Fumo di Londra, Spoiler: Sesta Stagione

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Elena_R
view post Posted on 17/7/2006, 20:05




Titolo: Fumo di Londra
Autore: Elena_r
Genere: Fanfiction
Stato: In corso

Commenti:QUI


Allora, eccomi di ritorno da queste parti... questa ff sarà molto breve, pochi capitoli, e contiene spoiler della sesta serie. non credo che ci sia molto da dire, si deve solo leggere e vedere come va a finire.
ovviamente è inutile nascondere che è Lit. (come se ci fossero altre filosofie di vita al mondo...)

commentate, mi raccomando! leggere un commento è come mangiare un cucchiaino di nutella! anzi, leccarla dal dito!




Fumo Di Londra

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Parte 1: Nel Mondo Reale


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Il rumore dei tacchi di Paris risuonava sul pavimento: era un'ora intera che camminava su e giù per l'appartamento senza fermarsi mai, parlando con se stessa, urlando qualcosa persino a lei, ovviamente chiedendole se Doyle l'avrebbe perdonata per averlo cacciato fuori con un calcio.

“Sai una cosa, Gilmore?” gridò di nuovo dalla sala. “Se sette anni fa qualcuno mi avesse detto che ci saremmo laureate insieme a Yale, gli avrei dato dello psicopatico in astinenza da Prozac.”

“Non eravamo grandi amiche all'inizio, eh?” disse infilandosi una spilla nei capelli e togliendola subito dopo essersi vista allo specchio.

“Eravamo cane e gatto!” rise Paris questa volta affacciandosi nella sua stanza, i capelli perfettamente a posto e la tunica indosso. “Ovviamente il ruolo del cane era mio. La parte della micetta non mi è mai andata a pennello e mi chiedo perché.”

“Io avrei un paio di teorie, Paris,” le sorrise aggiustandosi la catenina al collo e mettendosi le scarpe, mentre l'amica tornava nella sua camera per guardarsi di nuovo nervosamente allo specchio.

Rory si avvicinò al letto dove, senza una sola piega, la tunica blu era stesa in compagnia del capello.

Respirò profondamente e lasciò passare una mano sulla stoffa morbida del colore della notte: stentava a credere di essere riuscita a laurearsi senza andare fuori corso. Dopo tutto quello che era successo alla fine del secondo anno, l'aver abbandonato gli studi per un semestre, il DAR, l'aver ripreso in ritardo e l'essersi ammazzata di lavoro per poter tornare in pari, finalmente si sarebbe laureata con onore insieme ai suoi compagni. Prese l'enorme abito blu e lo indossò lentamente, attenta a non sciuparlo; si sentiva orgogliosa di portarlo: era leggero. Era come se il peso di quegli anni, dei libri, delle notti insonni e degli esami sparisse per fare spazio al peso piuma del suo premio per essersi impegnata. A breve il mondo vero avrebbe spalancato le sue porte per farla entrare e toccava a lei il compito di effettuare un ingresso in grande stile. Sapeva che non sarebbe stato semplice, che una volta fuori dal college sarebbe stata una dei milioni di laureati di tutta l'America, usciti con ottimi voti da scuole prestigiose, pronti a lavorare più degli altri per mostrare il loro valore, la loro competenza e fare parte di una categoria. Mettendosi il cappello e sistemando il tocco al lato, il pensiero di non avere ancora un lavoro la rese ansiosa e la spaventò: Paris sapeva già dove avrebbe lavorato, e anche Marty era riuscito a trovare un posto solo pochi giorni prima.

Tutti avevano già le indicazioni da seguire una volta che quella porta si fosse aperta, mentre lei avrebbe dovuto aspettare che qualcuno le tendesse la mano per potersi muovere. Ma sapeva che era solo questione di tempo: il suo curriculum era già in giro da tempo e aveva in programma diversi colloqui di lavoro nelle prossime settimane, quindi doveva solo pazientare un po' e tutto si sarebbe risolto.

“Hai finito di guardarti allo specchio?” la voce di Paris la fece sussultare.

“Cosa?”

“Ti stai fissando da ore. Faremo tardi.”

“Ehi, guarda che sei tu l'isterica che non ha fatto altro che rimanere imbambolata davanti allo specchio per tutta la mattina. Non darmi colpe che non ho.”

“Certo, certo,” asserì quella biondina insopportabile che con gli anni aveva imparato ad amare. Se non fosse stato per lei, la scuola e l'università sarebbero state completamente diverse.“Ora andiamo però, o inizieranno senza di noi.”

Si guardò intorno in cerca dell'orologio: mancavano due ore alla cerimonia e secondo i piani avrebbero dovuto trovarsi al campus solo mezz'ora prima dell'inizio. Sorrise e prese la borsa, seguendola fuori casa con netto anticipo rispetto all'ufficiale piano di azione.


“Simon Michael Gaze,” il nome del presidente risuonò nell'aria frizzante della cerimonia. Amici, parenti e genitori erano schierati con le macchine fotografiche pronte a scattare nel momento in cui il proprio bambino o bambina avrebbe ritirato la pergamena di laurea. Davanti a lei, tra loro solo un timido ragazzo, c'era Paris intenta a parlare a macchinetta come suo solito nelle situazioni che un po' la innervosivano, anche se avrebbe fatto l'impossibile per non farlo notare a nessuno.

“E pensare che solo quattro anni fa eravamo due di quelle stupide matricole che girovagano per il campus ogni anno durante la settimana di orientamento, che camminano a testa in su e prendono appunti su tutto quello che gli viene spiegato e poi ammirano gli altri studenti più grandi con occhi sognanti, pensando al giorno in cui anche loro saranno finalmente pronte per laurearsi ed entrare nel mondo vero, quello dei lavoratori, delle donne e degli uomini in carriera, dei soldi, della fama... finalmente stiamo per avere la possibilità concreta di diventare le padrone del mondo, ”continuò a dirle avvicinandosi e sorpassando il povero ragazzo ormai attonito dopo averla sentita nel suo monologo.

“Marie Elizabeth Geeman.”

“Non siamo più quelle ragazzine della Chilton che si prostravano allo studio per un buon voto che, diciamocelo, non significa nulla là fuori. Non voglio dire che non siano stati bei tempi: in fondo anche se è stata dura, ci siamo divertite, no? E poi è lì che siamo diventate amiche e credo che sia abbastanza positivo come evento perché guardaci! Siamo ancora insieme, Gellar e Gilmore: stessa università, stessi amici, stesso giornale, stessa stanza e poi appartamento, stessa cerimonia di laurea. E quante ne abbiamo passate in tutto questo tempo? Ah, tantissime: feste, studio, ragazzi, storie finite male, storie finite bene... Voglio dire che siamo unite e che anche se ora le cose cambieranno, perché sicuramente le nostre strade ora si devono dividere, e anche se non dormiremo sotto lo stesso tetto, continueremo a sentirci e a vederci ogni tanto per raccontarci quello che succede, le novità o anche la routine, no? ”

“Certo, Paris.”

“Paris Eustace Gellar.”

“E anche se questo può essere visto come la fine...” disse aggiustandosi il cappello e facendo un passo deciso verso il presidente, “in realtà è solo l'inizio.”

Sorrise ripensando al suo discorso e a quanto avesse ragione su tutto: quegli anni, seppur a volte travagliati, le avevano unite molto e anche se a prima vista potevano sembrare peggiori nemiche, sempre in lotta tra loro e in disaccordo su ogni cosa, in realtà c'era molto di più. C'erano le esperienze, il tempo passato insieme, quei momenti in cui si erano sostenute a vicenda. C'era un grande affetto dimostrato da sempre più con i fatti che con le parole.

Sette anni di amicizia più o meno costante a partire dai giorni della Chilton. Ricordava i suoi primi giorni di scuola e l'odio che Paris le aveva dimostrato fin dal primo momento, un sentimento generato in principio dalla sua gelosia per le attenzioni che Tristan DuGrey le riservava. Ma non era durato a lungo perché alla fine avevano trovato un territorio comune su cui camminare, affinità che nemmeno si sarebbero mai sognate; e come poteva dimenticare il giorno del diploma e l'abbraccio che le aveva dato appena dopo la cerimonia, quando credevano che non si sarebbero riviste mai più?

Di quel giorno nella sua memoria i ricordi erano ancora vividi: era andata dai nonni per chiedere che le finanziassero gli studi a Yale, Lorelai, che inizialmente si era arrabbiata, poi aveva capito, ricordava quando era salita sul palco per il suo discorso...

Preside Charleston, professori, compagni, familiari e amici, benvenuti.

Un discorso così semplice e generato essenzialmente dalla verità sulla sua vita di allora.

Io vivo in due mondi. Uno è quello dei libri.

In termini temporali aveva trascorso anni china sui libri a leggere romanzi per piacere mentre i suoi compagni giocavano nei parchi o alle bambole. Era sempre stata una bambina diversa da tutti gli altri e questo l'aveva fatta sentire speciale.

“Daniel Richard Giant,” udì chiamare mentre il ragazzo davanti a lei si schiariva la voce e avanzava verso il palco.

Il secondo è popolato da personaggi meno eccentrici ma più reali che sono la mia ispirazione per tutto.

Sorrise di nuovo pensando a quanto eccentrica fosse la sua amata Stars Hollow. Forse era stato il fatto crescere in un ambiente così fuori dal normale a non farla sentire diversa in modo negativo rispetto agli altri. Se avesse vissuto ad Hartford o in qualche altro posto forse la sua mania di lettura sarebbe stata vista come esagerata. Era grata di aver avuto la possibilità di crescere in una piccola città che l'aveva resa ciò che era ora.

Ma l'ispirazione più grande viene dalla mia migliore amica, la meravigliosa donna che mi ha dato il nome e la vita, Lorelai Gilmore.

Mia madre mia ha sempre detto che avrei potuto fare tutto o diventare chiunque.

“Lorelai Leigh Gilmore.”

Non so se si è mai resa conto che la persona alla quale vorrei somigliare è lei.

Passandosi per l'ultima volta una mano tra i capelli avanzò a passo deciso verso il palco, cercando tra la folla la fonte di tutte le sue ispirazioni e della sua gioia.

Grazie, mamma. Sei la mia guida per tutto.









Edited by Elena_R - 5/8/2006, 21:36
 
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