Imparare a crescere, ff by pheebe

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Pheebe
view post Posted on 19/10/2004, 18:28




Titolo: Imparare a crescere
Autore: Pheebe
Genere: Fanfiction
Stato: Conclusa

Commenti: Qui

Breve descrizione da parte dell autore:

a grande richiesta, ecco il primo capitolo della mia nuova ff (literati ovviamente) ispirata ad una quinta serie che probabilmente non vedremo mai, e che ho deciso di sognare...almeno :cry:
beh credo che questa sarà più bella della prima (per la quale ho un blocco assurdo) e che cmq vi farà piacere leggerla...spero...
aspetto i vostri commenti e le critiche.
ma siate buone please ;)



La storia inizia alla fine della quarta serie.

Il punto della situazione:
- Le vicende tra Rory e Dean vengono lasciate al primo episodio della V serie. Rory nn parte per l'europa, e nn prende atto del proprio errore.





Primo Capitolo.
Devo crederci.


Il silenzio la opprimeva, sola, in quella stanza dove spesso si era rifugiata negli ultimi tempi, dove era scappata dagli sguardi di sua madre, dalle sue prediche, dal suo credere di sapere tutto…

No, non poteva sapere, non doveva assolutamente avere ragione…dove sarebbe finita altrimenti? Se davvero fosse stato un errore tutto quello che aveva vissuto con dean, dove sarebbe finita una volta affrontata la realtà?

No, doveva essere forte, più forte degli altri, più forte di quegli sguardi…più forte un giorno dopo l’altro…lui l’amava, lo sapeva, non poteva, non doveva sbagliarsi.

Ma allora perché si sentiva così? Come se tutti sapessero, come se tutti gli sguardi fossero puntati su di lei…

Bussarono alla porta, e si sentì sollevata.
Chiunque fosse, sarebbe stato il benvenuto, perché le avrebbe impedito di pensare, almeno per qualche minuto.

Si alzò e corse alla porta.
Afferrò la maniglia e aprì.

Un volto familiare, un volto amico finalmente.
Gli si buttò tra le braccia, stringendolo forte. Lui ricambiò, ma presto allentò la presa guardandosi intorno sospettoso.

Dean: è meglio entrare.
Rory: si, vieni.

Fece qualche passo e si fermò subito dopo, tentando di guardare in salotto.
Rory chiuse la porta.

Dean: tua madre?
Rory: al lavoro, o da luke, non mi importa.
Dean: l’importante è che non sia qui
Rory: si

Si avvicinò per baciarla, e lei ricambiò con dolcezza.

Rory: come mai sei qui? È successo…
Dean: no, mi andava di vederti
Rory: mi hai letto nel pensiero allora
Dean: credi che…
Rory: vieni

Gli prese il braccio, e lo portò in camera da letto.
Chiuse la porta e lo spinse sul letto.

Dean: credi che tua madre…
Rory: non mi importa di lei, adesso voglio solo stare con te

Gli sbottonò veloce i bottoni della camicia, mentre lui le sfilò la maglietta.

Dean: rory…
Rory: sshh

Si chinò e gli diede un bacio.
Non voleva pensare, non voleva parlare.
Doveva poter credere che tutto quello che pensava fosse la verità.
Doveva credere nel suo amore.
Doveva credere di far bene.
Doveva crederci…

La porta si aprì di nuovo un paio d’ore dopo.
Ma stavolta non sarebbe stata felice, o sollevata, ma solo oppressa da quello sguardo di disapprovazione, o da quelle parole dette credendo di aver ragione.

Lorelai: rory

Non rispose, rimase in silenzio sul letto, fingendo di leggere un libro.

Lorelai: rory

Si avvicino alla porta della camera e la vide distesa.

Lorelai: pensavo non ci fossi
Rory: beh mi spiace
Lorelai: ci siamo svegliate di buon umore…
Rory: se evitassi di parlarmi non dovresti ascoltarmi
Lorelai: è questo che vuoi? Che non ti parli?
Rory: mi sarebbe più facile leggere

Stette in silenzio per qualche minuto, poi notò il letto disfatto.

Lorelai: il letto…

Rory guardò le coperte senza dire nulla.

Lorelai: era fatto stamattina

Rory la guardò senza aggiungere nulla.

Lorelai: è stato qui vero?
Rory: cosa vuoi che ti risponda?
Lorelai: di no! (alzando il tono)
Rory: no (torno a guardare il libro)
Lorelai: adesso basta, smettila (si avvicino togliendole il libro dalle mani)
Rory: ridammelo
Lorelai: sono settimane che faccio finta di niente, adesso sono stanca!
Rory: io più di te
Lorelai: oh mi spiace signorina, ma adesso mi starai a sentire.
Rory: io non devo fare proprio nulla, ridammi il libro!
Lorelay: no, adesso parliamo (si avvicino a una poltrona, vi appoggio la borsa e il libro)
Rory: bene, ne ho altri

Rory si avvicinò alla libreria per prendere un altro libro, ma lorelai le si pose di fronte.

Rory: togliti
Lorelai: no, adesso parleremo
Rory: non ho niente da dire (si avvicinò al letto)
Lorelai: meglio, vorrà dire che mi ascolterai senza interrompere!

Rory si sedette incrociando le braccia e guardando la madre arrabbiata.

Lorelai: se credi che quello sguardo mi possa far cambiare idea, vuol dire che non mi conosci
Rory: avanti, sto aspettando
Lorelai: dean non deve più venire qui
Rory: cosa?
Lorelai: hai capito
Rory: spero di no
Lorelai: beh allora te lo ripeto “dean, non può più venire qui”
Rory: tu sei pazza
Lorelai: beh anche tu visto che sei mia figlia!
Rory: questa è la mia camera e ci faccio entrare chi voglio
Lorelai: è qui che sbagli, questa camera, fa parte di questa casa, di cui “io” ho pagato il mutuo, e di cui “io” sono proprietaria, quindi entra ed esce di qui, solo chi dico “io”!
Rory: questo è assurdo, dove credi di essere?
Lorelai: a casa mia, e io non voglio che lui ci venga più!
Rory: credi che questo ci allontanerà?
Lorelai: se il vostro il rapporto è legato da questo letto…si, credi di si!
Rory: ma come ti permetti?
Lorelai: come ti permetti tu! (alzando il tono) ti ho sempre trattato da adulta, perché così hai sempre voluto, e adesso, usi questa camera come una specie…una specie..
Rory: di bordello?
Lorelai: l’hai detto tu
Rory: non posso credere che tu mi dica questo!
Lorelai: mi ci stai costringendo! Ti comporti come una bambina!
Rory: ti sbagli, sono una donna e tu non vuoi accettarlo!
Lorelai: è questo che ti piace credere? Di essere una donna? Rory è sposato dannazione! Ma come puoi non capirlo?
Rory: io, io ho bisogno di lui, e lui di me
Lorelai: che lui abbia bisogno di te non lo metto in dubbio, forse lindsay non gli basta!
Rory: tra noi non c’è solo sesso, lui mi ama!
Lorelai: per questo vi vedete di nascosto e in una camera da letto?! Certo!
Rory: basta sono stufa!
Lorelai: io più di te, di vedere mia figlia buttarsi via in questo modo! Non ti riconosco più
Rory: certo, eri abituata a qualcuno che faceva quello che dicevi!
Lorelai: oh non ti permettere sai! Tu hai sempre potuto fare quello che volevi, e ho sempre cercato di sostenerti!
Rory: come stai facendo adesso?!
Lorelai: non posso crederci! Vorresti che approvassi il tuo comportamento?
Rory: che lo accettassi almeno!
Lorelai: questo non potrà mai succedere perché sono tua madre, è mio compito di dirti quando sbagli!
Rory: pensavo che dean ti piacesse
Lorelai: quando era single, si, mi piaceva e molto, ma ora non posso accettare che lui sia sposato e se la spassi con mia figlia quando ha voglia di un diversivo!
Rory: bene, la prossima volta andrò via con jess così sarai contenta!
Lorelai: cosa?
Rory: niente (si avvicinò per prendere la giacca dalla poltrona)
Lorelai: dove credi di andare?
Rory: io vado dove mi pare, e faccio quello che mi pare
Lorelai: non qui
Rory: cosa?
Lorelai: hai capito bene
Rory: mi stai cacciando?
Lorelai: mi costringi a farlo
Rory: non so dove andare
Lorelai: senza che gli altri scoprano tutto, certo, lo so.
Rory: e tu…
Lorelai: puoi andare da dean, fatti ospitare da lui, lindsay ne sarà felice!
Rory: non posso credere che lo stai facendo
Lorelai: non posso credere che mi hai costretto a farlo
Rory: non mi vuoi? Beh, non ho bisogno di te
Lorelai: io si, ma non posso accettare che tu ti comporta così
Rory: la bambina è cresciuta mamma
Lorelai: no, purtroppo no, rory

La guardò senza dire nulla, abbassò lo sguardo e uscì di casa furibonda.
Sapeva che la madre aveva ragione, ma doveva sbagliarsi, almeno questa volta.
Avrebbe chiesto aiuto a dean. Lui l’avrebbe aiutata, l’unico che poteva capirla.
L’unico che l’amava.







Edited by Reflecting Light - 16/7/2006, 12:29
 
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Pheebe
view post Posted on 20/10/2004, 10:36




Guardare il faccia la realtà


Comminò ore ed ore per le strade della città cercando le parole adatte da dire, il modo giusto per chiedergli aiuto, non sarebbe tornata indietro, non poteva e non doveva assolutamente. Sarebbe stato come ammettere di aver sbagliato e non poteva crederlo.

La sua dolcezza, le sue parole…dovevano essere sincere.

Arrivò di fronte il negozio, e lo intravide attraverso la vetrina.
Non poté fare a meno di sorridere, e di tirare un sospiro di sollievo.
Anche solo il suo volto la faceva sentire bene, tranquilla…non era forse amore quello che provava? Il sentire che tutto va bene, che nonostante gli ostacoli, non soffrirai mai perché lui ti proteggerà.

Si, era amore, non poteva essere altro…

Si avvicinò alla porta d’entrata, e la varcò sicura di se, sicura di quello che sentiva, sicura di quello che sarebbe successo.

Camminò tra gli scaffali, voleva fargli una sorpresa, prenderlo alle spalle.
Udì la sua voce, e così capì di essergli vicino.
Avanzò in punta di piedi, si accostò piano a uno scaffale, e attese il momento giusto.

Quando le sembrò che fosse rimasto solo, decise che quello sarebbe stato il momento, ma qualcosa la frenò.

Una voce.
Stava forse servendo qualche cliente?
Una ragazza.
Forse Clara era passata a trovarlo?
No.
La voce è diversa da quella di una ragazzina.
Una donna.
No. No. No.
Era lei.
Si avvicinò per cercare di ascoltare.

Dean: non mi aspettavo che passassi. Non dovevi andare da tua madre?
Lindsay: infatti, e sono passata con lei prima, ma taylor ha detto che eri uscito. Dove sei stato? Mi sono preoccupata.
Dean: e perché?
Lindsay: taylor non sapeva dov’eri, e io non sapevo cosa pensare
Dean: lindsay, ti ho già detto che non devi essere gelosa!
Lindsay: e non lo sono infatti
Dean: e allora perché vieni a controllarmi?
Lindsay: salutarti (gli mise le braccia intorno al collo) salutarti amore mio.

Senti il rumore delle loro labbra le une contro le altre.
I pensieri le affollarono la mente.
Le lacrime riempirono i suoi occhi.
Si coprì la bocca con una mano per evitare di emettere rumori.
Stette in silenzio per qualche secondo.
Poi, ricominciarono a parlare.

Lindsay: credi di poter tornare prima stasera?
Dean: devo fare lo straordinario
Lindsay: al diavolo lo straordinario, stasera ti voglio per me
Dean: ma è per te che lavoro di più
Lindsay: se vuoi davvero fare qualcosa per me, allora torna prima stasera…ti prego…
Dean: e cosa dico a taylor?
Lindsay: digli che tua moglie ha voglia di fare l’amore con suo marito…

Si mise le mani sulle orecchie.
Non poteva più ascoltare.
Voleva solo fuggire, fuggire via.
Non voleva sentire la risposta di lui, ma non poté evitarlo…
Lo udì sorridere, e si mise le mani tra i capelli.

Dean: anche io voglio fare l’amore con te

E poi di nuovo baci, baci, e ancora baci.

Fu come avere mille frecce nel cuore.
Iniziò a piangere. Cercò di trattenersi. Se altri l’avessero vista, non avrebbe saputo cosa rispondere. Ma non riuscì a fermarsi, ne tanto meno a muoversi, anche se l’unica cosa che voleva era scappare, correre via, lontano da lui.

Come aveva potuto ferirla così?
Come aveva potuto ferire se stessa così?

Rimase immobile ad ascoltare i rumore dei passi di lei sempre più lontani.
Si asciugò le lacrime.
Sistemò i capelli.
Respirò a fondo.

non voleva affrontarlo adesso.
Sarebbe andata via, anche se non sapeva dove, e avrebbe riflettuto…stavolta, l’avrebbe fatto a lungo, prima di decidere il da farsi.

Iniziò ad allontanarsi, quando sentì una stretta al braccio.
Si voltò e lo guardò negli occhi.
Fu strano osservarlo.
Era diverso.
Nei suoi occhi non c’era amore o desiderio, ma terrore.
Il volto era pallido, le labbra secche.

Continuò a fissarla senza dire nulla per almeno un minuto.
Poi schiuse le labbra per dire qualcosa, ma lei glie lo impedì.

Rory: si

Gli rispose prima di ascoltare la domanda.
Ma lo conosceva ormai, sapeva cosa temeva.

Dean: non saresti dovuta essere qui…(chiuse gli occhi esasperato)
Rory: è l’unica cosa che hai da dire?

Non sapé cosa rispondere, rimase solo lì immobile a fissarla ancora più terrorizzato, stringendole il braccio che temeva sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe toccato del suo corpo.

Si liberò dalla sua stretta con forza.
Lo guardò con rabbia.
Indietreggiò di qualche passo, e uscì.

Camminò veloce, come se volesse sfuggirgli, ma sapeva che non l’avrebbe seguita.
Temeva, che non l’avrebbe fatto, e allo stesso tempo lo sperava.
Ebbe l’impulso di tornare a casa, ma imboccato il vialetto ricordò le parole della madre.
Non poteva tornare.

Rimase in piedi di fronte casa per almeno 15 minuti, fissando l’erba, le scale, la porta…
Non poteva tornare…

Prese le chiavi dalla borsa, salì in macchina e partì.
Non sapeva dove sarebbe andata, ma sapeva che non sarebbe tornata…
Non prima di aver fatto chiarezza.
Non prima di aver riscoperto se stessa.

 
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Pheebe
view post Posted on 20/10/2004, 20:42




per motivi che non sto qui a spiegare, ecco in anticipo il terzo capitolo.
oggi è stata una buona giornata. meglio festeggiare!!
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Amore? Ma che significa?



Il telefono non faceva che squillare.
Lo sentiva attraverso la borsa.

Le dava su i nervi quel suono, ma non voleva rispondere, non voleva parlare con nessuno, non voleva sapere nemmeno che fosse.
Vedeva solo la strada davanti a lei.
Non guardava nemmeno i cartelli, pensava solo ad andare diritta, sempre diritta per allontanarsi il più possibile, per non farsi trovare…

Ma il cellulare continuava a squillare.
Chi era?
Forse dean?
Già.
Forse era lui a chiamarla.
Ma perché?
Chiarire la discussione?
No.
Non c’era niente da chiarire.
Aveva ascoltato con le sue orecchie, nessuno le aveva detto nulla, cosa poteva voler chiarire?
Forse pensava di poterla convincere…
La considerava davvero così stupida?
Credeva davvero di aver un tale potere su di lei?

forse si…
forse le aveva dato lei quel potere…

NO BASTA.

Basta pensare.
desiderava solo allontanarsi da tutto.
ma dove?
Dove? Dove?

Vide una stazione di servizio.
Svoltò e parcheggiò l’auto.
Entrò nella tavola calda e ordinò una tazza di caffè.
Si sedette e la bevve piano, guardando fuori, e pensando.

Cosa doveva fare?
Forse andar via era stato l’ennesimo sbaglio.
Perché lo aveva fatto?
Perché il suo primo impulso era stato quello di fuggire?
Perché non era rimasta per chiarire tutto?
Con sua madre…
Con dean…
Con se stessa…

Il cielo era nero.
Non si vedeva una sola stella, e anche la luna era fuggita.
Distolse lo sguardo dalla finestra e fissò il caffè.
Il calore le annebbiava la vista.
Chiuse gli occhi e strinse la tazza tra le mani.
Si mise una mano sulla fronte, e la passò poi tra i capelli.
Era stanca, doveva dormire.

Si alzò.
Decise di prendere una stanza per la notte.
Si avvicinò al banco e le fu consegnata una chiave.

Quando entrò nella stanza chiuse a chiave la porta, e vi si appoggiò con le spalle.
Non c’ era nessuno a guardarla lì.
Nessuno a giudicarla.
Poteva piangere adesso.

Si mise le mani sugli occhi e piano scivolo a terra, sfregando la schiena contro la porta.
La borsa cadde a terra, e il contenuto sul pavimento.
Pianse per almeno 15 minuti, sbattendo la testa alla porta.

Poi…il telefono s’ illuminò…
Un messaggio?

Lo raccolse lentamente e lesse il messaggio.

“Dove sei? Perché non mi rispondi? Ho bisogno di parlarti, ti prego chiamami. Ti amo.”

Ti amo?
Ma che significava?
Diceva di amarla, ma non era con lei in quel momento…

Compose il numero, e senti gli squilli…
Lui non le rispose subito.

Aveva fretta di sentirla, e allora perché non rispondeva?
Forse doveva trovare una scusa per lindsay…

Bastò questo pensiero per riportarla al supermercato, dietro gli scaffali ad ascoltare quelle parole “Anche io voglio fare l’amore con te”…

Non ebbe il tempo di riagganciare.
Le rispose…

Dean: rory?

Non gli rispose.

Dean: rory dannazione rispondi!
Rory: perché bisbigli?
Dean: cosa?
Rory: stai bisbigliando…cos’è? Non vuoi che lindsay ti senta?
Dean: ma che stai dicendo?
Rory: quello che avrei dovuto dirti da tempo, ma ero accecata.
Dean: accecata?
Rory: adesso non più dean
Dean: che vuol dire? Dove sei?
Rory: non ti riguarda
Dean: è venuta tua madre a cercarti, dove sei?
Rory: lontano
Dean: rory smettila di comportarti come una bambina e torna a casa
Rory: una bambina? Io sarei una bambina adesso?

Alzò il tono della voce.

Dean: non gridare
Rory: grido quanto voglio. E non m’ importa se lindsay può svegliarsi, anzi, vai a chiamarla avrei due cosine da dirle.
Dean: ma sei impazzita? Smettila!
Rory: no, sono rinsavita invece.
Dean: lo so che sei sconvolta per oggi, ma ti prego, torna e parliamone.
Rory: sconvolta? Sconvolta? Io sono disgustata!
Dean: ti prego rory
Rory: disgustata di me stessa, e mi detesto, e detesto anche te!
Dean: io ti amo lo sai
Rory: no, sta zitto! Se mi amassi non saresti mai venuto a letto con me mentre eri sposato!
Dean: quindi ora è colpa mia?
Rory: no, è mia. Hai ragione. La colpa è solo mia, sapevo che eri sposato, ma l’ho fatto ugualmente. Ho ferito mia madre, ho buttato me stessa tra le tue braccia sapendo che la sera queste avrebbero stretto qualcun'altra.
Dean: rory
Rory: già, come mai mi hai chiamata? Hai già finito con lei?
Dean: finito?
Rory: ci sei andato a letto no?
Dean: rory
Rory: rispondi!
Dean: io amo te
Rory: bella risposta...quindi deve essere stato un sacrificio!
Dean: ti prego rory
Rory: non chiamarmi più.
Dean: ma…

Non lo lasciò replicare.
Riagganciò e gettò via il telefono.
Era furiosa.
Stupida. Stupida. Stupida.
Non faceva che ripeterlo.
Era stata davvero una stupida.
Ma avrebbe riparato.
Lo avrebbe fatto.
Sarebbe tornata quella di prima.
Doveva solo capire come…

Edited by Pheebe - 20/10/2004, 21:43
 
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Pheebe
view post Posted on 21/10/2004, 15:14




ancora vuota...


Quando si svegliò corse di sotto, sperando che fosse tornata, ma quando aprì la porta non vide nessuno nel letto ancora disfatto.

Vi si avvicinò, e sfiorò le lenzuola sospirando.
Si voltò verso la finestra socchiusa.
Guardò fuori per un po’, come se sperasse di vederla arrivare all’ improvviso.
Chiuse gli occhi e le parole dette la mattina prima le furono subito in testa.
Aveva sbagliato?
No.
Le cose dette, andavano dette…anche se adesso stava male.

Qualcuno doveva aprirle gli occhi, farle osservare quel mondo che si rifiutava di vedere.
Farle capire che non sempre tutto quello che faceva era giusto.

Strinse le lenzuola nel pugno, e le tirò via.
Tutte le coperte erano sul pavimento, le osservò, poi andò in cucina.
Tornò in camera con in mano un sacco della spazzatura.
Si chinò arrabbiata, raccolse le lenzuola e le infilò nella busta nera.

Non poteva sfogarsi con lui, così punì quello che aveva toccato.
Quello che li aveva uniti.
Quello che l’aveva all’ allontanato da lei.

Si inginocchiò e iniziò a piangere.
Posò una mano sugli occhi.
Non voleva piangere, perché avrebbe dovuto?
Infondo non era lei ad aver sbagliato.

Ma le lacrime non l’ascoltarono.
Continuarono a scivolarle sulle guance veloci.
Una dopo l’altra.

Non si accorse del rumore proveniente dalla cucina.
Dei passi leggeri che l’ attraversarono, e che si fermarono poi sull’uscio della camera.

Luke: lorelai…

Si voltò di scatto e finì seduta a terra

Luke: che stai facendo?
Lorelai: pulizia (si asciugo gli occhi)
Luke: a quest’ ora?
Lorelai: beh è sempre ora di fare pulizia

Si avvicinò a lei e le si sedette accanto.

Luke: vuoi smetterla di punirti?
Lorelai: punirmi? Che dici? Infondo ho solo cacciato mia figlia di casa, perché dovrei punirmi?
Luke: non l’hai cacciata, l’hai solo posta di fronte a una scelta. E lei ha fatto la sua scelta.
Lorelai: io l’ho costretta a scegliere, dovevo…dovevo darle più tempo…
Luke: era un mese che andava avanti in questo modo, quanto altro tempo volevi darle?
Lorelai: il tempo necessario
Luke: lorelai
Lorelai: no, io ho sbagliato, ho sbagliato

Picchiò sul sacco pieno di lenzuola, e lo spinse via ricominciando a piangere.
Sapeva di non poter dir nulla che l’ avrebbe fatta star meglio.
Ma poteva starle vicino.
Stringerla, e farle credere che tutto si sarebbe sistemato.
La strinse forte, abbracciandola.
Sentì le lacrime bagnargli il collo, e la strinse ancora più forte.

Lorelai: dove sarà adesso? Perché non mi chiama?
Luke: ti chiamerà…sono sicuro che chiamerà…

Rimasero stretti l’uno all’ altra seduti a terra con le spalle contro il letto.
Un letto, nel quale nessuno avrebbe dormito quella notte.
E chissà per quante altre…
 
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Pheebe
view post Posted on 21/10/2004, 21:41




raga aggiungo il 5capitolo perchè nn so se domani posso aggiornare.
buona lettura.
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Di nuovo vicine.


Sentì il sole scaldarle il viso, e questo le donò serenità per qualche minuto.
Fissò a lungo la strada d’avanti a se.
Non sapeva dove stava andando.
Guidava d’ almeno un’ ora, e non sapeva quando avrebbe smesso.

Non faceva che pensare.
Guidare, e pensare.
Pensare a sua mandre.
Alle sue parole.
Al suo sguardo.
Alla sua preoccupazione.
L’ aveva fatta soffrire tanto.
L’ aveva costretta a guardare mentre tutto andava a rotoli.
Doveva chiamarla.
Le doveva almeno questo.
Sarebbe stato facile.
Comporre il numero, e dire:

“Mamma, scusami. Avevi ragione, ho sbagliato. Perdonami.”

Facile.
No.
Sarebbe stato più semplice non chiamarla.
Non sentirla.
Le avrebbe permesso di continuare senza il peso delle sue parole.
Ma era tempo di smetterla con le scelte facili.
Doveva iniziare da quel momento.
Basta.

Accostò.
Scese dalla macchina con in mano il cellulare.
Prese un bel respiro.
Compose il numero.

Il telefono squillò.
Ancora, e ancora…
Poi udì la sua voce.

Lorelai: Pronto?

Non sapeva cosa dire…
Come iniziare a parlare?
Aveva tanto da dire, ma le labbra rimasero chiuse, come paralizzate.
Ascoltò la voce di sua madre, senza replicare.

Lorelai: rory? Sei tu? Rory rispondi ti prego…

Chiuse gli occhi.
Respirò a fondo.

Rory: mi dispiace…
Lorelai: rory, oh mio dio stai bene?
Rory: si…
Lorelai: dove sei? Ti prego dimmelo e vengo a prenderti.
Rory: no, ti prego
Lorelai: cosa?
Rory: devo stare sola adesso
Lorelai: sola? Ti lascerò in pace, lo giuro. Non ti chiederò nulla, ma ti prego, dimmi dove sei.
Rory: da qualche parte, non lo so di preciso.
Lorelai: Ma dove stai andando?
Rory: non lo so
Lorelai: rory, basta adesso, torna indietro
Rory: non posso
Lorelai: lo so, ho detto delle cose terribili, ma avevo bevuto troppo caffè…ero posseduta dalla caffeina

Sorrise.

Lorelai: stai ridendo?
Rory: mi dispiace tanto
Lorelai: anche a me, ma adesso ti prego torna a casa.
Rory: vorrei, vorrei tornare e far finta di niente, ma non posso…non più
Lorelai: e cos’hai intenzione di fare?
Rory: imparare a crescere mamma
Lorelai: cosa?
Rory: me l’hai detto tu, io, sono ancora una bambina, una bambina che ha giocato a fare l’adulta per troppo tempo.
Lorelai: rory, non volevo dirti quello che ho detto. Possiamo chiedere a chiunque in città, e tutti ti diranno che sei più matura di me
Rory: e sbaglierebbero, sbaglierebbero tutti quanti
Lorelai: io ho bisogno di te qui tesoro. Chi mi impedirà altrimenti di prosciugare il conto per un paio di scarpe?
Rory: ci penserà luke a te…
Lorelai: e a te?
Rory: è ora che impari a prendermi cura di me stessa

Sapeva che infondo aveva ragione.
La sentiva diversa.
Forse più forte, o almeno decisa a diventarlo.
Non poté insistere.

Lorelai: fammi, fammi solo sapere come stai, chiamami. Ti prego, chiamami sempre.
Rory: tu sappi che io starò bene mamma. Solo questo. Starò bene.
Lorelai: e…dean?
Rory: non voglio parlare di lui.
Lorelai: devo dirgli…
Rory: no. Tu non mi hai sentita. Non voglio che sappia niente di me. Ti prego.
Lorelai: come vuoi.
Rory: ti voglio bene mamma.
Lorelai: io di più

Sorrise di nuovo.

Rory: allora…ciao.
Lorelai: si (trattenne le lacrime) ciao.

Riagganciarono entrambe.
Piansero entrambe.
Ma sorrisero.
Erano lontane chilometri.
Ma infondo sapevano di essere di nuovo vicine.
 
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Pheebe
view post Posted on 22/10/2004, 17:39




Basta fuggire

Arrivò in città ad ora di pranzo.
Pensò che era una fortuna.
Aveva bisogno di mangiare qualcosa.
Ma dove?
Si guardò intorno, tentando di orientarsi.

Una grande città.
Era quello che ci voleva per lei.
Migliaia di persone che non la conoscevano.
Che non sapevano nulla di lei.
Se avesse voluto avrebbe potuto essere chiunque.
Nessuno l’ avrebbe mai scoperto.

Iniziò a camminare.
Camminò.
Ancora, ancora, e ancora.
Sempre dritta.
Chissà se gli altri sapevano che non era mai stata in città.

Si fermò di colpo.

Lei c’era stata in quella città.
Due anni prima, rincorrendo qualcuno che poi rincorse lei.
No. No.
E se lo avesse incontrato?
No.
Non poteva affrontare anche lui.
Si voltò e iniziò e tornare indietro.
Poi, si fermò di nuovo.

Non sapeva nemmeno se abitava ancora lì.
E poi…perché avrebbero dovuto incontrarsi?
La città era enorme.
No.
Era impossibile.
Sarebbe bastato evitare i posti che poteva frequentare.
E poi, stava morendo di fame.
No.
Basta fuggire.

Si voltò di nuovo e ricominciò a camminare.
Si avvicinò ad un chiosco di hot-dog.
Ne prese uno.
Si allontanò.
Vide un parco da lontano.
Vi si recò, e si sedette su una panchina.

Stava bene lì.
Il sole sulla faccia.
Il vento leggero a soffiarle sulla gonna.
Il brusio della gente che chiacchierava senza prestarle attenzione.

Si.

Poteva essere chiunque lì.
Finito l’ hot-dog, prese un libro dalla borsa.
Era tanto che non le andava di leggere.
Ma adesso, ne aveva voglia.
Lo sfogliò, tentando di ricordare quale fosse il punto in cui si era fermata.
Iniziò a leggere, poi s’ interruppe bruscamente.

Dove avrebbe dormito quella notte?
Non poteva certo rimanere in macchina.
Non in quella città.
Un albergo?
A new york?
Sarebbe stato troppo costoso.
Ma non poteva dormire in macchina.

Una pensione?
Si, poteva prendere una stanza in una piccola pensione.
Si alzò.
Compose un numero per chiedere informazioni, ma quando le risposero, riagganciò.

Perché affittare una camera?
Perché non cercare un appartamento?
Non sapeva quanto sarebbe rimasta.
Ma perché dovevano essere necessariamente pochi giorni?
Comprò un giornale.
Lo sfogliò, cercando tra gli annunci.
Ne segnò qualcuno e chiamò i proprietari.
Fissò degli appuntamenti che l’avrebbero tenuta occupata tutto il pomeriggio.

Avrebbe voluto chiamare sua madre.
Raccontarle tutto.
Ma si trattenne.
Doveva farcela da sola.
si sistemò e si diresse al primo appuntamento fiduciosa e sicura di se.

Alla fine della giornata, la speranza che tutto sarebbe andato bene, era quasi svanita.
Aveva visto una dozzina di appartamenti, e nessuno era fatto per lei.
Troppo grandi.
Troppo costosi.
Troppo, troppo, troppo.

Doveva vedere gli ultimi due.
Incontrò il proprietario.

Mr. James: signorina gilmore?
Rory: salve

Si strinsero la mano.

Mr. James: venga, da questa parte.
Rory: si

Salirono per un paio di piani.

Mr. James: ecco, questo è l’ appartamento.
Rory: beh speriamo sia quello giusto
Mr. James: è un pò piccolo, ma credo le piacerà.

Quando la porta si aprì rory rimase estasiata.
Un piccolo monolocale.
Sulla sinistra la zona cottura, divisa dal salotto grazie a un piccolo muretto, perfetto anche per un banco colazione. Sulla destra un piccolo salotto, e infondo, sopraelevato su una pedana accessibile da due gradini, la zona notte.

Rory: oh mio dio
Mr. James: non le piace?
Rory: scherza? Lo prendo, lo prendo subito.
Mr. James: beh, sono contento.

Si guardò intorno sorridendo.
Firmò I documenti, e quando rimase sola in casa, non smise un attimo di sorridere.
Sarebbe stata lì.
Lì, che la sua vita sarebbe ricominciata.
 
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Pheebe
view post Posted on 23/10/2004, 09:40




Quel ragazzo che...

Passò giorni a sistemare l’appartamento.
Non fu facile.
Per la prima volta sentì che avrebbe dovuto fare tutto da sola, ma non si scoraggiò.
Si rimboccò le maniche e decise di lavorare duro.
Di crescere, e prendersi cura di se.

La casa, era solo il primo passo.
Doveva trovare un lavoro.

Uscì di casa armata di determinazione.
Comprò un giornale e lo sfogliò cercando tra gli annunci.
Non trovò nulla adatto a lei.
Cos’ avrebbe fatto?
Pensava a questo quando passò davanti la vetrina di un caffè.
Notò un cartello.
Cercasi commessa.

Da qualche parte doveva iniziare.
Entrò e chiese informazioni.
La paga non era il massimo, ma presto i soldi del conto sarebbero finiti, e doveva andare avanti in qualche modo.
Accettò il lavoro, e iniziò il giorno stesso.
Faceva turni di mezza giornata, alternandosi con le altre ragazze.
Pensò che cercando bene avrebbe potuto fare anche qualcos’ altro, e così continuò a cercare.

Camminava per le strade della città, quando intravide in un vicolo una libreria.
Non era grandissima, ma le ricordava stars hollow.
La tentazione fu troppo grande.

Entrò.

Era stupendo ritrovarsi tra centinaia di libri.
Un odore familiare che la faceva sentire a casa.
Chiuse gli occhi immaginando di trovarsi nella sua stanza, e un sorriso le si stampò sul volto.
Iniziò a girare tra gli scaffali.
Decise che quella sarebbe stata la sua libreria.

Uscì dopo quasi un’ ora con in mano una busta piena di libri.
Pensò che la sera avrebbe mangiato tailandese sfogliando Jane Austin.
Sorrise di nuovo.

Stava per attraversare la strada quando scattò il rosso.
Si fermò di scatto e attese la luce verde del semaforo.

Tutto stava andando bene.
Si sentiva forte.
Sicura.
Osservò qua e la.
Ormai la città non le sembrava più così grande.
Sorrise di nuovo abbassando lo sguardo.
Ma quando lo risollevò, quel sorriso svanì lasciando spazio allo stupore e allo sgomento.

Capelli neri.
Jeans larghi.
Maglietta sollevata a tre quarti sul braccio.
E un libro.
Un libro arrotolato, e infilato nella tasca posteriore dei jeans.

Non poteva sbagliarsi.
Era lui.
Quel ragazzo che le aveva fatto mettere in discussione tutto anni fa.
Quel ragazzo che le aveva fatto scoprire tanto emozioni, e che l’ aveva fatta soffrire.
Quel ragazzo che le disse “ti amo”, e poi andò via.
Quel ragazzo che le chiese di andare con lui, sapendo che gli avrebbe detto no.
Quel ragazzo che ora camminava svelto tra la folla, con il solito libro arrotolato nella tasca posteriore dei jeans, e i capelli neri.

Rory: jess…

Rimase ferma a fissarlo, e non si accorse che il verde era scattato.

La gente iniziò ad attraversare la strada e lei lo perse di vista.
Impulsivamente attraversò veloce, e tentò di seguirlo.
Lo rivede pochi metri più avanti che camminava.
Dove stava andando?
A lavoro?
O forse a casa?

Senza accorgersene lo seguì fino a quando non lo vide entrare in un palazzo.
Si fermò dietro un muro, e respirò affannosamente.
Che stava facendo?
Che ci faceva lì?
Che stupida.
E se l’avesse vista?
Non doveva forse evitarlo?
E invece l’ aveva seguito probabilmente fino a casa sua.

Si staccò dalla parete e tornò indietro.

Per tutto il giorno non fece altro che pensare a lui.
A quel palazzo.
A quella strada.
Meglio non dimenticare l’indirizzo.
Lo segnò su un foglio.

Un attimo.
Ma che stava facendo?
Era impazzita?
Segnava l’indirizzo sul foglio per non dimenticare qualcosa che non avrebbe mai dovuto sapere.
Si.
Era senz’altro impazzita.

Quando si svegliò il giorno dopo, aveva ancora la sua immagine fissa nella testa.
Si mise le mani sulla fronte cercando di cacciarla via.

“vuoi smetterla”?
lo ripeté continuamente.
Ma non vi riuscì.

Perché lo aveva incontrato?
Stava filando tutto liscio.
Lei stava finalmente bene.
Perché? Perché adesso?

Rifletté tutta la mattina, e un pensiero non faceva che girarle in testa.
No.
Non poteva.
Non doveva.
Ma il suo corpo non ascoltò i suoi pensieri razionali.
Ed eccola lì.
Di nuovo dietro quel muro.
Ad aspettare chissà cosa.

Forse doveva davvero andare via…
Stava rischiando troppo…

o forse, doveva solo trovare il coraggio di attraversare la strada e varcare la soglia...
 
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Pheebe
view post Posted on 24/10/2004, 13:12




appartamento 3b


era lì, in piedi sul bordo del marciapiede.
Le sarebbe bastato fare qualche passo per arrivare dall’ altra parte.
Ma no.
Era troppo rischioso.
Stupido.
Andava tutto bene, perché complicare le cose adesso?
Era stata dura con lui, è vero, ma perché?
Perché doveva risolvere anche quella questione?
Infondo lo aveva trattato come meritava.
Lei aveva messo in dubbio tutto per lui.
E come l’aveva ripagata?
Andando via.

No, no.
Non doveva chiarire niente.

Si voltò e diede le spalle alla strada.
Era decisa ad andare via.

“Farò finta di non averlo visto”

lo ripeté a se stessa mille volte, ferma, su quel marciapiede.

Ordinava a se stessa di muoversi.
Ma le gambe non l’ ascoltavano.

Si voltò di nuovo.

Non poteva rimanere lì tutto il giorno.
Stette ferma altri 5 minuti.

Poi, prese coraggio e attraversò la strada.

Era dall’ altra parte.
Il grande era fatto.
Adesso doveva solo entrare.

Stava per fare il primo passo, quando si fermò di nuovo.
Era entrato nel palazzo, ma non sapeva se quella era davvero casa sua.
Si ritrovò nel panico.
Si sentì sciocca.

Uscirono in quel momenti dei signori in cappotto.
Senza pensarci rivolse loro la parola.

Rory: scusate
Signori in cappotto: si?
Rory: sapete per caso se Jess Mariano abita qui?
Signori in cappotto: Jess Mariano? Certo, secondo piano appartamento 3b.
Rory: ah, grazie.

Guardò quei signori in cappotto allontanarsi.
Adesso non aveva più scuse.
Entrò e salì le scale.

Arrivò al secondo piano.
Si guardò intorno.
Dove poteva essere l’ appartamento?
Iniziò a gironzolare per i corridoi.
E finalmente lo vide.
3B.

il cuore iniziò a batterle forte.
Era agitata e non sapeva il perché.
Perché?
Perché?

Poteva andar via, ma non lo faceva.
Si avvicinò alla porta.
Alzò il braccio per bussare, ma si fermò.
Guardò a terra.
Chiuse gli occhi e respirò.
Doveva stare calma.

Basta.
O bussava o andava via.
Doveva decidere.
Alzò il pugno e bussò un paio di volte.

Non poteva crederci.
L’aveva fatto.
Che stupida.
E se non fosse stato solo?
Oh dio.
No.
Che stupida.
Si voltò, ma era troppo tardi.

Sentì la porta aprirsi.

Era di spalle.
Poteva correre.
L’avrebbe presa per pazza, ma almeno non avrebbe saputo che era lei.
Infondo era cambiata dall’ ultima volta.
I capelli più lunghi.
E lei…
Lei era di spalle.
Non poteva averla riconosciuta.

Stava per andar via.
Ma lui parlò.

Jess: rory?

La sua voce tremava.
Sentir pronunciare il suo nome la fece sussultare.

Lui rimase lì fermo a fissarle i capelli.
Le spalle.
Le braccia sottili.
Non poteva essere lei.
Perché sarebbe dovuta venire?

Scosse il capo per cancellare la sua immagine.
Ma quando alzò gli occhi convinto che non sarebbe stata lei, quella che avrebbe visto, incrociò i suoi occhi.
Lì di fronte a lei.
Quei bellissimi occhi azzurri.

Rory: ciao

Non rispose.
Non poteva risponderle.
Non sapeva nemmeno cosa provava.
Era felice?
Triste?
Arrabbiato?
Stupito?

Rory: dovevo aspettarmi una reazione del genere

Distolse lo sguardo imbarazzata mentre lui continuava a fissarla attonito.

Rory: credo, credo che…
Jess: che ci fai qui?
Rory: beh, io, ero ferma, aspettavo che il semaforo fosse verde, e ti ho visto passare, non ero sicura fossi tu. Hai i capelli corti, e l’ultima volta che ti ho visto invece…beh io, ti ho visto, e ho visto che venivi qui, allora ho pensato che abitassi qui, e ieri non ho fatto che pensarci, e allora oggi senza rendermene conto sono stata più di un’ora di sotto per decidere se salire o no e …
Jess: ferma, ferma

Lo guardò ancora più imbarazzata.
Doveva sembrargli proprio una stupida.

Jess: tu mi hai visto passare e mi hai seguito?
Rory: beh, non ti ho seguito…cioè, io, dovevo andare dalla stessa parte, e tu mi stavi davanti e allora ho visto che…
Jess: entravo nel palazzo e hai pensato potesse farmi piacere vederti?
Rory: no, no, io non ho pensato niente del genere, solo che…
Jess: non posso credere di stare facendo questo conversazione, e con te poi…

Si grattò la fronte scuotendo la testa.

Jess: senti io ho da fare, stavo lavorando, quindi vattene per favore tanto non abbiamo niente da dirci.

Stava per chiudere la porta, quando la sentì parlare.

Rory: mi dispiace
Jess: cosa?
Rory: mi…mi dispiace
Jess: la discussione si fa interessante

si appoggiò allo stipite della porta.

Jess: sentiamo, di cosa ti dispiace?

Non gli rispose.

Jess: di non aver risposto quando ti ho detto che ti amavo? O forse di avermi trattato come se fossi pazzo quando sono venuto a yale da te? Non so, sono davvero indeciso. Perché non mi dai una mano a scegliere? Dimmelo tu perché sei dispiaciuta?
Rory: io, io…
Jess: non ci provare adesso a fare la piccola bambina indifesa perché questa scena l’ho già vista.
Rory: io non potevo venire con te
Jess: ah è così? Adesso dici che non potevi, ma allora mi hai detto che non volevi, che è diverso.
Rory: io non…
Jess: io non cosa? Cosa rory? Cosa dannazione?

Abbassò lo sguardo.
Non poteva guardarlo.

Jess: io sono venuto da te, e ti aperto il mio cuore. Quando stavamo insieme mi hai accusato sempre di essere chiuso, di non parlare, e quando l’ho fatto tu come hai reagito? Cacciandomi. Non mi hai nemmeno ascoltato.
Rory: si, si che ti ho ascoltato.
Jess: no, non mi hai ascoltato altrimenti adesso non staremmo facendo questa conversazione.

Lo guardò e le si fecero lucidi.
La guardò e sentì la rabbia crescere.
Era bellissima.
Nonostante tutto.
Era sempre bellissima.

Jess: senti, non so nemmeno perché ti sto dicendo tutto questo, quindi, per favore davvero, vattene.
Rory: lo so che mi odi. Ma, io, per favore voglio solo parlare.

La guardò senza replicare.

Rory: per favore, ti prego…

Era lì di fronte a lui.
L’aveva odiata, ma nonostante tutto non riusciva a chiuderle la porta in faccia.
Non doveva cedere.
Lo sapeva.
Se avesse ceduto, non ne sarebbe più uscito.
Ma la testa, si sa.
Non ha mai la meglio.

Si spostò dallo stipite, afferrò la maniglia e aprì bene la porta.
Fece un segno con la testa per invitarla ad entrare.
Lei lo guardò un attimo, poi avanzò.
Entrò in casa.
Lui fu fermo un paio di secondi, poi richiuse la porta.

Di nuovo vicini.
Di nuovo l’uno di fronte all’ altra.
Cosa sarebbe successo stavolta?
 
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Pheebe
view post Posted on 24/10/2004, 17:06




Mi dispiace.


Non le sembrava vero di essere a casa sua.
Era in piedi in mezzo alla stanza, e fu stupita di vedere quante cose le piacevano di quella casa.
Senza accorgersene iniziò a sorridere.
Lui lo notò.

Jess: lo so che non è il massimo, ma ridere del mio appartamento non è molto gentile.
Rory: non sto ridendo dell’ appartamento.
Jess: quindi ridi di me? Beh potrei anche cacciarti via per questo.
Rory: no, no. Non rido nemmeno di te.
Jess: e cosa allora? Sei semplicemente felice di essere riuscita a vincere ed entrare in casa?
Rory: guardavo che, l’ appartamento, si, insomma, come l’hai sistemato, è molto simile al mio.
Jess: cosa?
Rory: si. Per esempio, quella libreria, io ne ho una esattamente nello stesso punto. E anche la cucina, ha gli stessi colori della mia, ed è di uguale grandezza. Beh veramente la tua è un po’ più grande, ma i colori, i colori sono gli stessi.
Jess: io ci sono stato a casa tua, e non ha niente a che fare con quest’ appartamento.
Rory: beh, si, a stars hollow. Ma qui a new york…
Jess: aspetta, ferma. Adesso abiti qui?
Rory: beh, pensavo l’avessi capito visto che prima ti ho detto che ti ho visto passare per strada aspettando il semaforo, e poi ti ho…
Jess: questo l’ho capito, ma perché? Perché vivi qui?
Rory: beh, diciamo che, non potevo restare a stars hollow…
Jess: cos’è hai litigato con tua madre?
Rory: no, no, con lei va bene adesso. Cioè, meglio, si va meglio.
Jess: e allora perché vivi qui?
Rory: beh è complicato…
Jess: di qualcosa dobbiamo pur parlare no?
Rory: io preferivo l’ arredamento
Jess: io no

Abbassò lo sguardo.
Capì che era davvero arrabbiato con lei.
Lo aveva ferito tanto, e per la prima volta se ne rendeva conto.
Per la prima volta capiva quanto fosse stata dura con lui.
Per la prima volta mise indubbio il fatto di aver avuto ragione…

Jess: allora?
Rory: allora cosa?
Jess: beh sei venuta tu qui. Mi hai evitato di chiuderti la porta in faccia. Hai detto che volevi parlare, quindi, avanti, parla…

Aveva ragione.
Ma cosa poteva dire?
In verità non sapeva che argomento avrebbe potuto trattare.

Si morse le labbra guardandosi intorno.
Il silenzio era imbarazzante.

Jess: rory?
Rory: si?
Jess: perché sei venuta?
Rory: io
Jess: non dirmi che volevi parlare, perché non ci sono argomenti che possiamo trattare senza essere imbarazzati nel parlarne
Rory: beh noi parlavamo molto
Jess: prima che tu mi trattassi in quella maniera
Rory: prima che tu scappassi via senza dirmi niente.
La guardò sorpreso.
Aveva ancora la capacità di avere l’ultima parola.

Jess: ok, siamo pari

Rory sorrise.

Jess: vuoi qualcosa da bere?
Rory: sei imbarazzato?
Jess: cosa?
Rory: beh, se sei imbarazzato, e offrirmi da bere può allentare la tensione, allora si, accetto l’offerta.

Jess sorrise ricordando l’ episodio a cui si riferiva.

Rory: allora?
Jess: si, offrirti da bere potrebbe aiutarmi
Rory: beh, allora si

Si alzò.
Si diresse verso la cucina, e aprì una credenza.
Cacciò una tazza e la riempì di caffè.

Rory: hai solo caffè?
Jess: cosa?
Rory: beh, hai preso direttamente quello, quindi…
Jess: veramente in frigo c’è succo d’arancia, birra e acqua gassata, ma ho pensato che volessi una tazza di caffè
Rory: beh, mi conosci ancora bene allora…
Jess: già, evidentemente si…

Le porse la tazza, poi si risedette sullo sgabello lasciato poco prima.
Lei bevve qualche sorso.
Continuò a guardarsi intorno e notò una cosa che non avrebbe mai pensato di trovare lì.

Rory: cos’è quello?
Jess: cosa?
Rory: quello?
Jess: un computer
Rory: e cosa ci fa qui?
Jess: ah ah, spiritosa, lo uso per lavorare.
Rory: allora era vero che stavi lavorando
Jess: certo, credevi l’ avessi detto per farti andare via?
Rory: si
jess: beh ti saresti sbagliata.
Rory: evidentemente si, mi sbaglio su molte cose ultimamente.

La osservò attentamente e notò nel suo sguardo qualcosa di diverso.
Non riuscì a capire cos’ era, ma sapeva che c’era qualcosa che gli nascondeva.

Lei si avvicinò alla libreria e iniziò a guardare i libri.
Ne prese uno.

Rory: questo te l’ho regalato io
Jess: già, è un bel libro, sarebbe stato un peccato gettarlo solo perché ero arrabbiato con te
Rory: già

Lo rimise a posto.
Jess: senti rory, adesso basta. È da stupidi stare qui cercando di fingere che non sia successo niente.
Rory: io non sto fingendo
Jess: io si perché sono arrabbiato, e sto cercando di non esserlo, ma sinceramente non capisco il perché.

Posò la tazza sul bancone.

Jess: io sono arrabbiato, e voglio esserlo perché te lo meriti, e non voglio star qui come uno stupido a guardarti mentre giri per il mio appartamento, perché non è giusto, non è giusto che tu sia qui. Non così.
Rory: mi dispiace
Jess: io dubito che tu sappia veramente cosa significa essere dispiaciuti
Rory: cosa?
Jess: perché sei venuta?
Rory: te l’ho detto
Jess: vuoi parlare? Bene, parliamo allora, altrimenti vattene perché vederti lì, in piedi, io…io non lo sopporto.
Rory: tu…
Jess: io cosa?
Rory: tu non capisci
Jess: non capisco? Ma cosa dovrei capire?
Rory: perché non sono venuta con te
Jess: cosa?
Rory: credi che la mia vita dopo averti rivisto sia stata facile? Credi che me la sia spassata ridendo alle tue spalle mentre tu soffrivi ferito? Beh ti sbagli
Jess: e allora dimmelo tu, dimmelo tu perché non se venuta con me, avanti
Rory: tu, tu…
Jess: io cosa?
Rory: tu non dicevi sul serio
Jess: cosa?
Rory: per te era una sfida io lo sapevo (la voce iniziò a tremarle) volevi solo dimostrare che ci saresti riuscito, e poi te ne saresti andato, di nuovo. Mi avresti lasciata da sola e allora che cos’avrei fatto?

Si mise le mani tra i capelli e iniziò a piangere.
Non sapeva il perché, le lacrime iniziarono a scivolarle sulle guance e non poté fermarle.

Jess: è per questo? E per questo che mi hai detto di no? Che mi hai mandato via? Perché credevi che me ne sarei andato?
Rory: lo avresti fatto io lo sapevo, non potevo, non potevo rischiare di nuovo…
Jess: e così mi hai fatto trascorrere i mesi più brutti della mia vita solo perché avevi paura?
Rory: io non potevo
Jess: beh allora avresti potuto parlarmene, avremmo potuto chiarire
Rory: ma chiarire cosa? Cosa? L’ ultima volta sei rimasto per chiarire? Mi hai dato il tempo di chiederti spiegazioni?
Jess: era diverso e lo sapevi
Rory: come? Come facevo a saperlo con certezze? Solo perché mi avevi detto che mi amavi?
Jess: si! (alzò la voce) io ti amavo dannazione, dovevi credermi per questo!

Rimasero zitti entrambi.
Si fissarono per qualche minuto.
Lei non riusciva a smettere di piangere.
Lui non riusciva a smettere di guardarla.

Jess: non posso crederci

Si passò una mano tra i capelli
Rory: dopo quella sera, io…io…è stato per te che io…

Jess la guardò mentre continuava a piangere e non riuscì ad odiarla.
Non in quel momento.

Jess: ma che stai dicendo? Che hai fatto?
Rory: io…ho…ed è stato perché…

Ecco.
Era chiaro adesso.
Sapeva il perché.
Sapeva tutto adesso.
E non poteva restare.
Non poteva rimanere lì a piangere mentre si accorgeva di tutto e lui la guardava.
Doveva andare via.

Rory: oh mio dio

Si coprì la bocca con una mano.
Alzò lo sguardo e lo vide mentre la guardava.
Quegli occhi…
Non poteva rimanere lì mentre quegli occhi la fissavano

Corse verso la porta e l’ aprì velocemente.

Jess: aspetta dove vai?

Non riuscì a fermarla.
La porta si richiuse velocemente.
Non riuscì nemmeno a guardarla negli occhi un’ultima volta.
Udì solo due parole mentre usciva dall’ appartamento.
E le fissò in testa mentre sbatteva la fronte contro la porta...

“Mi dispiace”
 
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Pheebe
view post Posted on 25/10/2004, 19:13




finalmente, capire...


corse giù per le scale.
Fu fuori in pochi secondi.
Le mancava il respiro, e non riusciva a smettere di piangere.

Tutto quello che aveva fatto.
Tutto quello che credeva fosse giusto.
Adesso sapeva.
Sapeva perché l’aveva fatto.

Dean.
Era sicura che non l’avrebbe mai tradita.
Non l’avrebbe mai fatta piangere.
Non l’avrebbe mai fatta soffrire.
Ne era certa.
E invece eccola lì.

Era fuggita da lui.
A new york.
Aveva ritrovato jess.
Si era chiesta perché lo aveva incontrato in quel momento.
E adesso lo sapeva.
Finalmente sapeva tutto.

Camminò tutto il pomeriggio senza mai voltarsi indietro.
Riusciva solo a pensare a come era stata stupida.
Aveva avuto tutto quello che voleva a pochi centimetri di distanza.
Avrebbe dovuto solo allungare la mano, e sarebbe riuscita a stringerlo a se per sempre.
Ma non l’aveva fatto.

E adesso.
Lui l’odiava più di prima.
Era andata a casa sua.
L’aveva convinto a parlare e poi…
Era scappata.

Non sarebbe più potuta andare da lui.
Cosa gli avrebbe detto?
E se avesse saputo?
No.
Non doveva più pensarci.
Se avesse scoperto la verità, la verità su dean…
L’avrebbe odiata ancora di più

Aveva fatto l’amore con lui il giorno dopo…
Come avrebbe potuto spiegargli?
Non avrebbe capito.
Nemmeno lei capiva come aveva fatto…

Si fermò di scatto.
Cercò di recuperare l’orientamento.
Per fortuna non era lontana da casa.
Arrivò sotto il portone.
Salì le scale.
Aprì la porta e in pochi minuti fu sotto la doccia.

Ma l’acqua non riuscì a portar via la preoccupazione.

Cercò per tutta la sera di non pensarci.
Ma ormai era impossibile.
Non poteva.

Non avrebbe mai voluto che scoprisse tutto.
Ma ormai non poteva stargli lontano.
Finalmente capiva.
Capiva ogni cosa.
La fuga.
Il timore di deludere le persone che ami.
Il silenzio.

Capiva tutto.

E dovevo vederlo ancora.
Dirgli che aveva sbagliato.
Dirgli che capiva il suo comportamento.
Chiedergli di perdonarla per quello che aveva detto.
E per quello che aveva fatto, anche se lui non l’avrebbe mai scoperto.

Non doveva scoprirlo assolutamente.

La mattina dopo si svegliò presto.
Si preparò e andò a lavoro.
Finito il turno, tornò a casa e, fatta una doccia, uscì di nuovo.
Andò sotto casa sua, e stavolta trovò presto il coraggio di salire.
Le rampe sembravano non finire mai.
Arrivò di fronte la sua porta.
Bussò.
1.
2.
3 volte.

Non era in casa.
Aspettò per qualche minuto, poi decise di andar via.
Scese le scale rapidamente.
Aveva gli occhi bassi e non vide la persona che gli andava incontro.
Gli sbatté contro.

Rory: mi scusi

Alzò lo sguardo, ed eccoli lì…quegli occhi…

Rory: ciao
Jess: adesso mi dirai che ti trovavi qui per caso?
Rory: ti cercavo
Jess: wow. Ieri sei praticamente scappata, dopo che eri venuta tu da me, ed ora vieni addirittura a cercarmi? Stiamo facendo passi da gigante!
Rory: io volevo scusarmi
Jess: 2 volte in due giorni, altro cambiamento.
Rory: jess per favore ascoltami
Jess: no, ascoltami tu, e davvero stavolta! Io non lo so perché sei qui, non so perché continui a cercarmi e non so precisamente cos’hai in mente, ma non voglio saperlo.
Rory: no aspetta tu non capisci
Jess: sei tu a non capire. Quella sera, nella tua stanza, io…io ero pronto a tutto per te, e tu mi ha rifiutato
Rory: ma
Jess: non mi interessa sapere perché l’hai fatto, voglio solo smetterla di sentirmi in questo modo perché non mi piace, non mi piace più sentirmi così per te

Lo fissò.

Jess: non so cosa ti sia successo, ma io non voglio entrarci, non voglio entrare più nella tua vita, e soprattutto, non voglio che tu entri nella mia…

Abbassò lo sguardo.
Era finita.
Era tardi.
Non poteva fare niente.
Sentiva i suoi passi sempre più lontani, su per le scale.
La odiava davvero.

Era finita

Doveva solo uscire dal portone e andare via.
Dimenticare tutto.
Dimenticarlo.

Ma non avrebbe mai potuto ricominciare senza prima chiarire.
Non avrebbe mai voluto ricominciare senza parlare con lui.

Salì su per le scale e lo vide aprire la porta.

Rory: adesso io ti capisco

Si voltò a guardarla.

Rory: lo so che mi odi. Ma anche io ti ho odiato, e ti ho ascoltato ugualmente. Alla festa, nella mia stanza a yale, io ti ho ascoltato anche se credevo di odiarti. Quindi adesso me lo devi.
Jess: io non ti devo niente
Rory: allora cos’hai da perdere?

La fissò

Rory: voglio solo che mi ascolti, e poi potrai fare quello che vuoi.

Stava per convincerlo, doveva solo dire qualcosa…

Rory: infondo, ti sto dando la possibilità di avere l’ultima parola, vuoi farti scappare l’occasione?

Si voltò di nuovo e le sorrise.
Aprì la porta ed entrando la lasciò aperta.
Lei rimase immobile.

Jess: hai intenzione di restare lì tutto il pomeriggio?

Ce l’ aveva fatta.
Adesso, avrebbe potuto chiarire tutto.
Avrebbe potuto guardarlo di nuovo.
Avrebbe potuto dirgli tutto quello desiderava.

Adesso lo capiva.
Lo capiva finalmente.
Doveva solo trovare il modo, per farsi capire allo stesso modo anche da lui.
 
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Pheebe
view post Posted on 25/10/2004, 20:56




Perchè sentirsi così?


Entrarono in casa.
Jess sistemò i pacchi sul bancone.
Mise a posto tutto mentre lei lo guardava.
Doveva essere davvero pazza per stare lì a guardarlo mettere in ordine la spesa.
Cosa gli era saltato in mente?
Scosse il capo.
Basta, basta fuggire.

Jess: spero che stavolta arriverai presto al dunque
Rory: scusami
Jess: questa è la terza volta che ti scusi. Ma non sono sicuro di capire il motivo.
Rory: per quello che ho fatto
Jess: che hai fatto quando?
Rory: alla festa, a yale…
Jess: allora pensiamo alla stessa cosa
Rory: io sono stata una stupida, e mi dispiace, mi dispiace tanto
Jess: credi che basti dire “mi dispiace” e tutto tornerà a posto?
Rory: dimmi cosa vuoi che faccia?
Jess: niente, non voglio che tu faccia nulla, è tardi ormai
Rory: no, non lo è, non è tardi.

Gli si avvicinò.
Lui la guardò sorpreso.

Rory: adesso io ho capito, ho capito tutto. Ho capito perché ero arrabbiata con te, ho capito perché non ti ho risposto alla festa, oltre al fatto di essere sotto shock. Ho capito perché non sono venuta con te, e perché ti ho trattato in quel modo.
Jess: e lo hai capito in mezza giornata?
Rory: si! Cioè, no, io rifiutavo di guardare in faccia alla realtà, perché dovevo convincermi che quello che facevo era giusto, ma non lo era, io ho sbagliato tutto.
Jess: meglio tardi che mai
Rory: no, ti prego non fare così
Jess: così come?
Rory: come se non mi stessi ascoltando
Jess: che dovrei fare? I salti di gioia perché hai capito? Credi che in questi mesi sia stato qui ad aspettarti?
Rory: vivi da solo no?
Jess: cosa centra? Potrei benissimo essere fidanzato, potrei star progettando le mie nozze e tu non sapresti niente
Rory: no, non è possibile
Jess: certo che lo è
Rory: no, perché ti conosco
Jess: prima forse, adesso non più
Rory: si invece. Adesso ti capisco anche più di prima
Jess: solo perché sei scappata di casa e adesso vivi qui? Questo secondo te basta per conoscermi e capirmi?
Rory: io
Jess: no, rory tu non capisci nulla. Non hai mai cercato di capire.
Rory: no, non è vero, ho sempre…
Jess: sempre cosa? Mi hai sempre accettato così com’ero?
Rory: si
Jess: per favore, non farmi ridere
Rory: io ti ho sempre voluto per com’eri
Jess: hai sempre cercato di cambiarmi, perché diventassi come dean
Rory: non voglio parlare di dean
Jess: beh strano perché quando stavi con me ne parlavi sempre!
Rory: sono cambiata
Jess: perché ti dovrei credere?
Rory: perché io avrei dovuto credere te allora?
Jess: tu non l’hai fatto
Rory: beh allora sii migliore di me no?

La fissava.
Non riusciva a capire cosa volesse da lui.
Erano passati due mesi.
Nessuna notizia.
Nessuna telefonata.
Solo il ricordo di lei che lo rifiutava.
Come faceva adesso a cancellare tutto?
Non poteva…

Abbassò lo sguardo.
Cercò di recuperare la calma.

Rory: tu…non mi perdonerai mai vero?
Jess: ma perché? Perché t’ importa quello che penso?!

La fissò.
Lei abbassò lo sguardo.
Sospirò.

Rimasero in silenzio per un po’.
Nessuno dei due parlava.
Nessuno dei due faceva un passo.

Fu lei a rompere il silenzio.

Aprì la borsa.
Prese una penna e si avvicinò al bancone.
Scrisse qualcosa su un foglio e glie lo porse.

Rory: è il mio numero di cellulare e il mio indirizzo.

Non fece una passo.
Fissò il foglio senza prenderlo.

Rory: va bene

Abbassò la mano.

Rory: lo lascio qui

Posò il foglio sul bancone.
Si allontanò verso la porta.

Rory: jess…

Lui si voltò verso di lei.
Lei rimase voltata verso la porta.

Rory: lo so, che ti ho fatto soffrire, e, non ti dirò che non volevo, perché io volevo ferirti. Sono stata ottusa, e forse davvero non ti ho ascoltato in camera mia, ma…tu non sei l’unico che ha sofferto. Anche tu mi hai fatto male…

Aprì la porta ed uscì.
Lui rimase immobile a fissare la porta chiusa.
Abbassò lo sguardo.
Poi guardò il foglio sul bancone.

Perché doveva sentirsi in colpa?
Per una volta non era stato lui a sbagliare, perché doveva sentirsi così?

Prese il foglio e lo strinse nel pugno e lo scaraventò al muro.
Rimase ancora in piedi in mezzo alla stanza.

Perché doveva sentirsi così?
 
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Pheebe
view post Posted on 29/10/2004, 19:04




ancora una volta...

Passò giorni a fissare la porta di casa,
a controllare la segreteria nella speranza di ascoltare un suo messaggio,
ma passarono settimane, senza che lui si facesse vivo.

Fu tentata più volte di chiamarlo.

Cercò il numero sull’ elenco, e compose il numero.
Sentì gli squilli susseguirsi, uno dopo l’altro, ma non ebbe mai il coraggio di aspettare la sua risposta.

Non faceva che pensare ai suoi occhi.
Quegli occhi attraverso cui era sempre riuscita a capirlo,
e che in quell’ appartamento invece,
mentre gli chiedeva di perdonarlo,
erano di ghiaccio.

Non aveva mai affrontato quell’ espressione…
Non rivolta verso di lei…
Era sempre stata protetta,
lui l’aveva sempre tenuta lontana da quel lato del suo carattere, o almeno ci aveva provato, e lei, era stata così stupida, solo pronta a giudicare a dirgli cosa sarebbe stata la cosa giusta…

che ipocrita…

La prima settimana andò a lavoro forzatamente.
Sarebbe rimasta a casa volentieri (per esserci nel caso avesse deciso di cercarla)

Ma lui non la cercò.
E giorno dopo giorno lei perse le speranze.

Camminava per la città con uno spirito diverso.
Affrontava tutto in maniera diversa, e non le piacque.

Pensò più volte di ritornare a stars hollow.
Era fuggita da casa per evitare un situazione ormai troppo grande,
ma lì, a new york, dopo averlo rivisto…
Si ritrovò ad affrontare qualcosa di peggio…

il rimpianto.

Cosa sarebbe successo se quella sera fosse partita con lui?
Come sarebbe adesso?
Cosa proverebbe?

Forse sarebbe fuggita anche da lì…
Forse l’avrebbe fatto…

o pensiero anche peggiore…

forse sarebbe felice…

perché, perché tutto doveva essere così difficile?
Perché doveva soffrire tanto.

Sentiva un fitta al petto di cui non riusciva a liberarsi.
Un fitta opprimente che più volte le aveva tolto il respiro mentre componeva il numero e riagganciava subito dopo.
Una fitta che più volte l’aveva svegliata nel cuore della notte.
Una fitta che improvvisamente ricomparve anche in quel momento.

Cos’era?

Il cuore iniziò a batterle forte,
Le mani a tremare.
Sentì le guance in fiamme.
Non sapeva che fare.

Si tocco la gola,
sentiva che non sarebbe riuscita a dire nemmeno una parola,
e non poteva.
Doveva preparare qualcosa.
Ma come?
Come improvvisare adesso che era lì,
in piedi, in mezzo alla caffetteria, con il vassoio in mano e la divisa rossa…

oddio, quella stupida divisa,
doveva sembrare ridicola ai suoi occhi…

quegli occhi che la fissavano,
di nuovo,
per l’ennesima volta.

Gli occhi di quel ragazzo che riusciva sempre a nascondere i suoi pensieri,
ma di cui sentiva poteva fidarsi.
Gli occhi di quel ragazzo che le aveva permesso nonostante tutto, di parlare, di avvicinarsi di nuovo tanto a lui, da poter ricordare il suo odore.
Gli di quel ragazzo che adesso la fissava attraverso la vetrata del caffè, appoggiato ad auto parcheggiata lì di fronte.

Gli occhi di jess.

Si sistemò i capelli.
Posò il vassoio sul bancone,
e cercò in qualche modo di rendersi presentabile.

Si avvicinò alla porta scorrevole.
Si fermò lì.
La porta si aprì,
e si richiuse.
Lei era ferma, immobile.
Sapeva di dover fare qualcosa,
ma non riusciva a far altro che fissarlo,
stando immobile vicino alla porta scorrevole.

Jess: credo dovresti uscire
Rory: cosa?

Si scostò dall’ auto.

Jess: non so precisamente in cosa consiste il tuo lavoro, ma stai impedendo ai clienti di entrare

Notò la gente ferma vicino alla porta,
e imbarazzata si scostò liberando il passaggio.
Uscì fuori,
e il vento freddo le impedì di arrossire maggiormente.

Si guardò intorno spaesata.
Come aveva fatto a trovarla?

Rory: che…che ci fai qui?
Jess: volevo un caffè
Rory: beh allora è una strana coincidenza
Jess: no, non credo
Rory: ci sono centinaia di caffetterie in città, e questa non è molto vicina a casa tua
Jess: questo è vero.
Rory: e allora come…
Jess: diciamo che ti ho vista passare
Rory: passare?
Jess: da casa tua fino a qui
Rory: sei venuto a casa mia?
Jess: sarebbe più corretto dire che sono stato “appostato” sotto casa tua
Rory: cosa?

Lei sorrise.
Lui non rispose abbassando lo sguardo e sorridendo a sua volta.

Rory: mi hai forse seguita?
Jess: non proprio, ma se vuoi metterla così…

Sorrise di nuovo.

Rory: non mi hai chiamata
Jess: non avrei saputo cosa dire
Rory: e adesso?
Jess: forse
Rory: forse?
Jess: si, forse…

Sapeva che sarebbe sembrata sciocca,
ma non riuscì ad evitarlo, e sorrise di nuovo…

jess: credi di poter fare una pausa?
Rory: io non faccio mai pause
Jess: beh, potresti recuperare adesso no?
Rory: forse…
Jess: forse?
Rory: si
Jess: e come potremmo appurarlo?
Rory: dovrei chiedere al mio capo
Jess: beh, allora…
Rory: non so se riuscirò a convincerla, è quella ragazza laggiù vedi

Gli indicò una ragazza all’ interno della caffetteria.

Jess: quella è una ragazza?
Rory: beh si
Jess: allora ti sarà difficile convincerla
Rory: potrei improvvisare un incontro di lotta libera
Jess: sarebbe divertente
Rory: beh, mi schiaccerebbe sicuramente, ma se può divertirti
Jess: vederti schiacciata? Sarebbe un esperienza da non perdere, ma poi, non saprei con chi andare a pranzo
Rory: potresti invitare lei
Jess: così diventerei io il pranzo…
Rory: allora cercherò di convincerla con le buone
Jess: si, ma solo per non vedermi servito con un pollo arrosto

La guardò ironicamente.

Rory: mi aspetti qui?
Jess: d’accordo
Rory: allora, torno subito
Jess: ok

La guardò mentre rientrava,
e non potè fare a meno di sorridere.

Pensò che era un pazzo ad essere lì,
cosa si sarebbero detti?
Non era ancora pronto a una cosa del genere,
ne era certo.

Ma non sarebbe voluto essere da nessun’altra parte,
se non lì,
di fronte la caffetteria a guardarla.
Ad aspettarla,
ancora una volta…
 
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Pheebe
view post Posted on 1/11/2004, 23:32




E' tardi...

Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in quella situazione,
anche se non negò a se stessa di averlo sperato,
più, e più volte durante quelle settimane passare ad aspettare una sua visita,
una telefonata,
o anche uno squillo che le lasciasse sperare che fosse lui.

C’erano state trippe parole tra loro.
Troppi sguardi lanciati con rabbia.
Come potevano adesso essere lì,
fianco a fianco,
e fingere che non fosse accaduto nulla?

Far finta di essere ancora quei ragazzi conosciutisi 2 anni prima,
e che avevano sempre trovato un argomento su cui dibattere.

Non potevano.
Non sarebbero riusciti a fingere.
E jess non ne aveva alcuna intenzione.

Jess: ti ho odiata lo sai?

lo guardò senza dire nulla.

Jess: quando me ne sono andato da Yale, credo di essere stato fermo in macchina per almeno due ore pensando a quanto ti odiavo in quel momento.
Rory: mi dispiace.
Jess: già…ti dispiace…

Si sedette su una panchina.
Appoggiò i gomiti alle ginocchia e copri la fronte accigliata con le mani.

Rory: lo so che non mi credi, ma…
Jess: ma?
Rory: farò di tutto, di tutto per farmi perdonare, per farti capire che adesso puoi fidarti di me, proprio come tu volevi che io mi fidassi di te quella sera…
Jess: ma tu non l’hai fatto, e io…io non sono mai stato noto per il mio altruismo, o la mia saggezza…
Rory: se non hai intenzione di perdonarmi, allora perché mi hai cercata?

Non potè trattenere un sorriso ironico.
Si grattò la testa e poi alzando lo sguardo,
la fissò.
Lì di fronte a lui,
l’unica persona che avrebbe voluto accanto,
l’unica persona che aveva amato,
una della tante che aveva odiato,
ma forse l’unica che avrebbe mai voluto perdonare…

Jess: quando sono venuto a cercarti quella sera…io, ero deciso, deciso ad averti, a portarti con me, a stare con te contro tutto, e tutti. Ero sicuro, sicuro di quello che potevamo essere, e quando mi hai detto di no, io, non ho odiato te…ho odiato me stesso.

Lo guardò in silenzio stando in piedi e non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo volto.

Jess: ero riuscito a perderti per la seconda volta, e mi odiavo perché non ero stato in grado di farti vedere quanto ti volevo…
Rory: jess…
Jess: sai a cosa ho pensato per l’ora successiva?
Rory: a quanto mi odiavi…
Jess: no, quello ho iniziato a pensarlo verso le 3 del mattino

Sorrise.

Jess: ho pensato che avrei fatto qualunque cosa per tornare indietro. Per fare tutto in modo diverso, per essere…un ragazzo diverso…ho pensato che sarei voluto tornare in quella maledetta stanza, quella maledetta sera, e fermarti, quando ti vidi entrare dalla porta. Non saresti mai dovuta entrare…non sarei mai dovuto salire e non avrei mai dovuto stenderti su quello stupido letto…
Rory: mi ci sono stesa anche io, tu non mi…
Jess: ma tu non sapevi, non sapevi che mi passava per la testa, non…
Rory: basta per favore…

Gli mise due dita sulle labbra.
Chiuse gli occhi e chinò leggermente la testa.

Il silenzio di quei giorni, credeva fosse la prova più difficile.

Resistere, e non chiamarlo,
dargli il tempo di capire cosa voleva…

ma sbagliava,
sbagliava di nuovo…

essere lì,
ad ascoltare tutto quello che credeva di voler sapere…

fu quella la prova più difficile.

Rory: per favore…non assumerti anche questa colpa. Stavolta, è colpa mia, solo mia, tu non…
Jess: io non riesco

Lo guardò.

Jess: sarebbe molto più facile per me se riuscissi ad odiarti…ma non ci riesco, non ce la faccio. Ho passato questi mesi convincendomi che era tutta colpa tua, che ti odiavo, che non avrei mai voluto rivederti. Ma quando sei venuta da me…anche essendo voltata, anche, avendo i capelli diversi dall’ ultima volta, la prima persona a cui ho pensato, è stata rory gilmore…

Si passo le mani tra i capelli mentre lui continuava a guardarla.

Jess: ecco perché ti ho cercata, perché se continuo ad odiarti, non riuscirò mai a dimenticarti rory…

Dimenticare?
Era questo allora quello che voleva?
Dimenticarla…

Fece un passo indietro abbassando lo sguardo.

Rory: dimenticare…

Sorrise.

Rory: come vorrei riuscire a dimenticare, vorrei essere un’ altra persona, senza dover pensare a quello che è successo, libera di poter fare qualunque cosa, di poter amare chiunque…

Sospirò.

Rory: è…è tardi e io devo andare.

Si voltò.

Rory: se quello che vuoi è dimenticarmi jess…allora non te lo impedirò…

Lui non rispose.

Si limitò a guardarla.
Ma sentire quelle parole gli fece ancora più male del ricordo di lei in quella stanza…

Voleva davvero dimenticarla?

Non riusciva ad odiarla,
ma non era nemmeno sicuro di volerla amare ancora.
cosa doveva fare?

Non riuscì a pensare ad altro mentre lei si allontanava,
mentre ricordava il loro primo incontro,
la prima chiacchierata,
il primo bacio,
il primo abbraccio,
e le numerose litigate…

voleva davvero che tutto finisse?
Voleva davvero dimenticare?
 
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Pheebe
view post Posted on 2/11/2004, 18:45




credi possa bastare?


Corse a casa.
Entrò in fretta e lasciò la porta socchiusa.
Basta.
Non poteva più rimanere lì.
Doveva andarsene.
Non ne poteva più di soffrire tanto.
Non avrebbe più sopportato di incontrarlo,
di guardarlo,
sapendo che le cose non sarebbero mai cambiate tra loro.

Si fermò nel mezzo della stanza,
con ancora dei vestiti in mano.
Iniziò a piangere.
Si inginocchio e poggiò la testa al braccio disteso sul letto.
Piangeva,
e non riusciva a smettere.
Cercò di calmarsi,
ma le lacrime non si fermarono,
e continuarono a scivolarle sul volto.

Sentì che il respiro le mancava.
Si alzò e aprì le finestre.
La corrente fece aprire di più la porta socchiusa all’ingresso,
e il cigolio della porta copri il rumore dei passi.
Passi che si muovevano verso di lei.
Passi che si fermarono alle sue spalle.

Sollevò piano la testa e si voltò lentamente.
Lui era chino.
Inginocchiato dietro di lei che la scrutava.
Come se, guardandola,
riuscisse a capire le sue emozioni…

le accarezzò il volto con una mano,
mentre lei immobile non riusciva a dire nulla.
Perché era lì?

Rory: che…

Le sfiorò le labbra con le dita.
E continuò a guardarla.
Aveva sempre creduto di essere più forte,
più forte delle sue emozioni,
più forte di qualunque desiderio.
Ma ora,
di fronte a lei,
inginocchiata sul pavimento,
non riusciva a fare altro che guardarla…
non voleva fare altro, che guardarla…

il suo tocco.
Sulle labbra.
Sulle guance,
per poi seguire i lineamenti delle sopracciglia,
e spostarsi sui capelli.
Chiuse gli occhi
Mentre ancora piangeva,
e cercò di memorizzare quella sensazione,
di calma,
paura ed estasi,
gioia e dolore…
aprì di colpo gli occhi
ed allontanò la sua mano.

Rory: che vuoi ancora? Pensavo di averti dato quello che volevi, lo hai detto tu, ed io ti ho accontentato, ma adesso vattene, smettila di torturarmi.

Si alzò
Voleva allonntanarsi,
ma lui la fermò,
le prese un braccio,
stringendo il polso sottile in una mano,
la spinse verso di se e l’ abbracciò.

Adesso poteva sentire il suo battito,
non avrebbe più immaginato,
o supposto cosa provava avendola vicino,
adesso sapeva,
sentiva il cuore battergli forte nel petto,
la mano tra i capelli,
tremare a quel tocco.

Adesso sapeva.

Rory: jess…
Jess: stiamo solo così per un po’, ok?

Non pronunciò una sola parola,
gli rispose abbracciandolo forte,
stringendo tra le mani il maglione nero che la separava dalla sua pelle.
Sentì il suo odore,
e desiderò solo di rimanere così per sempre.

Sentirono un rumore.

Jess: cos’è stato?
Rory: il mio stomaco

Sorrise.

Rory: non prendermi in giro, non ho mangiato
Jess: potrei offrirti il pranzo allora…
Rory: l’ho già sentita questa
Jess: davvero stavolta
Rory: beh sarebbe il minimo dopo che mi hai fatto piangere
Jess: mi farò perdonare

Lo strinse forte a se.

Rory: anch’ io

Lui le baciò la testa stringendola a se.
Era meraviglioso tenerla vicino al suo corpo.
Fu come tornare indietro, a quando tutto tra loro era perfetto…
Ma forse, nel passato,
non c’era mai stato un momento più perfetto di quello…


Era davvero tutto perfetto?
O si trovava ad affrontare la calma prima della tempesta?
Non sarebbe riuscita a sopportare ancora un’ altra illusione.
Non poteva, non voleva.

Si staccò da lui.

Rory: jess…tu, hai detto che…
Jess: voglio dimenticare…
Rory: si
Jess: ci sarebbero molte cose che vorrei poter dimenticare rory, ma tu…non sei una di queste, anche se volevo credere di si…
Rory: ma allora che cosa vuoi?
Jess: solo offrirti il pranzo…credi che per oggi possa bastare?

Abbassò lo sguardo sorridendo.
Annuì.

Jess: andiamo allora…

Si avviarono insieme, verso quello che sembrava un nuovo inizio.
Un inizio diverso,
forse non migliore,
ma un inizio grazie al quale avrebbero potuto conoscere davvero l’altro,
e soprattutto se stessi.
 
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Pheebe
view post Posted on 3/11/2004, 13:43




per l'ennesima volta


Le settimane che seguirono furono le più belle della sua vita.
O forse delle “loro” vite.
Era talmente felice, che pensare “forse anche lui lo è”,
non le sembrò tanto innaturale come avrebbe creduto.

All’inizio fu difficile;
ma fu quella difficoltà, anche voluta,
a rendere tutto più speciale.

Era stanca delle scelte facili,
comode,
come svegliarsi al mattino e trovare la colazione già pronta e servita a letto.
Decise che per una volta,
si sarebbe rimboccata le maniche,
avrebbe preparato da se la colazione…
o almeno, sarebbe uscita di casa e ne avrebbe comprata una!

Fu curioso conoscersi di nuovo,
e questa “nuova frequentazione”, la fece riflettere;
si erano mai davvero conosciuti?
lei troppo impegnata a cambiarlo,
e lui, forse, troppo impegnato da lei per accorgersi che ci stava riuscendo.

I primi giorni, fu imbarazzante chiamarsi,
comporre il numero, e parlare al telefono, quando per mesi non si erano nemmeno guardati, o pensati, o…qualunque altra cosa.

Gli incontri occasionali,
le telefonate fatte, dopo aver passato un’ ora ad inventare una scusa credibile.
Fu stancante,
ma meraviglioso.

Fu bello ritrovare qualcuno con cui poter parlare di qualunque cosa.
Libri, musica, film, politica,
e presto quelle uscite fatte con una scusa ben progettata,
la cui precisione avrebbe impressionato anche un tecnico nucleare,
divennero veri e propri appuntamenti,
o più correttamente, “non appuntamenti” .

Entrambi infatti, evitavano attentamente l’ argomento,
era già strano essere di nuovo l’uno accanto all’altra,
definire il loro rapporto era un passo ancora troppo grande per entrambi.

Tornavano da una serata al cinema, l’ ennesimo non appuntamento,
quando la situazione, sembrò prendere una piega diversa.

Rory: non posso credere che tu lo dica, la storia è stata eccezionale, intricata e ben scritta, e gli effetti speciali…
Jess: si, ma non dirmi che a metà del film non avevi già capito come sarebbe finita
Rory: questo perché abbiamo visto il film già 3 volte
Jess: si, è divertente distruggere i grandi registi
Rory: e fingere di essere affermati critici cinematografici
Jess: forse un giorno all’interno delle sale ci saranno le nostre foto appese al muro
Rory: si, con una taglia sulla nostra testa

Risero, e non si accorsero di essere arrivati sotto casa di lei.
Istintivamente, aprì il portone,
come se volesse invitarlo a salire,
aveva del tutto perso la lucidità,
forse a causa delle bollicine della bibita gassata bevuta poco prima,
ma lui,
jess,
lui non aveva perso la lucidità,
e si fermò lì,
sul portone.

Si guardarono entrambi e stettero in silenzio per almeno cinque minuti.
Come doveva finire?
Quale sarebbe stata la conclusione di quel non appuntamento?

Rory: tutto questo è ridicolo
Jess: dici?
Rory: si, insomma, ormai e quasi un mese che andiamo avanti così, usciamo, e poi arrivati sotto casa diventiamo come delle mummie, non riusciamo a guardarci negli occhi, ne tanto meno a comporre frasi sensate
Jess: mi sembra che tu ci stia riuscendo benissimo,
rory: questo perché ci penso dal almeno una settimana

altro minuto di silenzio.

Jess: devo andare.
Rory: no, dai, la serata non deve per forza finire, solo perché il cinema è qui vicino, e io sono già arrivata a casa e tu non vuoi salire da me
Jess: è tardi
Rory: non è nemmeno mezzanotte
Jess: domani devo lavorare
Rory: tu lavori a casa, puoi svegliarti quando vuoi
Jess: quindi subisco un processo per la mia pigrizia?
Rory: no, subisci un processo, perché non so cosa siamo, insomma, non so come devo comportarmi arrivati a un certo punto, e non voglio dover sempre inventare una scusa per chiamarti, o per invitarti a uscire
Jess: non devi
Rory: si invece, perché altrimenti so che scapperesti
Jess: rory, io non voglio
Rory: se non vuoi salire da me, va bene, parliamo qui, ma parliamone, perché questo dubbio mi sta uccidendo
Jess: ti regalerò una bella bara
Rory: smettila di scherzare
Jess: che cosa vuoi sapere esattamente da me?
Rory: cosa siamo noi? Cioè, esiste un noi? E poi, come devo chiamarti?
Jess: in che senso?
Rory: nel senso, che sei un mio conoscente? Un concittadino? Un ragazzo con cui prendo in giro i film ogni tanto, cosa?
Jess: un amico
Rory: oh ti prego, non siamo mai stati amici, siamo sempre stati “non amici”
Jess: “non amici” ?
Rory: si, siamo non amici, che escono a non appuntamenti, e sono stanca
Jess: che vuoi che ti dica?
Rory: la verità
Jess: te l’ ho sempre detta la verità
Rory: sull’ argomento che decidi di trattare, ma su di noi, su di noi, no.
Jess: forse perché non so nemmeno io cosa siamo
Rory: beh non credi sia il momento di scoprirlo?
Jess: e lo scoprirò salendo da te stasera?
Rory: no, non devi salire se non vuoi, ma almeno stasera, mentre sarai a casa, a fingere di dormire, pensa a questa tua non amica, e all’ ennesimo non appuntamento, e cerca di capire se vuoi che tutte le parole che devono descrivere il nostro rapporto vuoi che siano precedute da un “non”…

Lo guardò solo per un secondo,
poi velocemente entrò nel palazzo,
e sparì, come inghiottita dal buio delle scale.

Lui rimase ancora lì,
fermo,
a pensare,
pensare a lei per l’ ennesima volta,
pensare alle sue parole per l’ ennesima volta,
pensare che forse aveva ragione per l’ ennesima volta,
e che tutto dipendeva da lui adesso…per l’ennesima volta.


 
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25 replies since 19/10/2004, 18:28   4214 views
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