| Vi chiedo scusa in anticipo se non è come ve lo aspettavate... l'ho scritto in fretta, l'ho riguardato ora che sono le tre passate di notte e non ho molta voglia di apportare particolari cambiamenti che richiederebbero un tempo che non ho visto che tra 4 ore devo svegliarmi... cmq... questo è l'ultimo capitolo di una delle storie che più mi emozionato scrivere; Rory è Jess stavolta sono stati davvero capaci di deprimermi e bagnarmi gli occhi dal dolore e dalla felicità, anche se questa più raramente. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito in questo breve viaggio nell'AU e in particolare chi è stato così gentile da Commentare: Grazie di cuore. Spero di tornare presto con qce altra ff, perchè mi dispiacerebbe che i miei futuri impegni mi impedissero di scrivere. Ok, basta così... leggete pure.
Baci,
Elena
Novembre: Star-crossed lovers
[...] From forth the fatal loins of these two foes A pair of star-crossed lovers take their life; [...] Romeo and Juliet, Prologo, W. Shakespeare
Anche se non l'avrebbe mai ammesso di fronte a nessuno durante l'intero viaggio era stato teso come una corda di violino e quando l'auto aveva oltrepassato il cartello di benvenuto a Stars Hollow aveva chiuso gli occhi per non assistere al passaggio in quella dimensione alternativa. Tutto, le strade, le case, l'altezza del manto erboso dei giardini, era come l'aveva lasciato: sembrava che in città il tempo si fosse fermato; ai lati della carreggiata riconobbe un paio di volti, visi familiari di persone che aveva incrociato migliaia di volte in quei due anni trascorsi tra loro, sguardi giudiziosi, sguardi compassionevoli, sguardi nemici. I bambini che solevano giocare nei parchi ora se ne stavano in sella alle loro biciclette a flirtare con altre bambine, ma la differenza era che ora tutti erano cresciuti, tutti erano adolescenti come era stato lui il giorno in cui era arrivato. Avevano attraversato la piazza e fiancheggiato il gazebo: aveva lasciato che i suoi occhi si soffermassero un momento più a lungo su di esso, riportando alla mente vecchi ricordi di un tempo che non c'era più ma che erano talmente vividi da sembrare fatti appena accaduti. Era riuscito a restare lontano per cinque lunghi anni inventando scuse su scuse e impegni inesistenti pur di evitare di accompagnare sua madre a trovare il caro fratellino, ma stavolta, un po' per mancanza di fantasia un po' per curiosità e nostalgia aveva acconsentito a scortare Liz a quella riunione di famiglia per festeggiare l'americanissimo Giorno del Ringraziamento. Lo sceriffo Danes aveva un'aria stanca, qualche ruga in più in viso e qualche capello bianco che non cercava nemmeno di nascondere: per lui il tempo era passato ed era invecchiato, ma il suo cipiglio, quell'espressione seria, a tratti infida, era rimasta nei suoi occhi, nel suo portamento e nella lunga linea stretta delle sue labbra pressate l'una contro l'altra. Seduto al suo posto intorno al tavolino rotondo mentre mangiava il puré di patate che gli era stato servito osservò i due fratelli conversare e raccontarsi tutto ciò che gli era accaduto dall'ultima volta che si erano visti o sentiti: lavoro, vita privata, amici in comune, il nuovo fidanzato di sua madre, un emerito idiota a suo parere, l'ultimo appuntamento di suo zio con una vecchia compagna di liceo incontrata per caso dopo decenni di silenzio, uscita che si era rivelata un disastro di dimensioni olimpiche. Di rado li aveva visti insieme e aveva dimenticato quanto potesse essere cortese con la sua sorellina, mentre col resto del mondo si comportava come un perfetto despota, uno Stalin in piena regola. E nemmeno col nipote aveva fatto eccezioni nonostante fosse il figlio dell'amata parente. “Avresti dovuto conoscere l'ultima fidanzata di Jess,” sentì uscire all'improvviso dalla bocca di Liz. “era così carina, ma questo stupido delinquente di punto in bianco l'ha lasciata.” “Mamma,” la riprese, non ancora pronto a raccontare i fatti suoi ad estranei. “E' vero! Posso capire la filosofia 'posso avere tutte le donne che voglio, quindi perchè accontentarmi di una sola', però lei era davvero una brava persona.” “Era solo una ragazza, dimenticala.,” le consigliò continuando a mangiare, ma interrompendosi bruscamente quando la voce di suo zio raggiunse le sue orecchie. “Se tua madre dice---” “E' la mia vita.” Aveva alzato leggermente il tono, ma l'intervento di Luke non era ben accetto ed era meglio chiarire il punto fin da subito; “Mia madre non ha il diritto di dirmi con chi devo uscire.” “Sono certo che Liz non intendesse importi una sua decisione.” “Infatti,” aggiunse la donna con ampi cenni di assenso con la testa. “Io dicevo solo che---” “So che Cathlyn ti piaceva, so che era bella, intelligente, simpatica e so che avresti voluto che diventasse tua nuora,” disse tenendo un occhio su sua madre, “e forse, con un po' d'impegno da parte di entrambi, avrebbe potuto funzionare, ma io non avevo alcuna intenzione di sposarla: non mi va di sforzarmi in un impegno in cui non credo.” “E' solo che,” disse lei appoggiandogli una mano sul braccio e accarezzando la sua pelle; “sei uscito con tante ragazze che, devo confessartelo, non mi sono mai piaciute: erano sgarbate, truccate troppo, vestite poco, ambigue... e lei era diversa dalle altre.” “Ma non la migliore di tutte,” aggiunse. “L'apparenza non conta, mamma. Sono giovane, sono maggiorenne: lascia che prenda le mie decisioni senza interferire troppo.” Liz sorrise; “Allora posso interferire un po'?” “Puoi esprimere la tua opinione,” le rispose con calma. “E io mi riservo il diritto di ignorarla.” “Non è giusto!” brontolò fingendosi arrabbiata e sbattendo un pugno suo tavolo come i bambini ai quali viene negato un altra fetta di torta. “Prendere o lasciare, Liz Danes.” “Prendo,” acconsentì sospirando, non avendo altra scelta. “Hey, Luke. Non c'è qualche bella ragazza adatta al mio bambino qui a Stars Hollow?” Spostò lo sguardo sullo zio e per un momento gli venne da sorridere nel vederlo sulle spine; attendeva quel momento da anni e sua madre l'aveva inconsapevolmente aiutato ad entrare nel discorso che se iniziato da lui avrebbe certamente destato molti sospetti. Il seme del dubbio si era impiantato nella sua mente un eternità prima e aveva passato ore, giorni a pensare ad una risposta ad una domanda che era più di un enigma, un vero e proprio mistero egiziano, uno di quelli per i quali non c'è mai una spiegazione. Ma non erano in Medioriente ed era palese che non fossero faraoni, quindi il caro vecchio zio Luke, o Sceriffo Danes a seconda di come avrebbe preferito essere chiamato, non avrebbe eluso la sua curiosità. Doveva solo aspettare il momento giusto, momento che sarebbe arrivato a breve, conoscendo quell'impicciona di Liz. “Ragazze?” chiese confuso. “Sì, certo. Ce ne sono molte anche se... alcune sono ovviamente fuori portata.” “Fuori portata?” disse la donna a metà tra lo stupita e l'indignata. “Forse vuoi dire che ci sono alcune ragazze che sono fuori dalla sua portata perchè mio figlio merita il meglio?” “Beh, io intendevo... fuori dalla portata... di tutti, ecco,” spiegò lui imbarazzato. “Ci sono decine di giovani donne: perchè dovrebbe scegliere proprio quella proibita?” “Proibita?” rise Liz mentre Jess fissava suo zio negli occhi leggendovi la risposta che cercava. “Sono davvero confusa, Luke: ma che stai dicendo?” “Ho una domanda per te,” gli disse ignorando la voce della madre e i suoi sguardi disorientati. “E pretendo che tu mi dia una risposta onesta.” Lo osservò guardarsi intorno preoccupato, come se fosse in attesa di qualcuno che potesse salvarlo tirandolo fuori da quella situazione che sapeva già dove li avrebbe portati, ma Jess, a differenza di cinque anni prima, non era disposto a cedere e per Luke non c'era scampo. “Va bene,” sussurrò infine cercando di mantenere la sua posizione rigida e di prepotenza inconscio che la corazza era già stata sbriciolata. “Christopher Hayden,” pronunciò lentamente il nome scandendo attentamente ogni sillaba. “Sei stato tu a parlargli di me e sua figlia.” Non era più una domanda, ormai voleva solo una conferma. “Ascolta, Jess,” iniziò prima di essere interrotto. “Sei stato tu?” ripeté senza smettere un attimo di sfidarlo guardandolo dritto negli occhi nella speranza di farlo cedere più in fretta e chiudere con quella storia per sempre. “Sì,” rispose infine con la voce bassa per la vergogna, probabilmente. “Ma c'è una spiegazione. Hayden era preoccupato per Rory e mi ha solo chiesto di tenerla d'occhio. Per caso ho scoperto di voi due e gliene ho parlato assicurandogli che era tutto a posto e che non aveva nulla di cui essere turbato.” Ed ecco la verità che finalmente veniva alla luce in tutta la sua prepotenza; sentì la rabbia che non sapeva di poter provare ancora salire lentamente e le vene di tutto il corpo ingrossarsi per la pressione del sangue che ribolliva: era come se lo avesse sempre saputo. Nonostante si fosse fatto del male per proteggerla da quell'uomo pieno di sé, la sua stessa famiglia lo aveva tradito in suo favore. “Non avevo idea di ciò che avrebbe fatto, non immaginavo che si sarebbe comportato in quel modo, Jess,” continuò a giustificarsi sotto gli occhi ancora più spalancati di sua sorella: “Ma di che cosa state parlando?” “No?” chiese il ragazzo senza nemmeno sentire la voce della madre. “E quando sei venuto a conoscenza delle magnifiche azioni di Christopher Hayden?” “Vi eravate già lasciati da diversi mesi,” rispose. “Vi avevo visti insieme un giorno alla fine dell'estate. Era dopo l'ennesima sfida di voi ragazzi, quel giro di scommesse...” “Nel bosco,” ricordò. “Sì. Non avevo idea che non steste più insieme. L'ho incontrato per caso qualche giorno dopo quell'episodio e mi ha chiesto se avevo notato qualcosa di strano nella ragazza. Gli ho detto che era tutto normale, che continuava ad andare a scuola, vedere i suoi amici, frequentare te. E allora è impazzito: ha iniziato a blaterare di tutto su di te, Jess, su quanto fossi stupido e sul fatto che non eri capace di rispettare i patti.” “Patti?” chiese Liz ormai completamente estromessa dalla conversazione e ignorata dai suoi uomini. “Gli ho chiesto di che diavolo stesse parlando, l'ho intimidito un po' e così...” “Ti ha detto tutto,” finì Jess per lui. “Non ti riteneva adatto a lei ed era pronto a tutto. Mi ha spaventato quanto poco lucido diventasse quando si trattava di Rory e quindi ho smesso di controllare la ragazza e ti ho consigliato di starle alla larga.” “Lo ricordo,” disse alzandosi da tavola. “Ed è incredibile! Tu, mio zio, la persona che doveva in teoria occuparsi di me, mi hai fatto questo!” “Io non avevo idea di quello che succedeva, non sapevo che tu ci saresti andato di mezzo o non avrei mai iniziato a fargli quel favore!” “Però hai continuato a controllarmi,” gli disse. “Credi che non me ne sia accorto? Eri sempre in un angolo ad assicurarti che le fossi lontano, ha minacciarmi con quella tua aria da sceriffo cattivo di trovarmi qualcun altro, perchè Rory Hayden era 'fuori dalla mia portata',” gridò usando le sue stesse parole. “L'ho fatto per te, Jess. Eri solo una ragazzo, volevo tenerti lontano dai guai che uno col suo prestigio e la sua posizione poteva crearti. Gente come gli Hayden---” “Non sono... non erano tutti uguali,” lo interruppe correggendosi nella risposta. “Jess? Luke? Si può sapere cosa è successo qui?” chiese Liz approfittando del momento di silenzio in cui nessuno urlava o parlava di cose che le suonavano completamente nuove. “Fattelo raccontare dallo zio,” rispose infilandosi la giacca, “visto che gli piace tanto chiacchierare.” “Per quel che può valere,” aggiunse Luke con sincerità; “mi dispiace e se tornassi indietro... non lo rifarei.” Non gli rispose e, senza voltarsi nemmeno udendo i richiami di sua madre, se ne andò sbattendo la porta. Forse nel profondo aveva segretamente sperato di sbagliarsi sul conto di suo zio e conoscere la verità delle cose lo deludeva più di quanto aveva immaginato, ma faceva parte di un passato che avrebbe dovuto dimenticare già da tempo. L'aveva fatto: aveva messo da parte Stars Hollow, i ricordi, Rory e tutto ciò che le concerneva ed era riuscito a rifarsi una vita in cui quei due anni erano spariti, come se non li avesse vissuti. Aveva funzionato fino a quando Cathlyn si era innamorata di lui e lui aveva creduto di essersi innamorato di lei. Ma ogni ora passata in sua compagnia rispolverava le settimane vissute con Derek in quell'appartamento minuscolo che l'aveva visto vivere la sua storia segreta con Rory. Erano bastati pochi mesi per riportare tutto alla luce: immagini, suoni, profumi, sapori. E sentimenti. Era ancora affezionato all'idea di vivere una relazione con lei ed era arrabbiato con chi gli aveva tolto quella possibilità: avrebbe potuto essere un totale fiasco, avrebbero potuto lasciarsi dopo poco tempo, avrebbero potuto litigare giorno e notti, ferirsi con le parole, odiarsi. Ma non l'avrebbe mai saputo perchè qualcuno si era intromesso togliendogli il diritto di decidere da sé. Camminò velocemente per ripararsi dal freddo e allontanarsi da casa di Luke cercando una sigaretta nelle sue tasche e accendendola senza fermarsi un solo attimo, e quando alzò gli occhi i suoi passi si fecero più lenti fino a stopparsi completamente; di fronte a lui, dall'altro lato della piazza, c'era di nuovo il gazebo. Aspirò un enorme quantità di fumo, lo sentì bruciare e godette di piacere per quella sensazione, mentre in onore dei vecchi tempi si rimetteva in marcia per sedersi al suo riparo e godersi quegli ultimi tiri in pace.
Negli ultimi minuti non una sola automobile era passata per strada e la gente era tutta segregata in casa o all'assemblea cittadina straordinaria organizzata da Taylor. Le luci dentro Doose's erano spente e anche la palestra di Miss Patty, dalla quale proveniva sempre musica in ogni momento della giornata, era silenziosa; Caesar aveva chiuso la porta del suo locale e dalla sua posizione riusciva ad intravederlo mentre spazzava e puliva i tavoli. Il sole era calato da diverse ore ormai e la città era avvolta nel buio, rischiarata di tanto in tanto dalla fioca luce dei lampioni; la temperatura mite di quel pomeriggio l'aveva ingannata convincendola ad uscire con indosso solo una maglietta e ben presto si era ritrovata a battere i denti in balia di un venticello di fine aprile che faceva rabbrividire. Jess l'aveva derisa per qualche minuto, poi silenziosamente, si era sfilato la sua giacca di jeans e gliela aveva appoggiata sulle spalle. Erano nel gazebo, lei seduta ad un'estremità, con le mani nelle tasche di una giacca che non le apparteneva, immobile tranne che per la testa che alternava un movimento verso l'alto in direzione delle stelle che quella sera brillavano in modo particolare e uno verso il ragazzo sdraiato ad alcuni metri da lei, stretto nel suo stesso abbraccio probabilmente per ripararsi dal freddo dopo aver cavallerescamente donato il suo mantello alla sua dama. Sprofondò maggiormente le mani nel fresco jeans che odorava di lui: nella tasca destra c'era una scatola rettangolare, le sue sigarette, mentre nella sinistra strinse tra le dita una confezione piccola e morbida che aveva tutta la parvenza di essere un profilattico. La tentazione di sbirciare per essere certa che si trattasse di ciò che pensava era forte, ma allo stesso tempo si vergognava enormemente e temeva di essere colta in flagrante. Quello, il sesso, era un argomento che avevano affrontato pochi giorni prima, quando gli aveva confessato di sentirsi pronta a compiere quel passo che le sembrava così grande ed importante. Anche se un po' la metteva a disagio sapere che il suo ragazzo se ne andava in giro con un profilattico, era felice che avesse pensato per prima cosa a proteggere entrambi e ad essere preparato nel caso in cui il momento giusto si fosse presentato. Sorrise e si sentì le guance andare a fuoco al pensiero di quell'eventualità. “Che hai da sorridere?” le chiese. Si voltò verso di lui e lo vide, ancora sdraiato a pancia in su, con le mani incrociate sul petto e che coprivano una scritta così oscena che se lo sceriffo l'avesse vista l'avrebbe sbattuto in prigione a vita, fissarla con un'espressione divertita. Frenò l'impulso di alzarsi e sdraiarsi al suo fianco, stringerlo per riscaldarlo ritornandogli il favore che lui le aveva fatto prestandogli la sua giacca, perchè erano in un luogo pubblico dove chiunque avrebbe potuto vederli. “Conosci la leggenda della fondazione di Stars Hollow?” gli domandò evitando accuratamente di rispondere alla sua domanda. “Avete una leggenda?” le chiese spostando lo sguardo dal suo viso alle stelle nel cielo. “Sì,” gli rispose orgogliosa. “Ti va di ascoltarla?” “Preferirei baciarti,” le disse concentrandosi di nuovo su di lei e sorridendo quando fu certo di averla vista arrossire. “Non possiamo qui,” mormorò gesticolando verso la strada per fargli capire che chiunque avrebbe potuto essere in agguato alla disperata ricerca di un pettegolezzo. “Però possiamo andare su da me.” “C'è Derek. Non mi va di chiuderci in camera sapendo che lui è nella stanza di fianco alla tua. Sarebbe scortese.” “Sei troppo educata,” sospirò cedendo. “Va avanti.” “Allora,” iniziò sfregandosi le mani e sorridendo. “Devi sapere innanzitutto che è la storia di un vero amore.” “Vero amore? E che significa?” la interruppe. “Shh, fa silenzio e ascolta. È la storia di una bellissima ragazza di un paese e di un bellissimo ragazzo di un altro. Si conobbero e si innamorarono all'istante, un colpo di fulmine. Però purtroppo la loro unione era ostacolata dalla distanza che li separava e dai loro genitori che non approvavano una relazione tra i due.” “Come Romeo e Giulietta,” l'interruppe di nuovo ricevendo un'occhiata assassina che lo zittì all'istante permettendole di continuare il suo racconto. “I ragazzi desideravano stare insieme, si scrivevano lettere meravigliose e piene di passione, di promesse e progetti per il futuro. Una notte, quando fu troppo difficile sopportare di restare separati, entrambi uscirono di nascosto dalle loro case e scapparono. Ma fuori era talmente buio che si persero e sembrava quasi che non dovessero più rincontrarsi. La ragazza, in lacrime, si inginocchiò chiamando il suo amore e chiedendogli come avrebbe fatto a trovarlo. Improvvisamente una scia di stelle in cielo brillò di una luce così intensa che illuminò l'intera campagna. La ragazza si alzò e seguì il sentiero che le indicava arrivando fino al posto in cui ora c'è questo gazebo. E proprio qui c'era ad aspettarla il suo amore, che aveva a sua volta seguito le stelle per arrivare da lei,” concluse felice, sensazione che quella storia così romantica le trasmetteva ogni volta che ci pensava. Jess invece rimase in silenzio e immobile a fissare il cielo e le stelle che avevano accompagnato i due amanti in quel punto di ritrovo che li aveva uniti per sempre. Il suo mutismo la fece arrossire e sentire una sciocca sentimentale che si emozionava con storielle come quelle mentre lui era il più cinico dei ragazzi e probabilmente si era annoiato sentendola parlare e magari ora dormiva ad occhi aperti. Poi però all'improvviso parlò: “La prima volta che ti ho vista eri qui.” “Cosa?” gli chiese spiazzata da quell'affermazione. “No, ricordo benissimo che non è così: eravamo alla festa a casa tua e di Derek. Lui ci ha presentati e tu non mi hai degnato di uno sguardo.” “Non ricordo quasi nulla di quella sera,” disse scuotendo la testa. “Tranne che alle sei ero già ubriaco.” “Fortunatamente per te io ero sobria,” sorrise. “Ero con Lane che quella sera faceva da dj, Derek si è avvicinato a noi portandosi dietro te che non staccavi la bocca da quella maledettissima bottiglia di birra. Era una Bud. I tuoi capelli erano un disastro, non avevo mai visto nulla di simile. Avevi dei pantaloni scuri, forse dei jeans, e una maglietta bianca con una scritta nera. Tu non hai nemmeno cercato di intavolare una conversazione con me e quando stavo per farlo io è arrivata Lindsay e ti ha trascinato in camera.” Lasciò il cielo e sgranò gli occhi su di lei; “Wow. Ci sono altri particolari che ricordi?” “No, è tutto. Ricorda che all'epoca avevo un ragazzo, quindi gli altri non mi interessavano.” “Mi spaventi. Dovrei preoccuparmi?” “No, adesso ho occhi solo per te,” sorrise. “Poi ci siamo visti davanti al supermercato mentre io ero con Jason e...” “E abbiamo parlato un po', lo ricordo.” “E la terza volta è stata alla fermata dell'autobus.” “Con queste due ci siamo, ma la prima volta che ti ho vista è stata due settimane prima della festa, Rory.” “Due settimane prima?” gli chiese mentre lui si alzava e camminava in diagonale lungo il gazebo per appoggiarsi poi allo steccato di legno. “Ero arrivato da un paio d'ore,” disse fissando il vuoto come se vi guardasse un filmato di cui doveva spiegare ogni fotogramma. “Avevo portato le mie cose da Derek, poi ero sceso da Caesar a mangiarmi un panino. Quando sono uscito c'era un freddo cane e uno dei miei guanti è caduto sul marciapiede mentre infilavo l'altro; il vento l'ha fatto spostare di un paio di metri, quindi l'ho seguito e raccolto. Alzando gli occhi ti ho vista: eri seduta esattamente dove sei adesso e stavi con Lane. Indossavi l'uniforme della Chilton e avevi un berretto di lana azzurro e i capelli sciolti che ti cadevano sulle spalle. Non parlavi, ma ascoltavi quello che lei aveva da dirti: eri così concentrata che non sembrava non ti accorgessi di quello che ti accadeva intorno. Ad un certo punto hai iniziato a ridere talmente tanto che eri letteralmente piegata su te stessa e il cappello ti è scivolato finendo per terra; esattamente come era successo con i miei guanti, il vento l'ha fatto allontanare e tu ti sei alzata in fretta per rincorrerlo prima che finisse chissà dove: avevi i capelli in disordine, le lacrime agli occhi e un enorme sorriso,” aggiunse sorridendole a sua volta. Ricordava di aver pensato di non aver mai visto una ragazza così bella; “E' una scena che mi è rimasta impressa.” Rory rimase in silenzio, indecisa se piangere o ridere dalla gioia: Jess era sempre così serio e duro che non avrebbe mai immaginato che potesse avere un a rimembranza come quella e ricordarla così perfettamente; e soprattutto non credeva che potesse parlarne apertamente con qualcuno, lei compresa. Si alzò e camminò lentamente verso di lui fermandosi quando solo un metro li divideva: “Davvero?” “No,” le rispose con ironia; “ho inventato tutto.” Gli sorrise, certa che fosse il contrario, perchè non avrebbe mai scherzato su una cosa come quella. Lei e Lane si fermavano spesso a parlare sedute nel gazebo, quindi era molto probabile che le avesse viste, eppure non le veniva in mente quel particolare giorno; “Io non lo ricordo.” “Allora siamo pari: io non ricordo la prima volta che tu mi hai visto e tu non ricordi la prima volta che io ho visto te.” Annuì con la testa evitando di sottolineare che quella prima volta a casa di Derek lei gli stava di fronte e non era nascosta da qualche parte nella piazza. Fece un altro passo accorciando maggiormente le distanze sotto il suo sguardo stupito per quella mossa ardita; “Ora sono io che vorrei baciarti.” “Non possiamo qui,” le ricordò utilizzando le parole che lei stessa aveva usato solo pochi minuti prima come scusa per rifiutare la sua proposta. Rory si guardò intorno: la strada continuava ad essere deserta, tutti erano ancora rinchiusi all'assemblea e Caesar, l'unico che poteva essere loro testimone, aveva smesso di pulire e aveva lasciato il locale incustodito; “Non c'è più nessuno,” sussurrò mettendogli le braccia al collo e pressando il corpo contro il suo. Lo sentì respirare profondamente e sorrise nel vedere che effetto gli faceva la sua vicinanza. “Lorelai Leigh Hayden,” le disse abbracciandola; “un giorno mi farai impazzire.” “Allora credo che dovremmo dividerci la camicia di forza.”
C'era qualcosa di diverso nell'aria, ma nemmeno sforzandosi riusciva a capire di cosa si trattava. Il freddo di quel giorno era nella norma, esattamente come lo erano le risate provenienti dalle case che aveva oltrepassato camminando o le grida degli uomini che guardavano lo sport in televisione. Per strada non c'era nessuno e forse era proprio quell'insolito silenzio a rendere particolare l'atmosfera; eppure la strana sensazione che sentiva si sentiva dentro era dettata da molto più di una città vuota o dall'odore del tacchino che fluttuava ovunque intorno a lei. Probabilmente era stata la lieta notizia che Lane era incinta a dare sfogo a quel turbinio di emozioni e in effetti, se si fermava a pensare, la rattristava costringersi a ricordare che era sola e che lo era per una sua scelta. Se avesse ascoltato suo padre e i suoi nonni avrebbe potuto avere tutto: una casa, degli amici importanti, una posizione sociale, denaro a palate. Una famiglia. Ma le bastava andare a lavorare e incontrare uno dei ragazzi che aveva in cura per ricordare che quella che aveva preso era stata la scelta giusta. Era solo paura la sua, in fondo era sempre stata una persona insicura, soprattutto davanti alle difficoltà della vita; sarebbe arrivato anche per lei un uomo perfetto, o almeno uno che si sarebbe avvicinato alla sua idea di perfezione, avrebbero avuto dei bambini, per la precisione due, una casa con la staccionata bianca e il giardino di un verde smeraldo e mille fiori colorati che tutti avrebbero invidiato. I suoi figli ci avrebbero giocato ogni pomeriggio di primavera ed estate, li avrebbe sgridati urlando di non sporcarsi e loro l'avrebbero trascinata sul prato riempiendole di terra i vestiti. Si sarebbe divertita e avrebbe detto che per quella volta l'avrebbero passata liscia ma in futuro non doveva più accadere. E loro avrebbero sorriso sapendo che stava bluffando e che la storia si sarebbe ripetuta e che ogni volta la loro mamma sarebbe stata felice di partecipare alle loro marachelle. Sarebbe stata per le sue piccole pesti la madre che Lorelai aveva cercato di diventare troppo tardi per colpa di Emily e Christopher, avrebbe lasciato che commettessero i loro errori imparando da essi, frequentato le scuole che preferivano e gli amici che volevano, preso da soli le decisioni che riguardavano la loro vita senza che lei o altri interferissero. Avrebbe dato loro ciò che le era stato negato: la libertà di scegliere senza imposizioni. Li avrebbe appoggiati in tutto e non avrebbe mai permesso che si allontanassero da lei come aveva fatto con suo padre. Avrebbe offerto loro tutto ciò che il milionario Christopher Hayden non le aveva mai dato. Aveva ventiquattro anni e ce n'erano voluti diciannove per trovare la forza di lottare contro di lui. Era orgogliosa di averlo fatto, ma a volte temeva che fosse stato troppo tardi, che avesse perso tutto ciò che aveva e che non le era rimasto più nulla oltre il lavoro. Si mise a sedere sulle vecchie assi di legno scricchiolanti per le quali Taylor aveva già predisposto un piano di restauro: il gazebo è il simbolo di Stars Hollow, diceva quando era una ragazzina, e per questo deve essere sempre impeccabilmente perfetto e curato. Da quando si era trasferita a Stratford, passava sempre meno tempo nella sua vecchia città: tornava una volta al mese, spesso meno, per trascorrere un paio d'ore con sua madre o con Lane, che ormai era talmente presa dalla sua vita coniugale da non aver più tempo per nulla. Vederla felice insieme a Lunn la metteva di buon umore, anche se la gelosia e l'invidia riuscivano sempre a roderle un po' il fegato. Non voleva che la sua amica restasse zitella o fosse infelice, però si chiedeva perchè a Lane era stato concesso di vivere la sua vita insieme alla persona della quale si era innamorata al liceo mentre a lei quell'opportunità era stata negata. A volte si domandava come sarebbe stata la sua esistenza se Christopher Hayden fosse stato un vero padre, affettuoso, leale, onesto, innamorato di sua figlia e rispettoso delle sue scelte e delle sue opinioni. “Ciao.” Sentì il sangue raggelarsi istantaneamente nelle vene e per alcuni attimi non riuscì a muoversi, l'eco dei suoi passi sul cemento nelle sue orecchie come il battito di un tamburo a lutto: lento, misurato, grave. Ogni volta che pensava a suo padre era naturale pensare anche a lui e chiedersi come sarebbe stato tra loro: se si sarebbero sposati come Lane e Lunn, se ora sarebbe lei ad essere incinta e lui ad avere gli occhi brillanti per la gioia di diventare papà. “Ciao,” gli disse. Ed eccola di nuovo quella strana sensazione: era lui, era Jess che aveva respirato nell'aria. Lo osservò mentre si avvicinava e si siedeva di fianco a lei: era cresciuto un po' in altezza, ma oltre a ciò nulla era cambiato nel suo modo di presentarsi. “Passavo da queste parti,” le disse con una sigaretta fumata per metà tra le labbra; “e ti ho vista. È un po' che non ci vediamo e ho pensato di fermarmi a salutarti.” “Hai fatto bene,” gli rispose confusa: passava da quelle parti? “Che ci fai di nuovo a Stars Hollow?” “Riunione di famiglia per il ringraziamento: lo sceriffo ha invitato mia madre a pranzo.” “E tu l'hai accompagnata,” finì per lui. Non era la prima volta che Liz Danes tornava in città, ma era sempre venuta da sola. “Sono passati cinque anni,” aggiunse dando voce al filo dei suoi pensieri. “Lo so,” lo sentì dire, quasi sussurrare. Avevano entrambi lo sguardo rivolto in avanti, si erano guardati negli occhi solo per pochi secondi dopo il saluto iniziale e di lui poteva solo sentire la voce e non vedere le espressioni. “Ero curioso di vedere se le cose qui erano cambiate.” “E il verdetto?” “Strade pulite, facce sorridenti, il gazebo... tu seduta qui,” lo guardò con la coda dell'occhio e lo vide sorridere. “Tutto come la prima volta.” “Già,” sorrise a sua volta accorgendosi che finalmente il sangue nelle sue vene stava ricominciando a liquefarsi e tornare caldo; “A questa città non piacciono molto i cambiamenti.” “Tu come stai?” le chiese. “Sto bene,” gli rispose senza esitare. Aveva dimenticato quanto fosse piacevole conversare con lui. “Devo chiamarti dottoressa, immagino. Se non ricordo male dovevi laurearti in economia e commercio per lavorare con la tua famiglia.” “Avrei dovuto,” sottolineò sorprendendolo. “Sono una psicologa.” “Sul serio?” “Ho deciso di aiutare chi ha bisogno di un supporto psicologico,” annuì con orgoglio. “Lavoro in un consultorio. Ci sono ragazzi e ragazze in difficoltà per colpa di genitori che non li capiscono, che li opprimono... l'adolescenza è una fase difficile di per sé, non c'è bisogno che altri la rendano impossibile da vivere. Sono cose che hanno ripercussioni sul futuro, sulla vita da adulti... bisogna prevenire ed evitare che la vita dei ragazzi venga rovinata come è successo ad altre persone.” “E' un buon proposito.” “Lo credo anch'io. E' un lavoro che mi piace. A volte i ragazzi che curo tornano a ringraziarmi. È una grande soddisfazione sapere di aver riportato il sorriso sulle labbra di qualcuno.” “Mia madre è pazza,” lo sentì dire sospirando. “Potresti psico-analizzarla e rinchiuderla in qualche manicomio.” “Tu adori tua madre!” lo ammonì sapendo che stava solo scherzando e cercando di alleggerire l'atmosfera. “Sì, però a volte è difficile da sopportare... dovresti vivere con quell'impicciona per saperlo. E i tuoi? Come hanno preso questo cambio di rotta?” “Beh, i miei nonni hanno fatto buon viso a cattivo gioco sostenendomi con la speranza che sarei diventata socia di qualche importante studio medico.” “Tipico,” annuì. “A mio padre è quasi venuto un infarto, anche se il colpo più duro gliel'ho inferto sposandomi,” disse orgogliosa del suo atto ribelle. “Sei sposata?” “Lo sono stata per quarantotto gloriose ore,” sorrise al ricordo di quella pazza vacanza. “Ero a Las Vegas con alcuni amici del college. Eravamo bevuto un po' troppo e volevamo fare qualcosa di memorabile, così io e ed uno dei ragazzi ci siamo sposati nella cappella di Elvis.” “Scontato.” “Lo so, ma dopo averci dormito su abbiamo capito che non poteva funzionare.” “Lasciami dire che non me lo sarei mai aspettato da te.” “Cosa vuoi che ti dica, in quel momento sembrava divertente. E tu invece?” “Non mi sono mai sposato, ma non disdegno ubriacarmi ogni tanto.” “Jess!” lo sgridò dandogli una pacca sul braccio. “Non era questo che intendevo.” “Come sei manesca!” disse massaggiandosi la parte lesa. “Sto bene: uno un lavoro, un tetto sulla testa, una comoda poltrona per leggere. È tutto regolare. A quanto pare Stars Hollow non è l'unica a restare sempre uguale: da quando me ne sono andato anche la mia vita non è cambiata di molto.” “La mia invece sì,” disse Rory abbassando inconsciamente il tono della sua voce. “Me ne sono accorto, Britney.” “Da quando ho scoperto che razza di bastardo è mi padre la mia vita è diventata un'infinita montagna russa,” disse all'improvviso sentendo il bisogno di parlargli onestamente, di fargli sapere che conosceva i fatti. “Cosa?” le chiese sorpreso dalle sue parole e dal riferimento a suo padre. Sentiva la rabbia e la delusione nella sua voce e si chiese se ciò che pensava fosse accaduto fosse realmente ciò che era successo. “So cosa ha fatto. Mi ha detto tutto.” “Come l'hai saputo?” “Non importa il come,” rispose duramente. “Avresti dovuto parlarmene.” “Rory.” “Jess,” lo interruppe vendendo fermata a sua volta dalla furia delle sue parole. “No, Rory, tu non capisci. L'ho fatto per mia madre,” disse alzandosi di scatto e camminando avanti e indietro davanti a lei gesticolando furiosamente. “E' rimasta incinta giovanissima, ha rinunciato a molte cose per me: non volevo che lo facesse ancora.” “Questo non cambia che avresti dovuto dirmi cosa stava succedendo. Ne avevo ogni diritto, Jess.” “Lo so ora, ma a diciassette anni non era un'opzione alla quale avevo pensato.” Ci furono diversi secondi di silenzio durante i quali entrambi si sfidarono con lo sguardo in una gara infinita. “L'ho saputo circa un anno dopo che te ne sei andato. Mia madre si è lasciata sfuggire qualcosa e non è stato difficile tirare le conclusioni.” “Lei lo sapeva?” “No, non quando è successo. Mio padre gliene aveva parlato qualche sera prima che io lo scoprissi.” S'interruppe indecisa se continuare con l'onestà o cambiare discorso per non riaprire vecchie ferite, ma non riuscì a trattenersi né a riflettere con calma e lucidità: nemmeno quello era cambiato, Jess era ancora capace di farle perdere la testa; “Ho voluto venire mille volte. Ho comprato un biglietto per New York una volta, ma poi pensavo a te, a lui e a quello che ti aveva fatto... mi vergognavo e ho creduto che fosse meglio lasciarti vivere la tua vita senza di me, senza che io te la complicassi di nuovo. E così non sono mai salita quell'autobus.” “E' stato lo stesso anche per me,” le confessò calmandosi. “Ma forse è stato meglio così: stare lontani ti ha permesso di laurearti in una cosa che ti piace e non in qualcosa che voleva qualcun altro oltre che averci dato la possibilità di diventare ciò che siamo ora.” Lo osservò guardarsi intorno pensieroso e poi sorridere: “E comunque ci siamo ritrovati, no? Com'era la storia dei due amanti di Stars Hollow? Una ragazza di un paese e un ragazzo di un altro si conobbero e si innamorarono, ma il loro amore era ostacolato dai genitori? Un giorno scapparono di casa, ma si persero... ” “Seguirono le stelle e si ritrovarono proprio qui, dove c'è il gazebo,” finì per lui sorridendo perchè ricordava ancora quella storia melensa e romantica che ancora oggi la faceva sognare come una ragazzina. “Hai dei programmi per le prossime ore?” “Se vuoi chiedermi di andare a Las Vegas e sposarci lascia che ti avverta: il mio prossimo matrimonio dev'essere più tradizionale.” “Veramente pensavo ad un caffè, Elvis può aspettare.” “Ok, vada per il caffè. Sai che lo adoro.” “Lo so,” le disse sorridendo e porgendole la sua mano per aiutarla ad alzarsi dalla sua panca nel gazebo. “Hey, hai un ragazzo ora?” le chiese per essere certo di non replicare la loro storia iniziata con un triangolo tra lei, lui e Jason. “No, nessuno,” rispose scuotendo la testa con un gran sorriso sulle labbra. “Vuoi davvero provarci con me? Ti avverto che non sono una che cede facilmente alle avances del primo che capita.” “Allora è una fortuna che ti conosca da sette anni,” le disse guardandola dritta negli occhi. “E poi vedremo: al mio fascino è difficile resistere.” Rory strinse la mano che non aveva ancora lasciato e sussurrò: “Vedremo.” Era certa che l'avesse sentita, perchè subito dopo lo vide voltare la testa indietro in direzione del gazebo e poi di nuovo verso di lei probabilmente ripensando ai due ragazzi della leggenda e a quanto quella non fosse una storia meramente fantastica, ma qualcosa che nel ventunesimo secolo era realmente accaduta.
Fine
se volete lapidarmi sapete dove prendere le pietre, se volete lanciarmi dei fiori comunico che mi piacciono molto le margherite e i gigli, i pomodori mi piacciono ma macchiano i vestiti, quindi... sfogatevi nei commenti.
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