| Ecco: erano passati quattro anni. Dalla laurea di Rory, dall’abbandono di Yale, dalla partenza per il mondo del lavoro. E da Logan. Lei sospirò, sbattendo delicatamente le ciglia contro quelle guance di pesca, morbide e rosee. Il tempo non l’aveva cambiata molto, esteriormente. Conservava la sua figura sottile, la pelle diafana e i capelli di seta; solo una cosa era cambiata, qualcosa che poteva essere notato solo dal più bravo osservatore: lo sguardo. Gli occhi blu erano gli stessi, ma non brillavano più. Erano riflessivi, concentrati, anche allegri a volte… ma non erano quegli occhi che ti lasciavano stupito ed incantato, desideroso di sapere come fosse la fanciulla che li possedeva. Rory pensava spesso a quel giorno. Tutto o niente. All’inizio non ne era rimasta particolarmente scalfita, nella vita ci si lascia e ci si riprende, no? Era successo lo stesso con Dean e Jess, sarebbe stato così anche con Lui. Ne aveva parlato molto, con sua madre, con Lane e Paris. Era giunta alla conclusione di aver fatto la cosa giusta, di aver protetto la sua carriera e la sua vita: per un po’, si era sentita orgogliosa della sua scelta. Si era divertita, incontrando gente interessante, creandosi hobby, comprando oggetti stravaganti. Aveva frequentato molti ragazzi, alcuni dei quali molto attraenti; sentendo la mancanza di qualcuno che la capisse e la apprezzasse veramente, aveva perfino chiamato Jess. Erano stati fuori a cena. R: -Jess!- J:-Rory!- Era visibilmente emozionato. Non l’aveva dimenticata. Si abbracciarono e lui le sfiorò uno zigomo. J: -Non sei cambiata per niente.- R: -Tu invece sei più serio.- osservò lei. Era più ordinato, più posato; aveva perso quell’aria da ragazzino ed era diventato ancora più bello. J: -Allora, come è successo?- Lui sapeva che l’ex fidanzato non l’avrebbe mai fatta uscire sola con lui, in circostanze normali. Ma lei era lì, eterea, ma al contempo perfettamente reale. R: -Ci siamo lasciati.- J: -Come?- R: E’ successo, ok?- J: -Non ti va di palarne?- R: -No… è okay, sul serio. E’ un problema?- J: -No, anzi. Ma mi sembra strano.- Rory era strana. Rigida, quasi. Voleva divertirsi, a tutti i costi. Voleva stare bene, per forza. Lei prima non era così. Si prendeva il tempo per l’imbarazzo, per il tentennamento. Ora sembrava così sicura… o era solo una falsa sicurezza? Parlarono tutta sera: di libri, di lavoro, di Lorelai. Jess, quando la salutò, anche se era felice di averla vista, aveva ancora quella sensazione. Poi accadde una cosa che lo spaventò, quasi. R: -Ti andrebbe di venire a casa mia?- Lui accettò, non sapendone il perché. Arrivarono in una bella casa, moderna, al centro di Manhattan. Lei gli tolse la giacca e gli fece cenno di accomodarsi. Tornò poco dopo con due calici di champagne. Gliene porse uno, rimanendo in piedi; c’era della musica classica, di sottofondo. La ragazza sembrava molto a suo agio, serena. Improvvisamente, guardando Jess fisso, si sbottonò il primo bottone della camicia. Lo baciò, e lui ricambiò. Lei voleva andare più in fondo… ma lui la fermò, osservando il suo sguardo. Era pieno di desiderio, come il suo: avevano aspettato tanto. Ma non c’era amore, non c’era pace in quegli occhi azzurri: erano inquieti, tristi. Lui si scostò e si infilò il soprabito. R: -Aspetta, perché te ne vai?- J: -Devo.- R: -Ho fatto forse qualcosa che non va?- Rory era Rory, nonostante tutto. Lui non rispose. R: -Jess! Torna qui!- J: -Rory, tu hai bevuto.- R: -Non è vero, lo sai.- J: -Non so cosa tu abbia fatto, ma non sei la stessa Lorelai Leigh Gilmore di sempre.- Lei lo fissò impietrita. J:- Non prendertela. Non è colpa tua.- Le sfiorò le labbra con un bacio leggero. J: -Ci sentiamo. Ti chiamo io, ok?- R:- Ok.- sussurrò lei. Si lasciò cadere sul divano. Cosa non andava in lei? Si sentiva a posto con se stessa: era stata educata, brillante, interessante. Lui le era sembrato strano, invece. Questa ossessione di parlare, parlare, parlare. Era forse il suo psicanalista? Tirò un cuscino per terra, rabbiosamente: anche Jess l’aveva irritata. Si addormentò. La mattina arrivò rapidamente, insieme agli impegni e alle preoccupazioni, condivisi da centinaia di newyorchesi che si preparavano per il lavoro. Stava guidando, quando il cellulare suonò: la sua collega Amy, probabilmente. Le aveva promesso di arrivare prima e non ce l’aveva fatta… ansiosa di scusarsi, trasgredì alle regole e guardò subito il cellulare. Non era Amy. “Scusa per ieri, ho visto che ci sei rimasta male. Non avrei dovuto dirtelo così. Scusa. Rory, io ti amo e sarò tuo per sempre, se lo vuoi. Ma al momento non ne sono sicuro. Non fare quella faccia, sai che ho ragione! Tu lo pensi ancora; e sai a chi mi riferisco, anche se non voglio scrivere il nome di quel bastardo che ti fa stare così. Non lo hai superato. N.B. Questo non è un abbandono. Io ci sono sempre, per te. Anche come amico. Soprattutto come amico.” Accostò bruscamente, attirandosi i clacson di una cinquantina di auto; il suo respiro era affannoso, mentre sistemava la macchina in un posto più sicuro. Scese e si sedette in un bar, dove ordinò del caffè. Chi si credeva di essere? Non sapeva quello che diceva! Lei aveva dimenticato Logan; questo era ormai un dato di fatto da parecchio tempo. Lo pensava tutta Stars Hollow, sua madre, anche i suoi nonni si erano rassegnati. Lui era uscito dalla sua vita. Ma.., Improvvisamente sentì un malessere e andò in bagno. Osservò il suo viso nello specchio con la cornice rosa e gialla, in un tentativo di allegria: aveva proprio una brutta cera. Un ricordo sgomitò per uscire, piccolo ma prepotente. Ci riuscì, diventando grande e insaziabile e soffocandola. Rory scoppiò a piangere, sul pavimento della toilette di un bar. Si sentiva sola, indifesa. Non lo aveva dimenticato, non lo aveva rimosso come voleva: non aveva fatto un buon lavoro. Logan Huntzberger era di nuovo, anche se virtualmente, schifosamente lì. R: -Vattene via! Ti odio!- Ma lui non aveva voluto.
Erano passati due mesi da quel giorno, e Rory era ritornata lì, incoraggiata dal fatto di poter mantenere il lavoro: il suo giornale aveva una piccola sede locale anche lì. Non sarebbe stato come a New York, ma avrebbe conservato le stesse possibilità di far carriera per sei mesi. Così le aveva detto il suo capo. Una piccola pausa, insomma. Il destino aveva voluto che quell’appartamento fosse ancora libero… Così Rory si ritrovò a ricordare quella data in quel luogo. Non le sembrava vero. Come potevano essere già passati quattro anni? Non era possibile. Sospirò, preparandosi ad uscire.
|