Il 29 Aprile scorso ho vissuto qualcosa di assolutamente memorabile, che non saprei definire se non come pura e perfetta magia. Credo che alcuni avvenimenti delle nostre vite non possano essere restituiti in modo appropriato, e le parole in questo momento mi sfuggono...mi sembra di essere stata travolta da un’ondata di luce così abbagliante da intorpidire i miei sensi, e tutto ciò che rimane di quella sera è un sentimento intenso e sepolto nel profondo che non saprei raccontare, è qualcosa di molto più intenso delle semplici parole che sto tentando di mettere in fila...
La sera del 29 Aprile, Nick Cave suonava al Casino de Paris, e io ero lì, con una considerevole dose di fortuna ed imprevisto, grazie ad un biglietto acquistato appena un’ora prima dell’entrata in scena di Nick; dal momento in cui ho lasciato la metro per avvicinarmi all’entrara del teatro (senza biglietto) e dall’istante in cui ho varcato la soglia della sala non saranno passati nemmeno 10 minuti...e già questo rasenta l’assurdo e l’incredibile.
Dopo mezz’ora di attesa entra il gruppo di apertura, un trio australiano che ho apprezzato moltissimo: chitarra, basso e tastiera, e una lieve magia ha invaso la sala....ero incredula, non riuscivo a rendermi conto di essere lì, e di aspettare Nick.
E mezz’ora dopo Nick è arrivato. Con un fragore e un’energia dirompente, ed è il caso di dire che il cuore mi è salito in gola, davvero. Vederlo apparire su un palco a pochi metri da me è stato qualcosa di indescrivibile; credo che basterebbe spulciare nella mia collezione di cd per comprendere che Nick Cave è in assoluto uno degli artisti che amo di più, secondo solo a Jeff Buckley.
Ad ogni modo, Nick è *____________*. Le sue movenze, la sua voce e il suo carisma sono pure emozioni che un concerto live può solo amplificare. Conoscevo metà canzoni della scaletta perchè ancora non avevo preso né Grinderman né Dig Lazarus Dig, ed ero totalmente impreparata a vederlo quella sera, ma credo che anche questo abbia contribuito in buona parte all’estasi e all’euforia totale del momento. Un Nick “aggressivo” e rockettaro (con tanto di chitarra...mai visto Nick alla chitarra prima *__* ) come non lo si vedeva da più di un decennio. La complicità con Warren Ellis è palese ed emerge in ogni sguardo e sorriso che i due non smettono di lanciarsi durante il concerto *__*. Nick ci regala momenti di euforia quando tenta di togliersi la giacca e questa si incastra con filo del microfono, quando dimentica il testo di una canzone (“fuck!”) e corre a cercare le parole, quando ricorda a Warren che era il momento di attaccare con le maracas...quanto amo quest’uomo *________*...quando attacca con “Far From Me” è tutto perfetto *_____*... Il concerto vola via, letteralmente. Vorrei non finisse mai.
Quando le luci si riaccendono mi sembra di aver vissuto un sogno, cerco l’uscita ma la gente è ovunque, sembra di attraversare un fiume in piena...la sensazione di aver condiviso qualcosa di profondo e importante con tutti quegli sconosciuti è un sentimento intenso che non voglio dimenticare. All’uscita del teatro, molte persone restano appostati davanti ad una porta con la scritta “entrata degli artisti”. Non voglio andare via, ho uno strano presagio. Devo ancora riprendermi da questa folle serata perfetta quando il clamore cresce e mio padre (che era con me a Parigi ed è venuto anche lui a vedere Nick *_*) mi avverte che Nick è lì, in mezzo alla folla di persone all’entrata del Casino. Panico. Mi faccio strada e in una manciata di secondi sono lì davanti, a pochi, pochissimi centimetri da lui. Sento mio padre che dice “Fatti fare l’autografo” e cerco nella mia borsa uno straccio di foglio bianco ma ciò che le mie mani trovano sono solo volantini (all’entrata del Casino di Paris me ne avranno dati una decina, erano volantini dei prossimi concerti); finalmente penso al biglietto e lo tiro fuori, giusto in tempo per avvicinarmi a Nick, poggiare la mia mano sulla sua mano sinistra (incredibile come la mia proverbiale timidezza decida di sparire nei momenti clou....
) e aspettare che mi firmi l’autografo. E lui mi fa l’autografo. E io scoppio di gioia.
Tutto questo potrebbe bastare ampiamente a rendere il ricordo della serata qualcosa di memorabile e perfetto...ma mi credete se dico che ancora non ho parlato di quale è stata per me l’emozione più grande? è accaduto dopo, qualcosa di imprevedibile...dopo avermi firmato l’autografo, Nick si è fermato. In quell’istante è come se il tempo stesso si fosse fermato, e ogni gesto fosse avvolto da una pesante coltre di nebbia tale da rendere lento anche un battito d’ali...ho visto Nick alzare lo sguardo, lentamente, come se il percorso delle sue palpebre fosse un movimento eterno destinato a non avere mai fine... mi sono ritrovata a sostenere lo sguardo di Nick Cave per alcuni istanti senza tempo, e ho sentito ogni fibra del mio essere sorridere, di un sorriso incredulo ed estramemente grato, l’unica cosa che sono riuscita a dire è stato “Thank you”, prima di socchiudere gli occhi e fissare incredula il mio biglietto, e andare via mentre lui entrava nell’auto in attesa.
In quel momento ho capito chiaramente che una cosa del genere poteva accadermi solo a Parigi, la città che amo di più, e la stessa in cui tre anni fa scoprii davvero Nick Cave, come se ci fosse un legame che tiene saldi aspetti diverse e cruciali della mia esistenza, focalizzandoli in un unico punto.
La sera del 29 Aprile ho avuto un assaggio di qualcosa che potrei chiamare solo e semplicemente magia, e di questo sono immensamente, infinitamente grata.