| mi scuso in anticipo se ho fatto passare tanto tempo... università assassina (ma bellissima e divertentissima. andate tutti all'univeristà, gente!l'istruzione è importantissima!) dato che pheebe ha messo il banner del capitolo sul suo sito e a breve aggiornerà anche la ff ho deciso di postarvi il capitolo, ma ad una condizione: dopo aver letto DOVETE lasciare un commento così quando domani sera dopo una lunga giornata verrò a dare una controllatina al sito vedrò tante belle parole per la mia ff o almeno lasciatemi gli auguri per il mio comple: autorizzo lo spamming solo per questa occasione (moderatori a cuccia, sto scherzando...)
ci sono un paio di espressioni volgari e sono passati un paio d'anni da LPCNTHD2parte. l'unica cosa che mi preme particolarmente specificare è che Rory non è stata con l'omino di melassa. scusate se le poesia all'inizio del capitolo è in inglese, ma non ho trovato la traduzione e io non credo di essere capace di tradurla. e ora la smetto di scrivere e vi lascio leggere in pace ...
Le parole che non ti ho detto (terza ed ultima parte)
If you wait for me then I'll come for you Although I've travelled far I always hold a place for you in my heart If you think of me, if you miss me once in a while Then I'll return to you I'll return and fill that space in your heart
Remembering your touch, your kiss Your warm embrace I'll find my way back to you if you'll be waiting
-potrai venire ogni volta che vorrai per una pizza... o una birra, anche se hai solo diciotto anni, ma... al diavolo, una birra non ha mai fatto male a nessuno.
-mi cacci di casa e mi istighi all'alcol?
-non ti sto cacciando di casa. Tecnicamente questa non è casa tua... qui ci sono Sash e Lily, e--
-e tu non vuoi sconvelgere ulteriormente la loro vita continuando a dare un tetto a tuo figlio. Ho capito, Jimmy: domani sarò fuori di qui.
-Jess, non c'è fretta puoi prenderti tutto il tempo che vuoi.
-ho detto domani. E così sarà.
Con un solo sorso finì la terza birra della serata. Quella sera aveva aspettato la mezzanotte per sgattaiolare fuori da casa senza salutare nessuno. Gli era dispiaciuto per Sasha: lei era stata l'unica a trattarlo con un po' di umanità, ma allo stesso tempo non aveva mosso un dito per impedire a suo padre di rispedirlo in mezzo ad una strada; forse quelle sue gentilezze erano state solo apparenza, bieca ipocrisia sbandierata per farsi bella e comprensiva agli occhi del compagno. O magari aveva provato a parlare con Jimmy per convincerlo a cambiare idea e non ci era riuscita. Preferiva pensare che si trattasse della prima ipotesi, perchè così non avrebbe dovuto sentirsi in pena anche per lei.
Quella notte aveva dormito -o ci aveva provato- sulla spiaggia e all'alba aveva preso il primo pullman per New York: era rimasto ore ed ore su quel sedile impolverato a tentare di lasciarsi anche quell'esperienza alle spalle, ma più ci provava più la rabbia nei confronti di suo padre cresceva: Jimmy sarebbe rimasto un eterno Peter Pan che non voleva vedere le responsabilità nemmeno con un binocolo e lui non poteva fare nulla oltre che i bagagli e tornare da dove era venuto.
Era rimasto da Liz per un paio di settimane, poi aveva trovato un appartamento da condividere con un alcuni ragazzi e ora aveva un tetto sulla testa suo, un lavoro, uno stipendio che gli permetteva di pagare l'affitto e l'indipendenza per cui aveva sempre lottato, ma non si sentiva bene come avrebbe dovuto.
Allungò la mano e afferrò il rum di un amico e prima che lui potesse protestare ingurgitò il liquido scuro e infuocato: era arrivato ad un punto in cui, nonostante fosse imbevuto d'alcol come una spugna, non riusciva ad ubricarsi. Era un aspetto positivo, perchè gli evitava rogne con i poliziotti di ronda la sera tardi, ma dall'altra parte non poteva nemmeno più sperare in un paio d'ore d'oblio. Alzò gli occhi e si accorse che Jude stava ridendo come un pazzo senza un motivo apparente e per un attimo lo invidiò: era ciò che desiderava anche lui.
-oh oh- esclamò alla sua destra Mike sgranando gli occhi lucidi per via dell'alcol, della stanchezza e del fumo che, come un banco di nebbia, limitava la visuale; -guarda quella!
-ma chi, la brunetta?-gli chiese Jude cercando di focalizzare -wow, quella me la farei qui, su questo tavolo.
-ehi, l'ho vista per primo, quindi il primo giro sta a me. Se la vuoi dovrai aspettare il tuo turno. E tu, Jess, che ne dici? Bel bocconcino, eh?
Lo ignorò deliberatamente: era la norma che quando quei due erano ubriachi sbavavano per chiunque fosse di sesso femminile.
-se fai il bravo potremmo farti guardare- continuò l'amico sorridendo -beh, che fai? Non le dai neanche un'occhiatina? Quella tipa merita, credimi. Guarda che aria da santarellina: sembra una di quelle che vanno a scuola dalle suore.
-sono le più porche, Mike... -affermò Jude con una certa aria di autorevolezza.
Le loro voci iniziavano ad essere fastidiose e per zittirli diede una rapida occhiata nella direzione in cui quegli sbronzi continuavano a guardare e parlare. C'era un gruppo di ragazze, ma la massa di persone in piedi gli rendeva difficile capire dove fosse quella di cui stavano parlando Mike e Jude.
Spostò lievemente la testa per avere una migliore visuale e la vide.
-già, ci sarà da divertirsi.
-piantala di dire stronzate-lo ammonì bevendo dalla bottiglia di Jude, il quale non tardò a rispondergli: -che c'è, adesso fai il paladino delle puttane?
-Jess è geloso- disse Mike -in realtà vorrebbe avere l'onore di farsela per primo. Amico, ci sono delle regole: mettiti in fila e aspetta il tuo turno senza rompere i coglioni agli altri.
Si alzò di scatto, stanco dei loro discorsi, e uscì in fretta dal locale senza voltarsi nemmeno quando Mike urlò ripetutamente il suo nome per richiamarlo al tavolo.
-Jess!
La voce dell'idiota che fino a pochi secondi prima risuonava nel locale con i suoi pesanti apprezzamenti sulla sua presenza e la sua dubbia moralità catturò il suo interesse dopo che aveva fatto l'impossibile per ignorarla. Non perchè in essa ci fosse qualcosa di particolare, ma perchè, nonstante fossero passati mesi, addirittura anni, ogni volta che sentiva quel nome l'istinto prevaleva su tutti i sensi e sulla ragione e, come per un riflesso incondizionato, si voltava per vedere di chi si trattava. Era perfettamente consapevole che si sarebbe sempre trovata faccia a faccia con un volto sconosciuto, eppure continuava a girarsi per avere la certezza che non si trattava di lui.
Tra la folla di giovani in piedi al centro del pub riuscì ad individuare il cafone che non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un istante e lo vide in compagnia di un altro ragazzo: era palese che fossero ubriachi, perchè il loro tavolo era un cimitero di bottiglie e bicchieri svuotati. La terza persona, il Jess che stava cercando, non c'era e la sua sedia era vuota e spostata rispetto al tavolo.
Allontanò lo sguardo da quei due prima che se ne accorgessero e riprendessero la loro lunga lista di “complimenti” nei suoi riguardi e distrattamente notò qualcosa di familiare. Tra il fumo e la gente si accorse di un ragazzo che sembrava stesse facendo la staffetta per uscire dal locale. Riuscì a vedere le sue spalle purtroppo solo per pochi attimi, ma qualcosa scattò nella sua testa.
Forse la sua mente le stava giocando uno scherzo, forse si stava immaginando tutto. In un'altra occasione avrebbe ripreso a fare ciò che aveva interrotto, ma l'istinto, solito guastafeste, era di tutt'altro avviso: una vocina nella sua testa ripeteva in continuazione un irritante motivetto in cui la esortava a scendere dallo sgabello su cui era seduta.
Probabilmente più tardi se ne sarebbe pentita, ma così fece.
Sentì l'adrenalina scorrerle per tutto il corpo, perchè era diventata improvvisamente matta e stava seguendo uno sconosciuto. Nemmeno Logan e le mille pazzie organizzate dalla confraternita, per quanto eccitanti e divertenti, le trasmettevano un'energia così particolare.
A furia di spintonare ogni persona che si trovava sul suo cammino verso l'uscita riuscì a raggiungere la porta del locale, ma una volta fuori, dopo aver controllato strada e marciapiede in entrambe le direzioni, non vide quel ragazzo da nessuna parte. Sentì la delusione farsi spazio tra tanti sentimenti e spazzare via l'eccitazione che si era impossessata di lei pochi istanti prima. Dopo due anni si era lasciata trascinare dall'illusione che fosse lui, aveva seguito quello stupido istinto - ed evidentemente anche la persona sbagliata. Forse era tutta colpa della gioia per la pausa primaverile o il fatto di trovarsi per il week-end a New York, la sua città, a farle dimenticare che Jess non sarebbe più tornato e che forse avrebbe dovuto toglierselo dalla testa una volta per tutte. Avrebbe fatto meglio a concentrarsi su Marty, che era un bravissimo ragazzo, o magari su Logan, visto che aveva palesemente una simpatia per lei. A volte anche Finn era estremamente gentile e in un paio di occasioni si era chiesta se la vedeva solo come un membro della confraternita o c'era dell'altro.
Si strinse nella giacca che aveva preso con sé uscendo e respirò a fondo cercando si mandare giù l'amarezza per aver perso di vista quel tipo: si conosceva e sapeva che avrebbe continuato a chiedersi per giorni se quello era veramente il suo Jess o uno qualunque.
-ciao.
Non riuscì a trattenere il sorriso sentendo la voce che avrebbe riconosciuto ovunque: beh, il suo istinto ci aveva visto giusto e avrebbe dovuto scusarsi per aver dubitato di lui.
-allora eri tu- disse voltandosi e trovandosi faccia a faccia con un Jess anch'egli stretto nella sua giacca di pelle; -il tuo amico è un idiota.
-soprattutto quando alza il gomito.
-ma resta un idiota.
-non ho nulla da obiettare.
Le sue labbra tendevano al sorriso e, per qualche ragione che avrebbe compreso solo più tardi, lo trovò confortante; aveva sperato di incontrarlo ogni volta che era stata in città o a Stars Hollow per le vacanze, aveva desiderato rivederlo da Luke, perchè sapeva che era tornato dalla California e che di tanto in tanto lui e lo zio si sentivano al telefono, ma allo stesso tempo era sempre riuscita a tenere quelle stesse speranze sotto controllo, non si era mai lasciata andare completamente all'illusione e non se n'era mai pentita, perchè farlo avrebbe solo peggiorato il suo stato d'animo. Ma quella sera era successo qualcosa, forse si trattava di destino, e si erano incontrati in una metropoli di sette milioni di abitanti.
-dovresti rientrare- le consigliò mentre decine di ragazzi e ragazze si muovevano intorno a loro entrando ed uscendo dal locale o passeggiando sul marciapiede -le tue amiche ti staranno aspettando.
-scherzi? Lì dentro c'è una confusione pazzesca e comunque mi hanno vista uscire per seguire un ragazzo: non credo si aspettino di vedermi fino a domani- rispose arrossendo, perchè non sarebbe stata la prima volta che passava la notte fuori e Paris e le altre ormai non ci facevano nemmeno più caso: erano ragazze e le ragazze si divertivano.
Sentì che la stanchezza dovuta ad una lunga settimana di lavoro si stava eclissando lentamente e una domanda che avrebbe dovuto restare muta salì dal suo petto e arrivò alla gola senza che il cervello riuscisse ad impedirglielo: -ti va un caffè? C'è un posto tranquillo-si giustificò ripensando alla sua precedente affermazione sulla folla nel pub - non è lontano.
Aspettò una risposta guardando il suo naso diventare sempre più rosso e i suoi occhi più lucidi e brillanti per via del vento che si era improvvisamente alzato: sentì che stava per piovere e voleva ripararsi prima di doversi fare una doccia vestito.
Sperava di non essere solo a cercare quel riparo.
-ti sembrano domande da fare? Sai perfettamente che noi Gilmore non rifiutiamo mai una tazza di buon caffè. Ma la tua ragazza potrebbe non essere felice di sapere che te ne vai in giro con un'altra...
-stai cercando di sapere se ho una ragazza?-le chiese riconoscendo l'imbarazzo nella sua voce: potevano essere passati due anni, ma Rory Gilmore restava la stessa ragazzina naïve che arrossiva ai complimenti e tentennava quando cercava di fare o sapere qualcosa che non avrebbe dovuto; -no, non ho una ragazza- le rispose -e il tuo ragazzo invece? È un bohemien, uno dei libertini di Moulin Rouge?
-stai cercando di sapere se ho un ragazzo?- sorrise prendendosi gioco di lui ripetendo la domanda che le aveva fatto poco prima-ti svelo un segreto: al momento sono iscritta al club dei single e da qualche settimana mi hanno addirittura nominata membro onorario.
Jess prese la sua risposta come un via libera e iniziò a camminare in direzione del caffè in cui avevano stabilito di andare procedendo lentamente per darle modo di raggiungerlo. D'un tratto era di nuovo nella stanza piena di libri di quella strana ragazza, esattamente nel momento in cui aveva capito che non era semplicemente la secchiona di turno. Era quella che, senza volerlo, aveva iniziato a farsi spazio e a trovare un posto nella sua mente prima e nel suo cuore poi, un posto che in due anni non era mai riuscito a rimpiazzare con altro; aveva 'avuto' altre ragazze, ma solo nel senso più materiale del termine.
-allora- iniziò per smetterla di pensare a quelle sciocchezze -come va? Che ci fai a New York?
-un tranquillo fine settimana con le mie compagne di stanza: siamo in pausa dall'università e Paris e Tanna volevano passare un paio di giorni nella Grande Mela.
-Paris?- le chiese ricordando il dibattito su Austen e Bukowski -l'arpia della Chilton?
-proprio lei: studia medicina a Yale e viviamo insieme. E tu invece? Che fai qui?
-a New York? Ci lavoro, ci vivo.
-Ero sorpresa quando Luke ha detto che avevi lasciato la California -disse Rory mentre Jess apriva la porta a vetri di un locale semideserto. Entrando venne immediatamente investita dal tepore di un luogo chiuso al riparo dal vento e dall'inebriante aroma del caffè. Non le rispose subito e per una frazione di secondo pensò che non l'avesse sentita, ma poi si accorse di una strana ombra nei suoi occhi mentre apriva la bocca per parlarle: -le cose non sono andate come avrebbero dovuto.
Si mise a sedere ad un tavolo ripensando alla tristezza che le sembrava di aver sentito nella sua voce e all'espressione seria che aveva dipinta sul viso, mentre lui ordinava per entrambi. Non era cambiato: giacca di pelle, sguardo infuocato di chi ce l'aveva a morte col mondo intero, i capelli erano il solito disastro... Lei stessa si vedeva cresciuta, più matura nei lineamenti, ma Jess no: era come se nella sua persona il tempo si fosse fermato a due anni prima, come se avesse smesso di scorrere e l'avesse lasciato il diciottenne che aveva visto l'ultima volta. O più probabilmente Jess non era mai stato come tutti gli altri: era cresciuto più in fretta, aveva vissuto cose che lei non poteva nemmeno immaginare e ora che aveva una vita normale e serena poteva godere degli anni che gli erano stati sottratti quando era solo un adolescente. Il destino li aveva fatti incontrare e ora non aveva intenzione di bere un caffè e perderlo nuovamente per sempre. Non era più arrabbiata con lui, aveva smesso di esserlo da tempo, e voleva ricominciare a vederlo, a parlargli.
-ti va di raccontarmi cos'è successo?- gli chiese, perchè in ogni caso tra loro c'erano due anni di silenzio e un addio che avrebbe dovuto essere diverso; si sentiva quasi in diritto di sapere esattamente come erano andate le cose, conoscere la verità e sentirla dalla sua voce, non da quella di Luke o del preside della Stars Hollow High o di qualcun altro e si sentiva in dovere di dargli quell'opportunità.
La fissò con uno sguardo incuriosito e indeciso cercando di capire cosa voleva: l'aveva seguito, aveva flirtato con lui e ora gli chiedeva la cosa più difficile del mondo: spiegazioni. Le fece un cenno positivo con la testa mentre le due tazze di caffè che avevano richiesto si materializzavano davanti ai loro occhi.
Si trattava di cose di importanza secondaria, di un passato morto e sepolto: cosa c'era di così difficile da tirar fuori? Dopotutto erano solo parole... che non aveva mai detto a nessuno, che erano solo sue, nascoste nel più profondo di sè, in un luogo che ormai aveva chiuso e di cui aveva buttato la chiave. Facevano male e forse era proprio quello il problema. La terapia che si era ostinato ad usare per vent'anni non dava frutti e magari era giunto il momento di cambiare approccio: era il motivo per cui la gente andava dallo strizzacervelli, no? Avere qualcuno che sta a sentire, che capisce -o almeno ci prova.
Tirare fuori il dolore.
Iniziò il racconto di quell'infausta estate tenendo gli occhi sul caffè che lentamente si raffreddava.
Sottecchi vide Rory appoggiarsi allo schienale e, bevendo, ascoltare quelle parole che non aveva mai avuto il coraggo di dirle.
Fine
che devo fare? scappare per evitare le sassate?...
Edited by Elena_R - 7/3/2005, 22:20
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