| Francis82 |
| | Sembrava impossibile, ma finalmente eccovi postato il nuovo capitolo. Per farmi perdonare, è parecchio lungo e spero tanto vi piaccia. Come ho detto in passato, per altre fanfiction… preparate i fazzoletti… Buona lettura!
Al termine della seconda rampa di scale, Rory avvertì il proprio accompagnatore con aria mortificata: “L’ascensore è rotto da più di un mese, ma l’agenzia di riparazioni non si è ancora degnata di richiamarmi!Nel frattempo, sfrutto questa seccatura per tenermi in forma… purtroppo non dev’essere così piacevole per gli ospiti, me ne rendo conto!”. Jess sorrise di quel suo atteggiamento: trovare in qualsiasi situazione il lato positivo delle cose rappresentava una delle caratteristiche che aveva da sempre amato nel suo carattere solare. La seguì in religioso silenzio fino all’ultimo piano, nascondendo abilmente il proprio respiro farsi via via più affannato. Prima di spalancare la porta di legno chiaro, sulla quale erano attaccati tutta una serie di simpatici post-it colorati con messaggi di amici e promemoria, Rory vi si fermò dinnanzi, appoggiandovi le spalle e tenendo una mano ben salda sulla maniglia: “Eccoci arrivati al mio piccolo nido felice!”. “Nido è la definizione giusta, dopo sei piani di scale…” non poté fare a meno di ironizzare lui, prendendo fiato e sbottonandosi leggermente il colletto della camicia. L’amica continuò a lanciargli avvertimenti, con l’aria imbarazzata di chi tiene in modo particolare al giudizio della persona che ha di fronte a se: “Non far caso alla pila di piatti da lavare che ti capiterà di intravedere sul lavello della cucina… ah, nemmeno al cesto di biancheria da piegare che probabilmente ho dimenticato accanto al televisore… sono stata parecchio impegnata negli ultimi giorni!” e, facendogli strada, spalancò le braccia sul salotto affacciato all’ingresso. Fin dal primo sguardo, Jess ritrovò il tocco inconfondibile di Lorelai in parecchi degli oggetti che in breve lo circondarono: da un paio di ingombranti tazze colorate improvvisatesi vasi sopra il davanzale della finestra, alla strana lampada di Hello Kitty posizionata accanto al mobiletto del telefono… ne sorrise, muovendovisi intorno incuriosito come un bambino. Rory lo precedette da perfetto cicerone, sfilandosi di dosso il cappotto e sospirando della temperatura interna, che finalmente stava ridonando alle sue gote infreddolite un po’ di piacevole tepore. “Come vedi, per quanto piccolo, ho cercato di rendere l’ambiente il più accogliente possibile! Non ti spaventare se vedi cuscini infilati ovunque: sono per i miei pisolini tra un articolo e un altro, quando i turni di stampa si fanno pressanti… in parte sono anche per amiche e colleghi che si fermano a dormire… e fidati, capita talmente spesso! Questo appartamento è un porto di mare!” commentò, buttandosi sul soffice divano di lana rossa al centro della stanza. Riviste e quotidiani ricoprivano gran parte dei mobili, insieme a pile di cd e dvd; una libreria di ciliegio, straripante di libri di ogni genere e dimensione, occupava l’intera parete a nord, mentre riproduzioni di Andy Wharol appese si muri dipinti di giallo pallido rendevano l’atmosfera ancor più colorata e allegra. Una enorme vetrata, dalle soffici tende bianche raccolte ai lati, gli parve un occhio puntato sulla vita piacevolmente caotica della Grande Mela. “Rispecchia il tuo carattere, non c’è che dire!” sospirò lui, grattandosi la nuca con aria interessata. La ragazza si sollevò di scatto, dirigendosi verso la cucina: “Ti avevo promesso un caffè, non me lo sono dimenticata!”. Jess osservò i suoi fianchi, resi ancor più femminili da una fascia di raso ben stretta in vita, muoversi con disinvoltura tra il ripiano azzurro dell’angolo cottura e il frigorifero, ricoperto di calamite che reggevano vecchi articoli del Times e fotografie di tutti i generi: alcuni scatti ritraevano Rory e la madre durante chissà quale buffa manifestazione nell’inconfondibile piazza di Stars Hollow… altri ancora amici e collaboratori dei vari giornali nei quali la giovane aveva lavorato prima di arrivare al Times. Tutto sembrò a Jess stranamente familiare e rilassante: come se, invece che da un paio di minuti, in quel luogo vi si fosse trovato da sempre. Da un lato, lo spaventò questo suo sentirsi a proprio agio: probabilmente quella visita non sarebbe durata che il tempo di un caffè… abbandonare quella piacevole sensazione per tornare alla vita di tutti i giorni, conservando tutto questo come un semplice ricordo, non sarebbe stato facile… non lo sarebbe stato perché il distacco da Rory, breve o prolungato che fosse, non era mai stato qualcosa di indolore per lui. Scacciò dalla mente ogni pensiero malinconico e decise di concentrarsi esclusivamente sul presente: “Nessuna foto con premi nobel e capi di stato?” ironizzò, spiando tra gli articoli appesi. “Quelle le conservo in un album, sono troppo preziose!” scherzò lei, sollevandosi sulle punte dei piedi, mentre la mano destra frugava in fondo alla mensola alla ricerca della scatola dei biscotti. Lasciandosi prendere dall’osservarla sgranocchiare un dolcetto e sfilarsi con naturalezza la pesante collana di perle per poi gettarla sul tavolo, il giovane riprese a parlare: “Ancora non posso credere che tu ce l’abbia fatta! Non mi fraintendere… io ero certo che saresti riuscita a realizzare il tuo sogno! Lo sai che ho sempre creduto in te. Quello che mi sorprende è che, pur essendoti trasferita e aver trasformato gran parte della tua vita, non sei cambiata… sei sempre tu… sei sempre la dolce Rory Gilmore…”. La fanciulla rimase ad ascoltarlo senza fiatare: soltanto dai suoi occhi farsi lievemente lucidi, si poté intuire che quelle frasi l’avessero colpita profondamente. Si creò istintivamente un silenzio che durò per un paio di minuti, spezzato, soltanto in seguito, dal segnale acustico della caffettiera talmente acuto da far sussultare sia la ragazza che il proprio ospite. Fu così strano per entrambi essere lì in quel momento… dopo tutto ciò che c’era stato… dopo che gli avvenimenti avevano fatto presagire, per molto tempo, un distacco quasi definitivo… La giovane si voltò per un istante verso la finestra: probabilmente fu l’impulso di voler trattenere quel mare di sensazioni nel più profondo di se stessa… celare dietro apparente tranquillità un brivido inaspettato e travolgente… Si spostò con la scusa di afferrare lo zucchero, quando il ragazzo fece per avvicinarsi: Jess intuì il motivo di quel suo sottrarsi repentino e indietreggiò. Fu come se entrambi non sapessero come gestire l’esiguo spazio che li conteneva, intenti a evitare in qualsiasi modo di superare quella distanza minima in grado di farli sentire al sicuro da possibili colpi di testa. Nel porgere la tazza fumante a Jess, tuttavia, quel confine invisibile venne per un momento oltrepassato: i delicati polpastrelli di Rory sfiorarono quelli del ragazzo… i respiri si fecero irregolari… l’adrenalina divenne qualcosa di estremamente reale e tangibile nell’aria… Jess ripeté mentalmente a se stesso che, se non fosse uscito immediatamente da quella stanza, l’autocontrollo mostrato sino a quel momento non avrebbe retto alla vicinanza dei loro corpi e, al tempo stesso, delle loro anime. Si mosse velocemente verso la porta, senza neppure guardarsi indietro: avesse continuato a fissarla negli occhi ancora un istante, non avrebbe resistito al desiderio di baciarla. Si morse le labbra, avvicinandole al bordo della tazza, e sorseggiò il liquido caldo nel tentativo di distrarre i propri sensi eccitati. I movimenti impacciati lo fecero sentire uno stupido: dopo tutto il tempo che era trascorso, si ritrovava ancora a fuggire da lei! “Dovrei chiederti scusa…” la udì sospirare. Lo sguardo perplesso dell’ospite, la costrinse a proseguire: “Ti ho privato della compagnia di una ragazza, poco fa…”. Jess riprese a sorridere, lasciandosi cadere sulla poltrona e posandovi la tazza sul bracciolo: “Parli di Francis…”. Notò con piacere una sfumatura di malizia, nel suo domandare: “Si tratta della tua fidanzata?”. Tentennò un momento prima di risponderle: è probabile che lo facesse inconsciamente per tenerla sulle spine. La scrutò di nuovo, in piedi appoggiata con eleganza allo stipite della porta della cucina… quelle sue dita affusolate che facevano tintinnare il cucchiaino sul bordo della tazza… le labbra avvicinarvisi per soffiare lontano la scia di vapore… Quando Rory rialzò lo sguardo verso di lui, sgranando i profondi occhi celesti, Jess capì che non avrebbe potuto indugiare oltre senza rischiare di apparire crudele: “No, è la mia migliore amica. So che può suonare strano, detto da uno come me… uno che di amici, veri e propri, non ne ha mai avuti!”. “Trovo che sia molto carino, invece… Ho notato che ti guardava con grande affetto, lo sai?” continuò lei, buttandosi tra i cuscini e sollevando i piedi sul divano, dopo aver fatto scivolare sul tappeto le preziose scarpette. “Mi è stata vicina nei momenti peggiori degli ultimi anni… devo ammettere di doverle molto…”. “Pensavo avessi trovato la tua isola felice a Philadelphia…” Rory si mostrò stupita da quell’affermazione. “E’ così, infatti! Però ho avuto anche momenti di abbattimento, non lo nascondo. Devo dire che Francis è stata un’ottima ascoltatrice… Quando ho avuto bisogno di sfogarmi, lei c’è sempre stata… ed io, per quel poco che ho potuto, ho cercato di essere presente nei suoi periodi neri…” raccontò lui, riprendendo a sorseggiare il proprio caffè. Rory rimase ad ascoltarlo senza fiatare: “Sono diventato talmente protettivo nei suoi confronti da finire col prendere a botte un tizio sotto casa sua…” si lasciò sfuggire una risata prima di proseguire: “Da più di un mese continuava a tormentarla con telefonate notturne e scenate di gelosia… Non potevo più restare a guardarla mentre si faceva torturare da quello stupido! Così, nascosto nell’androne del palazzo, ho aspettato che lui si rifacesse vivo e…”. L’amica si coprì la bocca con entrambe le mani, nascondendo una smorfia di simpatico disappunto: “Non posso crederci… sei sempre lo stesso…”. “Che vuoi dire?”. “Vuoi che chieda a Dean di rinfrescarti la memoria? Se non ci fossi stata io nel mezzo, vi sareste presi a botte migliaia di volte…” spiegò, finendo per arrossire. Jess divenne stranamente cupo: “Una volta mi è bastata…”. All’improvviso Rory ricordò l’episodio a cui si stava di certo riferendo il ragazzo: una bellissima serata terminata nel peggiore dei modi, con la sagoma di Jess scomparire tra pattuglie della polizia e viavai di ragazzini spaventati. Per l’ennesima volta, il passato tortuoso era venuto a bussare alla loro porta: rimasero con gli occhi bassi per qualche istante. Quando Rory li risollevò, notò Jess estraniarsi da tutto e rimanere concentrato sulla parete che gli stava dinnanzi: seguendo la linea del suo sguardo capì cosa aveva attirato la sua attenzione e ne sorrise teneramente. “Hai individuato qualcosa di familiare?”. Jess annuì, sollevandosi dalla poltrona: “Uno stile inconfondibile!” sospirò, fino a raggiungere un quadretto dalla cornice rossa un poco scolorita. Dietro il vetro, due sagome stilizzate con pastelli di cera: una dalla folta chioma di riccioli castani e l’altra paffutella e dalle gote rosse. “Doula diventerà un’artista, ne sono certa!” commentò Rory, alzandosi e portando con se uno dei cuscini stretto tra le braccia. Udì Jess abbozzare una risata compiaciuta, prima di proseguire: “E questo dev’essere il piccolo William, sbaglio?”. “Non sbagli. Sapessi che terremoto quelle due pesti insieme! Se non ricordo male, questo disegno risale a un anno e mezzo fa…” iniziò a raccontare lei, mentre gli occhi le si illuminarono di gioia: “Passai le vacanze di primavera a Stars Hollow e venni ingaggiata come loro baby sitter… Penso di non aver mai mangiato così tanto gelato come in quel periodo: ogni scusa era buona per corrompermi! Ho scoperto di possedere una certa abilità come riparatrice di bambole e trenini elettrici, sai? Fu davvero divertente… Al termine della settimana, non volevano più lasciarmi tornare a New York… il giorno della partenza William si piazzò seduto sulla mia valigia con un broncio adorabile, mentre Doula tentò di trattenermi offrendomi in pegno la sua scorta segreta di caramelle alla frutta…”. Jess ascoltò ogni singola parola con un nodo in gola che parve stringersi ogni attimo di più: non intenzionalmente, Rory aveva toccato un tasto dolente della sua vita. Uno dei rimpianti più grossi che lo avevano torturato in quei cinque anni era sempre stato la mancata presenza accanto alla sorella, quella bambina fantastica che stava diventando ogni giorno più grande lontano dai suoi occhi, dai suoi consigli fraterni, dalla sua protezione. Per non parlare del piccolo William, nato dallo splendido rapporto tra Luke e Lorelai: lo zio non smise mai di aggiornarlo, nel corso del tempo, con dozzine di fotografie che però rimasero testimonianze mute di un rapporto negato dai mille impegni e dai troppi chilometri che li avevano divisi. Preso da una scia di malinconia, Jess si lasciò andare al sentimentalismo: “Mi è dispiaciuto non essere presente al matrimonio…”. Rory non sembrò delusa, ma teneramente comprensiva: “Non devi giustificarti, Jess. E’ successo tutto troppo presto…”. Ciò a cui si riferivano le parole della ragazza era di certo il loro ultimo incontro: quella strana serata a Philadelphia, durante la quale si rese conto di essere riuscita a ferire i sentimenti di Jess più di quanto lui non avesse fatto nel periodo difficile ma indimenticabile della loro relazione. “Forse dovremmo parlarne, Rory…” sospirò lui, appoggiandosi col palmo delle mani al davanzale della finestra. La giovane si accostò al suo fianco, perdendosi ad osservare il vuoto davanti a se e mordendosi nervosamente le labbra: “Logan Huntzberger…” e, dopo un brevissimo sorriso, la luminosità del suo sguardo si spense: “Dio, sembra sia da una vita che non pronuncio più il suo nome…”. Jess la guardò con grande dolcezza: “Ho avuto la conferma che qualcosa era cambiato, entrando qui. Non c’era nulla che parlasse di lui… Non è stato difficile capire…”. La voce della fanciulla venne rotta dall’emozione: “Non ti ho mentito, Jess… lo amavo davvero… lo amavo con tutta me stessa…” disse, mentre le dita affondarono nella stoffa del cuscino che ancora teneva tra le braccia. L’amico si limitò ad annuire col capo: nonostante fosse passato tanto tempo, fu come se la ferita si fosse riaperta magicamente… sentì la gola stringersi quasi fino a fargli male… non riuscì a domandarle altro… Quando la ragazza incrociò il suo sguardo, si rese conto di non essere l’unico a soffrire profondamente a causa di quel racconto: lesse negli occhi di Rory i pesanti strascichi di una delusione ancora cocente e non ebbe il coraggio di chiederle di proseguire… al contrario, si voltò dall’altra parte. Dopo qualche istante, la ragazza gettò uno sguardo fugace oltre il vetro, poi si allontanò dalla finestra: fece qualche passo per poi lasciar ricadere il cuscino sul divano. Si voltò ancora nella sua direzione, senza però alzare mai gli occhi dal pavimento: “Mi chiese di sposarlo…”. Fu per Jess come un pugno dritto alla bocca dello stomaco: per la seconda volta, durante quella conversazione, si ritrovò senza parole. “Di tutto ciò che successe dopo ho soltanto un vago ricordo: probabilmente è qualcosa di naturale… il cervello elimina certe immagini per evitare che la sofferenza t’impedisca di andare avanti…” continuò lei, accarezzando con entrambe le mani il prezioso corpetto dell’abito, all’altezza del ventre. Jess conosceva bene quella sensazione: aveva provato quel tipo di dolore per talmente tanto tempo che a stento riusciva a rammentare come fosse stata la sua vita prima di entrare in quel tunnel infernale. Si limitò ad annuire, ancora una volta. Rory socchiuse leggermente gli occhi, nel proseguire il proprio racconto: “Se mi concentro riesco a ricordare il fruscio provocato dalla stoffa della toga mossa dal vento… il rumore dei battiti accelerati del mio cuore… la sua voce che mi diceva addio…” e, dopo una breve pausa, li riaprì: “E’ finito tutto senza che nemmeno avessi avuto il tempo di reagire”. Solo allora Jess ritrovò il coraggio di intervenire: “Mi dispiace che tu abbia sofferto…”. “E’ stata una mia scelta. Ho deciso di far prevalere il sogno di tutta una vita… sono riuscita a realizzarlo ed è soprattutto per questo che non ho rimorsi… Soltanto, non posso fare a meno di domandarmi dove sarei oggi se la mia risposta fosse stata si…”. “Non hai più avuto sue notizie?”. Dondolò il capo: “Nulla…”. Il silenzio calò di nuovo inesorabile, mentre Jess non poté fare a meno di sentirsi sollevato: in seguito a ciò che era successo durante il loro ultimo incontro, aveva avuto modo di immaginare mille possibili scenari futuri…ognuno di questi finiva per includere necessariamente il giovane Huntzberger al suo posto al fianco di Rory… Si ritrovò leggermente imbarazzato nel constatare che ogni previsione si era dimostrata sbagliata, volgendo a suo vantaggio… Guardò di nuovo Rory negli occhi, notandovi una certa inquietudine: quei ricordi le avevano fatto male… e Jess finì per sentirsi in colpa… Dopo aver rotto quel silenzio raccogliendo rapidamente le tazze ormai vuote, l’amica si diresse verso la cucina, ostentando un sorriso incerto: “Ora smettiamola con questi discorsi tristi...”. Jess attese qualche secondo, rimanendo solo davanti alla finestra: guardò le luci della festa illuminare ad intervalli regolari il profilo dei palazzi e si perse di nuovo in mille riflessioni. Ricordò l’amarezza di quell’addio… quel “Non mi merito questo, Rory…” stretto tra i denti… l’espressione colpevole dell’unica donna che avesse mai amato, scomparire dietro la porta della libreria e portare con se anche un pezzo del suo cuore… il terrore di averla perduta per sempre… le notti passate a rigirarsi inutilmente nel letto, cercando un modo per dimenticare il più in fretta possibile… Non sentendola ritornare, decise di alzarsi e raggiungerla: giunto sulla soglia della cucina, la vide asciugarsi una lacrima col dorso della mano, per poi nascondere la malinconia dietro l’ennesimo sorriso forzato. “Non devi fingere con me, lo sai…” le si avvicinò di qualche passo. “Rivederti mi ha fatto uno strano effetto, Jess. E’ come se… come se avessi portato con te un bagaglio di ricordi che non so se sono in grado di sostenere…” e un’altra lacrima finì per rigarle le guance. “Detesto vederti soffrire…” e, dopo aver abbassato lo sguardo, terminò: “Forse è arrivato il momento di andarmene…”. Rory spalancò gli occhioni azzurri, ma non disse nulla: rimase immobile, con le braccia incrociate dinnanzi al ventre ed una lieve tristezza sul volto. Jess afferrò la giacca, avviandosi alla porta, e con una vena di amarezza nella voce la salutò da lontano: “E’ stato bello rivederti, Rory. Mi chiedo se mai riusciremo a parlarci senza finire col farci del male…”. Lasciò l’appartamento senza voltarsi indietro, mentre quella maledetta morsa allo stomaco parve farsi quasi insopportabile. Scese di corsa i gradini dell’ultima rampa di scale, nel tentativo di allontanarsi il più in fretta possibile da quella strada, da quel palazzo… da lei. Ritrovatosi sul marciapiede, mentre i rumori invadenti della festa ritornarono a tratti a rimbombargli nella testa, nemmeno si accorse dei piccoli fiocchi di neve gelata che pian piano stavano imbiancando il quartiere. Aveva fatto appena qualche passo, quando sentì il cigolio del portone riaprirsi: si voltò e lei era lì, infreddolita e spaventata da quella sua decisione improvvisa. “Non andartene, ti prego!”. Jess non seppe bene come reagire: rimase immobile, al centro della strada, con le mani in tasca ed il respiro affannato materializzarsi in nubi di vapore. La fanciulla parve ancor più confusa: “Non so perché ho reagito così… è tutto talmente strano…”. “Lo sai meglio di me, Rory… Io non ho fatto altro che portare guai nella tua vita! Non voglio l’ennesima replica del nostro dramma… non ha senso… non siamo più due ragazzini…” ribatté lui, mentre la sua voce risuonò nel vuoto del quartiere deserta. “Ma io… io…” balbettò lei. “Dammi retta, è la decisione giusta… per tutti e due…” e, sforzandosi di sorriderle, riprese la propria strada. Aveva fatto appena quattro passi, quando una frase lo bloccò di nuovo: “Passa questa notte con me…”. Rimase immobile, coi pugni stretti: il cuore sembrò voler esplodere dal desiderio di lei, pur sapendo che tutto ciò era sbagliato… terribilmente sbagliato… Probabilmente si sarebbero pentiti di una tale decisione per il resto della vita… avrebbero complicato quel groviglio che, a fatica e col passare di anni, erano riusciti ad allentare… Tuttavia, anche un eventuale rimpianto sarebbe risultato insostenibile… Jess fece un lungo sospiro, socchiudendo gli occhi. In quella confusione interiore, fu in grado di ricordare alla perfezione il sapore dei suoi baci e della sua pelle. Si voltò di nuovo verso di lei, la guardò prendere coraggio e proseguire: “Quando mi hai lasciata sola, poco fa, non potevo credere che fosse successo di nuovo! In un solo istante, hanno iniziato a frullarmi in testa mille pensieri e centinaia di ricordi… poi ho ripensato ai tuoi occhi in mezzo alla folla di Times Square e qualcosa si è acceso nella mia testa! Credo che averti incontrato significhi qualcosa… ma, soprattutto, credo nel nostro essere speciali, Jess…”. “Speciali…” ripeté lui con un filo di voce. “Se tu ed io siamo qui, in questo preciso momento, non è per caso. Nonostante le nostre vite si siano ostinate a portarci lontano l’uno dall’altra, qualcosa prima o poi è sempre riuscito a ricongiungerci! Tutto questo, in passato, mi faceva paura… anche io troppe volte ho preferito scappare… ora non è più così. Sento che quello di stasera è stato un regalo meraviglioso che non voglio perdere a causa di rancori che insistiamo a portarci dietro come un fardello ingombrante… Hai ragione nel dire che noi non siamo più due ragazzini, Jess… ma crescere non significa costringersi a rinunciare!” un luccichio illuminò gli occhi della ragazza. Jess tornò indietro, con passi lenti e un po’ incerti, senza mai staccare lo sguardo da lei. Quando si ritrovò ad appena pochi centimetri dal suo volto, si fermò: “Ci faremo del male, Rory… lo abbiamo sempre fatto…”. Sul viso della fanciulla si accese un sorriso: “Voglio correre questo rischio… ancora una volta…”. La fronte di Jess si inclinò lievemente, posandosi sulla sua: “E’ una pazzia…”. Le mani di Rory scivolarono dietro la nuca del ragazzo, accarezzandola dolcemente: “Siamo sempre stati dei pazzi, tu ed io…”. Le loro bocche si sfiorarono un paio di volte in modo quasi impercettibile nell’aria fredda della notte, finché le labbra di Jess non presero coraggio e, schiudendosi su quelle di Rory, fecero sfociare quel contatto in un lunghissimo bacio pieno di passione. Sentendola tremare dal freddo e dall’emozione, si sbottonò la giacca e premette il corpo esile della ragazza contro il proprio per cercare di riscaldarla. Continuò a godere per qualche altro momento del sapore inconfondibile dei suoi baci, cingendole i fianchi con entrambe le braccia al punto da farla sollevare un paio di centimetri da terra. Quando le loro labbra sciolsero quel magico contatto, allontanandosi le une dalle altre, Rory non poté trattenersi dal sorridere di gioia: “Mi sei mancato, Dodger…”.
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