THE ANIMAL YEARS (2006)“The Animal Years” è il classico album che lascia di stucco, soprattutto se si scopre che Josh Ritter ha solo 29 anni e già tre dischi all’attivo, “Josh Ritter” (2000), “The Golden Age of Radio” (2002) e “Hello Starling” (2003).
La critica è dalla sua, i colleghi anche e chi ha assistito ai suoi concerti non ha potuto fare a meno di spargere la voce sul suo incredibile talento!
“The Animal Years” è un album “maturo”, pieno di citazioni dei classici del rock cantautoriale (Johnny Cash, Leonard Cohen, Bob Dylan) ma anche molto moderno. (
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Recensione di "Q" HELLO STARLING (2003)Sapere che Josh Ritter è nato nel 1976, tre soli anni prima di me, in qualche modo mi sconforta: a ventotto anni questo ragazzo dell’Idaho ha già la pasta di un Dylan, la poetica di un Cohen, la brillantezza di un Drake. E mi sconforta anche l’averne mancato (per ora, almeno) i suoi due precedenti cd, che risalgono rispettivamente al 1999 (il debutto omonimo) ed al 2002 (The Golden Age Of Radio).
Può solo confortarmi l’averlo scoperto, a detta di tutti, allo zenit creativo: quando il suo folk rock si è definitivamente liberato dagli ingombranti riferimenti di cui sopra (che pure continuano a vivere sottopelle: ma con nomi di tale grandezza come può essere altrimenti?) ed è sbocciato completamente per ispirazione, capacità esecutive e tecnica.
Hello Starling, pubblicato dalla sempre accorta Setanta, riluce splendidamente nel panorama folk odierno: la voce calda e sicura di Ritter guida su arrangiamenti solidi e ben dosati alcuni tra i brani più convincenti che ci sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi. Chitarra acustica d’ordinanza, entrambi gli occhi rivolti al passato glorioso dello storytelling, Josh inanella almeno cinque instant classics sugli undici brani proposti.
Il primo posto va d’ufficio a quella splendida seconda traccia che è Kathleen: una melodia ariosa, ispirata dal migliore Dylan, tanto perfetta che ti sembra sia sempre esistita. Ma a ruota, e giusto un gradino sotto, seguono l’apoteosi di Snow Is Gone, le soavi Bright Smile e Baby That’s Not All, oltre ad una superlativa Wings condotta in porto da Ritter con il solo ausilio della fida chitarra e meritoriamente ripresa dalla Baez nel suo ultimo Dark Chords On A Big Guitar.
Il resto dell’album non è assolutamente da meno: tranne qualche capitombolo di poco conto (The Bad Actress è una chiusa un po’ insipida, mentre California sconta qualche “già sentito” di troppo), questi undici brani sono un solido esempio di onestà e bravura, che rendono Josh Ritter un nome su cui puntare senza tema per il futuro. (
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Edited by gloria_ita - 16/3/2006, 14:57