"Gocce di cera" di Francis82

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Francis82
view post Posted on 27/4/2007, 18:35




Titolo: “Gocce di cera”
Autore: Francis82
Genere: Rory e Jess
Stato: conclusa

Commenti: qui




Breve descrizione da parte dell’autore:

Dopo qualche settimana di assenza, ho deciso di tornare a due delle mie passioni più grandi: la scrittura e “Gilmore Girls”…
Per rilassarmi tra un esame e l’altro, infatti, ho deciso di buttare giù il primo capitolo di una nuova FF, nata per caso da un sogno fatto parecchie notti fa… sappiatemi dire, come sempre, cosa ne pensate!
Niente spoiler della settima serie.
Ha inizio più o meno dopo la puntata 6.16: in poche parole, quando Rory scopre che Logan si è dato da fare con quasi tutte le damigelle presenti al matrimonio della sorella…
Mi raccomando, aspetto commenti… un bacio!




La notte si fece largo lentamente, senza farsi notare troppo all’interno del bar dai vetri oscurati: il tintinnare dei bicchieri trasportati da piacenti cameriere scoperte al punto giusto, le voci allegre dei clienti alle prese con l’ennesimo drink… ogni rumore di sottofondo si esaurì, lasciando il proprio posto alle malinconiche note di un disco jazz, messo sul piatto allo scopo non troppo velato di spingere gli ultimi avventori a lasciare il locale e consumare i postumi delle loro sbornie altrove.
Fra questi ultimi reduci del venerdì sera si ritrovò anche Rory: sulle palpebre socchiuse pesava di certo una giornata faticosa, ma probabilmente non si trattava soltanto di quello…
Era stata prelevata a casa di Paris da Logan, del quale aveva dovuto sopportare un’espressione da cane bastonato ed una serie di scuse patetiche riguardo le sue scappatelle con le damigelle della sorella.
Certo erano ormai passati più di tre giorni, ma riusciva ancora a ricordare ogni singolo istante di quella giornata tremenda… dal pomeriggio passato tra i frenetici preparativi del matrimonio, fino alla sbronza in compagnia di Doyle e, infine, quella sfiancante discussione sul pianerottolo di Paris.
Negli ultimi giorni, Rory si era ritrovata a rifletterci sopra più e più volte, giungendo all’amara conclusione di aver perdonato Logan soltanto per sfinimento… la delusione era stata talmente cocente da non ammettere altra reazione.
Prese fra le mani la bottiglia quasi vuota e si perse nell’osservare, con aria assente, il liquido rosso rubino scivolare sulla parete del bicchiere e raggiungerne il fondo… sorrise del fatto di non essere in grado di calcolare la quantità di vino che era riuscita ad assumere nell’arco di circa un paio di ore… e sorrise nuovamente nel notare che erano ben più di due le ore che aveva passato a quel tavolo, sola.
Bevve l’ultimo sorso e terminò l’azione con un lungo sospiro: le dita sottili s’infilarono rapide nella fessura della borsa, sfilando dal portafoglio un paio di banconote che vennero inserite sotto il bicchiere, tra i gusci vuoti di qualche arachide sgranocchiata nell’attesa dell’ordinazione.
L’ostacolo più duro si presentò quando dovette infilare le braccia in modo assai goffo all’interno delle maniche della giacca, ma anche in quello Rory dimostrò una certa abilità.
Dovette fare un paio di tentativi andati a vuoto prima di riuscire a rimanere in equilibrio stabile sulle proprie gambe e compiere qualche passo che l’avrebbe portata all’uscita.
“Hai bisogno di una mano?” una cameriera le andò educatamente in soccorso con espressione preoccupata.
“Sei gentile, davvero… abito dietro l’angolo e… si, penso che riuscirò a raggiungere casa prima che arrivi l’alba…” rispose, visibilmente intontita, passandosi poi il palmo della mano destra sulla fronte per sistemare la frangetta spettinata.
Riuscì ad arrivare all’esterno del locale e percorse qualche metro, tenendo una mano sul muro alla propria sinistra, in modo da evitare di franare a terra, così da non dover compiere lo sforzo certamente titanico di rialzarsi sulle proprie gambe.
L’andamento divenne via via sempre più dondolante, ma le permise comunque di raggiungere il palazzo.
Il suo sguardo si perse di nuovo dinnanzi a se e alla propria solitudine: s’incantò di botto ad osservare le proprie scarpe, con quelle punte che sembravano allungarsi e accorciarsi come per magia, finché alzando il mento non notò con un certo stupore la propria automobile, parcheggiata proprio lì davanti… era talmente fuori di se da non ricordare nemmeno da quanto tempo si trovasse a New Haven con precisione… era arrivata ieri?
O due giorni prima?
Fu senza soffermarsi a pensare troppo che si mise a frugare nella borsa e sul fondo vi trovò le chiavi: con gesto sicuro, nonostante la dose di alcol ancora in circolo, riuscì ad aprire la portiera e buttarsi sul sedile posteriore.
Rise in maniera quasi isterica della propria condizione e allungò il braccio fino a richiudere lo sportello: gettò la testa all’indietro e si addormentò di colpo, con la borsa sotto la nuca e la gonna attorcigliata in modo stretto e scomposto attorno alle gambe.
Quando finalmente riaprì gli occhi, notò una luce tenue e leggermente aranciata che illuminava l’intero abitacolo: era davvero giunta l’alba e con essa una sottile aria gelida che la fece rabbrividire.
Si mise a sedere e finì involontariamente per notare la propria immagine riflessa sullo specchietto retrovisore: ne ebbe pena e scostò lo sguardo.
Come si era ridotta?
Finire in quelle condizioni, a smaltire una stupida sbornia nell’automobile parcheggiata davanti casa… quello era un comportamento tipico della Rory di qualche mese prima, del periodo passato lontana da Yale, quando ogni scusa era buona per partecipare a stupide feste con Colin, Finn e la “Brigata della vita e della morte” e per alzare il gomito… ora però si era ripulita, aveva capito i propri sbagli ed era tornata sul giusto binario.
Era per caso finita all’interno dello stesso circolo vizioso senza rendersene conto?
Le sensazioni furono le stesse di allora: il risveglio con la testa che sembra diventata un pallone, le percezioni alterate e un senso globale di malessere e frustrazione…
Non le rimase da far altro che cercare di ricomporsi in qualche maniera: si abbottonò la giacca fino al colletto, passò più volte la mano sulle maniche della giacca così da eliminare le pieghe più evidenti e cercò di aggiustare le ciocche spettinate, raccogliendole con un cerchietto trovato fortunatamente nel vano portaoggetti.
Prima di rimettere piede fuori dall’auto, si assicurò di essere sola ed evitare sguardi curiosi da parte dei passanti.
Chiuse la macchina e attraversò la strada, ostentando una sicurezza a dir la verità un po’ eccessiva: mento alzato e atteggiamento quasi altero, intorno a se trovò una calma piatta, a tratti irreale.
Non un rumore, nemmeno l’ombra di una persona… il vuoto più totale.
Sospirò al pensiero di dover concepire in appena un paio di minuti una scusa plausibile da presentare a Logan: sicuramente si sarebbe infuriato nel vederla rientrare a quell’orario assurdo.
Lo aveva lasciato a trastullarsi con una delle solite partite di poker in compagnia di alcuni amici nel salotto di casa, dicendogli che si sarebbe limitata a fare un salto veloce alla redazione per chiudere alcune bozze e probabilmente avrebbe fatto quattro chiacchiere con Paris.
La mente ancora presa da una sorta di torpore, non riuscì a formulare nulla… stranamente, questo senso di impotenza non la turbò affatto e addirittura finì col dire a se stessa che comunque fosse andata a finire, non le sarebbe importato un accidente!
Si era presa una sonora sbronza, ma non era nulla se posta al confronto col tradimento di Logan… una giustificazione probabilmente non troppo matura, ma che le bastò per sentirsi totalmente in pace con se stessa e con la propria coscienza.
Mentre queste considerazioni avevano finito per portarla ad uno stato di sostanziale beatitudine, le porte dell’ascensore si riaprirono all’ultimo piano, conducendola suo malgrado dinnanzi alla porta dell’appartamento: in un automatico gesto di premura, si tolse le scarpe per non far rumore e le strinse forte al petto insieme alla borsa, mentre le chiavi entrarono silenziosamente nella toppa.
Un pesante odore di sigaro l’avvolse, facendola arretrare un istante e provocandole un leggero senso di nausea, unito ai postumi della serata passata con la sola compagnia di due bottiglie costose di Merlot.
Portandosi una mano alla bocca per evitare di respirare ancora quella esalazione così acre, finì col far scivolare a terra una scarpa: il contatto del tacco col pavimento diede origine ad un suono sordo.
Alzò gli occhi al cielo, maledicendo la propria sbadataggine.
I piedi scalzi avanzarono lenti e finalmente giunse in salotto: l’odore pungente proveniva da un posacenere che conteneva molta cenere e tre mozziconi ancora fumanti, mentre tutto intorno regnava il caos… Logan dormiva sul divano con la testa affondata tra le braccia… Finn russava da una poltrona accanto alla cucina… una bottiglia di whisky ormai vuota aveva macchiato il tavolo da biliardo, cosparso inoltre dai residui di uno spuntino notturno… Colin era finito in fondo al letto, in stato catatonico.
Rory rimase per qualche istante immobile sulla soglia della camera: dormire in auto non era stata un’idea poi così sbagliata se paragonata ad un tale scenario!
Subito dopo si rese conto che quella situazione per certi versi pietosa avrebbe giocato a suo favore.
Dirigendosi in bagno, chiuse la porta a chiave il più silenziosamente possibile, pur sapendo che nemmeno una cannonata avrebbe destato i belli addormentati.
I vestiti scivolarono via in un battibaleno, finendo nel cesto della lavanderia, così impregnati di quell’odore fastidioso.. l’odore di bar che sembra entrare nelle fibre allo scopo di rammentarti eventuali passi falsi e bicchierini di troppo…
Quando la vasca fu colma di acqua bollente, vi si immerse completamente… tappò il naso e scese con il capo sotto il livello della schiuma, rimanendovi finché non le fosse mancato il fiato: sarebbe riuscita a lavare anche i propri dubbi, le proprie ansie?
Almeno il profumo di miele, avvolgendola in una nube di piacevolissimo vapore, riuscì a cancellare una piccola parte di sensi di colpa, mentre lo sguardo seguì incantato le bolle formarsi a pelo d’acqua.
Ripensò alla scena che si era trovata davanti poco prima e avrebbe probabilmente ritrovato intatta una volta uscita dal bagno: era talmente stanca di quegli scenari così decadenti… di atteggiamenti talmente irresponsabili da non ammettere più giustificazioni… ed era stanca di quelle frasi che continuavano a frullarle nella testa:

“Oh, tu sei quella Rory… mi dispiace, è successo tanto tempo fa… poco prima del giorno del Ringraziamento!”
“L’ultimo Ringraziamento?”
“Per me non ha significato niente…”


Rory era sempre stata una persona felice: era cresciuta con una madre fantastica, una donna meravigliosa che le aveva dato tante libertà, ma le aveva allo stesso tempo inculcato dei principi sani e una forte autostima... com’era possibile che questo fosse il massimo che avrebbe potuto ottenere stando accanto a Logan?
Queste prese di coscienza vennero interrotte poi da una serie di rumori provenienti dalla stanza adiacente, segno che finalmente gli amici si erano destati.
Si decise ad abbandonare quel nido piacevole e avvolse il proprio corpo bagnato nell’accappatoio del fidanzato, distante appena una decina di centimetri dalla propria testa, sopra la vasca.
Raccolse i capelli ancora zuppi d’acqua in un soffice asciugamano azzurro e afferrò dalla mensola un barattolo di crema idratante, prima di lasciare il bagno: necessitava davvero di un ulteriore strato di profumo per cancellare il ricordo di quelle ultime ore.
“Ehi, ragazzi… guardate chi c’è! La mia Scheggia…” Logan riemerse dal divano con un’espressione stordita, grattandosi la nuca nervosamente.
Colin si limitò ad emettere un verso imprecisato, mentre Finn si drizzò sulla poltrona e, ancora con gli occhi chiusi, esordì con un farfugliato: “Buongiorno Rory!”.
La ragazza sbuffò, domandandosi di nuovo cosa l’avesse portata a quel punto… era davvero seccata di vedere quei tre stupidi ridursi in quel modo.
Fu appena dopo qualche secondo che si ritrovò a fare un po’ di sana autocritica: “Senti da che pulpito viene la predica… dopo due bottiglie di vino rosso ti sei addormentata sul sedile posteriore dell’automobile parcheggiata davanti casa! Pensi davvero di essere migliore di loro?”.
Gettò uno sguardo annoiato a Logan e si diresse in cucina per preparare un bel bricco colmo di caffé: sarebbe stato un toccasana un po’ per tutti e quattro.
“Quanti soldi vi hanno spillato?” domandò, versando la polvere scura dalla confezione.
“Diciamo che la madre di Robert ci si potrà fare almeno un altro paio di lifting con tutti quei bigliettoni…” mormorò Logan, di nuovo precipitato fra i cuscini del divano.
“La prossima volta andrà meglio…” commentò Finn, rialzandosi stordito.
Fu allora che Rory non riuscì più a trattenere la propria irrequietezza e sbottò: “Non pensate sia giunto il momento di darci un taglio, ragazzi?” per poi terminare: “Per voi è sempre tutto un gioco! Quando maturerete un po’ e vi accorgerete che è giunto il momento di prendere in mano la vostra vita una volta per tutte?”.
Logan si drizzò a sedere: “Scheggia, ti sembra il momento adatto per una ramanzina del genere? Perché non ci lasci in pace? Ne riparleremo quando la mia testa avrà smesso di roteare, ok?”.
“Proprio non lo capisci che stai gettando via il tuo tempo… che esiste un mondo fuori da questa stanza in cui il principale passatempo non è buttare i soldi dalla finestra e annegare le proprie frustrazioni in bottiglie costose di whisky d’annata…” e indicò il tavolo da biliardo, ricettacolo di chissà quali sostanze ormai.
“Colin! Colin! Mi sa che è giunta l’ora di sloggiare… c’è una lite in corso…” Finn iniziò a scuotere l’amico, per poi caricarselo a fatica sulla schiena.
“Fermatevi lì, ragazzi! Questo è il mio appartamento e decido io quando è arrivato il momento di farvi sloggiare!” urlò Logan.
Rory sbuffò di nuovo, guardando il ragazzo con un’espressione che la diceva lunga sul proprio stato d’animo, sulla delusione che ormai accompagnava ogni suo risveglio da qualche giorno in avanti.
Erano finiti i bei tempi dell’amore incondizionato; finita l’epoca delle frasi romantiche sussurrate all’orecchio per porre fine ad ogni genere discussione… non sembrò più esistere la complicità di una volta, aveva lasciato spazio a tutta una serie di rancori mai del tutto chiariti.
“Fino a poco tempo fa ti divertivi proprio come noi e non ti lamentavi certo di perdere il tuo tempo a trastullarti nella dependance di casa Gilmore… mi sembra che tu abbia la memoria corta, Scheggia…”.
“Sapessi quanti rimorsi ho di quel periodo… è stato un errore… un enorme errore, Logan! Però dagli errori si dovrebbe imparare qualcosa… ed io mi sono rimboccata le maniche per porvi rimedio. Purtroppo sono l’unica ad averlo fatto, a giudicare da ciò che mi si presenta davanti agli occhi!”.
All’improvviso, Logan sfoggiò un sorrisetto beffardo, seguito da una delle sue solite stoccate: “Non mi sembri poi così diversa da allora, sai? Altrimenti non saresti rientrata all’alba con tutta l’aria di chi ha alzato parecchio il gomito…”.
Rory questa volta non seppe ribattere e attese in silenzio che lui riprendesse la propria accusa: “Bella faccia di bronzo, complimenti… davvero credevi non ti avessi sentita poco fa? Ti conosco talmente bene, Scheggia… Non puoi nascondermi nulla, lo sai”.
“Noi togliamo il disturbo, ragazzi… Credo che Colin abbia bisogno di una boccata d’aria per riprendere un colorito accettabile…” la voce di Finn interruppe quell’atmosfera pesante.
Logan si limitò a salutarlo con un cenno della mano, mantenendo uno sguardo di sfida su Rory, la quale si morse nervosamente il labbro, per poi riprendere: “Sei talmente egoista che nemmeno te ne rendi conto! Prendi ciò che vuoi senza pensare neanche minimamente alle conseguenze dei tuoi gesti…”.
Il ragazzo si sollevò da quella posa scomposta, ancora un po’ rintronato dall’alcol, e la raggiunse in cucina: “Hai detto di avermi perdonato…ma la verità non è questa, giusto?”.
Rory lo fissò intensamente, posandogli una mano sul petto: “Non ce la faccio…” e non trattenne oltre un pianto carico di rabbia e delusione: “… Dio solo sa quanto ci sto provando”.
“Rory, tu ed io siamo fatti per stare insieme e lo sai… lo sai da sempre… Ormai mi conosci più di quanto io conosca me stesso… Nel profondo del tuo cuore sai alla perfezione che non compirò mai più un passo falso, non metterò mai più a rischio la nostra relazione perché ti amo troppo!” e le prese le spalle tra le mani, avvicinandola ancor più a se.
Quello che Rory sapeva, nel profondo del proprio cuore, era che non avrebbe mai perdonato del tutto quel suo gesto… che la sua fiducia non sarebbe stata in grado si sopportare quel peso… che meritava più di un mucchio di promesse sterili…
Rimasero abbracciati a lungo, per poi finire a far l’amore… ma nemmeno quei gesti, nemmeno quelle carezze parvero avere più lo stesso sapore di una volta…




“Riuscirò mai a darmi una ragione di tutto ciò?” quando il proprio sguardo raggiunse la porta, Luke si fermò al centro del locale, con le ordinazioni ancora in mano ed un’espressione di resa totale stampata in volto.
“Molti lo chiamano shopping compulsivo!” sorrise Lorelai, con le braccia completamente occupate da sacchetti di tutti i colori e dimensioni.
“Metà di quelle cose finiranno nel dimenticatoio nell’arco di un paio di giorni, te ne rendi conto?” tentò un’ultima opera di convincimento, destinata a fallire in partenza.
“Parli di questa utilissima coppia di spazzolini elettrici che emettono vibrazioni a tempo di musica?” domandò candidamente lei, sbattendo ad arte le sottili ciglia nere.
Fu allora che le giunse in soccorso anche Rory, altrettanto carica di pacchi e buste: “Guarda che puoi scegliere tra sette melodie diverse! Il commesso ha detto che volendo puoi impostarne una per ogni giorno della settimana…”.
“Voi siete completamente impazzite… ma perché spreco fiato?” sospirò, tornando al proprio lavoro con aria sconsolata.
“Tesoro, puoi portare di sopra questo pacco, mentre io tento di convincere Luke di quanto sia indispensabile per un uomo come lui un porta-rasoio a forma di papera?” sussurrò Lorelai alla figlia, la quale annuì divertita.
Rory salì le scale di corsa, sperando di riuscire a tornare al piano di sotto giusto in tempo per vedere il viso di Luke cambiare colore, nel tentativo di far capire a Lorelai che una serie di portatovaglioli decorati con le facce dei personaggi dei cartoni animati non si addice ad un locale come il suo.
Lasciò il pacchetto sul tavolo della cucina e, voltandosi, notò tutta una serie di fotografie appese al frigorifero con calamite colorate, che erano di certo opera di sua madre.
Un paio di queste raffiguravano Liz al suo stand di gioielli rinascimentali e TJ al suo fianco intento a fare smorfie buffe, uno scatto immortalava Lorelai e Luke sdraiati nell’amaca del giardino di Sookie e un’ultima foto aveva per protagonista Paul Anka, accucciato sul sedile anteriore della jeep, come faceva spesso nei momenti di paura.
Sorrise di quei ricordi e di come fosse strano che uno come Luke, brontolone per natura, li conservasse in quel modo, li tenesse accanto a se, mostrando un lato più morbido, sentimentale.
Tra i vari foglietti, alcuni dei quali con numeri di telefono e altri con vecchie liste della spesa, uno in particolare, più sgualcito degli altri, attirò la sua attenzione.
Ne sollevò un lembo con l’indice e, dopo essersi guardata intorno con espressione scaltra, lo staccò con gesto secco, infilandolo nella tasca dei jeans.
Aprì lo sportello del frigorifero e ne estrasse una bottiglietta d’acqua fresca: appoggiando un fianco alla base del lavello, ne sorseggiò un po’ e, approfittando di un minuto di pace per riposare la mente dopo quella frenetica mattinata in compagnia della madre e della sua maniacale ansia d’acquisto, si perse a contemplare l’ambiente dinnanzi a se.
Inaspettatamente, una scia di ricordi riaffiorò nella sua mente…

“Sicura che non vuoi bere?”
“Si, sono sicura…”
“Per favore, fammi prendere qualcosa da bere… mi sento come un imbecille a stare qui in piedi”


Lorelai fece capolino dalla porta socchiusa, visibilmente entusiasta: “Niente da fare per i portatovaglioli, ma non ha resistito tanto alla trattativa sul porta-rasoio, lo sapevo! Alle papere non si può dire di no! Inoltre, per farmi star zitta, ha fatto preparare una porzione tripla di patatine… mi dai una mano a finirle? Temo che la chiusura dei jeans non reggerà ancora per molto!” e terminò massaggiandosi la pancia.
“Certo, tutto quel correre per centri commerciali mi ha fatto venire una fame!”.
“E’ inutile che fingi con me… ti ho vista prima! Hai approfittato della mia indecisione al reparto profumi per svoltare l’angolo e fare una visitina alla bancarella degli assaggi… Sei veramente senza ritegno…” e le fece l’occhiolino.
“Tu mi accusi per un misero e triste assaggio di frittella ai mirtilli, quando l’altra sera, alla cena dei nonni, ho visto cadere dalla tua borsa una confezione gigante di bon-bon al cioccolato… madre ingrata!” la prese in giro la figlia.
“Ne avrete ancora per molto?” la voce di Luke riecheggiò dalla rampa di scale, interrompendo la disputa sulla golosità.
La decisione fu unanime: terminare il tutto con una sfida a colpi di patatine al ketchup.
Prima di richiudersi la porta alle spalle, bloccando di colpo la mano sulla maniglia, Rory gettò un ultimo sguardo fugace al fondo alla stanza, a quel letto sempre intatto… per un istante sembrò che il suo viso s’illuminasse di una luce particolare… e sorrise… sorrise come non era più riuscita a fare da molti giorni a questa parte…




Il cielo si fece grigio e nuvoloso già dalle prime ore della mattina, fino a scoppiare in un grosso temporale: che fosse una giornata nata storta lo si capì nel momento in cui uno dei tergicristalli di Rory smise di colpo di funzionare.
Accostò l’automobile sul ciglio della strada, dinnanzi ad una pompa di benzina, e si fece aiutare da un giovane inserviente: certo, era tornata nell’abitacolo completamente zuppa, ma almeno aveva risolto il fastidioso problema.
Aprendo il vano del cruscotto, riprese di nuovo tra le mani una cartina sulla quale aveva diligentemente segnato il proprio percorso, finendo per bagnare anch’essa.
Per fortuna, a calcoli fatti, non mancavano che una decina di chilometri alla meta del proprio viaggio.
Nonostante quel tempo da lupi, i capelli completamente fradici ed il traffico congestionato, Rory parve felice, stranamente serena.
Alzò il volume della radio e iniziò a cantare a squarciagola un vecchio brano dei Rolling Stones, sorridendo al conducente di un autobus che l’aveva affiancata al semaforo.
Da cosa poteva derivare quella nuova energia?
Abbassò il volume, dandosi un certo contegno, soltanto nel momento in cui il cellulare iniziò a squillare: “Pronto, tesoro? Ero qui a chiacchierare amorevolmente con Michel e non so perché, ma mi è venuta voglia di interrompere la nostra simpatica conversazione e fuggire sul retro a telefonarti! Com’è andato il test?”.
“Ciao mamma! Sto uscendo proprio ora dall’aula del professoressa Carter… è andato tutto bene, non ti preoccupare. Però mi chiedevo se potessi coprirmi per la cena di stasera… sono davvero esausta e mi aspettano altre mille commissioni nel pomeriggio!” la menzogna uscì di getto e con tono assai convincente.
“Nonna e nonno se ne daranno una ragione, vedrai. Peccato perché ti avrei raccontato le ultime pazzie di Kirk… si è dato alla regia e vorrebbe creare una piccola rete televisiva locale… ci credi? Un canale che coprirebbe a malapena la superficie di Stars Hollow! Mi sono già proposta per la conduzione del telegiornale, mi ci vedi come mezzobusto?”.
“Ehi, la giornalista della famiglia dovrei essere io, non ricordi?”
“Ah, già… c’è sempre l’assegno della rata di Yale a ricordarmelo!”.
“Perché non ti butti nel ramo delle televendite, invece? Credo sarebbe più nelle tue corde, viste le ultime ricevute della carta di credito…” iniziò a ridere Rory.
“Questa battuta esilarante farà si che tu finisca in cima alla lista dei candidati per la conduzione del programma di giardinaggio, in onda dalle cinque alle sei del mattino… direi perfetto!”.
“E io direi che è giunto il momento di porre fine a questo dialogo surreale, che ne dici? Ti chiamo nei prossimi giorni e saluta Paul Anka, mi manca un sacco…”.
“D’accordo… per la prima puntata preferiresti occuparti di piante grasse o magari della scelta dei migliori concimi per i gerani?”.
“Ciao mamma!” tentò di concludere.
“Hai ragione, i cactus saranno perfetti…”.
“Sto per riagganciare!”.
“Va bene, va bene… data la tua vena ambientalista, vedrò di organizzare una puntata dedicata alla lotta ai pesticidi!” e con una risata finale terminò la conversazione.
Quando Rory alzò lo sguardo sulla palazzina in mattoni rossi che si ergeva dinnanzi a se, confrontando il numero civico con quello scritto sul foglietto prelevato a casa di Luke, capì di essere giunta a destinazione.
Non poté esimersi dal darsi un’ultima occhiata nello specchietto, prima di scendere dall’automobile: un completo disastro!
I capelli erano fradici, così come la giacca, che se strizzata avrebbe di certo inondato l’intero abitacolo.
Ancora una volta i ricordi presero il sopravvento…

“Va di moda fare la doccia vestiti?”
“Si, è divertente!”
“Che c’è?”
“Niente!”
“Dove stai andando così di corsa?”
“Il nostro presidente ha detto di fare moto ed io l’ho preso in parola!”
“Ha detto di farlo zuppa?”


Si limitò a fare un profondo sospiro e scese di corsa dalla macchina, raggiungendo con pochi e rapidi passi l’ingresso del palazzo.
Il portoncino di legno scuro era stato lasciato aperto per permettere ad un paio di facchini di trasportare dei mobili ingombranti, probabilmente in seguito ad un trasloco.
Rory scorse velocemente la lista di nomi accanto ai relativi campanelli, per poi sgattaiolare dentro il condominio senza farsi notare dal via vai di operai.
Davanti a se trovò ben presto una grande scala con una imponente ringhiera in ferro battuto e, senza dir nulla, iniziò a salirla: gradino dopo gradino, il cuore parve battere sempre più forte e non solo a causa dello sforzo fisico.
Raggiunse finalmente il terzo piano e si fermò a prender fiato, appoggiandosi al parapetto che dava sulla tromba delle scale.
Si sentì una pazza per il gesto che si accingeva a compiere, ma allo stesso tempo si sentì viva come non era stata negli ultimi tempi…
Si voltò e lo trovò dinnanzi a se: un campanello che portava impresse semplicemente due iniziali, “J.M.”.
Posò il palmo della mano sulla porta e chiuse gli occhi un istante, forse per assaporare a pieno quel momento speciale, quell’emozione penetrante che la fece tornare indietro nel tempo, a sensazioni che pensava di aver rimosso dai propri ricordi.
Quando li riaprì, lasciò l’indice scivolare sul piccolo pulsante poco distante, per poi udire un trillo acuto che la fece quasi sobbalzare.
L’attesa fu estenuante: i battiti accelerati, quelle gocce di pioggia che cadevano incessantemente dalle sue lunghe ciocche fino a spegnersi sul pavimento.
Suonò ancora un paio di volte, finché non si arrese all’evidenza: l’avrebbe aspettata un’attesa ben più lunga di quanto non immaginasse quel pomeriggio.
Sbuffò e si lasciò scivolare sul gradino più vicino… aveva viaggiato tutta la mattina per raggiungere Philadephia e non se ne sarebbe andata di certo così…

“Perché sei venuta?”
“Che cosa?”
“Ho detto: perché sei venuta? Hai perso la scuola, mezza giornata… non è da te! Perché l’hai fatto?”
“Perché… non mi avevi salutata…”
“Oh… ciao Rory…”
“Ciao Jess…”


Il rumore di una serie di passi pesanti, certamente maschili, destò Rory dalla lettura del proprio romanzo e la fece ripiombare in quel tunnel di emozioni dal quale era uscita nel momento in cui aveva capito di aver trovato soltanto un appartamento vuoto dinnanzi a se.
Alzò il mento di scatto, sbirciando tra le colonnine della ringhiera e vide un’ombra muoversi sempre più verso di lei.
Quando finalmente raggiunse il piano, la figura che le si presentò davanti la salutò con un cortese “Ciao!”: si trattava di un ragazzo dalla corporatura esile e una testa di riccioli scuri, il quale portava con evidente fatica pesanti sacchetti della spesa.
“Vuoi una mano?” domandò lei, gentilmente.
“Grazie, ma sono quasi arrivato e…” disse, per poi bloccarsi con aria incuriosita.
A quell’attenzione eccessiva, Rory si sentì un po’ in imbarazzo e addirittura temette di arrossire.
Fu lui ad abbandonare a terra i sacchetti per porgerle la mano: “Mi chiamo Andrè… scusa, ora ti ho riconosciuta!”.
“Temo tu mi stia confondendo con qualcun’altra, mi dispiace… Il mio nome è Rory!” commentò lei, stringendogli la mano.
“Non ti ho confusa…” rispose lui, sorridendo.
“Non vorrei contraddirti, ma è la prima volta che vengo a Philadelphia e non credo tu possa…” cercò di spiegare lei.
“Sei la ragazza della fotografia… è per questo che ti ho riconosciuta” insistette il ragazzo, per poi concludere: “Ora mi andrebbe quell’aiuto che mi hai offerto poco fa… sai, stasera darò una festa e ho dovuto fare una bella scorta, la dispensa di casa mia è perennemente vuota!” e porgerle un sacchetto.
“Beh, io…” Rory lo prese tra le mani, sempre più confusa, e finì col seguire il giovane fino al piano successivo.
Quando furono all’interno dell’appartamento, si fermò sull’ingresso e cercò di chiarirsi le idee: “Di che fotografia parlavi?”.
Andrè scomparve dietro una porta che sicuramente nascondeva un angolo cucina.
Ricomparve qualche minuto più tardi: “Beh, cosa ci fai ancora lì, Rory? Entra pure… So che c’è un po’ di confusione, ma sono un disordinato cronico, non posso farci nulla!”.
“Ti volevo chiedere della fotografia…” insistette lei, sempre in piedi come una statua di sale.
“La fotografia? Ah, si… quella che Jess ha appesa nella sua camera…” rispose con una nota d’ingenuità nella voce.
Rory rimase per un attimo stordita da quelle parole e, quando ebbe ripreso fiato, continuò: “Jess possiede una mia foto… tu conosci Jess?”.
“Certo… abita qui sotto da quasi un anno! Siamo diventati come fratelli, ormai”.
“Sono venuta giusto a fargli una visita… una sorpresa, a dir la verità e… sai a che ora torna dalla libreria?” i movimenti di Rory si fecero tutto d’un tratto goffi e incerti, tanto che quasi finì per urtare una lampada posta accanto alla porta.
“Di solito torna per le otto, ma non stasera…” disse lui, scomparendo di nuovo dietro ad una porta.
La ragazza spalancò gli occhi e alzò la voce: “In che senso: non stasera?”.
“Nel senso che è fuori città da un paio di giorni! Mi ha detto soltanto che doveva sbrigare delle faccende di lavoro a New York e che avrebbe fatto visita allo zio, in un paesino del Connecticut di cui non ricordo mai il nome, ma ha a che fare con le stelle o qualcosa del genere”.
“Stars Hollow…” mormorò lei.
“Esatto, proprio quello!” annuì il ragazzo.
In quell’attimo sembrò a Rory che il destino avesse di nuovo giocato a dadi con la sua vita… mentre lei era corsa a Philadelphia, Jess era tornato a Stars Hollow… ci sarebbe stato quasi da ridere!
Il suo bel viso, invece, si rabbuiò di colpo e si strinse sconsolata nella giacca ancora umida di pioggia.
“Qualcosa non va?” Andrè si avvicinò con fare premuroso.
“Riflettevo… ho fatto un viaggio a vuoto, tutto qui…” sospirò lei.
“Ho io la soluzione a quel broncio!” sorrise, per poi avvicinarsi ad un mobile ed estrarne qualcosa da un cassetto: “Jess sarà di ritorno domani. Se ti va di aspettare posso darti queste…” e finì col porgerle un mazzo di chiavi.
“Non so se posso farlo…” rispose lei, imbarazzata.
“Certo che puoi, hai l’aria di una ragazza affidabile e poi… quella fotografia testimonia il fatto che Jess ti conosce bene, quindi non ci sono problemi!”.
Tenne quelle chiavi lucide tra le dita ancora per un po’, combattuta sul da farsi: forse il fatto che Jess fosse partito rappresentava un segno del destino al quale non avrebbe dovuto ribellarsi… o forse l’arrivo di Andrè e la sua proposta erano il vero segno del fato…




Edited by Francis82 - 18/8/2007, 16:04
 
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Francis82
view post Posted on 1/5/2007, 18:18





Eccovi, appena sfornato, il 2° capitolo che spero davvero vi soddisfi quanto il primo.
Siete state troppo buone con i commenti, grazie di cuore ancora una volta… :P :D :P



Appena un palmo la separava ancora da quella porta… rimase in completa solitudine per parecchi minuti ad osservarla, facendo roteare il mazzo di chiavi, del quale teneva l’anello infilato tra le dita.
Comunque la si volesse porre, si trattava di una irruzione in piena regola… senza motivo apparente, se non il desiderio impellente di rivedere una delle poche persone che avevano sempre creduto in lei… l’unico che, grazie ad appena un paio di frasi, era riuscito a riportarla in se, farla ricongiungere con la madre e anche con il grande sogno di diventare una giornalista…
Nonostante questo, Rory non parve essere sicura che quella sua visita fosse la cosa più giusta da fare: Jess aveva sempre avuto un debole per lei… l’aveva amata profondamente, seppur in un modo tutto suo e per certi versi difficile da comprendere… ne aveva avuto la conferma la sera in cui lui l’aveva lasciata di stucco con un “Ti amo!” totalmente inaspettato, soprattutto dopo quel lungo periodo di lontananza… l’avrebbe ferito, ripiombando nella sua vita così?
Non intendeva spezzare quel suo ritrovato equilibrio.
Si guardò intorno, quasi fosse alla ricerca di un segno, di qualcosa che le indicasse la corretta decisione da prendere, ma non trovò nulla se non delle voci lontane e il rumore di una radio accesa provenire dall’interno cinque.
Presa da una sorta di panico, strinse forte in un pugno le chiavi e si avviò di nuovo verso l’appartamento di Andrè, allo scopo di restituirgliele una volta per tutte.
Fu dopo aver percorso appena qualche scalino, mentre la testa le sembrava scoppiare, che mise più attenzione nell’ascolto di quella musica via via più lontana e si bloccò di colpo…

“Fatto!”
“Questo non è Shakespeare…”
“Ah no?”
“Sono le parole di un pezzo dei Clash!”
“Già, ma quale pezzo dei Clash?”
“Non sono io che devo essere interrogata…”
“Dieci secondi… nove…”
“Jess!”
“…otto… sette…”
“Smettila!”
“…sei… cinque… quattro…”
“Lo sai che cominci a…”
“…tre…”
“Ah, ah… The Guns of Brixton!”
“Ehi, dieci e lode… brava!”


Quello si che poteva essere considerato a tutti gli effetti un segno… come se una forza invisibile l’avesse voluta trattenere lì a tutti i costi… un segno… tanto che i suoi occhi s’illuminarono di nuovo e le gambe iniziarono a tremare vistosamente.
Tornò indietro di corsa e si decise, finalmente: inserì le chiavi nella toppa senza pensarci su nemmeno un istante e, dopo appena un tentativo fallito, la serratura scattò.
Aprì lentamente la porta ed il primo a farsi largo nella stanza fu il suo nasino, incuriosito come quello di una bambina… stava per mettere piede nel mondo di Jess, nella sua vita… e senza esserne stata autorizzata del tutto, cosa che rendeva la situazione ancor più emozionante del previsto.
L’interno si mostrò particolarmente buio perché le tende erano state tirate in modo da evitare che filtrasse luce.
Fece qualche passo, cercando di evitare di far danni, anche se non seppe bene dove mettere i piedi, così alla cieca.
Quando raggiunse la finestra dinnanzi a se, aprì le tende di una pesante stoffa verde e finalmente una luce chiara inondò l’intera stanza.
Voltandosi, sentì il cuore battere a mille, mentre gli occhi frugarono voraci nell’ambiente presentatosi intorno a loro: ogni cosa le parlò di lui… Jess si rispecchiava in ogni minimo particolare… nell’enorme libreria colma di volumi di ogni dimensione, accatastati anche in modo confuso… in un vecchio giradischi posto accanto ad un mobile ormai straripante di vinili da collezione… nel poster di Hemingway appeso alla parete sopra il divano ed in quello di Kurt Cobain, vicino ad un vecchio televisore… ogni singolo oggetto sembrò far parte di lui… un ambiente che la stessa Rory aveva immaginato più e più volte, quando si era ritrovata a pensare a lui nel corso di quegli ultimi anni…
Sorrise… girò su se stessa un paio di volte, con le mani salde sul petto… sorrise di nuovo… si sentì davvero raggiante, come una bambina a cui hanno appena regalato un giocattolo nuovo…
Forse fu a causa di tutta quella gioia o del viaggio faticoso, fatto sta che si sentì mancare per un attimo e si appoggiò al bracciolo di una delle poltrone del salotto, dove vi rimase finché la testa non le smise di girare.
Si lasciò scivolare sul tappeto, con le gambe incrociate, posando la nuca al bordo del divano di pelle scura: gli occhi si chiusero automaticamente e rimase per un po’ ad assaporare quel momento così particolare.
Dopo poco il cellulare la destò da quella pausa rilassante e la costrinse ad allungarsi per prendere la borsa e scoprire di chi si trattasse.
“Scheggia, tutto bene a Stars Hollow? Avevi detto che ti saresti fatta sentire appena arrivata…”.
“Tutto a posto… Lo sai che quando sono con mia madre perdo la cognizione del tempo, non ci posso far nulla!” la capacità di mentire si stava perfezionando sempre di più.
“Lo supponevo… Beh, tra poco uscirò per una partita a pallacanestro con i ragazzi. Se non mi dovessi trovare, basta che lasci un messaggio in segreteria, ok? Lo sai che non posso prender sonno senza aver prima sentito la tua voce…”.
“Certo… ci sentiamo più tardi, Logan” e chiudendo il cellulare di scatto, pose termine alla conversazione.
Fu come infastidita da quella intrusione da parte del ragazzo… come se ancora una volta Logan avesse avuto la meglio, mettendo piede seppur involontariamente in quel territorio che non gli competeva, il territorio di Jess… per questa motivazione alquanto contorta ed enigmatica, Rory decise di eliminare il problema alla radice… e spense il telefono.
Un sorriso riprese ad illuminare il suo visetto stanco per il viaggio… tornò a quello stato di beatitudine che non volle per nessun altro motivo abbandonare.
In quella ulteriore pausa di riflessione, durante la quale ripercorse mentalmente le tappe di quella sua giornata particolare, ricordò la frase di Andrè che era riuscita a mandarla per un attimo in confusione: “La fotografia? Ah, si… quella che Jess ha appesa nella sua camera…”.
Si lasciò scappare una piccola risata, guardandosi ancora intorno e si decise: la curiosità, ereditata di certo dalla madre, non le avrebbe permesso di indugiare oltre… la doveva vedere a tutti i costi, soprattutto perché davvero, pur sforzandosi, non riusciva a ricordare di aver mai dato una propria foto a Jess, durante i mesi della loro storia.
Si alzò dal pavimento sempre goffamente, dirigendosi verso uno stretto corridoio alla propria destra, sul quale si affacciavano, intervallate da riproduzioni di fotografie d’autore in bianco e nero, due porte: aprì la più vicina e vi trovò il bagno… la richiuse e, voltandosi di scatto, individuò quella della camera da letto, leggermente socchiusa.
Fu in grado di intravedere, nonostante il buio, delle lenzuola stropicciate e vi si avvicinò con passo quasi felpato: anche qui dovette prima aprire una grande tenda dinnanzi a se… quando il sole pallido entrò nella camera dalle pareti dipinte di blu, scivolando in ogni sua superficie, Rory ebbe un sussulto… la prima cosa che le balzò agli occhi fu un disordine straripante: il letto sfatto portava tra le pieghe delle coperte tutta una serie di plichi di carta, bozze di libri che evidentemente lo stesso Jess avrebbe dovuto finire di esaminare… il comodino ricoperto quasi per intero da cd e riviste di musica… una cassettiera dalla quale fuoriuscivano lembi di magliette, certamente non stirate, e qualche calzino spaiato… insomma, un completo caos che le riportò alla mente i primi giorni di difficile convivenza tra Jess e Luke!
Frugò tra quei fogli e notò qualcosa di tremendamente familiare: ancora quel vizio… quelle scritte a margine… citazioni di altri libri o semplicemente chiarimenti… e fu come se lui si fosse materializzato lì davanti a lei, in quell’istante preciso: la mano sinistra a tenere saldo il libro dalla cima delle pagine… il capo inclinato… lo sguardo, quasi avido e impaziente… e nell’altra mano la solita matita che scivola nervosamente sul margine del foglio… tutto come allora…
Fu voltandosi di nuovo, per avere un’altra visuale completa di quella confusione, che la notò una volta per tutte: se ne stava appesa grazie ad un pezzetto di scotch in cima ad uno specchio, proprio accanto al letto… era davvero lei, non ne ebbe più alcun dubbio, e vi si avvicinò incuriosita… si trattava di uno scatto risalente ad almeno un paio di anni prima e che, con molta probabilità, gli era stato regalato da Luke… rivide se stessa, seduta al bancone del locale, con un’espressione particolarmente felice in volto, anche se non riuscì a ricordarne il motivo… tra le mani la solita tazza di caffé bollente… al suo fianco intravide la spalla di Lorelai, la cui figura era stata abilmente tagliata dal resto dell’immagine.
Si sentì lusingata e, a tratti, malinconica: Jess aveva continuato a tenerla accanto a se, amorevolmente… e lei ne era sempre stata all’oscuro…
Invece di farsi una nuova vita, aveva evidentemente continuato a pensare a lei… era ancora nel suo cuore, nonostante tutto.
Nemmeno si accorse di una lacrima leggera, quasi impercettibile, che aveva cominciato a scenderle sul viso: rimase come rapita da quella visione, da quell’emozione così speciale.
Le sue dita affusolate finirono ad accarezzarla, seguendone il bordo delicatamente: “Davvero mi hai sempre amata…” sussurrò, in quel silenzio fattosi quasi irreale.

"Sai, ho pensato molto a questo momento, davvero… Che mi direbbe Jess se dovessi rivederlo? Insomma, se n’è andato senza un biglietto, senza nemmeno una parola… niente! Ed è passato un anno! Non una telefonata, il nulla… quindi probabilmente non sapevi come giustificarti, non è vero? Ho immaginato centinaia di situazioni, centinaia di frasi che avresti potuto dire! Ti confesso che in questo momento sono molto curiosa di sapere dove diavolo andrai a parare…”
“Possiamo sederci?”
“No! Volevi parlare e parliamo… Cosa volevi dirmi?”
“…Io ti amo!”


Si asciugò gli zigomi, che scoprì solo allora inumiditi di lacrime, ed il suo sguardo si spostò sulla propria immagine reale, sulla Rory presente in carne e ossa in quella stanza che parve essersi colmata di malinconia e, forse, anche di rimpianti…
Non vi aveva mai fatto caso fino ad allora, ma i tratti del suo viso erano davvero mutati in quegli anni… fu tra quelle mura sconosciute che si ritrovò, per la prima volta, dinnanzi ad una donna e non più alla ragazzina che la mattina s’infilava in quella buffa divisa della Chilton e si abbuffava di muffin e caffé nell’attesa dell’arrivo dell’autobus.
Chissà se a Jess sarebbe piaciuta ancora… se avrebbe ritrovato nei suoi occhi quella luce che lo aveva fatto innamorare tanto tempo prima… o se, dopo lo scontro con Logan, si fosse fatto un’idea diversa, fosse rimasto deluso da quella Rory così cambiata…
Come avrebbe giudicato quella sua decisione di perdonare Logan pur davanti alle prove di un tradimento?
Si sentì sicura di una cosa: Jess aveva compiuto molti errori, primo su tutti l’averla abbandonata all’improvviso, lasciandola sola in un momento difficile come quello del diploma… ma mai e poi mai l’avrebbe tradita con un’altra ragazza… di quello ne era certa… e quella constatazione le fece sempre più male…




I morsi della fame sorpresero la povera Rory, costringendola a cercare nelle camere accanto qualcosa che assomigliasse il più possibile ad una cucina.
Mobili di seconda mano ed un ulteriore visibile disordine tradirono uno scarso interesse del proprietario per qualunque pasto non fosse a base di hot dog, hamburger e patatine, per non parlare del frigorifero, all’interno del quale una sorta di deserto silenzioso accoglieva appena una confezione di uova, resti imprecisati di formaggio ed un barattolo di senape.
Molto meglio uscire e mettersi alla rapida ricerca di una tavola calda…
Prese le proprie cose e lasciò l’appartamento per un paio di ore: quando tornò, la divertì la sicurezza con la quale estrasse le chiavi dalla borsa, per poi muoversi sicura dentro il salotto.
Per un istante fu come se avesse sempre abitato tra quelle mura.
Portò con se un paio di buste provenienti dal vicino supermarket: dato che si era permessa di passare la notte lì senza che Jess sapesse nulla, il minimo da fare sarebbe stato ricambiare il favore riempiendo quel povero frigorifero!
Colmò una parte di quella dispensa così tristemente vuota, per poi sorriderne soddisfatta.
Il rumore di qualche passo attirò la sua attenzione, rendendola di colpo seria: che Jess avesse anticipato il proprio rientro?
Le pulsazioni aumentarono d’un tratto… il suo Jess… il desiderio di rivederlo era diventato talmente grande da confonderle ogni pensiero!
Senza rendersene conto, si sistemò i lunghi capelli dietro le spalle in un gesto quasi automatico e inspirò profondamente, prima di recarsi nell’altra stanza.
“Chiedo perdono per l’intrusione!” chi si ritrovò, invece, davanti agli occhi fu Andrè.
“Non devi scusarti! Hai più diritto tu di me a stare qui…” sorrise lei, imbarazzata.
“Sono sceso soltanto per vedere come ti eri sistemata…” ma parve che dietro quella frase ci fosse di più.
Poco dopo, infatti, riprese: “Un paio di minuti fa ha telefonato Jess”.
Il cuore di Rory parve salire fino alla gola: “Ah… ci sono novità? Gli avrai detto che…”.
“Che eri qui? No… prima hai accennato ad una sorpresa e ho pensato che tacere sarebbe stato più saggio… ho fatto male?” chiese, mostrando una leggera insicurezza.
Rory si sentì sollevata da quella risposta, come se temesse una reazione imprevista da parte di Jess… come se avesse paura di essere considerata dall’ex ragazzo un’ospite indesiderata, magari dalla quale fuggire non appena avuta notizia della sua presenza!
“Hai fatto bene, Andrè! Ti ringrazio per la discrezione, davvero…”.
“Inoltre volevo domandarti se ti andasse di unirti alla mia comitiva di amici per la festa di stasera… non ti aspettare un party da mille e una notte, caviale e champagne… giusto una serata diversa, un po’ di musica e chiacchiere…” sorrise.
“Sei stato molto gentile per l’invito, ma sono ancora un po’ affaticata per il viaggio e non penso sarei di ottima compagnia…” si scusò lei.
“Beh, lo capisco. Se però ti annoiassi a star qui da sola, basta seguire la scia della musica e ci troverai…” scherzò.
Rory annuì col capo e accompagnò Andrè verso l’uscita, ringraziandolo ancora una volta per tutte quelle sue attenzioni così cortesi.
Quando si ritrovò di nuovo sola, gettò lo sguardo verso l’orologio del salotto e notò che la propria stanchezza era di certo giustificata… le lancette segnavano infatti già le otto e mezza di sera… quella giornata parve non voler finire mai!
Buttandosi sul divano di peso, prese tra le mani un libro che spuntava timido dal cassetto del mobile più vicino a se… e non poté fare a meno di sorriderne.

“A dieci anni!”
“Dieci?”
“Si, ma non ho capito neanche una parola, così ho provato a rileggerlo a quindici!”
“Io non l’ho ancora capito adesso…”
“Davvero? Riprovaci! The Fountainhead è un classico!”
“Si, ma Ayn Rand ha delle idee politiche assurde!”
“Si, ma solo lei poteva scrivere quel monologo di quaranta pagine!”
“Ok, domani proverò a rileggerlo e tu dovrai…”
“…Dare al povero Ernest Hemingway un’altra possibilità, te lo prometto!”
“Ernest ti avrebbe dedicato pagine straordinarie…”.


Lo sfogliò lentamente e non resistette alla tentazione di leggerne qualche pagina: la luce del salotto non le permise di farlo perché una delle lampadine vicine al divano non funzionava.
Abbandonò il volume sul mobiletto e decise di darsi un’occhiata veloce nello specchio del bagno e magari rinfrescarsi un po’.
Si sciacquò il viso assonnato e venne rapita dalla musica proveniente dal piano di sopra: a giudicare dalle risate, la festa di Andrè doveva essere risultata un vero successo.
Abbozzò un sorriso alla propria immagine riflessa e, dopo un tocco leggero di trucco, decise di accettare l’invito del nuovo amico, distante dopotutto appena una decina di scalini.
Quando raggiunse timidamente l’ingresso del suo appartamento, notò la porta aperta e non ebbe nemmeno il tempo di varcarne la soglia, quando una voce allegra la sorprese: “Rory! Allora hai deciso di unirti a noi poveri pazzi!”.
Rise divertita: “La musica mi ha catturata…”.
Venne subito accolta da un gruppo di ragazzi e ragazze molto simpatici che la misero a proprio agio, offrendole una birra e inserendola in una interessante conversazione sul giornalismo, della quale divenne ben presto protagonista.
“Davvero studi a Yale? Una delle più importanti università d’America…” commentarono.
“Si, è un ambiente davvero eccezionale! Molto meglio di quanto avessi mai immaginato…” rispose lei, sorseggiando dal proprio bicchiere, per poi immergersi in un lungo racconto su corsi e professori di prestigio coi quali aveva avuto la possibilità di confrontarsi durante quei mesi.
“E’ bello sentirti parlare, lo sai Rory?” disse una delle ragazze, totalmente rapita dalle sue parole, per poi continuare: “Mio fratello ha frequentato Princeton per un anno e poi ha abbandonato… per i miei genitori è stato un duro colpo! Figurati che ora è finito dietro il bancone di un fast food!”.
Rory non poté evitare di rabbuiarsi per un istante: “Non è facile sostenere i ritmi di studio di facoltà prestigiose come queste, Kelly… Anch’io ho fatto il suo stesso errore… Qualcuno, fortunatamente, mi ha aperto gli occhi: non so dove sarei finita, altrimenti”.
“I tuoi genitori?” domandò Andrè, seduto sul tappeto ai suoi piedi, sempre più concentrato dal suono di quelle parole.
“…veramente… è stato Jess!” sorrise lei.

“…mi dici che ti è preso?”
“Cosa vuoi dire?”
“Lo sai cosa voglio dire… ti conosco, ti conosco meglio di chiunque altro… Questa non sei tu!”
“Non lo so…”
“Che ti è successo? Abiti coi tuoi nonni a casa loro… le Figlie della Rivoluzione… non vai più a Yale… perché hai lasciato Yale?”
“E’ molto complicato!”
“Non lo è! Non è molto complicato!”
“Tu non lo sai!”
“Questa non sei tu… questa che esce con quel cretino col macchinone… li prendevamo in giro tipi come quello!”
“L’hai conosciuto in una brutta serata…”
“Ma chi se ne importa di lui! Che se ne vada al diavolo! Voglio saper cos’hai tu… questa non sei tu, Rory… lo sai che è vero! Cosa ti è successo?”
“Non lo so… non lo so…”



“Jess è un tipo in gamba!” commentò l’amico.
“Si… Jess è davvero un tipo in gamba…” sussurrò lei, riprendendo a sorseggiare la propria birra.
Continuarono le risate, mentre la musica conquistò il ruolo di protagonista delle successive conversazioni.
Rory si defilò un momento, con la scusa di prendere una nuova confezione di patatine dalla dispensa in cucina, e venne raggiunta ben presto da Andrè: “Posso farti una domanda, Rory?”.
“Dimmi pure…”
“Il tuo rapporto con Jess… voglio dire, non è solamente un’amicizia, o sbaglio?” indagò.
“Perché me lo chiedi?” apparve confusa.
“Perché prima mi è sembrato di leggere qualcosa di più nella tua espressione… e anche oggi, quando hai chiesto chiarimenti sulla fotografia…” si spiegò poi, appoggiandosi con le mani in tasca al muro accanto a lei.
Rory percepì le proprie guance andare quasi a fuoco: “Dovresti fare psicologia, Andrè! Siamo stati insieme ai tempi del liceo… Una storia sofferta, lo devo ammettere… Però Jess è rimasto uno dei miei punti fermi nella vita, nonostante ci vediamo così di rado. Non saprei come spiegare diversamente il nostro rapporto attuale…”.
“Ora si spiegano molte cose!” esclamò all’improvviso lui, accennando un sorriso malizioso.
“Cosa vuoi dire?”.
“Quando vidi per la prima volta la tua fotografia, domandai d’istinto chi fossi… Jess divenne scontroso e mi liquidò con poche parole. Da allora non mi azzardai più a fargli domande del genere… Tuttavia un’altra volta andammo sul discorso delle ragazze e mi confessò, sotto l’effetto di qualche birra di troppo, che si era innamorato soltanto una volta nella vita e… non so se posso dirtelo…” si bloccò, imbarazzato.
Agli occhioni azzurri di Rory non poté però resistere oltre, così proseguì: “Mi disse che non avrebbe mai più messo il proprio cuore nelle mani di nessun’altra… e che avrebbe atteso il suo ritorno per sempre, pur sapendo che ormai lei stava già insieme ad un altro…”.
Fu come se una mano fosse penetrata nel petto della ragazza per stringerle violentemente il cuore e strapparglielo via: era certa che si trattasse di se stessa, ma commentò lo stesso con un timido: “Forse è stato tutto frutto di una birra di troppo…”.
“Forse…” ripeté lui, poco convinto.
“Comunque sia… grazie, Andrè… Ora è meglio che vada a dormire…” e, lasciando il proprio bicchiere ormai vuoto sul tavolo della cucina, lo salutò facendogli simpaticamente l’occhiolino.
Percorse i gradini che la separavano dall’appartamento di Jess con un forte peso sul petto e aprì quella porta con un velo di tristezza, nonostante si fosse davvero divertita in compagnia di quei nuovi amici.
Notò la copia di “The Fountainhead” ancora lì ad aspettarla: la prese nuovamente tra le mani e si diresse verso il corridoio, buttando in modo distratto la giacca sul primo mobile che incontrò sul proprio percorso.
Si lasciò cadere sul letto e stette qualche minuto inerme ad osservare il soffitto… si girò su un fianco, mentre le scarpe scivolarono sul pavimento ed i piedi nudi s’insinuarono tra le pieghe delle coperte, per poi affondare il viso nel cuscino… lasciò inebriare i propri sensi da quel profumo ancora così familiare… il profumo della pelle di Jess…
Quando riaprì gli occhi, si sollevò ancora in piedi e raggiunse l’armadio dal quale fuoriusciva un frammento di stoffa scura: era la manica di una giacca che ricordava alla perfezione… la pelle nera scivolò tra le sue dita, morbida e, anch’essa, tremendamente familiare… così le riaffiorò nella mente l’immagine dell’ultima volta che gliel’aveva vista indossare…

“Non posso andare al ballo. Non ho trovato i biglietti…”
“Ah…”
“Scusa”
“Questa è la mia fermata”
“Ok…”
“Ah… Allora, mi chiami?”.
“Si, ti chiamo”



La estrasse dalla gruccia di legno e la strinse forte a se… la indossò e vi si strinse all’interno, sospirando.
Quelle sensazioni, quei ricordi… le parvero talmente reali… si gettò di nuovo sul letto e decise di ricominciare la propria lettura.
Appena una decina di pagine e la stanchezza prese il sopravvento, facendola scivolare tra le braccia di Morfeo… avvolta ancora una volta nel suo profumo…




Finalmente… dopo quella giornata frenetica, il fatto di poter staccare le chiavi dal cruscotto dell’auto gli sembrò un sogno.
Poco importava se avrebbe dovuto fare qualche passo in più per raggiungere il palazzo, dato che qualcuno aveva parcheggiato la propria automobile nella postazione che di solito occupava lui.
L’importante sarebbe stato rientrare in casa e buttarsi sul letto… sentì un bisogno impellente di almeno una decina di ore di sonno ininterrotto!
Eppure… eppure quell’automobile “abusiva” aveva un’aria talmente familiare… la osservò, girandole intorno un paio di volte: era troppo stanco per ricordare, così lasciò perdere e si diresse verso il portone.
Salì di corsa le scale e rimase di stucco quando notò che la porta dell’appartamento non era chiusa a chiave come ricordava di aver fatto prima di partire.
Entrando un po’ stordito e accendendo la luce, notò anche che la tenda era stata aperta… qualcosa non quadrava!
Prese un ombrello dal cesto accanto alla porta e, tenendolo saldo fra le mani come un’arma, ispezionò la cucina: ad una prima occhiata non vide nulla di strano… salvo quella confezione di pane sul tavolo… un ladro che fa la spesa?
Disse che poteva essere stato Andrè… anche se la cosa continuava a non aver senso ai suoi occhi stanchi.
Richiuse alle proprie spalle anche la porta della cucina e si guardò attorno: provò una sensazione ambigua… sentì di non essere solo!
Controllò il bagno e non vi notò nulla di anomalo e un po’ si tranquillizzò.
Però… però la porta della camera da letto… era chiusa, ma dal basso penetrava la luce tenue dell’abatjour del comodino… non ricordava di averla accesa prima di partire!
Sentì il sangue gelare nelle vene e riprese l’ombrello con forza.
Aprì la porta molto, molto lentamente… intravide la manica del proprio giubbotto di pelle, indossata da qualcuno che se ne stava beatamente a dormire sul suo letto!
Allungò il collo e… riconobbe alla perfezione quei lineamenti delicati, appena nascosti da una ciocca castana scomposta e adagiata su una guancia… il libro aperto posato sul ventre… e i piedi infreddoliti tra le pieghe delle lenzuola raccolte in fondo al letto…
Cosa ci faceva Rory Gilmore nella sua camera?
Era talmente affaticato da non riuscire a formulare nemmeno una ipotesi plausibile: si accontentò di entrare, silenziosamente, tirare le lenzuola fino a coprirle le spalle e sedersi al suo fianco… osservarla ancora e ancora, come incantato…
Avrebbe dovuto svegliarla?
Non se la sentì… avrebbe atteso la mattina seguente per avere spiegazioni e, togliendosi la giacca, si sdraiò nel posto accanto.
Si disse che dormire insieme a Rory era stato uno dei suoi sogni per talmente tanto tempo che non sapeva nemmeno troppo bene come reagire ad una tale sorpresa: si addormentò poco dopo, con la propria mano posata delicatamente sulla sua spalla e cullato dal ritmo costante dei suoi respiri.

 
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Francis82
view post Posted on 4/5/2007, 08:29





3 capitolo, molto lit… :wub: :( :wub:
Le idee che mi frullano in testa sono così tante che non riesco più a fermarmi… porto il pc con me ovunque… e ogni pausa è buona per buttare giù qualche dialogo… starò impazzendo?
I vostri commenti mi ripagano di ogni fatica, però…
buona lettura a tutti!



Rory si destò per un momento, mantenendo gli occhi chiusi e limitandosi ad un prolungato sospiro: non percepì di non essere più sola tra quelle coperte e nemmeno si accorse della mano di Jess posata sulla propria spalla già da un paio di ore ormai.
In verità, ancora intontita com’era, neppure si ricordò di trovarsi a Philadelphia.
Sbadigliò, alzando di pochissimo le palpebre, infastidita dalla luce dell’abatjour rimasta accesa: soltanto quella vista sfocata la fece tornare coi piedi per terra, ricordandole il viaggio che l’aveva condotta fin lì.
Sentì la ruvida copertina del libro sotto i polpastrelli e ricollegò tutto: ogni momento di quella faticosa giornata piena di imprevisti si materializzò nella sua mente come un puzzle.
Intravide la sveglia indicare le tre e mezza del mattino.
Allungò il braccio per raggiungere l’interruttore della lampada e… solo allora percepì il contatto di qualcosa di caldo con la propria spalla destra… si voltò ed ebbe un sussulto: “Oddio!”.
Jess venne svegliato bruscamente da quel suono acuto e balzò a sedere sul letto, stordito.
Rimasero ad osservarsi confusi per qualche secondo, mentre il silenzio di prima venne interrotto dai loro respiri ansimanti a causa dello spavento.
“Jess!” esclamò lei, ancora lievemente assonnata.
“Rory!” rispose lui, massaggiandosi la testa.
Calò ancora un momento di silenzio… poi Rory scoppiò in una risata fragorosa ed inaspettata: quelle loro facce ridicole e stralunate… era una situazione talmente buffa, degna di una pellicola di Woody Allen!
Jess rimase di stucco… poi si lasciò contagiare, scoppiando anch’egli in una piccola risata e gettando di nuovo il capo sul cuscino.
Quando le risa sfumarono piano piano in un nuovo e quasi irreale silenzio, fu Jess a riprendere la parola: “Non vorrei sembrarti stupido, ma… potresti aiutarmi a capire cosa ci fai qui?”.
Rory staccò il proprio sguardo fisso sul soffitto, per farlo scivolare lentamente di lato fino ad incrociarlo con quello di Jess: “Se ti dicessi che passavo da queste parti per caso, ci crederesti?”.
“Magari potresti aggiungere che le nubi si sono squarciate tutto d’un tratto e le chiavi dell’appartamento sono precipitate dal cielo proprio tra le tue mani…” la prese in giro lui.
“Come hai fatto ad indovinare?” scherzò.
Si fissarono intensamente fra le pieghe dei cuscini, come incuranti di quella situazione così imbarazzante.
“E’ stato Andrè, vero?” domandò lui, tornando serio.
“E’ stato davvero gentile…” annuì Rory.
Jess alzò la mano a sfiorarle dolcemente la testa, scoprendole la fronte nascosta in parte da una ciocca spettinata.
Non aggiunse altro e rimase incantato ad osservarla, finché non si limitò a sussurrare: “Aspetterò che tu ti senta pronta per parlarmene, non c’è fretta Rory…”.
Quello che si trovò dinnanzi fu un Jess talmente maturo che finì per spiazzarla: durante il loro ultimo incontro aveva avuto modo di notare quanto fosse cambiato, di come fosse diventato sicuro di se stesso e di ciò che stava facendo… nonostante questo, soltanto ad una osservazione più minuziosa, così vicina, riuscì davvero a percepire la sua crescita… quella sua maturazione profonda…
Calò ancora una volta il silenzio più totale e la luce venne finalmente spenta, facendo piombare l’intera stanza in un buio pesante, interrotto soltanto dai numeri della sveglia lampeggianti sul comodino.
Si sentirono soltanto i loro respiri farsi sempre più lievi, scandire un ritmo costante e rilassato.
Fu Jess che, inaspettatamente, interruppe di nuovo quella quiete: “Devo ammettere che ti sta bene il mio giubbotto…”.
Il sorriso imbarazzato di Rory si nascose nel buio, mentre le sue dita tornarono ad accarezzare il tessuto della giacca: “Notte, Ernest…”.
“Notte, Ayn…” rispose lui con un fil di voce, ripensando alla propria copia di “The Fountainhead” notata poco prima, adagiata sul ventre della ragazza.
Risultò molto difficile per entrambi riprendere sonno: Rory, ormai cosciente della presenza di Jess al proprio fianco, si sentì emozionata e un po’ impacciata… Jess continuò ad immaginare gli eventuali sviluppi che avrebbe potuto avere quella strana situazione all’interno della propria quotidianità e ipotizzare per quanto tempo avrebbe potuto riaverla accanto a se…




Quando Rory aprì gli occhi una seconda volta, durante quell’interminabile nottata, trovò la luce del primo mattino a sorprenderla, scivolare sottile e fredda dalla fessura lasciata aperta dalla tenda dinnanzi al letto.
Subito dopo scoprì che la propria posizione non era rimasta tale e quale a quella in cui ricordava di essersi assopita: percepì il respiro di Jess molto vicino a se… talmente vicino da sentirlo scivolare tra i capelli…
Fu come se entrambi si fossero in un qualche modo “cercati”, avvicinandosi sempre di più.
Voltandosi lo trovò ancora immerso in un sonno pesante e decise di rimanere ad osservarlo senza fiatare: dormiva a pancia in giù… il braccio sinistro piegato sotto il cuscino… quello destro steso parallelamente a quello di Rory… le dita rimaste leggermente aperte, probabilmente nel tentativo di sfiorare quelle di lei poco distanti.
Rory mosse il proprio indice adagio, accostandolo alla mano di Jess… forse fu in seguito ad un riflesso incondizionato… forse… ma la mano del ragazzo si mosse, intrecciandosi teneramente con la sua…
Pensò che si fosse svegliato ed inclinò la testa un altro poco per guardarlo con una maggiore attenzione: vide le sue palpebre schiudersi lentamente su quegli occhi scuri e sempre così profondi da far perdere il fiato.
“Buongiorno…” sussurrò lei.
“Sei ancora qui…” rispose Jess, sollevando con fatica il capo dal cuscino.
Rory lo guardò con espressione stupita: possibile che si fosse già stancato di averla con se?
“Già stufo di avermi tra i piedi?” sorrise poi.
“Al contrario… Avevo paura che fossi scomparsa di colpo, così come eri arrivata…” sospirò lui e, accorgendosi delle loro mani unite, contraccambiò al suo sorriso.
“Magari sono un’allucinazione, un semplice frutto della tua immaginazione…”.
“Vuoi dirmi che sto ancora dormendo e tra poco mi sveglierò, ritrovandomi a Stars Hollow?” ribatté.
“Esatto… potresti aprire gli occhi e scoprire che tutti questi anni sono stati solo un lungo sogno… ti ritroveresti ai tempi del liceo…” iniziò a raccontare lei.
A quel punto, Jess la bloccò: “Ehi, ferma un secondo! Vorresti dire che non ho mai scritto un libro e nemmeno l’ho pubblicato?” continuò a scherzare.
“Proprio così, Mariano…”.
“Tanta fatica per nulla, insomma…”
“Come ogni fatina che si rispetti concede almeno un desiderio, anch’io posso darti la possibilità di scegliere il momento del tuo risveglio…”
“Niente bacchetta magica, però…” disse lui, fingendo di cercarla sotto il suo cuscino.
“Non ne ho bisogno: ormai siamo nel ventunesimo secolo, Jess! Ora, concentrati ed esprimi il tuo desiderio!”.
Il ragazzo chiuse gli occhi e, soffocando a stento una risata, rimase in religioso silenzio qualche secondo per poi mormorare: “Sono tornato…”.
Rory rimase impietrita e continuò a fissarlo, senza riuscire a dire una sola parola: sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo Jess con quella semplice frase… per molti altri poteva non significare nulla, ma per loro rappresentava un frammento importante di vita vissuta…
I loro occhi rimasero incollati gli uni agli altri per qualche istante, finché non fu la ragazza a riprendere, con un filo di voce: “Che cosa?”.
“Sono tornato…” ripeté lui.
“Perché?”.
“Solo perché… volevo farlo!” terminò Jess, sfoderando uno dei suoi sorrisi magnetici.
Quelle non furono di certo parole dette a caso, ma un messaggio proveniente direttamente dal loro passato struggente: tornarono entrambi a quella giornata primaverile che aveva illuminato il parco dell’Indipendence Inn di una luce tutta particolare, ai festeggiamenti da favola del matrimonio di Sookie e, inevitabilmente, al loro bacio… al loro primo bacio, così intenso e proibito.
Era passato talmente tanto tempo… chilometri e chilometri li avevano divisi per anni… ma tra quelle lenzuola sembrò che le lancette dell’orologio fossero tornate indietro, bloccandosi ad un avvenimento a loro così caro.
Il suono di quelle parole parve essere il medesimo di allora…
Rory non riuscì a trattenere l’emozione, così come allora…
Si avvicinò d’un tratto e portò le proprie labbra su quelle di Jess, così come allora…
Si baciarono con lo stesso trasporto e la stessa impetuosità di quel pomeriggio di tanto tempo prima… tutto così… così come allora…
Così come allora, le labbra di Rory avevano indugiato appassionate su quelle di Jess, nonostante il suo cuore fosse ufficialmente di qualcun altro: in passato si trattò di Dean, ora di Logan.
La mano di Jess scivolò lenta sul suo collo sottile ed elegante, terminando dietro la nuca, mentre col braccio attirò il suo bacino sempre più verso di se.
Si disse che era inevitabile: Jess aveva sempre rappresentato la fiamma in grado di incendiare la sua vita, quando meno se lo aspettava.
Una differenza c’era, però: questa volta era stata lei a cercarlo e questa constatazione la mise in imbarazzo, nel momento in cui si staccarono da quel dolce contatto.
Le punte dei loro nasi si sfiorarono teneramente un paio di volte, mentre Rory sentì di essere arrossita di sicuro in seguito a quel moto di passione incontrollabile.
“Perché lo sto facendo?” si lasciò scappare, allontanandosi dai gesti sempre più premurosi del ragazzo.
“Cosa vuoi dire?” le domandò confuso, lui.
“Non posso tradirlo come lui ha fatto con me…” gli occhi di Rory divennero lucidi.
“Di chi stai parlando, Rory?” Jess tentò un’ultima volta di attirarla a se, ma lei si divincolò, alzandosi poi dal letto.
Jess scrutò ogni suo movimento, sempre più stordito: l’aveva avuta di nuovo tra le proprie braccia, aveva avuto la possibilità di sentire ancora il sapore dei suoi baci e… tutto si era interrotto lasciandolo quasi senza fiato.
Rory si guardò attorno come se si fosse svegliata da una sorta di torpore: vide la propria immagine rispecchiarsi dinnanzi a se… era lei in quello specchio appeso al muro, lo stesso che portava ancora la sua fotografia attaccata in cima… le sembrò che la testa volesse esplodere e non seppe più che fare.
Il profumo di Jess parve invadere l’aria intorno a se: aveva indosso ancora il suo giubbotto… Dio, se Logan l’avesse vista!
Anche il ragazzo si alzò dal letto e cercò di raggiungerla al centro della camera, ma Rory lo tenne a distanza con un gesto della mano: “Jess… io non dovrei essere qui in questo momento…”.
“Rory, ti vuoi calmare? Non capisco cosa sia successo! Poco fa eravamo…” e indicò il letto.
“Io non dovrei essere qui perché sto ancora con Logan…” la sua voce si fece sempre più rotta dall’emozione.
Non avrebbe mai voluto ferire Jess in quel modo: vide i suoi bellissimi occhi neri incupirsi e l’espressione divenire la stessa di quella sera… la sera della sua irruzione al campus…

“Voglio stare con te, ma… non qui… non in questo posto… non a Stars Hollow… Ricominciamo!”
“Di che cavolo stai parlando?”
“Ma… hai fatto le valigie, la tua roba è impacchettata… E’ perfetto, sei pronta! Io sono pronto e lo sono stavolta, puoi contare su di me! Non mi dovevo comportare in quel modo, ma sono cambiato! Davvero!”
“No!”
“Noi due siamo fatti per stare insieme! Lo so da quasi due anni, da quando ti ho conosciuta e lo sai anche tu… questo lo sai anche tu, Rory!”
“No… no… no… no… no!”
“Non dirmi no per farmi stare zitto e mandarmi via! Dimmi no soltanto se veramente non vuoi stare per sempre con me!”
“… no!”


Tutto d’un tratto fu Jess ad alzare la voce: “No, Rory… questo non te lo permetto!”.
La giovane rimase di ghiaccio ad un tale scatto d’ira, tanto che non seppe bene come reagire: “Io… io non volevo…”.
Questa volta fu lui ad andare su tutte le furie, come un animale ferito: “Tu ed io ci conosciamo troppo bene, siamo stati complici dal primo istante in cui ci siamo conosciuti… Sai come sono fatto meglio di chiunque altro, forse anche di me stesso: sai alla perfezione quanto ci tenga a te, per questo non ti permetto di piombare qui in questo modo e usarmi solo per far ingelosire il tuo amichetto… non mi merito questo, Rory!”.
Aveva ragione e lei comprese a pieno ognuna di quelle parole così tremendamente sofferte: lo guardò intensamente, mentre il proprio sguardo divenne via via sempre più addolorato.
Riconobbe che l’errore era stato compiuto a monte: non avrebbe dovuto rubare quell’indirizzo da casa di Luke, né tanto meno partire per Philedelphia, mentendo a tutti, perfino alla madre.
Abbassò la lampo del giubbotto e se lo sfilò di dosso, adagiandolo sul letto ancora sfatto: “Non posso che darti ragione, Jess… spero tu riesca a dimenticare tutto questo, un giorno. Ti chiedo scusa per essermi intrufolata nella tua vita così, non ne avevo il diritto”.
Il respiro affannoso di Jess creò una tensione sempre maggiore nell’aria… un’atmosfera quasi insopportabile.
In cuor suo, Rory sperò fino all’ultimo che il ragazzo si calmasse, riuscissero a ragionarci assieme… ma ciò non avvenne: lo vide davvero infuriato e comprese che soltanto togliendosi di mezzo avrebbe potuto porre fine a quella situazione difficile.
Gli voltò le spalle e uscì dalla stanza, prendendo le proprie cose: fu arrivando sulla soglia dell’appartamento che si fermò un istante… egoisticamente, nella sua testa frullò soltanto una frase: “Fermami, ti prego…”.
Sentì la porta della camera da letto chiudersi rumorosamente e capì… si era spinta davvero troppo oltre il limite ed era giusto sparire, forse per sempre.
Corse come una furia giù per le scale, temendo di cadere in qualche ripensamento, finché non finì per scontrarsi con Andrè, sceso alla buonora per comprare il giornale: “Ehi! Andiamo di fretta…”.
“Scusami, ma… è stato uno sbaglio e me ne devo andare!” i suoi occhi tornarono lucidi.
“Sei sicura di essere in grado di guidare fino a New Haven, Rory? Mi sembri troppo agitata, aspetta qualche minuto… magari ti offro un cappuccino! Hai detto che ne vai matta…” cercò di calmarla lui.
“Devo lasciare questo posto il prima possibile…” continuò lei, cercando in modo confuso le chiavi dell’auto nella borsetta.
Andrè la prese per le spalle, guardandola negli occhi: “Rory, devi prima fare un bel respiro… ti ripeto che non sei nelle condizioni di fare tutti quei chilometri, fidati di me… non ti sembro un tipo affidabile?”.
A quelle parole, fu come se una luce le si accendesse nella mente…

“E allora ci sediamo su una panchina e ci guardiamo le scarpe!”
“Ascolta, Sookie ha fatto tonnellate di cibo splendido… Io muoio di fame e, anche se forse adesso non lo credi, ci divertiremo. Fidati!”
“Neanche ti conosco!”
“Beh, non ti sembro affidabile?”
“Forse…”


Rendendosi conto del fatto che la propria agitazione avrebbe potuto crearle seri problemi al volante, Rory annuì e accettò di farsi accompagnare da Andrè in uno dei bar più vicini: parlare con qualcuno che conosceva bene Jess, le sarebbe stato di aiuto per mettere meglio a fuoco la situazione e magari trovarvi una soluzione meno dolorosa…

 
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Francis82
view post Posted on 9/5/2007, 08:42





Siamo già arrivati al numero 4! :rolleyes:
Vi avverto che il finale (di questo capitolo, non della FF… ne deve passare ancora di acqua sotto i ponti!) sarà da batticuore! :wub:
Aspetto puntuali i vostri fantastici commenti…



Nonostante un sole timido avesse da poco iniziato a scaldare le superfici umide di pioggia di palazzi e strade ancora insonnoliti, il bar si riempì in breve di avventori assai mattinieri: lo sguardo curioso di Andrè continuò a seguire il cucchiaino di Rory muoversi a scatti all’interno della tazza di caffè bollente.
Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, fu proprio lui a riprendere la conversazione interrotta dall’arrivo delle ordinazioni: “Rory, magari non sarò l’erede di Freud, ma in ciò che mi hai raccontato ho letto molto più di un semplice litigio… qualcosa che va oltre i confini rigidi dell’amore e dell’amicizia…”.
La ragazza alzò lo sguardo, ancora provato da quel risveglio tumultuoso, dal fluido nero e caldo, dirigendolo altrove, perdendolo al di fuori della vetrina sulla quale era affacciato il loro tavolino: gli occhi vagarono confusi sulle figure dei passanti muoversi veloci, sulle automobili accodate in prossimità del semaforo, su un venditore ambulante di fiori scaricare il proprio carico variopinto sul marciapiede opposto…
Sentì la mano di Andrè sfiorare la propria e tornò ad ascoltarlo: “So ben poco della vostra storia per giudicarne i singoli comportamenti… Però conosco molto bene Jess e temo che in questo momento sia lui a soffrire di più per questa situazione…”.
“Ho spezzato il suo equilibrio. Sono cosciente dell’errore che ho fatto… Penso di aver ormai perso il conto degli sbagli che ho compiuto in questo ultimo anno…” mormorò lei, passandosi una mano sulla fronte.
“Tutti noi compiamo dei passi falsi, Rory… servono per maturare, è normale che sia così! Tu sei una ragazza intelligente e saprai rimettere insieme questi pezzi della tua vita che ora hai l’impressione di non riuscire a far combaciare in nessun modo… Hai ripreso a studiare ed è stato un passo davvero coraggioso. Ora però devi avere la forza di mettere ordine nel tuo cuore, anche se questo può significare essere costretta a rinunciare a qualcosa…”.
“Rinunciare a Logan? Non penso di essere in grado di farlo, Andrè… Il suo tradimento ha ferito a morte il mio orgoglio di donna, ma l’amore c’è ancora. C’è ancora quel sentimento incontrollabile che mi ha spinta a volerlo a tutti i costi, a curare la nostra relazione come un fiore che va protetto dalle intemperie e nutrito giorno dopo giorno…” rispose, riportando il proprio sguardo sui vasi che avevano iniziato a colorare il lato opposto della strada.
“Allora perché sei qui, Rory? Perché hai fatto tutti questi chilometri? Perchè sentire il bisogno di baciare Jess, se chi ami è un altro?”.
La ragazza rispose alle sue domande con un’altra domanda, carica di dolore: “Credi sia possibile amare due persone allo stesso tempo?”.
Andrè non seppe rispondere e fece un lungo sospiro.
“Il mio primo ragazzo si chiamava Dean, una persona dolce e premurosa… il classico bravo ragazzo che non ti farebbe mai mancare nulla, ma che non aveva prospettive per il proprio futuro che fossero conciliabili con le mie. Subito dopo è venuto Jess, con il quale ho sperimentato una passione che prima di allora non sapevo potesse nemmeno esistere, un coinvolgimento totale che mi lasciava spesso senza fiato, ma che purtroppo era incostante e spesso doloroso… Infine è arrivato Logan, una sintesi delle qualità che avevo amato in entrambi, quindi perfetto! Per questo motivo mi sono costruita mille aspettative verso di lui…”.
“Aspettative che sono sfumate nel momento in cui sei venuta a sapere del tradimento…” terminò Andrè.
Rory annuì, mentre gli occhi divennero lucidi per un istante: “Vedere quanto Jess sia diventato maturo in questi anni e mettere questa constatazione a confronto con la delusione provata per Logan, mi ha fatto perdere la bussola…”.
“Jess è cambiato molto… almeno da quanto ho potuto notare in quest’ultimo anno. Quando l’ho conosciuto devo ammettere che sembrava una persona in collera col mondo intero. La sua fiducia nel prossimo e nelle proprie capacità era scarsa, ma allo stesso tempo si leggeva nei suoi occhi una voglia incredibile di riscatto verso quella vita che, secondo le sue parole, gli aveva tirato una lunga serie di colpi bassi”.
Il broncio della ragazza si tramutò in un sorriso, a quelle parole: “Uno dei pochi meriti che mi attribuisco è quello di aver creduto nelle sue capacità prima di egli stesso, lo sai? Sapevo che avrebbe combinato qualcosa di straordinario nella sua vita… ne ero certa! Quando poi è ricomparso con il proprio libro tra le mani… temetti che il mio cuore volesse esplodere dalla gioia. Fui contenta per lui perché, nonostante la fine triste della nostra storia, in tutto questo tempo ho continuato a volergli bene, a stimarlo in modo quasi incondizionato”.
Andrè si zittì un secondo, come in preda ad un dubbio: “Prima ti ho detto che probabilmente ti saresti trovata nella situazione di dover rinunciare a qualcosa per tornare ad essere felice… perché hai pensato subito di dover rinunciare a Logan e non alla possibilità che fosse Jess la persona da cui allontanarti?”.
Rory spalancò gli occhioni celesti e si rese conto che quel Andrè, pur non conoscendola, aveva dimostrato di saperle leggere dentro come poche altre persone erano riuscite a fare: il destino le aveva forse donato la sua presenza allo scopo di avvicinarla di nuovo a Jess?
Furono interrotti dal suono del cellulare e Rory si alzò di scatto per andare a rispondere in un angolo del locale più appartato, scusandosi con Andrè: “E’ Logan...”.
L’amico rimase ad osservarla, sorseggiando il proprio cappuccino, finché non decise che fosse giunta l’ora di diventare uno dei protagonisti di quella strana storia d’amore: prese il proprio telefonino dalla tasca del giubbotto ed uscì dal bar un momento.
“Pronto… Jess, ci sei?”.
“Cosa vuoi, amico?” il tono della risposta non fu dei migliori.
“Voglio che tu ti dia una mossa!”.
“Di che diavolo stai parlando? E’ una giornata pessima… proprio non sono in vena dei tuoi giochi di parole, scusami…”.
“Lei è qui con me!”
“Lei?”
“Rory è qui con me, Jess… ma dovresti esserci tu al mio posto!”.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, scanditi dal respiro agitato del ragazzo, finché non riprese a parlare: “Ero convinto fosse già in macchina verso Yale, perché invece è lì con te?”.
Andrè fu lapidario: “Perché le ho offerto una spalla sulla quale piangere e… da ciò che mi ha detto… beh, Jess… se fossi in te, metterei da parte ogni briciola di stupido orgoglio e mi catapulterei qui a parlarle!”.
“Non posso farlo…” la voce di Jess divenne sempre più flebile.
“Siamo qui a due passi, da Charlie! Penso di poterla trattenere ancora per una decina di minuti, ma non di più… spero, per il tuo bene, di vederti arrivare… capito?” e fece cadere la linea.
Quando mise di nuovo piede nel locale, la ritrovò al tavolo, intenta a finire alla svelta il proprio caffè: “Tutto bene?”.
Alzò lo sguardo e accennò un sorriso: “Più o meno… Ho detto a Logan che sarei tornata per pranzo, quindi mi conviene partire… E’ stato bello conoscerti, Andrè!”.
“Ma… non avevamo finito di parlare, Rory…” disse lui, celando una certa agitazione dietro un’apparente tranquillità.
“Ciò che hai detto mi ha fatto riflettere molto… ma rimane il fatto che Jess non mi vorrà vedere per chissà quanto tempo… e ha ragione, lo sai anche tu” rispose lei, estraendo una banconota dalla borsa e accingendosi a pagare.
Andrè la bloccò, prendendole il polso e impedendole di dirigersi alla cassa: “Non puoi tornare da quel Logan e far finta che nulla sia accaduto”.
“Ho intenzione di parlargliene… insieme potremo riuscire a sistemare tutto!” parve aver ritrovato una certa pace.
“Sai che da oggi nulla sarà più come prima, Rory… Non si può cancellare un tradimento con un altro tradimento!”.
Rory sembrò confusa da quella strana insistenza: “Quello di oggi è stato un bacio stupendo, ma… soltanto un bacio… Jess sarà in grado di dimenticarlo presto e così farà anche Logan, non appena lo saprà…”.
“E tu? Sarai in grado di dimenticarlo?”.
Una luce diversa si accese negli occhi di Rory, come se fosse stata toccata una corda particolare nella sua anima: “Io… io non sono importante ora…”.
“Con questo cosa vorresti dire?”.
“Voglio che Logan sia felice… e Jess sia felice… a me penserò dopo” l’accenno di una lacrima venne nascosto sotto una ciocca di capelli.
Andrè non seppe come rispondere: dopo quella telefonata, Rory parve essere diventata un’altra persona e ciò gli fece paura… quel Logan aveva davvero un’influenza pesante su di lei e la ragazza nemmeno se ne rendeva conto.
Dopo aver pagato, si salutarono dinnanzi alla cassa del locale: “Ti ringrazio per aver sopportato il mio sfogo, Andrè… Jess è fortunato ad aver trovato un amico come te! Se vuoi ti posso dare un passaggio anche per tornare indietro…”.
Andrè indicò l’entrata del bar e disse: “Non ti preoccupare! Girato l’angolo, bastano due passi per arrivare al palazzo… Beh, mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Rory Gilmore. Chissà, magari un giorno verrò a trovarti a Yale! Hai affascinato tutti, ieri sera, con i tuoi racconti…”.
“Mi farebbe piacere…” e lo salutò con un abbraccio affettuoso.
Quando si ritrovarono fuori dal locale, il giovane tirò un sospiro di sollievo: Jess se ne stava appoggiato al cofano dell’auto di Rory, con la sigaretta tenuta nervosamente tra le dita.
La ragazza rimase di stucco, bloccata dinnanzi a lui: era sempre stata certa di conoscerlo alla perfezione, ma quel suo comportamento l’aveva davvero spiazzata.
“Forse ci rivedremo prima del previsto, Rory…” sussurrò Andrè al suo orecchio, per poi avviarsi verso casa, fischiettando soddisfatto.




In maniera quasi automatica, nacque sul viso di Rory un sorriso dolcissimo, mentre le sue gambe non vollero sentirne parlare di muoversi da quella loro posizione e le mani presero a tremare, facendo cadere a terra le chiavi dell’automobile.
Fu Jess a muoversi inaspettatamente verso di lei, raccogliendole dal marciapiede: “Non andrai molto lontano senza queste”.
Non seppe darsene una ragione concreta, ma in quel momento Rory venne presa da un sentimento indescrivibile a parole, una sorta di trepidazione insostenibile che le partì dal petto e, senza passare per la parte più razionale della sua mente, la costrinse a lanciarsi tra le braccia del ragazzo e stringerlo forte a se.
Immerse il proprio viso, quasi commosso, nella piega del colletto del suo giubbotto, mentre le mani salirono fino a raggiungere le spalle e lì si aggrapparono, senza aggiungere una parola: fu un momento toccante per entrambi.
Per quanto fosse ancora arrabbiato, Jess non pensò nemmeno per un istante di volerla allontanare da se… era meraviglioso sentire il calore del suo corpo stretto al proprio… percepire il suo bisogno di tenerezza proiettato sul proprio… seguire il ritmo del suo respiro rimbalzare sul proprio: senza accorgersene, anche la propria mano finì per salire ad accarezzarle la nuca, teneramente, mentre l’altra lasciò scivolare a terra la sigaretta appena accesa.
“So che non meriti tutto questo e mi detesto per averti fatto del male, Jess!” sussurrò la sua bocca ancora affondata nelle pieghe del tessuto.
Il giovane la tenne legata a se ancora qualche istante, giusto il tempo di sentire i suoi respiri farsi più calmi e lievi, per poi alzarle il mento con un dito: “Prima di partire, voglio che tu venga con me in un posto, ok?”.
Rory si limitò ad annuire, mentre la mano del ragazzo si stringeva saldamente alla propria.
Percorsero a piedi il resto di quel viaggio dalla meta misteriosa, mano nella mano.
Dopo qualche isolato, Rory si trovò dinnanzi ad una palazzina in mattoni rossi, alta un paio di piani: aspettò che Jess la precedesse e ne aprisse il portoncino, per poi salire appena qualche gradino che la divideva dall’entrata.
“E’ la libreria di cui mi hai parlato quella sera…” commentò entusiasta, quando vi si trovò all’interno e le luci si accesero tutt’intorno.
Jess sospirò, guardandosi attorno compiaciuto: “E’ il mio mondo”.
La ragazza ne scrutò ogni angolo, incuriosita come una bambina: “Non posso credere che tutto questo sia tuo…”.
“Non è mio… il merito va diviso per tre, ma ne sono fiero… davvero fiero” negli occhi del ragazzo si accese una scintilla che Rory non poté fare a meno di notare.
Osservò quegli scaffali colmi di libri, le opere d’arte moderna appese alle pareti: ebbe di nuovo la conferma che le proprie previsioni si fossero avverate… il talento di Jess era sbocciato una volta per tutte e nel migliore dei modi… era lei ad esserne orgogliosa, ora.
“Perché hai voluto portarmi qui?” domandò, mostrando un leggero imbarazzo.
Prima di risponderle, lui fece qualche passo fino a giungere al centro della stanza, con le mani in tasca e gli occhi bassi: “Volevo che fossi partecipe del mio successo perché… non sarei arrivato fin qui senza di te!”.
Quelle parole dolcissime le risuonarono nella testa più volte, prima che riacquistasse la calma giusta per ribattervi: “Non devi darmi meriti che non ho, Jess… sono l’ultima persona a cui tu debba qualcosa in questo momento!”.
“Ti stai sbagliando. Ho avuto a che fare con molte persone nella mia vita, ma soltanto una di queste ha saputo convincermi delle mie possibilità… e quella persona si trova davanti a me, ora!” disse, guardandola negli occhi intensamente.

“Sei senz’altro più intelligente della media a scuola… ci metti cinque minuti a finire un libro… leggi tutto… ricordi tutto… potresti essere il primo della classe facilmente! Perché non lo fai? Non ti servono ripetizioni… è assurdo che parlino di farti ripetere l’anno!”
“Che m’importa!”
“Potresti essere quello che vuoi, diventare quello che vuoi…”
“Rory!”
“Non sarà che vuoi fare il ribelle?”
“Non me ne importa niente di fare il ribelle!”
“Allora informami, ti prego!”
“Non andrò mai al college… perché perdere tempo a scuola?”
“Perché non andrai al college?”
“Ti prego!”
“Cosa? Ti prego, cosa? Perché è tanto strano?”
“Chiedilo a mia madre: ti direbbe un paio di ragioni! Ah… e sono certo che il preside ne potrebbe aggiungere qualcun’altra! Anzi, meglio… chiedi a tua madre: lei non mi conosce bene, ma sono sicuro che saprebbe improvvisare qualcosa!”
“Senti, ti prego… non fare la scena dell’incompreso alla Kurt Cobain, ok? Non la voglio neanche sentire perché tu sei un tipo in gamba e devi andare al college!”



“E’ tutto talmente complicato…” sussurrò lei, stringendo al petto le braccia conserte.
“Cosa è complicato?”.
Il tono di Rory divenne tutto d’un tratto astioso, scoppiando in un inatteso sfogo fatto di urla e lacrime: “Io… io… ti detesto, Jess! Detesto il fatto che tu sia diventato soltanto ora ciò che ho sempre desiderato! Odio il fatto che tu ti sia trasformato in una persona completamente diversa da quel ragazzo che prese quel dannato autobus per scappare di nascosto, senza darmi nemmeno lo straccio di una spiegazione! Mi fa male sentirti dire queste cose splendide, perché so che ormai… ormai è troppo tardi!”.
Jess le si avvicinò, prendendole i polsi con energia e costringendola a guardarlo dritto negli occhi: “E’ troppo tardi soltanto se te ne convinci, Rory! Te lo dissi anche la sera che piombai a Yale per portarti via con me… possiamo ricominciare, basta che lo vogliamo entrambi! Ma non lo vedi che ogni volta finiamo per ritornare sui nostri passi? Questo perché abbiamo bisogno l’una dell’altro… tu ed io siamo gli unici in grado di completarci!”.
“Sarebbe una pazzia… sarebbe una pazzia…” ripeté lei, cercando di convincere se stessa che quelle parole non fossero reali.
La presa di Jess si spostò allora ai fianchi, accostandola sempre più a se: “E allora chiamami pazzo, perché ora ho capito che non ti lascerò più tornare da quell’idiota, Rory!”.
“Ma…” lentamente, la ragazza smise di divincolarsi tra quelle sue braccia sempre più strette intorno alla vita.
“Se dovessi immaginarti ancora nel suo letto… pensare alle sue mani sulla tua pelle… potrei ucciderlo, non lo capisci?” disse, avvicinando sempre di più le proprie labbra a quelle di lei, finché non si sfiorarono, sfociando in un bacio struggente: sentì il sapore delle sue lacrime sulla propria lingua mescolarsi alla passione incontrollabile.
Quando si staccarono per un secondo, i loro occhi rimasero incollati gli uni agli altri ed i loro corpi sembrarono essere diventati di colpo insaziabili di carezze.
Le mani del ragazzo scivolarono dietro le ginocchia di Rory, sollevandola sulle proprie braccia e trasportandola fino al piano di sopra: il luogo in cui si ritrovarono fu una specie di archivio che avrebbe dovuto fungere un giorno anche da sala di lettura, colmo di volumi ancora inscatolati in pile disordinate… non di certo il massimo del romanticismo, ma nessuno dei due fu più in grado di percepire ciò che gli stesse intorno... ormai esistevano soltanto loro… nient’altro aveva importanza.
I passi frenetici li portarono ai piedi di un divano, coperto da riviste letterarie che Jess fece scivolare a terra con un gesto brusco del braccio: quei loro sguardi complici dissero molto più di un intero fiume di parole…
Tutti quei gesti ansiosi, quei respiri convulsi e caldi, divennero il preludio a ciò che Rory non avrebbe mai pensato potesse più accadere.
Era una pazzia, certo… ma sentì chiaramente che non sarebbe stata in grado di affrontare un solo giorno con il rimpianto di non aver assecondato quel loro momento di follia: si lasciò cadere sul divano, trascinando con se anche il ragazzo, che tratteneva ancora dai lembi del giubbotto, e dando libero sfogo al desiderio… lo stesso desiderio che, in fondo, l’aveva condotta fin lì.
Non pensò a Logan nemmeno per un istante, completamente avvolta dal profumo della pelle di Jess, dai suoi baci sempre più intensi e dalle sue mani calde che scivolavano abili sulle curve del proprio corpo.
Jess non seppe se credere o meno ai propri occhi, alla visione della sua Rory, bella come non mai e totalmente sua: quasi stordito da quell’insieme caotico di emozioni, si disse che se davvero fosse stato un sogno avrebbe desiderato non svegliarsi mai più.


 
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Francis82
view post Posted on 10/5/2007, 22:11





Pensavate che tutto si fosse già risolto… invece il colpo di scena è sempre dietro l’angolo. ;)
Non è per cattiveria (lo so che noi Lit siamo state sottoposte più volte a scene strazianti…), ma per far si che la FF duri di più e… si sa che tra Rory e Jess niente è mai facile e scontato! :wub:
Anche per questo motivo li adoriamo…
La cosa importante è che io non mi chiamo A. S. Palladino… e chi vuol capire, capisca!
Grazie ancora per i commenti fantastici!
:huglove:


Il suono lieve di alcune voci, provenienti dalla strada, penetrò nella stanza dalla fessura di una grande finestra, che occupava quasi interamente la parete della camera, e riuscì a destare Jess da un sonno non troppo pesante: le mani si misero alla rapida ricerca del corpo di Rory accanto a loro, mentre gli occhi affaticati rimasero chiusi ancora per qualche secondo.
Percepì che lo spazio era rimasto vuoto accanto a se e alzò la testa, di colpo: si tranquillizzò soltanto quando intravide il profilo delle sue gambe, sottolineato dal contrasto con la luce proveniente dalla vetrata, a cui la ragazza si era affacciata… seguì la linea delle sue curve nascondersi sotto la propria t-shirt… constatò ancora una volta che qualsiasi capo di abbigliamento, se indossato dalla sua Rory, sarebbe stato in grado di assumere un’eleganza impareggiabile… anche per questo, rimase a contemplare quell’immagine per parecchi minuti ancora.
Rory non sentì il suo sguardo scorrere su di sé, scrutare ogni centimetro della propria pelle chiara e vellutata, tanto che restò a lungo lì in piedi, a riflettere su che cosa avesse in serbo per lei il futuro: aveva fatto l’amore con Jess… il suo Jess… quali sarebbero state le conseguenze di quel gesto? Con che coraggio si sarebbe ripresentata dinnanzi a Logan?
E, soprattutto, sarebbe stata in grado di prendere una decisione definitiva: scegliere tra Jess e Logan, una volta per tutte?
Quando si voltò, notando il ragazzo totalmente rapito da se stessa, non poté fare a meno di sorridergli: era stupendo, ancora sdraiato su quel divano, col capo inclinato appoggiato sul braccio e quegli occhi neri e profondissimi, illuminati da una luce speciale… la luce dell’amore…
In un moto d’insicurezza, si domandò se anche i propri occhi fossero diventati così e li osservò rispecchiarsi sul vetro, in controluce: ne ebbe la conferma… nonostante i mille dubbi, le mille domande che le frullavano nella testa… gli occhi non le mentirono… quella luce si era accesa anche dentro se stessa…
Udì i passi scalzi di Jess avvicinarsi a se e le sue braccia forti avvolgerla in un abbraccio caldissimo: “Va tutto bene?” sussurrò poi, in tono premuroso.
Rory, dopo una breve esitazione, iniziò a parlare: “Ricordi la festa a casa di Kyle, Jess? Quando fummo sul punto di fare l’amore, ma ti respinsi. Mi arrabbiai perché sentii che eri strano, capii che qualcosa non andava nel tuo comportamento… Beh, quando te ne andasti da Stars Hollow, io passai intere notti in bianco a pensare a come sarebbe stato tra di noi, se quella sera non ci fossimo fermati… se mi fossi lasciata andare, una volta tanto, infrangendo le mie rigide regole! Mi dissi che con molta probabilità avrei dovuto convivere per sempre con quel rimpianto! Mi convinsi addirittura che la tua partenza fosse avvenuta per colpa di quella mia decisione… Devo ammettere che ero riuscita pian piano a rimuoverlo, in questi anni, ma ora mi è tornato alla mente…”.
“Come hai potuto pensare, anche solo per un momento, che fossi partito per quel motivo? Quella sera ero in collera per via della bocciatura, del fatto che non avrei potuto portarti a quel dannato ballo e… mi sono comportato da vero idiota!” rispose lui, stringendola a se.
“Ricordo alla perfezione quel tuo sguardo ferito, dopo la rissa con Dean… lo sguardo che mi lanciasti, in giardino, appena prima di allontanarti… E’ stato in quell’istante che ho capito che ti avrei perso!” e un piccolo singhiozzo le spezzò la voce.
“Se potessi tornare indietro, Rory…” Jess le asciugò le lacrime dolcemente.
Fu allora che la ragazza diede inizio ad un altro lungo sfogo, mentre le parole scivolarono fuori come un fiume in piena, i cui argini si sono sbriciolati all’improvviso: “Ho sofferto da morire, Jess! Ho dovuto convivere con gli sguardi compassionevoli di un’intera città, tutti puntati sul mio dolore… un dolore lancinante, nascosto a fatica dietro una falsa calma e rassegnazione! Mi ha fatto male perché ero convinta che se me ne avessi parlato, saremmo riusciti a sistemare tutto… magari sarei venuta con te in California, alla ricerca di tuo padre… Ero talmente innamorata che avrei rinunciato a tutto per te, ma non potevo dirlo a nessuno… nessuno… perché tutti ti odiavano e nemmeno sospettavano che io, nonostante tutto, ti amassi ancora da impazzire! Fu la partenza per l’Europa a salvarmi… se fossi rimasta ancora per un giorno a Stars Hollow, credo sarei impazzita: ogni cosa mi parlava di te… la panchina sulla quale passavamo giornate intere a divorare libri, il ponte sul quale mi portasti durante l’asta dei cestini e sul quale ti dissi che con Dean era finita… sognavo che spuntassi da dietro il bancone di Luke da un momento all’altro, che comparissi dietro quella stupida tenda e mi dicessi che avevi sbagliato e saresti tornato, questa volta per sempre! Avrei messo l’orgoglio sotto i piedi se davvero fossi tornato, ma non è successo! E quando sei ricomparso, dopo un anno… ti ho detestato… perché era troppo tardi e avevo rimesso in piedi la mia vita senza di te!”.
Quelle parole divennero dei veri e propri fendenti che lacerarono il cuore di Jess: sapeva cosa significasse quel dolore perché era il medesimo che aveva dovuto sopportare egli stesso… con la sola, ma significativa, differenza che era stata propria la scelta… e per questo Rory ne era stata la vittima maggiore…
Prese le sue piccole e fragili mani tra le proprie e, dopo un sospiro, le rispose: “So che non basterebbero un migliaio di scuse per far tornare tutto come prima… ma se c’è ancora nel tuo cuore una briciola di quell’amore, allora possiamo davvero riprovarci, Rory! Ciò che è successo in questa stanza deve aver significato qualcosa…”.
“E’ stato bellissimo… perfetto, come avevo sempre sognato! Però mi devi dare il tempo di elaborare la cosa…” rispose lei, asciugandosi il viso e riprendendo da terra i propri abiti.
“Il tempo di dire a Logan che tra voi è tutto finito…” la corresse lui, tenendo lo sguardo fisso sulla finestra.
Rory si bloccò, un momento: “Non è così semplice, Jess!”
“La vita non è fatta soltanto di liste di pro e contro, Rory! Devi saper rischiare… metterti in gioco completamente!”.
“Sei sempre lo stesso…” sospirò.
Il tono di Jess si accese di rabbia: “Cosa vorresti dire?”
“Che sei il solito Jess che agisce d’impulso… segue solo le sue passioni e non pensa nemmeno per un momento alle conseguenze che queste possono avere!”
“E’ nel mio dna, Rory! E’ anche di questo che ti sei innamorata! Comunque non ho intenzione di discutere ancora dei miei errori… ho passato anni a maledirmi per essi e sono stanco… stanco… ora voglio riprendermi ciò che ho perso perché so che è la sola cosa giusta da fare!” e la prese di nuovo tra le braccia.
Sentì di essere sicuro delle proprie parole, certo delle proprie esigenze e della legittimità delle proprie richieste: nonostante ciò, non gli risultò difficile percepire l’indecisione di Rory… quel suo improvviso sottrarsi, irrigidirsi alle proprie carezze… e si fermò: “Tu vuoi tornare da lui, non è vero?”.
Ci fu un silenzio pesante, al quale il giovane rispose lasciando la presa e allontanandosi dalla ragazza.
“Non ti arrabbiare, ti prego… Io devo tornare da Logan perché non è corretto ciò che sto facendo!” rispose lei, cercando istintivamente un nuovo contatto con le sue mani che, però, la evitarono.
“Dimmi che andrai a New Haven per lasciarlo… dimmelo, Rory! Dimmelo!” Jess parve aver perso il controllo, scaraventando a terra con un calcio una intera pila di scatoloni.
La ragazza si spaventò, ma tenne comunque lo sguardo fisso e fiero dinnanzi a se: dopo tutte le lacrime versate, non volle mostrare ancora una volta la propria debolezza.
L’ultimatum che uscì dalla bocca di Jess, la lasciò quasi senza fiato: “Sono davvero esausto… Vuoi tornare a New Haven? Tornaci! Ma ricordati che se dovessi decidere di rimanere con quel tizio… beh, allora non farti vedere mai più, Rory! Ti cancellerò dalla mia vita… dovessi sputare sangue per riuscirci, lo farò…”.
Chiuse i jeans ancora sbottonati e raccolse le proprie cose dal divano, mentre a stento riusciva ancora a trattenere lacrime di rabbia: era certo che tra loro si fosse riaccesa una scintilla… che facendo l’amore con lui, Rory avesse capito la profondità del proprio amore… rendersi conto di aver sbagliato ogni previsione, lo ferì a morte.
“Possibile che tu non possa darmi un po’ di tempo per pensare? Non puoi costringermi a prendere una decisione del genere, così… su due piedi…” tentò invano di fermarlo, lei.
La delusione del ragazzo gli annebbiò quasi la vista, facendolo scoppiare tutto d’un tratto: “Se tu senti di doverci pensare su… beh, allora mi chiedo: perché hai fatto l’amore con me, Rory? Per evitare di dover convivere col rimpianto di quella sera a casa di Kyle? Per noia? O magari perché eri curiosa di scoprire chi fosse il migliore amante tra me e Huntzberger?” e scatenando il risentimento di Rory, che lo colpì con un potente schiaffo in pieno volto.
Jess rimase immobile, mentre i propri occhi divennero lucidi: riconobbe di aver calcato troppo la mano, ma ciò non gli impedì di disprezzare il comportamento della ragazza… perché non riusciva a capire che soltanto lui sarebbe stato in grado di renderla veramente felice?
Infilò entrambe le maniche della camicia con un gesto secco e si diresse al piano di sotto, senza aggiungere una sola parola.
Quando Rory, rivestitasi di tutto punto, scese le scale, lo ritrovò ad una delle scrivanie, piuttosto concentrato a fingere di compilare dei moduli al computer: “Questa è tua…” e appoggiò delicatamente la t-shirt sul piano.
Jess non alzò nemmeno lo sguardo dallo schermo, limitandosi ad annuire col capo.
“Allora… questo dovrebbe essere un addio…” disse lei, attendendo invano una risposta.
A quel silenzio, si strinse nella giacca e si diresse verso la porta: fu soltanto nell’istante in cui la sua mano si posò sulla maniglia che venne bloccata dalla voce del ragazzo: “E’ un addio soltanto se sei tu a decidere che lo sia…”.
Non si voltò indietro e proseguì: uscì dalla libreria di corsa, con un peso sul cuore che l’avrebbe torturata di certo fino all’arrivo a New Haven.
 
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Francis82
view post Posted on 17/5/2007, 08:16





Vi chiedo scusa per questa attesa che è stata un po’ più lunga delle precedenti, ma sono stata impegnata con lo studio… per non parlare della notizia della fine di “GG” che ha, in un certo senso, “congelato” la mia voglia di scrivere…
E’ probabile che una parte di quella tristezza sia finita anche tra le righe di questo nuovo capitolo… spero mi capirete e comunque che vi piaccia.



L’automobile di Rory accostò improvvisamente sul ciglio destro della carreggiata: i suoi occhi colmi di lacrime non riuscirono più a mantenersi concentrati sulla strada… lacrime piene di rabbia, soprattutto verso se stessa…
Jess aveva dimostrato di amarla ancora come il primo giorno e lei aveva finito per sfruttare quel suo sentimento puro e meraviglioso allo scopo di vendicarsi del tradimento di Logan: un comportamento orribile, nel quale non riusciva davvero a rintracciare nemmeno un briciolo di se stessa.
Non rivedeva in se di certo quella fanciulla angelica di un tempo, colei che faceva sempre tutto ciò che era più saggio… ma quella ragazza se n’era andata da un pezzo, ormai!
Aveva lasciato il posto ad una immatura che aveva sprecato mesi ad allestire i party e le colazioni di noiose signore benestanti e ad ubriacarsi a stupide feste… e che quando si era finalmente persuasa di esser tornata sulla retta via, era caduta in un altro terribile errore: usare Jess, uno dei suoi più grandi amori… una persona davvero unica, speciale… alla quale non avrebbe mai voluto fare una cosa del genere!
Batté i pugni sul volante, furiosa: “Sono un mostro… sono una sciocca e un mostro!”.
Ripensò alle mani calde e delicate del ragazzo scorrere sulla propria pelle, alla sua bocca indugiare sul profilo del proprio collo, i suoi respiri scivolare sottili tra le ciocche spettinate dall’ardore dei loro gesti.
In seguito all’accavallarsi di quei ricordi eccitanti, si trovò costretta ad abbassare il finestrino e respirare a pieni polmoni aria fresca, nella speranza che ciò l’aiutasse a placare quell’onda di emozioni incontrollabili.
Notò in lontananza l’insegna di una stazione di servizio, un miraggio in quella situazione così soffocante.
Quando l’ebbe raggiunta, si affrettò a scendere dall’auto: quell’abitacolo le sembrò assomigliare sempre più ad una graticola, ansiosa ed eccitata com’era.
Inoltre, le venne una fame terribile.
Camminando tra i vari scaffali straripanti di patatine e bibite in lattina, le risuonò nella testa quella domanda di Andrè che era riuscita a destabilizzarla, ma alla quale non aveva ancora dato una risposta concreta: “Prima ti ho detto che probabilmente ti saresti trovata nella situazione di dover rinunciare a qualcosa per tornare ad essere felice… perché hai pensato subito di dover rinunciare a Logan e non alla possibilità che fosse Jess la persona da cui allontanarti?”.
Possibile che, nonostante si fossero abituati a passare tanto tempo lontani, ora come ora le risultasse così difficile staccarsi da Jess?
La verità era che la domanda più giusta non era ancora riuscita a formularla a se stessa, alla propria coscienza: sei certa che il sentimento per Logan non sia soltanto un’illusione maturata col tempo, mentre quello per Jess non sia sempre stato amore vero?
Nel tentativo di eliminare quei pensieri invadenti, con gesto brusco afferrò una lattina di soda e un sandwich, per poi pagare in fretta ed uscire: anche quel posto le risultò ormai vagamente claustrofobico.
Appena il tempo di infilare gli spiccioli di resto nella tasca dei jeans e quel dannato cellulare ricominciò a squillare: tentò di ignorarlo addentando il panino, ma, alla terza chiamata, l’insistenza della suoneria la fece innervosire al punto da costringerla a spegnere il telefono una volta per tutte.
Quel pasto veloce riuscì nel tentativo di calmare un poco i suoi sensi alterati: si ritrovò appoggiata allo sportello dell’auto e, dandosi un’occhiata nello specchietto, non poté fare a meno di giudicarsi patetica… quanto avrebbe desiderato un lunghissimo bagno profumato, un bel romanzo tra le mani e candele colorate a creare tutt’intorno un’atmosfera rilassante…
La visione della toilette della stazione di servizio la fece tornare bruscamente coi piedi per terra: si limitò a bagnare il viso stanco con l’acqua fresca e riguardò di nuovo la propria immagine allo specchio… dov’era finita la vecchia Rory?
Perché la sua vita si era complicata così tanto?
O forse… forse l’incontro con Jess era stato la tappa traumatica, ma necessaria ad aprirle gli occhi una volta per tutte, a sciogliere definitivamente quel nodo soffocante che la legava a Logan Huntzberger?
Fece un lungo respiro e si decise a controllare il messaggio in segreteria: in fondo al proprio cuore conservò per qualche istante la flebile speranza che si trattasse di Jess, che l’avesse perdonata per quella sua stupida reazione e tentasse di riportarla a Philadelphia… non fu così.
“Pronto, Rory! Sono Lane… Non volevo disturbarti, ma ho davvero bisogno di parlare con te! E’ una questione piuttosto urgente, quindi… quando puoi, richiamami… ti prego!”.
Stupita dalla concisione dell’amica, ne compose il numero sul display per avere un immediato chiarimento: le parve parecchio agitata, almeno dal tono della voce, e ciò la preoccupò non poco.
“Lane, ciao! Ho appena controllato il tuo messaggio e devo dire che mi hai incuriosita parecchio! Si può sapere cos’è successo?”.
“Rory… che bello sentirti! Ho una notizia bomba da darti… ma volevo vederti di persona perché è veramente importante!”
“Beh, dal tono avevo intuito che non si trattasse certamente di qualcosa di poco conto… mi hai quasi rotto un timpano!” rise lei, per poi aggiungere: “Mi dispiace spegnere il tuo entusiasmo, ma mi trovo fuori città e mi riesce molto difficile deviare per Stars Hollow…”.
“Non mi dire che ho interrotto una gita romantica con Logan!” commentò l’amica.
“Assolutamente no… anzi, ti dovrei parlare di una cosa anch’io…” si lasciò scappare Rory.
Lane la interruppe, commentando: “Accidenti, sarò costretta ad annunciartelo per telefono! Non sarà il massimo del sentimentalismo, ma a mali estremi…”.
“Annunciare? Sentimentalismo?” ripeté l’amica, sempre più disorientata da quella strana emozione nella voce.
“Rory… è successo qualcosa di impensabile! Rimarrai di stucco, vedrai!” esclamò.
“Lane, ti prego… dimmi questa cosa una volta per tutte o rischio il collasso!” sospirò Rory, appoggiandosi con la schiena al muro più vicino.
“Hai ragione… è solo che è così… così…” tentennò ancora.
A quel punto, l’amica la sollecitò spazientita: “Lane!”.
Finalmente si decise e, dopo un lungo respiro, annunciò: “Zach mi ha chiesto di sposarlo!”.
“Oh mio Dio! Lane, ma… ma… è meraviglioso!” balbettò Rory, in preda ad un moto incontrollabile di felicità.
“E’ successo mentre lavoravo… stavo servendo ai tavoli, tranquillamente, quando è entrato nel locale e… mi ha fatto la proposta! Ho creduto di cadere a terra stecchita, lo giuro! Poi mi sono ricordata che forse sarebbe stato il caso di dargli prima una risposta! E, quasi senza rendermene conto, gli ho detto di si!” raccontò l’amica, ancora estasiata.
“Lane… sono senza parole… è meraviglioso! Ho già detto che è meraviglioso? Beh, allora è meraviglioso al quadrato! Sono davvero felice per te! La mia migliore amica si sposa!” gli occhi di Rory s’inumidirono per l’ennesima volta, durante quella lunghissima mattinata.
“Mi sarebbe piaciuto abbracciarti, ma lo faremo non appena tornerai a Stars Hollow…” rispose Lane.
“Certo! Nel frattempo mi metterò al lavoro per organizzare il più strabiliante addio al nubilato che si sia mai visto!”.
“Non avevo dubbi e… Ma che stupida! Prima mi hai accennato al fatto di dovermi parlare di qualcosa e io ti ho interrotta! Cosa volevi dirmi, Rory?” riprese Lane.
Presa alla sprovvista, l’amica deviò abilmente il discorso: “Io… beh… niente che non si possa rimandare, Lane! Avremo tempo per chiacchierare tra un confetto e l’altro! Poi dovremo scegliere l’abito da sposa, che emozione!”.
Il tono di Lane mutò di colpo: “Ecco l’unico tasto dolente della situazione… Il mio abito esiste già: è quello di mia madre! La signora Kim ci tiene alle tradizioni di famiglia, almeno quanto la regina d’Inghilterra alla propria corona! Peccato che quel vestito sia l’antitesi dell’abito perfetto… è mostruoso! Avevo pensato di chiedere a Lorelai di modificarlo per me… oppure potrei dargli fuoco nel bel mezzo della notte!”.
“Conoscendo la signora Kim, è probabile che quel vestito sia stato confezionato con materiale ignifugo! Comunque sono certa che mamma saprà trovare una soluzione a questo problema, non ti preoccupare!” la rassicurò, sorridendo.
“Rory…” sussurrò la ragazza.
“Dimmi, Lane…”.
“Sto per sposarmi…” la voce divenne commossa.
“Si, stai per sposarti…” ripeté l’amica, anch’essa presa da una commozione incontrollabile.
Scoppiarono entrambe a piangere: si conoscevano da sempre… avevano maturato una rapporto quasi simbiotico, condividendo ogni esperienza in quegli anni passati l’una accanto all’altra… periodi felici e infelici… fu come se quel passo importante le mettesse dinnanzi ad una realtà nuova, all’essere diventate di colpo due donne… al fatto che un capitolo della loro vita si stesse per chiudere ed uno nuovo ed emozionante si stesse per aprire...
Tra un singhiozzo e l’altro, Lane riprese a parlare: “Sei la migliore amica che si possa desiderare”.
“Ti voglio bene, Lane” terminò Rory, asciugandosi a fatica le lacrime che le avevano inondato nuovamente le guance.
Rory chiuse il cellulare di scatto e scoppiò di nuovo in un pianto, questa volta solitario: la gioia sincera verso la sua più grande amica si mescolò alla sofferenza per se stessa e per Jess.
Quando alzò gli occhi gonfi di pianto, raggiungendo l’automobile per tornare a New Haven, si trovò accanto alla pompa di benzina ed i ricordi finirono per assalirla di nuovo.

“Da che dipende la tua decisione di fumarla o meno?”
“Da quello che succederà!”
“Quando?”
“Adesso…”


“Signorina, ho fatto il pieno come mi ha chiesto e mi sono anche permesso di controllare l’olio! E’ tutto a posto, ora!” la voce dell’inserviente venirle incontro la fece tornare bruscamente al presente.
Prese un paio di banconote dalla tasca e le consegnò distrattamente al giovane, tutto incuriosito da quelle strane lacrime: “Si sente bene?”.
“La mia migliore amica si sposa…” rispose lei, accennando ad un sorriso.
Salì in macchina e non si voltò indietro, scomparendo come per magia fra la miriade di automobili che congestionavano il traffico dell’ora di punta.




Una notte stranamente afosa tormentò il sonno, già parecchio agitato, di Jess: erano passati parecchi giorni dall’incontro con Rory, ma l’astio non l’aveva ancora abbandonato del tutto.
Una specie di tarlo sembrò essersi insediato nella sua mente allo scopo di sorprenderlo, anche nei momenti di apparente tranquillità, e riportarlo ad uno stato di continuo scuotimento interiore.
Il fruscio continuo delle lenzuola divenne un sottofondo costante delle ultime notti, passate quasi sempre in bianco: decise di porre fine a quel patetico ed inutile tentativo di prender sonno e cercare qualcosa da leggere fra gli scaffali della casa, sempre più straripanti di volumi.
Trascinò i propri passi stanchi fino a raggiungere il salotto e si mise a scorrere con l’indice i titoli stampati sui dorsi dei libri accatastati alla rinfusa: fu allora che percepì una serie di suoni provenire dal piano di sopra.
Capì di non essere il solo a soffrire d’insonnia e, infilando rapidamente una maglietta nera dimenticata sul divano, uscì dall’appartamento.
“Bisogno di compagnia?” esordì ironico, non appena la porta si aprì dinnanzi al viso affaticato di Andrè.
“Certo non sei la pupa bionda che mi aspettavo, ma… entra, amico!” gli fece spazio con un gesto del braccio, lui.
Jess si diresse dritto in cucina e aprì il frigorifero, come fosse a casa sua: ormai lui e Andrè si consideravano come fratelli e non erano rare queste incursioni notturne da parte di entrambi.
Stapparono un paio di birre e si guardarono in silenzio per parecchi minuti, senza fiatare, finché non fu Andrè a rompere quella calma quasi irreale: “Non sei ancora riuscito a mandar giù la cosa, non è così?”.
L’amico, come suo solito, iniziò facendo il vago: “Di che parli?”.
“Hai intenzione di far finta di nulla ancora per molto?” insistette l’amico.
Jess non rispose e si limitò a rigirare tra le dita il collo della bottiglietta gelata, mantenendo l’attenzione esclusivamente sulle proprie mani.
“Senti, Jess… so bene come sei fatto e pure che odi parlare di questioni del genere, ma prima o poi dovrai affrontare la cosa!”.
L’amico continuò ad evitarlo, dirigendosi di colpo in salotto e accendendo la televisione: “Hai ancora quel canale via cavo che trasmette concerti rock?”.
“Non dormi da almeno sei notti, a giudicare dai rumori che sento ogni sera provenire da qui sotto e dalla faccia con cui esci di casa la mattina!” lo seguì, raggiungendolo alle spalle, Andrè.
Dopo aver giocherellato un po’ col telecomando, Jess continuò a deviare il discorso, come se nulla fosse: “Ah, eccolo! Se non ti dispiace, pensavo di guardare questo live dei Ramones prima di tornare a letto! Prometto di non fare rumore!”.
“Non riuscirai a farmi gettare la spugna!” esclamò l’altro, sedendosi accanto a lui sul divano e riprendendo a sorseggiare la propria birra fresca.
Jess parve davvero impassibile davanti ai continui tentativi dell’amico: “Senti questo pezzo… l’assolo di chitarra è da urlo!”.
Andrè lo fissò per qualche istante, per poi alzarsi in silenzio e raggiungere l’altra stanza.
Quando tornò, gettò sulle ginocchia di Jess un foglietto giallo ripiegato più volte su se stesso: “Chiamala!”.
“Cos’è? Il numero della pupa bionda che aspettavi? Preferisco le brune, ma sei stato gentile a cederlo a me!” scherzò l’amico.
Fu soltanto nell’istante in cui lesse il nome di Rory, che quel sorrisetto ironico si spense, trasformandosi in una smorfia di rabbia.
“Chiamala!” ripeté ancora l’amico.
Venne ignorato per l’ennesima volta, per cui decise di andare a letto: lasciare Jess solo coi propri pensieri risultò essere l’unica soluzione possibile!
Magari avrebbe trovato il modo di far funzionare meglio quella sua testaccia dura…
Jess rimase immobile, con lo sguardo irritato, fisso davanti allo schermo del televisore.
Spense l’apparecchio soltanto quando ebbe raggiunto il fondo della bottiglietta: quel dannato tarlo era tornato di nuovo a torturarlo, maledizione!
Spense anche la luce e lasciò l’appartamento di Andrè per rifugiarsi nel proprio: già sapeva che l’avrebbero aspettato parecchie ore d’insonnia.
Il suo sguardo vagò, triste ed arrabbiato allo stesso tempo, sui vari mobili della stanza e si perse in quel silenzio fastidioso.
Non seppe darsene una ragione, ma fu come se una forza estranea si fosse impossessata tutto d’un tratto del suo corpo, costringendolo ad avvicinarsi al telefono e comporre quel dannato numero.
Il suono della linea libera gli martellò nella testa e nel cuore, facendolo piombare in uno stato di agitazione quasi insopportabile.
Si disse che era una pazzia… una vera pazzia, fare una telefonata del genere nel bel mezzo della notte… ma fu come se i suoi arti fossero stati del tutto anestetizzati.

“Jess, lo so che sei tu… Sono certa che mi vuoi dire qualcosa, ma mi chiami e non parli… Pronto… Non vuoi parlare, bene! Allora parlo io! Hai gestito male tutto, insomma… potevi parlarne con me, dirmi che avevi problemi a scuola e che non saresti passato e anche… la storia di tuo padre, ma… non l’hai fatto e hai finito col non portarmi al ballo della scuola, non venire alla cerimonia e… sei partito di nuovo, senza dirmi addio e… si, va bene… capisco! Però con me hai chiuso! Domani parto per l’Europa e poi vado a Yale e andrò avanti e… non mi lamenterò… non penserai che avrei piagnucolato, vero? Può darsi... che ti abbia amato, ma… ora devo… dimenticarti. Allora… è tutto, mi pare! Ehm… spero che tu stia bene e voglio che tu faccia il bravo e… ok, insomma… arrivederci! La parola sembra misera e stupida, ma è quella giusta immagino! Arrivederci…”


Tutto d’un tratto, quando già la sua mano stava per abbassarsi, dalla cornetta uscì una voce lieve e assonnata: “Pronto… pronto…”.
Non ebbe il coraggio di risponderle e rimase ancora una volta in silenzio… ancora come quella mattina, passata a crogiolarsi in mille pensieri, sul lungomare di Venice.
Come quel giorno, Rory intuì all’istante chi si nascondesse dietro quel silenzio così pesante: “Jess… Jess, sei tu?”.
Il ragazzo insistette in quello stupido anonimato.
“Lo sento che sei tu… ti prego, parlami…”.
Rory percepì soltanto in lontananza il suo respiro ansioso: “Non so cosa tu voglia dirmi con questo gesto, ma… la verità è che sono felice, sono felice che tu mi abbia chiamata e… Dio, mi sento una stupida a parlare da sola… è buffo… mi sembra di rivivere un film già visto! Lo sai a cosa mi sto riferendo, vero?”.
Sperò fino all’ultimo di udire una risposta, ma quel suo desiderio non venne esaudito: “Non vuoi proprio parlare, eh? Allora… buonanotte, Jess!” e, dopo una piccola esitazione, riagganciò.
Il ragazzo rimase qualche altro istante incollato alla cornetta, imperterrito, mentre il cuore sembrò essere diventato pesante come la pietra… solo allora, tornato alla propria solitudine, se la sentì di parlare: “Buonanotte, Rory…”.
E anch’egli riagganciò.
 
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Francis82
view post Posted on 24/5/2007, 20:31




Sono arrivata a postare il mio 7 capitolo… il tempo vola, ormai! :rolleyes:
Vi posso solo anticipare che ci saranno un paio di colpi scena belli tosti… devo ammettere che mi sono divertita parecchio ad architettarli… :ihih:
Buona lettura e… commentate gente, commentate!



Andrè si fece carico di un pesante ruolo, nei successivi giorni: dato che ricongiungere i due novelli Giulietta e Romeo si era rivelata un’impresa titanica, cocciuti com’erano ognuno sulla propria posizione, distogliere il più possibile l’amico dal ricordo ingombrante della dolce Rory Gilmore sarebbe diventato il suo nuovo obiettivo.
Vedere l’entusiasmo di Jess spegnersi sempre più dinnanzi ai propri occhi, ritrovando nel suo sguardo l’amarezza di tanto tempo prima, gli parve qualcosa di inaccettabile: per questo organizzò l’ennesimo party, allo scopo di tirar su di morale con ogni mezzo il proprio migliore amico.
Grazie a qualche conoscenza influente nel campo della ristorazione, era riuscito ad affittare un intero locale nel centro di Philadelphia: sarebbe stato lo scenario perfetto per la festa più esplosiva dell’anno.
Era stato ingaggiato perfino un gruppo rock proveniente direttamente da New York, allo scopo di attirare il maggior numero possibile di giovani da ogni parte della città.
In un primo momento, la reazione di Jess non era stata del tutto positiva: Andrè era sceso a fargli visita, sorprendendolo davanti al calendario della cucina che, con gli occhi tristi, sembrava intento a contare i giorni passati dal suo ultimo incontro con Rory.
Certo si era affrettato a deviare il discorso come suo solito, arrampicandosi sugli specchi con spiegazioni assurde, ma si sa che gli occhi non mentono mai, soprattutto quando si trovano davanti a quelli esperti del proprio migliore amico.
“Sinceramente non capisco cosa ci sia da festeggiare, ma… l’idea è tua… fai ciò che vuoi!” era stato il suo primo commento.
Andrè aveva cercato di infondergli almeno un briciolo del proprio entusiasmo: “Dai, amico! Ho perfino rimediato il numero di quella ragazza di Boston… quella tutta curve che ti aveva mangiato con lo sguardo all’inaugurazione del negozio di dischi di Joe, non te la ricordi proprio?”.
“Oh, no! Non starai per caso parlando di quella tizia che mi ha infilato in un angolo quando mi sono allontanato un minuto per fare una telefonata? E’ stato un incubo, Andrè! Mi si è appiccicata addosso come una ventosa!” aveva risposto, sbuffando.
“Come non detto! Troverò qualcun altro da far accalappiare a Jennifer!”.
A quel punto, Jess era quasi scoppiato in una risata: “Si, Jennifer! Ricordo quella sua voce sibillina che mi ripeteva in continuazione il proprio nome all’orecchio, convinta che quello avesse qualche potere afrodisiaco… giuro, una serata veramente allucinante!”.
“Messaggio ricevuto! Ora ti lascio perché le ordinazioni mi aspettando… quanta birra credi ci servirà?” aveva domandato Andrè, fermatosi un ultimo istante sull’uscio dell’appartamento.
“Almeno il doppio della quantità a cui stai pensando!” era stata la risposta dell’amico, il quale sembrò finalmente essere uscito da quel suo tunnel di commiserazione.
Fu così che la festa venne organizzata nei minimi dettagli e già dall’inizio parve destinata a diventare un successo: in breve tempo il locale si era riempito, tanto che lo stesso Andrè aveva faticato a credere ai propri occhi.
“E pensare che non avevo mai considerato una carriera nelle pubbliche relazioni!” commentò, guardandosi intorno affascinato.
“Io l’ho sempre saputo che celavi doti nascoste in quella enorme testa di riccioli, amico!” rispose Jess, dandogli una pacca sulla spalla.
Andrè prese a ridere: “Questi capelli strambi mi hanno procurato più appuntamenti di quanti tu ne abbia racimolati con quel tuo giubbotto punk di pelle nera… troppo stile Sid Vicious!”.
L’espressione dell’amico s’incupì tutto d’un tratto: l’immagine di Rory con indosso quella giacca, tra le lenzuola del proprio letto, comparve davanti agli occhi di Jess come in un vero e proprio flashback.
Si sforzò di cacciare dalla propria mente ogni pensiero collegato a lei e decise di godere a pieno di quella serata all’insegna della spensieratezza.
“Se hai bisogno di qualcosa mi trovi dietro il bancone, ok?” disse, rivolgendosi ad un Andrè già a caccia di qualche pupa da rimorchiare.
“Ci sai fare come barman, ma vedi anche di divertirti…” gli rispose l’amico, scomparendo nella folla rumorosa che occupava interamente il centro della sala.
Non fu difficile per il ragazzo ripensare a Luke, in quella situazione: destreggiandosi con sicurezza tra bicchieri e ordinazioni, sorrise ricordando i mille rimproveri che aveva dovuto subire da parte dello zio… ramanzine a fin di bene che erano servite parecchio al proprio processo di maturazione, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente.

“Ho detto: va di sopra e cambiati!”
“Mi piace questa t-shirt!”
“Come fa a piacerti?”
“Mi mette in risalto gli occhi!”
“Senti, parte dell’accordo per cui resti qui è che tu lavori qui… quando lavori devi indossare un abito da lavoro adeguato e quello non è un abito adeguato… Quindi, va di sopra e mettiti qualcosa che non faccia scappare via i clienti!”
“Come vuoi tu, zio Luke…”



Quante volte si era divertito nel vederlo andare su tutte le furie a causa delle proprie bravate!
A dir la verità, lo assalì anche un po’ di nostalgia… nostalgia per quella tavola calda ed i suoi eccentrici clienti, per quel vecchio bancone, per l’aria stralunata di Cesar quando sbagliava le ordinazioni e mandava in tilt quel poco di autocontrollo che Luke ancora cercava di conservare… un mondo che gli era andato stretto per molto tempo, ma che oggi non poteva fare a meno di ricordare con un velo di affetto…
Si disse che era inutile perdersi in pensieri malinconici come quelli e che se lo stesso Luke lo avesse sorpreso a sospirare a quel modo, ricordando hamburger e ciambelle, non si sarebbe trattenuto dal dargli un bel calcione nel sedere!
Servendo l’ennesimo cocktail ad un paio di ragazzi, il suo sguardo raggiunse distrattamente l’entrata del locale ed un brivido lo avvolse: una ragazza dai lunghi capelli corvini, avvolta in un provocante abito lucido color ciliegia, si guardava intorno come una leonessa affamata apprestarsi a dar inizio alla caccia.
“Jennifer…” sussurrò a se stesso, cercando il modo di dileguarsi il più velocemente possibile.
Non fu abbastanza rapido a quanto pare, perché il passo deciso della fanciulla si diresse, quasi minaccioso, verso il bancone.
Il suo indice finì dritto davanti al volto di Jess, il quale abbozzò un sorriso di circostanza: “Tu sei… sei… ma si, Jess Mariano!”.
Annuì col capo, cercando disperatamente di carpire tra la folla l’attenzione di Andrè ed implorarlo di corrergli in soccorso con qualcuna delle sue scuse strampalate.
“Non mi dire che ti sei dimenticato di me! Eppure era nato un bel feeling tra di noi…” e si appoggiò al bancone con fare languido, lei.
“Certo che mi ricordo…” disse lui, tentando di mantenere una distanza di sicurezza e terminando: “…sei Jennifer!”.
“Allora avevo ragione!” esclamò la ragazza, continuando a far scivolare tra le dita una ciocca di capelli in modo provocante.
“Su che cosa?” domandò lui, dopo che per darsi coraggio aveva ingurgitato tutto d’un colpo un bicchierino di tequila.
Il tono della ragazza si fece sempre più seducente e sibillino: “Quella sera ti avevo davvero fatto perdere la testa!”.
“Beh…” Jess si grattò nervosamente il capo: il suo unico desiderio divenne quello di scomparire alla velocità della luce.
“Ehi, barman! Vado un po’ di fretta e vorrei una birra fresca!” una voce familiare, tra la musica assordante proveniente dal palco, interruppe quella specie di dialogo surreale.
Jess inarcò il sopracciglio, con aria perplessa, e si voltò verso la fine del bancone, dove lo sorprese una visita davvero inaspettata.
Rivolse a Jennifer un’ultima occhiata e un semplice: “Devo andare, scusami. Comunque divertiti alla festa!”, per poi dirigersi rapidamente all’altro capo del tavolo, verso la nuova interlocutrice.
“Mi hai salvato, lo sai?” sospirò.
“Intuito femminile!” rispose lei, sfilandosi di dosso il giubbotto di pelle marrone e mettendosi comoda sullo sgabello.
Jess sorrise, spinandole una birra chiara, inspiegabilmente non imbarazzato dalla strana situazione.
Servendole il bicchiere con fare esperto, rimase per qualche secondo ad osservarla in silenzio, appoggiato coi gomiti al piano del bancone: “Ciao Shane…”.
“E’ buffo rincontrarsi qui, non trovi?”.
“Direi proprio di si… cosa ci fai a Philadelphia?”.
“In effetti è davvero una coincidenza strana! Sai, abito a New York da poco più di un anno… divido un appartamento microscopico con un paio di amiche e una di loro sta suonando proprio ora… è quella col basso, si chiama Nathalie!” spiegò Shane, indicandogli il palco.
Rimasero a chiacchierare qualche minuto, rilassati e allo stesso tempo ben attenti a non rivangare memorie troppo tristi o semplicemente scomode, finché non vennero raggiunti da Andrè, il cui tasso alcolico sembrò essere già ben oltre il limite di sicurezza: “Fai colpo su una bella fanciulla e non me la presenti? Mi deludi, Mariano!”.
“Shane è una vecchia amica…”.
Andrè si sedette insieme a loro, incollando il proprio sguardo alla scollatura della ragazza e finendo col biascicare frasi sconnesse: “Non mi dire che anche lei fa parte della popolazione femminile di Stars Hollow? Perché se è così mi domando ancora una volta perché tu ti sia trasferito qui, amico! Dovrebbero ribattezzare quel paesino sperduto con un nome adeguato alla bellezza delle donne che ci abitano… come… come…”.
Shane rise di quel suo modo di parlare un po’ sconclusionato, frutto evidente di qualche bicchierino di troppo: “Grazie per il complimento!”.
Il ragazzo riprese il proprio monologo sotto lo sguardo allarmato di Jess, il quale già prevedeva dove sarebbe andato a parare: “Dico davvero… Da quelle parti dev’esserci qualcosa di strano nell’aria! Devo aver detto la stessa cosa anche a Rory, ma non ricordo bene! Avete tutte dei lineamenti così… così… Di solito le parole mi vengono con più facilità… dev’essere colpa del rhum… è sempre stato il mio problema, il rhum!”.
“Rory?” ripeté lei, divenendo seria.

“Ma guardali! Io non capisco… perché non vanno a chiudersi in una stanza? O se non ce l’hanno potrebbero andare in un parco… oppure, contorcendosi un po’, potrebbero sistemarsi in una cabina telefonica! Ma che ci trova in una come Shane? E’ come se si guardasse allo specchio, non credi?”
“Ehi! Stai parlando di me?”
“No!”
“Ho sentito dire Shane!”
“Shane non sei tu!”
“Shane riguarda me!”
“Shane riguarda anche me… tutte quelle come lei!”



Andrè spalancò gli occhi: “La conosci? Beh, un’altra ragazza davvero adorabile! Vedi, Jess è ancora innamorato di lei, ma…” e venne interrotto dall’amico.
“Non penso che a Shane interessino queste cose! Perché non vai a farti un giro, Andrè? Magari vai a prenderti una bella boccata d’aria sul marciapiede qui davanti, eh?” lo spinse educatamente lontano.
Quando tornarono ad essere soli, Shane guardò l’ex ragazzo con l’aria di chi la sa lunga su quel rapporto travagliato che l’aveva vista nel ruolo di terzo incomodo: “Mi avevano raccontato che tra voi era finita quando te n’eri andato in California…”.
“Mi dispiace che sia venuta fuori questa cosa… Andrè non è in grado di controllarsi quando beve un po’ più del solito!” abbassò lo sguardo lui.
“Jess, Jess! Ho superato il fatto che tu mi abbia scaricata per lei, sono cresciuta ormai!” disse, riprendendo a sorridere.
“Hai quasi finito la tua birra… se vuoi te ne offro un’altra!” ancora una volta, Jess tentò di risolvere la cosa deviando il discorso.
Shane si limitò a ringraziarlo: “E’ meglio di no… tocca a me guidare stasera!”.
Con un ultimo sorso, diede fondo al proprio bicchiere di birra e, dopo aver applaudito alla chiusura del concerto, salutò l’amico: “Sembra che siamo giunti alla fine… Do una mano a Nathalie a caricare gli strumenti e me ne torno a New York. Sono felice di averti rivisto, davvero!”.
Si guardarono intensamente negli occhi per qualche secondo, finché non fu lei ad avvicinarsi, dandogli un bacio appassionato che lo lasciò quasi di stucco: “Rimani sempre così come sei, Jess Mariano! Prima o poi lo capirà anche lei quanto vali…”.
Jess le rispose posandole delicatamente le labbra sulla fronte e la guardò allontanarsi verso l’uscita, con una lieve tristezza che sembrò pesargli sul cuore.
Ritrovatasi fuori dal locale, la ragazza si guardò intorno prima di attraversare la strada verso la propria automobile.
Notò una sagoma avvicinarsi a se con passo incerto ed infine bloccarsi sotto la luce di un lampione: non fu difficile riconoscere quei lineamenti sempre impeccabili… lasciò a terra la custodia del basso, dicendo a Nathalie di proseguire perché l’avrebbe raggiunta tra un istante, e le si avvicinò.
Udì il proprio nome pronunciato con tono incerto: “Shane?”.

“Si, ecco… sono tornata qui, ti ho visto con Shane e la cosa mi ha stupita per un attimo!”
“Mi dispiace, ma… ti sei mai fatta sentire quest’estate? Magari mi sono perso le mille telefonate che mi hai fatto… o il postino si è perso tutte le lettere che mi hai scritto… Mi baci, mi dici che è un segreto… molto lusinghiero, davvero… te ne vai a Washington, poi niente! Torni e fai l’antipatica perché non sono stato ad aspettarti come avrebbe fatto Dean?”.


“Questa è proprio la serata delle sorprese! E’ da un po’ che non ci si vede, Rory Gilmore…” le uscì inevitabilmente una vena di sarcasmo nella voce.
La giovane rimase immobile ed impacciata, finché non si decise a lasciarsi andare ad un sorriso un poco esitante: “Saranno… più o meno due anni…”.
Calò una cappa di pesante silenzio, alla quale pose fine la stessa Shane: “Se ti chiedi cosa io ci faccia qui… non farti strane idee, capito? E’ stato un caso che sia capitata da queste parti…”.
Rory annuì, mentre quello strano imbarazzo non sembrava davvero volerla abbandonare, lasciandola in una posa rigida ed innaturale, con entrambe le mani a stringere saldamente una piccola borsetta di raso.
“Non so cosa sia successo tra di voi, ma… sono certa gli farà piacere vederti. Lo trovi al bancone… un posto familiare, non credi? Ti saluto, Rory…” e, riprendendo le proprie cose dal marciapiede, fece per allontanarsi.
I suoi passi vennero bloccati solo per un momento dalla voce di Rory, questa volta più decisa: “Non ti ho mai chiesto scusa per le stupide scenate che ti ho fatto quando stavi con Jess e ancora oggi me ne vergogno un po’, sai? Mi ripeto che ero una ragazzina ancora immatura… Beh, ti auguro buona fortuna, Shane…”.
Si sorrisero, un’ultima volta prima che le loro strade si dividessero del tutto, tra le vie buie di Philadelphia… fu un sorriso sincero… tanto sincero, quanto inaspettato... d'altronde, tanta acqua era passata sotto i ponti, ormai…
Così, mentre la musica che filtrava dal finestrino abbassato dell’automobile di Shane si fondeva con le voci e le risate provenienti dalla festa, Rory si ritrovò sola, davanti ad un’ampia vetrata dalla quale riuscì a intravedere Jess, intento a lucidare con un panno il bancone umido…
Si avvicinò ancora un poco, fino a posare il palmo della mano destra sulla superficie di vetro freddo: fu in quell’attimo preciso che, incredibilmente, gli occhi del ragazzo si alzarono verso i propri… parve che i loro sguardi si compenetrassero, bloccando il tempo in un’atmosfera dai contorni quasi magici…

 
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Francis82
view post Posted on 27/5/2007, 13:20




Capitolo numero 8!
Lentamente, ci stiamo avvicinando alla fine anche per questa mia terza FF e, se devo essere onesta, sento di mi trovarmi ad un bivio: le idee sono molte e mi spingerebbero a continuare ancora per qualche capitolo… allo stesso tempo, però, non vorrei trascinare la storia troppo per le lunghe, rischiando di farle perdere fascino… sembra quasi che mi sia venuta la “sindrome da A. S. Palladino”, vero?
Ora vi lascio alla lettura e vi chiedo di darmi la vostra opinione in merito… l’epilogo di “Gocce di cera” è nelle vostre mani!



Era veramente lei: la presenza della barriera di vetro, dinnanzi a se, non impedì a Jess di individuare con chiarezza il profilo inconfondibile di quelle spalle dritte e minute, sulle quali lunghe ciocche castane si adagiavano leggere, quasi a riprendere i ricami eleganti della stoffa del cappotto… quelle sue piccole mani che, unite fin troppo saldamente a stringere la borsetta dinnanzi al ventre, tradivano un certo nervosismo… quelle labbra serrate in un una smorfia inevitabilmente malinconica…
Se fosse stato un po’ meno orgoglioso, sarebbe di certo corso a raggiungerla in un lampo, scavalcando senza alcun ritegno ogni persona avesse trovato sul proprio percorso… tutto pur di riaverla tra le proprie braccia ancora una volta.
E’ di Jess Mariano che si sta parlando, però: la persona più cocciuta con la quale la stessa Rory avesse mai avuto a che fare… ancor più di Lorelai, in molte occasioni…
Strinse con energia il panno tra le mani, tanto che le dita s’infilarono tra le pieghe del tessuto al punto di fargli male.
Perché si era rifatta viva dopo tutti quei giorni?
Era stata la telefonata muta dell’altra notte a spingerla a compiere di nuovo quel viaggio così lungo?
O era arrivata per annunciargli di aver scelto Huntzberger, una volta per tutte?
Troppe domande servirono soltanto a mandarlo in confusione, come se già non bastasse quella musica assordante provenire dalla cassa stereo che gli stava posizionata esattamente sopra la testa… mentre lei era ancora là, immobile dinnanzi alla vetrina del locale…
Maledetto orgoglio… che gli impediva di prendere ogni iniziativa e che si traduceva in quei metri messi lì per separarlo ancora da lei!
Ripensò di nuovo a Luke… ad una delle loro discussioni più dure…

“Le ragazze che mi piacciono se ne infischiano di me… e, a differenza di una persona che conosco, non me ne starò in un angolo ad aspettare che cambino idea e si accorgano di me!”
“Che cosa vuoi dire?”
“Sbaglio o di recente hai aggiustato il portico di una vicina… e sei andato ad un pic-nic… e ti sei trovato a fare un discorso ridicolo al liceo?”
“Chiudi la bocca!”
“Io un pizzico di dignità ce l’ho, almeno!”
“Chiudi la bocca!”
“Non sto lì a sbavare aspettando che un giorno lei si accorga di me e mi cada fra le braccia! Se non vuole stare con me, arrivederci!”



Nonostante qualche raro episodio in cui la maturità acquisita aveva preso il sopravvento, le poche eccezioni avevano sempre confermato la regola: Jess non possedeva il carattere adatto per storie d’amore come quella… non era mai stato il perfetto cavaliere, colui che è disposto a prostrarsi ai piedi dell’amata pur di tenerla accanto a se… continuava a considerarsi un duro e a mantenere quell’atteggiamento con ostinazione perché sentiva che era la cosa più coerente da fare.
Malgrado tale consapevolezza, ecco che si ritrovava a soffrire per lei… in una sorta di circolo vizioso dal quale proprio non riusciva ad uscire!
Fortunatamente fu Rory a prendere l’iniziativa e a varcare la soglia del locale.
Passo dopo passo, si avvicinò fino a raggiungere il bancone e ritrovarsi ad appena un metro da lui.
Le sue labbra, ancor più attraenti perché illuminate appena da un accenno di gloss rosa, si schiusero nel tentativo di rompere quel muro di silenzio innalzatosi tra di loro, quando furono interrotte dalla voce di Andrè, amplificata dal microfono ancora acceso sul palco: “Un attimo di attenzione, amici! Vorrei proporre un brindisi… Si, è davvero importante… quindi, statemi a sentire!”.
Il tono chiaramente alticcio dell’amico risuonò in ogni angolo della stanza, mettendo a tacere in un sol colpo la folla rumorosa: “Dedico questa serata eccezionale al mio migliore amico Jess: il miglior confidente che io abbia mai avuto, nonché barman straordinario! Sapete… è un periodo difficile per lui… ha perso completamente la testa per un’affascinante donzella di nome Rory… si, è così! Ho provato in tutti i modi a farlo rinsavire, ma non c’è nulla da fare! E’ andato… andato, ve lo assicuro!”.
L’attenzione e lo sguardo preoccupato di Jess passarono dal teatrino inscenato da Andrè sul palco fino al viso di Rory, poco distante e visibilmente arrossito.
Il meglio, però, doveva ancora arrivare, infatti la performance dell’amico avrebbe di lì a poco toccato il suo culmine: “Jess, il mio augurio è che prima o poi tu possa riusc… ehi, ma… è l’alcol a darmi le allucinazioni o… no, è proprio lei! Ragazzi, avete la fortuna di poter ammirare davanti a voi la protagonista della struggente storia che vi ho appena narrato… ecco, in tutto il suo splendore… Rory Gilmore!” terminò lui, indicandola dinnanzi a se con un gesto plateale.
Tutti gli occhi vennero puntati improvvisamente su di lei, mettendola in evidente imbarazzo.
“Andrè… è meglio se ci dai un taglio!” lo minacciò Jess, in un tentativo vano di metter fine a quella scena assurda.
“Se è arrivata qui, ci sarà un motivo!” gridò l’altro, per poi rivolgersi nuovamente al pubblico e continuare: “Voi cosa ne dite?”.
Una ragazza intervenne dal fondo della sala, dicendo a gran voce: “Baciala, Jess!”.
“Forse è meglio che vada…” sussurrò Rory al ragazzo, ancora bloccato dietro il bancone.
Andrè, in un momento di strana lucidità, si spinse in un ultimo tentativo di rappacificamento tra i due: “Forse mi sono sbagliato, ragazzi… forse Jess non è più innamorato di lei… può capitare che, dopo aver sofferto, si riesca a dimenticare! Guardatelo, se ne sta lì come se niente fosse… Eh, si! Devo aver proprio preso una cantonata! Mi dispiace, Rory! Sei arrivata tardi…”.
Rory rivolse lo sguardo a Jess ancora una volta, mentre il cuore continuò ad essere sempre più preda di palpitazioni ormai incontrollabili: sapeva quanto lui detestasse quel tipo di cose, quell’eccessiva esposizione, ed ebbe paura di una sua possibile reazione negativa... con ogni probabilità sarebbe fuggito, chiudendosi in se stesso come già aveva fatto in passato.
Ci furono attimi di vera tensione, tanto che l’atmosfera si fece stranamente pesante per una festa che, fino a qualche secondo prima, sembrava andare a gonfie vele.
Doveva aver toccato la corda giusta, il caro Andrè, perché Jess, dopo aver tenuto lo sguardo basso ancora per qualche istante che sembrò essere eterno, scavalcò con un balzo il bancone, raggiungendo Rory al centro della sala e prendendole il viso tra le mani in un gesto di estrema dolcezza… si guardarono negli occhi un ultimo secondo… e tutta quell’adrenalina sfociò in un bacio straordinario, talmente coinvolgente da far scoppiare l’intera folla, ancora a bocca aperta, in un enorme applauso.
L’espressione compiaciuta di Andrè ed una serie di fischi di evidente approvazione fecero da contorno a quel momento memorabile, durante il quale la stessa Rory si lasciò andare ad un ulteriore bacio tutt’altro che casto.
Le loro mani s’intrecciarono, saldandosi sempre più strette le une alle altre: di nuovo fu come se i profumi della loro pelle si fondessero, creando una nube piacevolissima in grado di far loro dimenticare ogni nozione sul tempo e sullo spazio.
Rimasero abbracciati per qualche minuto, mentre dal palco l’amico tentò di calmare gli animi e donare così ai piccioncini un attimo di pace: “D’ora in poi, potrete chiamarmi dottor Stranamore! Beh, cosa ne dite di lasciarli alle loro effusioni? Per noi è giunto il momento di scatenarci con un altro po’ di musica!” terminò, facendo cenno al dj di mettere sul piatto un disco allegro.
Malgrado la musica farsi movimentata, la coppia rimase stretta stretta, come se non esistesse nulla intorno a se… come se le uniche cose degne d’importanza fossero quelle carezze calorose e l’intensità di quei baci travolgenti.
“Mi gira la testa!” fu il primo timido commento di Rory, non appena le loro labbra si allontanarono.
“Sarà tutta questa confusione?” ironizzò lui, lasciandosi andare in un sorriso ancora lievemente incredulo.
Le mani minute di Rory iniziarono a tremare sotto la presa salda di quelle del compagno, tanto che Jess le accarezzò premurosamente domandandole: “Vuoi che ci allontaniamo da questo fracasso?”.
Al suo annuire, fecero per raggiungere il retro del locale, salvo prima superare il controllo di Andrè, piazzatosi al limite del bancone, con l’aria di chi è parecchio soddisfatto delle proprie azioni: “Non ringraziatemi, ragazzi! Tuttavia, se vi sentiste in debito…”.
“Lo sai che non ti ho preso a botte soltanto grazie al tuo fin troppo evidente tasso alcolico, Andrè?” gli puntò il dito contro l’amico.
“Ma come? Mi sono reso ridicolo soltanto per voi… e anche un po’ per la brunetta lì davanti, in effetti! Devo aver fatto colpo grazie al ruolo di cupido, perché da un paio minuti non mi toglie più gli occhi di dosso…” rispose l’altro.
Jess lo guardò ancora scettico: “Allora ti suggerisco di non farla aspettare, che dici?”.
“Hai ragione, amico… Ah, Rory! Ti chiedo perdono per il piccolo espediente che ho usato, ma… a mali estremi, estremi rimedi!” sussurrò all’orecchio della ragazza, prima di scomparire di nuovo.
Dopo aver attraversato un angusto corridoio, si ritrovarono sul retro del bar, fra odore di rhum, cassette di plastica e bottiglie accatastate su massicce mensole di legno: trovandosi improvvisamente soli, si tennero a distanza l’uno dall’altra… come se solo allora si fossero realmente resi conto dell’importanza di ciò che era appena avvenuto e non sapessero bene come affrontare le reazioni reciproche a quel bacio imprevisto…
La ragazza riprese a stringere nervosamente la borsetta, nascondendola dietro la schiena, mentre Jess, mani in tasca, si perse a guardarsi intorno, nel tentativo di formulare la frase più giusta con la quale rompere ogni stupido indugio.
Si erano lasciati con un addio sussurrato e dai contorni un po’ confusi… e rieccoli al punto di partenza!
Jess si voltò verso di lei soltanto quando udì il fruscio provocato dal suo cappotto, venire sfilato con disinvoltura e posato su un barilotto di birra, accostato alla parete: trasse ispirazione da quella visione per spezzare quell’ingombrante silenzio.
“Sei molto elegante…”.
Fu così che Rory riuscì a spogliarsi di quella fastidiosa tensione, lasciandosi finalmente andare ad un sorriso: “Non sono male come damigella, vero?” commentò, allargando la gonna con le braccia e accennando simpaticamente ad un inchino.
La risposta del ragazzo fu sottile: “D’altronde, ho sempre avuto un debole per le damigelle della sposa…” disse, con un non troppo velato riferimento al matrimonio di Sookie.
Uno sguardo d’intesa e fu lui a riprendere il discorso: “Sei stata alle nozze di qualche Figlia della Rivoluzione?”.
Rory tenne le mani allacciate dietro la schiena, con aria quasi intimidita: “In realtà… sono stata al matrimonio di Lane!”.
Il ragazzo non trattenne lo stupore, spalancando gli occhi scuri: “Stiamo parlando di Lane Kim, per caso?”.
“Già, la mia migliore amica si è sposata…” e, con aria sognante, Rory proseguì: “L’ho seguita durante i preparativi… ho sentito la sua emozione farsi anche un po’ mia… l’ho vista percorrere la navata, pronunciare la propria promessa a Zach e… è stata davvero una cerimonia stupenda…”.
“Lo leggo dalla luce nei tuoi occhi…” sottolineò lui, fissandola incantato.
“E’ evidente, lo so… Non riesco a descrivere bene con le parole ciò che ho provato, vedendola radiosa in quel magnifico abito bianco… era talmente felice…”.
“Però?” aggiunse Jess.
L’espressione di Rory divenne confusa: “Cosa vuoi dire?”.
“Ti conosco bene… so che alla fine di quella tua toccante descrizione c’era un però…” insistette lui.
Rory sbatté le lunghe ciglia sottili e finalmente diede sfogo ad una preoccupazione che l’aveva accompagnata durante tutta la giornata: magnifica, in un abito color pesca, di una stoffa quasi impalpabile che si muoveva sinuosa ad ogni suo movimento, lo guardò dritto negli occhi prima di parlare: “Non ho potuto fare a meno di pensare al mio futuro, Jess… sono arrivata persino al punto di immaginare me stessa davanti a quell’altare e… ho avuto paura…”.
Il giovane rimase concentrato su quelle parole, tanto che quasi si dimenticò di respirare: cosa stava cercando di dirgli?
Si domandò quale fosse il messaggio celato in quel suo tono di voce sempre più incerto ed emozionato.
Tuttavia la lasciò proseguire, senza fiatare: “Ho avuto paura perché… perché ho sentito che se avessi trovato Logan al mio fianco, non sarei riuscita a pronunciare nessun si! Io non voglio una vita fatta così… non voglio una vita nella quale nascondere insoddisfazioni e amarezze dietro sfarzosi party e costose bottiglie di champagne… io sono Rory… sono cresciuta a Stars Hollow, un paesino in cui non esistono distinzioni di classe sociale e dove l’evento più esclusivo è rappresentato da una maratona di ballo o da una gara di pupazzi di neve! Ho bisogno di tornare ad essere ciò che sono sempre stata, perché soltanto allora potevo dire di essere davvero felice! Tu mi capisci, vero?”.
Jess annuì, sorridendo.
“Per molto tempo ho vissuto nell’illusione che il mondo di Logan, Colin, Finn e tutti gli altri fosse adatto anche a me… ne ero affascinata, davvero! Mi sono sentita totalmente integrata con loro, tanto da non percepire il bisogno di altro! Dopo aver riallacciato i rapporti con mia madre, ho capito che quello stesso mondo non era ciò che volevo realmente… che la mia isola felice era legata indissolubilmente alle mie origini… e oggi, al matrimonio, ne ho avuto la conferma!”.
“Perché stai dicendo tutto questo proprio a me, Rory?”.
Soltanto allora, lo sguardo della ragazza si riempì di lacrime: “Perchè mi sono resa conto che ogni volta che chiudo gli occhi… si, quando chiudo gli occhi per ricordare i momenti più belli passati a Stars Hollow… al mio fianco ci sei sempre tu!”.
“Ora è a me che gira la testa…” commentò lui, avvicinandosi.
“Ho bisogno di te, Jess…” la mano di Rory si posò sul suo petto, proprio all’altezza del cuore, come alla ricerca di una conferma alla propria presa di coscienza.
Fu come se il tempo si fosse cristallizzato in quel momento preciso, con i loro sguardi uniti da un filo invisibile ed i loro respiri ansiosi persi fra note filtranti dalla stanza adiacente.
 
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Francis82
view post Posted on 1/6/2007, 19:25





Un’improvvisa ispirazione mi ha investita l’altra sera, mentre facevo zapping tra un canale e l’altro, senza trovare niente di decente per tv… :blink:
Non ho resistito e mi sono messa al computer in un lampo! ^_^
Giunte alla fine di questo capitolo, qualcosa mi dice che molte di voi sentiranno il bisogno impellente di correre a rivedere la 3.20… :ihih:
Cavolo, se ciò che scrivo potesse realizzarsi… :rolleyes:



L’espressione di Jess, al suono di quella richiesta, s’incupì: aggrottò la fronte e si morse leggermente il labbro inferiore, rivolgendo l’attenzione più avanti, oltre il volto commosso di Rory.
Avrebbe dovuto sentirsi lusingato e felice… tuttavia troppe preoccupazioni si legarono automaticamente a quell’affermazione: la determinata convinzione di quelle parole avrebbe retto al peso delle pressioni che di certo Huntzberger avrebbe fatto a Rory, non appena saputo della rottura del loro rapporto?
La posta in gioco, questa volta, era estremamente alta e Jess lo sapeva benissimo: il desiderio di stare per sempre con lei era inquinato dall’incosciente paura di perderla di nuovo e… perdere con lei anche una parte di se stesso…
A quella indecisione, Rory sottrasse la propria mano dal suo petto e abbassò lo sguardo: “Non mi credi più, non è così?”.
“Vedi, Rory… sono l’ultima persona che può parlarti di affidabilità: se dovessimo elencare tutti gli episodi in cui mi sono tirato indietro o ho commesso errori di valutazione, dovremmo passarci sopra il resto della notte…”.
Fu come spazientita a quel suo tentennare: “Non capisco dove vuoi arrivare, Jess…”.
Per calmarla, le prese nuovamente il viso tra le mani: “La mattina che abbiamo passato insieme alla libreria, mi ha fatto riflettere… Ho avuto il tempo di elaborare la cosa nei giorni successivi, tempo di rivalutare il senso di quelle tue parole… Ti ho aggredita perché mi chiedevi di poterci pensare su e ho sbagliato, Rory! L’esperienza mi dovrebbe aver insegnato che tra di noi i colpi di testa hanno sempre portato guai: per questo ora ho deciso di andarci coi piedi di piombo! Huntzberger sa delle tue intenzioni?”.
Lo sguardo di lei si abbassò, inquieto e colpevole allo stesso tempo.
Perciò fu lui a proseguire: “Ti rendi conto che Logan farà di tutto per riconquistarti, vero?”.
Al suo annuire, Jess riprese: “Se lui dovesse riuscire a farti tornare sui tuoi passi…”, ma venne interrotto dalla mano di Rory, posatasi questa volta sulle labbra al fine di farlo tacere.
Jess la scostò con gesto sicuro e riprese il concetto: “Ascoltami, Rory… se dovesse riuscire a farti tornare sui tuoi passi, io non reggerei questo colpo! E per noi sarebbe la fine… per sempre, stavolta!”.
La ragazza si voltò di scatto dall’altra parte, per poi ribattere con tono fermo: “Sono sicura… sicura di ciò che voglio!” e riportare, infine, il proprio sguardo fiero su quello di lui.

“… la madre è connessa con lei e anche la nonna è connessa con lei!”
“E un mucchio di altre persone, compreso Dean!”
“Ma ha scelto te…”
“Dio sa perché!”
“No… è Rory che sa perché!”



La risposta del giovane parve talmente sofferta che un brivido attraversò la pelle della ragazza: “Sei la cosa più bella che mi sia successa nella vita, te ne rendi conto? Perderti, in passato, mi ha fatto sentire talmente vuoto che… mi terrorizza il pensiero di poter provare ancora quella sensazione! Detesto dire queste cose, ma… stavolta ne morirei, Rory!”.
Rimasero inermi: lui completamente spogliato da quella solita maschera da duro e ribelle… lei abbandonata in balia di un’ondata di emozioni sempre più forti.
Le labbra di Rory si accostarono lentamente al suo orecchio, sfiorandone il lobo in un sussurro dolcissimo: “Ti amo, Jess…”.
Quante volte aveva sognato di poter udire quelle parole, Jess ormai non le contava più: soprattutto durante il periodo passato a Venice, aveva dovuto combattere con una serie infinita di incubi notturni… incubi caratterizzati dal medesimo finale: Rory gli confessava il proprio amore… per poi abbandonarlo come lui aveva fatto con lei, scomparendo, come per magia, dietro un muro di fumo invalicabile.
Socchiuse gli occhi un istante… quando li riaprì, lei non era scomparsa… nessun sogno, era realtà!
La attirò a se in un moto di passione e la baciò di nuovo, con un trasporto sempre maggiore… come in preda ad una fame di amore insaziabile.
Ancora una volta, non importò dove si trovassero… fossero stati in mezzo ad una enorme stanza vuota o sul ciglio di un burrone, non avrebbe fatto alcuna differenza!
“Passa la notte con me, Rory… rimani con me…” furono le uniche parole che scivolarono sulla pelle della ragazza insieme alle labbra infuocate di Jess, il cui autocontrollo si era ormai spento del tutto.
Rory scostò soltanto per un momento la propria guancia accaldata dalla sua bocca, farsi largo senza sosta avida di baci: “Portami con te, Jess… ovunque…”.




La prima cosa che Rory percepì, nell’istante in cui si destò, fu un alito di vento freddo penetrare al di sotto delle lenzuola stropicciate: un brivido le attraversò il profilo delle gambe, provocandole un piacevole fastidio.
Aprì gli occhi per capire da dove provenisse quell’aria e vide la porta della camera socchiusa: a fatica abbandonò il tepore di quel dolce giaciglio e, notando la camicia di Jess ai piedi del letto, la infilò sulla pelle ancora tiepida, assaporando il profumo del proprio amore intorno a se.
La brezza fresca delle prime ore del mattino entrava dalla finestra del salotto insieme al canto sottile dei primi uccellini, posarsi sul davanzale e rompere il silenzio irreale intorno a loro.
Affacciandosi allo spettacolo di luce e profumi che le veniva offerto dall’alba di quella giornata, approfittò di quel momento di quiete per ricordare ogni singolo istante della serata precedente: dall’incontro al locale, fino alla nottata trascorsa insieme a fare l’amore… tutto era stato perfetto.
Il sesso con Jess si rivelò sempre più qualcosa di profondamente diverso da ciò che aveva avuto modo di provare con Dean e con Logan: il modo in cui toccava il suo corpo era misterioso e totalmente coinvolgente… ogni forma di pudore svaniva al contatto delle sue labbra morbide con la propria pelle… quelle carezze proibite riuscivano a farle dimenticare ogni cosa… a trasportarla in una dimensione in cui il tempo e lo spazio davvero non esistevano più…
Rammentò un istante preciso della notte passata tra le sue braccia, scorrendone l’immagine dinnanzi agli occhi come fosse reale: vide se stessa, avvolta appena da un lembo di lenzuolo, soffermarsi ad osservare il proprio corpo nello specchio accanto al letto, mentre il volto di Jess continuava a scomparire dietro il profilo del collo e del seno… non si era mai vista in quel modo e quasi non si riconosceva in quella donna priva di inibizioni e totalmente libera di amare nel modo che sentiva per se più congeniale… e poi il contrasto con quella fotografia ancora appesa in cima allo specchio, testimone di come il tempo l’avesse trasformata, rese il tutto ancor più eccitante… si sentì per la prima volta una donna, sia fuori che dentro il proprio corpo.

“Non è accaduto niente, ancora… ma, può darsi… potrebbe…”
“Potrebbe?”
“Potrebbe… con Jess!”
“Uhm… con Jess…”


Lo scrosciare d’acqua della doccia attirò l’attenzione di Rory, la quale si ritrovò improvvisamente accaldata, nonostante l’aria fresca l’avesse avvolta completamente: imbarazzata con se stessa a causa di quella strana eccitazione, si accarezzò la fronte, scostando la frangetta, mentre portò l’altra mano al ventre, in un lungo sospiro.
Le fece quasi paura questo senso di impotenza nei confronti dei propri sensi, divenuti ormai indomabili: il rumore continuo del getto d’acqua la rese sempre più irrequieta… cosa le stava succedendo?
Chiuse gli occhi e tentò di calmarsi, ma non servì perché ripresero a scorrerle dinnanzi le immagini delle mani di Jess scivolarle abili sulla schiena e delle proprie dita affondare tra le sue ciocche di capelli neri e appena irrigiditi da un velo di gel.
Quando li riaprì, notò dal riflesso del vetro della finestra il formarsi sul viso di un sorriso malizioso: decise che tra quelle mura non sarebbe più stata costretta a nascondere quella sensualità riscoperta.
Così si diresse verso il corridoio e, con sicurezza, aprì la porta del bagno: una nuvola di vapore l’avvolse di colpo, mentre la mano scivolò sulla superficie della doccia per eliminarne la condensa e ritrovarvi il volto affascinate di Jess, investito completamente dal getto d’acqua calda.
Accortosi della sua presenza, il ragazzo si accostò al vetro con il palmo delle mani e successivamente con le labbra… Rory ne sorrise e fece lo stesso dal di fuori.
Rimasero in quella posizione per qualche secondo, finché lei non aprì la cabina, entrandovi con ancora la camicia indosso: l’acqua la investì delicatamente, così come le mani di Jess che le scivolarono lente sui fianchi, per poi insinuarsi al di sotto della stoffa ormai completamente bagnata e aderente come una seconda pelle.
Il ragazzo si lasciò andare disarmato a quei baci, farsi sempre più disinibiti, tanto da non avere nemmeno il tempo di chiedersi cosa avesse provocato nella sua Rory una tale reazione.
Percepì che qualcosa in lei era mutato: la sicurezza dei suoi gesti e quegli occhi così vivi tradirono una certa maturazione… fu come un timido bocciolo che, dopo un inverno prolungato, decide finalmente di sbocciare e diventa uno splendido fiore, facendolo in modo tanto maestoso quanto sorprendente.
La guardò intensamente negli occhi per un altro istante, prima di fare l’amore: quando la vide sorridere di autentica felicità, ne ebbe la conferma… non era mai stata così bella!

 
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Francis82
view post Posted on 14/6/2007, 09:25





Sopravvissuta ad un paio di settimane che oserei definire infernali :muro: , rieccomi con un nuovo capitolo.
Sono contenta che quello precedente vi sia piaciuto perché è finora il mio preferito: ho ricordato la passione che si respirava in “GG” ai tempi della loro storia, quella speciale elettricità che si percepiva ad ogni loro incontro, così ho cercato d’immaginare come quell’attrazione profonda tra Jess e Rory avrebbe potuto avere finalmente libero sfogo... :rolleyes:
Dalle vostre parole credo di essere riuscita nel mio intento… ma non è finita qui.
Buona lettura!



Le dita di Jess continuarono insistentemente a tamburellare sul bordo della tazza di caffè, seguendo il ritmo di un pezzo dei Franz Ferdinand, proveniente dal televisore ancora acceso nella stanza adiacente.
Non riuscì a nascondere per nulla la propria irrequietezza, nel momento in cui Rory comparve sulla soglia della cucina: al contrario, vederla già indossare il cappotto e far ciondolare tra le dita le chiavi dell’automobile, provocò in lui un moto di rabbia che sfogò voltando la testa verso la finestra e dando un calcio alla gamba del tavolo dinnanzi a se.
Era bastata appena una notte a farlo abituare alla sua presenza al proprio fianco… a fargli capire, anche nei piccoli gesti quotidiani, quanto fosse vuota la propria vita senza di lei.
Pensò che non sarebbe stato in grado di affrontare un nuovo risveglio senza la presenza del suo viso tra le pieghe del cuscino accanto al proprio… non avrebbe potuto dare inizio ad una nuova giornata senza prima averla potuta osservare, ancora insonnolita, intenta a soffiare sulla propria tazza di cappuccino fumante… non avrebbe avuto la forza di uscire di casa, senza prima averla spiata spazzolarsi i lunghi capelli color nocciola davanti allo specchio del bagno.
Si sentì uno stupido bambino capriccioso, per il modo in cui stava affrontando la cosa, ma non gli importò: stava male e non intendeva celarlo dietro una falsa tranquillità.
Rory gli si avvicinò e, con una carezza sulla nuca, accostò delicatamente la sua testa al proprio ventre.
Le mani di Jess le cinsero i fianchi, mentre dalle labbra affondate tra le pieghe del tessuto del cappotto uscì un lieve lamento: “Non voglio che tu vada da lui… non voglio che lui ti tocchi…”.
Il tono della ragazza si fece comprensivo e, allo stesso tempo, tradì un velo di profonda malinconia: “Jess… sapevi che sarebbe arrivato questo momento, prima o poi…”.
Sentì la presa delle dita di lui farsi ancor più salda al suono di quelle parole.
Quando percepì i propri occhi essere sul punto di inumidirsi, trattenne a fatica l’emozione e, mantenendo un certo controllo, piegò le gambe fino a ritrovarsi dinnanzi al suo viso: “Non devi pensare nemmeno per un secondo che io possa cambiare idea su di noi”.
“Perché non vuoi che venga con te a New Haven?” domandò lui, mordendosi nervosamente le labbra.
Gli occhi della ragazza non esitarono dinnanzi ai suoi: “Non sarebbe giusto e lo sai. Affrontare tutto questo con Logan non sarà per niente semplice, ma è ciò che devo fare… non posso più fuggire davanti alla realtà dei fatti… e devo prendermi responsabilità che sono soltanto mie”.
Improvvisamente, Jess si lasciò andare ad una confessione: “Non mi sono mai sentito come ora, Rory! E’ come se… come se mi trovassi a camminare su un filo… un filo teso grazie alla tua mano che lo regge dinnanzi a me! So che non vorresti mai farmi cadere, ma non posso fare a meno di aver paura… aver paura che la tua presa s’indebolisca all’improvviso, facendomi precipitare nel vuoto!”.
“Non lascerò che quel filo mi sfugga dalle mani…” sussurrò lei, per poi baciarlo teneramente sulla fronte e rialzarsi.
Jess la osservò allontanarsi, senza far nulla: rimase rigido, seduto su quella dannata sedia a fissare, con uno sguardo di ghiaccio, le nuvole aprirsi nel frammento di cielo visibile dalla finestra della cucina.
Ascoltò i suoi passi leggeri farsi via via più lontani e il cigolio della porta d’ingresso spegnersi con un suono sordo: in quell’attimo percepì con chiarezza ogni fibra del proprio corpo detestare a morte Huntzberger e quella sua faccia da schiaffi.

“Oh, hai scritto il grande romanzo americano?”
“Non ho un progetto così ambizioso”
“Allora di che parliamo? Uno breve come Kafka? O lungo: Dostojevsky, Tolstoj? O più lungo: Dumas, Proust? Non ti confondo con questi nomi, vero?”
“Sembri ossessionato dalla lunghezza…”


Dopo qualche secondo di attesa che gli parve insopportabile, si sollevò e scostò la tenda, guardando in basso, lungo la strada: individuò la sua esile sagoma correre verso l’automobile e, per un attimo, tornò a sorridere nel vederla saltellare un po’ impacciata tra una pozzanghera e l’altra.
Appena prima di aprire lo sportello, lei alzò lo sguardo ed i loro occhi s’incontrarono di nuovo: lo salutò, mandandogli un bacio con un cenno della mano, per poi scomparire all’interno dell’abitacolo.
Jess si ritrovò solo, mentre dell’auto della ragazza rimase ormai soltanto la sottile scia di fumo, a contatto con l’asfalto, proveniente dalla marmitta.
Una solitudine che si dissolse in breve, perché la porta si riaprì e dal salotto udì la voce di Andrè: “Voglio sapere tutto, amico!”.
Jess lo ignorò per un ultimo istante… appoggiò la fronte alla superficie di vetro freddo e, immaginando ancora di avere la propria Rory lì con se, si lasciò andare ad un sussurro quasi impercettibile: “Quanto ti amo…”.




La porta dell’ascensore si aprì dinnanzi a quel vuoto da cui Rory era fuggita senza nemmeno sapere se mai realmente vi avrebbe fatto ritorno.
Con un broncio di preoccupazione e insofferenza al tempo stesso, ne varcò la soglia lasciando che le pesanti porte scorressero fino a richiudersi alle proprie spalle.
Non le fu difficile percepire delle voci provenire dall’interno dell’appartamento: in principio pensò si trattasse dell’ennesima rimpatriata maschile organizzata con la complicità di Colin e Finn, a base di alcol e stupidi racconti.
Più i passi avanzarono verso la porta, rimasta socchiusa, più il tono della conversazione le apparve stranamente alterato: capì ben presto di cosa si trattasse in realtà e, dopo aver fatto un lungo sospiro, si decise a fare il proprio ingresso nella “fossa dei leoni”.
Posò la borsa accanto all’entrata e rimase per qualche istante con le braccia conserte ad osservare lo spettacolo dinnanzi a se, immobile e silenziosa.
“Non puoi costringermi a fare questo! Lo sai che non puoi farlo!” sbraitò Logan, battendo un pugno sul cuscino del divano.
“E’ tuo dovere, ragazzo! Ti ho lasciato fin troppo tempo a trastullarti con quel branco di sciocchi che tu consideri i tuoi più grandi amici! Ho lasciato che facessi i tuoi errori perché speravo saresti maturato, ma… più i mesi passano, più mi accorgo che le uniche cose che hanno valore per te sono una carta di credito sempre ben fornita e una squadra di avvocati pronti a tirarti fuori dai guai! Questa non è la vita che ti aspetta: stampatelo bene nella mente, Logan!”.
“Oh, se è per questo sono anni che me lo ripeti… dovrei subire una lobotomia per dimenticarlo! Non ho mai avuto nemmeno la speranza di poter decidere autonomamente il mio destino… è sempre stato un tuo compito, giusto?”.
Rory si stancò del ruolo di pedina invisibile in quel gioco al massacro e si fece avanti: “Buongiorno, Mitchum!” disse, in tono ironicamente educato.
“Ah, Rory!” si scompose appena, lui.
Logan accennò ad un sorriso e le andò incontro con le braccia tese alla ricerca di un po’ di contatto umano: “Scheggia! Meno male, sei tornata… la compagnia non è delle migliori quest’oggi!”.
“Se Rory ti volesse bene, sono sicuro che mi darebbe ragione!” il signor Huntzberger mantenne uno sguardo di sfida fisso sulla ragazza.
Lei non cedette minimamente alla provocazione, mantenendo un’espressione quasi gelida in volto: “Sarebbe educato mettermi prima a conoscenza di ciò di cui stavate discutendo… solo così potrei essere in grado di dare la mia opinione: non crede, Mitchum?”.
“Non starlo a sentire, Rory! Non voglio che rovini la tua giornata come ha appena fatto con la mia…” la bloccò il giovane, raggiungendo poi il carrello dei liquori e versandosi un bicchiere di vino bianco.
Il padre lo indicò alla ragazza, commentando la scena con una vena di profonda delusione: “Ecco la specialità di mio figlio: stappare una bottiglia di Chardonnay, con la quale scappare dalle responsabilità… nemmeno si rende conto di quanto si stia buttando via!”.
Per la prima volta, Rory guardò Logan con occhi diversi e riuscì, per un momento, ad immedesimarsi in quel Mitchum Huntzberger che tanto aveva imparato a detestare: quelle parole… si, quelle parole avevano un senso… per quanta poca stima avesse nei confronti di quell’uomo spesso arido e insensibile, doveva ammettere di essere, almeno in quel caso, in pieno accordo con lui…
Continuò impassibile ad osservare quella foga nel sorseggiare con rabbia un intero calice di vino e gettarlo a terra, mandandolo in frantumi: non era di certo quello, il Logan di cui si era perdutamente innamorata…
“Logan mi seguirà in un viaggio di lavoro in Europa, Rory. Staremo via circa un mese, durante il quale il nostro ragazzo dovrà darsi da fare e mettere la testa a posto! Altrimenti saranno guai seri: non intendo mantenere in piedi questa sua vita frivola e priva di responsabilità ancora per molto!” disse l’uomo, estraendo dalla propria valigetta di pelle scura una busta e porgendola tra le mani della giovane.
“Cosa sarebbe?” domandò lei, perplessa.
“Il mio biglietto per l’inferno!” sorrise con fare sarcastico, Logan.
Mitchum si avvicinò all’orecchio della ragazza, sussurrando con tono fermo: “Il volo è previsto per dopodomani. Manderò la limousine a prelevarlo alle otto. Te lo chiedo come un padre, Rory: convincilo che si tratta di una decisione presa soltanto per il suo bene… Non può andare avanti così e lo sai anche tu!”.
Rory approfittò di un attimo di distrazione di Logan, per guardare dritto negli occhi il padre e annuire lievemente col capo.
A quella silenziosa conferma, l’uomo alzò lo sguardo fiero: “Ti lascio libero di insultarmi in tutti i modi che conosci e tolgo il disturbo, figliolo!” avviandosi infine all’uscita.
Quando furono soli, Rory si avvicinò al ragazzo e con fare comprensivo gli posò una mano sulla spalla: “So che sei arrabbiato, ma… perché non cerchiamo di parlare della cosa con calma?”.
La reazione fu tempestiva e addolorata: “Arrabbiato? Sono infuriato, Scheggia! E mi chiedo perché tu non mostri nemmeno un briciolo di irritazione! L’hai capito si o no che mi stanno trascinando in un altro continente e saremo costretti a stare lontani per un sacco di tempo?”.
“Un mese passa in fretta, vedrai che…” tentò di tranquillizzarlo lei, ma venne bruscamente allontanata.
“Sei davvero ingenua, Rory! Credi sul serio che sarà soltanto un mese? Conosco troppo bene mio padre per non capire cosa c’è scritto tra le righe! Ho imparato da lui un sacco di trucchi su come manipolare le persone nel mondo degli affari… ora sono io il suo giocattolo! Hai visto quell’espressione sofferta? Beh, è una delle sue interpretazioni più riuscite: devo dire che più il tempo passa più si avvicina alla perfezione… è così teatrale! Non trovi anche tu?” ribatté, versandosi di nuovo da bere e schivando a fatica i pezzi di vetro seminati sul pavimento.
“Capisco la tua frustrazione, Logan... Non è certo a me che devi ricordare quanti sono i motivi per detestare Mitchum! Però non credo che una sbronza sia la soluzione a questo problema!” e gli tolse il bicchiere a forza dalle mani.
Logan la guardò dritta negli occhi, lasciandosi andare ad uno sguardo di vera disperazione: per la prima volta riuscì a mostrare alla ragazza la propria completa vulnerabilità, gettando ogni maschera a terra, abbandonando la propria ostinata fierezza senza alcun rimorso.
Fu allora che Rory si rispecchiò in quel dolore così profondo, lasciandosi trasportare nel passato…

“E’ successo un vero disastro! Ho rovinato tutto… non so che cosa fare…”
“Tua nonna dovrebbe tornare da un momento all’altro… Dico alla cameriera di prepararci il tè…”
“Mi dispiace tanto, nonno! Mi dispiace tanto… di tutto! E’ che non so che cosa fare… non lo so…”
“Adesso calmati… Tranquilla… Si sistemerà tutto, vedrai…”


Non ebbe il coraggio di infierire su di lui, parlandogli del declino inesorabile del loro rapporto: decise, in quell’istante preciso, che avrebbe sopportato il pesante fardello delle menzogne, pur di non infliggergli un colpo simile… un colpo che di certo non avrebbe retto in quelle condizioni.
Per questo motivo, stringendo i denti, si avvicinò e lo ospitò tra le proprie braccia, accogliendo i suoi singhiozzi di rabbia in un lungo e caloroso abbraccio.
Il suo ultimo pensiero, in quella lunga mattinata, andò a Jess ed a quella promessa pronunciata poco prima… una promessa che continuò a riecheggiarle ostinata nella testa e alla quale era ben cosciente di non voler rinunciare: “Non lascerò che quel filo mi sfugga dalle mani…”.

 
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Francis82
view post Posted on 21/6/2007, 21:42






Mi auguro di non avervi fatto penare troppo, nell’attesa di questo nuovo capitolo. :rolleyes:
Speravo di riuscire a postarne uno più lungo, ma i ritagli di tempo in cui mi ci posso dedicare ora sono davvero pochi.
Come sempre, buona lettura e aspetto commenti! :P

Ps: questa volta non ho resistito e ho messo una foto alla fine del capitolo, giusto per far capire l'intensità di certi sguardi che non possono essere espressi a pieno con le parole...



Quando le chiavi della libreria scivolarono a terra, dalla cima di una pesante pila di fascicoli che Jess portava a fatica tra le braccia, la luce tiepida del tramonto aveva già lasciato il proprio posto alla brezza fredda della sera.
Sbuffò rumorosamente, nel tentativo di raccoglierle senza dover abbandonare sui gradini quella enorme mole di carta ed essere poi costretto a sollevarla di nuovo.
Si rese conto di non possedere affatto la dote del contorsionista: metà del materiale franò a terra e molti fogli volarono fino a raggiungere l’ultimo gradino dell’ingresso.
Con gli occhi rovesciati verso il cielo, lamentò la strana coincidenza di trovarsi sempre solo in quelle situazioni, per poi decidersi ad arginare quel caos.
Caricò il materiale nel bagagliaio e inserì le chiavi distrattamente: bloccandosi ad osservare il nulla davanti a se, rifletté sul senso di impotenza che aveva rappresentato la costante di quelle ultime tre giornate.
Abbandonò la testa ciondolante, la quale finì appoggiata con la fronte alla cima del volante, e lasciò che dalle labbra uscisse un lieve gemito, uno sfogo di tutta la tensione accumulata fino a quel momento: non era più lo stesso da quella sera… non era più lo stesso Jess e la cosa lo infastidiva ogni istante di più…
Si disse che il vecchio Jess non avrebbe sofferto in quel modo nel constatare di aver fallito ancora una volta: non ti ha più chiamato? Era destino che andasse così… scolati una birra!
Strinse con forza le dita e digrignò i denti senza nemmeno rendersene conto.
Glielo aveva detto… l’aveva avvertita che non sarebbe stato in grado di reggere un colpo come quello… era stato di una sincerità quasi disarmante…
Nonostante ciò, eccolo in preda ad una crisi di nervi, accasciato sul volante della propria automobile.
Ad un tratto si sollevò, spense il motore e uscì in fretta dall’abitacolo: fare una passeggiata in solitudine gli avrebbe certamente giovato, arrabbiato com’era con se stesso e con la propria debolezza.
Con le mani in tasca e lo sguardo buio, si diresse verso nord, fino a scorgere con chiarezza la meta del proprio percorso: un vecchio ponte cigolante che collegava la strada principale ad una fabbrica abbandonata da molti anni.
Al suo arrivo a Philadelphia aveva passato molte serate a contemplare la pace decadente di quel luogo: per molti versi si era sentito in sintonia con quel groviglio di ferro, in gran parte arrugginito, ed il suo silenzio rassicurante.
Gli bastava sedersi sul bordo, magari con una sigaretta a fior di labbra ed una birra fresca tra le mani, e passarvi un paio d’ore… era l’unica cosa in grado di disconnetterlo dal resto del mondo e restituirgli la quiete necessaria per ricaricarsi di energia positiva.
Si trattava del suo posto segreto, tale che nemmeno il fidato Andrè ne era a conoscenza.
In fondo, Jess aveva sempre amato rifugiare se stesso e la propria anima tormentata in luoghi come quello, in cui stare semplicemente seduto a contemplare l’acqua scorrere placida sotto i propri piedi.

“Mi sono assicurato che lei stesse bene…”
“Si, lo so…”
.


Si sistemò a sedere con le gambe ciondolanti ed estrasse dalla tasca interna della giacca un pacchetto di sigarette stropicciato: in quel profondo silenzio si udì soltanto il rumore dell’accendino ed il verso lieve di un uccello allontanarsi tra la fitta vegetazione che stava infestando gran parte del vecchio palazzo sullo sfondo.
Ogni tentativo di non pensare a Rory fallì miseramente: aveva bisogno di lei… del suo profumo… della sua voce…
Aspirò profondamente e socchiuse gli occhi, mentre i cerchi di fumo si allontanavano nell’aria fredda, disperdendosi infine in sottili scie di vento.
Guardò l’acqua torbida scorrergli sotto i piedi e, per un istante, il pensiero folle di buttarcisi dentro balenò nella sua mente.
Valeva la pena di vivere una vita così, di fatta di illusioni seguite da delusioni via via più cocenti?
Se fosse scomparso all’improvviso, sarebbe davvero importato a qualcuno?
Si disse che, versata qualche lacrima, sarebbe stato semplice dimenticarsi di una persona scomoda come lui…
Fortunatamente la ragione prevalse: si strofinò gli occhi stanchi e, dopo un ultimo tiro di sigaretta, gettò il mozzicone nell’acqua.
Fu senza fretta alcuna che riprese la strada verso casa, consapevole che sarebbe stata dura riprendere a vivere dopo quella parentesi, di nuovo privato della sua dolce Rory.
Percorse vari isolati con lo sguardo fisso sulla strada e, allo stesso tempo, assente, totalmente incurante di ciò che lo circondava.
Sceso dall’auto si diresse al portone del proprio palazzo, mantenendo lo sguardo basso e concentrandosi esclusivamente sui propri passi, tanto che dimenticò di scaricare il materiale di lavoro dal bagagliaio.
Dalla sua mente era sparita qualunque tipo di illusione ormai: lo testimoniavano i suoi occhi… erano stati privati della luce speciale dell’amore… la scintilla che si era accesa quella mattina alla libreria e che aveva continuato ad alimentarsi di speranza… si era spenta, lasciando il posto ad una vena di cupa malinconia.
Raggiunse il pianerottolo ed infine la porta dell’appartamento: trovandola aperta, si preparò a qualcuna delle battute di Andrè, sempre pronto a tirargli su il morale con i pretesti più assurdi.
Distratto e svogliato, sfilò la giacca e la gettò sul divano, grattandosi la testa e lasciandosi andare ad un enorme sbadiglio, frutto di una giornata davvero stressante.
Nessuna traccia di Andrè comparì nelle vicinanze… ma qualcosa di diverso nell’atmosfera era chiaramente percepibile.
Tutto d’un tratto, l’attenzione di Jess venne rapita dalla luce tenue di una candela rossa, posata a terra esattamente al centro della stanza: avvicinandosi incuriosito, notò che altre candele uguali a questa erano state posizionate lungo un percorso che portava sino al corridoio.
Il cuore iniziò ad accelerare il proprio battito, tanto che non si diede nemmeno un istante per riflettere: seguì le tracce e raggiunse la porta della camera da letto.
Quando ne varcò la soglia, le palpitazioni avevano già iniziato a confondergli ogni pensiero, ad offuscargli la vista, ma non al punto da impedirgli di scorgere una presenza quasi celestiale dinnanzi a se: Rory se ne stava elegantemente sdraiata sulle lenzuola, avvolta in un provocante abito di seta nera, con un romanzo tra le mani… l’intera camera era illuminata ad arte dalla luce fioca di tante altre candele sistemate in modo ordinato sui vari mobili… tutto ciò che lo circondava parve immerso in un’atmosfera quasi stregata…
Fu inevitabile per Jess domandarsi se fosse vittima di qualche strano gioco della propria mente affaticata o se quello spettacolo straordinario fosse semplicemente la realtà…
La voce calda e sottile di Rory ruppe il silenzio: “Sto perfezionando la mia abilità nel fare irruzione in casa altrui, che ne dici?” disse, posando il libro sul comodino e avvicinandosi a carponi al bordo del letto.
“Dico che sei il ladro più affascinante che abbia mai visto…” rispose lui, dopo un lungo sospiro.
Avendola finalmente a pochi passi da se, fu in grado di osservarla con maggiore attenzione e, nonostante la penombra, venire rapito da ogni piacevole dettaglio di quel corpo minuto, ma perfetto: i capelli, raccolti sommariamente con una matita dietro la nuca, sfuggivano in piccole ciocche ai lati del viso e finivano a porne in risalto il collo sottile ed elegante… il taglio dei suoi splendidi occhi celesti era sottolineato da tocchi di ombretto nero, capaci di renderne lo sguardo ancor più profondo ed intrigante… anche la bocca apparve più sensuale del solito, illuminata da una lieve sfumatura color rubino… ed infine la pelle candida e vellutata delle sue spalle, che si sottraeva maliziosamente alle spalline di raso lucido…
Per la prima volta si sentì impreparato dinnanzi a quella sua riscoperta sensualità, a quel suo modo di muoversi tutt’altro che ingenuo, a quel sorriso audace: sentì le sue dita scivolare sicure tra la pelle ed il colletto della camicia, insinuandosi lentamente fin dietro la nuca, ed ebbe un sussulto: “Ho temuto di averti persa di nuovo, lo sai?”.
Fu al suono di quelle parole che lo sguardo languido della ragazza si tramutò in un’espressione piena di tenerezza.
La presa eccitata delle sue mani si allentò, fino a raggiungere le dita di lui ed intrecciarle con le proprie.
Le sue labbra abbandonarono ogni tipo di sicurezza e divennero tremanti dall’emozione: sottrassero lentamente, centimetro dopo centimetro, lo spazio che le divideva dal viso del ragazzo, fino a spegnersi in un bacio di un’incredibile dolcezza.
Nel momento in cui lasciò Jess scivolare via dal proprio abbraccio, Rory si lasciò andare ad un sorriso di evidente malinconia, qualcosa che lui non poté di certo ignorare: “Rory… se senti di aver fatto un errore… puoi dirmelo!”.
“Un errore?” parve non capire.
Si passò una mano sulla fronte, prima di risponderle: “Lasciare Logan…”.
Davanti allo splendore dei suoi occhi, Rory dovette prendere una rapida decisione: essere crudelmente sincera o dolcemente bugiarda?
Le sue gambe avvolte dall’impalpabile tessuto nero, scivolarono elegantemente giù dal letto, mentre lo sguardo rimase saldo a quello di lui.
Pur avendo deciso di essere rapida, al fine di non mostrare alcuna incertezza che avrebbe potuto esserle fatale, venne preceduta: “Perché… tu hai lasciato Huntzberger, vero?”.
Passò un istante, che a Jess parve infinito, prima che le sue labbra morbide si schiudessero dinnanzi a se: “Si, Jess… Ora è tutto finito tra me è Logan…”.
Il ragazzo inarcò il sopracciglio e sospirò profondamente… poi si mosse di scatto: l’attirò a se e, sollevandola tra le proprie braccia, la fece roteare al centro della stanza come fosse una bambina.
Quando la udì ridere di gioia, si sentì l’uomo più felice di questo mondo: “Così finiremo a terra, Jess! Tu sei matto…”.
Si lasciarono cadere tra le lenzuola, tra respiri affannosi e le ombre tremanti create dalla luce tenue delle candele sparse nello spazio intorno a loro.
Non riuscirono più a spezzare quel filo invisibile che sembrava legare indissolubilmente i loro sguardi: rimasero in silenzio ad osservarsi, scrutare ogni piccolo movimento ed ogni espressione del viso, sorridendo di tanto in tanto di quella loro ormai incontenibile felicità.
Almeno per quei primi istanti, Rory dimenticò che quelle sensazioni meravigliose fossero frutto di una menzogna: voleva essere davvero felice… desiderava con tutto il cuore poter condividere quell’estasi amorosa con Jess… lo voleva con tutta se stessa…
Si rannicchiò tra le sue calde braccia, infilando la testa sotto il suo mento e facendo scivolare le proprie gambe in mezzo a quelle di lui, finché non chiuse gli occhi: ebbe la conferma che per quel breve momento di pura gioia, quella briciola di paradiso, sarebbe stata disposta a superare anche un domani tra le fiamme dell’inferno.



Edited by Francis82 - 21/6/2007, 23:16

Attached Image: normal_miloalexis_29bis.jpg

normal_miloalexis_29bis.jpg

 
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Francis82
view post Posted on 9/7/2007, 15:33





Mi avevate data per dispersa? Spero di no… :unsure:
Ecco il capitolo numero 12!
Buona lettura a tutti e grazie per la pazienza… ^_^



L’aroma intenso di cappuccino e ciambelle calde proveniente dal chiosco all’entrata del parco spezzò piacevolmente la brezza frizzante del mattino inoltrato: il viavai di passanti temerari in tenuta da jogging, la musica già di vago sapore natalizio di un menestrello all’angolo della strada ed il suono rilassante di qualche campanella sistemata all’entrata dei vari negozi lungo la via, non distolsero nemmeno per un momento l’attenzione di Rory e Jess dalle loro letture.
Solo giunta alla fine dell’articolo di fondo del “New York Times”, la ragazza si decise ad allungare il collo e raggiungere con lo sguardo la cima della pagina, così da spiare cosa stesse avvenendo aldilà del quotidiano.
Ripiegando silenziosamente il giornale e posando il mento tra le mani, rimase ad osservarlo affascinata: quel suo strano modo di aggrottare la fronte davanti alla lettura di un brano particolarmente interessante e quell’impressionante concentrazione e avidità con cui divorava pagina dopo pagina, concetto dopo concetto, le parvero talmente familiari da finire col domandarsi come le fosse stato possibile farne a meno per tanto tempo… come risultassero tutto d’un tratto aridi quei due anni passati senza di lui…
Senza quasi rendersene conto, presa dalla contemplazione di quella piacevole quotidianità, che pensava di aver smarrito per sempre, e grazie alla complicità del paesaggio ormai imbiancato da una precoce tempesta di neve notturna, si fece catturare da una scia di ricordi…

“Sai, stavo pensando che siamo fortunati ad avere i denti in ordine…”
“Si, siamo fortunati!”
“Ci pensi se avessimo tutti e due l’apparecchio ai denti?”
“Sarebbe un bagno di sangue…”
“Non riesco a respirare…”
“Infatti non devi…”


Sbattendo le lunghe ciglia scure e stringendo bene la sciarpa di lana intorno al collo, Rory tornò alla realtà, ritrovandolo ancora intento a divorare l’ultimo capitolo del romanzo: assorto nella lettura, con quel suo broncio adorabile, nemmeno si rese conto del sottile riflesso azzurrato che, filtrato dalle chiome del grande albero che li sovrastava, aveva raggiunto il suo profilo, evidenziando ancor di più i tratti del suo viso, quel suo fascino capace di spezzare il fiato.
La ragazza restò ancora per qualche istante ad osservarlo in religioso silenzio: sarebbe stato crudele rompere quella sua quiete speciale… quell’atmosfera magica proprio perchè fatta di piccole e semplici cose…
Quando finalmente fu lui ad alzare lo sguardo, Rory aveva già perso il proprio nelle sfumature del cielo limpido di quella mattinata invernale: vedendola rilassata a stiracchiarsi sulla panchina e cercare di afferrare con la lingua gli ultimi fiocchi di neve scendere timidi nell’aria, Jess non poté fare a meno di sorridere… in un solo attimo dimenticò ogni parola letta fino a quel momento… in un solo attimo tornò ad esistere soltanto lei.
Continuò a guardarla, finché lei non percepì il suo sguardo che la scrutava e si voltò imbarazzata, portandosi le mani alla bocca come una bambina: “Adoro il sapore della neve…”.
“Mi fa ancora uno strano effetto…” sussurrò lui.
“Di cosa parli?” sorrise lei, alzando i piedi sul bordo della panchina e cingendo le ginocchia tra le braccia.
Jess chiuse con decisione il proprio libro, per poi incrociare le mani dietro la testa e appoggiarvi la nuca: “Tu ed io… qui… insieme… come se nulla fosse successo… come se fosse stato sempre così…”.
Rory non riuscì a trattenere una piccola risata, abbassando lo sguardo: “Stavo riflettendo proprio su questo…” e, tornando seria, si guardò intorno prima di proseguire: “Chi avrebbe mai immaginato tutto questo? Voglio dire, se quella mattina non avessi rubato il tuo indirizzo da casa di Luke e non mi fossi catapultata a Philadelphia, senza nemmeno sapere con chiarezza cosa volessi combinare… Ah, non voglio nemmeno pensarci…”.
Jess spalancò gli occhi, lasciandosi andare ad una risata: “Questo particolare mi mancava: hai rubato il mio indirizzo?”.
“A dir la verità, si… Ho notato il foglietto appeso al frigorifero e…” arrossì lei.
“Ero convinto fosse stato Luke a dartelo. Non ti facevo così pericolosa, Gilmore…” continuò a scherzare lui.
“Sono cambiate parecchie cose in me dai tempi del liceo. Yale mi ha fatta diventare adulta, lo sai? Ho fatto cose ben peggiori del rubare un semplice indirizzo… E’ inutile che ridacchi in quel modo e mi prendi in giro: si tratta di cose anche piuttosto serie! In certe occasioni, se mi avessi vista, probabilmente non mi avresti riconosciuta!” si lasciò contagiare dalle risate.
Jess riprese a burlarsi di lei: “Oh no, Rory! Non mi dire che hai svaligiato un distributore di merendine durante la pausa pranzo…”.
Sbuffando, Rory rispose all’ennesimo attacco: “Ah, è così che la pensi allora? Beh, caro il mio Jess Mariano… sappi che per un importante scoop dello “Yale Daily News” mi sono addirittura lanciata da una impalcatura alta più di venti metri… con un ombrello!”.
Ad una tale affermazione, Jess, dopo un attimo di silenzio, riprese ancor più divertito: “Un importante reportage sul circo, presumo…”.
“Molto divertente…” sospirò lei, soffiando sulle mani per riscaldarle.
“Scusami… In realtà è interessante tutto questo! Di che genere di articolo si trattava?” si ricompose lui, raddrizzando la schiena e dandosi un’aria piuttosto incuriosita.

“Sarà divertente… sarà eccitante… E’ una cosa stupida, magari senza senso, ma è qualcosa di diverso! Non è questo il senso di essere giovani? Sta a te decidere: puoi vivere cento anni senza vivere un minuto… Sali lassù con me e avrai un minuto vissuto davvero!”
“Andiamo…”


“Rory, ti senti bene?” la voce di Jess irruppe nei pensieri della ragazza, dandole una leggera scossa di adrenalina.
Alla sua espressione stupita, il giovane le prese la mano: “E’ stato come se ti fossi assentata, tutto d’un tratto… Sei diventata pallida…”.
“Pallida?” ripeté lei, passandosi una mano sulle guance, per poi continuare: “Niente d’importante, Jess! E’ solo che… solo che… mi hai fatto ricordare che al giornale avrò un mucchio di cose da controllare al mio ritorno… tutto qui…”.
Ben presto si rese conto che agli occhi indagatori di Jess sarebbe stato sempre più difficile mentire: “Sei sicura che fosse solo questo?”.
“Certo che è solo questo! Parlare di quell’articolo mi ha inevitabilmente portata con la mente alla redazione, alla mole di lavoro che sarà già stata accumulata sulla mia scrivania…” spiegò lei, tentando di essere il più convincente possibile.
Jess divenne serio per un momento: “Non voglio crearti dei problemi con Yale, Rory… Hai già faticato per recuperare un semestre e…”.
La ragazza lo bloccò, avvicinandosi e mettendosi a sedere sulle sue ginocchia: “Credo di non essere mai stata più felice di quanto lo sono ora… si, ora… qui con te… Sarei disposta a fare i salti mortali da New Haven fin qui, pur di vederti. Credi davvero che qualche impegno di lavoro possa spaventarmi?”.
Jess la guardò dritta negli occhi: “Spaventare chi si getta nel vuoto con un ombrello? Mai!” e sorridendo, la baciò.
Tra le sue braccia rassicuranti, Rory comprese che non le sarebbe stato facile mantenere ancora a lungo quel suo segreto così ingombrante: ogni minuto che passava, ogni esitazione come quella di poco prima… avrebbero potuto costarle caro… costarle l’amore della propria vita…
Era passato più di un mese dalla partenza di Logan e, come da lui stesso previsto, la data del suo rientro negli Stati Uniti era stata posticipata di almeno altre due settimane.
Nonostante qualche difficoltà iniziale, a Rory era risultato piuttosto semplice gestire quella strana situazione: lavorava come una pazza durante tutta la settimana per riuscire a catapultarsi a Philadephia ogni venerdì sera e ritagliarsi un paio di giorni da dedicare soltanto a Jess.
L’unico momento della giornata in cui la ragazza si trovava inevitabilmente a dover fare i conti con la propria coscienza era la sera, giusto poco prima di addormentarsi: quando si ritrovava a posare il capo sul cuscino, la consapevolezza che la parte più razionale della propria mente avrebbe preso il sopravvento si accendeva come un faro abbagliante nella testa, ricordandole i rischi altissimi a cui stava andando incontro.
Puntualmente si trovava costretta a rialzarsi dal letto, fare qualche passo per schiarirsi le idee e ripetersi mentalmente la stessa frase: “Andrà tutto bene… Andrà tutto per il meglio perché sei abbastanza forte per gestire ogni cosa… Logan tornerà e finalmente si chiuderà il cerchio…”.
Quell’auto-convincimento parve funzionare, consentendole di mantenere in piedi il teatrino ancora per un po’.
Nella sua mente aveva già creato mille volte l’intera scena del futuro incontro con Logan: avrebbe aperto il proprio cuore e messo in chiaro i sentimenti che la legavano a Jess… sarebbe stata dura, ma Huntzberger avrebbe capito e con l’aiuto dei suoi numerosi amici sarebbe certamente riuscito a risollevarsi dalla delusione.
Nonostante tutti questi pensieri, questi meccanismi mentali, Rory mantenne sempre una latente inquietudine: con molta probabilità questa era legata anche alla condizione della madre, alla sua crisi con Luke che sembrò essere più grave del previsto.
Non poterle stare accanto più di tanto e doverle nascondere la nuova relazione con Jess, al fine di non aggiungere altre preoccupazioni alla lunga lista di Lorelai, fece sentire Rory sempre più spesso impotente e ansiosa.
La sua speranza era che presto ogni cosa sarebbe rientrata nei giusti binari e sarebbero tornati ad essere tutti felici.
“Ehi, Jess!!!” dalla recinzione di ferro battuto che circondava il parco, spuntarono i riccioli scuri di Andrè, il quale, tutto trafelato, si affrettò a raggiungere gli amici.
“Spero non sia andata a fuoco la casa…” commentò Jess, divertito dalle smorfie buffe dell’amico, ben poco propenso a qualsiasi tipo di sforzo fisico.
“Ti cercavano dalla libreria!” esordì lui, faticando a riprendere una respirazione normale.
Jess, infastidito dall’intrusione imprevista, lo fece sedere sulla panchina accanto a loro: “Ho avvertito i ragazzi che mi sarei preso la mattinata libera, si può sapere cos’hanno combinato mentre non c’ero?”.
“Potrebbe essere qualcosa d’importante…” commentò Rory, indicandogli la poca ossigenazione del povero Andrè.
Tra un colpo di tosse e l’altro, l’amico cercò di spiegare il motivo della sua improvvisata: “Abbiamo provato a chiamarti sul cellulare, ma non rispondevi… infatti sono entrato nell’appartamento e ho trovato il telefono sul divano di casa, sepolto sotto i cuscini! A quel punto ho deciso di correre ad avvisarti… Vi ho cercati ovunque, setacciando almeno dieci isolati… ad un certo punto ho persino creduto di essermi perso!”.
Quella foga mise Jess leggermente in ansia: “Vorresti arrivare al punto, amico?”.
“L’organizzatrice della serata di domani ha dato forfait!”.
“Vi state sicuramente sbagliando! Ho parlato con lei proprio ieri: mi ha assicurato che tutto sarebbe stato pronto e…” s’innervosì l’altro.
“Invece non verrà, Jess…” sospirò malinconico, Andrè.
“Si tratta della presentazione dei poeti inglesi?” domandò Rory, contagiata da quell’atmosfera di pesante preoccupazione.
Il ragazzo si alzò in piedi, camminando nervosamente avanti e indietro: “Siamo nei guai, guai grossi! L’intera preparazione dell’avvenimento era in mano sua e saranno presenti personalità rilevanti del settore culturale della città… indirizzavamo da settimane tutti i nostri sforzi sulla riuscita di questa serata, tanto che ci abbiamo investito anche un sacco di soldi… maledizione, l’evento più importante per la nostra libreria si rivelerà la sua condanna!”.
“Ci dovrà pur essere una soluzione!” mormorò lei.
“Non lo so, Rory… non lo so… Nessuno di noi ha esperienza con queste cose! Raggiungo gli altri e vedo cosa saremo in grado di fare!” esclamò Jess, infilando il libro nella tasca posteriore dei pantaloni e salutando la ragazza con un bacio sulla fronte.
“E se me ne occupassi io?” lo fermò lei.
Jess si bloccò, inarcando il sopracciglio con perplessità: “Davvero te la sentiresti? Il tempo è pochissimo e…”.
“Mariano, ricordati che stai parlando con una Figlia della Rivoluzione Americana… siamo preparate a qualsiasi tipo di evento mondano che si rispetti! Ho organizzato una serie di colazioni e pranzi talmente lunga da sfamare l’intero Connecticut…”.
Andrè sorrise entusiasta: “E’ fantastico! Che ne dici, Jess?”.
“Dico che mi salveresti la vita, Rory…” sospirò lui.
“Direi che come vita non è niente male, quindi ne vale la pena…” sussurrò lei, aggrappandosi al suo collo con un caloroso abbraccio e baciandolo con tenerezza.
A quella visione, Andrè lasciò la panchina, alzando le mani in segno di resa: “Ok, ho capito il messaggio!” e terminando: “Vi lascio ancora una volta alle vostre effusioni, ma vi ricordo che i tempi stringono…”.
Rory sorrise: “Andrè ha ragione… Mi aspettano un bel po’ di telefonate, quindi muoviamoci!”.
“Ai suoi ordini, capitano!” e cingendole le spalle col braccio, Jess la avvicinò di nuovo a se, avviandosi verso la libreria.
Finalmente Rory poté concentrarsi su qualcosa che fosse nelle sue corde e che la distraesse dalle altre preoccupazioni.
Inoltre, essere utile a Jess, in quel momento di difficoltà, le fece sentire più leggero il carico di bugie… almeno per un po’…

 
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Francis82
view post Posted on 13/7/2007, 13:25





Capitolo numero 13… doveva essere parte di un capitolo molto più lungo, il penultimo, ma quando l’ho scritto non ho resistito alla tentazione di postarlo subito… :P
alla fine devo ammettere che mi si sono inumiditi gli occhi… :cry:
sappiatemi dire le vostre reazioni…


“Certo Robert, è stata la signora Maxwell ad indicarmi la sua grande professionalità. Mi ha descritto con un tale entusiasmo l’allestimento dell’ultimo party per il matrimonio del figlio, da incuriosirmi al punto che non avrei potuto contattare nessun’altro se non lei per l’evento di domani sera!” Rory continuò per quasi tutto il pomeriggio il proprio lavoro di organizzatrice dalla scrivania che di solito Jess utilizzava per la gestione del lavoro più ingombrante e nella quale aveva a fatica liberato uno spazietto tutto per se.
Il fruscio delle pagine dell’agenda che la ragazza sfogliava sulle ginocchia a ritmo regolare e il ticchettio delle dita sulla tastiera del computer, rappresentarono il sottofondo di quella interminabile giornata.
“Sono consapevole che il preavviso sia talmente esiguo da far rizzare i capelli sulla testa… tuttavia chi potrebbe riuscire in una tale impresa se non lei? Sono sicura che il deputato Garner andrà pazzo per le sue incredibili composizioni in stile liberty…” proseguì lei, tra un sorso e l’altro di caffè corretto.
Jess la osservò con aria inquieta, finché non udì una rassicurante chiusura di conversazione e poté finalmente tirare un sospiro di sollievo: “Ero certa che una sfida di questo tipo le sarebbe risultata interessante. Allora non mi resta che attendere una copia del preventivo via e-mail e l’arrivo dei suoi assistenti per le diciotto di domani. E’ stato un vero piacere, signor Connelly. Sono sicura che tutto risulterà a dir poco impeccabile!”.
Dopo aver riagganciato, Rory schioccò le dita in aria, per poi indirizzare a Jess un ampio sorriso di compiacimento: “Anche questa è fatta!”.
Il giovane incrociò le braccia al petto e sospirò: “Sono senza parole… Voglio dire: conoscevo la tua precisione maniacale, ma… questa tua dote organizzativa è straordinaria! Il mio preferito è stato il dialogo con il fiorista, il momento in cui hai citato la predilezione di Hillary Clinton per le piccole rose bianche… beh, un vero tocco di classe! Solo… non sarà un po’ troppo tutto questo?”.
Rory si limitò ad annuire col capo, terminando con un ultimo sorso il terzo caffè della giornata: “I mesi passati a stretto contatto con Emily Gilmore hanno dato i loro frutti! Devo ammettere che è stato anche divertente lavorare dietro la scrivania dell’associazione delle Figlie della Rivoluzione Americana… si, per un po’ è stato davvero stimolante!” e sorrise: “e a tal proposito potrei citare proprio una loro massima: nulla è mai troppo quando si tratta di buon gusto!”.
“Il tuo potere persuasivo mi ha quasi spaventato… Chiunque desidererebbe un’assistente capace come te!” commentò ingenuamente Jess, sedendosi davanti a lei, sul bordo della scrivania.
Non poteva di certo sapere quale ferita avrebbero riaperto quelle parole, nel cuore della ragazza…

“Pensavo di aver lavorato discretamente…”
“Infatti sei competente, intelligente, bravissima… e giochi d’anticipo! Saresti un’ottima assistente…”
“Ah…”
“Mi dispiace. Non è gradevole deludere qualcuno come te… soprattutto te, viste le particolari circostanze… Ma è necessario. E non conosco altri modi. Io non mento mai!”


Lo sguardo di Rory si rabbuiò di colpo ed il sorriso splendente di poco prima si tramutò in un’espressione quasi nauseata.
“Cosa c’è?” domandò Jess, completamente spaesato da quell’improvviso cambiamento d’umore.
La ragazza si alzò dallo sgabello, dirigendosi rapidamente alla porta: fu vittima, per la seconda volta nella propria vita, di un autentico attacco di panico.
Ignorando le successive richieste di Jess, si rifugiò all’esterno della libreria e rimase ad assaporare il contatto del vento freddo sulla pelle del viso, mantenendo gli occhi chiusi.
Rammentò senza difficoltà quella strana sensazione alla bocca dello stomaco e quel peso sul cuore quasi insostenibile…

“Allora che vuoi? Fluoxetina? Proteptilina? Ne ho altre in fondo alla borsa… non so di che cosa siano, ma buttane giù un paio… una borsa che scotta!”
“Quei presuntuosi! Quella gente non ha nemmeno risposto all’invito! Non lo trovo affatto giusto… almeno facciano una donazione!”
“Brutta serata per te, eh?”
“Sheila è una cosa: con lei me la cavo, ma Mitchum… Non posso vederlo! Né posso affrontarlo! E’ troppo! Dopo quello che ha fatto, che mi ha detto…”
“Che ti ha detto?”
“Se non fosse per lui, non avrei…”
“Non avresti, cosa? Rory…”
“Niente…”


Solamente nel percepire le carezze delle mani calde di Jess raggiungere le proprie spalle, Rory tornò a darsi un po’ di pace.
Riaprì gli occhi e lasciò che le braccia del ragazzo la voltassero, riportandola dinnanzi a lui: era così triste quel suo visetto infreddolito… talmente malinconico che quasi Jess non seppe cosa dire…
Fu lei a parlare, con un fil di voce: “Voglio diventare una brava giornalista, Jess… Dimmi che non rimarrà soltanto un sogno… ”.
Quella fu la fiamma che illuminò tutto d’un tratto la mente annebbiata del ragazzo: capì il perché di quello strano comportamento, di quello sconforto momentaneo…
Riconobbe l’espressione disorientata che aveva scorto nel suo viso al termine di quella disastrosa serata passata a Yale, costretto ad ascoltare i deliri fastidiosi di un bamboccio ubriaco.
La sensazione fu la stessa di allora: il bisogno pressante di aprirle gli occhi, di ricordarle la forza straordinaria che portava in se e che sembrava aver smarrito.
Guardandola con l’intensità che soltanto lui sapeva trasmetterle, le scostò una ciocca di capelli dalla fronte, prima di rispondere: “Diventerai una giornalista straordinaria perché sei una persona straordinaria, Rory… L’ho capito da quella sera in cui mi hai parlato di Harvard e del tuo futuro… da quella luce che si è accesa nel tuo sguardo… Ho capito che eri speciale e le persone speciali sono destinate a fare cose meravigliose nella loro vita! Diventerai una corrispondente estera di successo e amerai il tuo lavoro in modo viscerale, perché è così che ti ho sempre vista affrontare ogni cosa, ogni aspetto della vita…”.
Rory rimase totalmente rapita da quelle frasi: ad ogni parola, le lacrime scesero copiose e silenziose, rigandole le guance arrossate dal freddo.
Jess le posò poi una mano all’altezza dello stomaco, concludendo: “Qui c’è un fuoco, Rory… un fuoco che nessuno potrà mai spegnere… E’ il tuo coraggio e la tua passione… Ti porterà lontano, che tu lo voglia o no! Non importa se la gente cercherà di ostacolare il tuo cammino: sei forte e supererai ogni difficoltà. E quando ti sentirai a terra, io ci sarò sempre… sarò pronto a ricordarti tutto questo… a ricordarti la donna unica che sei, Rory Gilmore!”.
Era tutto ciò di cui aveva bisogno… parole che tanto aveva desiderato sentirsi dire da Logan, durante quei terribili mesi lontana da Yale e dalla madre… ma lui non l’aveva mai accontentata in questo… l’aveva lasciata sprofondare, rimanendo a guardare…
Jess era sempre stato diverso: aveva sempre rappresentato il suo silenzioso punto di riferimento… lo era stato perfino negli anni del loro distacco… una specie di scoglio sicuro, seppur nascosto in una baia impervia e attaccata da un mare in continua tempesta…
Fu in quel momento magico, mentre le labbra della ragazza si schiusero senza saper bene che cosa dire e Jess le sfiorò dolcemente con un dito, che i fiocchi di neve candida ricominciarono a scendere… lenti e silenziosi, proprio come quelle sue lacrime sottili… in una pace senza confini…

 
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Francis82
view post Posted on 27/7/2007, 20:46




Capitolo numero 14, penultimo di questa mia terza FF…
Spero con tutto il cuore che vi emozioni quanto gli altri.
Come sempre vi avverto che richiede la solita dose di pazienza ed una scorta abbondante di kleenex sottomano…
:wub: :wub: :wub:


La porta della lussuosa camera d’albergo si aprì d’improvviso alle spalle di Rory: “Non ti ho vista mentre percorrevo la navata centrale e alla fine della cerimonia. Dov’eri finita?”.
Con lo sguardo amareggiato, smarrito dinnanzi a se, la ragazza rispose seccamente: “Qui”.
Logan, dopo qualche passo incerto, le si posizionò davanti, ancora avvolto nel suo elegantissimo e profumato smoking nero: “Qui? Per tutto il tempo?”.
“Farò le mie scuse ad Honor più tardi…” disse lei, preferendo mantenere l’attenzione altrove, nel vuoto in fondo alla stanza.
Fu a quel punto che il ragazzo ebbe finalmente la percezione della gravità della situazione e, cercando con insistenza una ragione a quello strano comportamento, tentò di avvicinarla con fare premuroso: “Mi dici che è successo? Rory…”.
Solo allora Rory alzò lo sguardo verso di lui, bloccando il suo protendersi con un gesto secco della mano e sfogando finalmente la propria delusione, quella sensazione penosa che l’aveva assalita in quella mattinata ricca di terribili scoperte: “Mi hai nascosto tutto. E mi hai lasciata da sola, qui con tutte quelle con cui hai fatto sesso. Oh, scusa! Non con tutte, solamente un paio! Una non è scesa nei dettagli, ma ho più di qualche sospetto. Vuoi cercare di spiegarmi come questo è potuto capitare?”.
Gettando per un istante gli occhi al cielo, Logan sospirò, nel tentativo di trovare una via d’uscita per quella situazione sempre più imbarazzante: “Rory…”.
Fu lei ad interromperlo, arrabbiata: “Anzi, no! Ho molta immaginazione… già lo so!”.
“Ok, senti…”.
Anche in quel caso venne bruscamente interrotto dalle feroci parole di una Rory ormai disillusa: “Non ci posso credere! Non solo mi hai mentito… tu mi hai anche tradita!”.
“Non ti ho tradita!” rispose sicuro lui.
“Oh, quindi non sei stato a letto con loro…”.
Il tono di Logan divenne sempre più freddo: “Ti ricordo che mi avevi lasciato”.
Ad una tale risposta, la ragazza parve non credere alle proprie orecchie, e alzandosi dalla poltrona, gli si avvicinò sempre più amareggiata: “No! Tu mi hai lasciata, non io!”.
Logan si voltò di colpo dall’altra parte, per poi riprendere la parola con un’alta dose di ira nella voce: “Eh, già! Tu non hai mai avuto il fegato di lasciarmi… è molto più divertente giocare con le persone! Non è così, Scheggia?”.
“E ora di che cosa stai parlando? Ma dico, è semplicemente assurdo! Non starai cercando di incolpare me…”
Il ragazzo le si allontanò, versandosi un calice dello champagne lasciato poco prima dal gruppo di damigelle ubriache: “Ma guardati, Rory: mi stai biasimando… mi guardi con gli occhi colmi di disprezzo… Peccato che nella realtà tu ti stia comportando molto peggio di me!”.
Anche la voce di lei s’inasprì all’udire quella serie di accuse improvvise: “Smettila, Logan! Stai dicendo un sacco di stupidaggini!”.
“Ti piacerebbe che fossero davvero stupidaggini… Lo sai benissimo a cosa mi riferisco: a una ragazza che ostenta buoni principi, mentre inganna la persona che ama, cullandola in un mare di patetiche bugie!”.
“Sai cosa ti dico? Sono esausta e me ne vado a casa… a Stars Hollow!” e dopo aver raccolto goffamente le proprie cose, si diresse alla porta.
“Fossi in te, non avrei tutta questa fretta” l’avvertì lui, pur non ostacolandone fisicamente la fuga, ma restando a guardarla da lontano.
Spalancando la porta con energia, al fine di lasciare il più in fretta possibile quella situazione opprimente, Rory trovò dinnanzi a se una sorpresa talmente scioccante da mandarla quasi dritta a terra: “Ti avevo avvertita…” la voce di Logan sottolineò impietosamente il momento.
Jess rimase impietrito ad osservarla, oltre la soglia: “Mi hanno detto che avevi bisogno di parlarmi…”.
“Parlarti? Io… io…” balbettò lei in preda al panico.
Il tintinnio del calice tra le mani di Huntzberger, ruppe il silenzio: “Forza, Scheggia! E’ il tuo momento… In fondo sapevi che prima o poi sarebbe arrivato! Credevi davvero di poter mantenere in piedi questa pagliacciata ancora per molto?”.
“Cosa devi dirmi, Rory?” il volto di Jess divenne scuro.
La giovane cercò di tranquillizzarlo, prendendogli dolcemente le mani tra le proprie: “Non volevo che succedesse tutto questo… io… io ti amo, Jess…”.
“Amore!?! Bella dimostrazione di amore è l’inganno!” commentò di nuovo, dal fondo della stanza, Logan: “Te la dirò io la verità, Mariano!”.
“Tu non dirai un bel niente, Logan!” lo minacciò Rory, in preda ad un attacco di panico che la fece accasciare sulla prima poltrona trovata accanto a se.
“Bella sceneggiata, Gilmore!” ridacchiò lui, finendo di sorseggiare il proprio champagne ed offrendone un calice anche all’ospite appena arrivato.
“Ti prego, Logan… ti prego, non farmi questo!” lo implorò lei, lasciandosi scivolare senza forze ai suoi piedi.
Gli occhi di Rory si spalancarono sul soffitto, mentre la schiena s’inarcò rigida ed una specie di gemito incontrollato le scivolò dalle labbra socchiuse.
Percepì la muscolatura contrarsi, ogni fibra del proprio corpo tesa come una corda di violino, mentre, allungando la mano sul ventre, sentì la stoffa leggera della t-shirt aderente alla pelle perché umida di sudore: la sensazione che si fosse trattato di un orribile incubo e niente più, la fece sentire sollevata per qualche secondo… si, qualche secondo prima di ricordare quanto quello scenario non fosse poi così surreale… quanto quel dannato segreto la stesse divorando, lentamente.
All’improvviso la luce della lampada si accese, abbagliando i suoi occhietti stanchi ed ancora abituati alle tenebre: “Va tutto bene, Rory?”.
All’udire il fruscio delle lenzuola accanto a se, la ragazza si voltò e trovò lo sguardo insonnolito di Jess scivolare tra le pieghe dei cuscini.
Le sue dita si fecero largo sicure e la raggiunsero sotto le coperte, insinuandosi fino ad intrecciarsi con le proprie: quanto era bello sentirlo così vicino… talmente rassicurante che, in certi momenti, Rory quasi faticava a darsene una ragione…
Gli passò una mano tra i capelli scuri ed arruffati, prima di rispondere: “Solo un brutto sogno… torna pure a dormire, amore…”.
Jess le trattenne la mano, prima che questa scivolasse via dalla sua testa e tornasse sotto le coperte; la portò davanti alla bocca e le baciò le dita, una per una, con tenerezza: una volta ancora, Rory si ritrovò ad osservare quanto fosse cambiato… ad ammirare quanto fosse maturato quel ragazzino imbronciato che nascondeva se stesso e la propria rabbia nei libri, cercando di scappare con ogni mezzo dalla dimostrazione di qualsiasi sentimento che esulasse dalla solita collera contro il mondo che lo circondava.
Era diventato un uomo forte e, allo stesso tempo, profondamente dolce: in fondo, era diventato tutto ciò che lei aveva sempre desiderato trovare per completare se stessa.
Fu in quell’istante che una specie di nodo le raggiunse lo stomaco… un nodo talmente stretto da finire per spaventarla: sentì che forse era un segno… un segno che il suo corpo non avrebbe retto oltre quella continua dose di menzogne perché ne era ormai saturo… che era giunto il momento di essere sincera… il momento di spiegargli tutto ciò che era celato dietro l’apparente tranquillità delle loro giornate…
Fece un lungo sospiro: com’era difficile mettere insieme le parole in quella situazione… difficile anche per un’aspirante giornalista come lei, una che con le parole avrebbe dovuto guadagnarsi da vivere!
“Jess…” le uscì un suono talmente flebile da provocare nel ragazzo un’espressione alquanto perplessa.
Ci furono ancora una decina di secondi di silenzio profondo, prima che Rory riuscisse a riprendere la parola: “Ho bisogno… si, ho bisogno di dirti qualcosa di estremamente importante, Jess…”.
Le sue piccole mani si misero a stringere con forza un lembo di lenzuola, quasi a cercare uno sfogo per quella inquietudine che la stava assalendo in una maniera sempre più incontrollabile.
Il viso insonnolito e confuso di lui, le si avvicinò: “Dev’essere davvero importante se non puoi aspettare fino a domani mattina prima di dirmelo…”.
Per un attimo, Rory si assentò; fu come se la sua anima si staccasse dal corpo e iniziasse a volteggiare al di sopra delle loro teste: immaginò l’espressione ferita di Jess… lo vide lasciare il letto e prendere a calci il primo mobile trovato sul suo cammino… sentì le sue urla di rabbia… e lo osservò andarsene per sempre, lasciandola sola col proprio dolore…
“Rory… sei preoccupata per domani?” la voce calda e reale del ragazzo la fece tornare sulla terra di colpo.
“Io… no, non è per domani che sono preoccupata…” iniziò a tremare.
“Cosa c’è che ti spaventa?” a quel punto non poté evitare di divenire serio.
Rory fece di nuovo un prolungato sospiro, ma faticò a mettere ordine nei propri pensieri, tanto che ne venne fuori qualcosa di ben poco chiaro: “Ecco… io… ho fatto un sogno spaventoso… un sogno che mi ha fatta riflettere su una cosa… si, una cosa che… oddio, com’è complicato…”.
In seguito a quella strana confusione, Jess si alzò dal letto, lasciando la ragazza un po’ interdetta: “Vado a prenderti un bicchiere d’acqua”.
Rory decise allora di seguirlo, infilandosi una felpa e raggiungendo la cucina: “Non c’è bisogno di…”.
Si ritrovarono poi seduti sul divano, nel silenzio quasi inquietante del salotto: Rory sorseggiò la propria acqua molto lentamente, mentre Jess prese per se una birra con la scusa che tanto non sarebbe più riuscito a prender sonno, data l’agitazione per l’evento che avrebbe assorbito le loro energie il giorno successivo.
Quando la ragazza posò il bicchiere e vide ancora la propria mano tremare dalla preoccupazione, senza alzare lo sguardo da terra, si disse che non avrebbe potuto indugiare oltre: “Ho fatto un sogno davvero tremendo, Jess… discutevo… ero arrabbiata… si, ero arrabbiata con Logan perché mi aveva tradita con quelle stupide damigelle…”.
Fu allora che, riportando l’attenzione sugli occhi di Jess, non riuscì più a proseguire: si fermò a guardarlo… contemplò la purezza del suo sguardo perso in quelle parole… parole che entro poco lo avrebbero ferito a morte…
“Lo so che ti ha fatto del male, ma in questo caso era solo un sogno… cosa può esserci di così importante?” domandò lui, confuso.
“Io… io volevo soltanto… soltanto dirti che… Jess, tu non mi tradiresti mai, vero?”.
Dopo un sorso di birra andato quasi di traverso, spalancò gli occhi: “Era questa la tua preoccupazione, Rory?”.
Stette in silenzio per qualche secondo… un silenzio a dir poco ingombrante.
“Si…” abbozzò poi un sorrisetto imbarazzato, lei.
Jess la avvicinò a se, mettendola a sedere sulle proprie ginocchia: “Se quel Logan è stato un verme, non devi pensare nemmeno per un istante che io possa un giorno comportarmi come lui… Non potrei mai rischiare di perdere tutto questo per una cosa del genere…”.
“Rischiare di perdere tutto questo…” ripeté lei a bassa voce.
Fu così che Rory abbandonò del tutto il proposito coraggioso che l’aveva turbata in quella notte dal sonno tormentato: accusò se stessa severamente, salvo poi consolarsi alla vista di Jess, ancora felice ed appagato… ignaro della scomoda verità, taciutagli per l’ennesima volta… quella verità che pesava invece come un macigno sul proprio cuore.
Il ragazzo le scoprì la fronte dalla frangetta, baciandola con tenerezza e complicità: “Non voglio che tu ti faccia spaventare da questi sciocchi pensieri. Dimentichiamo questo brutto sogno. Propongo di aspettare l’alba insieme, in compagnia di una maratona di vecchi film dei fratelli Marx… che ne dici?”.
Rory annuì col capo, accucciandosi come una bambina nel calore delle sue braccia forti.
Rimasero stretti per ore, nel buio profondo della camera interrotto di tanto in tanto dalla luce proveniente dal televisore, finché i primi timidi raggi di sole non penetrarono dalle fessure delle tende, sorprendendoli assopiti e ancora mano nella mano.



Il grande momento arrivò, mandando in tilt il sangue freddo di Jess, il quale continuò per più di un’ora a passeggiare nervosamente per ogni angolo della stanza, nella speranza che tutta quella situazione avesse fine al più presto: esausto, chiese a se stesso se fosse stata poi una buona idea gettarsi in un’impresa così pericolosa… una libreria piccola e indipendente come la loro non avrebbe superato facilmente un fiasco, proprio perché ancora impreparata ad un pubblico importante come quello che entro pochi minuti avrebbe varcato la soglia d’entrata.
L’unica certezza che riuscì a mantenerlo in piedi, salvandolo dalla tentazione di scappare nel primo bar in cui affogare ogni preoccupazione in un doppio whisky, fu Rory ed il suo incredibile autocontrollo.
Jess si perse per un momento ad osservarla muoversi sicura tra i tavoli raffinatamente allestiti per il buffet, tra gli espositori di libri da lei stessa posizionati negli angoli strategici della sala… la guardò sfiorare i petali di una composizione floreale posta accanto alla scala e sedersi sul gradino più basso a contemplare il risultato del proprio lavoro.
Era meravigliosa nel suo abito di raso nero, illuminato da un nastro scarlatto legato a sottolinearne elegantemente la vita sottile, la cui gonna a palloncino ne lasciava maliziosamente scoperte le ginocchia.
Indugiò ancora nel guardarla incrociare le gambe di lato e accarezzare con un dito la punta delle scarpe di vernice rossa… vide la sua mano delicata passare dietro l’orecchio una ciocca di capelli morbidi, dai riflessi leggermente ambrati… infine i suoi occhi celesti alzarsi ed incrociare i propri, dando origine ad uno splendido sorriso.
Qualsiasi fiasco sarebbe passato in secondo piano grazie alla sua sola presenza al proprio fianco, pensò.
Le si avvicinò, piegandosi sulle ginocchia, fino a raggiungere il suo viso a dir poco radioso: “E’ davvero elegante stasera, signorina Gilmore”.
“Sto aspettando il mio cavaliere” sorrise lei, sistemandogli con cura il colletto della camicia.
“Uomo fortunato…” commentò lui, abbottonandosi la giacca scura.
“Veramente sono io quella fortunata. Lo sa, siamo stati lontani per talmente tanto tempo che ho temuto mi avesse dimenticata… Invece mi sbagliavo…” rispose, tradendo un po’ di emozione nella voce.
“Lo conosco molto bene… So che l’avrebbe aspettata per tutta la vita…” rispose lui, abbassando lo sguardo e tenendo le mani in tasca, per cercare di nascondere gli occhi leggermente umidi.
“Jess…” sussurrò Rory, che, colpita da quella frase così forte, ricordò le parole sentite da Andrè qualche tempo prima: “Mi disse che non avrebbe mai più messo il proprio cuore nelle mani di nessun’altra… e che avrebbe atteso il suo ritorno per sempre, pur sapendo che ormai lei stava già insieme ad un altro…”.
Era davvero lei, la donna misteriosa di cui parlava…
“Stanno arrivando i primi invitati, ragazzi!” una voce interruppe quel loro momento magico, riportandoli ai severi doveri di padroni di casa.
Jess le prese le mani un’ultima volta: “Questo momento potrebbe rappresentare una svolta importante nella mia vita… Sono felice che tu ne faccia parte, Rory…”.
“E io sono felice di essere al tuo fianco… Dodger…” sorrise lei, ancora emozionata.
Fu così che pian piano gli ospiti fecero il loro ingresso e l’atmosfera si rilassò notevolmente rispetto ai preparativi convulsi di poco prima: ovunque s’intavolarono conversazioni interessanti su poesia e pittura, sull’impegno giovanile nei vari ambiti della cultura cittadina e non solo.
Jess si ritrovò a fare la conoscenza di importanti personalità: galleristi provenienti da New York, qualche giornalista di spicco e molti scrittori locali.
In tutto questo, Rory fu il suo angelo custode che lo osservava da lontano, inserendosi di tanto in tanto con brillanti interventi e stile impeccabile: Emily sarebbe di certo stata fiera di lei.
Venne poi il momento clou della serata: il pubblico rimase rapito dalla lettura di vari brani di importanti poeti inglesi.
Perfino Rory, presa dall’entusiasmo dell’evento, fu convinta a salire sul palchetto allestito in fondo alla sala e declamò alcuni versi di una poesia d’amore di un anonimo autore della fine dell’Ottocento: ogni parola, scandita con profonda dolcezza, arrivò al cuore di Jess che, in religioso silenzio, la osservò appoggiato alla balaustra col proprio drink in mano e gli occhi sognanti tipici di un uomo innamorato.
Pensò a quanto avrebbe desiderato fuggire con lei ovunque, al termine della festa: l’avrebbe portata con se anche in capo al mondo.
Accompagnata dal suono degli applausi, la ragazza scese con ineccepibile classe dal palco, portando il libro all’altezza del ventre e ringraziando con un cenno del capo ed un sorriso emozionato i presenti.
Quando il folto gruppo di ascoltatori si aprì per farla passare e raggiungere Jess, la ragazza ebbe un sussulto: lo vide stringere la mano ad un uomo di spalle che, dalla corporatura e gli abiti raffinati, le parve stranamente familiare.
Ebbe la conferma dei propri terribili sospetti nel momento in cui ne udì la voce, seppur confusa tra i rumori di fondo: “Devo farvi i miei complimenti, ragazzi. Non frequento molto Philadelphia, anche se per lavoro sono costretto a visitare parecchie città. Ero a cena con il mio caro amico, il deputato Thomas Garner, il quale mi ha convinto ad accompagnarlo qui, sottolineando quanto fosse interessato alla realtà delle piccole case editrici e del duro lavoro che svolgono per sopravvivere nella giungla delle grandi catene di distribuzione. Devo dire che sono rimasto colpito da questa vostra iniziativa. Se nelle redazioni dei miei giornali potessi contare su persone intraprendenti come voi, potrei dormire sonni di certo più tranquilli!”.
Jess si mostrò lusingato da quella serie di complimenti: “Sono parole molto confortanti, glielo assicuro, signor… oh, mi scusi… con il rumore degli applausi temo di non aver capito bene il suo nome!”.
Rory fece allora un brusco ingresso nella loro conversazione, prima che l’uomo avesse il tempo di rispondere: “Insolita coincidenza incontrarla qui…”.
“Rory? Allora non è stato il mio secondo Martini a darmi le allucinazioni: eri davvero tu la fanciulla sul palco… Complimenti per l’interpretazione. Tuttavia mi chiedo cosa ti abbia portata qui. Un articolo per lo Stanford Eagle Gazette? Ho saputo che sei stata assunta…”.
Gli occhi della ragazza divennero di ghiaccio: “Già, c’è chi crede nel mio talento”.
“Vedo che l’astio nei miei confronti non si è ancora esaurito, lo capisco. Stavo comunque facendo i complimenti a… Jess, giusto?” disse lui, rivolgendosi di nuovo al ragazzo, rimasto perplesso dalla strana situazione.
“Esatto, signore. Però ora sono io che vorrei sapere come fate a conoscervi, intendo lei e Rory…” rispose l’altro, mostrando un sorriso questa volta più incerto rispetto al precedente.
Prima che la giovane riuscisse a realizzare la gravità della domanda, Mitchum aveva già ripreso la parola: “Rory è ormai una di famiglia… Si tratta della ragazza di mio figlio, Logan”.
A quel punto, Rory rivolse uno sguardo addolorato verso Jess: “Io non so come…” e fu come se un nodo le avesse strozzato ogni suono in fondo alla gola.
“La ragazza di suo figlio? Lei è il padre di Logan Huntzberger?” replicò lui, mentre i tratti del viso iniziarono a farsi più rigidi.
“Si. Lo hai conosciuto?” rispose l’uomo, lusingato.
Jess abbozzò un ghigno infastidito che però celò subito dietro una facciata di cortesia: “Certo. E’ successo qualche mese fa, a Yale”.
“Capisco. Beh, devi sapere che ora si trova a Londra per lavoro… anzi, a tal proposito spero che Rory non passi le sue giornate a tirare freccette alla mia foto appesa al muro!” si mise a ridere Mitchum.
Ci fu un attimo di silenzio impietoso prima che l’uomo riprendesse a parlare all’indirizzo della ragazza: “Puoi stare tranquilla, tra pochi giorni lo rimanderò a casa. Giusto il tempo di terminare un paio di faccende in sospeso e sarà di nuovo tutto tuo. Non sai quanti rimproveri ho dovuto subire nelle ultime settimane: ho dovuto fargli recapitare in albergo il biglietto di ritorno per farlo stare tranquillo”.
Jess, ormai spazientito, mise fine a quel teatrino insopportabile, porgendo con vigore la mano al proprio interlocutore: “Dovete scusarmi, ma ho alcuni ospiti che mi reclamano… Grazie ancora, signor Huntzberger! Non immagina nemmeno quanto le sue parole sia state illuminanti per me stasera!” e allontanandosi fino a scomparire in mezzo agli invitati.
“Jess, aspettami!” tentò di inseguirlo lei.
Come in un flashback, l’espressione che scorse sul viso di Jess riportò la mente della ragazza alla rissa finita nel giardino di Kyle…

“Ragazzi, smettetela!”
“La polizia!”
“Jess…”


Bloccata da un gruppo fitto di ospiti, fece giusto in tempo a vederlo prendere la porta d’ingresso e decise di afferrare il cappotto per raggiungerlo poi dall’uscita sul retro.
Si mise a correre come una furia per evitare di perderne le tracce: per fortuna, quando raggiunse la strada principale, vide la sua sagoma svoltare in una delle vie laterali.
Il cuore di Rory iniziò a battere all’impazzata: lo sforzo fisico e la paura della reazione di Jess s’impadronirono di ogni fibra del suo corpo minuto e infreddolito.
“Jess, ti prego… ti prego, fermati un secondo!” il suo urlo riecheggiò nella strada deserta.
Come risposta, si udirono soltanto i passi veloci del ragazzo allontanarsi in mezzo ad una piccola bufera di neve.
“Ti posso spiegare ogni cosa se me ne dai l’opportunità!” continuò a gridare lei, mentre la corsa si fece sempre più complicata e la costrinse a proseguire scalza per aumentare la velocità.
Quando finalmente riuscì a raggiungerlo, lo vide insinuarsi tra i rottami di un vecchio ponte di ferro, ormai imbiancato da un sottile strato di neve fresca.
Quel luogo parve spettrale ai suoi occhi, tanto che un brivido di paura le attraversò la schiena facendola sobbalzare: “Cos’è questo posto?” sussurrò a se stessa.
Nella quiete assoluta, la voce del ragazzo risuonò vigorosa: “Vattene via!”.
“Non me ne andrò finché non mi avrai ascoltata!” urlò lei, intirizzita dal vento freddo.
Jess si portò fino al centro del ponte, tenendosi ad un’asta di metallo che non sembrò essere molto resistente: “Tu non l’hai mai lasciato, non è così?”.
Rory si avvicinò di qualche altro passo, giusto per potersi accorgere di quanto fosse instabile la posizione del ragazzo: “Ti scongiuro, Jess… ti darò tutte le spiegazioni di questo mondo, ma… vieni via di lì! Non è sicuro… dio mio, potresti cadere nell’acqua gelata, non vedi?”.
“Tu non l’hai mai lasciato, non è così?” ripeté ancor più forte lui.
A quel punto, l’asta metallica cedette di colpo, costringendo Rory a coprirsi il volto con le mani e scoppiare a piangere dallo spavento.
Quando riaprì gli occhi colmi di lacrime ed i singhiozzi si fecero talmente forti da soffocarle il respiro, riuscì a vederlo seduto sul bordo del ponte, ancora sano e salvo, ma profondamente scioccato.
Capì che avrebbe dovuto tirar fuori il proprio coraggio e non soltanto la voce, per riuscire a convincerlo a non fare pazzie: lasciò cadere le scarpe a terra e salì su quel groviglio di ferro cigolante.
“Fermati dove sei!” le fece cenno di bloccarsi lui.
Servì a poco, perché dopo una breve incertezza, la giovane lo raggiunse, fermandosi ad appena un metro da lui: “Hai ragione, Jess… Non l’ho lasciato perché sono una codarda… sono una stupida… una sciocca che ha pensato al bene di entrambi, mettendo a rischio la cosa più bella che le fosse capitata nella vita! Si… l’ho lasciato partire con la convinzione che tra noi andasse tutto bene perché sapevo che non sarebbe riuscito ad affrontare quel periodo a Londra con un tale peso sul cuore! L’ho fatto perché nonostante tutto glielo dovevo, Jess… per l’amore che c’è stato tra di noi, glielo dovevo!”.
“Non voglio più ascoltarti…” gridò lui, mantenendo lo sguardo fisso sotto i suoi piedi.
“Invece devi ascoltarmi, Jess! Quando ho capito di aver sbagliato, di aver preso la strada più impervia che ci fosse… era troppo tardi! Sapevo che non avresti accettato la mia scelta e te l’ho taciuta… L’ho fatto con la certezza che quando Logan avrebbe fatto ritorno a New Haven avrei messo fine alle menzogne, lo avrei lasciato una volta per tutte…”.
“Sono così ingenuo… ho creduto a tutte le tue parole, a tutte le tue promesse… erano fasulle! Tutto tra di noi era finzione!” mormorò lui, sfregandosi le mani sul viso.
“No!” urlò lei, ma venne bruscamente interrotta dal suono sordo di un bullone cadere nell’acqua.
“La sai una cosa? E’ davvero patetica, ma voglio dirtela lo stesso: aspettando il tuo arrivo da Yale, ogni venerdì, mi mettevo seduto accanto alla finestra e osservavo le gocce di cera rimaste dalla sera del tuo arrivo… si, quando mi preparasti quella sorpresa, dicendomi di aver lasciato Logan per sempre… rimanevo lì a contemplare delle stupide gocce di cera rossa che mi parlavano di te… mi ricordavano il tuo profumo… la tua pelle… Non le tolsi dal davanzale proprio per quel motivo… Che razza di idiota che sono!” gridò nuovamente, muovendo pericolosamente le gambe e facendo cadere un altro bullone nell’acqua.
Rory ricominciò a singhiozzare, mentre dagli occhi scie di trucco scuro erano colate sulle guance: “Ti prego, Jess… ti prego, vieni via con me… Ti prometto che metteremo a posto tutto perché io ti amo… ti amo da morire e… e non farò mai più errori del genere…”.
“Non ci credo più, Rory… non ci credo più…” sospirò con amarezza lui.
Fu in quell’istante che la ragazza perse l’equilibrio di colpo e scivolò verso l’esterno: Jess la prese per un braccio trattenendola appena in tempo da una caduta nell’acqua gelata e stringendola a se.
Si trovarono guancia contro guancia, mentre i respiri affannosi crearono nuvole di vapore nell’aria pungente: quando il ragazzo allontanò il proprio viso dal suo, non poté evitare di guardarla negli occhi… quegli occhi profondi quanto il mare… quegli occhi che gli erano entrati nell’anima dal primo istante in cui si erano conosciuti… da quel dolcissimo “non ti sembro affidabile?”…
“Dammi una ragione per non eliminarti dalla mia vita, Rory… Ti prego…” sussurrò con gli occhi lucidi e pieni di sofferenza.
Rory prese il suo viso tra le mani e schiuse le sue morbide labbra lentamente: “Sposami, Jess…”.
 
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Francis82
view post Posted on 9/8/2007, 18:23





Pensavo di riuscire a postare tutte le idee che avevo in un unico capitolo finale, ma mi sono resa conto di aver bisogno ancora di qualche giorno per non rischiare di fare un pasticcio… :blink:
Quindi eccovi un altro capitolo… l’attesa per il gran finale è agli sgoccioli… :ihih: :wub: :ihih:



Nonostante la stanchezza per una giornata campale l’avesse costretta ad abbandonare a metà il pasto take-away e a trascinarsi su per le scale a suon di sbadigli, Lorelai non riuscì a prender sonno con facilità: si ritrovò a fissare il soffitto con gli occhi gonfi, piegando di tanto in tanto la testa di lato per leggere l’ora sul display della sveglia con la testa di Hello Kitty.
I minuti sembrarono passare troppo veloci, privandola così di una buona dose di riposo che il giorno successivo avrebbe di certo rimpianto: al terzo tentativo fallito di contare quelle maledette pecore che saltavano lo steccato bianco del suo mondo dei sogni, la pazienza venne meno… giurò addirittura di aver sorpreso una di queste farle la linguaccia, burlandosi della sua insonnia.
Sbuffò, scivolando fuori dal tepore rassicurante delle coperte.
Nell’istante in cui la sua mano si appoggiò incerta allo stipite della porta, il suono acuto del campanello la fece sussultare: “Chi diavolo può essere!?!” esclamò, lanciando un’occhiata stravolta all’orologio.
Subito dopo, si diresse furtiva alla finestra: girandole di vento freddo e fiocchi di neve rompevano, con il loro fischio inconfondibile, la quiete della notte… chi avrebbe potuto anche solo pensare di mettere il naso fuori dalla porta di casa con quel tempo da lupi?
Infilò una delle sue buffe vestagliette di lana e scese le scale di corsa: qualunque fosse stata l’identità del visitatore notturno, non avrebbe voluto di certo ritrovarselo congelato sotto il portico di casa la mattina successiva.
Per un istante le balenò nella mente l’idea assurda che si potesse trattare di Luke, ma cercò di scacciarne il pensiero per evitare di soffrirne di nuovo.
Aprì la porta velocemente, dopo aver notato una sagoma familiare al di là del vetro: davanti ai suoi occhi assonnati e confusi trovò una Rory umida e infreddolita… il suo viso era tremendamente pallido, mentre lo sguardo apparve subito arrossato ed appannato dai postumi di un pianto prolungato… le braccia incrociate sotto il seno tremavano vistosamente, così come le gambe ed i piedi ancora scalzi.
“Tesoro… ma… ma…” quella visita inaspettata e sconvolgente, mandò Lorelai in completa confusione.
Dal broncio triste della ragazza uscì un suono assai flebile, mentre le lacrime ripresero a rigarle le guance irritate dal freddo pungente: “Ho bisogno di te, mamma…”.
Le braccia calde di Lorelai la avvolsero dolcemente, conducendola fino al salotto: “Ora ci sono io, piccola… Ora ci sono io…”.
Le parole confuse di Rory, non aiutarono la madre a capire quale fosse la reale causa di quel suo stato: “Sono una stupida… una stupida… Ho rovinato la mia vita… ho distrutto ogni cosa!”.
Sfilandole di dosso a fatica il cappotto bagnato dalla bufera di neve che imperversava sempre più forte fuori dalla finestra, Lorelai tentò di calmarla: “Tesoro, cerca di tranquillizzarti… ora ciò che ti serve è un bel bagno caldo! Nel frattempo mi racconterai cosa ti ha ridotto in queste condizioni…”.
“Ho distrutto tutto…” continuò a ripetere a lungo lei, con lo sguardo completamente perso nel vuoto.

“Jess se n’è andato…”
“Dove?”
“Non lo so. Luke lo sa, ma non me l’ha detto. Lui crede che difficilmente tornerà…”



Poco lontano, qualcun altro stava per essere buttato giù dal letto bruscamente: una serie di urla di rimprovero riuscirono a rompere il sonno pesante di Luke e a fargli spalancare gli occhi, arrossati dai postumi di una giornata di lavoro più faticosa del solito, sulla sveglia che segnava ormai le due passate.
In un primo momento, si limitò a brontolare, farfugliando qualche lamentela sconnessa, e ad infilare la testa sotto il cuscino.
Quando la vocetta stridula della signora Slaskey innalzò ancor di più i volumi di quella strana discussione notturna, decise di fare qualcosa: prima avesse messo fine a quella scocciatura, prima avrebbe ripreso a dormire.
Si trascinò infastidito fino alla finestra e fu allora che capì quanto fosse egli stesso implicato in quella faccenda: un’automobile coi finestrini abbassati, dai quali usciva una musica assordante, era parcheggiata davanti al locale… sul cofano era seduto il proprietario, intento a mandare al diavolo ognuno dei rimproveri che provenivano dalle finestre dei palazzi affacciati sulla piazza deserta.
“Jess??? Si può sapere che stai combinando?” gridò Luke, visibilmente alterato.
“Qui c’è gente che vuole dormire! Ora chiamo la polizia, Luke!” s’inserì la signora Slaskey, ormai esausta da quella serie interminabile di rumori molesti.
La risposta del ragazzo fu furiosa, complice l’alta dose di alcol che sembrò avere in corpo: “Chiuda quella maledetta finestra, allora! Questa città non cambierà mai! Siete solo un branco di bacchettoni insopportabili… quanto vi detesto!”.
Alla vista di quello spettacolo pietoso, Luke fece un lungo sospiro di delusione, per poi cercare il modo di rimediare a quel caos: “Non ci sarà bisogno della polizia… Torni pure a dormire, signora Slaskey… Metterò a posto tutto io, ci scusi!”.
Riprendendo a borbottare, raggiunse poi l’esterno del locale, in cui imperversava ormai la bufera di neve: “Ma dico, ti sei bevuto il cervello?”.
“Veramente ho bevuto un sacco di cose stasera…” biascicò l’altro, osservando quanto liquido era rimasto nella bottiglia di Whisky che teneva tra le proprie mani.
Spazientito, Luke si avvicinò, infilò la testa all’interno dell’abitacolo e staccò l’autoradio: “Questa poi… Credevo fossi finalmente maturato! Invece mi rendo conto che sei ancora un ragazzino! Vorrei proprio sapere cosa c’è di sbagliato nei tuoi geni, perché qualcosa dev’esserci…”.
“Ehi, ehi! Quello era un pezzo di Bowie!” Jess, scivolando dal cofano, cercò di rimettersi in piedi, ma franò a terra.
Iniziò allora una risata isterica, sdraiato sullo strato di neve fresca che aveva già imbiancato l’intera piazza del paese: Luke lo lasciò fare, continuando ad osservarlo, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo amareggiato.

“Stai dando spettacolo, Jess!”
“Vattene a casa, così non lo vedi!”


In un brevissimo momento, la risata si tramutò in uno scatto d’ira incontrollata: “Dannata Stars Hollow! Tutto è cominciato qui! Dannatissima città! Bisognerebbe raderla al suolo… maledetta Stars Hollow!” continuò a ripetere, sbattendo i piedi in modo isterico.
“Hai finito?” urlò allora lo zio, rimasto imperterrito ad osservare quel siparietto davvero impietoso.
Jess si bloccò, mentre i fiocchi di neve continuarono a cadere sempre più fitti sopra le loro teste: i tratti del suo viso, dapprima rigidi, divennero tristi e sofferenti, finché dalle sue labbra non uscì un suono sommesso: “Le ho risposto di no…”.
Quella frase enigmatica si perse nel vento gelato, mentre le finestre dei vari palazzi tornarono a chiudersi e la città, incurante del suo dramma, riprese il proprio sonno beato.




Quando i raggi di sole penetrarono invadenti fin sotto le lenzuola, Jess scostò le coperte e si ritrovò la faccia perplessa dello zio ai piedi del letto.
Con una smorfia di fastidio, si coprì di nuovo il volto con le mani: se l’aspetto del suo viso fosse stato sconvolto anche solo la metà di quanto lo era sua testa, non avrebbe voluto mostrarlo a nessuno.
“Ti porto una tazza di caffè o ne preferisci una damigiana?” ironizzò l’altro, seduto sulla poltrona.
“Ho sempre apprezzato il tuo umorismo, ma stamattina permettimi di sorvolare sulla faccenda…” rispose Jess, nascondendosi sotto il cuscino.
“Peccato che sia arrivato il momento della predica…” insistette Luke, alzandosi e raggiungendolo.
Un suono confuso, ma chiaramente irritato, scivolò al di fuori delle coperte: “Vuoi uccidermi?”.
Luke, impassibile, scostò le lenzuola: “Sono rimasto ad ascoltarti tutta la notte… a reggerti la testa sulla tazza del bagno… L’ho fatto perché sei mio nipote e avevi bisogno di me… Ora però sta a te ascoltare cos’ho da dire: almeno questo me lo devi, non credi?”.
A fatica, il ragazzo si mise a sedere, tentando di ignorare quel martello pneumatico immaginario che sembrava volergli trapanare la testa: “Credo non ci sia molto da aggiungere, Luke…”.
“Capisco il motivo della tua rabbia, figliolo… Rory ha sbagliato e non c’è alcun dubbio. Però tutti noi compiamo degli errori nella vita… molti di questi li giudichiamo irreparabili… Beh, questo non lo è, Jess! Voi vi amate: anche un cieco si sarebbe accorto dell’intesa che c’è sempre stata tra di voi!”.
Jess lo interruppe, raggiungendo la cucina piuttosto infastidito: “Non voglio continuare questo discorso!”.
“Ascoltami, Jess!” perseverò, l’altro: “Non vuoi essere felice, dannazione?”.
La risposta del ragazzo fu lapidaria: “Non sarò mai più una persona felice, Luke!”.
La luce di sofferenza che l’uomo scorse nel suo sguardo lo colpì profondamente: vide la propria vulnerabilità nei suoi occhi… rivide la mancanza di Lorelai… la propria solitudine nascosta sotto una facciata di lavoro incessante…
Gli ci volle un momento, prima di riprendere la parola: “Sei giovane… sei un ragazzo con mille possibilità davanti a se… hai tutta una vita da vivere!”.
Jess rimase di spalle, mentre i muscoli della schiena parvero irrigidirsi: “La vita che valeva la pena di essere vissuta è quella che ho costruito in questi mesi con Rory… Dato che le fondamenta di quel mondo erano fatte di menzogne… dimmi che senso può avere!”.
“Questa ferita può rimarginarsi… può tornare tutto come prima, Jess! Non lo capisci che lei ti ama veramente e che sarebbe così facile perdonare?”.
Solo allora il ragazzo si voltò, rivolgendo di nuovo lo sguardo allo zio ed abbozzando una risatina amara: “E’ davvero assurda tutta questa situazione… perché non poni la stessa domanda a te stesso, zio Luke?”.
Si guardarono negli occhi ancora per qualche istante, finché non fu l’uomo ad abbandonare le armi: se ne andò, sbattendo la porta dell’appartamento con forza e lasciandolo solo con la propria disillusione.
Quando scostò la tenda del locale, Luke non rivolse la minima attenzione a ciò che lo circondava: si diresse sicuro alla cassa, con gli occhi ancora colmi di rabbia per quella frase che lo aveva letteralmente messo ko.
Come avrebbe potuto convincere il nipote a scegliere qualcosa che egli stesso si rifiutava di accettare nella propria vita?
Tutta quella situazione si dimostrò talmente complicata da mandarlo in confusione: sbagliò un paio di conti e invertì gli ordini di due tavoli.
Fu una voce delicata e familiare a costringerlo ad alzare la testa dal blocchetto delle ordinazioni, tornando in questo modo coi piedi per terra: “Ho bisogno di parlarti”.
Con la voce rotta dallo stupore, Luke le sorrise teneramente, cosa che non aveva più avuto occasione di fare dal giorno della rottura del loro rapporto, e disse a se stesso di non averla mai vista così bella come in quel preciso momento: “Lorelai…”.



 
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15 replies since 27/4/2007, 18:35   2942 views
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