamento… la mancanza di Logan si era fatta sentire sempre più negli ultimi tempi. Nonostante un mare di telefonate in piena notte e lo spazio della casella di posta elettronica perennemente esaurito, il fatto di ritrovarsi in due continenti diversi stava logorando lentamente il loro rapporto. Nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma la solida convinzione di riuscire a mantenere in piedi una relazione anche ad una tale distanza stava lasciando il posto a troppe perplessità, se non addirittura a presentimenti dolorosi. Rory cercò però di scacciare qualsiasi pensiero negativo, buttandosi anima e corpo nelle proprie attività preferite; tentò di tenere la mente impegnata ad ogni costo, nell’attesa che l’arrivo delle vacanze di Natale li riconciliasse, cancellando ogni traccia di malinconia. La sua giornata era scandita da appuntamenti fissi, da scadenze precise, così da non avere un attimo di sosta, non doversi ritrovare a poltrire sul divano nell’attesa di una sua chiamata o ritrovarsi a cenare tutta sola e sconsolata davanti alla tv. Passò gran parte delle serate in compagnia di Marthy, a guardare vecchi film, o di Paris, discutendo di politica e cultura davanti a fette fumanti di pizza ai peperoni; nei casi più disperati prese l’automobile e raggiunse Stars Hollow a orari improponibili, soltanto per fare quattro chiacchiere con Lane o con Lorelai. Le sembrò che per il momento quel meccanismo funzionasse… Si rese conto con gioia che quell’aula deserta poteva essere inserita nella lista dei suoi rifugi preferiti, luoghi in cui assaporare a pieno il piacere di un’ottima lettura, per questo si mise comoda sulla poltroncina di velluto e lasciò vagare la propria mente nei meandri della storia. Lasciò spuntare dalla cima delle pagine un poco ingiallite soltanto il nasino arrossato, a causa dei postumi di un brutto raffreddore, e notò stupita i lampioni davanti alla finestra accendersi all’improvviso: si alzò di scatto e prese la sua roba. Infilò il blocco degli appunti ed un paio di libri nella borsa in modo caotico e si fiondò fuori dall’aula nell’arco di trenta secondi. “Questa volta mi uccideranno!” esclamò, correndo come una pazza per i lunghi corridoi ormai semivuoti. Entrò nella redazione e vi trovò soltanto Paris tutta concentrata, con un’espressione accigliata, intenta a riordinare un pesante plico di fogli sulla sua scrivania. “Oh, Paris… mah… sono già andati via tutti?” Rory si guardò attorno frastornata, cercando, nel frattempo, di ristabilire una buona ossigenazione dopo che quella corsa l’aveva quasi fatta franare addosso alla professoressa di letteratura inglese. “Dove diavolo eri finita, Gilmore? Ho dovuto occuparmi io della distribuzione dei pezzi per il nuovo numero… e ti assicuro che non è stato piacevole! Soprattutto quando Susie, arrivando in ritardo e temendo che io fossi tornata a dirigere il giornale si è messa a piangere… ti rendi conto?” per un attimo il tono dell’amica fece sembrare a Rory che una macchina del tempo le avesse prelevate e trasportate ai tempi della Chilton. “Ho perso totalmente la cognizione del tempo, scusami. Domani parlerò con i ragazzi…” disse, controllando velocemente al computer che tutto fosse in ordine. “Quella ragazza è veramente strana… ha cominciato a singhiozzare neanche fosse una bambina a cui avevano rubato il lecca-lecca!” continuò Paris, sbuffando. “Ti devo ricordare per caso la storia del bunker… si, la struttura assurda che avevi costruito durante quello che ancora tutti chiamano con soggezione la dittatura Geller?” sorrise Rory. “E’ stata una fase della mia vita che vorrei tralasciare…” terminò l’amica, scuotendo le spalle. “Ma… qui c’è un errore… Non è possibile che la pagina della cultura sia rimasta vuota! Dov’è Terence?” si allarmò Rory. “Malato… così come Bill e Sandra! Sembra proprio che il tuo raffreddore abbia fatto piazza pulita questa settimana! Lo dicevo io che questa redazione è formata da un branco di pappamolle…”. “Davvero sono tutti malati?” chiese stupita, per poi sospirare: “Vorrà dire che me ne occuperò io…”. “In fondo è una buona notizia…” si lasciò sfuggire Paris, tra un colpo di tosse e l’altro. Rory la guardò perplessa: “Cosa vorresti dire?”. “Soltanto che… ti farebbe bene andare fuori città, svagarti un po’… Andiamo Rory, lo so che non è piacevole la situazione che stai vivendo! L’altro giorno ti ho vista…” “Non so di cosa parli!” Rory si alzò di scatto, fingendo di controllare i computer delle altre scrivanie. Paris la seguì come un segugio, continuando la predica dal tono vagamente materno: “Ti ho vista temperare le matite del secondo cassetto, controllando accuratamente che fossero tutte della stessa misura!”. “Sono una perfezionista, lo sai! Lo sono sempre stata fin dai tempi del liceo, è una dote che ho dovuto sviluppare per stare al passo con te e la tua follia…” disse l’amica, tentando di seminarla con alcune seggiole posizionate sul suo cammino. Paris fu lapidaria: “Rory… quella che ho visto non era una perfezionista… ma una ragazza triste e demotivata! Tutto perché il rampollo di casa Huntzberger ti ha lasciata qui, col collare ben stretto e il guinzaglio attaccato alla porta di casa…”. “Paris!” Rory la guardò sorpresa, sbattendo nervosamente le lunghe ciglia scure. “Guarda in faccia la realtà, Gilmore… Ti serve un diversivo! Parlando con Doyle, ieri sera, abbiamo pensato di farti conoscere un suo amico, un ragazzo di Harvard, ottimo partito, che…”. Rory, esausta, le posò la mano sulla bocca, tentando di metter fine a quel fiume di sciocchezze che stava inondando la stanza: “Non ho intenzione di ascoltare un’altra parola! Io amo Logan e non ho bisogno di uscire con altri ragazzi! La mia vita va alla grande… beh, forse alla grande è eccessivo… però sto bene e continuerò a temperare tutte le matite di questa redazione finché vorrò, senza per questo pensare di rivolgermi ad un’agenzia matrimoniale, ok Paris?”. L’amica continuò a borbottare, allontanandosi: “Come no! Continua a non farmi parlare… certo è strano che proprio tu, direttrice del giornale di Yale, ti dia alla censura! Hai un problema, Gilmore! E le sue iniziali sono LH… riflettici su!”. “Ti do cinque secondi per smetterla… dopodichè, se non l’avrai piantata con queste assurdità, ti affiderò l’articolo di politica estera in coppia con Terence ed il suo raffreddore!” la minacciò l’altra. “Questo è sleale!” e Paris scomparve dietro la porta della redazione, per poi riapparire qualche secondo più tardi: “Lo sai che lo dico per il tuo bene…”. “Ne sono più che certa… però ti devi fidare di me, Paris. Saprò cavarmela. Ora vai da Doyle, mi ha parlato di una cena romantica in un ristorante italiano… non farlo aspettare!” sorrise teneramente Rory. Rimase per un po’ di tempo a contemplare il silenzio calato inesorabile nella stanza: niente ticchettio delle tastiere, nessuno squillo del telefono e nemmeno il rumore della macchina del caffè. Prendendo svogliatamente la borsa, spense la luce e chiuse la porta alle sue spalle. Passeggiando per il cortile dell’università, assaporò la piacevole aria frizzante che le accarezzava il viso e rifletté su quanto ci fosse di vero nelle parole dell’amica. Poco più tardi, quando il cellulare squillò, fu come se il suo cuore balzasse fuori dal petto, tanta era l’ansia di sentire la voce del suo Logan: erano talmente tante le novità che desiderava raccontargli, dalla disavventura con l’auto che l’aveva lasciata in panne sotto casa fino ad una stupida barzelletta sui cowboy raccontatale da Lorelai poco prima! Fu questione di un secondo: “Ah, ciao Marthy! Si, dammi il tempo di una doccia e sarò da te…”. Forse le parole di Paris non erano poi così insensate…
Si alzò alla buonora per essere in perfetto orario con la tabella di marcia dell’intera giornata che aveva addirittura segnato sulla lavagnetta accanto al frigorifero. L’automobile, per fortuna, era tornata a camminare, così da evitarle di dover raggiungere New York in uno dei soliti treni affollati del venerdì mattina: l’articolo che avrebbe dovuto scrivere per la pagina della cultura del nuovo numero dello Yale Daily News riguardava una mostra di arte contemporanea realizzata da una giovane pittrice di talento, talmente brava che numerosi addetti ai lavori l’avevano descritta addirittura come l’erede femminile di Jackson Pollock. Con una mano bevve l’ultimo sorso del proprio cappuccino con doppia panna proveniente dal bar all’angolo, mentre con l’altra finì di scrivere un’e-mail piena di parole romantiche da inviare a Logan, per poi spegnere velocemente il computer. Scelse con cura dall’armadio una giacca elegante di velluto nero, ideale per un evento mondano come quello che l’aspettava, e sorrise quando notò spuntare dalla tasca esterna della borsa, fra le varie cose, un set di matite “ben temperate”… ci fosse stata Paris non si sarebbe lasciata scappare un’altra delle sue estenuanti ramanzine! Poco dopo, il traffico della Grande Mela l’avrebbe inglobata, intrappolandola in un concerto di clacson e sproloqui gratuiti. Prese uno dei cd che Lane le aveva prestato durante la sua ultima visita a Stars Hollow e tentò di ignorare tutta quella gente che sbraitava per una coda causata dai soliti lavori in corso. In perfetta sintonia con la propria proverbiale precisione, nonostante il traffico arrivò al museo con ben cinque minuti di anticipo e si diresse sicura verso la sala principale. Ebbe il tempo di dare un’occhiata in giro, prima di incontrare la pittrice e concentrarsi sull’articolo: le grandi tele, appese a pareti trasparenti di un materiale molto simile al plexiglass, erano un trionfo di colori, tonalità forti che la colpirono piacevolmente. Il suo sguardo si perse incantato su quelle superfici rugose, sulle quali il colore sembrava muoversi, contorcersi su se stesso, creando con l’aiuto della luce effetti magnifici. Si disse che ne era valsa la pena, che un’esperienza del genere sarebbe piaciuta anche a sua madre se avesse accettato di accompagnarla, anziché passare la giornata a discutere con Michel del colore dello steccato e delle nuove luci del vialetto d’ingresso alla locanda. L’ispirazione fu talmente grande che le pagine del blocchetto si riempirono in breve di commenti entusiastici, di citazioni di poeti e romanzieri che magicamente comparvero nella mente di Rory, come in preda ad un flusso creativo straordinario. Ogni pensiero negativo scomparve, lasciando il posto ad una bellissima sensazione, una serenità assoluta. Gli occhi si smarrirono in quel piacevole gioco di luci e di suoni, complice un sottofondo di musica new age del tutto simile al suono di una cascata di montagna. Fu quando la sua attenzione venne rapita da una enorme installazione dai toni argentati, posta al centro esatto della sala principale, che sentì un brivido attraversarle la schiena: la stessa sensazione che si prova al contatto di un cubetto di ghiaccio sulla pelle. Si guardò intorno frastornata e, temendo di essere arrossita vistosamente, si defilò un momento, non capendo assolutamente cosa le stesse succedendo. Tutte quelle forti sensazioni avevano forse mandato in tilt le sue percezioni? Si allontanò per prendere una boccata d’aria e rivolgere l’attenzione all’enorme vetrata che dava sulla strada: fu allora che le fu chiaro il motivo di una tale improvvisa emozione. Presa una sorta di panico, si nascose dietro una delle colonne centrali dell’edificio e tentò di sistemare nervosamente una ciocca di capelli che continuava da più di un’ora a scivolarle sul viso. “Vuoi stare tranquilla?” sussurrò a se stessa, presa da un’agitazione che sembrava farsi via via sempre più forte. Quando sentì di essere tornata in sé abbastanza da non apparire come una bambina disorientata e quando le guance sembrarono essere tornate al loro normale colorito, drizzò la spalle con sicurezza e tornò al centro della sala. Gli occhi non le avevano giocato un brutto scherzo, era proprio lui: Jess Mariano, muoversi tra la folla con le mani in tasca e lo sguardo leggermente annoiato, con l’espressione sul viso di chi sta pensando “Che ci faccio qui?”. Sembrò che il tempo si fosse fermato dall’ultima volta che si erano incontrati, pochi mesi prima, dal momento di quel dolce bacio e della loro ennesima separazione. Come avrebbe dovuto affrontare quel nuovo incontro così inaspettato? Le avrebbe di certo chiesto di Logan… avrebbe dovuto essere sincera o nascondere ogni possibile riferimento al loro momento di crisi? Eppure conosceva la capacità del ragazzo di leggere dentro di lei, di capire al volo il suo stato d’animo. Imbattersi in Jess… ancora una volta… ed ogni volta sentire quella strana morsa alla bocca dello stomaco… Jess le aveva fatto sempre quell’effetto, era inevitabile ricaderci… riusciva a spiazzarla ogni volta che ricompariva… ogni volta, come per magia. Nonostante questo, nonostante fosse consapevole del potere che il ragazzo aveva su di lei, non riuscì a darsi ragione di quello stato d’animo, di quell’ondata di emozioni così eccessiva, smisurata. Rory prese coraggio, strinse forte a se il blocchetto già colmo di appunti e, sospirando, fece appena qualche passo per avvicinarsi… quando qualcosa la bloccò, facendola restare di sasso, immobile come una delle tante ingombranti installazioni che la circondavano: le sorprese evidentemente non erano terminate! Una fanciulla dai capelli color del miele e la pelle d’alabastro, del tutto simile a lei, comparve all’improvviso, prendendo con delicatezza la mano di Jess. Il ragazzo, a quel contatto, si mise a sorridere per poi sussurrare qualcosa all’orecchio della sua misteriosa accompagnatrice: si leggeva un feeling particolare tra i due, qualcosa di molto diverso da ciò che la stessa Rory aveva visto ai tempi della relazione tra Jess e Shane. Per un istante… si, per un solo istante ebbe la sensazione di trovarsi dinnanzi ad uno specchio, di vedere come riflesse le immagini di loro due… Rory e Jess…dei tempi in cui passeggiavano mano nella mano per le strade di Stars Hollow ancora imbiancate da un sottile strato di neve fresca… quanto le mancava quel tipo di serenità, quella sicurezza di amare ed essere amati così profondamente. Sembrò che la “tempesta perfetta” stesse scatenandosi nella povera Rory, una sensazione ancor più strana della precedente pareva partire dallo stomaco per giungere fino al petto, fino a soffocarle il respiro. Avrebbe voluto possedere anche solo per un momento il mantello di Harry Potter, diventare invisibile all’istante, fuggire senza lasciare traccia di se… peccato che bastò un attimo, un solo attimo, perchè lo sguardo di Jess si spostasse dalle tele fino al centro della sala, dove Rory era rimasta, ferma in piedi con quello stupido blocchetto tra le mani e un’espressione sempre più imbarazzata. Il ragazzo s’irrigidì per lo stupore e, divenendo di colpo serio, dovette aspettare qualche secondo prima di ritrovare la lucidità necessaria per parlare: “Rory? Cosa ci fai qui?”. “Ciao Jess! E’ curioso… stavo per domandarti la stessa cosa!” sorrise timidamente lei, avvicinandosi con passo un po’ incerto. Continuando a destreggiarsi goffamente in quella situazione sempre più imbarazzante, alzò il blocco di appunti e disse: “Come sempre il giornale mi chiama! Metà della mia redazione è a letto con la febbre e ho dovuto gettarmi a capofitto nel lavoro”. “Mi fa piacere vederti” disse lui, mentre i tratti del suo viso da rigidi si fecero via via più dolci. La ragazza al suo fianco, rimasta in silenzio per tutto il tempo, diede uno strattone alla mano del suo accompagnatore, stupendosi del fatto che i due non riuscissero a staccarsi gli occhi di dosso. Fu Rory a stemperare quel clima di tensione creatasi tutt’intorno: fece ancora un passo, porgendole la mano con estrema gentilezza e presentandosi. “Mi chiamo Anna!” sorrise l’altra. “Io e Rory siamo vecchi amici! Ti ho raccontato del periodo trascorso da mio zio a Stars Hollow…” s’inserì nella conversazione Jess. “Vecchi amici…” ripeté un po’ confusa Rory: mai prima di quel momento lo aveva sentito così freddo nel descrivere la loro relazione e la cosa la turbò. Non sembrò di certo lo stesso ragazzo che tempo prima era entrato con prepotenza nel suo alloggio di Yale per pregarla, quasi in ginocchio, di ricominciare una vita insieme proprio in quella stessa città… proprio a New York. “Tu, Anna, sei di New York? O abiti a Philadelphia?” riprese Rory. “Io e Jess abitiamo a Philadelphia. Un piccolo appartamento, affittato da appena un mese. Non è una reggia, ma per ora sembra bastarci. Sai, studio storia dell’arte: è per questo che siamo venuti a vedere questa mostra… All’inizio è stata dura convincerlo ad accompagnarmi… certo poi, con l’uso delle armi giuste, ha ceduto!” sorrise la ragazza. Fu allora che Jess, per reazione, abbassò gli occhi, quasi fosse terrorizzato da un possibile confronto con lo sguardo di Rory, resosi in un attimo profondamente malinconico. Sentì di averlo perso… si rese conto che se uno come Jess si era gettato nella grande impresa della convivenza, ciò poteva significare soltanto una cosa: aveva voltato pagina definitivamente. Anche in quel momento il mantello di Harry Potter avrebbe fatto al caso suo: pensò a tutte le possibili scuse, a tutte le frasi che avrebbe potuto improvvisare per togliersi in fretta da quella situazione così scomoda… così triste. Ebbe paura perfino di scoppiare a piangere, tanto era il dolore che sembrava essersi accumulato in quel breve lasso di tempo sul suo cuore: non bastavano i problemi con Logan… ci si metteva anche Jess a rovinarle nuovamente la vita! Avrebbe voluto gridare… si, gridare a tutta quella gente intorno a lei che stava male da morire, che le sue spalle non ce la facevano più a sopportare tante delusioni… che era sempre stata una ragazza forte, ma a tutto c’era un limite… Invece, con controllata pacatezza, si limitò ad un: “Sono veramente felice per voi! Era ora che Jess mettesse la testa a posto ed è stupendo che lo abbia fatto con una ragazza deliziosa come te!”. Conosceva alla perfezione il proprio corpo: sentì che di sicuro le lacrime sarebbero scese da un momento all’altro, come un fiume in piena sulle sue guance arrossate, perciò decise di porre fine alla conversazione e andare via: “Ora devo lasciarvi perché la mia intervista non può più aspettare e ho mille altre cose da fare… mi ha fatto piacere conoscerti, Anna” sorrise, per poi guardare di nuovo negli occhi il ragazzo e terminare: “…e mi ha fatto tanto piacere rivedere anche te, Jess. Ti auguro buona fortuna per il tuo futuro”. “Allora… ciao, Rory!” rispose lui, con il volto serio e allo stesso tempo triste, sconsolato. Sembrò ad entrambi un doloroso addio, una di quelle situazioni che segnano dei confini netti nella vita di ognuno di noi: quel saluto, breve ma intenso, significava che il complicato rapporto di Rory e Jess, rimasto per tanto tempo sospeso, in bilico su di un filo sottile, aveva trovato una fine. Voltò loro le spalle e s’incamminò verso l’uscita del museo: le gambe si misero a tremare talmente tanto che dovette sedersi appena fuori dalla porta, su un freddo gradino di cemento. D’un tratto gli appunti presi le sembrarono sufficienti o forse nemmeno si sentì in grado di proseguire con l’articolo… fatto sta che chiuse con un colpo secco il blocchetto di carta e buttò la matita distrattamente nella borsa. Lasciò che il cellulare, su cui era apparso il nome di Logan, squillasse, ancora e ancora… rimanendo immobile, assorta nel guardare i passanti andare di fretta, passo dopo passo, da una parte all’altra della strada, ignari del suo dolore, dello struggimento che le stava confondendo ogni pensiero. Una lacrima sottile scese dai suoi splendidi occhi celesti, arrivando fino alle labbra, per poi sciogliersi lentamente su di esse. Si sentì sola, come di rado le era successo nel corso della propria vita…
Camminando per un paio di isolati con la poca forza rimastale in corpo, in seguito a quell’incontro sconvolgente, raggiunse un venditore ambulante di hot dog e decise che mangiare qualcosa l’avrebbe di certo tirata su di morale. “Uno con tutto!” disse, rivolgendosi all’uomo dei panini. In quell’istante, prendendo dalla borsa il portafogli, realizzò dove si trovasse: si trattava dello stesso luogo dove aveva pranzato con Jess, durante la sua fuga a New York. Guardandosi intorno, ricordò ogni singolo istante di quella bellissima giornata: il viaggio in metropolitana, il buffo racconto del suo “sguardo raggelante”, il negozio di dischi, il loro saluto alla stazione dei pullman… Desiderò con tutta se stessa, socchiudendo gli occhi per un istante, di poter ritornare indietro nel tempo, evitando col senno di poi i tanti errori che avevano compiuto nel corso degli anni, ma finì soltanto col sentirsi impotente nei confronti del destino. “Ecco a lei!” la voce del venditore la destò dai suoi mille ricordi, facendola ricadere in quel vortice di malinconia. Ad un tratto quel panino non le sembrò più così invitante, mentre lo stomaco pareva chiudersi dall’emozione. “Pago io per la signorina!”: era la voce di Jess alle sue spalle o soltanto un’allucinazione? Voltandosi, ritrovò i suoi occhi profondi e il suo sorriso disarmante. “Cosa ci fai qui? Voglio dire… hai lasciato la tua ragazza da sola…” domandò Rory, in preda alla marea di emozioni che sembravano continuare a travolgerla in quella mattinata infinita. “E’ rimasta a chiacchierare con quella pittrice, sembrava così entusiasta che l’ho lasciata fare... Nel frattempo ho deciso di fare due passi… Te lo sei ricordato o ci sei capitata per caso?” chiese lui, consegnando la banconota al venditore. La ragazza, addentato il panino, cercò di darsi un tono: “Parli di questo posto? Oh, ci sono capitata per caso… ah, giusto! E’ qui che abbiamo mangiato quella volta…”. Jess rimase in silenzio a guardarla, sorridendo del modo in cui il ketchup le stesse scivolando sulla guancia, per poi prendere un fazzolettino e passarglielo delicatamente sul viso. “Grazie…” disse lei, arrossendo. “L’intervista? E’ andata come speravi?” chiese lui, fingendo di sbirciare nella borsa. “Beh… molto bene, sono soddisfatta! Penso ne verrà fuori un bel pezzo sull’arte contemporanea”. “Allora perché ti ho vista scappare dal museo prima che la pittrice arrivasse?” la spiazzò Jess, col suo solito sorrisetto furbo. Ogni tentativo di riprendere il controllo della conversazione sembrò inutile: “Ehmm… il fatto è che… avevo già tanto di quel materiale che ho ritenuto superfluo rimanere ancora…”. “Ti conosco troppo bene… per questo ti ho seguita fin qui! Avevo paura che non ti sentissi bene, Rory…”. “Perché dovrei sentirmi male?”. “Immagino che le parole di Anna ti abbiano un po’ spiazzata, così…” ricominciarono a passeggiare. Rory riuscì soltanto a mentire: “Perché avrebbero dovuto? Sono davvero contenta per te, per la nuova vita che ti sei costruito! Stai rigando dritto, Mariano…”. “Sembra di si. Non so cosa mi sia preso. Ci siamo conosciuti alla libreria e dopo poco più di una settimana già sfogliavo un giornale di inserzioni immobiliari… continuo a dirmi che non è da me”. “E’ bello… si, è bello che tu abbia trovato finalmente la persona giusta, Jess” disse lei, mentre i bocconi si facevano via via sempre più amari. “La persona giusta…” sussurrò perplesso. “Beh, se ci sei andato a vivere insieme, significherà pur qualcosa… E’ il classico colpo di fulmine… ho letto su un giornale che, secondo ricerche dell’università di Princeton, il colpo di fulmine capita davvero soltanto una volta nella vita” commentò Rory. “Allora non può essere”. “Perché?”. “Perché avrei esaurito il mio bonus già un paio di anni fa…” sorrise lui. “Jess…” sussurrò lei. “…Jess cosa? Avanti Rory, è inutile che fingiamo… Lo sappiamo entrambi cos’è significata la nostra storia!”. La ragazza lo bloccò, prendendolo per un braccio: “Eppure giurerei di averti sentito definirci “vecchi amici” poco fa…”. “Ero nel pallone… sei apparsa così… all’improvviso…”. “E’ vero, di solito sei tu quello che compare come per magia e mi lascia senza parole”. “Abilità perfezionata negli anni!” e proseguì: “Fra tutte le mie apparizioni qual’è stata quella più ad effetto?”. “Mi servirebbe un’ora per elencarle tutte… fammi pensare… uhmmm…” lo prese in giro lei. “Molto divertente! Però sono certo di sapere a quale momento particolare tu stia pensando…” disse Jess, bloccandosi nel bel mezzo del marciapiede. Rory intuì che il tempo degli scherzi era finito… che Jess avrebbe di certo riaperto cassetti della memoria ormai remoti e probabilmente portato alla luce vecchie ferite, ma rimase comunque ad ascoltarlo. “Parlo del matrimonio di Sookie” continuò lui. “Non farlo, Jess… Non tirare fuori tutto questo, ti prego”: Rory impallidì di colpo, gettando il resto del panino in un cassonetto e proseguendo la passeggiata da sola. Il ragazzo la inseguì per diversi metri, domandandole con insistenza: “Perché stai fuggendo? In fondo cos’ho detto di sbagliato?”. “E’ stato tanto tempo fa, Jess…” “Però dev’essere importante se lo prendi così sul personale”. “Certo che è importante, stupido! E’ stato uno dei momenti più belli della mia vita, di quelli che rimangono impressi nei ricordi per sempre…” fu allora che Rory cominciò a piangere di colpo, senza il minimo preavviso, senza riuscire ad avere il minimo controllo sulla propria emotività, e continuò: “Non capisco perché tu mi abbia seguita, perché stia facendo tutto questo!”. “Per riuscire a parlare con la vera Rory, non con quella copia che ho visto prima, quella che modera ogni parola, ogni gesto, nel timore che gli altri capiscano cosa realmente le passa per la testa… Voglio che tu mi dica cosa stai provando ora…in questo istante!”. “A cosa servirebbe?” “Servirebbe a me” “Jess… abbiamo due vite completamente diverse ora… abitiamo perfino in due città diverse… tu hai Anna!” “E tu hai ancora Logan?” “Logan? Certo… è in Europa, ma questo non significa che non stiamo più insieme! Anzi, se mi vuoi scusare lo devo richiamare… Mi ha fatto piacere rivederti e ti domando scusa per questa sceneggiata imbarazzante… Addio Jess! Sii felice…” e se ne andò in tutta fretta verso la propria automobile, parcheggiata appena dietro l’angolo. Jess rimase impietrito, solo in mezzo a quel dannato marciapiede e ancora pieno di mille dubbi che sembrarono assalirlo ancor più di prima… prima che Rory ripiombasse nella sua vita come un uragano, spazzando via le poche certezze che si era costruito con tanta fatica.
Edited by Francis82 - 10/4/2007, 23:35
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