Don't Speak, ff di Elena post season4/one shot

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Elena_R
view post Posted on 13/11/2004, 20:36




Titolo: Don't speak
Autore: Elena_R
Genere: One shots
Stato: Conclusa

Commenti: Qui




Titolo: Don't speak



Riassunto: Rory ha avuto una relazione con Dean per tutta l'estate (cosa che si commenta da sola...)
Ispirazione: "Don't speak" dei NoDoubt
Comunicazione di servizio: questa ff era sul sito di Castagna, mentre ora si trova su quello di Pheebe. Probabilmente i frequentatori dei suddetti siti l'avranno già letta, ma se avete tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate...non esitate!

Le strade di Stars Hollow erano sempre perfettamente sgombre da cartacce, mozziconi di sigaretta e persino foglie cadute dagli alberi: nemmeno la natura, col suo corso naturale, sembrava riuscire a scalfire l'aura di perfezione che avvolgeva quella stupida città. Due anni prima, quando Liz lo aveva mandato dallo zio Luke in quel paradiso perduto, aveva creduto che bastasse la sua sola presenza a spezzare l'incantesimo, ma si era sbagliato, perché non è certo una sagoma disegnata sul marciapiede a cambiare le cose.
Camminava da almeno mezz'ora cercando di pestare e impolverare più superficie possibile, perché quella pulizia e quella purezza erano solo apparenti e non era giusto mostrare qualcosa che non ormai non c'era più. Accese l'ultima sigaretta del pacchetto buttando il cartoncino davanti al negozio di Taylor e infilò le mani nelle tasche della sua giacca di jeans. L'autunno era alle porte, il vento diminuiva di temperatura ogni minuto che passava e soffiava sussurrando parole il cui tono calmo poteva farle sembrare dolci e che invece erano lame affilate come coltelli. La gente non faceva altro che parlare a bassa voce, scambiarsi sguardi di cospirazione, smettere di farlo ogni qualvolta lei era nelle vicinanze. Quando era arrivato due settimane prima aveva sentito tensione e mistero aleggiare per quelle stesse strade, esattamente come ora faceva il vento. Non capiva cosa stava succedendo, perché Luke non gli aveva detto nulla.
Non aveva detto nulla riguardo il suo improvviso ritorno.
Non aveva detto nulla della sua relazione con Lorelai (li aveva trovati sul divano a baciarsi e tutto si era spiegato da sé).
Non aveva detto nulla della prima riconosciuta rovinafamiglie di Stars Hollow.
In fila alla cassa di Doose's aveva sentito Babette dire al proprietario che non si sarebbe mai aspettata un gesto simile da due bravi ragazzi come loro, soprattutto da una studentessa modello di Yale che era stata un esempio per molti ragazzini in città; nel locale Kirk aveva sospirato sostenendo che lei era sempre stata così onesta e davanti alla scuola di ballo Patty l'aveva protetta dicendo che dormire con un uomo sposato fa parte di quelle cose che capitano nella vita di tutti i giorni e a vent'anni per lei quella era stata una routine.
E allora aveva capito. Lei. Yale. Onesta. Uomo sposato.
Rory e Dean.
L'aveva vista due sole volte. La prima era stata il giorno dopo la realizzazione di ciò che era accaduto. Appena uscito dal locale e si era trovato davanti sia lei che sua madre. Un secondo lungo un'eternità in cui l'aveva vista miserabile e con l'aria stanca aveva preceduto la sua fuga: se n'era andato senza dire nulla, perché se avesse aperto la bocca molto probabilmente le avrebbe vomitato sulle scarpe.
C'erano diverse correnti di pensiero su quella storia. Alcuni dicevano che erano stati sorpresi da Lindsay in un momento di intimità, altri che lei era rimasta incinta e lui non aveva voluto saperne di un figlio, perché li avrebbe portati allo scoperto e rovinato il suo matrimonio e altri ancora avevano creduto che Rory, possedendo doti paranormali, aveva sentito che stava tornando, capito di esserne ancora innamorata e lasciato Dean per tornare tra le sue braccia.
Per lui erano tutti matti.
La seconda volta aveva tentato di parlargli. Era su una panchina a leggere e fumare. Si era seduta al suo fianco come ai vecchi tempi, ma lui l'aveva ignorata. Continuava a pensare alla loro ultima conversazione al dormitorio e al fatto che quella per lui era stata la fine definitiva di "Jess e Rory", la morte della speranza. Era certo che fosse così e non aveva la benché minima intenzione di avere a che fare con lei una volta di più.
Era finita.
Ma lei aveva parlato, pronunciato un semplice e breve "Ciao". Non le aveva risposto, poi sentito un suo sospiro.
"Jess."
No.
Aveva chiuso con violenza il libro che teneva tra le mani e si era alzato velocemente allontanandosi più che poteva, lasciandosela alle spalle. Lei era rimasta immobile sulla panchina.
Non voleva che parlasse, non voleva sentire le sue spiegazioni, non voleva le sue motivazioni. Non voleva che fingesse che tutto andava bene.
Non era così.
*
Abbandonò il vento freddo della sera ed entrò nel locale gettando il mozzicone di sigaretta il più lontano possibile dall'ingresso: Luke non lo meritava. Come al solito stava lavorando: serviva i pochi tavoli occupati muovendosi velocemente nonostante non ci fosse alcuna fretta. Lorelai era seduta al banco sorseggiando il caffè con l'espressione mesta che in quelle due settimane non aveva quasi mai abbandonato il suo viso. Sapeva che era così per via di una figlia che si era comportata in modo deplorevole nonostante i suoi consigli. Era sabato e Rory sarebbe tornata da New Haven entro pochi minuti. Fece un cenno di saluto con la testa mentre si toglieva la giacca e si avviava verso le scale che portavano all'appartamento. Chiuse la porta dietro di sé e lasciò cadere il giubbino sulla sedia, mentre i suoi occhi venivano attratti come una calamita dal borsone sdraiato di fianco al suo letto.
Che diavolo ci faceva lui lì?
Oh, certo: era stato licenziato perché Todd non gli aveva riferito i messaggi del capo e lui non era andato a lavorare. Quell'idiota. Aveva pensato di stare da Luke per un paio di giorni e finito col restare. Non ne era certo, ma forse voleva vedere come sarebbe andata a finire.
Poco prima Babette aveva spifferato che Dean si trovava a Chicago e Lindsay si era rinchiusa nella loro casa vuota dopo averlo cacciato. Kirk aveva detto che era stata Rory a decidere di lasciarlo, lui si era rifiutato di acconsentire e sua moglie li aveva sentiti discutere. Non poteva essere certo che quella fosse la realtà dei fatti, ma la congettura più probabile era stata esposta proprio dal più matto di quella città. Ironico.
Aveva sentito Dean giurare di amare solo Rory e chiedere a Lindsay il divorzio. La moglie lo aveva mandato al diavolo e se n'era andata. Lui aveva sorriso all'amante, ma lei aveva preso la strada opposta senza aggiungere altro. Le notizie correvano veloci a Stars Hollow e presto tutti avrebbero saputo anche quest'ultima ANSA.
Lei era la sua amante. Lo aveva baciato ancora. Rory aveva dormito con Dean.
La sua prima volta era stata con lui.
Con Dean.
Non sarebbe dovuta andare così.
Si mise a sedere sul divano e diede un'occhiata ai libri sul tavolino davanti a sé: Dan Brown, la guida TV, ricette di cucina, Hemingway. Il povero Hemingway.
Sai, Ernest ti avrebbe dedicato pagine straordinarie.
Perché pensi che io tenga a te?
Io...non intendevo "tenere tenere" come "tenere"...io intendo se ti piaccio un po'...non "piacere piacere"...insomma, se tu pensi a me anche lontanamente come a una persona con la quale ti faccia piacere parlare...
Cosa devi dirmi?
Ti amo.
A queste stupidate non ci vado.
Sei stato al festival dei cestini e alla maratona di ballo.
Quando volevo conquistarti, ma ora sei mia ...
Jess, aspetta... Jess, aspetta... Jess. Non qui e non adesso.
Rory piantala! Non ti ho invitata io qui, ci sei venuta da sola!
Non so cos'ho fatto.
Non hai fatto nulla.
Mi hai telefonato?
No.
Spedito una lettera?
No.
Una cartolina?
No.
Segali di fumo?
Basta.
Un bel cesto di frutta?
La prossima volta che verrò da tua nonna non l'avrò più.
La prossima volta?
Esatto.
Pensala sempre come stasera
Non ho altra scelta.
Fallo. Vieni con me. Non ci pensare.
Non posso.
Non dire "no" solo per farmi smettere di parlare o per farmi andare via. Dì "no" solo se davvero non vuoi stare con me.
No!
Hai chiuso per sempre con Dean?
Si, ormai con lui è finita.

Come era stato facile cedere all'illusione...
*
Il suo stomaco brontolava. Negli ultimi giorni non era riuscito a mangiare molto. Scendendo le scale sentì la sua voce e inconsciamente si bloccò. Aveva due possibilità: tornare in camera e morire di fame o entrare nel locale e fare finta di nulla. La seconda non era una cosa nuova, poteva farcela. Un respiro profondo, dentro e fuori, ed entrò lasciando che il suo sguardo non si alzasse dal pavimento per un solo istante. Sentiva tutti gli occhi addosso, ma si costrinse ad ignorarli e, apparentemente noncurante, afferrò al volo il panino che Luke stava per portare al tavolo di Kirk e lo morse immediatamente in modo che lo zio non glielo strappasse dalle mani e lo rimettesse nel piatto.
Concentrò tutta la sua attenzione sul cibo come se fosse l'unica cosa che aveva importanza in quel momento, come se da quel panino dipendesse tutta la sua vita. Da un lato era così, ma dall'altro... era solo la cocciutaggine infantile con cui si rifiutava di affrontare la realtà. Diede l'ultimo morso e si versò un bicchiere di caffè da portare via, mentre Lorelai parlava di Sookie e della lavata di capo data all'ultimo aiutante cuoco assunto al Dragon Fly. Da quando aveva fatto la sua comparsa nel locale aveva sentito solo la voce della Gilmore più grande e per un istante aveva creduto di essersi sbagliato, lei non c'era ed era solo uno scherzo della sua mente ormai fusa. Ma poi all'improvviso scese un silenzio quasi surreale e la sentì chiedere a Rory se si sentiva bene.
Fu un attimo in cui il suo corpo funzionò più velocemente del suo cervello e d'istinto alzò gli occhi per controllare. Aveva rovinato il suo piano alla fine, ma non poteva farci nulla, perché nonostante tutto quando si trattava di lei anche le cose più importanti passavano in secondo piano. Sarebbe stato più facile se nessuno avesse notato la sua azione, ma nel momento in cui il suo sguardo aveva lasciato il caffè, aveva incrociato quello di lei.
Non aveva niente di meglio da fare che fissarlo?
Con la stesa velocità con cui aveva distrutto i suoi propositi prese il caffè e volò fuori dal locale, mentre la porta a vetri si chiudeva dietro le sue spalle e il suono irritante del campanello risuonava nella sua testa e nelle strade della città. Entrambe vuote. Erano solo le sette di sera, ma la luna era già in netto contrasto col cielo blu rischiarato da sporadiche stelle. Nell'istante in cui toccò il marciapiede si alzò un forte vento e ovviamente era uscito senza giacca.
Voleva solo mettere qualcosa sotto i denti in pace e invece si era ritrovato a fuggire dalla sua ex.
(A Stars Hollow tutto andava sempre come avrebbe dovuto tranne quando si trattava di lui)
Rory: la sua ex. La sua ex che aveva fatto sesso col suo ex, per di più sposato.
Chissà se si toglieva la fede quando era con lei?
"Jess."
Parli del diavolo... E ancora una volta si presentavano le due opzioni scritte a caratteri cubitali sull'albero che aveva davanti: a sinistra c'era scritto di ignorarla, a destra di voltarsi e starla a sentire.
Mosse un piede a sinistra scegliendo di continuare per la sua strada. Non era il tipo di persona alla quale piaceva discutere; ci aveva provato una volta e guarda com'era finita? Lei che lo allontana dalla sua vita e diventa l'amante di Dean. Non aveva intenzione di mettere da parte l'orgoglio stavolta e continuò a fare ciò che gli riusciva meglio: fingere che lei non esistesse.
"Jess!"
Ma lei era di tutt'altro avviso. Avanzò ancora un paio di metri per buttare il bicchiere di caffè ormai vuoto nel cestino sentendola avvicinarsi sempre più.
"Rory," disse apaticamente mostrandole solo una grande indifferenza. Era la prima volta che pronunciava il suo nome da quella sera a New Haven e il suono giunse ovattato alle sue orecchie. Ripeterlo nella testa era diverso e sentire la sua stessa voce dire quelle due sillabe gli provocava una sensazione che avrebbe preferito non provare. Faceva male.
Faceva male vederla, faceva male pensare a lei, faceva male sentirla parlare, faceva male sapere di essere stato un breve interludio nella sua passione per Dean, il belloccio onnipresente nelle commedie adolescenziali, il sogno della ragazza timida che si avvera, il primo amore, quello che non si scorda mai.
Perché Liz non l'aveva mandato a Stars Hollow un paio d'anni prima? Avrebbe potuto essere lui il sogno che si avvera.
"Mi stai evitando."
"Perspicace."
"Non scherzare, Jess. Non mi sembra il caso."
"E a me non sembra il caso di risponderti e non mi sembra nemmeno il caso di parlarti. L'ultima volta mi è bastata, ho capito l'antifona e ora sono fuori, fuori dalla tua vita. Era questo che volevi, no?"
"Jess"
"E smettila di ripetere il mio nome!" Aveva alzato la voce e l'aveva vista sobbalzare dallo spavento.
"Non comportarti come se fossi tu la vittima."
"Non lo sono. E tantomeno lo sei tu, Rory." Ed era vero, perché entrambi erano stati artefici del loro destino e non c'era nessuno da biasimare. In quel momento, mentre gli era davanti stretta nelle sue stesse braccia -perché sì, anche lei era uscita senza indossare una giacca- tremando per il freddo e pregandolo con gli occhi di smetterla con quel tono e quelle parole dure nei suoi confronti e di ascoltarla sforzandosi di capire la situazione, lui avrebbe voluto solamente alzare i tacchi e andarsene lontano, tornare sotto il sole della California, farsi un bagno nell'oceano per lavare via i ricordi legati a lei e il disappunto delle ultime settimane. Sarebbe stato più facile se avesse smesso di cercarlo. Sarebbe stato più facile se lui avesse davvero avuto la forza di andarsene e dimenticare.
"Lo so."
"Bene, abbiamo parlato. Ora ti sarei riconoscente se non mi rivolgessi più la parola, grazie." Sarcasmo: l'unico modo che conosceva per allontanare la gente. Ma lei conosceva bene i suoi metodi e non poteva funzionare.
"Ti amo."
"Come?"
"E mi manchi."
Se per tutta la durata di quella conversazione era riuscito caparbiamente a tenere lo sguardo ovunque tranne che sul suo viso, ora i suoi occhi si muovevano in automatico verso quelli di Rory e lo stupore che era certo trasmettevano eguagliava la sincerità che vedeva in quelli di lei. Si comportava come lui: gli aveva detto di amarlo e ora avrebbe preso l'auto, sarebbe sparita dietro il gas di scarico e guidato per ore fino a New York.
Perché aveva aspettato di fare sesso con Dean per essere sincera nei suoi confronti? C'era stato bisogno di trovarselo nudo nel letto per realizzare che dopotutto lui non era così male? O quello era solo l'ennesimo patetico tentativo di allontanarsi dal suo amante infelicemente sposato e riprendere in mano le redini della sua vecchia vita facendo un passo indietro?
Dean, Jess e di nuovo Dean.
Con un passo indietro tornava a Jess. Guarda caso era in città.
No, era giunto il momento di spiegarle che non era così che funzionava: non si ferivano le persone, non si giocava col dolore e non si approfittava della loro debolezza.
"Hey, forse non hai notato che i miei capelli sono corti e scuri e di certo non raggiungo un metro e ottanta. Non sono Dean, Rory, vedi? Niente grembiule da commesso."
"So anche questo."
Ora basta.
"Sono stanco di giocare. Va' a casa, va' a Chicago, va' al diavolo se serve, ma non venire da me. Tu sei andata con un uomo sposato, uno che era tuo, ma che hai lasciato. E poi lo rivuoi? E non potendo avere lui torni da me? Questa non è una telenovela e tu non sei la protagonista che ottiene sempre ciò che vuole. Non siamo tutti al tuo servizio, Rory."
"Io volevo solo spiegarti che-"
"Non mi servono le tue spiegazioni: non stiamo più insieme, ricordi? Non mi devi niente."
"Jess, ti prego..."
"So cosa vuoi dirmi," le disse sentendo la rabbia crescere ancora e sempre più. Prima o poi sarebbe esplosa. "Oh, Jess, mi sentivo così sola e lui era lì e una cosa tira l'altra ... e poi lui è Dean! Prima di te c'era lui, è importante. Sai come vanno queste cose: io volevo lui, lui voleva me... ed è divertente! Il sesso è fantastico e tra noi andava tutto bene. Se non ti fossi presentato al dormitorio a rompermi le scatole sarei stata con lui quella sera stessa! Anzi: se non ti avessi mai incontrato io e Dean non ci saremmo mai lasciati, avrei fatto sesso molto tempo prima e ora sarei IO ad avere la sua fede al dito! E' tutta colpa tua! E' questo che vuoi dirmi?"
"No."
Mentiva. Era certo che se lui non avesse mai lasciato New York non l'avrebbe conosciuta e, che dio possa aiutarlo, non se ne sarebbe mai innamorato. Rory avrebbe vissuto la sua vita perfetta, sarebbe andata ad Harvard -o forse avrebbe scelto ugualmente Yale?-, Dean le sarebbe stato sempre accanto e al momento opportuno lei avrebbe detto di sì davanti ad un anello comprato con le mance di Doosie.
Sempre meglio che gli spiccioli guadagnati servendo hamburger.
"Non volevi dirlo, ma l'hai pensato mille volte. Ti conosco."
Ti conosco.
Non mi conosci affatto!
"Se tu non te ne fossi andato l'anno scorso al suo posto ci saresti stato tu."
"Quindi è colpa mia." Visto?
"Non ho detto questo."
"E' quello che sembrava."
"Io volevo te, Jess. Stavo con te, amavo te. Ma di punto in bianco te ne vai, poi torni e te ne vai ancora. Sei tu a giocare con la mia vita e non te ne rendi conto."
Cominciava ad irritarsi fortemente. Prima negava che la colpa fosse sua, poi gli scaricava tutta la responsabilità: perché continuava a fingere di essere così ingenua? Sveglia! Non sei più la ragazzina pura di un tempo, Rory. Hai fatto sesso e sei sporca, perché il corpo che hai toccato, il corpo che ti ha toccato apparteneva ad un'altra donna e voi vi siete infangati a vicenda!"Oh, avanti!" le disse lasciando da parte l'intento di trasformare la sua metafora del loro amore in parole "Vengo da te, ti rincorro come un idiota per mezza città e ti dico che ti amo e tu non sai fare altro che guardarmi come se fossi un fantasma. Penso che sia la fine, ma ho talmente bisogno di te che decido di fare un ultimo tentativo, così ti chiedo di stare con me a tempo indeterminato, di vivere insieme perché..."tentennò: avrebbe fatto meglio a ripeterle i suoi pensieri; "perché non voglio perdermi un solo istante della tua vita, perché, anche se è stupido, penso che siamo fatti l'uno per l'altra e ci credo veramente! Però mi fai capire che non vuoi avere nulla a che fare col sottoscritto. E io lo accetto, Rory. Ma ora non dirmi che mi ami e che ti manco, perché non voglio crederti."
Perfetto. Voleva darle della sgualdrina per mettere la parola fine a quel ridicolo incontro e invece le aveva fatto una dichiarazione in piena regola. Idiota!
"Non vuoi?"
"Non ti credo. Io non ti credo."Si corresse, ma era troppo tardi. Perché faceva tanta attenzione alle sue parole?
"Jess, noi-"
"Non esiste nessun noi. C'è Rory e, a migliaia di km di distanza, c'è Jess. E poi c'è Dean e al suo fianco Lindsay. Io..."
Voleva poter tornare indietro nel tempo e cambiare le cose. Poteva ribellarsi a Liz e non arrivare mai nel Connecticut. O poteva parlare a Rory del ballo, di Jimmy, di tutto. E restare. Poteva soffrire di meno e non provare quella sensazione che avvolgeva il suo petto e lo stritolava sempre più forte.
Era stato felice con Rory. Amava Rory. Soffriva per Rory. E in quelle due settimane aveva imparato a provare un altro sentimento per Rory:
"Ti odio."
Fu tutto ciò che riuscì ad aggiungere e per un nanosecondo si sentì meglio.
Dire la verità, comunicare il proprio disprezzo senza mezzi termini era l'ultima occasione per allontanarla da sé, perché da solo non ce la faceva. L'amava talmente tanto da non riuscire a muovere i piedi e voltarle le spalle. Ma lei gli diede una mano:
"Ti ho odiato anch'io, Jess."
Era il giorno della sincerità: prima l'amore, poi il rancore. Cos'altro? Ora gli avrebbe descritto nei minimi particolari i suoi rendez-vous segreti? Rabbrividì al pensiero. Le carte erano state scoperte e non li avevano portati da nessuna parte.
"Bene" disse, e senza una sola parola in più riuscì a far muovere una gamba e poi l'altra nella direzione opposta a quella di Rory, lasciandola immobile e ancora tremante per il freddo.
Forse un giorno avrebbe resistito a sostare nella stessa stanza con lei e magari avrebbero anche parlato senza alzare la voce. Forse sarebbe persino riuscito a guardarla negli occhi per cinque secondi di fila senza immaginarla in un letto tra le braccia di un altro, ma ora doveva allontanarsi il più possibile e cercare in tutti i modi di dimenticare.
Si passò una mano tra i capelli e si accorse che erano bagnati; guardandosi intorno notò la strada ricoperta d'acqua e rise realizzando che il suo corpo era talmente intorpidito per il freddo da non aver nemmeno sentito cadere le gocce di pioggia. Il suo primo istinto fu di voltarsi e assicurarsi che si fosse messa al riparo, ma non poteva preoccuparsi ancora per lei. Non gli faceva bene.
Infilò le mani nelle tasche dei jeans ormai fradici e continuò a camminare sotto la pioggia maledicendola, perché non avrebbe potuto fumarsi una meritata sigaretta dopo essere riuscito a mettere la parola fine a quella tortura.
Avrebbe dovuto essere felice e sollevato. E allora perché si sentiva morire?
***
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Edited by Reflecting Light - 16/7/2006, 13:05
 
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